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Draghi ascolti Ippocrate: dal Covid si guarisce a casa
Ammesso che il Premio Nobel abbia ancora un senso, forse sarebbe il caso di conferirlo a chi ha imparato a guarire i malati di Covid senza neppure ricoverarli in ospedale. In Italia operano 60 medici, volontari: sicuramente si irriterebbero, se qualcuno li chiamasse eroi. Fanno una cosa semplicissima, il loro dovere. In questo mondo affollato di impostori e soprattutto di codardi, loro sfoderano il coraggio elementare di chi non scherzava, quando – all’inizio della carriera – prestò il famoso giuramento nel nome di un medico greco, nato nel V secolo avanti Cristo. E’ da lui – Ippocrate – che la loro associazione prende in prestito il nome, evocandone la missione: stare dalla parte del malato, sempre, ad ogni costo. E in questo caso, che cosa ottengono? Incredibile: la guarigione. Letteralmente: la guarigione del 100% dei malati, curati a casa, con le medicine appropriate. Non è uno scherzo: guariscono proprio tutti. Il mitico Covid, nelle loro mani, diventa un’affezione perfettamente affrontabile. Sono maghi, stregoni, taumaturghi? No: sono medici. Non dispongono certo di superpoteri. Ma sanno una cosa, l’unica che conti: occorre agire subito, scegliendo con sicurezza le medicine da somministrare.E’ addirittura offensiva, la semplicità della soluzione: intervenire entro la prima settimana, e con i farmaci adatti. Risultato: in ospedale non ci finisce più nessuno. Lo dicono le statistiche che premiano i valorosi medici di Ippocrate, veri e propri salvatori di vite umane, in un paese che – dopo un anno – ancora rinchiude la gente agli arresti domiciliari, e ancora intasa gli ospedali di pazienti ormai gravi solo perché trascurati per troppi giorni. E ora annaspa tra gli imprevisti e le incognite di un piano vaccinale che suona innanzitutto stonato, se si propone di immunizzare la popolazione da un virus Rna, mutante per natura e quindi quasi inafferrabile, alla distanza. Ascoltare Mauro Rango, il portavoce di Ippocrate, può far impazzire di rabbia: illustra la più semplice delle soluzioni, finora deliberatamente ignorata. Da tutti: governi, Regioni, virologi di grido. Poche mosse, precise. Primo: visitare il paziente e verificare i sintomi che manifesta. Secondo: somministrare i farmaci giusti (che sono diversi: alcuni per la prima fase della malattia, altri per la seconda, altri ancora per la terza). Farmaci collaudati, sicuri. E che funzionano sempre, sotto controllo medico. E così, la mortalità del Covid si riduce a zero.Non solo: Ippocrate si preoccupa di condividere quanto ha imparato. Ha predisposto un vademecum, destinato ai medici che vogliano imparare. Mostra una casistica-tipo con ben 40 situazioni diverse: per ognuna, la ricetta consigliata. Ancora: se un medico vuole aderire alla rete dei volontari, deve prima sottoporsi a un training assistito. Per una settimana, lavorerà fianco a fianco con i colleghi di Ippocrate: solo allora sarà abilitato a intervenire, a domicilio, per guarire pazienti alle prese con la sindrome Covid. Funziona così: il paziente lancia un Sos via email, e viene contattato dal medico più vicino. Massima collaborazione coi medici di famiglia: Ippocrate fornisce tutte le istruzioni del caso. Missione: guarire il malato, presto e bene, evitando il ricovero in ospedale. Certo, è volontariato: come in Burundi. Solo che non siamo in Africa, ma in Italia. Ed è passato un anno intero – 365 giorni – senza che nessuna autorità politico-sanitaria abbia fatto nulla, per evitare che l’Italia, in questo, continuasse ad assomigliare a un paese del terzo mondo.Sono molti, ormai, i medici che hanno imparato la lezione: qualcosa di analogo (un protocollo per le cure precoci domiciliari, decisive) l’ha prodotto Giuseppe Remuzzi, dell’Istituto Mario Negri di Milano. Finora una sola Regione, il Piemonte, l’ha preso in considerazione: ha predisposto una procedura per le terapie domestiche (con i farmaci adatti) da somministrare con tempestività, proprio per alleggerire la pressione ospedaliera. Ma è Ippocrate a svettare, in questo panorama disarmante: per emergere, ha dovuto implorare una giornalista televisiva, Angela Camuso. La stessa giornalista, a sua volta, ha dovuto supplicare il conduttore (Mario Giordano, di “Rete 4″) per convincerlo a trasmettere il servizio. Semplicemente – come moltissimi colleghi – Giordano non credeva possibile che dal Covid si potesse guarire a casa (o meglio: che le cure precoci, a domicilio, potessero ridurre praticamente a zero il pericolo di finire all’ospedale). Poi, alla fine, Mario Giordano il servizio su Ippocrate l’ha trasmesso. L’altra notizia è che tutti gli altri giornalisti l’hanno ignorato: come se quella soluzione continuasse a non esistere.Domanda: si può seguitare a vivere così, in Italia, nel 2021? E’ possibile ostinarsi a ignorarla, una soluzione tanto semplice? La cronaca è tombale, da un anno: bollettini di guerra, pieni di vittime lasciate a casa senza cure e poi finite all’ospedale troppo tardi. Numeri alla rinfusa: quelli dei tamponi e quelli dei contagiati, che nella stragrande maggioranza sono asintomatici. Sembra ci si diverta, a parlare di “casi”, come se fossero tutte tragedie. Il revival del medioevo dura ormai da 12 mesi: il lockdown – dice il professor Pietro Luigi Garavelli, primario infettivologo a Novara – serve solo per le malattie da contatto, come l’Ebola. Com’è possibile continuare a fingere di non saperlo? Anche sul Covid, com’è giusto, ci sono diverse scuole di pensiero: c’è chi spera che la bufera passi da sola, isolando nel frattempo le persone a costo di fermare la vita sociale e l’economia, e chi invece punterebbe al depotenziamento progressivo del virus, immaginando che proprio il moltiplicarsi dei contagi (raccomandabile, quindi) possa accelerare l’immunità di gregge.Attenzione: Ippocrate non entra nel merito. Non scende sul terreno dell’epidemiologia. Si limite a dire: abbiamo dei malati, e dobbiamo curarli. Possiamo farlo? La risposta è sì. Come? Agendo tempestivamente e con sapienza, cioè con i medicinali idonei, a seconda della fase della malattia. In questo modo – senza neppure sfiorare il tema-vaccini – si ottiene un risultato epocale: se il sistema sanitario pubblico agisse così, gli ospedali potrebbero finalmente tornare a curare in modo adeguato le altre patologie, svuotando i reparti Covid e le terapie intensive. Perché non succede? Perché il governo centrale non si coordina con le Regioni, in questa direzione? Perché ancora non esiste un protocollo nazionale per mettere i sanitari nelle condizioni di curare e guarire i pazienti, a casa? Perché i medici di famiglia non hanno ancora ricevuto istruzioni, su come agire? Perché l’assistenza salva-vita è affidata ai volontari di Ippocrate, anziché alle Asl? Da qualche settimana, a Palazzo Chigi è insediato Mario Draghi, sul quale molti italiani hanno appuntato speranze importanti. Agire nel modo giusto, ormai, è una questione di vita o di morte. Una questione di giustizia. E a questo punto, anche di onore.(Giorgio Cattaneo, “Appello a Draghi: ascolti Ippocrate, che i malati Covid li guarisce a casa”, dal blog del Movimento Roosevelt del 27 marzo 2021. Fonti: il servizio su Ippocrate trasmesso da Mediaset a “Fuori dal coro”, la video-intervista a Mauro Rango realizzata da Massimo Mazzucco, il sito di Ippocrate che funge da centralino per le emergenze domiciliari Covid e il vademecum-Covid realizzato da Ippocrate, destinato ai medici e disponibile online).Ammesso che il Premio Nobel abbia ancora un senso, forse sarebbe il caso di conferirlo a chi ha imparato a guarire i malati di Covid senza neppure ricoverarli in ospedale. In Italia operano 60 medici, volontari: sicuramente si irriterebbero, se qualcuno li chiamasse eroi. Fanno una cosa semplicissima, il loro dovere. In questo mondo affollato di impostori e soprattutto di codardi, loro sfoderano il coraggio elementare di chi non scherzava, quando – all’inizio della carriera – prestò il famoso giuramento nel nome di un medico greco, nato nel V secolo avanti Cristo. E’ da lui – Ippocrate – che la loro associazione prende in prestito il nome, evocandone la missione: stare dalla parte del malato, sempre, ad ogni costo. E in questo caso, che cosa ottengono? Incredibile: la guarigione. Letteralmente: la guarigione del 100% dei malati, curati a casa, con le medicine appropriate. Non è uno scherzo: guariscono proprio tutti. Il mitico Covid, nelle loro mani, diventa un’affezione perfettamente affrontabile. Sono maghi, stregoni, taumaturghi? No: sono medici. Non dispongono certo di superpoteri. Ma sanno una cosa, l’unica che conti: occorre agire subito, scegliendo con sicurezza le medicine da somministrare.
