Archivio del Tag ‘ferrovie’
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La regina dell’odio che esordì rubando il latte ai bambini
Margaret Thatcher è stata una rivoluzionaria. Una rivoluzionaria che ha segnato la storia del suo paese, dell’Europa, del mondo. È stata la “Pasionaria del privilegio”, come la definì il primo ministro laburista Harold Wilson; ha smantellato pezzo per pezzo i fondamenti della democrazia, consegnandola nelle mani della parte più perversa dell’economia capitalistica, quella finanza deregolata sulla quale si è illusa di costruire le fortune di un paese che ha voluto post-industriale. Ha trionfato, ha spezzato le reni a una classe operaia che non si è più risollevata e, nonostante nell’ultimo decennio sia stato chiaro a chiunque fosse intellettualmente onesto quanto fossero d’argilla i piedi della sua rivoluzione conservatrice, muore nel suo letto come il suo amico Augusto Pinochet. Se siete precari, se vi è stata negata una scuola pubblica adeguata, se siete malati e non avete diritto a un’assistenza sanitaria pubblica degna e non vi potete permettere quella privata, se pensate che la pensione non sarà mai affar vostro, allora potete ringraziare la Baronessa.
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Sfida alla Cina, le portaerei Usa traslocano nel Pacifico
Alleanza Atlantica da museo: un pezzo di storia, secolo scorso. A Monaco, durante la “Conferenza internazionale sulla sicurezza” di febbraio, il vicepresidente statunitense Joe Biden ha indicato i due obiettivi strategici a breve termine per il suo paese. Uno, l’Iran, per bloccarne «l’illecito e destabilizzante programma nucleare». Due, lo spostamento strategico dell’interesse statunitense dall’Atlantico al Pacifico, divenuto nuovo baricentro geopolitico. Provando a tradurre: cari lontani cugini europei, le grane del bacino mediterraneo e mediorientali sono ormai tutte vostre. Avete la Nato, sotto il nostro comando, ma soldi e armi ora toccano a voi. Esempio? Libia e Mali, dove noi vi diamo satelliti e, al massimo, qualche drone assassino per i lavori più sporchi. In Siria in realtà stiamo facendo qualche cosa in più, ma solo per giocare di sponda contro l’Iran. Perché sia chiaro, direbbe Biden o lo stesso Obama: tutto ciò che minaccia Israele resta “cosa nostra”. Chiarito ciò, il resto sono affari vostri.
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Derubare i poveri: ieri il terzo mondo, oggi tocca a noi
Attenti, siamo al capolinea: dietro al crac mondiale della finanza, quello che oggi ci opprime con tagli drammatici al nostro benessere, c’è la fine di un’epoca, quella del capitalismo che si è globalizzato per sopravvivere e ora si ritorce contro i lavoratori dell’Occidente, ormai impoveriti e ridotti a consumatori con le tasche vuote. «Per spiegare la crisi si parla sempre di banche e di debito pubblico, di finanza piratesca e di speculazioni, ma tutto questo non è che la deriva di un’economia: come le metastasi di un tumore, non sono che lo sviluppo “naturale” del cancro stesso», afferma la saggista Sonia Savioli. Alla base di qualsiasi economia ci sono due cose: risorse e lavoro umano. «In un’economia capitalista, e cioè in una società di dominio e competizione, le risorse materiali vengono sottratte all’ambiente e ai popoli che di esse vivevano senza alcuno scrupolo e senza alcun limite». Quanto al lavoro, «significa il maggior sfruttamento possibile, considerati i rapporti di forza».
