Archivio del Tag ‘Jeff Bezos’
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Comandano loro, non Renzi o Beppe. E neppure li capiamo
Il “Senato Mondiale” parla questa lingua, leggete: «Oggi grande occasione per i Buy The Fucking Dip (Btfd), con i Fangs Stocks a caduta libera, salvati proprio all’ultimo in Europa dai Brfd… Aapl bastonati, mentre il S&P 500 Tech Sector gli è andato dietro disastrosamente. Alla fine però neppure i Btfd hanno salvato i Fang. S&P ci dice che la Crescita di nuovo collassa mentre il Valore sta su. In Italia l’anti Eurozona M5S è sprofondato nelle amministrative, rendimenti Btp al ribasso, Mercati ora più tranquilli. Goldman bearish sui Bitcoins, dicono che si attestano fra un massimo di 2.230 e un minimo di 1.915, sanno qualcosa che noi non sappiamo?». Non ci avete capito niente, ma così parla ogni giorno il vostro Padrone, quello che Noam Chomsky già nel 1989 chiamava con immensa saggezza “Il Senato Mondiale”, i Mercati, contro cui non esiste appello. Sono coloro che decidono se tuo figlio finirà la sua vita da individuo o da servo della Tech-gleba in un loop di vita disumano.Ciò che impressiona me, è che se ci pensiamo bene sono almeno 30 anni che i telegiornali all’ora di cena fra maccheroni e cotolette vi fanno sentire questo nome, i Mercati. Dovrebbe esservi entrato in testa come il Mulino Bianco. Poi, Gesù, con la ‘crisi’ del 2008 ve l’hanno pompato in testa ogni secondo per almeno 8 anni quel nome, ma no, ancora gli Italians non sanno che cazzo sia il Mercato, anche se Lui è il Padrone: decide se tuo figlio finirà la sua vita da individuo o da servo della Tech-gleba in un loop di vita disumano. Sappiamo a cosa corrono dietro gli Italians con la bava alla bocca: al pollitalico pollaio, Stato-Mafia, Grillo, Feste dell’Unità, talk shows, le denunce di “Striscia la Notizia”, insomma cacchina di pollo. Altri lettori di altri paesi sono un po’ meno tonni… ma ok.“Buy The Fucking Dip (Btfd)”: sono i mega-investitori che oggi si precipitano a comprare e vendere qualsiasi titolo di Borsa che stia crollando. Scommettono nelle 10 ore o 72 ore in un rialzo, e poi vendono. Non guardano in faccia a un cazzo di nessuno, e hanno più potere di spostare denaro dell’imperatore Adriano nella Roma antica, direi 100.000 volte di più. Non guardano in faccia a nessuno ’sti Btfd, neppure ai Fang. Hey, e dire che oggi sul pianeta Terra più potenti dei Fang chi c’è? Fang sta per i titoli di Facebook, Amazon, Netflix e Google. Gente come Zuckerberg, Bezos o Brin che sta col culo appeso a ’sti Btfd, parola ‘fucking’ di mezzo inclusa. Non so se rendo l’idea… Ma neppure ’sti Btfd poi agiscono in accordo e infatti i Fang hanno finito la sessione sottoterra, povero Zucker…“Aapl bastonati, mentre il S&P 500 Tech Sector gli è andato dietro disastrosamente”: Aapl non è altro che la Apple, mica nulla. Il Senato Mondiale ha decretato che ultimamente gli eredi di Steve Jobs non hanno fatto scintille né con l’auto alla Artificial Intelligence, né col sistema operativo Ios. E allora giù bastonate all’azienda oggi fra le 4 più potenti del mondo. Gli analisti di Standard & Poor’s (S&P) si sono fatti prendere dal panico e tutto il settore High-Tech è stato trascinato nelle Borse dietro al capitombolo di Apple. Alè, e via in fumo abbastanza soldi per sfamare 10 Afriche e occupare tutti i disoccupati europei (anche tuo figlio… tonno che leggi Travaglio).