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Della Luna accusa Conte: ha affossato l’Italia di proposito?
Non è che hanno ingabbiato gli italiani e fermato l’economia per darla in pasto al Mes e alle altre diavolerie eurogermaniche promosse dalla Merkel e dalla sua fedelissima Ursula von der Leyen, votata dal Pd e dal Movimento 5 Stelle? Ad avanzare il sospetto è Marco Della Luna, che impugna uno studio dell’università di Oxford, secondo cui il Covid-19 si starebbe diffondendo anche in Italia sin dai primi di gennaio. L’epidemia avrebbe già oltrepassato il picco da una trentina di giorni. E attenzione: sarebbe contagiata «circa metà della popolazione», addirittura. Ossia: un italiano su due sarebbe portatore del virus. Tutti, o quasi tutti, senza sintomi o con disturbi lievi. Sotto questo aspetto, quindi, sarebbe «del tutto ingiustificata la chiusura delle attività, o lockdown, che ci costa 160 miliardi al mese, oltre alla graduale distruzione del tessuto aziendale». Una misura inutile, dannosa per l’economia e pure inefficace, se è vero che – come dicono a Oxford – il virus è dappertutto. «Bisognerebbe invece capire perché in certe zone diventa molto più lesivo che altrove». E dunque: «Che scopo ha il lockdown? A che cosa serve? A chi serve?».Per Della Luna, «è inconcepibile che il governo non abbia fatto uno studio a campione», per verificare quale percentuale della popolazione è contagiata, «prima di bloccare l’economia e togliere la libertà di movimento». Domanda: se questo studio fosse stato effettuato (o divulgato), il governo Conte avrebbe potuto fare quello che ha fatto? «Anziché far conoscere la realtà alla gente», secondo Della Luna, le autorità «praticano sistematicamente la disinformazione statistica». Primo: «Conteggiano come decessi da coronavirus tutti i decessi in cui il cadavere risulti positivo al tampone, anche se la morte è avventa per infarto o per altra causa». Secondo: «Usano tamponi che danno il 50-80% di falsi positivi, ovvero gli apparenti positivi sono più del doppio del reale. Ciò spiega perché in Italia il tasso di mortalità appare abnormemente alto rispetto agli altri paesi: è gonfiato ad arte». Sfruttando queste due deformazioni, quello che Della Luna chiama “il regime” può «far salire o scendere, a sua convenienza politica, le percentuali di contagio e di mortalità».Questo, conclude l’analista – avvocato, saggista, autore di ricerche scomode sulle dinamiche del potere contemporaneo – lascia supporre che, da parte del governo, il fatto di «sospendere le Costituzione, concentrando nelle sue mani poteri abnormi», potrebbe non essere un incidente di percorso, ma addirittura un obiettivo. E cioè: «Mettere il paese in ginocchio, senza soldi, senza libertà», e servirlo su un piatto d’argento agli eurocrati. Sconcerta, in ogni caso, la condotta dell’esecutivo: «Mentre la gente è alla fame e le aziende muoiono, Conte aspetta altri 14 giorni che la cosiddetta Europa decida sui sostegni alla nostra economia». Tutto calcolato? Il vertice della Commissione Europea è stato eletto grazie al voto di Zingaretti e grillini. Aggiunge Della Luna: Salvini lasciò il governo gialloverde «proprio per questo, sapendo dove Conte e di Maio sarebbero arrivati, presi nella strapotente integrazione eurogermanica». L’accusa: «Era tutto già concordato, e la pandemia ha solo anticipato e accelerato il programma».Anche nel caso in cui i dati forniti dalla Oxford University non fossero confermati, Della Luna resta convinto dell’impostazione inglese: «Il blocco del paese, con quello che costa, insieme alla reclusione della gente e allo stravolgimento delle procedure costituzionali, si giustificano solo qualora il tasso di diffusione fosse molto basso. Il governo doveva quindi prima accertarlo con uno studio a campione, poi dichiarare il risultato al paese e decidere di attuare o non attuare il blocco». Sempre secondo Della Luna, «non è nemmeno credibile che non abbia fatto il controllo a campione: sarebbe una follia». A meno che, appunto, lo scopo non fosse quello di fermare il contagio, ma – fin dall’inizio – di confinare gli italiani agli arresti domiciliari, sottoposti al coprifuoco, così da «mettere in ginocchio l’economia», accelerado «la definitiva spoliazione dell’Italia di ogni autonomia economica e politica dalla Germania e dalla grande finanza speculatrice, come da progetto originale dell’integrazione europea». Va comunque ricordato che lo stesso Salvini si è allineato al lockdown, invocato dagli stessi medici per tentare di limitare la pressione sugli ospedali, presi d’assalto da migliaia di pazienti.Non è che hanno ingabbiato gli italiani e fermato l’economia per darla in pasto al Mes e alle altre diavolerie eurogermaniche promosse dalla Merkel e dalla sua fedelissima Ursula von der Leyen, votata dal Pd e dal Movimento 5 Stelle? Ad avanzare il sospetto è Marco Della Luna, che impugna uno studio dell’università di Oxford, secondo cui il Covid-19 si starebbe diffondendo anche in Italia sin dai primi di gennaio. L’epidemia avrebbe già oltrepassato il picco da una trentina di giorni. E attenzione: sarebbe contagiata «circa metà della popolazione», addirittura. Ossia: un italiano su due sarebbe portatore del virus. Tutti, o quasi tutti, senza sintomi o con disturbi lievi. Sotto questo aspetto, quindi, sarebbe «del tutto ingiustificata la chiusura delle attività, o lockdown, che ci costa 160 miliardi al mese, oltre alla graduale distruzione del tessuto aziendale». Una misura inutile, dannosa per l’economia e pure inefficace, se è vero che – come dicono a Oxford – il virus è dappertutto. «Bisognerebbe invece capire perché in certe zone diventa molto più lesivo che altrove». E dunque: «Che scopo ha il lockdown? A che cosa serve? A chi serve?».
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I trogloditi del pareggio di bilancio, cavalieri della catastrofe
Una mozione d’ordine, anche se inutile. Un lettore ha commentato così la proposta (che ho riportato) da Bagnai e Molinari di cancellare l’obbligo di pareggio di bilancio nella Costituzione: «Il pareggio è una regola di buon senso soprattutto per un paese sull’orlo del baratro. Lei, Blondet, dovrebbe studiare un po’ di economia». Ora, questo signore essendo un abisso di ignoranza, ignora che mi sono occupato professionalmente di economia su “Il Giornale” quando lo dirigeva Montanelli, e ho scritto sui pericoli della globalizzazione un saggio, “Schiavi delle banche”. Ma se questo può essere perdonabile, perché si tratta di cose di oltre un decennio fa e il neo-primitivo vive nel presente totale, meno perdonabile è che l’ignorante ignori gli articoli di tema economico che scrivo sul blog. E anzitutto quello che ho scritto, freschissimo, su come Boris Johnson affronta il blocco economico da coronavirus: assicurando l’80 per cento del salario ad ogni dipendente d’azienda, e il sussidio malattia ad ogni lavoratore autonomo, e ciò sull’unghia (la gente ha già cominciato a vedere i soldi accreditati sul proprio conto), incurante del “pareggio di bilancio” e accettando di far aumentare il suo debito pubblico di un 20-30%.Ciò non solo perché ha una banca centrale e la sua valuta (al contrario di noi schiavi dell’euro tedesco), ma perché è noto – a chi non è ignorante – che le ricostruzioni dopo le guerre mondiali sono avvenute proprio così, spendendo al di là del pareggio, facendo grossi deficit e grossi debiti pubblici – sapendo che poi la ripresa economica, conseguente a queste misure, avrebbe permesso di chiudere, diminuire il debito pubblico. All’ignorante ho risposto, sotto il suo commento, con questo testo: nel 2011, i premi Nobel Kenneth Arrow, Peter Diamond, William Sharpe, Eric Maskin e Robert Solow, in un appello rivolto al presidente Obama, hanno affermato che «inserire nella Costituzione il vincolo di pareggio del bilancio rappresenterebbe una scelta politica estremamente improvvida. Aggiungere ulteriori restrizioni, quale un tetto rigido della spesa pubblica, non farebbe che peggiorare le cose»; soprattutto, «avrebbe effetti perversi in caso di recessione. Nei momenti di difficoltà diminuisce il gettito fiscale e aumentano alcune spese tra cui i sussidi di disoccupazione. Questi ammortizzatori sociali fanno aumentare il deficit, ma limitano la contrazione del reddito disponibile e del potere d’acquisto».Nell’attuale fase dell’economia, aggiungevano i Nobel, «è pericoloso tentare di riportare il bilancio in pareggio troppo rapidamente. I grossi tagli di spesa e/o gli incrementi della pressione fiscale necessari per raggiungere questo scopo danneggerebbero una ripresa economica già di per sé debole». Ma inoltre, «anche nei periodi di espansione dell’economia, un tetto rigido di spesa potrebbe danneggiare la crescita economica, perché gli incrementi degli investimenti a elevata remunerazione – anche quelli interamente finanziati dall’aumento del gettito – sarebbero ritenuti incostituzionali se non controbilanciati da riduzioni della spesa di pari importo. Un tetto vincolante di spesa, poi, comporterebbe la necessità, in caso di spese di emergenza (per esempio in caso di disastri naturali), di tagliare altri capitoli del bilancio pubblico mettendo in pericolo il finanziamento dei programmi non di emergenza». Critico anche l’economista e premio Nobel Paul Krugman, il quale ritiene che l’inserimento in Costituzione del vincolo di pareggio del bilancio «possa portare alla dissoluzione del Welfare State» (che è proprio lo scopo perseguito dagli “europeisti”).La fonte di questo testo? Forse un trattato che ho nella biblioteca? No, è la voce di Wikipedia. Quindi qualcosa di accessibile anche all’ignorantissimo. Ma questo non è il peggio. Quello che nel suo commento l’ignorante rivela, è di essere neo-primitivo. Ossia di far parte di una massa enorme, e purtroppo imperante, decisiva in Italia per come vota. Chi è il neo-primitivo? Colui che, come l’uomo del dodicesimo secolo, o il tribale del Mato Grosso, vive di certezze dogmatiche. Non ha capacità di pensiero critico, e riceve queste certezze da “fuori”, da quelle che crede “autorità”. Esattamente come il contadino medievale, che credeva ai dogmi cristiani. Invece il neo-primitivo crede nella Scienza. E nella Tv da cui la riceve. La Scienza con la maiuscola. La Scienza in cui non distingue se sia chimica, fisica, farmaceutica, virologia, economia e sociologia o la fantomatica “Scienza delle Comunicazioni”: tutto è Scienza e degno della sua fede assoluta e indiscussa.Nel caso qui esposto, l’ignorante – essendo anche neoprimitivo – crede che il Pareggio di Bilancio sia un dogma scientificamente provato. Per cui, vieta che se ne discuta. Ignora lo stato della questione nel campo scientifico. Ignora che il dogma è messo in discussione da manciate di Premi Nobel, con argomenti perfettamente comprensibili (a chi sia capace di pensare un minimo). E che la discussione, non affatto segreta, è facilmente reperibile persino su Wikipedia. Il neo-primitivo ignora che la scienza (senza maiuscola, e ammesso che l’economia sia scienza) è essenzialmente “discussione” delle certezze, tentativo di non stare ai dogmi, superamento di essi. No. L’ignorante essendo neo-primitivo, fa della Scienza un insieme di dogmi. Ad essi confida tutta la sua “fede”, esattamente come il contadino del medioevo aveva fede nei dogmi cristiani e nel sangue di San Gennaro. Ma per di più, crede di essere moderno – invece è al corrente di qualche punto superato della Scienza – e quindi, imperiosamente, impone il suo non-sapere a chi sa più di lui. «Blondet, lei dovrebbe studiare un po di economia», dice il saputello. E mi è andata ancora bene: non mi ha segnalato alla psicopolizia per il trattamento di rieducazione o Tso.Ma nella dittatura perfetta della Scienza dogmatica che si sta instaurando, le torme di neoprimitivi accenderanno i roghi per chi mette in discussione il Pareggio di Bilancio e tutti i altri dogmi in corso, infurianti con la scusa della lotta “scientifica” al coronavirus. La restrizione delle libertà politiche, così palesemente in corso, ha il neo-primitivo come entusiasta promotore; i poteri occulti sanno di poter contare sulle masse neo-primitive per bollare i critici e dissidenti rispetto al Sistema, e punirli – togliere loro il voto, e magari la vita. E per far arretrare il livello di civiltà, di cultura, di intelligenza dei popoli occidentali, che è il loro scopo reale, servono appunto i neo-primitivi, adepti di qualche dogma superato e arretrato, non più vigente nel dibattito scientifico reale. Un caso plateale di primitivismo s’è concluso tragicamente in Arizona: due anziani coniugi, letto che la clorochina è raccomandata e usata per contrastare gli effetti peggiori del coronavirus nei ricoverati, s’è somministrata dosi di fosfato di clorochina: un composto chimico in libera vendita, perché è un additivo che serve a pulire gli acquari e le piscine.A trarre i due nel tragico inganno è la loro credenza “scientifica” che il termine “clorochina” indichi in tutti i casi la stessa realtà: purtroppo, la clorochina farmaco è “idrossido di clorochina”; una formulazione del tutto diversa dal lava-acquari, e un medicinale usato da 50 anni come anti-malarico. I due sono morti. E qui si vede la differenza fra i neo-primitivi americani e quello italiano, a tutto vantaggio dei primi: il primitivo americano si avvvelena da sé, privatamenteì; e non pretende – come quello italiano – di partecipare al dibattito pubblico su temi di cui ignora tutto, anzi peggio, di voler far prevalere imperativamente nel dibattito pubblico le sue vedute arretrate e dogmatiche come nel caso del commentatore, la su ignoranza come superiore certezza. Il neo-primitivo italiano ha votato Pd e 5 Stelle, il movimento creato da un noto neo-primitivo che promuove la decrescita come dogma scientifico… Il neoprimitivo italiano avvelena anche te. Ma dirgli di smettere è inutile: ritorna sempre, e in massa.(Maurizio Blondet, “Il pericolo del neo-primitivo scientifico”, dal blog di Blondet del 25 marzo 2020).Una mozione d’ordine, anche se inutile. Un lettore ha commentato così la proposta (che ho riportato) da Bagnai e Molinari di cancellare l’obbligo di pareggio di bilancio nella Costituzione: «Il pareggio è una regola di buon senso soprattutto per un paese sull’orlo del baratro. Lei, Blondet, dovrebbe studiare un po’ di economia». Ora, questo signore essendo un abisso di ignoranza, ignora che mi sono occupato professionalmente di economia su “Il Giornale” quando lo dirigeva Montanelli, e ho scritto sui pericoli della globalizzazione un saggio, “Schiavi delle banche”. Ma se questo può essere perdonabile, perché si tratta di cose di oltre un decennio fa e il neo-primitivo vive nel presente totale, meno perdonabile è che l’ignorante ignori gli articoli di tema economico che scrivo sul blog. E anzitutto quello che ho scritto, freschissimo, su come Boris Johnson affronta il blocco economico da coronavirus: assicurando l’80 per cento del salario ad ogni dipendente d’azienda, e il sussidio malattia ad ogni lavoratore autonomo, e ciò sull’unghia (la gente ha già cominciato a vedere i soldi accreditati sul proprio conto), incurante del “pareggio di bilancio” e accettando di far aumentare il suo debito pubblico di un 20-30%.
