Archivio del Tag ‘flessibilità’
-
Magaldi: apocalisse coronavirus, così Conte suicida l’Italia
La situazione è grave, ma non seria: si sono chiuse le stalle quando ormai i buoi erano scappati. Se – usando questa retorica – si voleva puntare sulla limitazione drastica della diffusione del contagio, queste misure bisognava assumerle un mese fa (ma seriamente, non all’italiana, cioè non consentendo la scappatoia dell’autocertificazione per gli spostamenti: il divieto di spostamento andava esteso a tutti, tassativamente). Il contagio si diffonderà comunque, perché il coronavirus è più contagioso di una normale influenza e perché le misure draconiane non sono state prese un mese fa. Questo, se uno pensa al coronavirus come alla peste bubbonica: la percezione, almeno, è quella di un problema ad alto grado di pericolosità. E’ davvero così? Io penso di no. Credo che dobbiamo scientificamente rimanere ancorati alle statistiche. I dati sulla polmonite e sulle infezioni danno una mortalità molto più grande. Solo di polmonite, si calcola che muoiano centomila persone ogni anno. E’ surreale: ormai, quello del coronavirus – tra morti e contagiati – è un bollettino di guerra quotidiano. Tra chi ci osserva, ci sarà anche chi lo fa per capire quanto i cittadini siano disponibili alle limitazioni della libertà.Inoculare un virus nel mondo globalizzato, con queste maglie larghe, è facilissimo: fra un anno potremmo avere un altro virus, analogo. E che facciamo? Ogni volta ripetiamo quello che stiamo facendo? Certo, non bisogna sottovalutare l’effetto che il virus può avere su alcuni pazienti. Ma allora, bisogna decidersi: le misure draconiane, ripeto, andavano assunte prima. Ma secondo me non andavano nemmeno prese. Non andava messo in ginocchio il paese, non andava creata questa psicosi. Andava fatto un altro discorso, responsabile. Bisognava dire: c’è un virus così, non lo conosciamo, abbiamo dei dati, osserviamo quello che accade in Cina, sappiamo che l’incidenza di mortalità è simile a quella di altri virus (che non hanno comportato restrizioni di questo tipo); quindi andava usata anche la televisione per trasmettere consigli, per sollecitare le stesse precauzioni destinate – rispetto all’influenza – a persone esposte, deboli. D’ora in poi, vogliamo che i governanti ci mettano in guardia e diano anche il bollettino dei morti per influenza, per polmonite e per infezioni: ormai lo pretendiamo. Fatelo per tutte le cose per cui si muore: ogni giorno, un bollettino per ognuna delle cose per cui si perde la vita, specie in seguito a infezione e contatto con gli altri. Perché accordare solo al coronavirus questo privilegio?Si poteva invece evitare un clima di questo tipo, e investire – da subito – miliardi, per strumenti medici. C’erano in vista problemi respiratori? Invece di diffondere allarme, stracciarsi le vesti e dire che non ce la faremo a gestire l’emergenza, bisognava spendere denari per il benessere pubblico. E perché ad esempio non si è pensato di fare tamponi di massa, per tempo? Sappiamo che anche il coronavirus in qualche caso può anche essere letale – come l’influenza, le infezioni, le polmoniti. Sono una piccola percentuale, per fortuna. In quel caso, queste persone vanno ospedalizzate e curate con gli strumenti necessari. Secondo me avremmo avuto le stesse percentuali, ma non questa pazzia, questa vera e propria pazzia collettiva. Siamo andati avanti per settimane con uno stillicidio di misure all’acqua di rose, parziali, incongruenti, con zone isolate a macchia di leopardo. Il coronavirus divamperà ancora. E noi staremo appesi al televisore a sentire gli aggiornamenti. I casi gravi sono una percentuale irrisoria: non possiamo trasformare il coronavirus nello spauracchio del terzo millennio. Può essere grave, ma – statisticamente – lo è per poche persone: così come per altre cose, per cui non c’è questo allarme sociale.Il governo italiano non ha seguito nemmeno la sua logica, che rispetto a questo problema prevede un allarme da tragedia incombente, da peste bubbonica. La sua logica è che bisogna assolutamente arrestare il contagio, perché oltretutto non si hanno strutture sanitarie adeguate. Cioè, in un mondo in cui la globalizzazione consente che possano periodicamente divampare virus di questo tipo, tu che fai? Tagli le risorse della sanità pubblica. Molto intelligente, no? E poi, quando scoppia il virus, invece di investire in personale e macchinari, gridi “al lupo, al lupo”, non sapendo dove metterai i pazienti e come li curerai. Molto intelligente, molto lungirimante, molto attento al benessere collettivo. Se la logica era questa, il governo italiano ha toppato, in ogni caso. Questo governicchio stava per cadere, e Conte è stato “salvato” dall’emergenza, che è una cosa più grande di lui. Ma è un vivacchiare, è un mettere la polvere sotto il tappeto. Quando ci risveglieremo da questo incubo, si scoprirà che il paese ha avuto il colpo di grazia.L’Italia era in crisi da decenni, ha avuto una botta forte dopo la crisi finanziaria del 2008-2009 (e la falsa cura dell’austerity). E il paese oggi riceve il colpo di grazia. C’è anche questa sordida manovra di anticipare l’approvazione del Meccanismo Europeo di Stabilità, il famigerato Mes. Semmai, la crisi-coronavirus legittima ulteriormente l’adozione di una moneta parallela, ripetutamente proposta da Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt. La situazione presuppone un piano straordinario di investimenti da 100-200 miliardi, per l’Italia e per tutti i paesi europei colpiti da questa crisi economica derivante dall’aver messo in quarantena intere regioni. E qui stiamo invece ad anticipare l’approvazione del Mes, che è un meccanismo ulteriore di quell’austerity che ha aggravato le crisi economiche degli ultimi anni? Siamo alla follia. Stiano anche attenti: sono clamorose le rivolte nelle carceri. La gente adesso è preoccupata, prevale lo spirito da pecoroni impauriti. Ma poi il popolo si rivolta: se non hai i denari per indennizzare le perdite, quando molta gente sarà col culo per terra e altre aziende falliranno, poi la rabbia sociale esploderà.Stiano attenti, a giocare col fuoco. Si è sbagliato tutto, si continua a sbagliare. Spero che all’ultimo momento venga ripensata, questa approvazione del Mes il 16 marzo. Questa storia del coronavirus è poco convincente sotto molti aspetti, ha tanti angoli bui. E’ una storia abbastanza puzzolente. Se la cura alle crisi economico-finanziarie è stata peggio del male (c’è stata una volontà dolosa di aggravarle, anziché risolverle), e se il terrorismo globale ha portato in molti casi alla restrizione di libertà, chi ama restringere la libertà e vuole trasformare il pianeta globalizzato in un mondo post-democratico e sempre meno libero, be’, guarda con grande interesse a questo grande strumento di disciplina sociale autoritaria. Nessuno, dopo la Seconda Guerra Mondiale, aveva dovuto vivere in queste condizioni di restrizione. Se fossi un gruppo di potere che sogna un mondo più controllato, mi inventerei un virus all’anno. E, in nome dell’emergenza, abituerei i cittadini ad ogni sorta di restrizioni. Naturalmente è sempre un gioco da apprendisti stregoni, perché poi devi controllare il mostro della rabbia sociale che vai a fomentare. Quindi è un’arma pericolosissima, da usare.Sarà anche una persona squisita, ma – politicamente parlando – il nostro presidente del Consiglio è un minchione. Non si può arrestare l’influenza, figurarsi un contagio che è ancora più rognoso, proprio per la facilità con cui si diffonde. Visto che le misure sono ovviamente inefficaci, secondo questa logica aumenteranno le restrizioni: fra un po’ ci diranno di stare alla larga l’uno dall’altro anche dentro le case, invitando mariti e mogli e stare a due metri di distanza. Ci proporranno di scavare dei bunker sotteranei? E’ un’escalation assolutamente idiota e grottesca. Bisognava lasciare che accadesse quello che comunque non si è potuto impedire. E non si potrà impedire che il virus si diffonda e contagi molte persone, che in gran parte però non ne soffriranno. Per chi ne soffrirà, serviranno strutture meglio attrezzate. Quella era la strada da prendere, anziché dare la mazzata finale a un paese già in crisi economica. Questa emergenza, resa in questi termini, non si giustifica. C’è una narrazione artefatta. Orwelliamente, a forza di ripeterla, una menzogna diventa una verità. Ma noi abbiamo il dovere di testimoniare il dissenso, rispetto a questo.Un grande potenza industriale, un grande paese moderno (senza il quale non l’Unione Europea non esisterebbe nemmeno) invece di piagnucolare sul fatto che non ha le risorse, be’, le risorse se le procura. Il piagnisteo sul collasso degli ospedali deriva dai tagli sciagurati di ieri e dall’ignavia di oggi, perché si sta sempre lì a contare due baiocchi da spendere. Ci hanno fatto la grazia? Conte è andato a belare, di fronte ai rappresentanti della Disunione Europea, chiedendo un po’ di flessibilità. Ma stiamo scherzando? Si chiedono ai cittadini enormi sacrifici – esistenziali, lavorativi – e tu, Stato, non sei in condizione di affrontare un’emergenza sanitaria per carenza di mezzi? Questa è una vergogna assoluta, è un caso da rivoluzione. Spero che i governanti si precipitino a procurarsi le risorse e i macchinari per far fronte a qualunque tipo di emergenza. Dopodiché, l’emergenza è soprattutto nella narrazione: si è introdotta una psicosi, la si è coltivata, la si sta consolidando e aumentando di giorno in giorno; ma la verità è che questo virus – che è insidioso, rognoso, e per qualcuno pericoloso – non meritava dei bollettini giornalieri di terrorismo psicologico sui cittadini. Credo però che il Movimento Roosevelt – come anche i massoni progressisti – continuerà a lavorare per rendere questa disgrazia un’opportunità.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming su YouTube “Gioele Magaldi racconta” del 10 marzo 2020).La situazione è grave, ma non seria: si sono chiuse le stalle quando ormai i buoi erano scappati. Se – usando questa retorica – si voleva puntare sulla limitazione drastica della diffusione del contagio, queste misure bisognava assumerle un mese fa (ma seriamente, non all’italiana, cioè non consentendo la scappatoia dell’autocertificazione per gli spostamenti: il divieto di spostamento andava esteso a tutti, tassativamente). Il contagio si diffonderà comunque, perché il coronavirus è più contagioso di una normale influenza e perché le misure draconiane non sono state prese un mese fa. Questo, se uno pensa al coronavirus come alla peste bubbonica: la percezione, almeno, è quella di un problema ad alto grado di pericolosità. E’ davvero così? Io penso di no. Credo che dobbiamo scientificamente rimanere ancorati alle statistiche. I dati sulla polmonite e sulle infezioni danno una mortalità molto più grande. Solo di polmonite, si calcola che muoiano centomila persone ogni anno. E’ surreale: ormai, quello del coronavirus – tra morti e contagiati – è un bollettino di guerra quotidiano. Tra chi ci osserva, ci sarà anche chi lo fa per capire quanto i cittadini siano disponibili alle limitazioni della libertà.
