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Mazzucco, l’11 Settembre e la religione di Fausto Biloslavo
Se il simpatico Fausto Biloslavo fosse un avvocato, anziché un giornalista, il suo assisito – gli Usa – non avrebbe scampo: l’ergastolo non glielo leverebbe nessuno. Il difensore, infatti, non sa spiegare le circostanze fondamentali del crimine, i fatti: non sa spiegare come mai le Torri Gemelle crollarono su se stesse in pochi secondi, come può avvenire solo nei casi di demolizione controllata (con edifici minati dalle fondamenta), né sa spiegare com’è possibile che un Boeing possa volare a 900 chilometri orari, ad appena duecento metri di altezza, senza disintegrarsi nell’impatto con l’aria. Tra le tante, basterebbero queste due “prove regine” a inchiodare l’imputato: la sua versione risulta palemesente falsa. Eppure “l’avvocato” Biloslavo (che su questo si dichiara incompetente) ammette, candidamente, di “credere” alla versione ufficiale sull’11 Settembre. Unanime il verdetto: non della corte, ma del pubblico (in questo caso, della trasmissione “Il Ring”, offerta da “ByoBlu” mettendo a confronto Biloslavo con Massimo Mazzucco, autore di due monumentali documentari sull’attacco alle Torri, il primo dei quali – “Inganno globale” – trasmesso nel 2006 da Enrico Mentana a “Matrix”, in prima serata su Canale 5).Beninteso: è fuori discussione l’assoluta buona fede di Biloslavo, rinomato reporter di guerra in forza al “Giornale”. Lo dimostra il candore con cui ribadisce la sua tesi, sorvolando sull’evidenza dei fatti principali: gli Usa furono davvero colpiti da un maxi-attentato inatteso, e solo l’indomani decisero di approfittare della “nuova Pearl Harbor”, abusando del loro potere “imperiale” per esportare la guerra in mezzo mondo. «Me lo disse il comandante Massud, in persona: Al-Qaeda si stava preparando a colpire le città occidentali». E chi era, Al-Qaeda? E’ evidente, ammette Biloslavo, il ruolo dei sauditi. Il giornalista non esclude neppure che qualche settore dell’intelligence Usa possa esser stato al corrente della minaccia, che sarebbe stata in ogni caso sottovalutata. Sempre ricorrendo alla sua fede nella versione ufficiale, lo stesso Biloslavo esclude categoricamente che lo stratega americano Zbiginew Brzezinski possa aver reclutato Osama Bin Laden, in Afghanistan, originariamente in funzione antisovietica. Sul web circolano foto che ritraggono i due, ma Biloslavo – senza un perché – afferma di non credere all’autenticità di quelle foto, che peraltro (dice) non ha neppure mai visto.Se uno volesse inforcare le lenti della dietrologia, scoprirebbe che Gioele Magaldi, nel libro “Massoni” (Chiarelettere, 2014) afferma di poter esibire prove schiaccianti, contenute in documenti riservati ma all’occorrenza pubblicabili. Testualmente: proprio Brzezinski affiliò Bin Laden alla superloggia “Three Eyes”, dominata da Kissinger, per farne una pedina strategica del disegno imperiale statunitense durante la guerra fredda. Più tardi, caduta l’Urss, lo stesso Brzezinski ci rimase male, quando il “fratello” Bin Laden abbandonò la “Three Eyes” per passare alla “Hathor Pentalpha” creata dai Bush, con un obiettivo preciso: elevare all’ennesima potenza il ruolo del terrorismo internazionale, “islamico” solo nella sua manovalanza, per farne un decisivo strumento di potere a livello geopolitico. Da quella “officina supermassonica” nacque il Pnac dei neocon, in cui – nel 2000 – si scrive che, per militarizzare il pianeta, occorre l’alibi di una “nuova Pearl Harbor”. L’anno dopo, tutto accadde in tre giorni: il 9 settembre venne ucciso Massud, il 10 settembre Bush esaminò il piano di invasione dell’Afghanistan e l’indomani, finalmente, crollarono le