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Magaldi: tutti buoni, di colpo? Ringraziate Christine Lagarde
Christine Lagarde, istruzioni per l’uso: da leggere esattamente al contrario. Tradotto: voglio far crollare l’infame dogma dell’austerity? Bene, allora devo fingere di rafforzarlo. E in modo spietato, di fronte al panico e alle vittime del coronavirus, devo pronunciare la più impopolare delle frasi. E cioè: arrangiatevi, e scordatevi che la Bce vi possa dare una mano, calmando i vostri spread. Ha funzionato? Eccome. Nessuno, infatti, si è accorto del trucco. Mattarella indignato con la Strega del Nord, pronto a invocare solidarietà da parte dell’Ue. E poi la Merkel e Ursula von der Leyen, improvvisamente tramutate in dame caritatevoli: «Siamo tutti italiani», eccetera. Missione compiuta? Precisamente: è crollato il Muro del Rigore, il grande tabù europeo che ha demonizzato la spesa sociale (ieri lasciando crepare, senza medicine, i bambini greci). Tutto “merito” di Christine Lagarde, che ha indossato la maschera dell’orrore: la stessa che indossò Mario Draghi dieci anni fa, lasciando che lo spread divorasse Grecia, Spagna e Italia, per la gioia degli speculatori. Come dire: ricordate? E vi sembra giusto che la Bce (per statuto, ossessionata solo dall’inflazione) non possa spendere un centesimo per salvare vite umane?Magistrale performance, quella della grande attrice Christine Lagarde, oggi anche socia in incognito dello stesso Draghi, l’altro grande “pentito” dell’euro-rigore. Chi lo dice? Gioele Magaldi, in modo esplicito: siamo stati “noi”, sostiene, a chiedere alla Lagarde di fare quella parte orrenda, di proposito: per suscitare sdegnate reazioni contrarie. Scusi, Magaldi: “noi” chi? Se si è letto il saggio “Massoni”, uscito a fine 2014 per Chiarelettere, si capisce esattamente di cosa parli, il presidente del Movimento Roosevelt: in quel libro – bestseller italiano amato dai lettori e snobbato dai media, nonostante sia ormai un long-seller di cui a novembre uscirà il sequel – si denunciano, per la prima volta, le malefatte delle superlogge reazionarie che gestirebbero il super-potere alle spalle delle istituzioni europee. In prima linea proprio loro, Draghi e Lagarde: grandi burattinai, in grembiulino, dell’oligarchia neoliberista che ha rottamato la democrazia, annullando la sovranità degli Stati.Sul fronte opposto: superlogge progressiste come la “Thomas Paine”, a cui lo stesso Magaldi è stato “iniziato”, prima di fondare il Grande Oriente Democratico. Missione: demolire il dogma neoliberale e tornare a Keynes. Se lo Stato torna a spendere a deficit senza paura, l’economia si salva. E la gente non ci rimette la pelle, se c’è in giro il coronavirus, perché non mancheranno ospedali e medici, infermieri e respiratori. La grande novità, rispetto ai decenni di piombo, è che Draghi & Lagarde hanno cambiato casacca. Illuminanti avvisaglie già alla vigilia del loro avvicendamento alla Bce. Lui ha evocato il ricorso alla Mmt, la teoria monetaria moderna: liquidità illimitata a costo zero, il contrario dello strozzonaggio somministrato col contagocce dall’Eurozona. Lei, a sua volta, si è spinta ad auspicare l’avvento degli eurobond per supportare i debiti sovrani, cancellando gli spread, e ricordando che «la moneta appartiene al popolo». Davvero? Non certo l’euro, gestito da una banca centrale (privata) che si rifiuta di agire come “prestatore di ultima istanza”. Cos’è successo, ora, se il quadro sembra capovolgersi?Semplice: una parte dell’élite massonica fino a ieri “neoaristocratica”, dice Magaldi, si è accorta che l’ordoliberismo Ue (”guai a chi osa spendere”) avrebbe aggravato la crisi ed esasperato masse sempre maggiori di cittadini. Di qui il clamoroso “pentimento” di Draghi e Lagarde, che si sono “messi a disposizione” del fronte massonico progressista, smentendo la loro stessa storia professionale degli ultimi decenni. Tutto vero? Sì, conferma Magaldi: «Sono state filiere massoniche progressiste a chiedere espressamente alla “sorella” Lagarde di fare quelle improvvide dichiarazioni, non certo dovute, e che – come lei stessa sapeva – le sarebbero costate l’ostilità generale». Magaldi parla di tecniche raffinate, da intelligence, appannaggio di chi – nel grande potere – conosce la portata, epocale, della partita sotterranea in corso, a livello planetario, e i metodi per combatterla: sofisticati, diplomatici, sottili.«La “sorella” Lagarde ha accettato di essere messa alla prova: si è presa “palate di merda”, in faccia, letteralmente, dagli stessi che fino a ieri le leccavano le scarpe. Tanto di cappello, per il coraggio dimostrato: sta facendo un gioco rischioso e spericolato. E spero che il “fratello” Draghi la imiti, su questa strada». Sorride, Magaldi, pensando a chi si è affrettato ad accusare la Lagarde di aver commesso una gaffe. «Ma vi pare che possa commettere gaffe di questo tipo, un vecchio “animale” del potere come Christine Lagarde? Suvvia: sapeva benissimo cosa sarebbe successo. E meno male che è successo. A lei, come previsto, è piovuto addosso il fango. E all’Italia, invece – come da copione – sono arrivati i soldi». Per questo, Magaldi ringrazia pubblicamente la “sorella” Christine Lagarde, per aver acettato di recitare – come richiestole – la parte dell’euro-strega. «La sua azione ha indotto persino il nostro tremebondo ed ectoplasmatico presidente della Repubblica a ruggire – sempre un po’ da coniglio, ma a ruggire – costringendo i maggiori interpreti dell’austerity a dire che, per l’Italia e per tutti, d’ora in poi si sarà di manica larga».Quello che è seguito era prevedibilissimo, insiste Magaldi: finalmente, scandisce, «stiamo scoprendo che una crisi può significare la sospensione del paradigma dell’austerity». Facendo la faccia feroce, e quindi «offrendo il petto», la neopresidente della Bce «ha alzato una palla, per dare il coraggio di agire a chi non l’aveva avuto in tutti questi anni». Scontato il risultato: «Quando è troppo, è troppo», si sono detti in molti, dal Quirinale a Berlino, da Francoforte a Bruxelles. «Di fronte a una ventilata reiterazione del rigore più intransigente è stato costretto a intervenire persino Mattarella, che è stato un custode servizievole del paradigma neoliberista dell’austerity e della Disunione Europea – austera, micragnosa, restrittiva e castrante nei confronti degli interessi italiani», sottolinea Magaldi. «Non scordiamcelo: è lo stesso Mattarella nel 2018 che ha impedito che Paolo Savona diventasse ministro dell’economia, ricordando agli italiani che sono “i mercati”, e non gli elettori, ad avere l’ultima parola». E’ questa, la post-democrazia a cui ci avevano ridotti, i “maggiordomi” dell’eurocrazia fino a ieri intoccabile, “teologica”. E voilà: quello che ieri era “impossibile”, oggi è realtà.Insieme a Mattarella, di fronte alla necessità di dare «almeno un po’ di respiro economico agli italiani prostrati dal coronavirus (o meglio, dall’emergenza creata dai tagli storici alla sanità)» sono state costrette a intervenire «persino Angela Merkel e Ursula von der Leyen, disposte ad aprire i cordoni della borsa». Ma il merito, ribadisce Magaldi, è tutto di Christine Lagarde: ha offerto un formidabile assist «a tutti coloro che, finalmente, dopo anni, hanno trovato il coraggio per rivendicare libertà economica per le entità statuali in caso di crisi». Che la sfida sia appena all’inizio, però, lo dicono i fatti: «Bisognava attenedere il coronavirus – osserva Magaldi – per rivendicare quello che andava fatto in anni e anni di crisi economica gravissima, che ha schiantato tante persone». In ogni caso, per il presidente del Movimento Roosevelt, «i danni delle politiche neoliberiste di austerity di questi decenni sono molto superiori ai danni che sta facendo il coronavirus».Sulla Christine Lagarde del passato, Magaldi non ha dubbi: «E’ stata senz’altro tra i masnadieri della filiera massonica neo-aristocratica che ha ammorbato il mondo e l’Europa con l’austerity neoliberista. Come Draghi, è stata uno dei principali terminali di un potere mefitico, contro-iniziatico sul piano massonico nonché esiziale, funesto, sul piano economico. Attenzione, però: «Quelli che oggi criticano la Lagarde», nell’establishment italiano, «ieri le baciavano le mani». Di fatto, dalla poltronissima della Bce, la presidente si è “immolata” in modo calcolato, per provocare i decisori e spingerli verso l’agognata flessibilità. «Ha ottenuto quello che voleva. E cioè: stabilire che l’Italia ha il diritto (e il dovere) di poter spendere a deficit per risollevare l’economia, che è in grave crisi e lo sarà sempre di più – certo non aiutata in modo significativo dai primi spiccioli distribuiti da Conte, che fanno ridere i polli».Magaldi in ogni caso denuncia l’ipocrisia di chi condanna Christine Lagarde esaltando invece Mario Draghi, celebrato in modo grottesco come salvatore dell’euro. Il “niet” della Lagarde sugli spread – chiarisce l’autore di “Massoni” – era un esplicito riferimento alla analoga condotta di Draghi durante la crisi finanziaria di dieci anni fa. Prima di agire, infatti, l’allora Super-Mario attese un anno intero. Ce ne siamo già dimenticati? «Prima di intervenire per calmare gli spred, Draghi ha consentito a speculatori vari di razziare quello che andava razziato». Lasciò sprofondare nel disastro paesi come la Grecia, la Spagna e l’Italia, che su “consiglio” dell’Ue si affidarono alle cure di Papademos, Rajoy e Monti. Letteralmente immobile per dodici mesi, sordo a tutti gli Sos, il presidente della Bce si decise ad attivarsi fuori tempo massimo, cioè solo dopo che quei paesi erano stati commissariati da governi «pronti a implementare gravissimi tagli alla spesa pubblica con le manovre di austerity: tagli che hanno riguardato anche e soprattutto la sanità».Inutile negarlo: «Lui e la Lagarde sono stati entrambi pessimi». Oggi, però, hanno cambiato orizzonte: «Giocano un gioco spregiudicato e pericoloso per loro stessi». Tuttavia, fin qui – e specialmente con questa prova, «superata ma rischiosa» – Christine Lagarde merita il massimo rispetto: «Si è dimostrata sincera, in questo gioco abile, spericolato e complesso che è stato inaugurato in queste ultime settimane». Quanto al suo “collega” italiano, Magaldi auspica «un nuovo Draghi, spericolato come la Lagarde, che aiuti l’affermazione di un nuovo paradigma, keynesiano e rooseveltiano». Sono patetici, quelli che oggi ricordano solo il “bazooka” di Draghi, scordando che fu usato – deliberatamente – in ritardo. C’era anche questo spiacevolissimo “memento”, tra i compiti dell’attrice francese travestita da Strega del Nord: costringerci a ricordare. C’è da ribaltare l’Europa, e forse un “aiuto” sta arrivando proprio dal minaccioso coronavirus. Ma attenti: superata l’emergenza, niente sarà più come prima.Guai – sembra suggerire la Lagarde, in versione “sfinge” – se la Bce resterà quella di oggi: impossibilitata a soccorrere i paesi che hanno bisogno di soldi. Non lo vedete, dove siamo finiti? A forza di tagli, mandiamo in giro gli infermieri senza nemmeno la protezione delle mascherine. Come dire: scontiamo un’eredità mortifera, pesantissima, direttamente responsabile dell’attuale catastrofe economica, sociale, sanitaria. Al solo Monti si imputano 37 miliardi di tagli al sistema-salute. Motivazione delirante: ripianare i conti pubblici, arrivando al pareggio di bilancio. Pochi sanno che l’Italia è da trent’anni in avanzo primario: i soldi versati in tasse sono più di quelli che lo Stato spende per i cittadini. Scontato (anche se mostruoso) che oggi si possa morire, solo perché in terapia intensiva non c’è posto per tutti. Questione di soldi, non di virus: è questa, la lezione che l’ex strega Christine Lagarde, con la sua apparente gaffe, ha voluto che apprendessimo. L’austerity uccide, ecco tutto. E purtroppo non si smonta in tre giorni, l’immane piramide di menzogne che ha protetto questo regime criminogeno. Anche se, a quanto pare, l’Era del Virus ci sta facendo viaggiare alla velocità della luce.Christine Lagarde, istruzioni per l’uso: da leggere esattamente al contrario. Tradotto: voglio far crollare l’infame dogma dell’austerity? Bene, allora devo fingere di rafforzarlo. E in modo spietato, di fronte al panico e alle vittime del coronavirus, devo pronunciare la più impopolare delle frasi. E cioè: arrangiatevi, e scordatevi che la Bce vi possa dare una mano, calmando i vostri spread. Ha funzionato? Eccome. Nessuno, infatti, si è accorto del trucco. Mattarella indignato con la Strega del Nord, pronto a invocare solidarietà da parte dell’Ue. E poi la Merkel e Ursula von der Leyen, improvvisamente tramutate in dame caritatevoli: «Siamo tutti italiani», eccetera. Missione compiuta? Precisamente: è crollato il Muro del Rigore, il grande tabù europeo che ha demonizzato la spesa sociale (ieri lasciando crepare, senza medicine, i bambini greci). Tutto “merito” di Christine Lagarde, che ha indossato la maschera dell’orrore: la stessa che indossò Mario Draghi dieci anni fa, lasciando che lo spread divorasse Grecia, Spagna e Italia, per la gioia degli speculatori. Come dire: ricordate? E vi sembra giusto che la Bce (per statuto, ossessionata solo dall’inflazione) non possa spendere un centesimo per salvare vite umane?