-
Gioele Magaldi: non tutti i coronavirus vengono per nuocere
L’emergenza spread, l’incubo Mario Monti e “l’economicidio” del Pil, il crollo del made in Italy e il boom della disoccupazione. Infine, al posto di una doverosa battaglia per il ritorno alla sovranità nazionale, è andata in scena l’emergenza migranti, presentata come piaga biblica. Ora siamo all’emergenza virus, e senza colpo ferire: ovvero, senza che nel frattempo la politica sia rinsavita, si sia ripresa, sia riuscita finalmente a uscire dal coma, a recuperare lucidità. La parola “sfacelo”, forse, rende l’idea: la Libia nel caos e l’Italia sfrattata da Tripoli, il disastro del viadotto Morandi, Salvini al Papeete e le Sardine alla corte dei Benetton, concessionari negligenti delle autostrade. C’è qualcosa che non stia franando, in Italia? Vedasi il Movimento 5 Stelle, fino a ieri plebiscitario: dal referendum sull’euro alla genuflessione alla Merkel, tramite Ursula von der Leyen, fino all’inaudito governo-vergogna col nemico storico, il Pd, servizievole maggiordomo di Bruxelles. Impossibile anche solo ipotizzare qualcosa di diverso dalla sottomissione, per personaggi come Gualtieri e Gentiloni: impensabile, il pretendere dignità per l’Italia schiacciata dal rigore, dal Mes, da qualunque diavoleria progettata per mantenere sotto scacco la penisola.Quanto a Conte, giù la maschera: prima scatena il panico, poi si accorge dei danni anche economici provocati dalla gestione dilettantesca dell’epidemia. Ma attenti: forse, non tutti i coronavirus vengono per nuocere. Lo afferma, provocatoriamente, un osservatore come Gioele Magaldi. Il suo Movimento Roosevelt è nato nel 2015 per tentare di scuotere i partiti, risvegliandoli: non possiamo continuare così, incassando sconfitte e rinunciando a riconquistare il futuro. Capitolo fondamentale, le regole europee: di rigore si muore, e il rigore non è figlio di nessuna saggezza economica. E’ solo delirio ideologico, partorito da menti malate e bugiarde: quelle di un’élite che Magaldi definisce “neoaristocratica”, che ha forgiato il dogma neoliberista (tagliare lo Stato, la spesa pubblica) per depredare interi paesi, privatizzando beni strategici e condannandoli così al declino, come avviene per l’Italia. Nel saggio “Massoni”, edito da Chiarelettere, Magaldi – massone lui stesso, di marca progressista – sostiene che sia interamente massonico il gotha del potere globalista. Dopo la stagione rooseveltiana e keynesiana del benessere diffuso, questo super-potere è stato egemonizzato da un’élite reazionaria, neo-feudale, ispirata anche filosoficamente da dottrine elitarie.A reggere il pianeta sarebbe una sorta di aristocrazia dello spirito, nutrita di teorie come la “sinarchia” ottocentesca del marchese Alexandre Saint-Yves d’Alveydre: solo noi possiamo capire il mondo e dunque governarlo, non certo il popolo bue. Da lì all’attuale “aristocrazia del denaro”, il passo è breve: solo business, in poche mani, dietro le quinte della psico-geopolitica di oggi. Magaldi lo ripete fino alla nausea: smettiamo di ragionare in termini di Occidente, Russia e Cina. Non è più tempo, non serve: i sistemi-paese esistono sempre, anche in termini “imperiali”, ma a decidere sono ormai altri soggetti, che restano in ombra: conventicole trasversali, comitive apolidi, comitati d’affari composti da americani e cinesi, europei e russi. Detengono leve formidabili: finanziarie, militari, di intelligence, mediatiche. Sono loro, a monte, a fare e disfare qualsiasi progetto, dalle crisi economiche alle eroiche imprese dell’Isis. Lo scopo è sempre occulto, i metodi raffinati. Molto più a valle, i media – ormai innocui e reticenti – ripetono la lezioncina del momento. E in fondo alla catena ci siamo noi, sempre a corto di informazioni attendibili. Vale anche per il coronavirus?Mentre giornali e televisioni si guardano bene dall’esplorare spiegazioni eterodosse e magari imbarazzanti, il web si scatena: nel mirino ci sono soprattutto gli Usa, in guerra con la Cina, capaci – in mille modi, teoricamente – di piegare il colosso asiatico. Anche su questo punto, Magaldi si esprime in controtendenza: e se fosse stato lo stesso sistema-Cina ad auto-sabotarsi, con il virus, per mascherare l’attesa frenata economica, comunque in arrivo, restituendo alla nuova superpotenza orientale un volto meno minaccioso, più umano e meritevole di solidarietà internazionale? Per accettare la plausibilità del ragionamento occorre prestare fede alla mole di informazioni che Magaldi dichiara di possedere, custodite in 6.000 pagine di dossier riservati. Antefatto: nel lontano 1980, la superloggia reazionaria “Three Eyes” dominata da Kissinger estende i suoi tentacoli in Cina, promettendo di inserire i cinesi nel grande gioco dell’economia, all’alba della grande gloablizzazione, senza pretendere che, in cambio, la Cina diventi democratica, accetti la presenza di sindacati e limiti l’inquinamento della sua industria.Sono le basi dello storico boom, grazie a cui – una volta entrata nel Wto – la Cina (che sorregge le sue aziende con poderosi aiuti di Stato) sbaraglierà la concorrenza occidentale, imponendo prodotti a basso costo e mettendo in crisi le aziende concorrenti, occidentali, a cui nel frattemo l’élite neoliberista (sempre lei) ha tolto gli auti statali e aumentato a dismisura il carico fiscale, attraverso le politiche di austerity. La Cina, riconosce Magaldi, ha saputo approfittare di questo “regalo” sbalordendo il mondo: ha debellato la povertà in pochissimi anni, dando vita a realizzazioni che sono d’esempio per l’intero pianeta. Ha fatto tutto da sola? No, ovviamente: è stata aiutata, con regole tuccate in partenza. Tecnicamente: concorrenza sleale. Le menti del piano? Occidentali, purtroppo. L’obiettivo: trasformare lo stesso Occidente in una altrettanto gigantesca