Torri.Per Biloslavo, a uccidere il leader dell’Alleanza dei Nord fu Al-Qaeda. I due killer erano agli ordini del “signore della guerra” Burnuddin Hekmathyar. Non è più un segreto per nessuno che lo stesso Hekmathyar fosse a libro paga dell’Isi, il servizio segreto militare del Pakistan, longa manus della Cia. Lo ribadì Benazir Bhutto, annunciando di volersi candidare a Islamabad anche per denunciare il legame tra servizi segreti atlantici e Al-Qaeda: hanno ucciso Massud, disse, per eliminare l’unico leader autorevole in circolazione in Afghanistan, capace quindi di restituire piena sovranità al paese una volta sfrattati i Talebani. Faceva così paura, la verità di Benazir Bhutto, che fu uccisa con un’automoba nel 2007, alla vigilia di elezioni che, secondo ogni previsione, l’avrebbero incoronata alla guida del Pakistan con un autentico plebiscito. Ma in un’ora e mezza di serrato confronto – quasi cavalleresco, se non fosse per le continue interruzioni imposte da Biloslavo a Mazzucco, nonostante l’ottima conduzione di Francesco Toscano – il giornalista non ha neppure vagamente sfiorato la maniglia della porta proibita, quella che permette di accedere alle fonti che raccontano l’altra verità, la più scomoda.Biloslavo preferisce credere alle dichiarazioni processuali di un terrorista tuttora nelle mani degli americani, che l’hanno torturato per vent’anni a Guantanamo (Khalid Sheik Mohammed: sostiene di esser stato il regista dell’operazione su ordine di Bin Laden), mentre ritiene inattendibili le testimonianze di 108 pubblici ufficiali – poliziotti e pompieri di New York – che dichiarano di aver percepito distintamente una serie di esplosioni simultanee, nelle Torri Gemelle, in prossimità dell’impatto dei velivoli. Semplicemente, Biloslavo ritiene implausibile la teoria dell’auto-attentato: un gesto troppo mostruoso, e un complotto troppo difficile da attuare (mantenendo poi il silenzio per vent’anni). Una tesi che ricorda quella agitata, per decenni, dai sostenitori della versione ufficiale sull’omicidio di John Kennedy. Tuttora, c’è chi ripete che non esistono ragioni valide per dubitare che l’assassino fu Lee Harvey Oswald. Peccato che la versione ufficiale sia stata letteralmente demolita dagli stessi autori del complotto, esecutori e mandanti intermedi. Storia che lo stesso Mazzucco ha ricostruito, prove alla mano, in un esemplare documentario di mezz’ora.L’amante di Lyndon Johnson, che odiava i Kennedy, ha ammesso che l’allora vicepresidente le confessò l’imminente fine di Jfk, la sera prima dell’attentato, dopo un summit a Dallas con i vertici della Cia e dell’Fbi. In punto di morte, l’allora numero due della Cia – Howard Hunt – registrò una dichiarazione in cui ammise di aver orchestrato il delitto usando sicari della mafia. Il pilota di un aereo della Cia, Tosh Plumlee, ha ammesso di aver trasportato a Dallas uno dei capimafia incaricati dell’esecuzione, Johnny Rosselli, confermando che il tiratore scelto – Chuck Nicoletti – li attendeva nella città texana. A far esplodere il cervello di Kennedy fu James Files, reo confesso, tuttora detenuto negli Usa. Consegnò a un detective privato, Joe West, la pistola fumante: se fate riesumare la salma di Kennedy, gli disse, troverete nel cranio le tracce di mercurio con cui era imbottito il fatale proiettile. Il detective West corse dal giudice, ma non fece in tempo a far riaprire il caso: morì in seguito a complicazioni cliniche dopo un ordinario intervento chirurgico. Il killer, James Files, è ancora in carcere, senza che nessuno si sia preso la briga di interrogarlo, né di far riesumare il cadavere di Kennedy. Si preferisce ancora credere che a sparargli fu Oswald, presentato come uno squilibrato