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Negazionisti al potere: oscurano le terapie anti-Covid
“L’opera buffa che l’Europa non ci perdona”, titola Massimo Giannini il 31 gennaio sulla “Stampa”, che l’indomani – con una foto che mostra finalmente gente a spasso per strada (sia pure imbavagliata nelle mascherine) – rilancia l’allarme di Agostino Miozzo, coordinatore del Cts: “Niente assembramenti, o la curva riparte”. Due titoli che, da soli, riassumono il mondo parallelo in cui vivono i grandi media, massimi portavoce della nuova religione basata su due dogmi fasulli eppure intoccabili. Il primo: l’Unione Europea e l’Europa sono la stessa cosa, per cui l’Europa (cioè l’Unione Europea) ha sempre ragione, e l’Italia sempre torto. Il secondo: l’epidemia di coronavirus è realmente apocalittica e inarrestabile, non esistono terapie efficaci per guarire dal Covid; la diffusione dei contagi è un male, l’unico rimedio è la clausura, e la colpa del disastro è da imputare soprattutto ai cittadini. Questo il ragionamento offerto: se gli italiani rimettono il naso fuori di casa, e i contagi riprendono a crescere, l’unica soluzione è richiudere tutto – a oltranza, anche per sempre – mentre il paese nel frattempo crolla. L’altra notizia è che questo mare di falsità continui a circolare, dopo un anno di libertà negate e democrazia sospesa.Il nostro primo nemico sono i media, ha detto Donald Trump nel suo ultimo discorso alla Casa Bianca. Quello di Trump resta un nome divisivo: in tanti considerano ancora una specie di rozzo outsider, un quasi-mascalzone, il presidente sconfitto dal voto postale arrivato fuori tempo massimo, e “aggiustato” col favore delle tenebre dal sistema digitale Dominion. Vent’anni fa, la stessa canzone la cantava un solista come Giulietto Chiesa: da tempo, i grandi media ci raccontano il contrario della verità. Un altro analista controcorrente, Marcello Pamio, ricorda che oggi sono soltanto 4, i grandi gruppi cui fanno capo tutti gli editori e i broadcaster televisivi. Un reporter indipendente del calibro di Franco Fracassi insiste su un punto: un unico gruppo ristrettissimo, composto dalle stesse persone, siede nei consigli di amministrazione delle tre entità finanziarie (BlackRock, Vanguard e State Street) che controllano il pianeta: industria, finanza, grandi banche, multinazionali. Big Tech e Big Web, Big Pharma e Big Money, incluso Big Media.Fin che si scherza, disquisisendo di calcio o di politica, passi; ma che succede, se qualcuno decide che una sindrome influenzale deve fermare il mondo intero? Chi sarebbe così ingenuo da credere che i grandi media potrebbero, anche volendo, uscire dal coro del nuovo credo religioso, che impone la Bibbia dell’Emergenza come unica modalità possibile per affrontare il coronavirus? E’ questo, probabilmente, il “dono” più prezioso del Covid: l’aver messo in luce la gravità del problema, quello vero. E cioè: la costante, tenace, orwelliana sparizione della realtà, in favore di una rappresentazione del tutto virtuale della situazione. Con due soli titoli nella stessa pagina, “La Stampa” mostra i sintomi dello stesso male: la falsa narrazione dell’Europa e la falsa narrazione della “pandemia”. Nel mirino di Massimo Giannini, la “pazza” crisi di governo italiana, innescata da Matteo Renzi e giudicata rovinosamente inopportuna. Com’era iniziata? Contestando il Recovery Plan, cioè il presunto aiuto europeo.Renzi lo ha criticato sia nel merito (una misera bozza, senza idee), sia nel metodo: in prima battuta, Giuseppe Conte avrebbe affidato anche quello, come tutto il resto, a un pugno di tecnici di sua esclusiva fiducia, scavalcando governo e Parlamento, ministri e partiti. Sarebbero in ballo oltre 200 miliardi di euro, si racconta. Ma è vero? Non proprio, precisano esperti come Davide Gionco: arriverebbero al massimo 50 miliardi a fondo perduto, il resto sarebbero solo prestiti da restituire. E cioè: lo Stato italiano, sottoposto all’Ue e all’Eurozona, deve ricorrere a elemosine esterne, non potendo più generare da sé le necessarie risorse, come aveva sempre fatto, da quando ha accettato di sottostare al regime di Bruxelles, il cui paternalismo “patrigno” è smaccato: finora l’Italia ha largamente finanziato l’Unione Europea, più di quanto l’Ue abbia finanziato l’Italia (lo stesso Gionco calcola che il saldo è a nostro sfavore, per un ammontare di oltre 112 miliardi di euro).Non solo: gli aiuti del Recovery Plan – pure “concessi” in un momento in cui, col pretesto del Covid – il feudalesimo imperiale ha elargito una deroga alla spietata austerity del Patto di Stabilità – non sarebbero affatto “gratis”: in cambio, infatti, si chiede all’Italia di adottare le famigerate “riforme strutturali”, inclusa quella delle pensioni, già tentate dall’indimenticabile ticket rappresentato da Mario Monti ed Elsa Fornero. Né c’era da illudersi che lo stesso Matteo Renzi, l’uomo del Jobs Act, trovasse nulla da eccepire, su questo. Figurarsi Massimo Giannini, aureo cantore della Bella Europa, quella che – per definizione – ha sempre ragione, nel maltrattare l’Italia. E chi è Giannini? Quali speciali meriti può vantare, l’ex vicedirettore di “Repubblica” ora passato a dirigere il giornale della famiglia Elkann, che – per inciso, nel silenzio generale – si è comprata anche “Repubblica” e l’intero gruppo “Espresso”, alla faccia del mitico pluralismo dell’editoria, per il quale – decenni or sono – fu scatenata la grande guerra contro Berlusconi?Il signore che spiega ai lettori che la crisi Renzi-Conte è “l’opera buffa che l’Europa non ci perdona” è stipendiato dai signori di Torino che pagano le tasse all’estero, ma un anno fa hanno prontamente ottenuto quasi 7 miliardi di sussidi governativi, anche se la gran parte delle automobili Fiat sono fabbricate, a basso costo, lontano dall’Italia. Non solo: nel silenzio assordante di Landini e degli altri sindacalisti-eroi, Fiat-Fca ha praticamente ceduto il timone ai francesi di Psa, ipotecando di fatto l’archiviazione degli ultimi stabilimenti nazionali, con tutto il loro indotto. Non è finita: gli Elkann stanno cedendo (stavolta ai cinesi, i veri dominatori della crisi Covid) il florido segmento dei veicoli industriali, Iveco e New Holland. Quanto al coronavirus, sempre Fiat-Fca ha ottenuto oltre 100 milioni di euro per fabbricare mascherine. E’ dall’alto di questo pulpito, fatto di fulgida indipendenza e puro giornalismo, che Massimo Giannini ammaestra i lettori de “La Stampa”, spiegando loro che il collasso del Conte-bis – proprio ora, in piena “pandemia” e di fronte all’imperdibile “occasione storica” del Recovery – è davvero inammissibile: è davvero “l’opera buffa che l’Europa non ci perdona”.Poi c’è il fronte interno, quello strettamente sanitario: la religione dei lockdown, del coprifuoco, delle zone rosse. A cosa sono servite, queste misure incostituzionali? A niente, se è vero che – appena si allenta la morsa, nella stagione fredda – il coronavirus riprende a galoppare. Esistono, le terapie per neutralizzarlo? Sì, ma Giannini e colleghi – tutti quanti, o quasi – non ne parlano mai. Molti medici pare che non le conoscano neppure: ufficialmente, nessuno li ha ancora informati. Dopo un anno di ricoveri (e decine di migliaia di morti) il protocollo non è cambiato: lasciare i pazienti a casa, in attesa che si aggravino, somministrando solo l’inutile Tachipirina. Uno scandalo? Di più: una strage colposa. Secondo i sanitari recentemente interpellati da “Fuori dal coro”, su “Rete 4″, in una rara finestra-verità concessa dal mainstream media, si sarebbero potuti evitare anche 50.000 decessi, se solo fosse stato adottato in modo tempestivo e sistematico un protocollo nazionale, univoco, per curare i pazienti – da casa – ai primi sintomi. Con che farmaci? Quelli che notoriamente guariscono dal Covid: idrossiclorochina ed eparina.La notizia è gigantesca, oltraggiosa e schiacciante: ma viene regolarmente occultata. Uno dei medici che vantano il 100% di successi – uno dei tanti, il dottor Mariano Amici di Roma – è stato letteralmente massacrato da tale Corrado Formigli, su “La7″, con il contributo del viceministro Sileri e di una donna, l’influencer Selvaggia Lucarelli, non si capisce a quale titolo invitata in trasmissione per smentire medici. Come si permette, il dottor Amici, di dire che i suoi pazienti guariscono senza neppure essere ricoverati? Non sarebbe il caso di far intervenire