Archivio del Tag ‘Il Fatto Quotidiano’
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Intercettazioni, no al bavaglio: ci faremo arrestare
Pronti ad andare anche in prigione, pur di non sottostare al «grande bavaglio alla stampa» che tra due settimane il Senato licenzierà, col disegno di legge Alfano sulle intercettazioni telefoniche. «Da un giorno all’altro sui giornali, sulle tv e sul web, non sarà più possibile raccontare le malefatte delle classi dirigenti di un Paese in cui la corruzione, secondo la Banca Mondiale e la Corte dei Conti, costa ai contribuenti più di 50 miliardi di euro l’anno», scrive Peter Gomez sul “Fatto Quotidiano”, annunciando la “disobbedienza civile” del giornale: «Noi violeremo quella legge, a costo di finire in carcere».
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Silenzio-elezioni, l’Europa si vergogna dell’Italia
Ogni volta che il governo e la maggioranza zittiscono l’informazione sale il rumore non appena si varca il confine di Domodossola. La cornice più immediata è quella europea, dove l’Italia ha un passato – quello di uno dei sei paesi fondatori delle Comunità – nonché un presente demografico ed economico – sicché, nonostante la crisi, piaccia o meno rimane tra i paesi “principali” dell’Unione – e questo spiega le titubanze burocratiche rispetto a un’eventuale reazione concreta, ma al contempo non frena lo sconcerto e la correlata marginalizzazione politica del nostro Paese.
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Perché il governo vuol mettere il bavaglio al web
Silvio Berlusconi, dal giorno dell’editto bulgaro, 18 aprile 2002, che determinò la chiusura del “Fatto” di Enzo Biagi, di “Sciuscià” di Michele Santoro e la fine della carriera in Rai di Daniele Luttazzi, come gli ha suggerito l’amico Previti, non ha più fatto prigionieri, soprattutto quando qualcuno tenta di inserirsi tra le sue aziende e le risorse pubblicitarie e quando c’è chi si oppone al “pensiero unico”: cioè il suo. Ne sa qualcosa Sky (prima l’aumento dell’Iva dal 10 al 20%, poi la nascita di una seconda piattaforma satellitare), così come le oltre 50 testate che con il taglio del 20% del fondo per l’editoria, previsto in Finanziaria, rischiano di chiudere.
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Pronti al dopo-Silvio? Inglesi, 10 domande al Pd
«Avete un Obama capace di sfidare Berlusconi in carisma e popolarità ma al tempo stesso di creare una visione, un sogno per gli elettori che dovrebbero votarvi?». E’ il quesito che conclude le “dieci domande” all’opposizione italiana, un decalogo nato dalla conferenza “Berlusconi and beyond: prospects for Italy” promossa a Birmingham da Geoff Andrews, italianista della Open University, con il patrocinio della Birmingham University. Il centro-sinistra ha i programmi, le risorse e i leader per togliere il potere a Berlusconi e attuare una stagione di profonde riforme?
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La resa dell’Idv: delusione Di Pietro, addio opposizione
La speranza accompagna la lotta come il suo angelo custode, l’illusione è invece per la lotta un “cattivo maestro”, talvolta il peggiore. Per l’Italia che contro il regime di Berlusconi lotta e resiste, il partito Idv ha iniziato il suo primo congresso rappresentando una speranza e lo ha chiuso dimostrandosi l’ennesima illusione. Meglio prenderne atto, senza esitazioni. Continuare ad illudersi, contro ogni ragionevole dubbio, significa infatti distruggere in anticipo anche possibili speranze future.
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Massimo Fini: la vergogna di dirsi berlusconiani
Con Berlusconi si manifesta un singolare fenomeno, già noto ai tempi della Democrazia cristiana. Negli anni Sessanta e Settanta erano rarissimi quelli che ammettevano di votare Dc. Ma il partito del “Biancofiore, simbol d’amore” prendeva regolarmente, a ogni elezione, il 30 per cento dei suffragi. Evidentemente chi lo votava se ne vergognava. Così è con Berlusconi. Nei bar, nelle palestre, in piscina, ai bagni o in qualsiasi altro ritrovo pubblico che raccolga un po’ di gente, nessuno, anche quando il discorso cade sul politico, dice di votare Berlusconi.