assassino solitario, senza complici né coperture.Troppo dura, ammettere che siano stati i vertici di uno Stato a decidere di ammazzare il presidente? Se c’è un complotto, prima o poi la verità viene sempre a galla, dice Biloslavo. La confessione di Howard Hunt, altissimo dirigente della Cia, è datata 2007: quasi mezzo secolo dopo il crimine. Dall’11 Settembre sono passati appena vent’anni, ma molte verità sono già emerse. Per una piena confessione occorreanno ancora un paio di decenni? Biloslavo ride, del cosiddetto complottismo: gli sembra puro delirio, come quello dei terrapiattisti. Proprio per questo, probabilmente, Mazzucco – nei panni di pubblico ministero di un ipotetico processo – si tiene alla larga da qualsiasi tesi: non si sbilancia sui possibili autori del complotto, né sulle modalità di esecuzione. Per esempio: quali esplosivi sarebbero stati usati per minare le Torri? «Non sta a me sostenere l’onere della prova» ribadisce: «Mi basta dimostrare che la versione ufficiale non regge». Per 3.500 ingegneri e architetti americani, le Twin Towers furono demolite in modo controllato: in base alle leggi della fisica, solo abbattendo i supporti sottostanti si può verificare un crollo simile, in pochi secondi.Quanto agli aerei è la stessa Boeing a confermare: a quella quota, se un aereo come quelli volasse a 900 chilometri orari perderebbe i pezzi, subendo il distacco delle ali. E dunque? Se quelli non erano Boing normali ma aerei-bomba rinforzatati e telecomandati, dove sarebbero finiti i passeggeri? Bella domanda, dice Mazzucco: forse un giorno lo scopriremo. I 19 ipotetici dirottatori – quelli che in realtà non erano in grado di pilotare aerei – non sono mai stati filmati, negli scali d’imbarco. E sono almeno una trentina i fatti – i riscontri oggettivi, incontrovertibili – che demoliscono la versione ufficiale, nella quale Biloslavo dichiara di “credere” (se non altro perché non osa prendere in considerazione, psicologicamente, l’idea del maxi-complotto). Intanto – e non è poco – ha comunque accettato di confrontarsi con Mazzucco, stimatissimo negli Usa per il suo lavoro di indagine giornalistica. E, con la trasmissione web-streaming del 14 febbraio su “ByoBlu”, Messora e Toscano hanno fatto un piccolo capolavoro di informazione: dimostrando, in un leale confronto alla pari, che il mainstream media non sa spiegare, tecnicamente, perché le Torri Gemelle crollarono in quel modo (e neppure se lo domanda, a distanza di vent’anni).Se il simpatico Fausto Biloslavo fosse un avvocato, anziché un giornalista, il suo assistito – gli Usa – non avrebbe scampo: l’ergastolo non glielo leverebbe nessuno. Il difensore, infatti, non sa spiegare le circostanze fondamentali del crimine, i fatti: non sa spiegare come mai le Torri Gemelle crollarono su se stesse in pochi secondi, come può avvenire solo nei casi di demolizione controllata (con edifici minati dalle fondamenta), né sa spiegare com’è possibile che un Boeing 767 possa volare a 900 chilometri orari, ad appena duecento metri di altezza, senza disintegrarsi nell’impatto con l’aria. Tra le tante, basterebbero queste due “prove regine” a inchiodare l’imputato: la sua versione risulta palesemente falsa. Eppure “l’avvocato” Biloslavo (che su questo si dichiara incompetente) ammette, in modo disarmante, di “credere” alla versione ufficiale sull’11 Settembre. Unanime il verdetto: non della corte, ma del pubblico (in questo caso, della trasmissione “Il Ring“, offerta da “ByoBlu” mettendo a confronto Biloslavo con Massimo Mazzucco, autore di due monumentali documentari sull’attacco alle Torri, il primo dei quali – “Inganno globale” – trasmesso nel 2006 da Enrico Mentana a “Matrix”, in prima serata su Canale 5).