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Come in Grecia: la criminalità economica è al governo
La truffa più grande che stiamo subendo è quella che ci vuol far credere che le misure che il governo Monti ha preso, prende e prenderà, hanno lo scopo di evitare di finire come la Grecia. E’ vero esattamente il contrario. Le misure sono come quelle che hanno portato la Grecia alla catastrofe economica e al disastro sociale. Magari vengono scaglionate nel tempo, in modo da evitare un impatto complessivo ed immediato che forse avrebbe costretto i sindacati più tremebondi d’Europa – Cgil, Cisl e Uil – a lottare. Ma le misure sono le stesse. Prima il massacro sulle pensioni, aggravato dalla manifesta incompetenza del ministro Fornero, a cui Bersani, Berlusconi e Casini non han fatto mancare la fiducia, alla faccia degli esodati. Poi la controriforma del lavoro, che ha liberalizzato precarietà e licenziamenti mentre la crisi economica avanza. Ed ora la manovra correttiva di tagli sociali, ipocritamente coperta dal solito trucco dell’uso dell’inglese. Ma quale spending review del cavolo!
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La Germania frena l’alta velocità: costa troppo e non serve
Berlino frena i treni ad alta velocità: filare a 300 all’ora costa troppo e non serve. L’annuncio di Rüdiger Grube, presidente della Ferrovie tedesche, ha un contenuto fortemente simbolico: nell’era della Grande Crisi, segna la fine della folle corsa miliardaria all’inseguimento della velocità a tutti i costi. E naturalmente si parla di passeggeri, per i quali il treno superveloce rappresenta pur sempre un’alternativa all’aereo. Ma niente paura, l’Italia resta distante anni luce: insiste infatti nel voler creare una linea Tav, in valle di Susa, per far risparmiare mezz’ora, fra Torino e Lione, alle merci che impiegano settimane per arrivare via mare dalla Cina. Eppure le nostre Ferrovie non demordono: mentre sulla velocità ora frena persino la Francia, Trenitalia sogna bolidi da 360 chilometri orari, assolutamente inutili: farebbero risparmiare solo qualche minuto, in tutto, sulle uniche due tratte veloci della rete italiana, la Milano-Bologna e la Roma-Napoli.
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No-Tav, Travaglio: Bersani e il silenzio dei tecnici cialtroni
Il Tav Torino-Lione nasce ventuno anni fa, quand’era appena caduto il Muro di Berlino, al governo c’erano Andreotti e Cirino Pomicino e alle Ferrovie Lorenzo Necci. Poi, guardacaso, Tangentopoli li ha spazzati via tutti. Un’altra era geologica, quando i politici erano in preda a una supersonica “invidia del pene” e come modello di sviluppo inseguivano ancora la Muraglia Cinese e la Piramide di Cheope. Poi sappiamo che cosa ci han lasciato di grosso, in eredità: il debito pubblico. Il primo studio di fattibilità commissionato dalla Regione Piemonte 21 anni fa stimava che i passeggeri fra Italia e Francia sarebbero aumentati da un milione e mezzo a 7 milioni e 700.000 in dieci anni. Invece adesso sono 700.000: un decimo del previsto. Infatti il vecchio treno diretto Torino-Lione è stato soppresso da un pezzo.
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C’era una volta l’Inghilterra, paese svenduto alla finanza
Nel giorno più violento delle rivolte dell’estate scorsa, la borsa di Londra è crollata ai minimi dell’anno. Poco dopo la fine dei riots si è venuto a sapere che il 20 per cento dei britannici tra i sedici e i ventiquattro anni è senza lavoro e che il 2011 sarebbe stato l’anno con il numero più alto mai registrato di candidati non ammessi all’università. Cameron ha parlato del “lento declino morale” della Gran Bretagna, riprendendo un’espressione più volte usata quando era all’opposizione: broken Britain, un paese in pezzi. I problemi del paese sono particolari: particolarmente seri, particolarmente fastidiosi e particolarmente indecenti. Il paese che si autodefinisce “Cool Britannia” è diventato avido, ossessionato dall’affarismo, xenofobo, bellicoso e arrogante.
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Il movimento dei forconi: il Sud è il bancomat d’Italia
Li ho incontrati alla scuola di politica di Filaga sui monti Sicani. Mi dissero: siamo alla disperazione, pronti alle armi, ci manca solo un leader. Ed io risposi: guardate che non ho fatto neanche il militare! Non rivogliono il Regno delle due Sicilie ma sono stanchi di essere depredati e di recitare il ruolo di “Bancomat d’Italia”. In Sicilia il Movimento dei Forconi blocca la regione. I giornali ignorano il fatto. E c’è chi ipotizza strani legami politici dietro queste proteste. Ogni volta che il Sud protesta, e vi assicuro che ha tonnellate di ragioni per farlo, si trova sempre qualche motivo per infamare le ragioni della protesta. Io a questo movimento ho dedicato un capitolo del mio ultimo libro “Giù al sud”, quando non ne parlava nessuno.