l’Ordine dei Medici – propone l’inquietante Formigli – per punire in modo esemplare un dottore che si vanta di guarire i malati con dei semplici antinfiammatori? Analogo linciaggio a “Rai1″, nel salotto di Maria Venier, dove è stato letteralmente insolentito l’attore Kabir Bedi. La sua colpa? Aver ricordato che, se in un paese come l’India (arretrato e densamente popolato) la mortalità è un terzo di quella italiana, è per via delle misure di prevenzione saggiamente adottate: tante vitamine, anziché i disastrosi lockdown.Chiaro: se i giornalisti avessero fatto il loro dovere (informare il pubblico), oggi la maggioranza degli italiani saprebbe che a fare miracoli sono una dieta equilibrata, uno stile di vita salutare (moto all’aria aperta) e l’assunzione delle vitamine C e D3. Se si contrae il contagio, si resta spesso asintomatici e non infettivi. Se poi si innesca il Covid, esistono normali terapie per guarire in pochi giorni, a patto che le cure inizino subito. Se invece si attende, “friggendo nella febbre”, poi non resta che l’ospedale. Ma a quel punto, dicono i tanti medici italiani dell’associazione “Ippocrate”, potrebbe essere troppo tardi: perché il Covid, se trascurato, può innescare complicanze anche letali, specie negli anziani e nei soggetti già afflitti da gravi malattie. Queste sono le verità offerte dai medici in prima linea, e che politica e media continuano a rifiutare. Davvero la cattiva politica (supportata dal sistema media) avrebbe provocato 50.000 morti in più? Se così fosse, saremmo di fronte a una strage storica, che non potrebbe non essere sanzionata, un giorno, per via giudiziaria.Eppure, il minestrone medatico non accenna a migliorare. La tesi (falsa) secondo cui non esistono cure efficaci è l’arma con cui ancora si dispongono i lockdown, devastando l’economia e la società, inclusa la salute (fisica e psichica) degli italiani, obbedendo peraltro a un oscuro ordine di scuderia, emanato da una regia mondiale. Vi si opponeva Trump, ma è stato disarcionato. L’India viene ridicolizzata. L’altro avversario della Religione della Paura, il russo Putin, viene quotidiamente criminalizzato a reti unificate. Se non altro, gli eccessi sfrontati del nuovo regime (sanitario, politico e mediatico) mettono in luce la frode, sempre più evidente: se dico che non esistono cure, ho la scusa per tenere la gente in casa e per vendere l’unico prodotto che mi interessa piazzare, i vaccini, a prescindere dalla loro efficacia e dalla loro sicurezza. Se invece emerge che dal Covid si può guarire senza neppure finire all’ospedale, addio: non ha più senso niente. L’emergenza infinita, il distanziamento, il coprifuoco e le zone rosse, i vaccini: tutto diventa insensato, se so che posso curare i pazienti in una settimana, lasciandoli a casa.Dov’è il problema? Ce l’abbiamo di fronte, e ha tanti nomi: Giuseppe Conte e Massimo Giannini, Mara Venier, Selvaggia Lucarelli, Corrado Formigli e tutti gli altri, inclusi gli inguardabili virologi televisivi. Decine di migliaia di medici, in tutto il mondo, hanno aderito alla Dichiarazione di Great Barrington, promossa dai massimi epidemiologi – quelli veri – che hanno affrontato l’Ebola. Dicono: lockdown e distanziamento sono un rimedio peggiore del male, perché ritardano la soluzione. Che è semplice: fare in mondo che si contagino tutti, tranne gli anziani malati (quelli sì, da tenere in isolamento), dando modo al virus di mutare e adattarsi al nostro organismo, fino a diventare innocuo. Ci si può ammalare? Sì, certo: bisogna essere vigili. Ma le cure esistono: basta conoscerle (e farle conoscere, finalmente, senza più ostacolarle). I medici eroici come quelli di “Ippocrate” sopperiscono alla colpevole latitanza dello Stato: curano le persone gratis, a casa. Basta chiamarli, e arrivano. Il fatto che ancora oggi sembrino una rete clandestina la dice lunga, sulla “dittatura” che si è insediata, utilizzando il terrorismo sanitario.Riuscirà la catastrofe-Covid a far rinsavire chi ha perso il senno, e continua a vivere nella paura come se fossimo davanti alla peste bubbonica? L’ottuso accenderà il cervello e smetterà di chiamare “negazionista” chi diffida della versione ufficiale regolarmente propinata al popolo bue? Si deciderà a smettere di comprare i giornali come quello di Giannini, e a spegnere la televisione dei non-giornalisti alla Formigli? Farà finalmente lo sforzo di informarsi, ascoltando le voci delle migliaia di persone guarite (a casa) perché curate tempestivamente, coi farmaci giusti e dai medici giusti, quelli che i giornali e la televisione vorrebbero cancellare, esattamente come i dittatori cancellano le voci libere? Oppure crederà ancora che sia un problema, il cosiddetto “assembramento” dei reclusi che si godono l’ora d’aria? Crederà ancora al potere salvifico della mascherina indossata all’aperto?L’altro grande lascito del disastro-Covid è la divisione in due dell’umanità: da una parte gli ottenebrati, i pigri, gli egoisti impauriti; dall’altra i cittadini che hanno aperto gli occhi, scoprendo – tra l’altro – di non essere affatto in buona compagnia, in mezzo a pecore pericolsamente pronte a subire (e far subire) ogni vessazione, incluso il pass vaccinale come precondizione per lavorare e viaggiare, grazie all’alibi di una terribile malattia curabile da casa in pochi giorni. L’attraversamento del guado è appena cominciato: la Svizzera annuncia il primo referendum al mondo contro i lockdown, mentre la Germania appronta lager speciali per renitenti alle misure disposte dalla polizia sanitaria. Di fronte al dilagare di notizie imbarazzanti, come i contagi a valanga che esplodono nelle Rsa dove è stato somministrato il vaccino Pfizer, i media non si smentiscono: tacciono, oppure si dicono certi che non vi sia correlazione, tra l’arrivo del vaccino e quello del Covid, in case per anziani dove fino al giorno prima il contagio non esisteva.L’Italia brilla: è il peggior paese al mondo, di fronte al coronavirus, mettendo insieme i suoi record (numero di vittime e disastro economico). Nessuno, sul pianeta, ha fatto peggio di noi. Merito di Giuseppe Conte e del suo commissario, Domenico Arcuri, che per i padiglioni vaccinali nelle piazze ha scelto quelli da 459.000 euro, scartando padiglioni (analoghi) che costavano solo 70.000 euro. Indagare Arcuri? Ci sta pensando la Corte dei Conti, che ha aperto 7 procedimenti sulle spese pazze del commissario. Che però se la ride: il decreto “Cura Italia”, varato da Conte, all’articolo 122, comma 8, prevede lo “scudo penale per il commissario”, perché “ha dovuto agire in emergenza”. E il paese di Conte, di Renzi e di Arcuri oggi si strugge per i rischi dell’affollamento al Festival di Sanremo. Organizzarlo senza il pubblico? «Volendo anche senza i cantanti, per il bene della musica», chiosa Sgarbi con una battuta, in un mondo dove tutto è diventato clandestino: le notizie, drenate dall’inaudito Ministero della Verità istituito da “Giuseppi”, e le stesse terapie che riducono il Covid, se curato senza indugi, a una normalissima malattia da cui uscire indenni in una manciata di giorni. Ma guai a dirlo: se lo si ammette, il business dell’emergenza è finito.“L’opera buffa che l’Europa non ci perdona”, titola Massimo Giannini il 31 gennaio sulla “Stampa”, che l’indomani – con una foto che mostra finalmente gente a spasso per strada (sia pure imbavagliata nelle mascherine) – rilancia l’allarme di Agostino Miozzo, coordinatore del Cts: “Niente assembramenti, o la curva riparte”. Due titoli che, da soli, riassumono il mondo parallelo in cui vivono i grandi media, massimi portavoce della nuova religione basata su due dogmi fasulli eppure intoccabili. Il primo: l’Unione Europea e l’Europa sono la stessa cosa, per cui l’Europa (cioè l’Unione Europea) ha sempre ragione, e l’Italia sempre torto. Il secondo: l’epidemia di coronavirus è realmente apocalittica e inarrestabile, non esistono terapie efficaci per guarire dal Covid; la diffusione dei contagi è un male, l’unico rimedio è la clausura, e la colpa del disastro è da imputare soprattutto ai cittadini. Questo il ragionamento offerto: se gli italiani rimettono il naso fuori di casa, e i contagi riprendono a crescere, l’unica soluzione è richiudere tutto – a oltranza, anche per sempre – mentre il paese nel frattempo crolla. L’altra notizia è che questo mare di falsità continui a circolare, dopo un anno di libertà negate e democrazia sospesa.