“S&P ci dice che la crescita di nuovo collassa mentre il Valore sta su”. Semplice: i valori economici di speculazioni fatte su aria fritta rimangono comunque a galla. La crescita fatta da cibo, pensioni, sanità, stipendi reali, infrastrutture, case, ecc., continua a scivolare nel bidè. Che è esattamente cioè che il Senato Mondiale vuole.“In Italia l’anti Eurozona M5S è sprofondato nelle amministrative, rendimenti Btp al ribasso, Mercati ora più tranquilli”. Questo è un vero mistero. I mega-investitori sono ancora convinti che Grillo sia anti-euro (hahahahahahhahaha!!!!!!!!!), e io non trovo una spiegazione per ’sta bufala napoletana. Ma rimane significativo che se i 5S sono bastonati, il Senato Mondiale premia i titoli di Stato di Roma chiedendo al governo meno interessi sui Btp e altri titoli, dimostrando che se l’Italia obbedisce al Senato Mondiale, allora ci fanno risparmiare quel gruzzoletto di miliardi in interessi da pagare, se no sono cazzi. Comanda il Mercato cicci, non Renzi o Beppe, lo capite che non comandano Renzi o Beppe, tonni?“Goldman bearish sui Bitcoins, dicono che si attestano fra un massimo di 2.230 e un minimo di 1.915, sanno qualcosa che noi non sappiamo?”. Sanno qualcosa che voi non sapete perché leggete Travaglio e Feltri, e non me. Io e Giancarlo Algieri (prima di me) ve l’avevamo detto che le Blockchain che sostengono le Criptovalute come Bitcoins e Ethereum stavano prendendo il volo. Ora si scopre che mentre noi ci preoccupiamo dell’euro, o del patto franato fra Renzi e Grillo, il Padrone – il Senato Mondiale – ha convinto la più micidiale banca del mondo, Goldman Sachs nientemeno, a entrare nella speculazione sulle Criptovalute, quelle che permetteranno alla National Geospatial Intelligence Agency di spiare ogni singolo cittadino del mondo là dove mette anche i 25 centesimi dei suoi fottuti soldi, cioè: quando, con che abitudini, per chi, da dove a dove, a che ora, con quali tendenze, se è coinvolta la politica, l’attivismo, insomma, il Grande Fratello di George Orwell moltiplicato per un miliardo…Ho detto a sufficienza. La morale della favola: cari Italians, lo so che il 99.9% di voi è bestiame che mai vale la pena salvare, ma quello 0,1% che invece non se lo merita di finire nel tritacarne dei Mercati deve recepire questo messaggio: o impariamo a conoscere il Nemico e ci sporchiamo le mani a farci un culo così per capirne le mosse nei suoi 100 anni avanti a noi, o è meglio uccidersi.(Paolo Barnard, “Market, il Senato Mondiale: vanno studiati, se no dove andate, dove?”, dal blog di Barnard del 13 giugno 2017).Il “Senato Mondiale” parla questa lingua, leggete: «Oggi grande occasione per i Buy The Fucking Dip (Btfd), con i Fangs Stocks a caduta libera, salvati proprio all’ultimo in Europa dai Brfd… Aapl bastonati, mentre il S&P 500 Tech Sector gli è andato dietro disastrosamente. Alla fine però neppure i Btfd hanno salvato i Fang. S&P ci dice che la Crescita di nuovo collassa mentre il Valore sta su. In Italia l’anti Eurozona M5S è sprofondato nelle amministrative, rendimenti Btp al ribasso, Mercati ora più tranquilli. Goldman bearish sui Bitcoins, dicono che si attestano fra un massimo di 2.230 e un minimo di 1.915, sanno qualcosa che noi non sappiamo?». Non ci avete capito niente, ma così parla ogni giorno il vostro Padrone, quello che Noam Chomsky già nel 1989 chiamava con immensa saggezza “Il Senato Mondiale”, i Mercati, contro cui non esiste appello. Sono coloro che decidono se tuo figlio finirà la sua vita da individuo o da servo della Tech-gleba in un loop di vita disumano.