Cina: cioè un sistema efficientissimo, che produce miliardi, ma senza più diritti democratici. Non ci credete? E’ utile ricordare la violentissima repressione degli studenti di Pechino, che nel 1989 invasero piazza Tienanmen reclamando l’avvento della democrazia, sull’onda dell’entusiasmo per la Perestrojka di Gorbaciov: i carri armati di Deng Xiaoping fecero capire da che parte stesse, l’impenetrabile dirigenza del Celeste Impero, un tempo “rossa”.Magaldi è tra quanti considerano il veleno neoliberista come una sorta di virus: un’arma di distruzione di massa. Dalla Cina, dice, c’è comunque da imparare. Il suo riscatto economico, ovviamente, non poteva prescindere dal ruolo finanziario dello Stato. E vale anche per noi, che ce lo siamo dimenticato: fu il Piano Marshall a far risorgere l’Italia ridotta in macerie. Fu l’Eni di Mattei a farla balzare in vetta alle classifiche. E ancora: fu la politica “socialista” della Prima Repubblica a far volare il made in Italy, mediante poderosi investimenti sociali e infrastrutturali. Con abbondanti lacrime di coccodrillo, una fetta del paese ha appena riabilitato Craxi. Al culmine del suo potere, il leader del Psi osò opporsi alla superpotenza americana durante la crisi di Sigonella, per difendere la sovranità italiana. Oggi, i nostri politici calano le brache al primo stormir di fronde che provenga dai grigi burocrati di Bruxelles. Ieri sapevamo dire di no a Reagan, oggi diciamo di sì al primo Dombrovskis che passa per strada. Eppure, l’Italia era diventata la quinta potenza mondiale proprio grazie al deficit: ospedali, scuole, ferrovie, autostrade. Il gruppo pubblico Iri era il maggior conglomerato industriale d’Europa: era stragetico, per alimentare lo sterminato indotto privato. E’ stato smantellato da Prodi, poi coadiuvato da Draghi per le restanti privatizzazioni all’italiana.Di nuovo: Prodi e Draghi (entrambi supermassoni, secondo Magaldi) si sono limitati ad eseguire ordini. C’era un piano: sabotare l’Italia, potenza scomoda perché forte della sua economia mista, pubblico-privata. Come la Cina di oggi? Sì, ma con una differenza: era un paese democratico, con diritti sociali conquistati al prezzo di dure lotte politiche e sindacali, persino negli anni agitati degli opposti estremismi. Terrorismo e strategia della tensione: tutte operazioni «progettate sempre dalla “Three Eyes” anche attraverso la P2 di Gelli». Ma neppure le bombe erano riuscite a piegare il Belpaese. C’è voluto il crollo del Muro di Berlino, la rottamazione giudiziaria della classe politica della Prima Repubblica, l’avvento dei privatizzatori al governo (D’Alema, Amato, Prodi). Prima ancora: Ciampi aveva aperto la prima gravissima falla, staccando Bankitalia dal Tesoro e impedendo alla banca centrale di continuare a finanziare lo Stato a costo zero. Di colpo, il debito pubblico – risorsa strategica per la crescita – divenne un problema. Poi è stato fatto diventare addirittura una colpa, nella distorsione orwelliana della narrazione economica neoliberista.E adesso eccoci qui, alle prese con il coronavirus e senza i soldi per affrontare l’emergenza. Gli spiccioli di cui parla il governo Conte fanno ridere, dice Magaldi, esattamente come i margini di flessibilità – solo briciole – graziosamente concessi dal potere feudale eurocratico, insediato a Bruxelles senza nessuna investitura popolare. Magaldi, europeista convinto, su questo è chiarissimo: servono gli eurobond, per sostenere i debiti pubblici e archiviare per sempre il fantasma dello spread. L’ha ripetuto anche Christine Lagarde, fino a ieri custode – con Draghi – del rigore europeo. E a proposito di Draghi, che sottobanco contende a Prodi la successione a Mattarella: l’ex cavaliere nero dell’ordoliberismo europeo ora sostiene che bisogna ribaltare il tavolo, mettere fine alla scarsità artificiosa di moneta e, addirittura, esplorare le possibilità offerte dalla Mmt, la liquidità illimitata per sostenere l’economia europea. Per Magaldi, il problema sta nel manico: lo statuto della Bce impone alla banca centrale di tenere bassa l’inflazione. Errore: il primo obiettivo dovrebbe essere la piena occupazione, costi quel che costi (anche perché, oltretutto, l’emissione di moneta oggi non costa nulla). Non è economia, è solo politica. E se quella italiana dorme ancora, chissà che non sia il maledetto coronavirus a svegliarla. Si citofoni alla Disunione Europea, reclamando il dovuto: oggi per l’Italia, domani per tutti. In modo che un giorno, finalmente, una Unione Europea cominci a esistere, per davvero.L’emergenza spread, l’incubo Mario Monti e “l’economicidio” del Pil, il crollo del made in Italy e il boom della disoccupazione. Infine, al posto di una doverosa battaglia per il ritorno alla sovranità nazionale, è andata in scena l’emergenza migranti, presentata come piaga biblica. Ora siamo all’emergenza virus, e senza colpo ferire: ovvero, senza che nel frattempo la politica sia rinsavita, si sia ripresa, sia riuscita finalmente a uscire dal coma, a recuperare lucidità. La parola “sfacelo”, forse, rende l’idea: la Libia nel caos e l’Italia sfrattata da Tripoli, il disastro del viadotto Morandi, Salvini al Papeete e le Sardine alla corte dei Benetton, concessionari negligenti delle autostrade. C’è qualcosa che non stia franando, in Italia? Vedasi il Movimento 5 Stelle, fino a ieri plebiscitario: dal referendum sull’euro alla genuflessione alla Merkel, tramite Ursula von der Leyen, fino all’inaudito governo-vergogna col nemico storico, il Pd, servizievole maggiordomo di Bruxelles. Impossibile anche solo ipotizzare qualcosa di diverso dalla sottomissione, per personaggi come Gualtieri e Gentiloni: impensabile, il pretendere dignità per l’Italia schiacciata dal rigore, dal Mes, da qualunque diavoleria progettata per mantenere sotto scacco la penisola.
