Archivio del Tag ‘diritti umani’
-
Missili su Gheddafi, la guerra in Libia ora divide l’Italia
Diluvio di missili cruise lanciati dalle navi americane insieme a raid aerei, prima francesi e poi anche inglesi, per annientare la capacità aeronautica di Gheddafi e imporre la “no-fly zone” invocata dagli insorti e dalla Lega Araba. L’attacco autorizzato dall’Onu è scattato alle 17.45 del 19 marzo, per fermare il massiccio bombardamento su Bengasi ordinato dal raìs in violazione del cessate il fuoco. Attacco accolto con sollievo dai ribelli e dal mondo arabo, che dall’Egitto alla Tunisia sta aiutando materialmente la popolazione e la resistenza libica contro il dittatore. Ma la “partecipazione attiva” dell’Italia, che schiera una squadra navale, 7 basi operative e decine di caccia pronti al decollo, divide il paese: il ministro Bossi protesta, minacciando di spaccare il governo.
-
Libia, anche l’Italia firma l’ultimatum di guerra
Sette basi militari a disposizione, insieme ai velivoli tricolori in partenza per i cieli libici: intercettori Eurofighter, caccia F-16 e bombardieri Tornado. Missione: contribuire alla “no-fly zone” per impedire a Gheddafi di continuare a bombardare gli insorti e la popolazione che li sostiene. Di fatto: neutralizzare basi libiche, contraerea, radar e difesa missilistica. Sono le regole d’ingaggio della “guerra dell’Onu”, ultimatum scattato con l’ok del Consiglio di Sicurezza su pressione di Francia e Inghilterra – un passo indietro gli Usa, astenuta la Germania. Decisivo il silenzio-assenso di Russia e Cina, che hanno rinunciato al loro potere di veto aprendo la strada alla fine del regime di Gheddafi: un esito sul quale mette la propria firma anche l’Italia, “portaerei del Mediterraneo” e scomoda dirimpettaia del Colonnello, fino a ieri super-fornitore, grande amico e socio in affari.
-
Guerra giusta: l’eroe serbo che difese Sarajevo dai serbi
Guerra giusta? Termine pericoloso e spesso abusato, da chi brandisce l’uso della forza per soluzioni sbrigative e sanguinose, fino al genocidio. Ma in circostanze storiche eccezionali, dalla Resistenza partigiana contro il nazismo fino alla mattanza dell’ex Jugoslavia, c’è chi non ha trovato altra via d’uscita che imbracciare le armi, per non soccombere. E’ il caso del generale Jovan Divjak, eroe della difesa di Sarajevo. Lo hanno arrestato il 3 marzo a Vienna, per poi rilasciarlo cinque giorni dopo, su cauzione: i serbi non gli perdonano il ruolo assunto durante l’assedio della capitale bosniaca. Dettaglio decisivo: il generale Divjak era serbo, orgogliosamente membro della minoranza serba di Sarajevo.
-
Che ipocriti, si svegliano solo adesso per liquidare Gheddafi
Non poteva mancare. Le pressioni erano troppo forti. E così il Tribunale penale internazionale è entrato prepotentemente sulla scena libica. Muammar Gheddafi e i suoi scherani ora sono sotto inchiesta per crimini contro l’umanità. Per l’amor del cielo, lungi da noi contestare le accuse che la Corte dell’Aia muove al Colonnello, solo vorremmo sapere quali siano i crimini commessi e quando. Eh sì, perché fino a poche settimane fa il leader libico appariva come uno stravagante ma rispettato uomo di Stato, mentre oggi è diventato un tiranno genocida.
-
Con Gheddafi, l’Italia reintroduce di fatto la pena di morte
«Immagino che abbiano scambiato il peschereccio per una nave che trasportava clandestini», ha detto Roberto Maroni nel tentativo di dare una spiegazione all’arrembaggio dei corsari libici contro l’imbarcazione italiana. Maroni è considerato la testa più lucida della Lega Nord. Ed è ritenuto, anche in ampi settori del campo a lui avverso, un ottimo ministro dell’Interno. Insomma, è uno che non parla a vanvera. Ma quell’affermazione, se anche l’avesse fatta Giorgio Straquadanio, il teorico del meretricio come strumento di lotta politica, non sarebbe stata meno attendibile.