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Medici: cure ignorate e tardive, ed ecco la strage Covid
«Dare la Tachipirina a casa, restando “in vigilante attesa”, è una follia. Noi potremmo avere gli ospedali vuoti, e non avremmo un bollettino con tutti questi morti. Sono più di 70.000. Diciamo che magari, all’inizio, non sapevamo come agire. Ma almeno 50.000, di questi 70.000 decessi, li potevamo evitare». Parola di medico: a esprimersi così è il dottor Andrea Stramezzi, medico volontario Covid a Milano. Lo ha intervistato Angela Camuso, in un servizio giornalistico per la puntata del 20 gennaio di “Fuori dal coro”, trasmissione condotta da Mario Giordano su “Rete 4″. Una pagina esemplare di giornalismo, attorno a una notizia sconcertante: si può morire di Covid se è anziani e già affetti da altre patologie. Ma si muore soprattutto perché ormai è tardi, perché nessuno è intervento tempestivamente – a casa – nelle prime fasi della malattia. Preso per tempo, il Covid fa meno paura: guariscono praticamente tutti, anche i più vecchi. Basta usare i farmaci giusti: che esistono, ma sono medicinali-fantasma. Il governo Conte non ha pensato di inserirli in un protocollo da far applicare in modo metodico, sistematico. Se lo si fosse fatto, dicono i medici, non avremmo avuto nessuna catastrofe. Nessuna strage, nessuna emergenza nazionale.L’Italia, premette Angela Camuso, ha il tasso di letalità da Covid più alto d’Europa: il 3,5%. Siamo tra i peggiori al mondo. Imbarazzante: peggio di noi solo Messico e Iran, oltre al Regno Unito. In Spagna, la mortalità è al 2,7, come anche in paesi molto meno dotati di strutture sanitarie, come Argentina e Brasile. Francia, Romania e Ungheria sono al 2,4%. Negli Stati Uniti si è messo in croce Trump per le sue indecisioni su come affrontare l’emergenza, ma il tasso di letalità statunitense è sotto il 2%. La Russia dichiara un tasso dell’1,7%, la Germania dell’1,6. Meglio ancora l’India, col suo 1,5%: un terzo, rispetto al disastro italiano (prendendo per buoni, ovviamente, i dati ufficiali che classificano alla voce Covid un numero elevatissimo di decessi). «Centinaia di medici – racconta la giornalista di “Fuori dal coro” – hanno scoperto che la ragione principale di questa ecatombe è che gli ammalati restano a casa senza cure per giorni e giorni, finché le loro condizioni sono così gravi da imporre il ricovero: il guaio è che, spesso, finiscono in ospedale quando ormai è troppo tardi».Chiarisce Andrea Mangiagalli, medico di base a Milano: «Questa è un’influenza molto più complicata delle altre, ma pur sempre una malattia influenzale virale, come quelle che personalmente curo da trent’anni. I miei pazienti li ho curati già nella prima fase, nessuno è stato ricoverato: e sono tutti vivi». Conferma il dottor Umberto Rossi, pneumologo di Livorno: «Se si interviene per tempo con i farmaci giusti nelle prime fasi, tutti (o quasi tutti) guariscono». Gli fa eco la collega livornese Tiziana Felice, anestesista: a salvare vite umane «sono banalissimi farmaci del nostro prontuario medico, che usiamo da anni». Farmaci di cui, però, nessuno parla. Lo afferma il dottor Riccardo Szumski, medico di base a Treviso: «Il dramma è che le autorità sanitarie negano questa possibilità: non la diffondono». Nessun tam-tam ufficiale, istituzionale, sui farmaci salva-vita. «L’indicazione nazionale dell’Aifa è stata “Tachipirina e aspettare”. Ma aspettando si finisce molto male», sottolinea Szumski. E’ ormai accertato: «Nell’arco di 10 giorni, questa malattia può fare un disastro», ribadisce il dottor Mangiagalli. E’ essenziale intervenire subito, e coi protocolli di cura appropriati: che ancora non vengono diffusi presso tutti i medici italiani.«Il paziente Covid ha diritto a essere visitato, come chiunque altro», protesta la dottoressa Tiziana Felice: «La persona va curata: non è che può essere abbandonata al suo destino». Da nord a sud, conferma Angela Camuso, l’abbandono dei malati nella prima fase della malattia è registrato in tutta la penisola. «Con mio grande rammarico, vedo che a essere trasportate in ospedale sono tutte persone che erano state lasciate a casa, senza una terapia adeguata», denuncia un medico del 118 che lavora in provincia di Biella. E tra la casa del paziente e l’ospedale, dice la dottoressa Felice, dopo un anno di emergenza contina a esserci «una terra di nessuno», in cui si aspetta inutilmente (senza cure) per poi finire in reparto quando ormai, in molti casi, è troppo tardi. «Se tutti continuano a pensare che la malattia si possa “curare” solo in ospedale, non ne verremo fuori più», si allarma il dottor Mangiagalli.Curare il Covid? Si può fare, e con ottimi risultati: basta agire per tempo, e con i medicinali giusti. A quel punto, spesso guarisce anche chi – per l’età avanzata e la presenza di altre malattie, anche gravi – non è esattamente in buona salute. «Io ho curato quasi 200 pazienti, per lo più anziani: anche oltre gli 80 anni, e persino oltre i 90», dice da Milano il dottor Andrea Stramezzi: «Molti hanno co-patologie. Decessi, però, nemmeno uno. Ho trattato persino pazienti con due tumori compresenti, e persino metastasi polmonari». Solo nella cosiddetta “seconda ondata”, a Treviso, il dottor Szumski sta curando 150 persone. Bilancio: «Ho 5 ricoverati e zero decessi». Sottolinea il medico: «Questa non è un’esperienza solo mia, è di moltissimi altri colleghi. Siamo entrati in collegamento, in tutta Italia, e stiamo cercando di intervenire». Essendo latitante lo Stato, a cominciare dal ministero della sanità, a rimboccarsi le maniche sono i medici in prima linea, ospedialieri e terroriali. Si sono organizzati nell’ambito di associazioni mediche come “Ippocrate”, che offrono assistenza domiciliare gratuita ai malati di Covid. Loro sì, hanno messo a punto «un vero e proprio protocollo per le cure precoci».«E se i risultati dalla nosta esperienza sul campo sono ottimi – si domanda lo stesso Szumski – perché non dare delle indicazioni precise?». Inutile aspettare il governo: «Dobbiamo tutti darci una svegliata». Ricapitolando: le cure esistono, ma non ci sono linee-guida. I medici sono abbandonati a se stessi, più o meno come i malati alle prese coi primi sintomi. Certo, «la prima fase della malattia ha sopreso tutti, noi compresi», ammette il dottor Andrea Mangiagalli. «Poi però ci siamo dati da fare, in modo totalmente autonomo, per capire come si poteva intervenire per evitare che i malati finissero in ospedale». Il problema, ricorda il medico, è che questa malattia che ha delle fasi che si susseguono in tempi piuttosto rapidi. Dunque, «bisogna stare molto attenti, perché le condizioni di alcuni pazienti (non tutti: quelli che hanno qualche patologia preesistente) possono evolvere in tempi molto rapidi». La soluzione non può essere quella prospettata dalle autorità sanitarie. Limitarsi ad aspettare, somministrando solo Tachipirina? «Noi non abbiamo mai seguito questa tattica, per curare nessuna malattia».Insiste il dottor Mangiagalli: «Se a un paziente con dolore cardiaco dicessimo “prendi l’Aspirina e aspetta, poi vedi come va”, probabilmente poi finiremmo in galera». All’inizio del 2020, è vero, il Covid aveva spiazzato tutti. Ma il disorientamento è durato solo qualche settimana: «Già dopo il primo mese, ci siamo resi conto che non si poteva più fare così». Andrea Mangiagalli ricorda una data, il 27 marzo. «Quel giorno abbiamo deciso che avremmo iniziato a curarli, i pazienti, anziché lasciarli a casa a “friggere” nella loro