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I padroni del mondo sono già su Giove, e ci faranno a pezzi
Loro sono già su Giove e vi faranno a pezzi. Sto girando l’Italia per presentare il film “Piigs” che racconta al pubblico delle famiglie italiane cosa veramente è la Ue, quanto male ci fa la Moneta Unica euro, cioè la catastrofe che ‘sta moneta ha portato soprattutto all’Italia. E intanto io so cose che mi fanno sentire così: come uno che sta girando l’Italia nel maggio 2017 per raccontare al popolo di mettersi in guardia contro Napoleone e i suoi fucili a baionetta. Cioè mi sento costretto a insegnare alla gente roba ottocentesca, mentre io so che vivo nel terzo millennio di cervelli micidiali che già ora stanno letteralmente cambiando la faccia del pianeta in un modo che i vostri figli e i figli dei figli non sapranno neppure riconoscere. Altro che Eurozona. Poi guardo l’Italia, ferma più o meno al 1200 Dc, ascolto i nostri leader industriali – perché ascoltare i politici è come chiedere una consulenza industriale a un petto di pollo – e mi rendo conto che altrove sono già atterrati su Giove e da lassù ci faranno a pezzi. Ora io vi chiedo di leggere in modo totalmente passivo le righe che seguono; non cercate di capirle, solo confrontatele con quello che vi dicono i media e i politici, e i grillini, e i leader economici in Italia. E sappiate che più vi sembreranno incomprensibili, fuori dalla vostra vita come un meteorite attorno a Saturno, più avrete colto cosa voglio dirvi. Faranno a pezzi il mondo dei vostri figli.“Siamo all’inizio della Quarta Rivoluzione Industriale. Ogni singolo settore economico del pianeta è ora digitalizzato. Manca poco a che ogni singola azienda del pianeta lo sarà. Tutto questo sbriciolerà interi comparti industriali. Da queste fratture escono morti i tradizionali Re del business, ed escono gli Imperatori”. “E’ quello che ha fatto Jeff Bezos, che ha sbriciolato tutto il comparto industriale a cui apparteneva, ha azzerato sei comparti in un colpo solo, e ora l’Imperatore è Amazon”. “Stiamo studiando quali possono essere gli stati di equilibrio nei comparti industriali, vogliamo una lente attraverso cui guardare la omeostasi produttiva. Vogliamo capire quali elementi nel business aiutano l’equilibrio e quali invece si posso scartare. Questo stato di equilibrio è però amplificato oggi dalle nuove tecnologie, come Artificial Intelligence, robotizzazione e Sviluppo Cognitivo uomo-Ai”. “Per esempio: tradizionalmente il manager dell’industria dell’auto vive e produce in una fetta del mercato e tende a non occuparsi di molto al di fuori di essa. Ma l’equilibrio della sua fetta è garantito invece da altre industrie, dal sistema assicurativo, dalla gara per i software, ecc. E questo manager dell’auto oggi non li controlla, e allora stiamo studiando come egli può diventare invece parte di questo ecosistema di omeostasi sia degli assets che del prodotto, inclusi anche i dipendenti, digitalizzando l’equilibrio stesso”.“C’è questa cosa chiamata Strumento per Pianificare l’Offerta, dove mettiamo a confronto l’offerta di qualsiasi cosa con la richiesta, anche per minime cose come una stanza in affitto o un servizio taxi. Finora abbiamo avuto, con i software disponibili, una miriade di aziende impegnate in questo, ma i nuovi software ci daranno la stessa realtà capitata con Jeff Bezos, cioè moriranno i piccoli Re e ci saranno pochi Imperatori che possiedono immense Piattaforme. Le Piattaforme dovranno però interagire nel Pianeta, tutto si gioca in questo, nelle Piattaforme, e noi guardiamo oggi agli agganci ed equilibri possibili”. “E allora qui noi vogliamo i Pensatori Critici. Sono fondamentali. Quindi quando tu fai business devi oggi cercarti i migliori Pensatori Critici per valutare le Piattaforme, e non il prodotto come si faceva prima. E chi vince in questa gara di pensiero critico sulle piattaforme, finisce per catturare un intero mercato per decenni, non come oggi che un’azienda può dominare di anno in anno, o addirittura per un solo quadrimestre.”