-
Sapelli: all’Italia servono l’Ilva e una Lega non più anti-Ue
Mai come in questo momento l’Italia ha bisogno della produzione di Taranto. Perché quegli acciai piani sono, qualitativamente, tra i migliori al mondo. Perché, in un paese fatto di piccole e medie imprese, coprono il 70% del fabbisogno nazionale a un prezzo inferiore rispetto all’oligopolio internazionale. E perché servono a costruire i rapporti con la Mesopotamia, ossia la Siria e l’Iraq ma anche la Libia, e per ricucirci un nuovo ruolo in Europa. Il problema più urgente sembra che per Mittal sia il cattivo affare di un’azienda che perde 2 milioni al giorno? E per il governo quello di arrivare a un compromesso (l’entrata di Cdp, l’accettazione di una parte degli esuberi)? Il governo non mi pare che sia all’altezza. Perché non ha le competenze, e perché nel suo stesso interno ha una forte componente antiindustriale, a sua volta divisa in un’ala esoterica dei 5 Stelle, che vede qualunque elemento d’industria come una connotazione del male, e in un’altra, non necessariamente ambientalista ma legata a certa concezione ideologica del capitalismo.Dati i suoi stabilimenti nel resto d’Europa, Mittal si è buttata su Ilva non per salvarla, ma per chiuderla? Finora, questo tipo di strategia, i grandi investitori tendono raramente a perseguirla. In molti casi, come General Electrics e Avio, si sono sempre mantenuti gli impianti produttivi. E, a dirla tutta, nel lungo periodo, non vedo in giro una sovracapacità produttiva dell’acciaio, anzi. E se ne ha bisogno anche per ragioni strategiche industriali verso l’Africa. Ma di cosa ci stupiamo ora, quando a Venezia assistiamo tranquillamente ogni giorno al transito delle grandi navi a due passi da piazza San Marco? È un atteggiamento italiano. Come il fatto che continuiamo a non avere la separazione delle carriere in magistratura, una giustizia che è quello che è, un apparato tecnocratico abnorme. Dovremmo finirla di fare gli ipocriti. Si parla tanto di investimenti in infrastrutture. Ma se si esclude un accenno alla “golden rule” (lo scorporo dal calcolo del deficit, appunto, degli investimenti pubblici), il governo, almeno sulla carta, ci sta mettendo meno di 1 miliardo. Si cresce, così? Paolo Savona, che è un tecnico inoppugnabile, parla di un alto numero di opere pubbliche già cantierizzate. Mi domando, dato che per esse i soldi sono già stati stanziati, perché non vadano avanti.Il ministro dell’economia Gualtieri conta molto sul decreto fiscale, sulle tasse ecologiche e sul fatto che l’Europa ci dia flessibilità per 12-14 miliardi. Troppo timido e ottimista? Gualtieri è persona molto competente, è uno storico che ha scritto una bella tesi sull’Europa e ha la fortuna di non essere un economista con la testa riempita di sciocchezze. Ma rischia di avere una spiccata visione della manovra influenzata da ideologie del passato, diciamo così. Cos’ho pensato quando si è tornato a parlare di Alitalia? Con Alitalia la situazione non è inedita. Eppure si era arrivati, fondamentalmente, ad un ottimo contratto. Ma i sindacati hanno fatto votare anche i non iscritti (ma come si fa?) e quel contratto è stato respinto. A questo punto bisognerebbe aprire un dibattito pubblico su domande fondamentali: interessa davvero conservare l’italianità? O meglio, un rilancio di proprietà straniera in cui solo la sede legale e produttiva rimangano in Italia? E le risposte non sono semplici, specie considerando che siamo il paese in cui l’alta velocità sulla tratta ferroviaria Milano-Roma ha, di fatto, distrutto la tratta aerea; o dove s’ è scelto di usare Malpensa invece di optare per l’aeroporto di Verona. E posso andare avanti…Una notte, nel 2018, mi proposero di fare il presidente del Consiglio. Semplicemente, un amico mi chiese di mettermi a disposizione per Palazzo Chigi. Siccome io sono piemontese, con un alto senso dello Stato, l’ho fatto. La prospettiva di impedire che Di Maio diventasse premier mi avrebbe spinto a fare qualunque cosa. Il governo reggerà fino alla legge di bilancio? Della manovra interessa a pochi. In realtà i partitelli appena nati, ma anche tutti gli altri, stanno aspettando le nomine degli enti pubblici (circa 500) per applicare lo spoil system e “bassaninizzare” la pubblica amministrazione. E la Lega? Penso che Lega abbia degli ottimi amministratori locali e lavori egregiamente sul territorio. Ma la sua vera strategia per fare la differenza è quella di liberarsi dei suoi estremismi e abbracciare l’Europa. Deve parlare con la Merkel e con quelli che lì contano. Io non concepisco l’idea di sovranismo se non nell’ottica filosofica di Jean Bodin («potere assoluto e perpetuo dello Stato» nell’ambito della tolleranza e della libertà religiosa).(Giulio Sapelli, dichiarazioni rilasciate nell’ambito dell’intervista “La profezia sull’Ilva: salvarla è vitale, ma il governo non è all’altezza”, realizzata da Francesco Specchia per “Libero” il 19 novembre 2019).Mai come in questo momento l’Italia ha bisogno della produzione di Taranto. Perché quegli acciai piani sono, qualitativamente, tra i migliori al mondo. Perché, in un paese fatto di piccole e medie imprese, coprono il 70% del fabbisogno nazionale a un prezzo inferiore rispetto all’oligopolio internazionale. E perché servono a costruire i rapporti con la Mesopotamia, ossia la Siria e l’Iraq ma anche la Libia, e per ricucirci un nuovo ruolo in Europa. Il problema più urgente sembra che per Mittal sia il cattivo affare di un’azienda che perde 2 milioni al giorno? E per il governo quello di arrivare a un compromesso (l’entrata di Cdp, l’accettazione di una parte degli esuberi)? Il governo non mi pare che sia all’altezza. Perché non ha le competenze, e perché nel suo stesso interno ha una forte componente antiindustriale, a sua volta divisa in un’ala esoterica dei 5 Stelle, che vede qualunque elemento d’industria come una connotazione del male, e in un’altra, non necessariamente ambientalista ma legata a certa concezione ideologica del capitalismo.
-
Ilva, la tomba neoliberista: se tagli lo Stato uccidi il paese
Ilva e Alitalia, Fca in fuga insieme a Whirlpool ed Embraco. E poi altri mille “tavoli di crisi” che disegnano il tramonto del sistema industriale italiano. Chi si concentra solo sulle notizie del giorno (è colpa di chi ha messo in discussione lo “scudo legale”, non si cambiano le regole in corso d’opera, Arcelor Mittal voleva 5.000 esuberi e ha giocato sporco) è destinato a non capire cosa sta davvero succedendo, afferma Dante Barontini su “Contropiano”: «C’è un paese che sta affondando nella de-industrializzazione, senza peraltro avere mai costruito un modello di sviluppo alternativo». Le colpe, secondo il “giornale comunista online”, vanno equamente divise «tra una classe imprenditoriale di inqualificabile viltà e una classe politica, se si può, anche peggiore». Entrambe, infatti, «davanti alla costruzione europea che toglieva sovranità alle scelte economiche, hanno reagito fuggendo», ciascuno a modo suo: gli imprenditori «girando i loro profitti nella finanza speculativa», e i politici (nessuno escluso, da Berlusconi a Salvini) di fatto «accettando i diktat europei, spogliandosi di qualsiasi responsabilità e rifugiandosi nella bolla della “comunicazione”, ossia nella menzogna professionale».Da quasi trent’anni, dal Trattato di Maastricht in poi – ricorda Barontini – la “politica industriale” di tutti i governi è consistita in privatizzazioni e soldi a pioggia alle imprese. In sostanza: “regali industriali” – da Telecom a Italsider, ad Autostrade – accompagnati da generose “dazioni” liquide (sotto forma di decontribuzione, finanziamenti a fondo perduto, taglio del cuneo fiscale), «oltre che da politiche criminali sul lavoro», ovvero «precarietà contrattuale legalizzata, allungamento dell’età lavorativa, eliminazione delle tutele dei lavoratori, deflazione salariale», con la piena “complicità” di Cgil, Cisl e Uil. E tutto questo, «accettando sempre la tagliola del “divieto agli aiuti di Stato” imposta dall’Unione Europea». Di fatto, aggiunge Barontini, «sono state consegnate alle imprese le chiavi dello sviluppo o della morte del paese». Le imprese ovviamente hanno pensato ai loro affari, in una situazione di cortissimo respiro: «I “mercati” valutano le relazioni trimestrali, mica le prospettive strategiche». Rimosso a monte l’obiettivo sistemico (lo sviluppo del paese, il benessere diffuso, posti di lavoro e salari accettabili) non resta che il calcolo costi-benefici «tra costo del lavoro, incentivi a pioggia, efficienza delle infrastrutture, politiche fiscali nazionali».Inevitabile, secondo Barontini, che le imprese «decidessero per la morte, ponendo ogni volta il ricatto con modalità mafiose: o ci date mano libera o ce ne andiamo da un’altra parte». Amarezza: «C’erano una volta i lavoratori che si trasferivano là dove c’erano le industrie, con la valigia di cartone legata con lo spago. Oggi sono le imprese multinazionali a viaggiare, spostando linee di montaggio e casseforti gonfie di soldi». Globalizzazione selvaggia, delocalizzazioni facili: «Da questa condizione storica non si esce con misure una tantum, con un finanziamento in più e neanche con una “partecipazione pubblica” nei casi più disperati», sostiene “Contropiano”, segnalando che «dopo anni, è arrivato a chiederla – per la sola Ilva – persino il segretario della Cgil». Di fronte alla dimensione del disastro economico e sociale, per Barontini c’è bisogno di una visione e di una programmazione di lungo periodo: «C’è bisogno di decidere che cosa produrre e come farlo». Soprattutto: «C’è bisogno di investire in barba a qualsiasi “patto di stabilità europeo”, perché un paese di 60 milioni di persone non può accettare di finire nel baratro della storia solo per rispettare “regole” scritte per favorire altri sistemi industriali, altri paesi e altre multinazionali». Giusto nazionalizzare, ma non basta più: serve «una diversa visione del mondo e della produzione». In altre parole, «si tratta di prendere atto che il capitalismo neoliberista non funziona più e va superato prima che esploda», seminando (come sempre nella storia) «morte e distruzione».Ilva e Alitalia, Fca in fuga insieme a Whirlpool ed Embraco. E poi altri mille “tavoli di crisi” che disegnano il tramonto del sistema industriale italiano. Chi si concentra solo sulle notizie del giorno (è colpa di chi ha messo in discussione lo “scudo legale”, non si cambiano le regole in corso d’opera, Arcelor Mittal voleva 5.000 esuberi e ha giocato sporco) è destinato a non capire cosa sta davvero succedendo, afferma Dante Barontini su “Contropiano“: «C’è un paese che sta affondando nella de-industrializzazione, senza peraltro avere mai costruito un modello di sviluppo alternativo». Le colpe, secondo il “giornale comunista online”, vanno equamente divise «tra una classe imprenditoriale di inqualificabile viltà e una classe politica, se si può, anche peggiore». Entrambe, infatti, «davanti alla costruzione europea che toglieva sovranità alle scelte economiche, hanno reagito fuggendo», ciascuno a modo suo: gli imprenditori «girando i loro profitti nella finanza speculativa», e i politici (nessuno escluso, da Berlusconi a Salvini) di fatto «accettando i diktat europei, spogliandosi di qualsiasi responsabilità e rifugiandosi nella bolla della “comunicazione”, ossia nella menzogna professionale».