febbre. Lo abbiamo deciso nel giro di nemmeno un mese, dopo aver visto che i pazienti ricoverati con l’ambulanza non tornavano più a casa». Nessun mistero, sulle guarigioni: «Abbiamo farmaci assolutamente disponibili in tutto il mondo, in tutte le farmacie. Sono principi che usiamo bene, alcuni usati da trent’anni: come l’idrossiclorochina, che abbiamo utilizzato (funziona, anche se è stata raccontata come un farmaco che uccide: e invece a uccidere è il Covid). Abbiamo utilizzato l’eparina come anticoagulante, perché questa è una malattia che ha una fase trombotica molto pericolosa e spesso asintomatica. E abbiamo usato anche gli antibiotici».Però non esistono linee-guida: ci sono i farmaci, ma non le istruzioni su come usarli – distribuite in modo sollecito e uniforme a tutti i medici d’Italia. «Le ultime indicazioni pubblicate – dice ancora Mangiagalli – parlano solo di “vigile attesa”, misurazione della saturazione e controllo della temperatura. Una modalità assolutamente attendistica, che non è propria della medicina generale, e neppure della medicina in senso assoluto». Parole pesanti come una condanna, nel paese dove il ministro della sanità Roberto Speranza perdeva tempo a scrivere libri, nell’estate 2020, anziché ascoltare i medici che guariscono e quindi convocare le Regioni perché diramassero ai sanitari, attraverso le Asl, il protocollo che insegna a traformare il Covid in una malattia facilmente curabile. «Tutti i pazienti che abbiamo trattato a casa sono guariti», conclude Mangiagalli. «Quei pochi che sono transitati dall’ospedale ci sono rimasti per pochissimi giorni, e non ne è morto nessuno. E non solo i miei: ormai sono migliaia, in Italia, i pazienti trattati e guariti così».«Dare la Tachipirina a casa, restando “in vigilante attesa”, è una follia. Noi potremmo avere gli ospedali vuoti, e non avremmo un bollettino con tutti questi morti. Sono più di 70.000. Diciamo che magari, all’inizio, non sapevamo come agire. Ma almeno 50.000, di questi 70.000 decessi, li potevamo evitare». Parola di medico: a esprimersi così è il dottor Andrea Stramezzi, medico volontario Covid a Milano. Lo ha intervistato Angela Camuso, in un servizio giornalistico per la puntata del 20 gennaio di “Fuori dal coro“, trasmissione condotta da Mario Giordano su “Rete 4″. Una pagina esemplare di giornalismo, attorno a una notizia sconcertante: si può morire di Covid se si è anziani e già affetti da altre patologie. Ma si muore soprattutto perché ormai è tardi, perché nessuno è intervento tempestivamente – a casa – nelle prime fasi della malattia. Preso per tempo, il Covid fa meno paura: guariscono praticamente tutti, anche i più vecchi. Basta usare i farmaci giusti: che esistono, ma sono medicinali-fantasma. Il governo Conte non ha pensato di inserirli in un protocollo da far applicare in modo metodico, sistematico. Se lo si fosse fatto, dicono i medici, non avremmo avuto nessuna catastrofe. Nessuna strage, nessuna emergenza nazionale.
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Black Dance Matter, Paolo Mosca: niente è come sembra
Ricordate Jeffrey Epstein, il potenziale ricattatore più famoso del mondo tramite le sue festicciole per vip sull’isola delle baby-schiave? Be’, non si è affatto suicidato, dopo l’arresto. L’hanno ucciso in cella o è stata solo una messinscena? Dunque il tizio non è mai morto? E’ detenuto da qualche parte e ora sta vuotando il sacco? Lo si potrebbe dedurre da tanti segni. Per esempio, la follia collettiva pre-elettorale chiamata Black Lives Matters: sarebbe meglio ribattezzarla “Black Dance Matters”, se è vero che negli Usa ormai in preda al delirio di massa questa “danza” a colpi di scontri con la polizia sta tirando la volata al Raccapricciante Joe (Biden) contro l’ologramma mediatico del male (Trump L’oeil). In tutto questo, ci si domanda dove sia finita Killary (Clinton), e cosa c’entri la dama più nera d’America con la guerra civile a rovescio scatenata dalle bande che agitano Martello e Falce (riedizione capovolta di “falce e martello”), in un mondo ultra-distopico in cui tutto è rovesciato, a gambe all’aria, cominciando dalla verità. Un incubo, in cui affiora l’esorbitante leggenda dei giustizieri di Q-Anon, e dove chi sogna di poter sfogliare finalmente il Diario della Luce potrebbe considerare L’Opzione di Sansone, la rivolta.“Up patriots to arms”, cantava Battiato nel 1980, profetizzando il peggio dopo aver avvistato pericolose crepe nel nostro modo di vivere e sentire. Oggi, a distanza di quattro decenni, l’apocalisse finalmente è arrivata tra noi: ormai ci siamo, la pazzia è esplosa e ci sta invadendo come un virus dall’origine tuttora oscura. A denunciarlo – sempre in musica – è un altro italiano, Paolo Mosca: milanese, classe 1974. Autore televisivo, scrittore e regista. “Rockit” ricorda le sue «brevi ma intense avventure con Castadiva», una band “indie” che fece parlare di sé vent’anni fa. «Un disco pubblicato con Venus (ormai introvabile), un album inedito di cui girò solo un singolo, date live, ospitate tra radio e Tv, i videoclip girati con Elisabetta Sgarbi e poi, all’improvviso, la scomparsa dai radar». Nel 2018, Paolo Mosca è tornato: l’ha fatto con il “moniker” Second Elliptic Eye, per firmare il disco “Non amarmi senza dirmelo”, interfaccia musical-teatrale del romanzo “La mantide religiosa”, pubblicato da Eclissi nel 2015. Ed è sempre con la sigla Second Elliptic Eye che oggi Mosca presenta su Spotify le dieci tracce di “Black Dance Matters”, dove – intercalando l’inquietante tappeto sonoro elettronico – a parlare in modo inequivocabile è la micidiale sequenza dei titoli dei brani.Avviso ai naviganti: siamo entrati in acque pericolosamente inaudite, dove «black is the color and none is the number», come cantava il profetico Dylan di “A Hard Rain’s a-gonna Fall”. Che c’azzecca, il Vate di Duluth premiato col Nobel? Sempre lui, Paolo Mosca, ha fornito su YouTube una splendida traduzione del monumentale “Murder Must Foul”, l’epico brano-denuncia in cui Dylan, a fine marzo, ha sparato “worldwide”, sul web, la sua versione dei fatti: il dramma nel quale siamo sprofondati nel 2020 risalirebbe a un tumore esploso mezzo secolo prima, nell’agguato di Dallas in cui un certo Deep State assassinò John Kennedy. «La stessa élite massonica contro-iniziatica ha poi organizzato il golpe in Cile per insediare il neoliberismo al potere, quindi ha progettato una globalizzazione-canaglia di cui alla Cina è stato affidato il ruolo di locomotiva». Potente suggestione: trionfi economici, ma senza democrazia. «Di mezzo c’è stata la drammatica accelerazione imposta dal terrorismo “islamico”, altra creazione delle stesse menti raffinatissime che oggi sovragestiscono l’emergenza planetaria chiamata Covid».Ad affermarlo non è un complottista, ma il massone progressista Gioele Magaldi, autore nel 2014 del bestseller “Massoni” che svela il ruolo occulto, nel potere mondiale, di una quarantina di superlogge sovranazionali quasi onnipotenti. «La stessa uscita di Dylan, a sua volta massone progressista come il figlio di Bob Kennedy intervenuto a Berlino, testimonia la guerra in corso: l’ala democratica sta combattendo contro la fazione dominante, oligarchica, che cerca di imporci il “terrorismo sanitario” e, negli Usa, utilizza sigle come Antifa per liberarsi di Trump, presidente eletto nel 2016 in modo inaspettato, e dunque tuttora temutissimo perché non sottoposto al controllo di quell’élite». Il ponte tra Gioele Magaldi e Paolo Mosca si chiama Movimento