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Eresia Roosevelt: giù le tasse, e reddito universale per tutti
Giù le tasse, usando anche la moneta complementare emessa a costo zero. E soprattutto, reddito universale: assegno mensile di 500 euro, a chiunque, con l’unico obbligo di spendere subito quei soldi. Sembra un costo, ma non lo è. O meglio: la spesa iniziale sarebbe letteralmente oscurata dal salto in avanti del Pil, grazie al “moltiplicatore” keynesiano (spendi 100, e produci 3-400). Risultato: economia in grande ripresa e, alla fine, maggiori entrate fiscali. Sono due dei tre punti-chiave messi a fuoco dal Movimento Roosevelt (il terzo è il diritto costituzionale al lavoro, oggi assente) con l’intento di capovolgere l’ipnosi finanziaria, del tutto artificiosa, che detiene le vere chiavi della crisi europea. Una “maledizione” che sembra economica, e invece è interamente politica. «Si ciancia di lotta all’evasione fiscale, ma l’evasione la si combatte imponendo tasse eque: se si abbassano le aliquote, oggi folli, cresceranno immediatamente le entrate». Lo sostiene Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, rilanciando un’idea del rooseveltiano Carlo Toto: rimettere in moto l’Italia, facendola uscire da decenni di sofferenze imposte dall’alto, attraverso una camicia di forza macroeconomica. A questo è servito il vincolo esterno europeo: a comprimere le possibilità del made in Italy, dopo averlo largamente sabotato, smembrato e indebolito.Teoria e pratica del neoliberismo, ideologia di cui l’Italia è stata una cavia perfetta. Pura demenzialità, il tetto del 3% imposto alla spesa. Idem la gestione privatistica dell’euro, basata sulla leggenda della scarsità di moneta (in realtà creabile in modo illimitato e senza costi). In pratica, qualcuno lassù ha chiuso i rubinetti. E al paese ha raccontato che, semplicemente, “doveva” soffrire. Peggio: che le tasse servono a pagare stipendi, a far funzionare lo Stato. Nella stanza dei bottoni, tutti sanno che non è vero: ma il mainstream (economisti neoliberali, partiti e media) fingono di non saperlo. Non ne parlano le Sardine, interessate solo a stoppare Salvini (agevolando la corsa di Prodi verso il Quirinale). Non ne parla Bonaccini, e neppure Zingaretti. La promessa di Flat Tax sbandierata dallo stesso Salvini si è fermata col siluramento di Armando Siri. L’Italia politica sembra essersi rimessa a dormire, divisa solo in apparenza tra custodi del centrosinistra e guardiani del centrodestra. Da Renzi a Berlusconi, nessuna soluzione in vista. Nel 2018, in pieno caos gialloverde, i 5 Stelle sembravano volerci provare: ma il reddito di cittadinanza promosso da Di Maio si è rivelato un’amara barzelletta, un’inutile elemosina elargita al prezzo di severe condizioni.Niente da fare neppure sul fronte della moneta parallela, di cui si era parlato nei mesi scorsi. Ne sa qualcosa un economista keynesiano come Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt: basterebbe pochissimo, sostiene, per creare una “moneta di Stato” da affiancare all’euro, senza neppure violare il Trattato di Lisbona. Valore emesso a costo zero, accettato per il pagamento di tasse e imposte. Sarebbe un sollievo immediato, per l’economia. Due piccioni con una fava: meno tasse, ed economia in ripresa. Un altro rooseveltiano, Toto, ora rilancia: se all’abbattimento delle aliquote (e alla facilitazione fiscale propriziata dalla moneta parallela) si aggiunge la maxi-iniezione del reddito universale, l’economia può risorgere. Volerebbero i consumi, dunque il lavoro. Eresia? Sì, certo, ma sarà meglio farci l’abitudine: il Movimento Roosevelt ha intenzione di lanciare una campagna nazionale, sostenendo queste sue proposte a colpi di petizioni popolari. Non ultima quella sul diritto al lavoro: ha poco senso, ribadisce lo stesso Magaldi, che la Costituzione definisca l’Italia una repubblica fondata sul lavoro, se poi l’occupazione non c’è. Meglio che lo Stato assolva in pieno alla sua funzione, fino in fondo: così come la stessa Bce dovrebbe riscrivere il proprio statuto, puntando alla piena occupazione in Europa, anche l’Italia dovrebbe rivedere la sua Carta, impegnandosi a dare un lavoro a chiunque.L’eresia è l’unica possibilità che resta, se gli attori della politica nazionale balbettano. Soluzioni vere, radicali, frontali. Un orizzonte antropologico alternativo all’attuale bassa marea, nella quale nuotano (male o malissimo) tutti i partiti. Ma attenzione: non sono solo i rooseveltiani a scrutare il cielo, in cerca di un futuro possibile e dignitoso. La signora Christine Lagarde ha appena evocato il massimo tabù di questi anni di austerity “teologica”: gli eurobond, per sostenere in modo illimitato i debiti pubblici dei paesi europei, senza più l’incubo speculativo dello spread. E persino Mario Draghi, da parte sua, ha parlato addirittura della Modern Money Theory, cioè l’emissione monetaria teoricamente infinita, con cui rianimare l’economia europea. Il contrario esatto di quel rigore che i sacerdoti dell’eurocrazia continuano a spacciare per volere divino. E se in Italia nessuno si muove, Magaldi annuncia un appello direttamente ai cittadini: firme su firme, per sollecitare la rivoluzione di cui si avverte il disperato bisogno. Smettere di avere paura, scacciare la crisi, tornare a progettare un’Italia più comoda per tutti. Senza più evasione fiscale, grazie a tasse affrontabili. E senza più l’alibi della penuria, in virtù del reddito universale: utile a salvare chi un lavoro non ce l’ha ancora, e fondamentale per movimentare consumi, imprese, assunzioni. Si tratta di cambiare tutto, da cima a fondo. Primo step: scoprire che l’eresia non è il problema, è la soluzione.Giù le tasse, usando anche la moneta complementare emessa a costo zero. E soprattutto, reddito universale: assegno mensile di 500 euro, a chiunque, con l’unico obbligo di spendere subito quei soldi. Sembra un costo, ma non lo è. O meglio: la spesa iniziale sarebbe letteralmente oscurata dal salto in avanti del Pil, grazie al “moltiplicatore” keynesiano (spendi 100, e produci 3-400). Risultato: economia in grande ripresa e, alla fine, maggiori entrate fiscali. Sono due dei tre punti-chiave messi a fuoco dal Movimento Roosevelt (il terzo è il diritto costituzionale al lavoro, oggi assente) con l’intento di capovolgere l’ipnosi finanziaria, del tutto artificiosa, che detiene le vere chiavi della crisi europea. Una “maledizione” che sembra economica, e invece è interamente politica. «Si ciancia di lotta all’evasione fiscale, ma l’evasione la si combatte imponendo tasse eque: se si abbassano le aliquote, oggi folli, cresceranno immediatamente le entrate». Lo sostiene Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, rilanciando un’idea del rooseveltiano Carlo Toto: rimettere in moto l’Italia, facendola uscire da decenni di sofferenze imposte dall’alto, attraverso una camicia di forza macroeconomica. A questo è servito il vincolo esterno europeo: a comprimere le possibilità del made in Italy, dopo averlo largamente sabotato, smembrato e indebolito.