-
L’evasore aiuta l’economia, le tasse non finanziano i servizi
L’Italia dal 1992 è in avanzo primario (a eccezione di un disavanzo dello 0,9% nel 2009). Questo significa che le entrate fiscali (tasse) sono superiori alla spesa pubblica (in soldoni, a noi cittadini torna indietro meno di quanto paghiamo). Al contrario di quanto racconta la vulgata ideologizzata “terrorista” e autorazzista del siamo vissuti al di sopra delle nostre possibilità, perciò, il nostro è un paese assai virtuoso da quasi 30 anni (nessuno al mondo ha fatto meglio nello stesso periodo). Fatta questa premessa passiamo ad analizzare le vere funzioni delle tasse (esse non servono infatti a pagare la spesa pubblica). Lo Stato impone tasse ai propri cittadini: 1. Per imporre la moneta a corso legale (obbligando di fatto i cittadini ad utilizzarla in quanto l’unica accettata per il pagamento, appunto, degli oneri fiscali); 2. Per controllare l’inflazione (tassando più o meno si riduce/aumenta la massa monetaria e si regolano i prezzi); 3. Per redistribuire la ricchezza. La spesa pubblica è fatta a monte del prelievo fiscale e si sostiene con l’emissione monetaria (fatta d’imperio e sovranamente dallo Stato, dal nulla). Prima si spende e si mette in circolazione la moneta, e solo poi si raccoglie tassando.
-
Paragone: guerra al cash, e i paradisi fiscali Ue ci rapinano
Tetto ai contanti: sembra questa la grande rivoluzione partorita dal ministro Gualtieri. Una rivoluzione che piace anche molto a Conte, quindi non più i 3000 euro che possiamo prelevare al mese ma un tetto che si attesterebbe sui 1000 euro. E io non posso prelevare più di 1000 euro, come se quei soldi non fossero miei. Quindi in qualche modo devo sempre bussare alle porte delle banche per chiedere di prendere un po’ di soldi (miei). Ma questo lo si fa perché è in atto “la grande lotta all’evasione fiscale”, il grande contrasto all’evasione fiscale. Quindi, se tu andavi al ristorante e non pagavi si diceva che eri un ladro; adesso, invece, se vai al ristorante e paghi in contanti sei un possibile evasore. Stiamo attenti, perché poi con questa logica diventerà assolutamente un punto cardine, quello per cui devi essere tu a dimostrare di non essere un evasore fiscale: c’è il ribaltamento dell’onere della prova, che per alcuni versi è già così. Perché quando ti arrivano le cartelle esattoriali devi dimostrare di avere pagato; se tu mi contesti qualcosa, invece, dovresti essere tu a portarmi le prove che sono un evasore. E sarà sempre peggio: per il solo fatto di pagare in contanti sei già marchiato come possibile evasore fiscale, e quindi ti devi giustificare.Devi portare le prove per cui non sei un evasore fiscale. Ragazzi, guardate dove sta arrivando, ormai, il paradosso. Però lo si fa perché c’è da contrastare l’evasione fiscale. E chi lo fa? Lo fa un paese che fa parte dell’Unione Europea, che mantiene dei veri e propri paradisi fiscali. Su “Repubblica” leggiamo: “La bolla dei fondi-fantasma. Finanza: c’è un grande buco nero, 15 trilioni di dollari in fondi-fantasma. Hanno raggiunto i 15 trilioni di dollari i soldi depositati nei paesi offshore, non per fare investimenti ma per sottrarli al fisco. Una cifra quasi uguale al Pil americano. E la metà di questi 15 trilioni di dollari (su per goù 7,5) se ne va in Lussemburgo e Olanda”. Cioè: due paesi dell’Unione Europea. Quindi noi non soltanto siamo in una Unione Europea che (come ho detto mille volte) favorisce gli evasori e gli elusori fiscali a norma di legge, ma in più vogliamo fare la guerra all’evasione fiscale andando a pizzicare i commercianti, gli artigiani e le professoresse che fanno le ripetizioni in nero.Siamo all’assurdo: di 15 trilioni di dollari in fondi-fantasma, la metà se ne va in Lussemburgo e in Olanda, che sono paesi dell’Unione Europea – il Lussemburgo, peraltro, aveva dato praticamente alla Commissione Europea il suo principale campione, Juncker. Ma questo ovviamente non diventa l’assillo della classe politica e dei nostri giornali. E attenzione: mentre noi diciamo che non puoi prelevare più di 1000 euro, altrimenti forse sei un evasore fiscale, e non puoi pagare al ristorante con i soldi in contanti perché altrimenti sei un presunto evasore, dopo che cosa succede? Succede che, ancora una volta, l’Unione Europea, attraverso i 28 ministri finanziari dell’Ecofin, ha sfilato la Svizzera dalla “lista grigia”. Pensate: grandissimi! E non solo: hanno anche tolto dalla “lista nera” gli Emirati Arabi Uniti. E dire che l’Unione Europea già aveva in pancia dei veri e propri paradisi fiscali (possiamo chiamarlo “dumping fiscale”, ma in concetto è lo stesso).Quindi tu hai Lussemburgo, Olanda, Malta, l’Irlanda – paesi dove puoi fare quello che vuoi, fiscalmente, ma a norma di legge. E adesso hanno sfilato la Svizzera dalla “lista grigia” dei paradisi fiscali “non collaborativi”, e hanno pure tolto dalla black list, la “lista nera”, gli Emirati Arabi Uniti. Tenete conto che l’Italia è uno dei paesi più colpiti, nei conti pubblici, dall’attività dei paradisi fiscali. E allora che cosa facciamo? Facciamo “la lotta all’evasione fiscale” abolendo il contante, di fatto dicendo a chi paga in contanti che è uno stronzo. Questa è la politica che facciamo. E poi, come se non bastasse, adesso sul cuneo fiscale ti diranno che ti danno forse 40 euro al mese in più. Meglio di niente, no? Quindi non ti devi lamentare. Ed è sempre la stessa logica, quella del “meglio di niente”: meglio un contrattino che un vero contratto, meglio un lavoretto che un vero lavoro, meglio una paga che la retribuzione. E ti devi accontentare, perché siamo in crisi. Siamo in crisi, ok? Intanto le banche, il mondo finanziario, continua a fare quel cazzo che vuole.(Gianluigi Paragone, “Ecco dove sono i veri evasori, altro che il tetto al contante”, video-intervento su YouTube registrato il 15 ottobre 2019).Tetto ai contanti: sembra questa la grande rivoluzione partorita dal ministro Gualtieri. Una rivoluzione che piace anche molto a Conte, quindi non più i 3000 euro che possiamo prelevare al mese ma un tetto che si attesterebbe sui 1000 euro. E io non posso prelevare più di 1000 euro, come se quei soldi non fossero miei. Quindi in qualche modo devo sempre bussare alle porte delle banche per chiedere di prendere un po’ di soldi (miei). Ma questo lo si fa perché è in atto “la grande lotta all’evasione fiscale”, il grande contrasto all’evasione fiscale. Quindi, se tu andavi al ristorante e non pagavi si diceva che eri un ladro; adesso, invece, se vai al ristorante e paghi in contanti sei un possibile evasore. Stiamo attenti, perché poi con questa logica diventerà assolutamente un punto cardine, quello per cui devi essere tu a dimostrare di non essere un evasore fiscale: c’è il ribaltamento dell’onere della prova, che per alcuni versi è già così. Perché quando ti arrivano le cartelle esattoriali devi dimostrare di avere pagato; se tu mi contesti qualcosa, invece, dovresti essere tu a portarmi le prove che sono un evasore. E sarà sempre peggio: per il solo fatto di pagare in contanti sei già marchiato come possibile evasore fiscale, e quindi ti devi giustificare.
