Archivio del Tag ‘Fabbrica’
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Balotelli show, ma Marchionne riesce a rovinare la festa
Mentre Balotelli stronca la Germania nell’euro-derby dello spread e le piazze italiane esplodono di gioia allontanando per una sera l’incubo della crisi, c’è un solo uomo – in tutta la penisola – che non partecipa alla festa tricolore. Anzi: prova a rovinarla, e ci riesce benissimo. Si chiama Sergio Marchionne ed è fiero della sua ultima decisione: impedire agli operai della Fiat di esultare in diretta. Al contrario, lo stabilimento Bmw di Ratisbona ha fermato la produzione per due ore, per consentire ai dipendenti di seguire l’evento su appositi maxi-schermi allestiti in fabbrica. Niente da fare, invece, per i colleghi italiani di Pomigliano: non si sono fermate le catene di montaggio della Panda. «Complimenti a Marchionne – ironizza Gad Lerner – che dalla Cina definisce “folklore locale” la sentenza che una settimana fa gli ha ordinato di porre fine alla discriminazione degli iscritti alla Fiom».
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Miracolo, auto ad aria per tutti: il futuro comincia nel 2013
Umanesimo, ingegno al servizio dell’uomo: senza scomodare l’Italia del ‘400 e l’età aurea di Lorenzo il Magnifico, o magari personaggi come Galileo e Einstein, il dottor Fleming e Johannes Gutenberg, il più modesto ingegnere francese Cyril Guy Nègre presentò il suo gioiello, denominato “Eolo”, al Motorshow di Bologna. Era solo il 2001: l’anno dell’infame G8 di Genova, seguito a ruota dall’orrore dell’11 Settembre, il super-pretesto della grande predazione energetica mondiale, armi in pugno, cominciata in Kuwait per estendersi all’Iraq e a tutto il Medio Oriente, fino all’Iran, passando per la Libia. Parola d’ordine: petrolio. Che vuol dire, a catena: crisi, guerre, finanza “impazzita”, inquinamento, catastrofe climatica, futuro in bilico. Ha impiegato undici anni, l’ingegner Nègre – uno specialista, reduce dai box della Williams in Formula Uno – per realizzare la versione finale del gioiello: oggi si chiama “AirPod” e sarà la prima vettura ad aria compressa della storia del mondo. Costa appena un euro per cento chilometri. Emissioni: zero.
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Avigliana Città Aperta: un passaporto per l’Italia che verrà
«L’unico requisito necessario affinché il male si diffonda, è che le persone per bene non facciano nulla». Fiorenza Arisio, psicologa clinica specializzata in ergonomia, fa un lavoro sperimentale: grazie all’interfaccia l’uomo-macchina, cerca di far “parlare” gli esseri umani coi computer, per sconfiggere le disabilità motorie. Ora però a “parlare” sono state le urne elettorali: che il 7 maggio 2012 hanno premiato “Avigliana Città Aperta”, di cui Fiorenza è uno dei volti. Cittadini mobilitati per il bene comune: la loro lista No-Tav ha clamorosamente respinto l’attacco delle potenti nomenklature del Pd, del Pdl e dell’Udc, coalizzate contro gli eredi di “Piazza Pulita”, il gruppo di “eretici” che da 19 anni resiste alla guida del più importante centro della valle di Susa. Fiorenza Arisio cita Gaber: «Libertà è partecipazione». E da oggi, Avigliana è laboratorio politico nazionale.
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Harvey: città ribelli e sindacati, una rivoluzione ci salverà
Quando parlo del diritto di ripensare la città più vicina a come la vorremmo, e a cosa invece abbiamo visto qui a New York City negli ultimi 20-30 anni, si tratta di come la vorrebbero i ricchi. Negli anni ’70 pesava molto la famiglia Rockefeller, per esempio. Oggi c’è gente come Bloomberg, che sostanzialmente trasforma la città nel modo che più si adatta a sé e ai propri affari. Ma la gran massa della popolazione praticamente non conta nulla. In città c’è quasi un milione di persone che tenta di farcela con diecimila dollari l’anno. E che influenza hanno sul modo in cui si trasforma la città? Nessuna. Penso a quel milione di persone con meno di diecimila dollari l’anno, che dovrebbero pesare almeno tanto quanto l’1% che sta al vertice.
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I fantasmi della civiltà operaia e i cannibali del Primo Maggio
Alfonso abitava al sesto piano della torre a stella dove vivevo anch’io da ragazzo, a Quarto Oggiaro. Era un operaio dell’Alfa Romeo; si divertiva a raccontarmi di quando era partito da Napoli neppure ventenne e appena sceso alla stazione Centrale di Milano guardandosi attorno si disse, convinto: «Questa è la mia città». Trovò quasi subito lavoro in fabbrica.Il suo caporeparto gli parlava in dialetto milanese e si incazzava se Alfonso (Rossi, un cognome che pare già un luogo comune) faticava a comprenderlo. Per par condicio lui replicava in napoletano, finché, nel tempo, trovarono nell’italiano la lingua franca per comunicare e lavorare al meglio, tutti assieme. All’inizio non conosceva nessuno, ma fra colleghi di reparto, sezioni di partito, riunioni sindacali, nel volgere di poco tempo si sentì già completamente integrato.
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Strage di schiavi cinesi: il New York Times smaschera Apple
Morti e feriti, disperazione, suicidi a catena: dietro l’iPhone, l’inferno. «Stay hungry, stay foolish», raccomandava il guru Steve Jobs. Detto fatto: il “New York Times” l’ha preso in parola e, con un’inchiesta già in odore di Premio Pulitzer, ha smascherato l’orrore: la Foxconn, succursale cinese della Apple, era un lager per lavoratori-schiavi. E ora, sotto la pressione dell’opinione pubblica, la “fabbrica della morte” ha riconosciuto le incredibili violazioni che in tutti questi anni hanno oppresso la salute e il portafoglio di più di un milione e duecentomila dipendenti, arricchendo Jobs e gli altri capitani dell’hi-tech: dalla Dell all’Hp. Tutto nasce dalla denuncia della Fair Labor Association, super-sindacato internazionale, che ha messo alle corde la compagnia statunitense: e ora Tim Cook, l’erede di Jobs, ha ammesso lo sfruttamento e si è fatto fotografare tra gli operai cinesi di Zhengzhou, promettendo di cancellare questa vergogna mondiale.
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Weil: progresso, superstizione che disonora il bene
Il titolo originale di quest’opera è “L’enracinement”, ma si tratta del titolo editoriale con cui l’opera uscì nel 1949, alcuni anni dopo la morte della pensatrice/attivista, probabilmente dovuta ad una scelta volontaria, come “sacrificatio” per la guerra che stava devastando il mondo. Franco Fortini non tradusse “sradicamento”, ma utilizzò un meraviglioso lemma dantesco, “La prima radice”, forte delle suggestioni mistiche presenti nell’opera. Il titolo dato dalla Weil al saggio era, invece, “Preludio ad una dichiarazione dei doveri verso l’essere umano”, tutto carico della polemica antilluminista della pensatrice (ma anche antihegeliana).
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La Fabbrica dei Suoni
E’ in piena attività, con la riapertura dell’anno scolastico, la Fabbrica dei Suoni di Venasca (Cuneo), primo parco tematico italiano interamente dedicato alla musica