-
Stop alle cluster bomb, ma l’Italia non aderisce
Il segretario generale dell’Onu le chiama «armi ignobili», perché colpiscono soprattutto civili e in particolare bambini. Dal primo agosto è entrata in vigore la Convenzione che le mette al bando. Non hanno aderito Stati uniti, Cina, Israele e Russia, che sono i paesi che detengono più di un miliardo di «bombe a grappolo». Nemmeno l’Italia, paese produttore di cluster bomb, ha ancora ratificato la sua adesione: il motivo? E’ presto detto: in ballo ci sono 160 milioni di euro, ai quali l’Italia, grande produttore di armamenti destinati al mercato internazionale della difesa, non intende rinunciare.
-
Maroni e Frattini, salvate quei 300 fratelli africani
Faccio appello alla sensibilità dei ministri Frattini e Maroni per salvare i nostri 300 fratelli eritrei che hanno diritto ad avere asilo politico e non di essere trattati come bestie dalla Libia. Verso l’Eritrea e la Somalia, l’Italia deve essere più responsabile perché non bisogna dimenticare ciò che il nostro Paese è stato per quelle popolazioni, nel bene ma, purtroppo anche nel male. Non dobbiamo dimenticare tutto quello che hanno perpetrato in quell’area i marescialli di sangue Badoglio e Graziani.
-
Libia, eritrei disperati: Italia aiutaci, stiamo morendo
«Aiutateci, stiamo morendo». Uomini e donne deportati nel deserto, stipati in conteiner e «picchiati ogni due ore». E’ la sorte dei 300 eritrei “puniti” dalla polizia libica per il tentativo di rivolta del 29 giugno nel “lager” di Misurata. Il Consiglio italiano per i rifugiati lancia un appello al governo italiano e al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: accogliere in Italia quei 300 rifugiati, salvandoli da morte certa. «Secondo testimonianze dirette raccolte questa mattina – scrive il 2 luglio il Cir – i rifugiati sono stati sottoposti a forti maltrattamenti e sono tenuti in estrema scarsità di acqua e di cibo. Alle persone che presentano ferite e gravi condizioni di salute non sono fornite cure mediche».
-
Peter Gabriel, Rinascimento digitale: il web salverà la musica
«Le cose che più mi terrorizzano sono il conto alla rovescia verso l’uso di armi nucleari, il terrorismo, le guerre di religione, le pulizie etniche, il riscaldamento globale». Malgrado ciò, Peter Gabriel non è pessimista: fondatore dei Genesis e pioniere della world music, scommette sul futuro: «L’ingegno umano ha creato meraviglie, sarà ben capace d’inventare energie alternative per aerei e automobili». Nuove soluzioni, a cominciare dal linguaggio universale della musica: il digitale, dice, sta salvando la produzione musicale, verso un nuovo Rinascimento generato dal web.
-
Israele ammette: fosforo bianco contro la Striscia di Gaza
L’esercito israeliano ha preso misure disciplinari nei confronti dei comandi militari che ordinarono l’utilizzo delle bombe al fosforo bianco sulla popolazione civile a Gaza. Lo ha rivelato il quotidiano israeliano “Haaretz”, citando la relazione consegnata da Israele nel week-end all’Onu in risposta al rapporto della Commissione Goldstone. Nel documento, Israele in parte ammette le denunce fatte dalle organizzazioni umanitarie internazionali: il colonnello Ilan Malka e il generale di brigata Eyal Eisenberg andarono oltre la propria autorità «nel consentire l’utilizzo delle bombe al fosforo che misero in pericolo vite umane».
-
Il Senegal agli haitiani: tornate in Africa, avrete terra e lavoro
Un tetto e un pezzo di terra da coltivare. E’ la clamorosa offerta che il Senegal rivolge ai superstiti del devastante terremoto di Haiti: «Se volete tornare a casa, in Africa, vi accogliamo a braccia aperte: avrete un riparo e un lavoro». Il presidente senegalese Abdoulaye Wade ha dichiarato ufficialmente di voler favorire il «ritorno» in Africa degli haitiani, offrendo una terra ai discendenti degli schiavi deportati dagli europei sull’isola caraibica, che nel ‘700 diedero vita alla prima vittoriosa rivolta della storia contro gli schiavisti.
-
Cecenia e diritti, attivisti in pericolo in tutta la Russia
«I difensori dei diritti umani sono in pericolo di morte. Gli omicidi politici sono la norma, non l’eccezione». In un’intervista al sito del settimanale basco “Gara”, la responsabile per l’associazione russa per i diritti umani “Memorial”, Svetlana Gannushkina, denuncia la situazione di emergenza nel suo paese: «I metodi repressivi utilizzati in Cecenia si sono ormai estesi a tutta la Federazione Russa». “Memorial” ha lavorato in Cecenia fino all’omicidio di Natalia Estemirova, rimasta a Grozny malgrado l’uccisione a Mosca della giornalista Anna Politkovskaja.