Archivio del Tag ‘Ibiza’
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Enrico Letta e l’agguato francese teso a Salvini in Russia
Più ci si addentra nell’affaire russo e più si capisce una cosa: c’è chi ha sperato e forse ancora si illude di far fuori Matteo Salvini con lo stesso metodo con cui è stato fatto fuori Heinz-Christian Strache, leader di “Freihitliche Partei Osterreichs”, l’austriaco Partito delle Libertà. Lo afferma Maurizio Belpietro su “La Verità”, evocando l’ombra di una vecchia conoscenza – Enrico Letta – come candidato in pectore per guidare un ipotetico “governo tecnico” post-salviniano. Per Strache, ricorda Belpietro, fu costruito un trappolone con promesse di soldi russi, proprio come si sarebbe voluto fare con Salvini. Invitato in una villa a Ibiza da misteriosi emissari di un oligarca presentato come “vicino a Putin”, Strache fu filmato mentre discuteva di petrolio e finanziamenti al suo partito. Il video a un certo punto comparve in Germania, sui siti di alcuni giornali, tra cui l’equivalente tedesco dell’“Espresso”, costringendo il vicecancelliere viennese alle immediate dimissioni. «Ecco, con Salvini lo schema doveva essere identico», scrive Belpietro: «Farlo partecipare a un incontro, per poi incastrarlo». Qualcosa però dev’essere andato storto, perché «all’Hotel Metropol, luogo di mille intrighi, invece del capitano leghista si è presentato solo Gianluca Savoini».Belpietro lo descrive come «un ex giornalista della “Padania” che da anni ruota intorno alla Lega attribuendosi un ruolo di consigliere». Savoni? «Un tipo in grigio, sempre pronto a partecipare, soprattutto quando si parla di Russia», paese di cui «si sente un grande esperto, per via di una moglie nata da quelle parti». Grande esperto? Lo smentisce Irina, l’interprete moscovita utilizzato dal “grande consulente”, il quale «non spiccica una parola di russo». In un’intervista al “Corriere della Sera”, per spiegare il personaggio Irina dice che un giorno Savoini le fece una scenata perché si era dimenticata di citarlo in un’intervista. Commento di Irina: se uno è davvero potente come vuole far credere, certo non se la prende se non è citato. «Qualcuno però deve aver creduto che Savoini fosse un personaggio chiave per incastrare Salvini, e così è scattata la trappola del Metropol», osserva Belpietro. «Una hall aperta al pubblico e alle orecchie indiscrete per concludere un affare riservato da 65 milioni. Tonnellate di petrolio, le prime delle quali avrebbero dovuto arrivare via mare già nel novembre scorso. Dove sono finite queste navi, che avrebbero dovuto rifornire l’Eni, nessuno lo sa. La società petrolifera smentisce di aver mai stretto accordi commerciali del genere; ma questo è solo un dettaglio, per il circo mediatico che punta alle dimissioni di Salvini per scardinare la Lega».Nessuno, poi, si interroga su chi abbia avuto interesse a registrare il colloquio e poi a renderlo pubblico. Nessuno si chiede se i giornalisti dell’“Espresso”, che per primi parlarono di questa storia, davvero ascoltarono dal tavolo di fianco la conversazione tra Savoini e i suoi misteriosi emissari. «Possibile captare un discorso in lingue diverse senza destare sospetti e riuscire a riportarlo senza errori? I colleghi del settimanale debenedettiano sono in grado di dimostrare di non essere stati loro a registrare il colloquio e di non essere stati loro a consegnarlo alla Procura? E in questo caso, se la registrazione non arriva da loro, che pure hanno dichiarato di essere stati presenti, chi altri ha realizzato l’audio per poi consegnarlo alla magistratura?». Ancora: «Come è poi possibile che la segretissima operazione che doveva pompare milioni nelle casse della Lega fosse nota ai giornalisti e anche ad altri che poi precostituirono una prova fonica delle registrazione? Le domande, per ora – conclude Belpietro – sono destinate a restare senza risposta, soprattutto fino a che non sarà chiaro come sia stata acquisita la registrazione da parte della Procura».Nel frattempo, s’è scoperto che uno dei partecipanti all’incontro è un avvocato massone, affiliato a una loggia francese. «E