Archivio del Tag ‘export’
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A tavola con la mafia: le mani sul cibo made in Italy
Carni macellate, acqua, latte e latticini. E poi frutti di mare, caffè, interi mercati ortofrutticoli. Le mafie a tavola sono il nuovo fronte della criminalità organizzata, dichiara Legambiente: «Un’aggressione senza precedenti al made in Italy gastronomico», è la denuncia lanciata da “FestAmbiente”, manifestazione nazionale di metà agosto a Rispescia, Grosseto. Sommando i dati messi a disposizione dai carabinieri (comando tutela salute e politiche agricole), dalla Forestale e dalle capitanerie di porto, il secondo “Rapporto Ecomafia” di Legambiente spiega che nel 2011 «i reati accertati nel settore agroalimentare sono stati 13.867, più che triplicati rispetto al 2010, mentre i sequestri sono stati pari a 1,2 miliardi di euro, con un danno erariale di oltre 113 milioni». I clan con le “mani in pasta” sono 27, segnala “GreenReport”. E secondo il “Cigno Verde”, «a tavola è seduto il gotha delle mafie: dai Gambino ai Casalesi, dai Mallardo alla mafia di Matteo Messina Denaro, dai Morabito ai Rinzivillo.
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La Germania strangola chi l’ha salvata: noi, il Sud Europa
La Germania ammetta l’evidenza: se oggi la sua industria è risorta, lo deve proprio al “boom” del Sud Europa, che dalla fine degli anni ’90 ha fatto volare l’export di Berlino. Oggi, Italia e Spagna sono in difficoltà: e la Merkel cosa pensa di ottenere, dalla stolida linea del rigore a oltranza? Paul Krugman, Premio Nobel per l’economia, non è affatto sicuro che l’euro si possa salvare. Averlo introdotto come moneta unica? «Un grosso errore». Ma, ora come ora, «il crollo dell’euro non provocherebbe solo un disastro economico: sarebbe un colpo micidiale per il più ampio progetto europeo, che ha portato pace e democrazia in un continente dal tragico passato». “Mistero della natura” come il volo del calabrone – che non potrebbe volare eppure vola, per citare Draghi – l’euro oggi non “vola” più. Inoltre, l’Europa sta sbagliando tutto: imporre l’austerity serve solo a peggiorare le cose.
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Draghi sotto accusa: lasci la Bce o la “Setta dei Trenta”
Mario Draghi si dimetta dalla Bce o lasci il “Gruppo dei Trenta”, la super-lobby mondiale che tende a “infiltrare” Stati e governi per condizionare le leggi nazionali ed europee, a cominciare dall’international banking, a favore degli interessi esclusivi della grande finanza. A lanciare l’allarme stavolta è il comitato di sorveglianza dell’Unione Europea, che avrebbe avviato un’indagine – per conflitto di interessi – sul presidente della banca centrale di Francoforte. Draghi, salito alla guida della Bce col sostegno decisivo della Germania, è attualmente impegnato per tentare di “salvare l’euro”. Obiettivo: trasformare di fatto la banca centrale europea in “prestatore di ultima istanza”, in grado cioè di assorbire – acquistando titoli tramite il Mes, il nuovo “meccanismo europeo di stabilità” – il debito sovrano dei paesi come Spagna e Italia, messi in pericolo dalla speculazione internazionale e ormai in balia dei “mercati”, in quanto pericolosamente indeboliti dalla catastrofica perdita della sovranità monetaria e costretti a farsi prestare a caro prezzo la moneta comune.
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Dosi: euro folle, Italia e Spagna respingano il maxi-debito
Spread sopra i 500 punti e curva dei tassi d’interesse che ricomincia ad appiattirsi: i rendimenti dei titoli di Stato a breve durata si avvicinano a quelli a scadenza più lunga, sintomo di alta incertezza sulle prospettive del paese anche nel breve termine. Dopo otto mesi di “cura Monti”, 80 miliardi di manovre solo nel 2011, siamo tornati quasi al punto di partenza: i “mercati” dubitano seriamente della tenuta dell’Italia e della sua capacità di ripagare i prestiti. Secondo l’economista Giovanni Dosi, docente della Scuola Superiore universitaria Sant’Anna di Pisa e collaboratore del premio Nobel Joseph Stiglitz alla Columbia University, il problema è proprio la “terapia” del rigore: dire che l’austerity è condizione necessaria, anche se non sufficiente, per uscire dalla crisi, «a mio parere è assolutamente sbagliato». Come liberarsi dal ricatto del debito? In un solo modo. Italia e Spagna dovrebbero imporsi sulla Germania, “costringendo” la Bce a comportarsi da prestatore di ultima istanza.