Roosevelt, entità meta-partitica fondata cinque anni fa per tentare di svegliare la politica dormiente. Un libero cantiere di idee, al quale Mosca ha dato un contributo determinante. Se però indossa i panni del creativo puro, utilizzando l’etichetta Second Elliptic Eye, si prende giustamente una bella dose di licenze poetiche. «Il disco – racconta – l’ho creato con mia figlia Diana: il titolo “Diario della luce” è stata una sua idea, è l’unico titolo in italiano e chiude il disco guardando oltre».Il suo non è un sermone politico: è il passo (danzante, appunto) di chi decide di surfare sulla musica, e soprattutto sulle parole, per parlare dal profondo, per immagini e visioni, animando un teatro di specchi in cui riflettere l’orrore postmoderno dei nostri giorni tramortiti dai Dpcm, dai replicanti orwelliani dei telegiornali e, certo, dai lampi della guerra politica (non solo incruenta, purtroppo) che sta incendiando gli Stati Uniti. “Black Dance”, spiega lo stesso Paolo, è il secondo progetto “pop” di Second Elliptic Eye. «Il primo disco, “Non amarmi senza dirmelo”, era sfacciatamente cantautorale. Qui si vira verso un genere dance-punk». L’idea, aggiunge, è quella di «fotografare il presente attraverso la musica». Il che, oggi, significa innanzitutto «rappresentare la danza nera che ci avvolge tra pandemie reali o presunte, mass media che dicono tutto e tutto il contrario, fake news vere e notizie accreditate come vere pur essendo fintissime». Nemmeno della scienza, aggiunge Paolo, ci si può più fidare: «L’esattezza che la dovrebbe contraddistinguere è travolta dai divulgatori scientifici che fanno la gara a spararla grossa».Quanto alla sequenza musicale di “Black Dance Matter”, va premesso che l’ascolto è ipnotico. «I brani sono dieci, e vogliono rappresentare 10 nodi che stanno disegnando il prossimo futuro», spiega l’autore: «Chi li ascolta per bene noterà dei riferimenti chiari a quello che sta accadendo». Alcuni esempi: «Nel brano “Trump (l’oeil)” giochiamo con il “trompe l’oeil”, cioè con l’effetto che inganna l’occhio». Non a caso: «Trump è un maestro nell’apparire ciò che non è, e qui lo vogliamo omaggiare. La musica infatti si rincorre melodicamente, cambiando di continuo sequenza come per non farsi afferrare». Da The Donald al suo avversario, il “raccapriccante” Biden: «In “Creepy Joe” a un certo punto si sente qualcuno annusare, vizio noto del candidato alla presidenza». Il titolo di un altro brano, “Hammer and Sickle”, evoca le sanguinose rivolte inscenate da Antifa, sotto bandiere in cui compaiono falce e martello. «Qui il ritmo ricorda una polka, ma con influenze country», sottolinea Paolo Mosca. Traduzione: «Il futuro degli Stati Uniti è comunista, o, ancor meglio, cinese?».«A leggere quanto emerge dalle mail ritrovate di Hunter Biden sembra proprio che ci sia questa possibilità», aggiunge l’autore, riferendosi alle prove che stanno emergendo, sui finanziamenti occulti che la famiglia Biden avrebbe incamerato da influenti sponsor cinesi. Certo salta agli occhi un altro dettaglio: il carattere marcatamente squadristico – più nero che rosso – che emerge dall’estetica di Antifa, che anche emotivamente capovolge qualsiasi riferimento alla tradizione antifascista, cioè essenzialmente democratica. Archiviate le imprese dei devastatori anti-Trump e le malefatte della famiglia Biden, Paolo Mosca rispolvera l’epica biblica: ecco “The Samson Option”, che si apre con suoni apocalittici, visto che «Sansone moriva distruggendo il tempio con tutti i filistei». Poi però il tono cambia: «La musica diventa ballabile e vagamente mediorientale». Messaggio: «Quanto sono disposti a portarci a fondo e quanto saranno in grado di indorarci pillole e vaccini?». Per ora, Paolo si ferma qui: «Il resto lascio che lo scoprano da soli gli ascoltatori, se no che gusto c’è?».Paolo Mosca ha esordito come autore televisivo alla fine degli anni ‘90. Ha collaborato con Rai e Mediaset, Mtv e Sky. Ha scritto per “L’isola dei famosi”, “Domenica Live”, “X Factor”, “Fuori dal coro”. Insieme alla sorella di Vittorio Sgarbi, Elisabetta, ha realizzato un bel po’ di film d’arte: tanti i protagonisti, da Hanif Kureishi a Morgan, da Manlio Sgalambro a Nicola Arigliano. Nel 2009, Bompiani gli ha pubblicato il suo primo saggio dedicato all’universo televisivo (”Reality. Dal Grande fratello all’Isola dei famosi”), seguito qualche anno dopo dal romanzo “La mantide religiosa”. Il suo blog, “Mosquicide”, è uno straordinario punto di osservazione: monitora il mondo in cui oggi la fiction assorbe le inquietudini del mondo reale. Un lavoro riassunto in modo magistrale nel volume “Passeggeri oscuri”, uscito due anni fa con un messaggio importante: le nuove serie Tv, oggi distribuite sul web, possiedono le chiavi del futuro (le rivelazioni anticipatrici un tempo affidate alla fantascienza dei kolossal che riempivano i cinema). Come dire: i “veggenti” non sono scomparsi, tutt’altro. Si sono semplicemente adattati al nuovo mezzo, per lanciare i loro avvertimenti. Il tema è sempre lo stesso: quello che sta per succederci, e perché.“Black Dance Matters” è solo l’ultima sfida di Paolo Mosca, originalissimo battitore libero capace di interagire perfettamente anche con il mainstream. Questione di cultura, passione, sensibilità e intelligenza intuitiva, adatta a maneggiare benissimo anche l’universo dei codici cifrati. Tra i suoi “maestri” c’è sicuramente anche il simbologo Gianfranco Carpeoro, che nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo” svela i retroscena (non certo islamici) degli attentati targati Isis in Europa. Quanto è breve il passo che separa i jihadisti eterodiretti dai miliziani della “danza nera” che ha devastato l’America, nei giorni del Covid? Saranno le prossime ore, cioè le ultime battute della campagna elettorale per le presidenziali americane, a svelarci qualcosa di decisivo sulla sovragestione in atto, grazie a cui niente è come sembra e nessuno è quello che dice di essere? «I prossimi 15 giorni saranno decisivi: non solo per il futuro degli Stati Uniti, ma per il futuro di tutto il pianeta», ammette Paolo Mosca. «Credo che mai le elezioni americane abbiano avuto questa portata storica. Ad ogni modo, comunque vada – chiosa, con un sorriso – la luce splenderà sempre».Ricordate Jeffrey Epstein, il potenziale ricattatore più famoso del mondo tramite le sue festicciole per vip sull’isola delle baby-schiave? Be’, non si è affatto suicidato, dopo l’arresto. L’hanno ucciso in cella o è stata solo una messinscena? Dunque il tizio non è mai morto? E’ detenuto da qualche parte e ora sta vuotando il sacco? Lo si potrebbe dedurre da tanti segni. Per esempio, la follia collettiva pre-elettorale chiamata Black Lives Matter: sarebbe meglio ribattezzarla “Black Dance Matter”, se è vero che negli Usa ormai in preda al delirio di massa questa “danza” a colpi di scontri con la polizia sta tirando la volata al Raccapricciante Joe (Biden) contro l’ologramma mediatico del male (Trump L’oeil). In tutto questo, ci si domanda dove sia finita Killary (Clinton), e cosa c’entri la dama più nera d’America con la guerra civile a rovescio scatenata dalle bande che agitano Martello e Falce (riedizione capovolta di “falce e martello”), in un mondo ultra-distopico in cui tutto è rovesciato, a gambe all’aria, cominciando dalla verità. Un incubo, in cui affiora l’esorbitante leggenda dei giustizieri di Q-Anon, e dove chi sogna di poter sfogliare finalmente il Diario della Luce potrebbe considerare L’Opzione di Sansone, la rivolta.