“Alla fine questa è l’era della digitalizzazione e tutta la gara sarà fra chi saprà fare i migliori codici. Noi siamo a caccia di talenti in codes-making, sono tutto per il business, dalla finanza al cibo. Cioè usare i software per sbriciolare comparti industriali con prodotti o soluzioni che nessuno ancora possiede”. “Nel 2010 circa, la General Electric (il colosso tech-industriale più grande del mondo, nda) ha iniziato a cercare di estrarre valore dalle analisi dei nostri assets industriali, analisi che potevamo poi impiegare nei nostri contratti di servizi perché capimmo che la tecnologia digitale stava andando in quella direzione”. “Oggi abbiamo un internet per consumatori, tipo Google e Facebook, poi c’è un internet per le imprese tipo Microsoft. Ma ora abbiamo bisogno di un internet Grande-Industriale che ci permetterà di raccogliere i dati analitici per aumentare la produttività. La domanda più importante oggi è: chi sarà il primo a fare questo tipo di Rete? Sarà una Corporation che parte dai suoi assets e va in alto? O Microsoft, o un ragazzino in un garage e un pc? Ma ok, quello che importa è sviluppare la capacità di mettere assieme le caratteristiche di un prodotto con i dati analitici per aumentare produttività. Questo davvero conta.”Ora eccomi da voi, lettori e lettrici. Cosa credete che sia l’Eurozona confronto a ciò che sti Signori della Guerra stanno preparando per il mondo? Italietta della Raggi o Della Valle inclusa? La cosa che, devo ammettere, mi affascina, è osservare il loro volto mentre parlano di questa umanità ridipinta dal pianeta Giove, ma che poveretta sta anche a Livorno o a Treviso e che devasterà i vostri figli e i figli dei figli. I loro sono volti umani, non mostruosi, ma sempre hanno occhi come diamanti. (Tratto da una conversazione privata fra Lloyd Blankfein, Ceo di Goldman Sachs, Robert Smith, guru di Vista Equity Partners, e Jeff Immelt, Ceo di General Electric, cioè la tua vita).(Paolo Barnard, “Voi ascoltate Della Valle; altrove sono già su Giove, e vi faranno a pezzi”, dal blog di Barnard del 20 maggio 2017).Loro sono già su Giove e vi faranno a pezzi. Sto girando l’Italia per presentare il film “Piigs” che racconta al pubblico delle famiglie italiane cosa veramente è la Ue, quanto male ci fa la Moneta Unica euro, cioè la catastrofe che ‘sta moneta ha portato soprattutto all’Italia. E intanto io so cose che mi fanno sentire così: come uno che sta girando l’Italia nel maggio 2017 per raccontare al popolo di mettersi in guardia contro Napoleone e i suoi fucili a baionetta. Cioè mi sento costretto a insegnare alla gente roba ottocentesca, mentre io so che vivo nel terzo millennio di cervelli micidiali che già ora stanno letteralmente cambiando la faccia del pianeta in un modo che i vostri figli e i figli dei figli non sapranno neppure riconoscere. Altro che Eurozona. Poi guardo l’Italia, ferma più o meno al 1200 Dc, ascolto i nostri leader industriali – perché ascoltare i politici è come chiedere una consulenza industriale a un petto di pollo – e mi rendo conto che altrove sono già atterrati su Giove e da lassù ci faranno a pezzi. Ora io vi chiedo di leggere in modo totalmente passivo le righe che seguono; non cercate di capirle, solo confrontatele con quello che vi dicono i media e i politici, e i grillini, e i leader economici in Italia. E sappiate che più vi sembreranno incomprensibili, fuori dalla vostra vita come un meteorite attorno a Saturno, più avrete colto cosa voglio dirvi. Faranno a pezzi il mondo dei vostri figli.
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Ricchi mai così ricchi, e ora gli Obama passano alla cassa
Barack Obama ha certamente fatto la sua parte. Durante i suoi otto anni di mandato i profitti delle imprese sono aumentati. La ricchezza dei 400 americani più ricchi è cresciuta tra i 1.570 e i 2.400 miliardi di dollari. La disuguaglianza sociale è aumentata ad un ritmo sempre più veloce. Con Obama alla Casa Bianca, il mercato azionario ha vissuto una delle sue corse di maggior successo in tutta la storia (il Dow Jones Industrial Average è aumentato del 148 %, ancora più di quanto aumentò con Ronald Reagan). In soldoni, secondo “Cnn-Money”, «le partecipazioni al Dow di Jp Morgan Chase e Goldman Sachs sono schizzate alle stelle dopo il bailout [2008-2009] e non sono lontano dai loro massimi storici. Le azioni di Apple sono aumentate più del 415% da quando [Obama] è diventato presidente. Amazon di un sorprendente 900%. E Facebook, che si è messa sul mercato negli ultimi mesi del primo mandato di Obama nel 2012, è arrivata al 230% dal suo prezzo base». Il “New York Times” gongolava, l’anno scorso: «I fatti sono indiscutibili: gli anni di Obama sono stati tra i migliori di sempre per gli investitori azionari, fin dagli albori del 20° secolo».