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La scuola media “inutile parcheggio”: Salvini compiace l’Ue
Matteo Salvini superata la fase del “governo del cambiamento”, nel tentativo di “arricchirsi” di contenuti mediatici ed in pieno rigurgito berlusconiano, ci ha comunicato che il problema del paese sono le… scuole medie! Avete capito bene: qualora il Matteo nazionale diventasse premier abolirebbe quello che per lui è un “inutile parcheggio”. Prosit! No, non mi riferisco al Papetee come fanno tanti cretini, quanto piuttosto alla finezza del ragionamento. Per Salvini inoltre gli insegnanti lavorano poco perché hanno diritto a ferie estive di due mesi e quindi, tradotto, guadagnano troppo come salario orario. Follia. Mi ero reso conto ai tempi del primo governo Conte (tentato spezzatino della scuola italiana da parte dei leghisti) che di istruzione il leader verde ne sapesse quanto l’asinello del presepe, ma adesso a sconvolgere è la motivazione che egli porta a sostegno delle sue tesi: l’Europa! L’uomo avente nel passato le felpe “No Euro” finirà (vedrete) per regalarci Mario Draghi al Quirinale, ma ciò che ancor più indigna è che quando gli fa comodo la Ue diventa addirittura un esempio da seguire ed inseguire, e sempre in senso peggiorativo.Matteo ha prima parlato a sinistra e alla protesta, ma adesso che i sondaggi lo danno altissimo guarda caso getta la maschera e si trasforma in ciò che non ha mai smentito di essere: come un Movimento 5 Stelle qualsiasi (ma alla rovescia) canalizza l’elettorato fluido su quelle posizioni che sono tipiche di figure “di spicco” quali la Gelmini, Gasparri e magari anche Brunetta. Caro Matteo, anziché corteggiare gli orfani di Berlusconi, regalarci codeste perle e fomentare le solite divisioni tra dipendenti pubblici, Pmi e dipendenti privati, perché non ti applichi un pochino di più? Le scuole secondarie di primo grado non sono da abbattere con la ruspa ma anzi, se riformate, possono diventare un volano per la nostra nazione rispetto ai competitors oltre confine. Nei decenni sono state inopportunamente incrementate le ore di italiano, e il risultato è stato una minore padronanza della materia (e della nostra grammatica). La parola specializzazione (come quella “tradizione”) è diventata una bestemmia a scuola perché la trasmissione dei saperi è stata umiliata in favore di una fantomatica “crescita umana” definita a sproposito “apprendimento”.Ci lamentiamo per una certa arretratezza nell’innovazione, ma anziché ridimensionare le ore di italiano e potenziare le ore di scienze e tecnologia (magari inserendo anche come nuova materia la macroeconomia di base), abbiamo riempito le scuole di insegnanti laureati in chiacchiere, espertissimi nelle dinamiche di gruppo (Frattocchie style) spacciate per “identità sociale” e scaltrissimi nel procurarsi potere. Gli scienziati, forti di una identità individuale piuttosto marcata e difficilmente prostituibile, pensano al sodo, un modus operandi ben rappresentato dal rigoroso “metodo sperimentale” figlio di Galileo, ma in questo modo risultano depotenziati. Integriamo quanto prima le scuole medie di contenuti, formiamo giovani preparati alimentandone le menti e facciamola finita con l’unico vizio peggiore del pressapochismo salviniano: la scuola del politically correct e del fallimento dei saperi, la scuola del sistema e della svalutazione dei cervelli, quella dell’ideologia dell’appiattimento progressista, quindi globalista, quindi schiavista.(Marco Giannini, “Se salvini considera le scuole medie un inutile parcheggio”, Libreidee, 19 novembre 2019).Matteo Salvini superata la fase del “governo del cambiamento”, nel tentativo di “arricchirsi” di contenuti mediatici ed in pieno rigurgito berlusconiano, ci ha comunicato che il problema del paese sono le… scuole medie! Avete capito bene: qualora il Matteo nazionale diventasse premier abolirebbe quello che per lui è un “inutile parcheggio”. Prosit! No, non mi riferisco al Papetee come fanno tanti cretini, quanto piuttosto alla finezza del ragionamento. Per Salvini inoltre gli insegnanti lavorano poco perché hanno diritto a ferie estive di due mesi e quindi, tradotto, guadagnano troppo come salario orario. Follia. Mi ero reso conto ai tempi del primo governo Conte (tentato spezzatino della scuola italiana da parte dei leghisti) che di istruzione il leader verde ne sapesse quanto l’asinello del presepe, ma adesso a sconvolgere è la motivazione che egli porta a sostegno delle sue tesi: l’Europa! L’uomo avente nel passato le felpe “No Euro” finirà (vedrete) per regalarci Mario Draghi al Quirinale, ma ciò che ancor più indigna è che quando gli fa comodo la Ue diventa addirittura un esempio da seguire ed inseguire, e sempre in senso peggiorativo.