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Magaldi: fango sulla Marogna, vogliono ucciderla in carcere
Vogliono “suicidare” in carcere Cecilia Marogna, dopo che la stampa nazionale l’ha dipinta a reti unificate come fatua e disonesta millantatrice. Vero obiettivo: minacciare l’ex capo dei nostri 007 (ora presidente di Leonardo), in modo che taccia sull’infame business dei rapimenti e delle lucrose liberazioni degli ostaggi italiani in Africa. Lo afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente del circuito massonico progressista internazionale. Forte di solide relazioni coi servizi segreti, italiani e non solo, Magaldi denuncia «la squallida montatura (giudiziaria e mediatica) che ha colpito la donna arrestata a Milano, che in realtà aveva scoperto come riscattare con poca spesa padre Pierluigi Maccalli, sequestrato in Mali, per la cui liberazione invece sono stati appena spesi 10 milioni di euro». L’improvviso arresto della Marogna, diffamata come “la dama del cardinale Becciu”, per Magaldi è un avvertimento di stampo mafioso rivolto al generale Luciano Carta, di cui la Marogna è stata strettissima collaboratrice. Obiettivo: indurre l’ex direttore dell’Aise a non rivelare nulla sulla verminosa speculazione che si organizza regolarmente dilatando i tempi di rilascio degli ostaggi, allo scopo di aumentare il prezzo del riscatto.«In questa operazione i veri bersagli sono tanti: nel mirino c’è anche Papa Francesco, che aveva nominato il cardinale Giovanni Angelo Becciu come “numero due” della Segreteria di Stato vaticana. Ma quello più grosso – assicura Magaldi – è costituito da un’impresa prestigiosa come Leonardo SpA, punta di lancia dell’hi-tech italiano nel mondo e, ormai, unico soggetto in grado di svolgere un po’ di politica estera per conto del nostro paese, vista l’assenza di ministri all’altezza (e anzi, la presenza alla Farnesina di emeriti imbecilli)». Il presidente roosvetiano lancia quindi un’accusa gravissima: dietro al «polverone mediatico-giudiziario» scatenato contro Cecilia Marogna, valente operatrice collegata all’intelligence italiana e vaticana (presentata invece come un’avventuriera dalle mani bucate) c’è un preciso avvertimento, di stampo intimidatorio, rivolto proprio al generale Luciano Carta, passato dall’Aise a Leonardo: guai, se si lascia scappare qualcosa riguardo al lucroso business che ruota attorno agli italiani rapiti in Africa. «Funziona così: rapitori e liberatori si mettono d’accordo sulla durata del sequestro, in modo da far lievitare la cifra pattuita per il loro rilascio».Magaldi è lettaralmente furibondo con il sistema mediatico italiano: il 13 ottobre, la trasmissione “Fuori dal coro” (Rete 4) non ha mandato in onda una sua intervista, in cui chiariva i retroscena inconfessabili dell’arresto di Cecilia Marogna, fermata il 15 ottobre a Milano su mandato di cattura internazionale emesso dal Vaticano. «E non è tutto: l’agenzia “Adn Kronos” ha pubblicato solo una parte (quella meno rilevante) dell’intervista che ho concesso il 19 ottobre, omettendo quindi gli aspetti sostanziali delle mie rivelazioni». Per questo, annuncia Magaldi l’indomani, nella diretta web-streaming su YouTube condotta da Fabio Frabetti di “Border Nights”, il presidente del Movimento Roosevelt denuncerà la direzione dell’”Adn Kronos” all’Ordine dei Giornalisti e anche in altre sedi, comprese quelle giudiziarie. «Lo stesso – aggiunge – accadrà se il “Corriere della Sera” ostacolerà la pubblicazione dell’intervista concessa all’ottimo Ferruccio Pinotti, che ho scoperto essere in possesso di informazioni concordanti con le mie». Magaldi segnala – come “voce nel deserto”, finora – il reportage pubblicato da Luca Fazzo il 15 ottobre sul “Giornale”, dal titolo “La guerra tra spie dietro Lady Vaticano”: «Un articolo imperfetto, ma che almeno non si beve la storiella della “dama del cardinale”: eppure, è rimasto lettera morta».Attenzione, avverte Magaldi: nel caso accadesse qualcosa di irreparabile, a Cecilia Marogna, i «giornalisti cialtroni» ne sarebbero moralmente corresponsabili: «Non hanno indagato sul vero ruolo di quella donna, appassionata di intelligence e preparatissima in materia di questioni geopolitiche». Al contrario: «L’hanno dipinta come una millantatrice anche un po’ ladruncola, che avrebbe estorto mezzo milione di euro al Vaticano: come se la Segreteria di Stato fosse una comitiva di babbei, a cominciare dal cardinale Becciu». Di più: «Mezzo milione di euro in cinque anni, tra compensi e spese operative, in quel modo sono un’inezia: e Cecilia Marogna – rivela Magaldi – era arrivata a un passo dalla liberazione di padre Pierluigi Maccalli, detenuto in Mali. Liberazione che invece è poi stata ritardata deliberatamente per far salire il prezzo del riscatto, 5 milioni di euro a carico del governo italiano e altri 5 sborsati direttamente dal Vaticano».E’ questo – afferma Magaldi – il verminaio per coprire il quale è stata arrestata e messa alla gogna la Marogna, e non solo lei: «Di questo disegno fa parte anche la recentissima condanna, per una questione legata al caso Mps, di Alessandro Profumo, attuale amministratore dell’ex Finmeccanica», galassia cui appartiene la stessa Leonardo. «Anziché straparlare di come la Chiesa di Francesco scialacquerebbe l’obolo dei fedeli – dichiara Magaldi – ai cialtroni come Mario Giordano di “Fuori dal coro” consiglio di controllare i “balletti” di Borsa subiti in questi giorni dal gruppo Leonardo-Finmeccanica, che evidentemente si vuole intimorire». L’arma di ricatto? «Le tangenti che ogni operatore internazionale di qual calibro deve normalmente versare, purtroppo, se vuole lavorare in paesi senza democrazia». Soldi che passano di mano in mano, tra politici africani, 007 e «sedicenti terroristi», quelli che tengono in piedi «l’industria dei sequestri, che colpisce anche religiosi (da qui l’inevitabile coinvolgimento del Vaticano, per cui operava Cecilia Marogna, agendo in stretto contatto con il capo dell’intelligence italiana all’estero)».Secondo Magaldi, la donna è ora in pericolo di vita: «Se da San Vittore venisse estradata Oltretevere, dove la giustizia è meno trasparente di quella italiana, c’è chi pensa che potrebbe venir “suicidata”: c’è infatti un “progettino”, per far fare anche a lei la stessa fine già toccata a tanti altri, in passato, anche nelle carceri italiane». Facilissimo, oggi, inscenare una sua disperazione da “peccatrice pentita”, «dopo l’infame trattamento a cui l’hanno sottoposta i giornali, senza un minimo di pudore e di scrupolo professionale». Giornali che alle inchieste serie preferiscono le “veline” di regime e il facile scandalismo, che produce solo disinformazione (in questo caso addirittura criminale, se finisse per mettere a repentaglio la vita della