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Folle Germania: ci ha dichiarato guerra e non avrà pietà
Devo fare un’autocritica. Fino a qualche giorno fa ero convinto che la Germania fosse in pieno dibattito politico interno, lacerata dal dilemma se aiutare il resto dell’Europa a uscire dalla crisi, o farsi i fatti propri. Adesso so che non è così. Non c’è alcun dilemma. La Germania è unita nella sua ferma determinazione di essere la guida dell’Europa. Non un primus inter pares, ma un primus punto e basta. E questo consente di vedere molte cose sotto un’altra prospettiva. Ma prima di tutto devo spiegare che la mia conversione è avvenuta non sulla via di Damasco ma su quella di Lussemburgo, dopo aver ascoltato in rapida successione tedeschi e lussemburghesi (che è come dire tedeschi e tedeschi al quadrato) ribadire che l’Europa che abbiamo è questa; che di altre Europe non c’è bisogno, e che altre Europe non sono all’orizzonte e non ci saranno.
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Uscire dall’euro: slogan a parte, è caduto l’ultimo tabù
Singolare: proprio Berlusconi, protagonista di una clamorosa auto-rottamazione politica, al punto da agevolare i suoi liquidatori col piano Monti-Napolitano, ora sembra sul punto di “resuscitare” agitando la propaganda anti-euro. Per contro, proprio grazie al redivivo Cavaliere, nell’agenda politica italiana cade l’ultimo tabù: quello dell’intoccabilità quasi sacrale della moneta unica europea, valuta comune ma non pubblica, non “sovrana”, appaltata alla Bce per la regia privata della grandi banche e di un unico attore pubblico, la Germania di Angela Merkel che «non dà segni di ragionevolezza». Uscire dall’euro? Ebbene sì: ora se ne parla apertamente. E, con Berlusconi, il tema farà irruzione nella prossima campagna elettorale. Semplicismo e fede nei miracoli? Attenzione, avverte Aldo Giannuli: «Una uscita improvvisa dall’euro – o peggio ancora un suo crollo improvviso – determinerebbe molti più mali che benefici e rischieremmo di spezzarci la schiena».
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Giannuli: a casa Monti e il suo governo di tecnici cialtroni
Monti? No, grazie. L’economista Aldo Giannuli boccia senza appello il governo dei tecnocrati: «Rare volte, in politica, è stato possibile assistere ad un fallimento più pieno, palese e veloce di quello che sta accadendo al governo Monti». Doveva essere il governo dei tecnici puri, insensibili alle ragioni politiche e si è dimostrato «un governo di destra». Non solo in economia, anche in materie come la giustizia o i diritti civili. Doveva essere un governo dei “competenti”, la crema dell’intellighenzia manageriale, amministrativa, diplomatica, e «si sta dimostrando un governo di cialtroni incompetenti senza pari: pensate alla figuraccia della Fornero sugli esodati che, per di più, anziché prendere il primo aereo per il Tibet, dove ritirarsi in solitaria meditazione cercando di farsi dimenticare, si scaglia contro i dirigenti dell’Inps meditando di cacciarli perché hanno osato smentirla dati alla mano».
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Panico: se salta Atene, chiudono i bancomat in tutt’Europa
Stop ai bancomat di tutta Europa e persino controlli speciali alle frontiere, se la Grecia dovesse “ripudiare” il debito e uscire dall’euro: le autorità centrali di Bruxelles pensano a una procedura d’emergenza di fronte a un possibile “worst case scenario”. «Non succede, ma se succede sono pronti», scrive “La Stampa”. In realtà, l’Unione Europea è convinta che esista una via d’uscita – e cioè l’ammorbidimento della stretta creditizia su Atene – ma intanto non può fare a meno di ragionare sull’ipotesi dell’uscita traumatica della Grecia da un’Eurozona sempre più traballante: cento miliardi per tamponare l’emorragia delle banche spagnole e «tre mesi di tempo» per interventi risolutivi salva-euro, come ha confermato alla “Cnn” la direttrice del Fmi, Christine Lagarde, facendo eco al super-finanziere George Soros.