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Ma il referendum serve a restare nell’Eurozona per sempre
Ancora? Ancora con questa storia del referendum? Ma non ne avevamo già parlato? (“Radio Popolare”, 17 agosto 2012). Scusate, sono in viaggio e non mi perdo in dettagli. Mi sembra assolutamente ovvio che chi propone oggi un referendum sull’euro, da qualsiasi parte lo faccia, è un demagogo, alla ricerca di una tardiva legittimazione democratica, e un incosciente. Cominciamo dalla fine. Tutto quello che sappiamo circa l’uscita dall’euro ci indica che allo stato uscite consensuali non sono possibili, ma che se anche lo fossero andrebbero ovviamente gestite in segreto. Tanto più in segreto andranno gestite uscite unilaterali. Per favore, studiate e fate studiare Bootle che illustra precedenti storici e motivazioni (ovvie) di questa scelta (ma anche Sapir, per dirne un altro, la dà per scontata). Il motivo è semplice: annunci di qualsiasi tipo darebbero il via a fughe di capitali, mettendo rapidamente il paese nell’impossibilità di finanziare il proprio deficit estero. L’argomento degli espertoni («ma tanto i capitali sono fuggiti, ma tanto la corsa agli sportelli è già iniziata…») è corretto, ma è un argomento da espertoni. Gli espertoni, sapete, vedono la foglia e non vedono l’albero…Come ci siamo detti tante volte con Alessandro “Torny” Guerani, i controlli dei movimenti di capitali che bisognerà fare, le fughe che bisognerà impedire, nel momento della crisi, non sono quelle dei ricchi, che ci hanno già pensato, e che forse i capitali in Italia non li hanno mai avuti: sono quelli dei poveracci, che rischiano di massacrarsi se, terrorizzati dalle notizie assurde sull’inflazione diffuse da criminali di ogni risma, accettassero qualsiasi condizione pur di portare i loro (pochi) soldi fuori dall’Italia (peraltro, lo sostiene efficacemente e ironicamente anche Claudio Borghi). Ovviamente un annuncio lungo un’intera campagna elettorale è il massimo della demenza, per il motivo appena esposto. Decine di migliaia di piccoli risparmiatori si consumerebbero nell’angoscia e si rovinerebbero con le proprie mani. Chiaro il concetto? Sono sicuro che qualcuno non lo capirà: è troppo semplice e troppo pragmatico. Diranno: «Bagnai, tu vuoi uscire dall’euro a destra, vuoi salvare i capitalisti e non i piccoli risparmiatori…». Ancora?!I capitalisti, amici cari, non si combattono in questo momento: in questo momento hanno già vinto e stanno già al sicuro. I capitalisti si combattono dopo, ripristinando condizioni regolate sui mercati finanziari. Ma nel momento della crisi bisogna soprattutto evitare, lo ripeto, che siano i piccoli risparmiatori a farsi fottere il 50% nel tentativo di non perdere il 20% (che poi, dico: ma se tu resti in Italia, quale 20% perdi? Ma questo è un altro discorso, ne parliamo in un altro momento). Ma ora ci dicono che dobbiamo fare il referendum, ora, capite? Ora! Aggiungendo al danno (quello dell’euro prima, e quello del disordine creato sui mercati dopo) la beffa: «Vedete, noi siamo democratici, l’euro lo scegliete voi!». E questo perché? Per consentire di rifarsi una verginità democratica a un governo di non eletti che sta facendo gli interessi della Germania svendendo l’Italia pezzo a pezzo, ad esempio. Oppure per consentirlo a un movimento che fino a ieri propugnava politiche pinochettiane basate su analisi distorte della crisi, e la cui democraticità interna risalta da noti fatti di cronaca. Mi sembra un’ottima idea, non trovate? Un’idea, se non altro, che pur dicendoci molto poco su come usciremo dall’euro, ci dice molto, moltissimo, su chi l’ha proposta.(Aberto Bagnai, estratto da “Quelli che ‘facciamo il referendum’…”, dal blog “Goofynomics” del 4 settembre 2012. L’econonista Bagnai, ora eletto senatore con la Lega, già 6 anni fa si espresse in questi termini nel liquidare la proposta grillina di referendum consultivo sull’euro).Ancora? Ancora con questa storia del referendum? Ma non ne avevamo già parlato? (“Radio Popolare”, 17 agosto 2012). Scusate, sono in viaggio e non mi perdo in dettagli. Mi sembra assolutamente ovvio che chi propone oggi un referendum sull’euro, da qualsiasi parte lo faccia, è un demagogo, alla ricerca di una tardiva legittimazione democratica, e un incosciente. Cominciamo dalla fine. Tutto quello che sappiamo circa l’uscita dall’euro ci indica che allo stato uscite consensuali non sono possibili, ma che se anche lo fossero andrebbero ovviamente gestite in segreto. Tanto più in segreto andranno gestite uscite unilaterali. Per favore, studiate e fate studiare Bootle che illustra precedenti storici e motivazioni (ovvie) di questa scelta (ma anche Sapir, per dirne un altro, la dà per scontata). Il motivo è semplice: annunci di qualsiasi tipo darebbero il via a fughe di capitali, mettendo rapidamente il paese nell’impossibilità di finanziare il proprio deficit estero. L’argomento degli espertoni («ma tanto i capitali sono fuggiti, ma tanto la corsa agli sportelli è già iniziata…») è corretto, ma è un argomento da espertoni. Gli espertoni, sapete, vedono la foglia e non vedono l’albero…