-
Austerity: tradimento 5 Stelle, camerieri della Colonia Italia
Se il cameriere, cioè il governo italiano, non si sbriga a tassare i cittadini, allora puntuale arriva la letterina del padrone, dell’Unione Monetaria Europea che tradotta significa più o meno “non ci interessano le vostre faide tra colonizzati; obbedite, poi vi sistemerete nel microscopico spazio di ipocrisia che resta”. Forse sono parole pesanti, ancorché vere, ma credo vi ricordino qualcosa, tipo l’impostazione che un certo MoVimento aveva quando si trattava di Uem, di stagnazione, di politiche degli zero virgola (briciolesimo) e di intrallazzi di palazzo. Certo, la critica che gli muovevo all’epoca era “meno toni strumentalizzabili dai media, più tecnica e decisione nei fatti”, mentre adesso mi indigno per come i giornalisti della carta stampata non denuncino un’evidenza: quel MoVimento è passato dal rifiuto della maggioranza dei cittadini italiani verso certi parametri Uem (inventati, peraltro), al rispetto religioso di essi e perfino all’aggressione di chi non professi altrettanto!!! Avete presente quando un truffatore, di quelli che si presentano ai cancelli delle persone anziane fingendosi dell’Enel, viene sgamato e se ne va ostentando proteste ma trasmettendo imbarazzo e cialtroneria (cioè quel mix tra l’essere disperati e mentecatti)?
-
Germania, cresce ancora il divario tra poveri e super-ricchi
Diseguaglianze dei redditi: il divario tra ricchi e poveri ha toccato un nuovo massimo storico in Germania. «Dieci anni di crescita, un boom economico e l’aumento dei salari non sono riusciti ad arrestare la tendenza di una crescente disparità di reddito», scrive Isabella Bufacchi sul “Sole 24 Ore”. Secondo la Fondazione Hans-Böckler, vicina al mondo dei sindacati, la disparità di reddito disponibile ha continuato ad allargarsi tra il 2005 e il 2016: alla fine del 2016, il coefficiente di Gini, il noto metro per misurare la disuguaglianza, era superiore del 2% rispetto al 2005. «Le famiglie povere sono sempre più al di sotto della soglia di povertà», avverte il rapporto dell’istituto di ricerca Wsi. Due i fattori chiave: chi ha redditi elevati ha tratto maggiore beneficio dai profitti aziendali e dai rialzi delle azioni in Borsa, mentre la stragrande maggioranza delle famiglie è rimasta indietro. Pur in una situazione di apparente benessere diffuso – disoccupazione ai minimi storici e crescita economica dal 2010 – il reddito disponibile è salito per il ceto medio ma non per i più poveri, con grandi disparità di trattamento tra chi percepisce regolarmente lo stipendio e chi no.Secondo Dorothee Spannagel, tra gli autori del rapporto Wsi, il settore delle retribuzioni molto basse continua ad essere molto ampio, mentre i super-ricchi (multimilionari e miliardari) hanno tratto più beneficio dal boom della Borsa, dall’impennata dei prezzi nel mercato immobiliare, dagli alti profitti aziendali. Riflessi negativi: «La disuguaglianza riduce la partecipazione sociale e politica e compromette il funzionamento dell’economia sociale di mercato». La crescita economica degli ultimi anni non è dunque servita a ridurre la disparità tra ricchi e poveri: uno sviluppo macroeconomico positivo non è sufficiente per ridurre le disuguaglianze e la povertà. La stampa tedesca – ricorda sempre il “Sole 24 Ore” – cita anche un recente studio dell’istituto di ricerca Diw, secondo il quale la ricchezza in Germania è distribuita in modo molto disomogeneo: l’1% dei tedeschi più ricchi ha quasi un quinto del patrimonio netto nazionale, il 10% ha il 56 per cento. Il 50% della popolazione è il ceto più povero, circa 40 milioni di persone. Soluzioni? Dorothee Spannagel indica «una tassazione più alta per la popolazione con i redditi più elevati e un aumento dei salari minimi».La ricerca, aggiunge Bufacchi sul “Sole”, tiene conto del coefficiente di Gini, l’indicatore più comune della distribuzione del reddito con valori compresi tra zero (tutte le famiglie hanno lo stesso reddito) e uno (una singola famiglia ha l’intero reddito nel paese). Alla fine del 2016, il coefficiente Gini del reddito familiare disponibile in Germania era di 0,295 con un aumento del 19% della disuguaglianza rispetto alla fine degli anni ‘90, quando il Gini era poco meno di 0,25 e comunque in aumento rispetto allo 0,289 del 2005. «La disuguaglianza in Germania è aumentata molto rapidamente alla fine degli anni ‘90 e nella prima metà degli anni 2000». Svariati analisi ricordano che Berlino ha a lungo evitato di investire per ammodernare le infrastrutture. E la Germania, con la riforma Hartz, è stato il primo paese industriale europeo a esasperare la “flessibilità” sul lavoro, convincendo gli operai ad accettare salari modesti. Già dirigente della Volkswagen (accusato di avver corrotto i sindacati per danneggiare i lavoaratori), Peter Hartz è stato poi preso a modello dal cancelliere socialdemocratico Gerhard Schroeder. Se in Germania sono legali i mini-job da 400 euro al mese, il tallone d’Achille di Berlino è l’export: un’economia interamente vocata alle esportazioni, anche demolendo in modo sleale la concorrenza dell’Italia (sabotata da Bruxelles) alla fine rende più fragile il sistema industriale tedesco.Diseguaglianze dei redditi: il divario tra ricchi e poveri ha toccato un nuovo massimo storico in Germania. «Dieci anni di crescita, un boom economico e l’aumento dei salari non sono riusciti ad arrestare la tendenza di una crescente disparità di reddito», scrive Isabella Bufacchi sul “Sole 24 Ore”. Secondo la Fondazione Hans-Böckler, vicina al mondo dei sindacati, la disparità di reddito disponibile ha continuato ad allargarsi tra il 2005 e il 2016: alla fine del 2016, il coefficiente di Gini, il noto metro per misurare la disuguaglianza, era superiore del 2% rispetto al 2005. «Le famiglie povere sono sempre più al di sotto della soglia di povertà», avverte il rapporto dell’istituto di ricerca Wsi. Due i fattori chiave: chi ha redditi elevati ha tratto maggiore beneficio dai profitti aziendali e dai rialzi delle azioni in Borsa, mentre la stragrande maggioranza delle famiglie è rimasta indietro. Pur in una situazione di apparente benessere diffuso – disoccupazione ai minimi storici e crescita economica dal 2010 – il reddito disponibile è salito per il ceto medio ma non per i più poveri, con grandi disparità di trattamento tra chi percepisce regolarmente lo stipendio e chi no.