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Di Maio e Grillo, al capolinea la grande farsa dei 5 Stelle
La notizia, in fondo, è che faccia notizia l’harakiri di Di Maio alla vigilia delle regionali emiliane e calabresi. Era il 27 maggio 2018: chiederemo l’impeachment per Mattarella, tuonava il cosiddetto capo politico dei 5 Stelle. Già l’indomani tornava sui suoi passi, preparandosi a salire a testa china al Quirinale, ingoiato in sole 24 ore il “niet” presidenziale sulla nomina strategica di Paolo Savona al dicastero dell’economia. Due anni prima, i 5 Stelle avevano tentato – a freddo, senza preavviso né spiegazioni – il clamoroso trasloco, a Strasburgo, nel gruppo europarlamentare dell’Alde, quello dei pasdaran ultra-euristi, amici di Mario Monti. L’abbaglio pentastellato si era già palesato in tutto il suo fulgore: un grandioso equivoco da 9 milioni di voti, in un’Italia stremata dalla finta alternanza tra berlusconiani e antiberlusconiani, tutti strettamente devoti alle direttive austeritarie del neoliberismo eurocratico e privatizzatore. Il ciclone Grillo si era abbattuto in modo spettacolare sulla palude italica, promettendo una rivoluzione nella governance. Ora Grillo (lo stesso che nel 2016 tentò di associare i pentastellati ai fanatici guardiani dell’euro) è l’uomo che ha imposto ai suoi sudditi l’alleanza sfacciata con il loro nemico storico, il Pd, il “partito del potere” contro cui si era gonfiato il consenso incautamente attribuito al MoVimento.L’eredità elettorale di Grillo è stata largamente acquisita da Matteo Salvini, che negli ultimi anni ha cavalcato l’onda contestataria dei 5 Stelle, facendo proprie molte delle parole d’ordine grilline. Esattamente come fino a ieri i pentastellati, Salvini – ora all’opposizione – può insistere nell’invocare un rovesciamento sostanziale della filosofia di governo, nel segno del recupero della sovranità italiana. E, proprio come i suoi ex sodali gialloverdi, nemmeno Salvini offre soluzioni praticabili, fondate su parole nette e su un disegno politico credibile, preciso e sostanziale. Non a caso, l’ex vicepremier leghista ha tirato a campare per un anno intero, insieme al suo socio grillino, senza nulla osare: il “governo del cambiamento”, infatti, non ha cambiato di una virgola le avvilenti condizioni della sudditanza italiana rispetto ai poteri forti che gestiscono privatisticamente l’Unione Europea, dentro il grande “frame” del neoliberismo universale dove lo Stato – ridotto in bolletta e ricattato dai “mercati” col giochino dello spread – viene neutralizzato come motore economico e ridotto al ruolo di spietato esattore. A differenza dei 5 Stelle, almeno Salvini si era impegnato sul fronte dell’alleggerimento fiscale: ma, proprio come i suoi ex compagni di viaggio, senza mai entrare davvero nel merito. Tante chiacchiere sulla Flat Tax di Armando Siri, ma mai una spiegazione su come trasformarla in realtà.In altre parole, il salvinismo barricadero edizione 2020, recitato comodamente dall’opposizione, ricorda in modo sinistro le roboanti promesse dei 5 Stelle alla vigilia del loro storico esordio al governo del paese. S’è visto come i grillini abbiano prontamente tradito tutti gli elettori, nel modo più sconcertante: Tap e Tav, vaccini, Ilva, armamenti, trivelle, euro e banche. Velo pietoso sullo sbandieratissimo reddito di cittadinanza, micro-elemosina vincolata a stringenti condizionalità. Inevitabile, peraltro, avendo evitato di affrontare il problema dei problemi: la liquidità a disposizione dello Stato per poter dispiegare vere politiche utili al paese, detassazioni e investimenti di lungo respiro. Sul Grande Nulla degli imbarazzanti 5 Stelle ha imperato solo e sempre il misterioso Grillo, giunto a umiliare Di Maio tentando di fargli credere di avere davvero il potere di decidere qualcosa. Il fatto che oggi Di Maio getti finalmente la spugna, aumentando ulteriormente il caos generale che regna tra i grillini, non dovrebbe avere la minima importanza per chi osserva lucidamente la politica italiana, i devastanti problemi del paese e l’assenza cosmica di soluzioni sul tappeto, da parte di tutti gli attori attualmente sulla scena.La notizia, in fondo, è che faccia notizia l’harakiri di Di Maio alla vigilia delle regionali emiliane e calabresi. Era il 27 maggio 2018: chiederemo l’impeachment per Mattarella, tuonava il cosiddetto capo politico dei 5 Stelle. Già l’indomani tornava sui suoi passi, preparandosi a salire a testa china al Quirinale, ingoiato in sole 24 ore il “niet” presidenziale sulla nomina strategica di Paolo Savona al dicastero dell’economia. Due anni prima, i 5 Stelle avevano tentato – a freddo, senza preavviso né spiegazioni – il clamoroso trasloco, a Strasburgo, nel gruppo europarlamentare dell’Alde, quello dei pasdaran ultra-euristi, amici di Mario Monti. L’abbaglio pentastellato si era già palesato in tutto il suo fulgore: un grandioso equivoco da 9 milioni di voti, in un’Italia stremata dalla finta alternanza tra berlusconiani e antiberlusconiani, tutti strettamente devoti alle direttive austeritarie del neoliberismo eurocratico e privatizzatore. Il ciclone Grillo si era abbattuto in modo spettacolare sulla palude italica, promettendo una rivoluzione nella governance. Ora Grillo (lo stesso che nel 2016 tentò di associare i pentastellati ai fanatici guardiani dell’euro) è l’uomo che ha imposto ai suoi sudditi l’alleanza sfacciata con il loro nemico storico, il Pd, il “partito del potere” contro cui si era gonfiato il consenso incautamente attribuito al MoVimento.
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Onore a Paragone, espulso. Ma che ci faceva tra i 5 Stelle?
Gianluigi Paragone in rotta coi 5 Stelle? Ovvio, data la caratura politica del personaggio. E’ stato l’unico giornalista italiano (televisivo, per giunta) ad aver osato dare spazio a un ultra-eretico come Paolo Barnard, il primo a denunciare l’euro come strumento di dominazione finanziaria post-democratica, dopo essersi speso – con larghissimo anticipo su chiunque altro – nel divulgare in termini popolari, per i non addetti, i fondamentali della materia oscura (economica, finanziaria) che si è impossessata della politica, trasformando i partiti in semplici passacarte, meri esecutori – per lo più ignoranti – di decisioni altrui. Fa decisamente onore, a Paragone, il fatto di venir finalmente espulso dalla congrega grillina che fa da stampella al Pd e tiene in vita l’orrendo governo Conte, protetto dalle cancellerie europee anti-italiane e mantenuto insieme solo dal terrore delle elezioni anticipate, cioè la fine dei privilegi per le centinaia di signori-nessuno che Beppe Grillo ha miracolato, trasformandoli provvisoriamente in parlamentari. A sconcertare, semmai, è la scelta compiuta da Paragone due anni fa, quando decise di candidarsi proprio con loro, i grillini, che avevano già cominciato a gettare la maschera: risale infatti al 2016 il tentato trasloco, a Strasburgo, tra le file dell’Alde iper-eurista, fierissimo dell’infame austerity imposta agli europei.Stupisce che un sincero democratico come Paragone abbia potuto accettare di subire, fin dall’inizio del suo mandato, il ménage finto-democratico che domina l’impostura politica grillina, scandita dal più vuoto degli slogan – uno vale uno – e smentita ogni giorno dalla prassi di bottega, il movimento “detenuto” privatamente da Casaleggio e rappresentato altrettanto privatamente, nei momenti decisivi, dal solo Grillo. Che ci faceva, l’ottimo Paragone, in così pessima compagnia? Cosa sperava di ottenere, impuntandosi nel denunciare gli scempi e i tradimenti del Conte-bis? Come immaginare di ottenere un rigurgito di coscienza dai grillini imbullonati alle poltrone, pronti a smentire oggi e domani quello che solo ieri promettevano? E’ sterminato l’elenco delle vergogne che giustamente Paragone richiama, con l’unico effetto di riscuotere la stima, il rispetto e il consenso dei milioni di elettori che ancora si domandano come abbiano potuto gettare il loro voto nella spazzatura, nel 2018, dando fiducia a Di Maio e soci, credendo davvero che dicessero sul serio quando assicuravano la svolta democratica che il paese attende da trent’anni. Come si può sperare che il riscatto democratico venga da un gregge sottomesso, che in dieci anni non si è mai confrontato democraticamente nemmeno per sbaglio, in un regolare congresso?Proprio l’illustre ospite di Paragone – Paolo Barnard – fu il primo a lanciare l’allarme, in tempi non sospetti: che razza di democrazia ci si può aspettare da una setta politica fanatizzata a comando da due privati cittadini, Grillo e Casaleggio, con potere di vita e di morte su chiunque osi esprimere il benché minimo dissenso? Oggi, gli ometti parcheggiati in Parlamento sanno perfettamente di perdere la faccia, oltre che i voti ingiustamente ottenuti, ma restano dove sono – incollati allo scranno – ben consapevoli del fatto che, alla prossima tornata elettorale, di loro non resterà più nulla. In compenso, ai sommi poteri hanno offerto uno spettacolo memorabile: la rabbia degli italiani elusa e tradita, gli elettori raggirati, gli impegni disattesi. Una colossale presa in giro: all’amo hanno abboccato milioni di elettori, nel paese che più di ogni altro aveva motivo per reclamare una radicale inversione di rotta nella governance europea. Gli eurocrati si saranno divertiti in mondo, nel vedere che un grande paese come l’Italia si è lasciato buggerare dal signor Grillo e dai suoi rivoluzionari all’amatriciana. Non ci voleva molto a capire, fin dall’inizio, che la partita era truccata: il Movimento 5 Stelle non ha mai proposto niente di serio. Zero: non un’idea per cambiare le regole. Solo fumo: le auto blu, i vitalizi e altre stupidaggini. Possibile che non se ne fosse accorto, un giornalista coraggioso e acuto come Gianluigi Paragone?(Giorgio Cattaneo, “Onore a Paragone, espulso: ma che ci faceva, uno come lui, nei 5 Stelle?”, dal blog del Movimento Roosevelt del 3 gennaio 2019).Gianluigi Paragone in rotta coi 5 Stelle? Ovvio, data la caratura politica del personaggio. E’ stato l’unico giornalista italiano (televisivo, per giunta) ad aver osato dare spazio a un ultra-eretico come Paolo Barnard, il primo a denunciare l’euro come strumento di dominazione finanziaria post-democratica, dopo essersi speso – con larghissimo anticipo su chiunque altro – nel divulgare in termini popolari, per i non addetti, i fondamentali della materia oscura (economica, finanziaria) che si è impossessata della politica, trasformando i partiti in semplici passacarte, meri esecutori – per lo più ignoranti – di decisioni altrui. Fa decisamente onore, a Paragone, il fatto di venir finalmente espulso dalla congrega grillina che fa da stampella al Pd e tiene in vita l’orrendo governo Conte, protetto dalle cancellerie europee anti-italiane e mantenuto insieme solo dal terrore delle elezioni anticipate, cioè la fine dei privilegi per le centinaia di signori-nessuno che Beppe Grillo ha miracolato, trasformandoli provvisoriamente in parlamentari. A sconcertare, semmai, è la scelta compiuta da Paragone due anni fa, quando decise di candidarsi proprio con loro, i grillini, che avevano già cominciato a gettare la maschera: risale infatti al 2016 il tentato trasloco, a Strasburgo, tra le file dell’Alde iper-eurista, fierissimo dell’infame austerity imposta agli europei.
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Sicuri che Salvini al governo riuscirebbe a bocciare il Mes?
«Sapevamo che questo governo era nato con un solo scopo: sopravvivenza di gruppo e personale, al governo e in Parlamento, impedendo il voto e la vittoria di Salvini coi suoi alleati». Se questo è il mastice interno che tiene incollato alle poltrone il Conte-bis, scrive Marcello Veneziani su “La Verità”, in questi giorni abbiamo conosciuto anche «lo scopo esterno» assegnato alla congrega, ovvero: «Eseguire i comandi dell’Eurocrazia, non solo in tema di migranti ma soprattutto in tema di conti, secondo le direttive europee, come testimonia il Mes». La vera ragione politica del governo in carica, «oltre quella pietosa di natura personale», era e resta quella. «Non c’è un progetto, una grande riforma, un obbiettivo primario davanti». C’è solo quel core business: «Eseguire il mandato degli eurocrati, di cui il Pd è la guarda bianca, la filiale interna», continua Veneziani. «Il partito al servizio dell’establishment è il Pd, è il concessionario di zona dei poteri europei, è il rivenditore autorizzato della pappa europea ma è anche il rappresentante, il messo solerte delle sue direttive». Da solo, però, il Pd non basta più: per questo serve il paravento dei 5 Stelle, con l’aiuto delle provvidenziali Sardine e il profilo finto-istituzionale del premier.C’era da «mandare avanti qualcuno» al posto dell’impresentabile Pd: «Le sardine in piazza, i grillini in Parlamento e l’avvocato di tutte le cause al governo», osserva Veneziani. Il Pd? «Deve stare dietro e avvalersi di funzionari testati e garantiti dall’Europa, tipo Gualteri, tipo Gentiloni, tipo Enrico Letta. O la new entry, il passpartout Conte Fregoli, pronto a tutto pur di restare sul palcoscenico a recitare la parte del premier». Spettacolo ormai sotto gli occhi di tutti: «Con linguaggio orwelliano lo chiamano il SalvaStati, ma la sua traduzione reale è AmmazzaStati, insieme alle rispettive sovranità e agli interessi generali». Però, aggiunge Veneziani, «la porcata sul Mes scontenta e tradisce troppa Italia, e le coperture politiche – da quella renziana a quella dimaionese – tremano paurosamente e rischiano da un momento all’altro di crollare». E’ un fatto: «Mai, la base elettorale e militante grillina, espressa da Alessandro Di Battista, avrebbe accettato di essere usata come copertura per il peggior asservimento all’Europa». La speranza del Pd è che prevalga la paura di perdere la poltrona: che fine farebbero, i parlamentari grillini, se si tornasse a votare? E questo è davvero l’unico appiglio, per il Pd e «il consulente premier ingaggiato».Probabilmente, continua Veneziani, un simile calcolo personale spinge Grillo «a insistere sul governo in corso e a tacere su questa svendita nazionale», temendo il supremo potere di ricatto dell’establishment eurocratico. Più facile il compito dell’opposizione, che spara a zero sul Mes. Ma se domani il centrodestra salviniano e meloniano fosse al governo? Troverebbe «gli stessi poteri e i veti, gli ostacoli, le minacce, le tante forme ricattatorie di pressione e di ritorsione». Inevitabili compromessi? Salvini ce l’avrà, «la forza per dire un secco “no, non se ne parla”, e sarà convincente nel far capire che se per noi è un guaio mettersi di traverso ai dettami degli eurocrati, pure per la Ue e il suo sistema finanziario è un guaio dichiarare guerra a un socio fondatore come l’Italia?». E quindi, «riuscirà almeno a rinegoziare radicalmente il Mes e cambiargli prospettiva?». Nel caso, «troverà partner europei nella scelta sovranista e indipendentista?». Oppure: «Troverà sponde fuori dall’Unione Europea per bilanciare eventuali strappi e ultimatum? E quanti ostacoli troverà in Italia, tra magistratura, stampa e poteri istituzionali pronti a remare contro, gufare anti, colpire il sovranismo magari accusandolo pure di fare interessi stranieri?».Osserva Veneziani: è dura, «dover governare e dover fare i conti con le aspettative della gente che ti ha votato e le ingiunzioni del potere che ti vorrebbe far cadere appena possibile». Sulla scena dominano «forti giocatori politici e internazionali». E noi, allora, «saremo in grado poi di fronteggiare i potenti con armi e leadership adeguate?». Sono domande preliminari che vanno affrontate, conclude Veneziani, se si vuole andare oltre l’incasso immediato e vincente della giusta protesta. «Stavolta non basterà ripetere “noi twitteremo diritto”, remake social del “noi tireremo diritto”». Un consiglio e Salvini e Meloni: «Siate più prudenti nel dire e più conseguenti nel fare. La vostra forza principale è essere dalla parte della realtà, con i piedi per terra, convinti che la vita reale dei popoli vale più degli assetti contabili». E dunque, «siate realisti anche in questa partita difficile, pensateci già da ora. Prima o poi arriveremo alla fine del Mes».«Sapevamo che questo governo era nato con un solo scopo: sopravvivenza di gruppo e personale, al governo e in Parlamento, impedendo il voto e la vittoria di Salvini coi suoi alleati». Se questo è il mastice interno che tiene incollato alle poltrone il Conte-bis, scrive Marcello Veneziani su “La Verità“, in questi giorni abbiamo conosciuto anche «lo scopo esterno» assegnato alla congrega, ovvero: «Eseguire i comandi dell’Eurocrazia, non solo in tema di migranti ma soprattutto in tema di conti, secondo le direttive europee, come testimonia il Mes». La vera ragione politica del governo in carica, «oltre quella pietosa di natura personale», era e resta quella. «Non c’è un progetto, una grande riforma, un obbiettivo primario davanti». C’è solo quel core business: «Eseguire il mandato degli eurocrati, di cui il Pd è la guarda bianca, la filiale interna», continua Veneziani. «Il partito al servizio dell’establishment è il Pd, è il concessionario di zona dei poteri europei, è il rivenditore autorizzato della pappa europea ma è anche il rappresentante, il messo solerte delle sue direttive». Da solo, però, il Pd non basta più: per questo serve il paravento dei 5 Stelle, con l’aiuto delle provvidenziali Sardine e il profilo finto-istituzionale del premier.
