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Gioele Magaldi: non tutti i coronavirus vengono per nuocere
L’emergenza spread, l’incubo Mario Monti e “l’economicidio” del Pil, il crollo del made in Italy e il boom della disoccupazione. Infine, al posto di una doverosa battaglia per il ritorno alla sovranità nazionale, è andata in scena l’emergenza migranti, presentata come piaga biblica. Ora siamo all’emergenza virus, e senza colpo ferire: ovvero, senza che nel frattempo la politica sia rinsavita, si sia ripresa, sia riuscita finalmente a uscire dal coma, a recuperare lucidità. La parola “sfacelo”, forse, rende l’idea: la Libia nel caos e l’Italia sfrattata da Tripoli, il disastro del viadotto Morandi, Salvini al Papeete e le Sardine alla corte dei Benetton, concessionari negligenti delle autostrade. C’è qualcosa che non stia franando, in Italia? Vedasi il Movimento 5 Stelle, fino a ieri plebiscitario: dal referendum sull’euro alla genuflessione alla Merkel, tramite Ursula von der Leyen, fino all’inaudito governo-vergogna col nemico storico, il Pd, servizievole maggiordomo di Bruxelles. Impossibile anche solo ipotizzare qualcosa di diverso dalla sottomissione, per personaggi come Gualtieri e Gentiloni: impensabile, il pretendere dignità per l’Italia schiacciata dal rigore, dal Mes, da qualunque diavoleria progettata per mantenere sotto scacco la penisola.Quanto a Conte, giù la maschera: prima scatena il panico, poi si accorge dei danni anche economici provocati dalla gestione dilettantesca dell’epidemia. Ma attenti: forse, non tutti i coronavirus vengono per nuocere. Lo afferma, provocatoriamente, un osservatore come Gioele Magaldi. Il suo Movimento Roosevelt è nato nel 2015 per tentare di scuotere i partiti, risvegliandoli: non possiamo continuare così, incassando sconfitte e rinunciando a riconquistare il futuro. Capitolo fondamentale, le regole europee: di rigore si muore, e il rigore non è figlio di nessuna saggezza economica. E’ solo delirio ideologico, partorito da menti malate e bugiarde: quelle di un’élite che Magaldi definisce “neoaristocratica”, che ha forgiato il dogma neoliberista (tagliare lo Stato, la spesa pubblica) per depredare interi paesi, privatizzando beni strategici e condannandoli così al declino, come avviene per l’Italia. Nel saggio “Massoni”, edito da Chiarelettere, Magaldi – massone lui stesso, di marca progressista – sostiene che sia interamente massonico il gotha del potere globalista. Dopo la stagione rooseveltiana e keynesiana del benessere diffuso, questo super-potere è stato egemonizzato da un’élite reazionaria, neo-feudale, ispirata anche filosoficamente da dottrine elitarie.A reggere il pianeta sarebbe una sorta di aristocrazia dello spirito, nutrita di teorie come la “sinarchia” ottocentesca del marchese Alexandre Saint-Yves d’Alveydre: solo noi possiamo capire il mondo e dunque governarlo, non certo il popolo bue. Da lì all’attuale “aristocrazia del denaro”, il passo è breve: solo business, in poche mani, dietro le quinte della psico-geopolitica di oggi. Magaldi lo ripete fino alla nausea: smettiamo di ragionare in termini di Occidente, Russia e Cina. Non è più tempo, non serve: i sistemi-paese esistono sempre, anche in termini “imperiali”, ma a decidere sono ormai altri soggetti, che restano in ombra: conventicole trasversali, comitive apolidi, comitati d’affari composti da americani e cinesi, europei e russi. Detengono leve formidabili: finanziarie, militari, di intelligence, mediatiche. Sono loro, a monte, a fare e disfare qualsiasi progetto, dalle crisi economiche alle eroiche imprese dell’Isis. Lo scopo è sempre occulto, i metodi raffinati. Molto più a valle, i media – ormai innocui e reticenti – ripetono la lezioncina del momento. E in fondo alla catena ci siamo noi, sempre a corto di informazioni attendibili. Vale anche per il coronavirus?Mentre giornali e televisioni si