«Pensate solo che se io fossi stato abbastanza lungimirante da acquistare quote di un fondo azionario a basso costo il primo giorno di insediamento di Obama, il 20 gennaio 2009, avrei triplicato i miei soldi. Performance del mercato azionario a questo livello, sono state superate raramente». Anche “Time Magazine” aggiunge che, durante il periodo di Obama, «le azioni Usa hanno più che triplicato i soldi degli investitori, generando rendimenti totali (includoso il valore dei dividendi reinvestiti) del 235% … mentre azioni di società con sede in Europa, Giappone, e in altri paesi con economie sviluppate hanno guadagnato solo il 96% in totale». Così sembra giusto che, dopo aver fatto diventare ancora più ricchi i già immensamente ricchi, a spese della classe operaia, Obama dovrà ricevere una adeguata ricompensa. Sia lui che sua moglie sembrano essere, certamente, di questo parere. Di recente abbiamo letto un titolo sorprendente: “Obama potrebbe incassare fino a 242 milioni di dollari dopo aver lasciato Washington”. Il titolo si basa su uno studio condotto da un ricercatore della Business School della American University di Washington.Lo studio titolava – un po ‘meno clamorosamente: “Come i presidenti fanno i milioni”, e ritiene che «gli Obama potrebbero guadagnare fino a 242.500 milioni con discorsi, presentazioni di libri e pensioni (presumendo un’età di pensionamento di 70 anni). Non male, per una coppia che era entrata alla Casa Bianca con un patrimonio netto di 1,3 milioni di dollari». La grande domanda che si pone questo studio è se gli Obama supereranno i Clinton nell’accumulare ricchezza dopo aver lasciato la Casa Bianca. «Gli Obama potrebbero uguagliare o addirittura superare i 75 milioni che i Clinton hanno fatto nei primi 15 anni fuori dalla Casa Bianca? Sembra possibile. Il presidente Obama lascia il suo incarico con due bestseller da aggiungere ai circa 40 milioni di dollari in diritti d’autore che incasserà insieme a Michelle. Aggiungiamo 3 milioni in redditi da pensione e almeno 50 discorsi l’anno, per un minimo di 200.000 dollari l’uno, e si è già vicino ai 200 milioni al lordo delle imposte. Dovrebbe bastare per piazzare gli Obamas nella parte alta della lista delle più ricche ex prime famiglie».Il “Washington Post” suggerisce altre possibilità: «Qualsiasi multinazionale sarebbe felice di avere un ex presidente al tavolo della sua direzione. Questi incarichi sociali pagano bene, con stipendi a sei cifre più benefit e viaggi con jet privato da e per gli incontri. Obama ha detto che in futuro non vuole viaggiare su aerei commerciali». Gli Obama sono già ricchi. L’editorialista Andrew Lisa osserva: «Barack Obama ha guadagnato 400.000 dollari all’anno per otto anni. Il presidente riceve anche un rimborso spese di 50.000 dollari l’anno, un rimborso per spese di viaggio non tassabili per 100.000 dollari e un budget di spese di rappresentanza di 19.000 dollari». Il 15 aprile 2016, il presidente Obama ha presentato le dichiarazioni dei redditi 2015, che mostrano che lui e la first lady Michelle Obama hanno congiuntamente un reddito lordo di 436.065 dollari. Hanno pagato 81.472 dollari di tasse in base al loro tasso di imposta del 18,7 per cento.Secondo “CelebrityNetWorth.com”, Obama ha un patrimonio netto di 12.2 milioni di dollari e Michelle Obama non è da meno, con un patrimonio netto di 11,8 milioni. Le trattenute per la pensione di Obama per il 2017 saranno di 207.800 dollari.Dopo aver lasciato la Casa Bianca il 20 gennaio e dopo una vacanza a Palm Springs, in California, Obama e la sua famiglia hanno programmato di trasferirsi in un quasi-palazzo nella zona di Kalorama a nord-ovest di Washington, Dc. La casa, con nove camere da letto e otto bagni, è su tre piani, più un livello inferiore, per “Forbes”; è una «residenza lussuosa in un quartiere desiderabile, costruita nel 1928, su 760 metri quadrati», per “Business Insider”, che aggiunge: «Possono essere considerati nuovi vicini di casa degli Obama, a Kalorama, sia il fondatore di Amazon Jeff Bezos, che la famiglia di Ivanka Trump e Jared Kushner, in quanto tutti hanno recentemente comprato casa in quel quartiere. Gli Obamas affitteranno la casa da Joe Lockhart, che è stato addetto stampa alla Casa Bianca del presidente Bill Clinton e resteranno fino a quando la figlia minore, Sasha, finirà la high-school. La casa era stata messa in vendita a 5,3 milioni di dollari prima di essere ritirata dal mercato a maggio scorso». “Forbes” stima che la proprietà abbia un valore di 7 milioni, una cifra che dovrebbe aumentare di altri 300.000 dollari nel corso del prossimo anno.Gli Obama pagheranno un fitto mensile di 22.000 dollari per la loro residenza. Inoltre, possiedono una casa da 1,5 milioni a Chicago e, se dobbiamo credere al “Washington Post”, «Obama, che è un appassionato di golf, è stato visto alla ricerca di una casa a Rancho Mirage [nella zona di Palm Springs], dove il golf è considerato una religione». Il “Palm Desert Patch” dice che, secondo voci di corridoio, la famiglia Obama sta cercando di acquistare una casa a Rancho Mirage, possibilmente nell’esclusivo quartiere di Thunderbird Heights, «zona conosciuta come “il parco giochi dei presidenti”». Karl Marx e Friedrich Engels, più di un secolo e mezzo fa, dicevano che «il capo di uno Stato moderno» non era altro che «un funzionario che deve gestire gli affari di tutta la classe dirigente». Cosa che è più che mai oscenamente trasparente e vera: i funzionari di questo “esecutivo” sono quelli che vengono meglio pagati da sempre.