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Il Mes e i Miserabili: come siamo caduti in basso, e perché
Ma che razza di paese siamo? Si sprecano commenti sul look del conducente, mentre qualcuno ha manomesso i freni del pullman, e non da oggi. Ancora stiamo lì a disputare sulle briciole miserabili del Mes, anziché rovesciare finalmente il banco? E’ un tavolo truccato, dove i bari si giocano a dadi il futuro dei popoli, parlando abusivamente a loro nome. Un teatro dell’assurdo, questa Unione Europea spacciata per Europa. Il club ha reclutato tra le sue comparse anche Giuseppe Conte, l’ex avvocato del popolo gialloverde: ricondotto all’ovile sorvegliato da figuranti di lungo corso come Paolo Gentiloni e David Sassoli, uno commissario Ue e l’altro presidente del Parlamento Europeo. Esponenti dell’immortale Pd, premiati dopo aver perso le elezioni e messi lì per assicurare ai dormienti l’eterno riposo. Finito nella bufera, e subito smentito dall’Eurogruppo (il Mes è già stato approvato, dicono i tecnocrati), il povero Conte ha balbettato in aula la sua tiepida versione sull’ultimo trattato-capestro, vendendolo come ancora negoziabile, e comunque nient’affatto “segreto” nella sua gestazione. Falso, lo smentisce il leghista Claudio Borghi: la scorsa estate, rivela, il testo è stato visionato solo di sfuggita, a Palazzo Chigi, da tre parlamentari leghisti e un emissario del grillino Fraccaro.«Non firmiamo niente», conclusero, dopo aver solo potuto guardare da lontano quelle 40 pagine, scritte in inglese, senza la possibilità di fotocopiarle. Alla faccia della sovranità parlamentare. L’ha ripetuto, Borghi, nella diretta web-streaming su ByoBlu con Claudio Messora e Francesco Toscano, poche ore dopo l’infuocata assise delle Camere: la bozza di revisione del micidiale Mes, i cui funzionari si pongono al di sopra di qualsiasi legge, non punibili in nessun caso, ha seguito la stessa procedura clandestina del Ttip, il trattato-fantasma concepito per scavalcare i governi e lasciare alle multinazionali l’ultima parola sui contenziosi con gli Stati. Qui è ancora peggio, rincara Borghi: almeno, l’accesso formale al testo del Ttip (sempre in inglese, non fotografabile neppure con lo smartphone) era previsto dall’agenda. Invece, quei 40 fogli del Mes-2 sarebbero stati esibiti la scorsa estate solo per gentile concessione di Conte, in imbarazzo con i suoi azionisti di riferimento, Lega e 5 Stelle. Uno strappo alla regola: in base al rigido protocollo, le informazioni riservatissime sul rinnovato Meccanismo Europeo di Stabilità, in teoria, si sarebbero dovute limitare unicamente al premier, assistito d’ufficio dal solo ministro dell’economia (all’epoca, Giovanni Tria).Citato da Salvini nella sua requisitoria in aula contro Conte, l’esperto Guido Salerno Aletta, di “Milano Finanza”, conferma l’allarme già lanciato da Antonio Patuelli dell’Abi e, ancor più autorevolmente, dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco. E cioè: se l’Italia fosse costretta a ricorrere al Mes, il nuovo Fondo potrebbe chiedere in cambio pesantissime “condizionalità”, inclusa la “ristrutturazione” del debito. Tradotto: le banche, detentrici dei titoli di Stato, potrebbero attingere direttamente ai conti correnti degli italiani. In alternativa, il governo dovrebbe imporre una patrimoniale. Lo conferma, sempre a “ByoBlu”, un tecnocrate come Carlo Cottarelli: per l’Italia il rischio è serio, visto l’attuale sistema di finanziamento (titoli di Stato, con moneta non sovrana) e un debito che galleggia oltre il 130% del prodotto interno lordo. Il documento, infatti, prevede che tutto vada liscio solo per i paesi con un debito non superiore al 60% del Pil, in linea con la “teologia” di Maastricht. Problema: le regole del rigore, pensate trent’anni fa per un’Europa in crescita, si sono scontrate con la realtà della stagnazione, riuscendo solo ad aggravare la crisi e condannare intere economie. E oggi, nel 2019, ancora si insiste con una ricetta perversa e socialmente devastante, votata alla rovina generale?“Non venitemi a dire che non lo sapevate”, è la fragile autodifesa di Conte, che tenta di coinvolgere Salvini e Di Maio, entrambi vicepremier all’epoca dell’incubazione del Mes-2. Vero a metà, a quanto pare: da un lato, il capo della Lega e il portavoce dei 5 Stelle non hanno mai rigettato, a prescindere, la prospettiva dell’ex Fondo salva-Stati. Dall’altro, però, si erano riservati di analizzarlo in modo approfondito. Salvo scoprire, oggi, che il Mes avrebbe viaggiato in clandestinità: un piatto avvelenato, da servire ai Parlamenti solo a cose fatte. E qui, Conte traballa. Accusato frontalmente da Salvini e Giorgia Meloni, è isolato dalla freddezza di Di Maio: i 5 Stelle potrebbero ribellarsi e staccare la spina al governo, pur di bloccare il fondo “ammazza-Stati”? Se il Pd e i renziani fanno quadrato attorno all’attuale titolare dell’economia, cioè il tecnocrate Roberto Gualtieri (creatura di Buxelles), dalla sinistra si sfila “Liberi e Uguali”: per Stefano Fassina, già viceministro di Enrico Letta, l’Italia deve rispedire al mittente, rifiutandosi di approvarlo, questo pericoloso congegno a orologeria.Conte avrebbe già dato il suo ok, all’insaputa di tutti? Malissimo: proprio su questo sembra giocarsi la sopravvivenza del professor-avvocato a Palazzo Chigi, incalzato dalla Lega che si prepara alla mobilitazione popolare, a suon di firme, prima ancora di valutare una mozione di sfiducia, nel caso in cui una frangia dei 300 parlamentari grillini prendesse le distanze da quello che, sulla carta, si presenta come il più insidioso attentato alle tasche degli italiani. Mesi fa, un ex analista dell’intelligence come Fausto Carotenuto aveva confessato: «Temo il Conte-bis, la sua debolezza politica ne farà lo strumento perfetto per l’élite europea intenzionata a farci del male». Oggi, di fronte alla rissa parlamentare sull’ipotetico Fondo Monetario Europeo, un osservatore privilegiato come Gioele Magaldi, massone progressista e presidente del Movimento Roosevelt, allarga decisamente l’orizzonte: ma ci rendiamo conto, dice, di cosa stiamo parlando? Lo capiamo, per quale motivo siamo finiti così in basso? Vogliamo deciderci a vederlo, il problema? Alzi la mano chi sa spiegarsi, precisamente, per quale motivo la moneta (europea) è diventata qualcosa da mendicare, da prendere in prestito a caro prezzo, lasciando in pegno interi paesi (e ora, magari, anche il patrimonio di milioni di cittadini).Chiarisce l’economista Nino Galloni, che del Movimento Roosevelt è vicepresidente: ci rendiamo conto che l’Italia ha sì un enorme debito pubblico, ma in compenso vanta un debito privato irrisorio e un ingentissimo patrimonio fatto di risparmi, di capitali e immobili, a garanzia del sistema economico nazionale? E perché allora il rating delle agenzie, adottato da Bruxelles come unico parametro, considera solo il debito contabile dello Stato? Chiedetelo a Prodi, taglia corto un altro “rooseveltiano” come Gianfranco Carpeoro: fu il professore di Bologna, osannato come salvatore della patria dopo aver sfasciato l’Iri che sorreggeva l’industria italiana, a genuflettersi ai signori dell’euro, rinunciando a far pesare il valore reale dell’Italia. Quanto agli eurocrati, un grande imprenditore come Fabio Zoffi, che opera in Germania, ha avuto il coraggio di sbugiardare i guardiani dell’austerity altrui: al “Giornale” ha ricordato che Berlino, mediante svariati artifici contabili, omette enormi cifre nel computo del deficit. Il debito tedesco (quello reale) sarebbe il doppio di quello italiano. Attenzione, avverte Zoffi: proprio grazie al super-debito, sia pure occulto, la Germania funziona meglio dell’Italia. Ergo: anziché tagliare la spesa, perché non allargarla? Il famoso tetto del 3% non è certo una legge economica: è solo un diktat politico-ideologico, che ha finora depresso l’economia.Né si creda che sia intelligente prendersela col signor Franz, dice da parte sua il comunista Marco Rizzo, consultato sempre da Messora: il popolo tedesco non ha idea di quello che combina, alle sue spalle, l’élite che lo governa. Vale per tutti gli altri, inclusi i francesi. La soluzione? Sincronizzare i popoli, coalizzarli contro questa oligarchia che ha privatizzato la moneta. Da tutt’altro versante, quello social-liberale, Gioele Magaldi (in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”), punta il dito contro lo scandaloso dumping fiscale, su cui nessuno fiata: «Che Europa è mai questa, dove si consente che in paesi come l’Olanda e il Lussemburgo sia più conveniente pagare le tasse?». Risultato: l’emorragia di entrate fiscali (Fiat docet), grazie alla fuga delle grandi aziende. Su questo, niente da ridire? Meglio la piccola crociata, vagamente infame, contro l’idraulico che lavora in nero? E i media che fanno, continuano a dormire? Marco Travaglio, addirittura, s’è messo ad incensare Conte: «Saprebbe indicare, Travaglio, un solo illuminante atto di governo che abbia contraddistinto il premier, da quando è a Palazzo Chigi, con l’unica evidente intenzione di restarvi il più a lungo possibile, non importa come, obbedendo ai politici che contano in Europa, anche a scapito degli italiani?».Mai stato tenero, Magaldi, nemmeno con Lega e 5 Stelle. L’accusa: dovevano almeno avviare il cambiamento promesso. «Invece si sono limitati alle chiacchiere: esattamente come Renzi, proprio per questo scaricato a suo tempo dagli elettori». Renzi s’era rimesso in pista, ma ora è stato speronato dalle inchieste sul finanziamento della fondazione Open. «Giusto che la magistratura indaghi, ma senza far politica su questo: ipocrita pensare che i partiti vivano d’aria. Ma sopprattutto: Renzi va bocciato politicamente, perché per l’Italia non ha fatto nulla». Oggi, il mostro ha le sembianze del Mes. E prima ancora: Trattato di Maastricht e Trattato di Lisbona, Fiscal Compact, pareggio di bilancio in Costituzione. «Io sono ultra-europeista», dice Magaldi, «ma intendiamoci: un’Unione Europea non è mai esistita». Chi l’ha detto, ad esempio, che a decidere tutto sia la Bce, non controllata da politici, a loro volta tenuti a rispondere agli elettori? Ora siamo all’apice dell’aberrazione: anziché un ente prestatore di ultima istanza, deputato a finanziare gli Stati in modo virtualmente illimitato, si darebbe vita allo strozzinaggio istituzionale di un organismo ancora meno democratico, super-bancario, abilitato a ricattare popoli scavalcando definitivamente i governi.Al di là di come andrà a finire la miserabile vicenda Mes, incluso lo scaricabarile tra politici, Magaldi sintetizza: tutta quella robaccia va stracciata e riscritta da zero. E’ che ora di svegliarsi, tutti, ma per davvero. Le piccole Sardine? Si decidano: chiedano conto della situazione a chi comanda davvero, in Italia. I sovranisti? Vicolo cieco: a che serve trincerarsi entro i confini, quando è Bruxelles che detiene le leve strategiche, le regole che condizionano l’economia? Vale anche per i rossobruni di Vox Italia: l’oligarchia non ha nulla da temere, da chi rifiuta la battaglia continentale. La risposta? Democrazia, da imporre ai gerarchi dell’Ue. In pillole: «L’Italia sta crollando: viadotti che cadono, scuole a pezzi. Disoccupazione, tasse altissime, aziende che non vengono pagate. Servono 200 miliardi, per rimettere in corsa il paese». E si pensa di elemosinarli al Mes, mettendosi al collo il cappio degli usurai? Non è questione di virgole o di percentuali, insiste Magaldi: c’è da far saltare tutto. Cambiare le regole, da cima a fondo. Primo: «Un’Europa democratica, con la sua Costituzione, e un governo federale finalmente eletto dal Parlamento Europeo». Secondo: «Una banca centrale che emetta eurobond, e sostenga in modo illimitato i debiti pubblici, mettendo fine al ricatto dello spread». O così, o moriremo: malati di Mes, o si qualsiasi altro morbo letale fabbricato in provetta, nei laboratori segreti che hanno sabotato la democrazia per dare vita a questo morto vivente, questo zombie travestito da Sacro Romano Impero, senza più cittadini ma soltanto sudditi.Ma che razza di paese siamo? Si sprecano commenti sul look del conducente, mentre qualcuno ha manomesso i freni del pullman, e non da oggi. Ancora stiamo lì a disputare sulle briciole miserabili del Mes, anziché rovesciare finalmente il banco? E’ un tavolo truccato, dove i bari si giocano a dadi il futuro dei popoli, parlando abusivamente a loro nome. Un teatro dell’assurdo, questa Unione Europea spacciata per Europa. Il club ha reclutato tra le sue comparse anche Giuseppe Conte, l’ex avvocato del popolo gialloverde: ricondotto all’ovile sorvegliato da figuranti di lungo corso come Paolo Gentiloni e David Sassoli, uno commissario Ue e l’altro presidente del Parlamento Europeo. Esponenti dell’immortale Pd, premiati dopo aver perso le elezioni e messi lì per assicurare ai dormienti l’eterno riposo. Finito nella bufera, e subito smentito dall’Eurogruppo (il Mes è già stato approvato, dicono i tecnocrati), il povero Conte ha balbettato in aula la sua tiepida versione sull’ultimo trattato-capestro, vendendolo come ancora negoziabile, e comunque nient’affatto “segreto” nella sua gestazione. Falso, lo smentisce il leghista Claudio Borghi: la scorsa estate, rivela, il testo è stato visionato solo di sfuggita, a Palazzo Chigi, da tre parlamentari (di cui due leghisti) e un emissario del grillino Fraccaro.