guardano bene dall’esplorare spiegazioni eterodosse e magari imbarazzanti, il web si scatena: nel mirino ci sono soprattutto gli Usa, in guerra con la Cina, capaci – in mille modi, teoricamente – di piegare il colosso asiatico. Anche su questo punto, Magaldi si esprime in controtendenza: e se fosse stato lo stesso sistema-Cina ad auto-sabotarsi, con il virus, per mascherare l’attesa frenata economica, comunque in arrivo, restituendo alla nuova superpotenza orientale un volto meno minaccioso, più umano e meritevole di solidarietà internazionale? Per accettare la plausibilità del ragionamento occorre prestare fede alla mole di informazioni che Magaldi dichiara di possedere, custodite in 6.000 pagine di dossier riservati. Antefatto: nel lontano 1980, la superloggia reazionaria “Three Eyes” dominata da Kissinger estende i suoi tentacoli in Cina, promettendo di inserire i cinesi nel grande gioco dell’economia, all’alba della grande gloablizzazione, senza pretendere che, in cambio, la Cina diventi democratica, accetti la presenza di sindacati e limiti l’inquinamento della sua industria.Sono le basi dello storico boom, grazie a cui – una volta entrata nel Wto – la Cina (che sorregge le sue aziende con poderosi aiuti di Stato) sbaraglierà la concorrenza occidentale, imponendo prodotti a basso costo e mettendo in crisi le aziende concorrenti, occidentali, a cui nel frattemo l’élite neoliberista (sempre lei) ha tolto gli auti statali e aumentato a dismisura il carico fiscale, attraverso le politiche di austerity. La Cina, riconosce Magaldi, ha saputo approfittare di questo “regalo” sbalordendo il mondo: ha debellato la povertà in pochissimi anni, dando vita a realizzazioni che sono d’esempio per l’intero pianeta. Ha fatto tutto da sola? No, ovviamente: è stata aiutata, con regole tuccate in partenza. Tecnicamente: concorrenza sleale. Le menti del piano? Occidentali, purtroppo. L’obiettivo: trasformare lo stesso Occidente in una altrettanto gigantesca Cina: cioè un sistema efficientissimo, che produce miliardi, ma senza più diritti democratici. Non ci credete? E’ utile ricordare la violentissima repressione degli studenti di Pechino, che nel 1989 invasero piazza Tienanmen reclamando l’avvento della democrazia, sull’onda dell’entusiasmo per la Perestrojka di Gorbaciov: i carri armati di Deng Xiaoping fecero capire da che parte stesse, l’impenetrabile dirigenza del Celeste Impero, un tempo “rossa”.Magaldi è tra quanti considerano il veleno neoliberista come una sorta di virus: un’arma di distruzione di massa. Dalla Cina, dice, c’è comunque da imparare. Il suo riscatto economico, ovviamente, non poteva prescindere dal ruolo finanziario dello Stato. E vale anche per noi, che ce lo siamo dimenticato: fu il Piano Marshall a far risorgere l’Italia ridotta in macerie. Fu l’Eni di Mattei a farla balzare in vetta alle classifiche. E ancora: fu la politica “socialista” della Prima Repubblica a far volare il made in Italy, mediante poderosi investimenti sociali e infrastrutturali. Con abbondanti lacrime di coccodrillo, una fetta del paese ha appena riabilitato Craxi. Al culmine del suo potere, il leader del Psi osò opporsi alla superpotenza americana durante la crisi di Sigonella, per difendere la sovranità italiana. Oggi, i nostri politici calano le brache al primo stormir di fronde che provenga dai grigi burocrati di Bruxelles. Ieri sapevamo dire di no a Reagan, oggi diciamo di sì al primo Dombrovskis che passa per strada. Eppure, l’Italia era diventata la quinta potenza mondiale proprio grazie al deficit: ospedali, scuole, ferrovie, autostrade. Il gruppo pubblico Iri era il maggior conglomerato industriale d’Europa: era stragetico, per alimentare lo sterminato indotto privato. E’ stato smantellato da Prodi, poi coadiuvato da Draghi per le restanti privatizzazioni all’italiana.Di nuovo: Prodi e Draghi (entrambi supermassoni, secondo Magaldi) si