(David Walsh, “Gli Obama passano alla cassa”, da “Wsws.org” del 3 febbraio 2017, post tradotto da Bosque Primario per “Come Don Chisciotte”).Barack Obama ha certamente fatto la sua parte. Durante i suoi otto anni di mandato i profitti delle imprese sono aumentati. La ricchezza dei 400 americani più ricchi è cresciuta tra i 1.570 e i 2.400 miliardi di dollari. La disuguaglianza sociale è aumentata ad un ritmo sempre più veloce. Con Obama alla Casa Bianca, il mercato azionario ha vissuto una delle sue corse di maggior successo in tutta la storia (il Dow Jones Industrial Average è aumentato del 148 %, ancora più di quanto aumentò con Ronald Reagan). In soldoni, secondo “Cnn-Money”, «le partecipazioni al Dow di Jp Morgan Chase e Goldman Sachs sono schizzate alle stelle dopo il bailout [2008-2009] e non sono lontano dai loro massimi storici. Le azioni di Apple sono aumentate più del 415% da quando [Obama] è diventato presidente. Amazon di un sorprendente 900%. E Facebook, che si è messa sul mercato negli ultimi mesi del primo mandato di Obama nel 2012, è arrivata al 230% dal suo prezzo base». Il “New York Times” gongolava, l’anno scorso: «I fatti sono indiscutibili: gli anni di Obama sono stati tra i migliori di sempre per gli investitori azionari, fin dagli albori del 20° secolo».
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Gli 8 super-miliardari? Dei poveretti, confronto ai Rothschild
Gli 8 super-ricchi della Terra? Poveracci, in confronto ai Rotschild. I media, è vero, hanno strombazzato la ricerca di Oxfam International, da cui risulta che la ricchezza degli 8 principali miliardari supera quella della metà povera della popolazione mondiale, 3,6 miliardi di individui. Al vertice dei “magnifici otto” c’è Bill Gates, il patron della Microsoft, con 75 miliardi di dollari. Poi lo spagnolo Amancio Ortega, della catena di abbigliamento Zara, con 67 miliardi. Quindi il finanziere Warren Buffett (60,8 miliardi) e il messicano Carlos Slim Helu, che ha messo insieme 50 miliardi con telefonia e finanza, tabacco e petrolio. Al quinto posto figura Jeff Bezos di Amazon (45,2 miliardi), seguito da Mark Zuckerberg, a cui Facebook ha fruttato 44,6 miliardi. Chiudono la lista un altro Re Mida del digitale come Larry Ellison di Oracle, con 43,6 miliardi, e un campione di Wall Street come Michael Bloomberg, coi suoi 40 miliardi. Sommate insieme, le loro ricchezze valgono 426,2 miliardi di dollari. Ma la vera notizia riguarda appunto i famosissimi, leggendari e vituperati Rotschild, da sempre in cima a tutte le classifiche della letteratura complottista. Loro sarebbero ben più ricchi: con un patrimonio cinque volte più grande di quelli dei “magnifici otto” messi assieme, cioè pari a 2 trilioni, duemila miliardi di dollari.Naturalmente, scrive Maurizio Blondet nel suo blog, è ovvio che nel novero dei primi otto non compaia il nome Rotschild. Per varie ragioni: «Qui non abbiamo a che fare con persone fisiche, ma con una dinastia, i cui membri presiedono a fiduciarie private a capitale fisso – niente società per azioni (scalabili), ma solo aziende familiari, accuratamente sottratte ai mercati finanziari “goyim”», cioè non-ebrei, «e partecipazioni incrociate». Insomma, quella dei Rotschild sarebbe ancora «la struttura instaurata dal capostipite del 18mo secolo, Mayer Amschel Rotschild». Basato in Germania, l’augusto antenato sparse i suoi cinque figli nelle diverse capitali europee, ciascuno munito di capitale e conoscenze per aprirvi una banca d’affari: Parigi e Francoforte, Londra, Vienna e Napoli (che allora era la capitale di uno degli Stati dalle finanze più prospere). «E’ stata dunque la prima multinazionale del credito, che profittò delle guerre europee scatenate dalla Rivoluzione giacobina e da Napoleone. Prestando agli Stati che la guerra indebitava (tipicamente, all’impero austro-ungarico e a quello britannico), da cui