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Monicelli: abusi e scandali, per il potere si arriva a uccidere
Mario Monicelli ha raccontato, senza indulgenza e per mezzo secolo, i vizi nazionali. Che film girerebbe per raccontare questa sinistra impegnata a rincorrere gonne o notti proibite? «Un film durissimo. Una farsa senza sconti. La farsa è il tipo di racconto meno accomodante che esista». Attori? «Buster Keaton o Totò. Nel rappresentare il livello di questa classe politica, non voglio far piangere. Per disperarsi, i motivi, comunque, non mancherebbero». Così il grande regista toscano, 95 anni, intervistato da Malcom Pagani per “Il Fatto Quotidiano”.
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Giustizia ad personam, Travaglio: estorsione istituzionale
Per due giorni abbiamo atteso smentite alle indiscrezioni pubblicate l’altroieri dal Pompiere della Sera sul presunto “patto Berlusconi-Fini”: il “processo breve” approvato al Senato verrà congelato alla Camera fino al 25 febbraio, quando è prevista la sentenza della Cassazione su David Mills; se la Cassazione annullerà la condanna a Mills per essere stato corrotto da Berlusconi, il processo a Berlusconi per avere corrotto Mills sarà virtualmente morto e dunque non sarà più necessario ammazzarlo per legge.
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«Non fidarti di Fini», Craxi latitante avvertì Berlusconi
Raccontano le cronache politiche che il pranzo di giovedì tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini si è concluso con una “tregua armata”. Cioè, per uno come il premier, abituato a vedere il bicchiere mezzo pieno, male. Eppure doveva saperlo che l’attuale presidente della Camera è un osso duro. Glielo aveva preconizzato, fin dal ‘95, Bettino Craxi, di cui martedì 19 gennaio ricorre il decennale della morte. «Diffida di Fini», gli intimava l’ex segretario socialista, latitante ad Hammamet, in Tunisia. E lo aveva raccontato, nero su bianco, in tre paginette, trovate dalla Digos, durante un sequestro di documenti ordinato dal sostituto procuratore di Mani Pulite
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Vergogna-Rosarno, la deportazione dopo la pulizia etnica
Il terrore lo leggi negli occhi di quelle due “prede” che cercano disperatamente di nascondersi. Spuntano sulle facce di due “negri” accovacciati dietro una volante della polizia che li ha “salvati” mentre vagavano per le campagne. L’auto è ferma. Davanti, a pochi metri, ci sono le barricate dei bianchi. I “bravi ragazzi” di Rosarno, i vecchi, le donne che davanti alle tv recitano l’esasperazione. Urlano e le loro parole si sentono anche dentro l’auto. «Unn’è, unnu cazzu è sta mafia? I negri se ne devono andare, basta… E basta pure con questi giornali di merda che ci chiamano razzisti».
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La politica dell’odio che trasforma Berlusconi in santo
L’aggressione al presidente del consiglio è carica di effetti. Tra questi, quello di aver fatto cadere le (ultime) inibizioni linguistiche e stilistiche della maggioranza di governo e dei suoi rappresentanti. Grazie all’atmosfera di tensione prodotta dal lancio della miniatura, entriamo con maggiore chiarezza nel lessico e nella retorica berlusconiane. A stupire non è tanto la violenza nella scelta delle parole per commentare, spiegare (e condannare) l’aggressione: “mandanti morali”, “terroristi mediatici”, “network dell’odio”, “cattivi maestri”. I campi semantici da cui espressioni del genere provengono, infatti, li intuiscono tutti
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Spinelli: Napolitano e Fini fermeranno la tele-dittatura
Mentre le potenze europee si chiedevano ‘cosa avesse in mente Hitler’, Churchill nel 1936 affermò che era finito «il tempo delle mezze misure, degli espedienti, dei sedativi», ma si era già entrati «nel tempo delle conseguenze». Barbara Spinelli, tra le più riconosciute osservatrici dei fatti politici italiani, lancia un allarme esplicito: la crisi è acuta, ormai «è finito il tempo di chiedersi ‘cosa accadrà’», ci siamo tutti abituati «all’idea che avverrà qualcosa di ancora peggiore», viste di minacce di Berlusconi che non riconosce più Quirinale e Consulta. Unica uscita di sicurezza? Fini. Perché «il regime autoritario può essere scalzato soltanto dalla maggioranza».