sono limitati ad eseguire ordini. C’era un piano: sabotare l’Italia, potenza scomoda perché forte della sua economia mista, pubblico-privata. Come la Cina di oggi? Sì, ma con una differenza: era un paese democratico, con diritti sociali conquistati al prezzo di dure lotte politiche e sindacali, persino negli anni agitati degli opposti estremismi. Terrorismo e strategia della tensione: tutte operazioni «progettate sempre dalla “Three Eyes” anche attraverso la P2 di Gelli». Ma neppure le bombe erano riuscite a piegare il Belpaese. C’è voluto il crollo del Muro di Berlino, la rottamazione giudiziaria della classe politica della Prima Repubblica, l’avvento dei privatizzatori al governo (D’Alema, Amato, Prodi). Prima ancora: Ciampi aveva aperto la prima gravissima falla, staccando Bankitalia dal Tesoro e impedendo alla banca centrale di continuare a finanziare lo Stato a costo zero. Di colpo, il debito pubblico – risorsa strategica per la crescita – divenne un problema. Poi è stato fatto diventare addirittura una colpa, nella distorsione orwelliana della narrazione economica neoliberista.E adesso eccoci qui, alle prese con il coronavirus e senza i soldi per affrontare l’emergenza. Gli spiccioli di cui parla il governo Conte fanno ridere, dice Magaldi, esattamente come i margini di flessibilità – solo briciole – graziosamente concessi dal potere feudale eurocratico, insediato a Bruxelles senza nessuna investitura popolare. Magaldi, europeista convinto, su questo è chiarissimo: servono gli eurobond, per sostenere i debiti pubblici e archiviare per sempre il fantasma dello spread. L’ha ripetuto anche Christine Lagarde, fino a ieri custode – con Draghi – del rigore europeo. E a proposito di Draghi, che sottobanco contende a Prodi la successione a Mattarella: l’ex cavaliere nero dell’ordoliberismo europeo ora sostiene che bisogna ribaltare il tavolo, mettere fine alla scarsità artificiosa di moneta e, addirittura, esplorare le possibilità offerte dalla Mmt, la liquidità illimitata per sostenere l’economia europea. Per Magaldi, il problema sta nel manico: lo statuto della Bce impone alla banca centrale di tenere bassa l’inflazione. Errore: il primo obiettivo dovrebbe essere la piena occupazione, costi quel che costi (anche perché, oltretutto, l’emissione di moneta oggi non costa nulla). Non è economia, è solo politica. E se quella italiana dorme ancora, chissà che non sia il maledetto coronavirus a svegliarla. Si citofoni alla Disunione Europea, reclamando il dovuto: oggi per l’Italia, domani per tutti. In modo che un giorno, finalmente, una Unione Europea cominci a esistere, per davvero.L’emergenza spread, l’incubo Mario Monti e “l’economicidio” del Pil, il crollo del made in Italy e il boom della disoccupazione. Infine, al posto di una doverosa battaglia per il ritorno alla sovranità nazionale, è andata in scena l’emergenza migranti, presentata come piaga biblica. Ora siamo all’emergenza virus, e senza colpo ferire: ovvero, senza che nel frattempo la politica sia rinsavita, si sia ripresa, sia riuscita finalmente a uscire dal coma, a recuperare lucidità. La parola “sfacelo”, forse, rende l’idea: la Libia nel caos e l’Italia sfrattata da Tripoli, il disastro del viadotto Morandi, Salvini al Papeete e le Sardine alla corte dei Benetton, concessionari negligenti delle autostrade. C’è qualcosa che non stia franando, in Italia? Vedasi il Movimento 5 Stelle, fino a ieri plebiscitario: dal referendum sull’euro alla genuflessione alla Merkel, tramite Ursula von der Leyen, fino all’inaudito governo-vergogna col nemico storico, il Pd, servizievole maggiordomo di Bruxelles. Impossibile anche solo ipotizzare qualcosa di diverso dalla sottomissione, per personaggi come Gualtieri e Gentiloni: impensabile, il pretendere dignità per l’Italia schiacciata dal rigore, dal Mes, da qualunque diavoleria progettata per mantenere sotto scacco la penisola.