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“Fusaro chiede poltrone alla Lega e poi pranza col Savoia”
Ha suscitato curiosità la foto di Diego Fusaro a pranzo con Emanuele Filiberto di Savoia e l’ex sindaco milanese Gabriele Albertini, postata sui social dallo stesso Fusaro il 16 novembre. Intanto, Fusaro non ha smentito le sue ambizioni poltroniere, cioè le voci (fastidiose anzitutto per lui) secondo cui sarebbe andato a trattare con la Lega e con Fratelli d’Italia per una poltrona. La contrattazione di cui si è parlato, in termini molto precisi e mai smentiti, è che Fusaro avrebbe detto: datemi una poltrona nel prossimo Parlamento, e io in cambio “congelo” Vox Italia. Le voci dicono che comunque è stato rispedito al mittente. Ma questa foto con Emanuele Filiberto e Albertini ci fa vedere tutto il compiacimento di Fusaro, che si proclama profeta del popolo, populista rossobruno contro la precarizzazione e la fuga di coscienza da parte del proletariato, privo di una coscienza – che lui vuole dargli, come nuovo vate e come ideologo del proletariato del XXI secolo, precarizzato e inconsapevole. E poi però c’è questo aspetto narcisistico, per cui Fusaro va a mendicare visibilità… L’abbiamo visto anche con Parenzo, che minacciava di pubblicare gli sms privati in cui, quasi piagnucolando, il filosofo andava cercando l’invito per qualche ospitata: quindi un Fusaro che cerca di andare dove può, in televisione, per mostrarsi e per vendere i suoi libri (che sono un po’ la copia l’uno dell’altro).
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Magaldi: è stato il libro ‘Massoni’ a far dimettere Napolitano
Pensateci: chi meglio di Mario Draghi, per smontare il rigore eurocratico? Se fosse sinceramente pentito dei suoi trent’anni di neoliberismo privatizzatore, e ora orientato da una visione neoaristocratica della politica, l’ex presidente della Bce potrebbe fare molto, per l’Italia, se ad esempio fosse eletto presidente della Repubblica dopo Mattarella. Gioele Magaldi, frontman italiano del circuito massonico progressista mondiale, conferma: insieme a Christine Lagarde, che ora ne ha ereditato la poltrona al vertice dell’Eurotower, lo stesso Draghi ha bussato alle porte della massoneria rivale, promotrice dei diritti sociali e ostile al rigore Ue. Tradotto: lui e la Lagarde offrirebbero la loro piena collaborazione per cominciare a rimediare ai disastri che l’élite oligarchica (di cui sono stati leader) ha finora combinato, mettendo alla frusta gli Stati e creando a tavolino una crisi che sembra senza vie d’uscita. L’altra notizia – che Magaldi affida a una video-chat con Fabio Frabetti di “Border Nights” – è che fu proprio lui, con il libro “Massoni” edito da Chiarelettere a fine 2014, a costringere alle dimissioni Giorgio Napolitano all’inizio del 2015, avendone svelato l’imbarazzante cifra massonica occulta e il ruolo di vettore strategico di nefasti poteri extra-italiani.Napolitano, dice Magaldi, «si è dovuto dimettere in seguito all’uscita del mio libro», un besteller (e long-seller, tuttora vendutissimo) preceduto da decine di migliaia di prenotazioni, prima ancora del debutto in libreria. Magaldi ha fondato il Movimento Roosevelt, entità metapartitica trasversale creata per rianimare in senso democratico la politica italiana, sclerotizzata nell’apparente opposizione destra-sinistra (a valle dell’obbedienza trentennale ai poteri forti dell’oligarchia europea). Già inziato alla superloggia “Thomas Paine” e ora gran maestro del Grande Oriente Democratico, lo stesso Magaldi fornisce una lettura esclusiva del back-office del vero potere, che descrive come interamente massonico, dominato da decine di superlogge apolidi e transnazionali che ispirano le scelte politiche a monte dei governi eletti. Secondo questa rappresentazione, una faglia profonda oppone le due galassie supermassoniche: da una parte la corrente progressista rooseveltiana, che detenne la leadership dell’Occidente fino alla fine dgli anni ‘60 preparandosi a lanciare verso la Casa Bianca il ticket rappresentato da Bob Kennedy e Martin Luther King, e dall’altra il filone neo-conservatore che avrebbe messo in campo politici come Reagan e Thatcher, per arrivare fino all’estremismo “terroristico” del clan Bush.Obiettivo della regia supermassonica del neoliberismo: demolire il welfare e la mobilità sociale, in nome dei dogmi economico-filosofici di Milton Friedman, Robert Nozick e Friedriech von Hayek, figli di una concezione neo-feudale della società. Di qui la politica post-democratica dell’ordoliberismo Ue: predisporre la scarsità artificiosa della moneta, sostanzialmente “privatizzata”, per ricattare gli Stati (leggasi spread) togliendo loro sovranità democratica e capacità di spesa, a esclusivo vantaggio della grande finanza speculativa. I rottami di questa lunghissima stagione, aperta in Italia dallo storico divorzio fra Tesoro e Bankitalia (retta allora dal massone Ciampi), sono sotto i nostri occhi. Il dramma dell’Ilva non è che l’ultimo capitolo di una tragedia a puntate, avviata dallo smembramento dell’Iri affidato a Romano Prodi (che Magaldi definisce “globalizzatore in grembiulino”). Sintomatico l’episodio del Britannia, 2 giugno ‘92, col massone Draghi raccontato come grande protagonista occulto della presunta cospirazione finanziaria anglosassone per la svendita del paese. «Più che le suggestioni complottistiche – avverte Magaldi – pesano i lunghi anni in cui Draghi, da direttore generale del Tesoro, agevolò le disastrose privatizzazioni all’italiana che minarono il futuro del paese».Qualche anno dopo, Massimo D’Alema (per Magaldi, altro supermassone neoaristocratico) si vantò di aver trasformato Palazzo Chigi in una merchant bank, realizzando il record europeo delle privatizzazioni. Ma D’Alema non era un leader della sinistra? Se è per questo lo erano anche Bill Clinton, Tony Blair e Gerhard Schroeder, fautori della “terza via” teorizzata dall’inglese Anthony Giddens come formula a metà strada tra capitalismo e socialismo. In realtà, i “terzisti” erano arruolati nella supermassoneria reazionaria – e tra questi anche Napolitano, iniziato alla superloggia “Three Eyes”, quella di Kissinger, Rockefeller e Brzezinski. Un uomo di cui Magaldi offre un ritratto piuttosto ruvido: «Negli anni ‘50, il comunista Napolitano era stalinista e difese la repressione sovietica della rivolta ungherese, e ancora negli anni ‘70 era un ostinato avversario della prospettiva europeista». Cambiò idea su tutto, capovolgendo le sue posizioni politiche: «Nel 2011, insieme a Draghi, predispose il “golpe bianco” di Mario Monti, eseguendo le direttive della supermassoneria oligarchia e post-democratica europea». Oggi tocca a Draghi cambiare bandiera, stavolta in direzione opposta?C’è chi lo indica candidato al Quirinale addirittura dalla Lega, in cambio del suo appoggio a un eventuale governo Salvini, qualora il Conte-bis saltasse per aria nei prossimi mesi. In molti diffidano del super-banchiere, solo ieri osannato dai peggiori esponenti dell’euro-sistema, Macron e Merkel in testa. Da parte sua, Magaldi ribalta il ragionamento: proprio per il prestigio di cui Super-Mario gode, da Bruxelles a Berlino, chi potrebbe smentire altrettanto autorevolmente i suoi ex sodali? Del resto, far passare dalla tua parte un generale nemico può essere il modo migliore per vincere una guerra. Non c’è bisogno di scomodare il paragone con la lotta alla mafia, dove sono stati i pentiti a svolgere un ruolo decisivo. Proprio la compravendita di colonnelli è lo sport nel quale ha primeggiato il fronte neoliberista, reclutando leader della sinistra e dirigenti sindacali. Era una prescrizione del geniale memorandum scritto nel 1971 da Lewis Powell: “comprare” i capi della sinistra riformista, lasciando a loro il compito di spiegare all’elettorato che l’austerity sarebbe stata cosa buona e giusta. Nel caso di Draghi, in realtà, saremmo di fronte a un ripensamento spontaneo: si è ricordato dell’antico insegnamento progressista del maestro Federico Caffè? In ogni caso, Magaldi è ottimista: gli oligarchi dell’euro-sistema, dice, hanno capito perfettamente che la loro “teologia” del rigore non potrà durare, viste le sofferenze sociali che sta infliggendo ai popoli europei.Pensateci: chi meglio di Mario Draghi, per smontare il rigore eurocratico? Se fosse sinceramente pentito dei suoi trent’anni di neoliberismo privatizzatore, e non più orientato da una visione neoaristocratica della politica, l’ex presidente della Bce potrebbe fare molto, per l’Italia, specie nel caso in cui, ad esempio, fosse eletto al Colle dopo Mattarella. Gioele Magaldi, frontman italiano del circuito massonico progressista mondiale, conferma: insieme a Christine Lagarde, che ora ne ha ereditato la poltrona al vertice dell’Eurotower, lo stesso Draghi ha bussato alle porte della massoneria rivale, promotrice dei diritti sociali e ostile al rigore Ue. Tradotto: lui e la Lagarde offrirebbero la loro piena collaborazione per cominciare a rimediare ai disastri che l’élite oligarchica (di cui sono stati leader) ha finora combinato, mettendo alla frusta gli Stati e creando a tavolino una crisi che sembra senza vie d’uscita. L’altra notizia – che Magaldi affida a una video-chat su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights” – è che fu proprio lui, con il libro “Massoni” edito da Chiarelettere a fine 2014, a costringere alle dimissioni Giorgio Napolitano all’inizio del 2015, avendone svelato l’imbarazzante cifra massonica occulta e il ruolo di vettore strategico di nefasti poteri extra-italiani.