accettava titoli e buoni del Tesoro, e cogliendo tutte le buone occasioni per prendere il controllo finanziario delle più diverse industrie, a corto di liquidità».Il figlio che ebbe maggior successo, continua Blondet, fu quello che si stabilì a Londra, Nathan Meyer Rotschild: sposò Hanna Barent Cohen, da cui ebbe 7 figli e una cospicua dote finanziaria. «Nel 1811, durante le guerre napoleoniche, finanziò di fatto lo sforzo bellico britannico quasi da solo – senza trascurare di finanziare in segreto anche il Bonaparte». Il 18 luglio 1815, aggiunge Blondet, fu un corriere della Rothschild & Sons a informare il governo britannico che a Waterloo le cose si mettevano male per Napoleone: «Il governo non ci credette, e allora Nathan stette al gioco: si mise a svendere titoli del debito inglese, come se sapesse che presto sarebbero stati carta straccia. Gli altri ricchi inglesi, nel panico, lo imitarono, e la Borsa collassò». Mani anonime (agenti dei Rotschild) avevano già fatto incetta di titoli a prezzi da liquidazione: così, quando arrivò la notizia che a Waterloo Napoleone aveva davvero perso, «Nathan era il padrone della London Stock Exchange». La notizia pazzesca, dice sempre Blondet, è che, ancora nel 2015, il Regno Unito stava restituendo a rate i capitali ottenuti in prestito dai Rotschild nell’800.«Oggi, le ricchezze della dinastia restano inimmaginabili», sostiene Blondet. «Riesce in gran parte a dissimularle con il metodo delle ditte non quotate, dove non si pubblicano bilanci, dove lavorano e sono impiegati direttamente i membri della famiglia», con «matrimoni fra consanguinei ed eredi che continuano a collaborare strettamente». Va da sé che, «da due secoli, non è mai apparso alla luce un litigio fra i parenti, che abbia prodotto un frazionamento di ricchezze, capitali e imprese: non a caso il motto della famiglia, sotto lo scudo rosso, è (in latino) “Concordia, Integritas, Industria”». Oltre alla finanziaria N.M. Rotschild & Son di Londra e all’Edmond de Rotschild Group in Svizzera, la dinastia «ha incalcolabili partecipazioni in istituti di credito, nel settore immobiliare, minerario ed energetico». Quanto ai vigneti che l’uno o l’altro membro della famiglia ha in Francia, in Sudafrica, in California e in Australia, be’, «sono attività da tempo libero».Parlare dei Rotschild, però, non è mai semplice. Le loro partecipazioni che contano, in termini di investimenti globali, non sono affatto visibili. «Non è chiaro se i Rotschild siano oggi quello che fu la ditta di Nathan, che divenne praticamente il banchiere centrale d’Europa, coprendo debiti pubblici e salvando banche nazionali, ma anche finanziando infrastrutture pubbliche durante la rivoluzione industriale». Sicché, ammette Blondet, non si può valutare se dice il vero il sito “Investopedia”, che ha provato a fare una valutazione approssimativa, decretando (senza specificare i cespiti e le attività) che la ricchezza controllata dalla dinastia ammonterebbe a 2 trilioni di dollari. Una fortuna immensa, maturata però attraverso secoli, benché connessa alla famigerata creazione bancaria di denaro e debito. Quello dei baby-miliardari di oggi, in fondo, è un boom assai più strabiliante: Facebook è nato solo nel 2004.Gli 8 super-ricchi della Terra? Poveracci, in confronto ai Rothschild. I media, è vero, hanno strombazzato la ricerca di Oxfam International, da cui risulta che la ricchezza degli 8 principali miliardari supera quella della metà povera della popolazione mondiale, 3,6 miliardi di individui. Al vertice dei “magnifici otto” c’è Bill Gates, il patron della Microsoft, con 75 miliardi di dollari. Poi lo spagnolo Amancio Ortega, della catena di abbigliamento Zara, con 67 miliardi. Quindi il finanziere Warren Buffett (60,8 miliardi) e il messicano Carlos Slim Helu, che ha messo insieme 50 miliardi con telefonia e finanza, tabacco e petrolio. Al quinto posto figura Jeff Bezos di Amazon (45,2 miliardi), seguito da Mark Zuckerberg, a cui Facebook ha fruttato 44,6 miliardi. Chiudono la lista un altro Re Mida del digitale come Larry Ellison di Oracle, con 43,6 miliardi, e un campione di Wall Street come Michael Bloomberg, coi suoi 40 miliardi. Sommate insieme, le loro ricchezze valgono 426,2 miliardi di dollari. Ma la vera notizia riguarda appunto i famosissimi, leggendari e vituperati Rothschild, da sempre in cima a tutte le classifiche della letteratura complottista. Loro sarebbero ben più ricchi: con un patrimonio cinque volte più grande di quelli dei “magnifici otto” messi assieme, cioè pari a 2 trilioni, duemila miliardi di dollari.