guarda caso i francesi sono anche i più acerrimi nemici di Salvini, perché sull’Europa, sull’Italia e sulla Libia, Emmanuel Macron ha progetti che non coincidono esattamente con quelli del capitano leghista», scrive il direttore de “La Verità”. «Far cadere il vicepremier, ossia l’unico uomo forte italiano rimasto su piazza, per l’Eliseo sarebbe un gran colpo». Belpietro intanto nota che per ora, proprio da Parigi, è tornato a farsi vivo «un desaparecido della politica, ossia quell’ Enrico Letta che, oltre a dirigere in Francia una scuola politica e ad aver conquistato una Legion d’onore transalpina, è anche una possibile risorsa da mettere a Palazzo Chigi in un eventuale governo tecnico dopo quello pentaleghista». In un’intervista a “Repubblica”, indovinate che cosa dice, Letta? «Ovvio, no? Chiede le dimissioni di Salvini. La trappola per l’Italia, insomma, è pronta».Più ci si addentra nell’affaire russo e più si capisce una cosa: c’è chi ha sperato e forse ancora si illude di far fuori Matteo Salvini con lo stesso metodo con cui è stato fatto fuori Heinz-Christian Strache, leader di “Freihitliche Partei Osterreichs”, l’austriaco Partito delle Libertà. Lo afferma Maurizio Belpietro su “La Verità”, evocando l’ombra di una vecchia conoscenza – Enrico Letta – come candidato in pectore per guidare un ipotetico “governo tecnico” post-salviniano. Per Strache, ricorda Belpietro, fu costruito un trappolone con promesse di soldi russi, proprio come si sarebbe voluto fare con Salvini. Invitato in una villa a Ibiza da misteriosi emissari di un oligarca presentato come “vicino a Putin”, Strache fu filmato mentre discuteva di petrolio e finanziamenti al suo partito. Il video a un certo punto comparve in Germania, sui siti di alcuni giornali, tra cui l’equivalente tedesco dell’“Espresso”, costringendo il vicecancelliere viennese alle immediate dimissioni. «Ecco, con Salvini lo schema doveva essere identico», scrive Belpietro: «Farlo partecipare a un incontro, per poi incastrarlo». Qualcosa però dev’essere andato storto, perché «all’Hotel Metropol, luogo di mille intrighi, invece del capitano leghista si è presentato solo Gianluca Savoini».
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Il segreto del Pellicano: tutta la verità è qui, ma in incognito
Può accadere che, di colpo, tutto quello che credevamo di sapere non valga più. Vacillano certezze in ogni campo della conoscenza, protette dalla scuola e dalla scienza ufficiale, al riparo della grande cornice culturale del materialismo. La prima crepa può aprirsi davanti al Cenacolo di Leonardo, se un anziano professore ti tira per la giacca, ansioso – chissà perché – di confidarti qualcosa. Comincia allora un viaggio avventuroso e anche pericoloso, che assomiglia al volo del Pellicano: la tua vita finisce in pezzi, poi all’improvviso risorge. E tu, nel frattempo, sei diventato un’altra persona: rinata dalle tue ceneri, come la Fenice. E’ quanto accade al grafico Giulio Cortesi, in crisi con il lavoro e con la moglie, nelle retrovie della Milano del 2005. Finirà ipnotizzato da grandi pittori: un misterioso quadro del Caravaggio ma, soprattutto, le opere del Giorgione. Segreti da decifrare, con l’aiuto di inattesi personaggi spuntati dal nulla, tra Milano e Torino, attorno a una ragazza affascinante. Chiave di volta, alla fine, un anziano monaco dell’abbazia di Chiaravalle, custode di un labirinto. Si dipana allora il filo di un sapere “altro”, condiviso dai padri della scienza moderna ma tenuto risolutamente nascosto: la verità è tra noi, ma in incognito.E’ la convinzione a cui approda lo stesso Cortesi al termine del romanzo a cui Gianfranco Carpeoro affida la «storia realmente accaduta di una leggenda», quella dei Rosacroce, gli uomini che proprio nel Pellicano – uccello che, simbolicamente, si trafigge il petto per resuscitare i suoi pulcini, nutrendoli col suo sangue – videro l’emblema e il messaggio del Cristo, la necessità del sacrificio per conquistare l’immortalità. Un allievo di Carpeoro, il saggista Michele Proclamato, in questi anni sta fornendo brillanti ricostruzioni dei valori simbolici che ci