Archivio del Tag ‘denominazioni d’origine’
-
L’e-commerce vale miliardi, dov’è il cibo made in Italy?
Con il diffondersi degli investimenti dei giganti della rete sulle piattaforme di e-commerce, a livello nazionale e internazionale, il tema del commercio elettronico investe con sempre più forza il mondo dell’agroalimentare. Considerando il patrimonio italiano del settore, sostiene Mauro Rosati, non possiamo continuare ad affrontare l’argomento in maniera debole o discontinua. Serve programmare una strategia digitale di lungo periodo, efficace su più fronti: la tutela dei prodotti e delle denominazioni d’origine nel mondo digitale, la diffusione di informazioni corrette e la regolamentazione delle dinamiche dell’e-commerce. «Sul piano della tutela, spesso si ha l’impressione che gli sforzi fatti “sul campo” dalle nostre eccellenze territoriali possano essere vanificati “sulla rete” con un singolo colpo di mouse». Esempio: sugli scaffali virtuali del colosso mondiale Amazon Fresh, il gorgonzola dop si vende accanto a prodotti chiamati con lo stesso nome.Anche sul piano della promozione c’è molto da fare: l’idea di una marchio unico del “made in” con un sistema informativo coerente potrebbe essere una risposta importante, scrive Rosati su “L’Unità”. Sul fronte e-commerce la questione è più complessa, «ma un buon punto di partenza potrebbe essere l’avvio di una concertazione sulle politiche distributive con i grandi player affinché anche piccole e medie aziende possano essere competitive». Il pericolo è che le Pmi agricole siano «schiacciate dai colossi digitali». Rosati segnala che il governo ha trattato con Google per aprire una vetrina del vero made in Italy agroalimentare, e con la piattaforma eBay per tutelare e valorizzare le produzioni Dop e Igp. «Una delle cause che ha reso difficile la realizzazione di atti concreti per la salvaguardia dell’agroalimentare online – sostiene Rosati – è che il tema sia sempre stato trattato solo come una questione tecnologica», come fosse «“pane” esclusivo per ingegneri informatici, per tecnici, piuttosto che per il mondo produttivo».In realtà, con l’espansione dei mercati e con le liberalizzazioni dei domini web, ora si può affrontare il problema della tutela sul versante commerciale, «andando a toccare asset sostanziosi come quello del “food and wine”». Questione non più eludibile, dato che «i cosiddetti web shopper sono in crescita in tutta Europa: nel 2012 un miliardo di e-shoppers nel mondo hanno speso 900 miliardi di euro». Renzi auspica il traguardo dei 50 miliardi di export entro il 2020? «Senza una programmazione politica ed economica anche del digitale coerente e condivisa dagli stakeholder dell’agroalimentare italiano questi risultati sono quasi impossibili da raggiungere», scrive Rosati. Il governo potrebbe approfittare del “semestre europeo” per contribuire a «fondare una politica digitale agricola europea».Con il diffondersi degli investimenti dei giganti della rete sulle piattaforme di e-commerce, a livello nazionale e internazionale, il tema del commercio elettronico investe con sempre più forza il mondo dell’agroalimentare. Considerando il patrimonio italiano del settore, sostiene Mauro Rosati, non possiamo continuare ad affrontare l’argomento in maniera debole o discontinua. Serve programmare una strategia digitale di lungo periodo, efficace su più fronti: la tutela dei prodotti e delle denominazioni d’origine nel mondo digitale, la diffusione di informazioni corrette e la regolamentazione delle dinamiche dell’e-commerce. «Sul piano della tutela, spesso si ha l’impressione che gli sforzi fatti “sul campo” dalle nostre eccellenze territoriali possano essere vanificati “sulla rete” con un singolo colpo di mouse». Esempio: sugli scaffali virtuali del colosso mondiale Amazon Fresh, il gorgonzola dop si vende accanto a prodotti chiamati con lo stesso nome.