-
Magaldi: Di Maio neopiduista, taglia le Camere come Gelli
Con il taglio delle poltrone voluto da Di Maio (600 seggi in tutto, 400 alla Camera e 200 al Senato) il Belpaese diverrebbe il fanalino di coda, in Europa: quello con meno parlamentari in assoluto rispetto alla popolazione. Un’idea originale? Niente affatto: «Era scritta nero su bianco nel famigerato Piano di Rinascita Democratica redatto dalla Loggia P2 di Licio Gelli. Ed è strano che a caldeggiarlo, oggi, sia proprio il Movimento 5 Stelle, nato con l’intento dichiarato di ridare la parola ai cittadini». Lo afferma Gioele Magaldi, che nel libro “Massoni” (Chiarelettere, 2014) ha svelato la regia occulta di 36 superlogge nel retrobottega del potere mondiale. Spiega Magaldi: «L’iniziativa di Gelli era solo il riflesso casareccio dell’input partito dalla Ur-Lodge reazionaria “Three Eyes”, che affidò alla Commissione Trilaterale il compito di dare un segnale globale con il saggio “La crisi della democrazia”, uscito nel 1975 a firma di Samuel Huntington, Joji Watanuki e Michel Crozier». La tesi: di troppa democrazia si muore. «Curare l’eccesso di democrazia con dosi ancora maggiori di democrazia sarebbe come tentare di spegnere un incendio gettando benzina sul fuoco». Ergo: si facciano dimagrire i Parlamenti, per togliere punti di riferimento ai cittadini. «In questo, Di Maio si comporta come un neo-piduista», accusa Magaldi. Un sospetto: siamo di fronte a un caso palese di gatekeeping, dietro a tanto populismo inutilmente gridato?I numeri non depongono certo a favore di una riforma che, secondo i calcoli, comporterebbe per lo Stato un risparmio irrisorio: solo lo 0,007% della spesa pubblica. Già oggi, l’Italia è penultima in Europa per rappresentanza democratica: ha un solo parlamentare ogni centomila abitanti. Ben 23 paesi hanno più parlamentari, in relazione al numero dei cittadini. Con il piano del “neo-piduista” grillino, il Palazzo si allontanerebbe ancora di più. «Ho sempre difeso i 5 Stelle dall’accusa di gatekeeping», premette Magaldi: «Non ho mai creduto che il movimento fondato da Grillo e Casaleggio sia nato solo per depistare il dissenso, convogliando la protesta verso esiti innocui per il potere». Certo però che il risultato è lo stesso: i grillini hanno praticamente rinunciato a tutte le promesse di trasparenza sbandierate in campagna elettorale. Sono persino stati determinanti a Strasburgo nel far eleggere alla Commissione Europea la tedesca Ursula von der Leyen, emblema vivente del massimo rigore Ue. E ora, con l’ultra-demagogico taglio dei parlamentari (spacciato per riforma anti-casta) secondo Magaldi si apprestano a indebolire ulteriormente la democrazia italiana, già pesantemente condizionata dai diktat dell’eurocrazia che adesso vezzeggia Giuseppe Conte, docilissimo con Macron e la Merkel.E’ irriconoscibile, oggi, il Di Maio che agita il taglio dei parlamentari per tentare di far dimenticare agli elettori i clamorosi “tradimenti” a catena dei grillini: Tap e Tav, Ilva, Muos, vaccini, spese militari e trivelle in Adriatico. Un anno e mezzo fa, Di Maio evocava l’impeachment per Mattarella, che aveva impedito a Paolo Savona di accedere al ministero dell’economia. Motivo: il professore, già ministro con Ciampi (e assai temuto da Draghi) sarebbe stato “sgradito ai mercati”. Secondo il presidente della Repubblica, il parere degli “investitori” e dei “signori dello spread” contava ben più di quello degli elettori. Di fronte all’iniziale entusiasmo per il successo delle forze gialloverdi, provvide il tedesco Günther Oettinger a ribadire brutalmente il concetto: «Saranno i mercati a insegnare agli italiani come votare». Oggi, il cerchio si è chiuso: Grillo va a braccetto con Renzi, mentre il Conte-bis ha ricominciato a garantire piena sottomissione agli eurocrati. All’ormai quasi irrilevante Di Maio, contestato dalla fronda interna e “giubilato” al ministero degli esteri, resta la battaglia sulla riduzione dei seggi parlamentari: riforma peraltro già approvata anche dalla Lega, e ora appoggiata da Pd e renziani. Più che trame cospirative, Magaldi vede insipienza e catastrofica incapacità politica: piccole pedine, probabilmente inconsapevoli del grande disegno antidemocratico che le manovra.E’ mai possibile che chiunque esordisca con propositi rivoluzionari poi finisca sempre per annacquare le proprie idee, fino agli esiti decisamente incresciosi dei grillini? E non è tutto: a insospettire Magaldi è anche la generosa visibilità offerta dai media mainstream al filosofo torinese Diego Fusaro e alla sua iniziativa politica, “Vox Italia”, che promuove il comunista Gramsci e al tempo stesso l’ideologo fascista Gentile. «Un rossobrunismo sostanzialmente fasciocomunista», che propone «l’uscita dall’euro e dall’Unione Europea», riesumando anche i “valori” dell’antico tradizionalismo provinciale (Dio, patria e famiglia). «Fusaro – dice Magaldi, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights” – è l’antagonista perfetto per l’eurocrazia: stravagante e ampolloso, Fusaro è divertente e soprattutto innocuo, dato che avanza proposte irrealizzabili». Non è un caso, aggiunge Magaldi, che i grandi media non diano spazio al Movimento Roosevelt, da lui fondato e presieduto: «Cosa potrebbero rispondere, i signori dell’Ue e i loro partner mediatici, di fronte a richieste ragionevoli ma scomode come le nostre? Esempio: una Costituzione Europea finalmente democratica, bilanci flessibili (con investimenti non più computati nei deficit) e una Bce pronta a emettere eurobond per sostenere l’economia reale e cancellare lo spettro dello spread».Non si corrono pericoli, invece, con il rassicurante “sovranismo rossobruno” di Fusaro, «chiamato spesso in televisione a fare da sparring partner ai politici e ai giornalisti del circo mainstream». Non solo: «Noto che anche Claudio Messora, animatore di “ByoBlu”, si sta spendendo massicciamente per “Vox Italia”, divenendone quasi il megafono». In questi anni, “ByoBlu” ha ospitato regolarmente voci alternative, svolgendo un ottimo servizio di informazione e ospitando ripetutamente lo stesso Magaldi. «Poi, su di noi è sceso il silenzio», insiste il presidente del Movimento Roosevelt, quasi evocando una sorta di ostracismo “suggerito” dall’alto. «Sono interrogativi che mi pongo, in attesa di risposte», precisa. Messora, peraltro, aveva aderito al Movimento 5 Stelle, svolgendo anche la funzione di comunicatore parlamentare. «Non vorrei che, svanita l’esperienza gialloverde, qualcuno avesse deciso di puntare proprio su “Vox Italia” per sostituire, in qualche modo, il populismo dei 5 Stelle, ormai sbiadito». L’interrogativo di Magaldi lascia aperta la possibilità che lo stesso (benemerito) video-blog di Messora possa trasformarsi, a sua volta, in uno strumento di gatekeeping. Sovragestione? Tanta improvvisa enfasi su Fusaro – che ha possibilità pari a zero di impensierire il potere che domina l’Italia – non può che lasciare perplessi, almeno secondo il presidente del Movimento Roosevelt.Con il taglio delle poltrone voluto da Di Maio (600 seggi in tutto, 400 alla Camera e 200 al Senato) il Belpaese diverrebbe il fanalino di coda, in Europa: quello con meno parlamentari in assoluto rispetto alla popolazione. Un’idea originale? Niente affatto: «Era scritta nero su bianco nel famigerato Piano di Rinascita Democratica redatto dalla Loggia P2 di Licio Gelli. Ed è strano che a caldeggiarlo, oggi, sia proprio il Movimento 5 Stelle, nato con l’intento dichiarato di ridare la parola ai cittadini». Lo afferma Gioele Magaldi, che nel libro “Massoni” (Chiarelettere, 2014) ha svelato la regia occulta di 36 superlogge nel retrobottega del potere mondiale. Spiega Magaldi: «L’iniziativa di Gelli era solo il riflesso casareccio dell’input partito dalla Ur-Lodge reazionaria “Three Eyes”, che affidò alla Commissione Trilaterale il compito di dare un segnale globale con il saggio “La crisi della democrazia”», uscito nel 1975 a firma di Samuel Huntington, Joji Watanuki e Michel Crozier. La tesi: di troppa democrazia si muore. «Curare l’eccesso di democrazia con dosi ancora maggiori di democrazia sarebbe come tentare di spegnere un incendio gettando benzina sul fuoco». Ergo: si facciano dimagrire i Parlamenti, per togliere punti di riferimento ai cittadini. «In questo, Di Maio si comporta come un neo-piduista», accusa Magaldi. Un sospetto: siamo di fronte a un caso palese di gatekeeping, dietro a tanto populismo inutilmente gridato?
-
Vox Italia: Dio, patria e famiglia. Chi ha paura di Fusaro?
Lasciate ogni speranza, o voi ch’entrate: oscurati da Facebook già in partenza, tanto per cominciare. E se si prova a varcare la soglia del sito ufficiale, voxitalia.net, è Google a trasformarsi in Cerbero: sito pericoloso, potrebbero scipparvi la carta di credito e i dati sensibili. Aiuto! Non insperate mai veder lo cielo, specie se vi chiamate Vox Italia. Come mai tanta paura, per il neonato movimento ispirato e guidato dal giovane filosofo torinese Diego Fusaro? Basta fare un giretto sul web per farsene un’idea. Le reazioni vanno dalla minimizzazione all’irrisione, fino alla diffamazione. Cos’è Vox Italia? Un movimento, si legge, che nasce per dar voce all’interesse nazionale. Slogan: “Pensare e agire altrimenti”, e muoversi “obstinate contra”, scrive Fusaro. «In direzione ostinata e contraria», avrebbe detto Fabrizio De Andrè, in un’Italia dove ancora esistevano menti come quella di Fabrizio De Andrè. «Il movimento – chiarisce Fusaro – unisce valori di destra e idee di sinistra». Più precisamente: «Valori dimenticati dalla destra e idee abbandonate dalla sinistra». Vox Italia si smarca dal «coro virtuoso del politicamente corretto», definito «superstruttura santificante i rapporti di forza del globalismo finanziario a beneficio degli apolidi signori del big business sradicato e sradicante».