detenuta). «Troppi giornalisti si guardano bene dal fare i necessari collegamenti, che consentirebbero loro di domandarsi, per esempio, chi trae vantaggio dall’attacco condotto in Borsa contro il gruppo Leonardo-Finmeccanica». Ma attenzione, avverte Magaldi: «Cecilia Marogna non è sola: c’è chi vigila sulla sua incolumità personale». E non è tutto: «I manipolatori sono avvisati: monitoriamo le loro mosse, daremo loro battaglia e li cacceremo a pedate».Vogliono “suicidare” in carcere Cecilia Marogna, dopo che la stampa nazionale l’ha dipinta a reti unificate come fatua e disonesta millantatrice. Vero obiettivo: minacciare l’ex capo dei nostri 007 (ora presidente di Leonardo), in modo che taccia sull’infame business dei rapimenti e delle lucrose liberazioni degli ostaggi italiani in Africa. Lo afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente del circuito massonico progressista internazionale. Forte di solide relazioni coi servizi segreti, italiani e non solo, Magaldi denuncia «la squallida montatura (giudiziaria e mediatica) che ha colpito la donna arrestata a Milano, che in realtà aveva scoperto come riscattare con largo anticipo e con meno denaro padre Pierluigi Maccalli, sequestrato in Mali, per la cui liberazione invece sono stati poi spesi 10 milioni di euro». L’improvviso arresto della Marogna, diffamata come “la dama del cardinale Becciu”, per Magaldi è un avvertimento di stampo mafioso rivolto al generale Luciano Carta, di cui la Marogna è stata strettissima collaboratrice. Obiettivo: indurre l’ex direttore dell’Aise a non rivelare nulla sulla verminosa speculazione che si organizza regolarmente dilatando i tempi di rilascio degli ostaggi, allo scopo di aumentare il prezzo del riscatto.
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Partitini antisistema: tanti galli nel pollaio, ma poche galline
Pochi giorni fa, alla trasmissione televisiva “Fuori dal Coro”, il giornalista e parlamentare ex M5S Gianluigi Paragone fa un annuncio che la stampa ha preso troppo sotto gamba, come successe analogamente per il Movimento di Grillo e Casaleggio. L’ex conduttore di “La Gabbia” comunica la nascita di un nuovo partito antieuropeista e antisistema: la copia all’italiana del Brexit party di Nigel Farage con il quale ha già preso contatti, insieme ad altri think-thank. Paragone fissa l’obiettivo del partito nel primo articolo di un ipotetico statuto o manifesto: l’uscita dell’Italia dall’Unione Europea e conseguentemente dall’Eurozona. «Non troppo ambizioso!», direbbe un Plutoniano (di Plutone) appena sbarcato sul pianeta Terra. Intendiamoci, un Vero Partito che avesse finalità chiare su questi temi cruciali sarebbe quanto mai necessario e urgente. Quindi, prendiamo positivamente questo annuncio fatto a “Fuori dal Coro”, ma esprimiamo anche una grossa riserva: nella patria della moda, da troppo tempo, creiamo ciclicamente movimenti o partiti che però non sembrano sapersi distaccare dal modus operandi della vecchia politica; imbarcare da subito e in maniera trasversale un sacco di gente, indipendentemente dalla loro provenienza politica, basta riempire. Peraltro, colmando contenitori politici sempre più improvvisati e, quindi, provvisori.Il panorama politico attuale è già pieno zeppo di movimenti e partiti sovranisti o pseudosovranisti. Prendiamo la realtà più recente e concreta: i rossobruni Vox Italia di Toscano, Sottile e Fusaro. Alle comunali di Gioia Tauro, con il loro precedente movimento, Risorgimento Meridionale per l’Italia, non raggiunsero nemmeno il 3% delle preferenze (281 voti su 10.208 totali), un vero flop elettorale. Sempre in Vox ritroviamo l’avvocato Marco Mori che precedentemente aveva militato in CasaPound, con cui aveva collezionato una serie di débacle alle politiche nazionali non riuscendo mai a superare il 2% delle preferenze. Poi abbiamo il Fronte Sovranista Italiano (Fsi) che alle regionali umbre del 2019 non arriva nemmeno al 0,2%, così come i Gilet Arancioni del “personaggio” Pappalardo: un misero 0,13%. Alle politiche del 2018 la Lista del Popolo per la Costituzione non supera lo 0,03%, i Forconi nemmeno lo 0,1%. Inoltre, in rampa di lancio per la prova del voto, abbiamo anche i nuovi movimenti come quello della deputata Sara Cunial (ex 5 Stelle) con R2020 e il Movimento 3V.Insomma, il panorama politico italiano anti-sistema è molto variegato e troppo spesso capeggiato da persone o personaggi di discutibile credibilità, che potrebbero anche ritrovarsi in qualche contenitore politico nuovo di zecca, magari proprio quello annunciato dall’ex M5S Gianluigi Paragone, vista la tendenza italica alle ammucchiate, al sorbire continuamente all’elettorato la zuppa stagionale: patate, porri, qualche zucchina e, soprattutto, cetrioli. Tanti cetrioli. Il giornalista varesino dovrà stare molto attento, perché non è più il tempo di scherzare o pensare a racimolare voti ovunque per dire “poi vedremo”, “poi sistemeremo”, “poi ci penseremo”. E’ il momento dei fatti, e per farli bisogna farsi rappresentare da persone credibili, pulite e sincere. L’Italia sforna direttivi, movimenti e partiti-pollaio da una vita: tanti galli da combattimento, senza galline. Ecco perché niente di politicamente fecondo è giunto fino ad oggi. Il nostro paese, come sa bene Gianluigi Paragone, non se lo può più permettere.(Andrea Leone, “Partito Italexit: Paragone, attento al contenitore”, da “Come Don Chisciotte” del 25 giugno 2020).Pochi giorni fa, alla trasmissione televisiva “Fuori dal Coro”, il giornalista e parlamentare ex M5S Gianluigi Paragone fa un annuncio che la stampa ha preso troppo sotto gamba, come successe analogamente per il Movimento di Grillo e Casaleggio. L’ex conduttore di “La Gabbia” comunica la nascita di un nuovo partito antieuropeista e antisistema: la copia all’italiana del Brexit party di Nigel Farage con il quale ha già preso contatti, insieme ad altri think-thank. Paragone fissa l’obiettivo del partito nel primo articolo di un ipotetico statuto o manifesto: l’uscita dell’Italia dall’Unione Europea e conseguentemente dall’Eurozona. «Non troppo ambizioso!», direbbe un Plutoniano (di Plutone) appena sbarcato sul pianeta Terra. Intendiamoci, un Vero Partito che avesse finalità chiare su questi temi cruciali sarebbe quanto mai necessario e urgente. Quindi, prendiamo positivamente questo annuncio fatto a “Fuori dal Coro”, ma esprimiamo anche una grossa riserva: nella patria della moda, da troppo tempo, creiamo ciclicamente movimenti o partiti che però non sembrano sapersi distaccare dal modus operandi della vecchia politica; imbarcare da subito e in maniera trasversale un sacco di gente, indipendentemente dalla loro provenienza politica, basta riempire. Peraltro, colmando contenitori politici sempre più improvvisati e, quindi, provvisori.