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Sì alla Torino-Lione: dietro l’accordo, l’uomo del Bilderberg
Il gruppo Bilderberg, cupola finanziaria mondiale che ha piazzato a Bruxelles l’euro-presidente Van Rompuy e a Palazzo Chigi il professor Monti, sembra aver “commissariato” anche la valle di Susa per la realizzazione della linea Tav Torino-Lione: l’olandese Jan Brinkhorst, coordinatore per la politica europea dei trasporti ferroviari e membro del più esclusivo club mondiale dell’oligarchia finanziaria, farà parte del nuovo organismo italo-francese che il 20 dicembre i governi di Roma e Parigi hanno stabilito di costituire per realizzare entro dieci anni, a partire dal 2012, la tratta ferroviaria più controversa del pianeta. Vano l’appello di 150 docenti universitari italiani al presidente Napolitano: la Torino-Lione si farà, anche se finora i promotori non ne hanno mai dimostrato l’utilità. E i lavori di Chiomonte saranno affidati alla Cmc di Ravenna, coop “rossa” considerata storicamente vicina al leader del Pd, Pierluigi Bersani.
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Grandi opere inutili: Tav, gli estremisti della maxi-truffa
«Se crolla il tetto del tuo garage, non ti compri una Ferrari: ti sistemi il tetto e ti tieni la Punto». Domenico Finiguerra, sindaco “virtuoso” di Cassinetta di Lugagnano (Milano) e fondatore del movimento “Stop al consumo del territorio”, sintetizza così il suo pensiero al forum “Grandi Opere Inutili” allestito tra Bussoleno e Venaus, ennesima sfida culturale della valle di Susa – contrastare la Torino-Lione con cifre e analisi – a cui la politica nazionale e piemontese è solita rispondere con slogan ideologici del secolo scorso, conditi con disinformazione e lacrimogeni. I dati? Parlano da soli: il traffico Italia-Francia è crollato di oltre il 70% e l’emergenza è a nord, non a ovest: senza una rete ferroviaria adeguata, i Tir in arrivo dal Gottardo continueranno a lasciare i treni intasando le autostrade.
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Ministro Maroni, venga in val Susa e capirà i No-Tav
Onorevole Ministro, le scrivo a titolo strettamente personale, ma sono convinto che quanto segue potrà essere condiviso da chi, come me, vive da anni in valle di Susa, osservandone impotente il declino, cominciato tanti anni fa e destinato a proseguire chissà per quanto ancora, viste le “attenzioni” che alcuni personaggi molto influenti continuano ad avere sul suo destino di “corridoio strategico”. Perché ormai questa vallata è diventata un corridoio, buona per farci passare di tutto di più, senza alcuna attenzione, né rispetto, per chi ci vive e ci lavora, per il suo territorio, la sua storia. Mi creda, signor Ministro, vivere in un corridoio non è piacevole!
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Inutili costi stellari, la Torino-Lione batte gli Usa di Obama
Anche se costa più di quanto Obama investa nelle ferrovie degli Stati Uniti d’America, l’unico vero vantaggio della Torino-Lione riguarda i costruttori: una questione di cemento, più che di trasporti, visto che l’alta velocità ferroviaria europea è in declino (troppi costi, a fronte di scarsi benefici), mentre quella del traffico merci su linea veloce fra Italia e Francia è praticamente una favola: una volta in Francia, le merci non dispongono di una linea ferroviaria veloce. Questa l’imbarazzante verità che gli oppositori della Torino-Lione, colpiti anche da attentati incendiari, si ostinano a ripetere, con l’aiuto di analisti indipendenti e studiosi dei flussi di traffico.