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Grillo, fai un regalo all’Italia: chiudi il Movimento 5 Stelle
Quelli che sin dagli esordi avrebbero voluto che non esistesse e quelli come me, furibondi con il Movimento da almeno tre anni, commenteranno: “Cosa parli ancora del M5S, che è bene che sparisca dalla faccia della Terra!?” (aggiungendo magari qualche comprensibile insulto a Grillo e al sottoscritto, in quanto editorialista costantemente controvento). Secondo la mia interpretazione, costoro hanno ragione al 90% perché, in realtà, finché è stato in vita Gianroberto Casaleggio questa forza politica era davvero qualcosa di straordinario e solo chi ha militato può saperlo: l’essere antisistema (aristocrazie finanziarie parassitarie), la partecipazione dal basso, le leggi create sulla piattaforma, eccetera.Il successo del 2018 preparato dai media (ricordate gli applausi a Di Maio a La7?) e da loro incensato fu un detonatore sotto le terga dei pentastellati: promuovevano il 5S se si prostrava agli “europeones”, al pensiero dominante franco-germanocentrico razzista contro gli italiani, ma in itinere creavano le basi per distruggerlo avvicinando esponenti grillini di spicco nelle istituzioni, per “blandirli” e infine utilizzarli per creare divisioni ovviamente mal tollerate dai cittadini, soprattutto quando riguardavano temi caldi come l’immigrazione.La naturale tendenza al cambiamento del 5S doveva essere avvelenata e stravolta: l’unico irrinunciabile valore grillino condiviso da tutti gli italiani con un cervello non delegato era la fine dell’austerity, della deindustrializzazione, della colonizzazione estera; e doveva essere terminato. A causare la fine del Movimento non è stata quindi la scelta di essere né di destra né di sinistra, e infatti la stessa Lega è votata in modo trasversale e ha sostituito abilmente il 5S nella lotta all’establishment; la vera causa della fine del 5S era nella sua radice! Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, dopo anni di Berlusconi, credettero fosse sensato imperniare questa forza politica sin dagli albori sul progressismo (quello che uccise il Pci sull’altare del “Washington Consensus”), ma non si resero conto che la vittoria auspicata contro i cosiddetti “poteri forti stranieri” dentro questo schema non sarebbe stata possibile, dato che le lobbies si nutrono proprio di questo paradigma! E’ stato semplice per l’establishment agire su schiere di eletti ad esso affini e su attivisti pseudo-ribelli in cerca di posto al sole, fancazzisti e adolescenti perenni; bastavano una Carola o una Greta, figuriamoci qualche comoda poltrona.Paradossalmente, visto che si autodefiniscono progressisti, non è da loro che potrà giungere a noi qualsivoglia cambiamento, perché la loro “anima” ed arma è una forma di feroce conformismo pronto alla discriminazione; e quindi, se dovrà nascere qualcosa di nuovo dovrà essere pragmatico e agli antipodi rispetto al “fu M5S”. Le orde di piddini inconsapevoli interni al 5S non studiavano (e sposavano) quelle battaglie geopolitiche ed economiche vitali per l’Italia (ma purtroppo complesse e poco comprese dalle masse), ma in linea con i pochi neuroni di cui disponevano si vestivano di stereotipi emotivi berciando su questioni orecchiabili come la pace, l’ambiente, gli omosessuali, la corruzione, l’Europa, l’anticlericalismo, i migranti (da assistere una volta resi degli straccioni apolidi, anziché da emancipare nei loro paesi), e tutto per ottenere quella ottantina di voti con i quali approdare in Parlamento nel 2013. Successivamente, in rispetto del dogma che gli incapaci di norma sono furbissimi nelle dinamiche da branco, costoro si sono impossessati gerarchicamente del potere interno al Movimento.A questo punto per loro è stato semplice “ragionare da casta” prostituendo tutto il prostituibile; non mi riferisco solo a Di Maio, ma a quelli che lo affiancano al governo e soprattutto a chi adesso lo accusa e ha cercato di trasformare il 5S nella succursale del Pd, tra cui l’inguardabile Lombardi, Luigi Gallo e la Ruocco. Un avvelenamento dei pozzi, quindi, quello agito sul povero Movimento premendo costantemente sui peones e sul solito principio attivo letale dell’establishment: “glebalizzare” le maggioranze facendosi servire dalle minoranze arcobaleniche (lobbies Lgbt, pseudo-pacifisti, pseudo-femministi, pseudo-ambientalisti, anticlericalisti, “decresciuti felicemente”, ecc) che se ne fregano di temi quali il lavoro e la vita delle famiglie perché interessate patologicamente al loro monotema. Con questi presupposti, approdare al fantastico mondo delle politiche del rigore spacciate per espansive (!?!) e da lì al vergognoso tentativo di alleanza definitiva con il Pd (con la Lega era solo un contratto) il passo è stato breve. Tutto perfetto, se non ci fosse un fattore stranamente ancora presente e fastidioso per i nostri padroni esteri: gli elettori.E pensare che con nuove elezioni un binomio Di Battista – Salvini avrebbe potuto fare moltissimo per la nostra nazione (termine legato antropologicamente ai diritti umani e alla cultura, ditelo alle capre radical chic): magari eleggere un presidente della Repubblica libero e con a cuore il nostro Stato. Invece qualcuno, cioè Beppe Grillo con la sua corte di scherani (uno tra tutti, il presidente della Camera Roberto Fico) per qualche ragione oscura, manco fosse un ricattato, ha operato improvvisamente e violentemente in direzione opposta. Tranquilli, ciò significa che anche quel binomio di cui sopra non avrebbe funzionato a causa dei peones; quindi meglio così, il M5S deve chiudere baracca per il nostro bene. Beppe Grillo se vorrà salvare la faccia dovrà dovrà portare profonde scuse pubbliche agli italiani, esporre le scomode verità elencate in pezzi come questo e lasciare a chi è rimasto fuori da questa immondizia il compito di fondare qualcosa di differente.Questo soggetto dovrà “imporre” democraticamente ai cittadini una grammatica differente, una nuova visione con determinate linee valoriali e con fondamenta coerenti con l’obiettivo della liberazione dal giogo neoliberista sfrenato, perbenista-schiavista (e non ad esso funzionale). Ferme restando alcune regole presenti nel M5S incentrate sull’opportuno concetto “di cittadino punto e basta” (no condanne, no tessere di altri partiti da almeno 5 anni, massimo 2 mandati, no alle correnti – tutti contributi che riconosco ai fondatori del Movimento) il nuovo soggetto politico non dovrà “ripartire” ma iniziare da capo senza temere di prendere anche un misero 5%. Questa volta al centro di questo movimento dovrà esserci un paradigma identitario, patriottico, che si ponga a difesa delle nostre splendide tradizioni a cominciare dalla riscoperta dei valori cristiani della famiglia tradizionale, del Natale (iniziando da quello alle porte) festa bellissima ma ormai umiliata, rarefatta strategicamente dall’attuale Pontefice e derisa dagli adepti di ideologie massonico-anticlericali come il gender e il suicidio assistito (confuso a dovere con l’eutanasia, vedasi “Suicidio assistito, l’ennesimo abuso della lobby massonica”).Se davvero un simile nuovo soggetto politico si affaccerà nel panorama democratico, esso innanzitutto dovrà manifestare concreta vicinanza ai pilastri dello Stato come le forze di sicurezza, carabinieri e polizia, come le università e i suoi giovani, come i sindacati. Meritocrazia, competenza, capacità, scuola, ricerca, innovazione tecnologica e ambientale, giustizia sociale (salario orario minimo garantito), efficienza della pubblica amministrazione, sicurezza (idrogeologica e cittadina), lotta alle grandi evasioni ed elusioni dovranno fare il resto. Come target economico di questo movimento dovranno esservi la valorizzazione dell’economia reale regolamentando la finanza selvaggia ed estremista, la fine della austerity, l’abolizione del Fiscal Compact e del pareggio di bilancio, l’attuazione di politiche davvero espansive, la piena occupazione anche “di cittadinanza attiva” e il riaffermare del principio che vede la Costituzione sopra ogni trattato internazionale. Nessun attuale eletto nelle fila degli attuali partiti-movimenti potrà candidarsi per almeno 5 anni.A livello strettamente geopolitico il nuovo movimento dovrà porsi come obiettivo l’Italia, sostenuta nelle sue peculiarità: se il nostro Stato continuerà ad appiattirsi sulla Ue come fosse una realtà continentale (lo sono Francia e Germania), finirà per condannarsi alla desertificazione socioeconomica e ad essere ininfluente. L’Italia perciò dovrà guardare fortemente verso Mosca, verso il Mediterraneo e verso le correnti di Trump e Johnson nel mondo anglosassone senza comunque chiudere alla Via della Seta; con i vicini centroeuropei la scelta più sensata sarà edificare rapporti simili a quelli presenti in passato in ambito Cee (un po’ come fanno gli inglesi specularmente col Brexit), concordando inoltre l’uscita dalla moneta unica. Sui temi migratori l’Italia dovrà tornare a chiudere i porti alle Ong (fermo restando l’aiuto verso i veri profughi) ma allo stesso tempo dovrà stabilire quote annuali di stranieri da integrare lavorativamente (esiste anche una fisiologica richiesta di manodopera estera) ma anche da formare culturalmente, spiegando loro cosa è stato fatto loro dal neocolonialismo, in primis francese, con particolare riguardo alla tematica del franco Cfa.La linea scelta da Grillo negli ultimi tempi invece è quella del kamikaze, perché al sistema mafioso internazionale poco importa se il M5S scompare: ciò che importa ad esso è il piazzare Mario Draghi (ne sia consapevole o meno) alla presidenza della Repubblica a costo di sacrificare vecchi e nuovi servi. Se notate ogni mossa dei media, del Pd, delle più alte cariche della Repubblica e via discorrendo, fino all’ultimo mandarino di sistema di provincia, è sotto sotto quello di difendere una moneta privata e straniera che paghiamo a caro prezzo: l’euro. Per il bene dell’Italia, il M5S deve scomparire perché qualsiasi cosa venisse riproposta da Di Maio e soci sarebbe una minestra riscaldata, la fase dell’innamoramento (cit. Alberoni) è terminata, e pure quella dell’amore visto che siamo addirittura alla sopportazione e alla commiserazione (Di Maio). E’ un vero peccato, non perché ne sia l’autore, che questo pezzo passi inosservato e poco condiviso sui social (mi auguro l’opposto) perché il sogno di tanti 5S è stato distrutto da qualcuno che a mio avviso passerà alla storia come un giullare traditore, mentre le energie contenute in questo sogno potrebbero ancora emancipare l’Italia e portarla fuori dal soffocamento organizzato da Parigi e Berlino, permesso sin dai decenni precedenti da una classe politica di complici e incapaci.(Marco Giannini, “Grillo passerà alla storia come un giullare traditore se non chiuderà la baracca pentastellata”. Fino al 2016, con la svolta “eurista” dei 5 Stelle al Parlamento Europeo, Giannini aveva sostenuto il M5S. Antropologo, è autore del saggio “Il neoliberismo che sterminò la mia generazione”, edito da Andromeda).Quelli che sin dagli esordi avrebbero voluto che non esistesse e quelli come me, furibondi con il Movimento da almeno tre anni, commenteranno: “Cosa parli ancora del M5S, che è bene che sparisca dalla faccia della Terra!?” (aggiungendo magari qualche comprensibile insulto a Grillo e al sottoscritto, in quanto editorialista costantemente controvento). Secondo la mia interpretazione, costoro hanno ragione al 90% perché, in realtà, finché è stato in vita Gianroberto Casaleggio questa forza politica era davvero qualcosa di straordinario e solo chi ha militato può saperlo: l’essere antisistema (aristocrazie finanziarie parassitarie), la partecipazione dal basso, le leggi create sulla piattaforma, eccetera. Il successo del 2018 preparato dai media (ricordate gli applausi a Di Maio a La7?) e da loro incensato fu un detonatore sotto le terga dei pentastellati: promuovevano il 5S se si prostrava agli “europeones”, al pensiero dominante franco-germanocentrico razzista contro gli italiani, ma in itinere creavano le basi per distruggerlo avvicinando esponenti grillini di spicco nelle istituzioni, per “blandirli” e infine utilizzarli per creare divisioni ovviamente mal tollerate dai cittadini, soprattutto quando riguardavano temi caldi come l’immigrazione.