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Fine dell’euro in sei mesi, prima che salti in aria l’Europa
Assurda moneta senza Stato: tecnicamente, un mostro. La fine dell’euro è vicina: ormai è questione di pochi mesi, secondo il finanziere George Soros. «Oggi le alternative secche sono due», conferma l’economista Aldo Giannuli: «O il debito dei vari paesi membri viene assunto dalla Ue in quanto tale e si va rapidamente ad un’unione politica (cioè ad uno Stato europeo), o la moneta salta in aria». Quello che fino a ieri era fantascienza, oggi è un’ipotesi verosimile: potrebbe collassare la Grecia, scatenando una reazione a catena, o potrebbe sfilarsi la stessa Germania. «Nessuno più esclude che questo possa accadere», dice Giannuli, dato che i presupposti ci sono tutti: la Grecia «non sarà mai in grado né di restituire il suo debito né di pagare gli interessi che man mano si accumulano», e il Portogallo «non è in condizioni migliori». Quanto alla Spagna, il suo sistema bancario «non è in grado di reggere la pressione dei mercati internazionali». E l’Italia? Forse potrà reggere, ma solo “svenandosi” in un martirio infinito.
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Euro-rancore: la Germania che non perdona gli ebrei
È una messa in scena che sta iniziando a diventare vecchia: quando Thilo Sarrazin, un provocatore di tutta la vita che da un paio d’anni si è trasformato in un autore di successo, presenta una sua nuova teoria, in Germania inizia una discussione che assomiglia a uno spettacolo teatrale con personaggi e parti fisse: lo spettro politico condanna compatto, il coro degli intellettuali avverte del pericolo, arriva precisa l’accusa di “agitatore” e puntuali le proteste a tutte le sue presentazioni e conferenze stampa con i cartelli “chiudi la bocca!”. Parallelamente poco a poco compaiono sui forum di internet anche i fan, forti dell’argomento: «Finalmente qualcuno osa dire le cose come stanno!».
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Paolo Savona: non siamo cretini, dobbiamo uscire dall’euro
L’incontro tra la Merkel e Hollande non sembra aver rasserenato gli animi sulla possibilità che la politica fiscale europea cambi registro. Parrebbe che Monti sia rientrato rabbuiato da Bruxelles. Neanche la notizia che la Grecia è in cattive acque sembra spaventare la Germania, che resta la maggiore beneficiaria dell’euro così com’è, in quanto le sue esportazioni godono di un rapporto di cambio (per essa, non per noi) sottovalutato. Il Fmi, per bocca della signora Lagarde, ha ammesso che la Grecia può uscire senza traumi per l’euro, a conferma che ci stanno seriamente pensando e preparando, la quale cosa non sembra stia facendo l’Italia, almeno dalle reazioni, ma ancor più dai silenzi seguiti alla mia richiesta, avanzata su questo stesso quotidiano dall’agosto scorso, di avere pronto un Piano B, un programma di uscita ordinata dall’euro.
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La Cina contro l’apartheid globale: come evitare la guerra?
La Cina dimostra una grande saggezza nel gestire i processi di crescita della propria economia nelle fasi che tutti abbiamo conosciuto, e cioè di una crescita che si finanzia sull’utilizzo del basso costo della manodopera abbondante e sulle esportazioni per avere accesso alle valute necessarie per i rifornimenti energetici e delle tecnologie. Dopo aver attuato in circa 15 anni una trasformazione industriale e civile che ha richiesto in Occidente 150 anni, la Cina sta affrontando i problemi della coesione territoriale e sociale spostando l’asse della crescita dall’esportazione al consumo interno. La Cina sa anche molto bene che la sua collocazione dentro un orizzonte temporale di due decenni alla testa dell’economia mondiale costituisce l’incubo dei paesi occidentali, incapaci finora financo di pensare ad una propria ricollocazione dentro un sistema mondiale che li veda nel ruolo di partner di uno sviluppo la cui centralità risiede altrove.