-
5 Stelle, l’inganno mortale taglia le gambe al cambiamento
Alzi la mano chi non ha mai pensato, neppure per un attimo, che i grillini potessero fare sul serio. A prima vista, la loro sembrava una rivolta democratica genuina: che infatti ha attratto migliaia di sinceri attivisti, prima ancora che milioni di elettori. C’è chi ricorda che, in Italia, la discesa in campo di Grillo ha rotto l’equilibrio stagnante dei finti avversari, centrodestra e centrosinistra, imponendo un nuovo tipo di lessico nuovista (senza il quale, per dire, non sarebbe mai nato nemmeno il populismo rottamatore di Renzi, a sua volta erede del populismo paternalistico di Berlusconi). Non mancarono però le voci profetiche come quelle di Paolo Barnard, fin dall’inizio avverso ai pentastellati: servì loro su un piatto d’argento l’agenda della Modern Money Theory di Warren Mosler per il recupero della sovranità nazionale, ma li vide fuggire atterriti non appena i loro padroni Grillo e Casaleggio mostrarono di non gradire l’idea che qualcuno potesse affrontare davvero i nodi della tragedia economica nazionale. In piccolo, il parmense Federico Pizzarotti – cacciato a pedate – fornì per primo, a sue spese, un bel compendio della democraticità del MoVimento, al di là del mitico “uno vale uno” fischiettato dai ragazzi del coro. E questo, quando ancora non avevano cominciato a deludere nel modo più sfacciato i loro elettori, imboccando il viale del tramonto che li ha portati oggi a diventare gli sparring partner di Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, insieme al loro finto premier osannato dagli anti-italiani di tutta Europa.L’ingloriosa agonia del Movimento 5 Stelle – 17% alle europee, votato da meno di un italiano su dieci e letteralmente sparito dai radar alle regionali – è da ascrivere all’impietoso confronto tra le mirabolanti promesse del 2018 e l’incresciosa cronachetta gialloverde, impregnata di codardia verso Bruxelles e costellata di tradimenti sfrontati. Leggasi obbligo vaccinale, F-35 e spese militari, Muos di Niscemi e Ilva di Taranto, gasdotto Tap, trivelle petrolifere in Adriatico, Tav Torino-Lione in valle di Susa. «Avete mai avuto la sensazione di essere presi per il culo?», domandò il rocker Johnny Rotten. «Affermativo», rispondono oggi i milioni di italiani che – dall’Alpe al Lilibeo – hanno smesso di votare 5 Stelle. Perché lo fecero, nel 2018, pur vedendo benissimo che le iperboliche fanta-promesse di Di Maio non sarebbero mai state realizzabili, se non in minima parte? Probabilmente speravano proprio in quella “minima parte”, non immaginando che si sarebbero invece ridotte a zero. C’era un equivoco, alla base dell’epocale malinteso. Ovvero: la speranza che, da qualche parte, i soldi necessari alle riforme sociali (le famose coperture) potessero spuntare. Dove? Nell’unico posto possibile: in un deficit adeguato, strappato in un energico negoziato con Bruxelles. Sarebbe stato il minimo sindacale, per avvicinare l’Italia alla generosissima flessibilità concessa alla Francia. Per non parlare del debito-fantasma cui attinge la Germania, truccando i bilanci alla faccia dell’austerity altrui.Di che pasta fosse, la fermezza grillina, lo si è visto con Di Maio, Conte e Tria. Ma c’erano precedenti allarmanti: come il trasloco tentato da Grillo nel 2016 per trasferire il gruppo europarlamentare pentastellato tra gli ultra-euristi dell’Alde, gli amici di Mario Monti, dopo aver sbandierato in Italia lo spauracchio di un referendum sull’euro. Acquattato nel suo apparente buen retiro di Genova, l’Elevato si sveglia sempre al momento opportuno per impartire i suoi diktat indiscutibili: l’idea di piazzare Conte a Palazzo Chigi, l’ordine di far eleggere Ursula von der Leyen alla Commissione Europea e lo sdoganamento improvviso del Pd renziano come alleato di governo. Un atto politico violento, quest’ultimo, come di consueto imposto dal centralismo di stampo sovietico con cui il signor Grillo, proprietario del marchio 5 Stelle, gestisce i sottoposti. Sapeva di poter contare sulla docilità dei parlamentari, terrorizzati dai sondaggi di fronte all’incubo delle elezioni anticipate. E non ha esitato a esibire lo spettacolo dell’amore per le poltrone, inflitto ai militanti che parlamentari non sono e, a differenza di deputati e senatori, non hanno stipendi d’oro a rischio di evaporazione. Ancora una volta, il pastore ha portato le pecore dove voleva. E l’ha fatto a reti unificate: tutta l’Europa ha visto di che sostanza è fatto il nostro ribellismo all’amatriciana in salsa pentastellata.Il colpo inferto dai 5 Stelle alla dolente democrazia italiana non è irrilevante: hanno dimostrato che si possono maneggiare valori forti – giustizia sociale, trasparenza, condivisione – facendone tranquillamente strame, dopo aver ingannato gli elettori. Al punto da indurre molti osservatori a ritenere che l’abbaglio collettivo del MoVimento non sia mai stato altro, fin dall’inizio, che un’abile operazione di gatekeeping per dirottare con sapienza il malcontento sociale verso lidi innocui. Malcontento peraltro esasperato dal neoliberismo globale, la “lotta di classe a rovescio” che ha drenato risorse dal basso verso l’alto, interpretato in Europa da politici come Angela Merkel e la sua candidata Ursula von der Leyen, a cui non a caso è giunto in soccorso proprio il partito-caserma di Grillo. Neoliberismo feroce, altro che “reddito di cittadinanza”: Stato minimo, tagli al welfare, erosione dei risparmi, fine della classe media, precarizzazione del lavoro. In cambio, piccole battaglie di cartapesta come quella sulla riduzione dei parlamentari (funzionale, anche quella, alla diminuzione della rappresentatività democratica). Amara lezione, dai 5 Stelle: gli italiani che sognavano il cambiamento hanno imparato a non fidarsi più di chi lo promette, chiunque sia, specie se alza la voce nelle piazze. Un vero capolavoro politico, per la gioia dell’oligarchia che detesta la sovranità democratica.Alzi la mano chi non ha mai pensato, neppure per un attimo, che i grillini potessero fare sul serio. A prima vista, la loro sembrava una rivolta democratica genuina: che infatti ha attratto migliaia di sinceri attivisti, prima ancora che milioni di elettori. C’è chi ricorda che, in Italia, la discesa in campo di Grillo ha rotto l’equilibrio stagnante dei finti avversari, centrodestra e centrosinistra, imponendo un nuovo tipo di lessico nuovista (senza il quale, per dire, non sarebbe mai nato nemmeno il populismo rottamatore di Renzi, a sua volta erede del populismo paternalistico di Berlusconi). Non mancarono però le voci profetiche come quelle di Paolo Barnard, fin dall’inizio avverso ai pentastellati: servì loro su un piatto d’argento l’agenda della Modern Money Theory di Warren Mosler per il recupero della sovranità nazionale, ma li vide fuggire atterriti non appena i loro padroni Grillo e Casaleggio mostrarono di non gradire l’idea che qualcuno potesse affrontare davvero i nodi della tragedia economica nazionale. In piccolo, il parmense Federico Pizzarotti – cacciato a pedate – fornì per primo, a sue spese, un bel compendio della democraticità del MoVimento, al di là del mitico “uno vale uno” fischiettato dai ragazzi del coro. E questo, quando ancora non avevano cominciato a deludere nel modo più sfacciato i loro elettori, imboccando il viale del tramonto che li ha portati oggi a diventare gli sparring partner di Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, insieme al loro finto premier osannato dagli anti-italiani di tutta Europa.
-
L’Ultima Fregatura, nuovo film di Renzi nella caverna-Italia
Sarà contento, il travaglismo nazionale, di aver tolto a Salvini le chiavi del governo per riconsegnarle a Renzi. Era il IV secolo avanti Cristo quando Platone inventò il cinema, con il Mito della Caverna: quella disegnata sulla parete non è la realtà, sono solo le ombre proiettate dal fuoco. Il mondo vero, tridimensionale, è là fuori: ad andare in scena nella grotta è un semplice spettacolo. Si può cadere in errore, certo. Dipende anche dal talento del proiezionista. Il Mago di Rignano, ad esempio, ne ha da vendere: superò il 40% dei suffragi dopo aver elargito la mancia degli 80 euro, brillando nell’arte cabarettistica in cui si sarebbe cimentato Di Maio. Poco dopo, nell’estate 2016, dal cinema si passò al teatro: uno spettacolare vertice con la Merkel e Hollande, sul ponte della portaerei Garibaldi al largo di Ventonene, per celebrare la farsa dell’unità europea evocando abusivamente il fantasma di Altiero Spinelli, padre del federalismo europeo del Novecento. Un pretesto altamente scenografico, con una missione illusionistica: spacciare per Europa Unita l’aborto dell’attuale Disunione Europea, di cui l’Italia – da Renzi a Conte – si candida a restare servitrice sottomessa e depredabile.