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Toghe e 007: perché condizionano l’agenda politica italiana
Servizi segreti e magistratura: due player decisivi, ancora una volta, nel destino italiano? Solo grazie ai cosiddetti “servizi deviati” fu possibile trasformare in catastrofe nazionale gli anni di piombo, rendendo quasi invincibile il terrorismo rosso-nero. Più tardi, analoghe “manine” contribuirono ad agevolare l’eliminazione degli scomodissimi Falcone e Borsellino. Quanto alle toghe, è ormai storicamente accertato (e ammesso dallo stesso Francesco Saverio Borrelli) l’effetto politico dell’azione giudiziaria del pool Mani Pulite. Fu decapitata la classe dirigente della Prima Repubblica, con l’eccezione non casuale del Pci-Pds, proprio mentre il paese stava affrontando lo spinoso negoziato per l’ingresso nell’Unione Europea. Oggi, in un’Italia alle prese con tutt’altri tornanti della storia – le macerie dell’anomalia gialloverde sorta del 2018 dopo la lunga austerity eurocratica imposta da Monti e proseguita con Letta, Renzi e Gentiloni – tornano protagonisti, in fondo, sempre gli stessi organi istituzionali: da un lato gli 007, dall’altro i magistrati. Codice alla mano, alcune Procure hanno inquadrato nel mirino la Lega di Salvini, invisa ai poteri Ue: a Genova – l’ha spiegato bene Luca Telese, in un video-intervento – il giudice ha inflitto all’ex Carroccio un risarcimento inconsueto, sostanzialmente forfettario (sulla base di un calcolo presuntivo delle irregolarità gestionali attribuite a Bossi).Richiedere a un partito 49 milioni di euro, oggi, significa esporlo al rischio di non poter più svolgere l’attività politica (restringendo in tal modo la libertà costituzionale relativa all’offerta democratica garantita dalle elezioni). Ad Agrigento invece il pm sembra aver trattato Salvini – contrario agli sbarchi – alla stregua un bandito dell’anonima sarda, imputandogli addirittura l’ipotetico “sequestro di persona” a danno dei migranti, come se i profughi fossero stati tenuti prigionieri della nave che li aveva raccolti (e non fossero invece liberissimi di salpare, per poi sbarcare altrove). Ma il colpo più duro, alla Lega, lo hanno assestato i servizi segreti – non si sa di quale paese – che hanno intercettato e registrato a Mosca il famoso colloquio tra l’esponente leghista Gianluca Savoini e alcuni emissari di secondo piano del potere russo. Tema della conversazione: una ipotetica fornitura di petrolio e gas, sulla quale – hanno riferito giornali come “L’Espresso” – lo stesso Savoini (a che titolo, non si sa) avrebbe discusso la possibilità ipotetica di ricevere una percentuale sull’eventuale affare, peraltro non andato in porto e mai neppure avviato. Salvini si è difeso dichiarandosi più che tranquillo, evitando però di rispondere nel merito: del caso si sta occupando la magistratura milanese, a cui qualcuno (chi?) ha inviato l’audio della conversazione all’Hotel Metropol.Infastidito per l’insistenza dei giornalisti italiani che hanno seguito la vicenda (testate che contro l’ex Carroccio hanno condotto una vera e propria crociata politica), il leader lehista è apparso evasivo: ha detto di non essere stato messo al corrente di quell’incontro. In ogni caso, Savoini non rappresentava in alcun modo il governo italiano (all’epoca, ottobre 2018, Salvini era vicepremier, oltre che ministro dell’interno). Peraltro è noto a tutti che la Lega, alla luce del sole, ha sempre avuto ottimi rapporti politici con Mosca e col partito “Russia Unita”, fondato da Putin. Salvini giudica l’uomo del Cremlino uno statista di prima grandezza, e ritiene che l’Italia possa e debba riavvicinare la Russia all’orbita Nato, per ragioni geopolitiche e commerciali, dato anche il valore dell’export italiano verso Mosca. Non solo: dai tempi di Bossi, il Carroccio non è mai stato pregiudiziale nei confronti del mondo slavo. Durante la guerra civile nei Balcani, la Lega Nord fu l’unico partito italiano ad allacciare un dialogo anche con la Serbia filo-russa di Milosevic, bombardata dalla Nato e criminalizzata dalla disinformazione occidentale come unico “cattivo soggetto” dell’area balcanica. Una regione devastata dagli opposti nazionalismi e dal cinismo dei vari leader, come svelato nel memorabile saggio “Maschere per un massacro”, di Paolo Rumiz. Sullo sfondo, il ruolo occulto delle potenze egemoni (Occidente cristiano e Turchia islamica) nella “guerra per procura”, dopo la caduta dell’Urss, contro la residua influenza russa, attraverso il regime serbo, ai confini occidentali dell’Europa.Tornando a Salvini, è evidente lo stato di imbarazzo generato – a torto o a ragione – dal cosiddetto Russiagate. E’ pensabile che l’incidente non abbia inciso, nella scelta di “staccare la spina” dal governo gialloverde nel fatidico agosto 2018? Certo, a Bruxelles la Lega aveva appena incassato il “tradimento” di Conte e dei 5 Stelle, decisivi per l’elezione alla guida della Commissione Europea di Ursula von der Leyen, simbolo del rigore più estremo, di marca tedesca. Un vero e proprio affronto, per l’alleato leghista dichiaratamente impegnato (come un tempo anche i grillini) a pretendere un cambio di paradigma nella governance europea. Va aggiunto che Salvini aveva più di una ragione per pretendere il divorzio dai pentastellati: Conte, il misterioso premier indicato dai grillini ma teoricamente “venuto dal nulla”, aveva sostanzialmente insabbiato i referendum di Lombardia e Veneto per le autonomie regionali differenziate. Ma era stato ancora una volta uno dei consueti player istituzionali (la magistratura, in questo caso) a speronare indirettamente il progetto di Flat Tax, facendo piovere un avviso di garanzia sul suo ispiratore, il sottosegretario leghista Armando Siri. Effetti politici collaterali, certo. Ma intanto, una volta di più, è stato un soggetto terzo – non elettivo – a condizionare l’agenda politica italiana, esattamente come ai tempi di Mani Pulite e poi di Berlusconi.Se qualche potere sovrastante, non istituzionale, ha voluto provare a “togliere di mezzo” Salvini pensando di “utilizzare” apparati statali magari per fare un favore a Conte, oggi è lo stesso premier ad essere costretto (da altri poteri sovrastanti?) a rendere conto del suo operato, presso analoghi organi statali, in merito alla vicenda dell’ipotetico impegno “irrituale” dei servizi segreti italiani in favore di settori dell’intelligence statunitense. Si sospetta cioè che Conte, in modo indebito, abbia messo i servizi italiani a disposizione di quelli di Trump, a sua volta impegnato a difendersi dai vari Russiagate che gli sono stati addebitati: in questo caso, la Casa Bianca avrebbe richiesto l’aiuto italiano per “incastrare” il rivale Joe Biden, accusato di malversazioni in Ucraina. Qualcosa del genere aveva coinvolto anche Renzi: quando era primo ministro, Barack Obama gli avrebbe chiesto di mobilitare gli 007 italiani per aiutare Hillary Clinton ad azzoppare Trump, sempre attraverso indiscrezioni provenienti dalla sfera russa. In attesa che i fatti possano eventualmente chiarirsi (dopo le prime vaghe rassicurazioni rese dal premier al Copasir, ora presieduto dal leghista Raffaele Volpi) resta il fatto che Conte oggi è al governo proprio con Renzi, mentre a Salvini non resta che fare da spettatore.Sarebbe il colmo se lo stesso Conte, domani, fosse costretto a farsi da parte proprio a causa del suo ruolo nella gestione dell’intelligence, che stranamente ha voluto tenere per sé. Per coincidenza, negli ultimi giorni si rincorrono voci di corridoio proprio sull’eventuale sfratto dell’inquilino di Palazzo Chigi. Non durerà a lungo, profetizza Paolo Mieli. Potrebbe venir sostituito da Draghi, ipotizza Augusto Minzolini, interpretando i desiderata del redivivo Renzi. Secondo il saggista Gianfranco Carpeoro, a Renzi i “sovragestori” avevano dato un’ultima chance: rientrare in gioco, se fosse riuscito a silurare Salvini. Detto fatto: d’intesa con Grillo, il fiorentino è stato capace di digerire all’istante persino gli odiati 5 Stelle. In cambio di cosa? Il premio, pare, sarebbe il sospirato accesso al gotha supermassonico, quello da cui proviene il Draghi che oggi prova a dipingere se stesso come una specie di Robin Hood (evocando il ritorno alla sovranità monetaria) dopo aver interpretato per decenni il ruolo spietato dello Sceriffo di Nottingham.A Palazzo Chigi sta davvero per arrivare Super-Mario, che in realtà sarebbe propenso a puntare direttamente al Quirinale evitando la fatale impopolarità che attende chiunque si metta alla guida di un governo? Difficile dirlo. Certo, è impossibile non osservare il basso profilo ora adottato da Salvini: cauto e attendista, più moderato nei toni, concentrato sull’agevole partita tattica delle regionali. Come se sapesse che, a monte, restano da sciogliere nodi assai più grandi della Lega, fuori dalla portata dei comuni elettori. Svolte, scossoni e colpi di scena verranno, ancora una volta, da poteri non elettivi e organi istituzionali non politici? Un certo complottismo indiscriminato tende a mettere in cattiva luce sia i magistrati che gli 007, accusando gli uni di faziosità e gli altri di doppiogiochismo, come se non si trattasse di organismi che (salvo eccezioni) fanno semplicemente rispettare le leggi e vigilano sulla sicurezza del sistema-paese. Semmai, la lente andrebbe puntata su poteri elusivi e superiori, non solo italiani, che ne sfruttassero le prerogative per deviarne l’azione su obiettivi contingenti, condizionando – di fatto – l’agenda nazionale e le sue dinamiche politiche, al di sopra della volontà popolare espressa dai risultati elettorali.Secondo lo stesso Carpeoro, questa particolare fragilità italica ha radici antiche: già in epoca medievale e rinascimentale, Comuni e signorie ricorrevano regolarmente all’aiuto straniero (pagandone poi il prezzo in termini “coloniali”) per sbarazzarsi dei vicini di casa. L’Italia non è riuscita a proteggere né Enrico Mattei dai suoi sicari, né Adriano Olivetti dalla concorrenza industriale, di marca Fiat e statunitense. Travolta giudiziariamente la leadership dei vari Craxi e Andreotti, e scomparso un politico della caratura di Enrico Berlinguer, il Belpaese si è sorbito Berlusconi, Prodi, Grillo e Renzi. Così, Germania e Francia hanno fatto quello che hanno voluto, nella Penisola: Macron ha persino reclutato un esponente del Pd, Sandro Gozi, per farne una sorta di alfiere anti-italiano in sede europea, quand’era ancora in carica il governo gialloverde. Del resto, ormai, da noi vota solo un elettore su due. E quelli che tornano alle urne – nella maggior parte dei casi – lo fanno per votare contro qualcuno, più che per qualcosa. Se questo è il quadro, il meno che ci si possa aspettare è che poteri esterni cerchino di sfruttare le nostre istituzioni, con ogni mezzo, per insediare a Roma il governo più comodo per loro, non certo progettato per il benessere degli italiani. Non ci sarebbe da stupirsi, quindi, se fossero ancora le sentenze, gli avvisi di garanzia e le imprese degli 007 a scegliere tempi, modi e personaggi della politica italiana.Servizi segreti e magistratura: due player decisivi, ancora una volta, nel destino italiano? Solo grazie ai cosiddetti “servizi deviati” fu possibile trasformare in catastrofe nazionale gli anni di piombo, rendendo quasi invincibile il terrorismo rosso-nero. Più tardi, analoghe “manine” contribuirono ad agevolare l’eliminazione degli scomodissimi Falcone e Borsellino. Quanto alle toghe, è ormai storicamente accertato (e ammesso dallo stesso Francesco Saverio Borrelli) l’effetto politico dell’azione giudiziaria del pool Mani Pulite. Fu decapitata la classe dirigente della Prima Repubblica, con l’eccezione non casuale del Pci-Pds, proprio mentre il paese stava affrontando lo spinoso negoziato per l’ingresso nell’Unione Europea. Oggi, in un’Italia alle prese con tutt’altri tornanti della storia – le macerie dell’anomalia gialloverde sorta del 2018 dopo la lunga austerity eurocratica imposta da Monti e proseguita con Letta, Renzi e Gentiloni – tornano protagonisti, in fondo, sempre gli stessi organi istituzionali: da un lato gli 007, dall’altro i magistrati. Codice alla mano, alcune Procure hanno inquadrato nel mirino la Lega di Salvini, invisa ai poteri Ue: a Genova – l’ha spiegato bene Luca Telese, in un video-intervento – il giudice ha inflitto all’ex Carroccio un risarcimento inconsueto, sostanzialmente forfettario (sulla base di un calcolo presuntivo delle irregolarità gestionali attribuite a Bossi).