circondano, tutti ispirati al “sapere segreto” simboleggiato dal Tempio di Salomone, da cui il genio di Isaac Newton, padre della fisica moderna ma innanzitutto alchimista, trasse le sue intuizioni cardinali, sulla via già percorsa da uomini come Ruggero Bacone, che forse inventò i primi occhiali già nel ‘200. Da Dante a Mozart, da Tommaso Moro a Cartesio: quali conoscenze li accomunavano? Le stesse dei massimi pittori del Rinascimento, a partire da Giorgione: che, a quanto pare, era al corrente della teoria eliocentrica già mezzo secolo prima delle tesi di Copernico.La fonte di questa “conoscenza segreta” è antichissima: ve n’è traccia nell’incontro biblico tra Abramo e il misterioso Melchisedek, nell’adorazione dei Magi (l’ombra del mazdeismo di Zoroastro, poi dei Sufi), e quindi nella storica missione di San Giacomo e Giuseppe d’Arimatea, impegnati a esportaere il cristianesimo in Europa. Sono i misteri nei quali – partendo dal rebus in forma in puzzle costituito dall’opera pittorica di Giorgione – Giulio Cortesi finisce per inoltrarsi, nella scomoda posizione di indiziato di omicidio. Tra un menù e l’altro – Cortesi è un inguaribile gourmet – dovrà innanzitutto convincere della sua innocenza il ruvido commissario di polizia che indaga su di lui. E finirà col collaborare in modo imprevedibile alle indagini, fornendo intuizioni ricavate proprio dal mondo esoterico che il grafico milanese va scoprendo, aiutato dai consiglieri-ombra che gli procurano indizi nascosti in libri rari, dove il messaggio che conta è sempre mimetizzato, da cogliere tra le righe, seguendo meccanismi analogici e significati annidati tra i numeri.Una doppia ricerca, quindi, scandita dal ritmo incalzante del thriller, non senza pagine di autentica, spassosa comicità come quelle che narrano un divertente ferragosto trascorso nelle discoteche di Ibiza (oltre alla cucina, la musica è l’altra traccia parallela del romanzo). Ma, anziché intrecciare fantasie alla maniera di Dan Brown, Carpeoro utilizza lo stesso spunto il partenza – l’Ultima Cena – per andare alla scoperta di una storia vera, una “leggenda realmente accaduta”, lungo itinerari dove si incrociano Paracelso e Giordano Bruno, Salvador Dalì e Gabriele D’Annunzio, Hugo e Goethe, fino a Steiner e oltre. Uomini di fede, alchimisti, matematici, astronomi e astrologi, filosofi, proto-scienziati, artisti. Tutti esoteristi, impegnati, attraverso i secoli, a prolungare il “volo del Pellicano”: velando sempre, come Giorgione, la suprema verità sulla “matrice dell’universo”, la stessa su cui oggi la fisica quantistica si starebbe affacciando. La legge sacra, la genesi della vita. E’ il cielo senza tempo, attraversato dal volo del Pellicano.(Il libro: Giovanni Francesco Carpeoro, “Il volo del Pellicano”, Melchisedek, 500 pagine, 26 euro).Può accadere che, di colpo, tutto quello che credevamo di sapere non valga più. Vacillano certezze in ogni campo della conoscenza, fino a ieri protette dalla scuola e dalla scienza ufficiale, al riparo della grande cornice culturale del materialismo. La prima crepa può aprirsi davanti al Cenacolo di Leonardo, se un anziano professore ti tira per la giacca, ansioso – chissà perché – di confidare qualcosa proprio a te. Comincia allora un viaggio avventuroso e anche pericoloso, che assomiglia al volo del Pellicano: la tua vita finisce in pezzi, poi all’improvviso risorge. E tu, nel frattempo, sei diventato un’altra persona: rinata dalle sue ceneri, come la Fenice. E’ quanto accade al grafico Giulio Cortesi, in crisi con il lavoro e con la moglie, nelle retrovie della Milano del 2005. Finirà ipnotizzato dal segno dei grandi pittori: un misterioso quadro del Caravaggio ma, soprattutto, le opere del Giorgione. Segreti da decifrare, con l’aiuto di inattesi personaggi spuntati dal nulla, tra Milano e Torino, attorno a una ragazza affascinante. Chiave di volta, alla fine, un anziano monaco dell’abbazia di Chiaravalle, custode di un labirinto. Si dipana allora il filo di un sapere “altro”, condiviso dai padri della scienza moderna ma tenuto risolutamente nascosto: la verità è tra noi, da sempre, ma in incognito.