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Sfruttati da Amazon, sono i nuovi schiavi del XXI secolo
Un articolo dell’“Huffington Post” interviene sulla polemica fra il “New York Times” e il boss di Amazon, Jeff Bezos, innescata dal recente servizio che il prestigioso quotidiano ha pubblicato sulle spaventose condizioni di lavoro che il colosso globale del commercio online impone ai propri dipendenti. Il tema non è nuovo (anche in Europa ci sono state denunce del fenomeno e diverse vertenze sindacali) ma il pezzo dell’“Huffington Post” arricchisce il dossier di alcuni particolari raccapriccianti, come i “processi” nei confronti dei dipendenti “pigri” (spesso istruiti in base alla delazione di qualche collega, pratica che viene sistematicamente incoraggiata e premiata dalla direzione), laddove il concetto di pigrizia è ben definito da una ex dipendente: «Se non sei in grado di dare assolutamente tutto per 80 ore settimanali, vieni classificato come un peso da scaricare». E ancora: dipendenti malati di cancro rimproverati per il loro scarso rendimento, e via di questo passo. Ma in fondo non c’è motivo di stupirsi. Infatti, come recita giustamente il titolo dell’articolo, “Amazon si è limitata a perfezionare ciò che la cultura americana del lavoro ha creato”.Un concetto ribadito da Sydney Finkelstein, un docente di management che dichiara all’autrice del pezzo: «Amazon sta perfezionando il modello di business americano: lavorare giorno e notte: loro rappresentano la punta di diamante che traccia il futuro del lavoro nel nostro paese, ci fanno vedere cosa ci aspetta e non è un bel vedere». Ma non si era detto che le condizioni del lavoro nell’industria hi tech sono le migliori che un lavoratore possa sognare? Chi non ricorda le descrizioni entusiastiche di un ambiente di lavoro come il Googleplex, cuore dell’impero del motore di ricerca? La verità è che il panorama è assai variegato e le condizioni possono variare significativamente da un’impresa all’altra, come ricorda l’articolo di cui mi sto qui occupando.Articolo che però omette di chiarire come le condizioni, più che in relazioni alle politiche aziendali, cambino in relazione all’appartenenza ai diversi strati di lavoratori: da un lato, una minoranza di privilegiati (che spesso hanno, fra gli altri, il compito di studiare come aumentare la produttività dei colleghi “meno meritevoli”), dall’altro lato una maggioranza di addetti a mansioni esecutive (non a caso i lavoratori più schiavizzati da Amazon sono gli addetti ai magazzini di stoccaggio delle merci) che sono oggetto di tassi feroci di sfruttamento. Una stratificazione di classe che emerge anche dai conflitti sempre più frequenti fra élite tecnologiche e lavoratori dei servizi che operano nelle stesse aree geografiche.Resta solo da aggiungere che Amazon non è un modello solo per le imprese americane ma anche per quelle di tutto il mondo, Italia compresa. Un filo rosso congiunge il viaggio di Matteo Renzi negli Stati Uniti e la sua visita-omaggio ai boss di Silicon Valley con il Jobs Act che sta concludendo in questi giorni il suo iter parlamentare: con la legittimazione del controllo tecnologico a distanza dei lavoratori (ciliegina sulla torta degli altri attacchi ai loro diritti contenuti in quel provvedimento) si apprestano gli strumenti per trasformare anche i nostri operai e impiegati nei nuovi schiavi del XXI secolo.(Carlo Formenti, “Amazon e i nuovi schiavi del XXI secolo”, da “Micromega” del 24 agosto 2015).Un articolo dell’“Huffington Post” interviene sulla polemica fra il “New York Times” e il boss di Amazon, Jeff Bezos, innescata dal recente servizio che il prestigioso quotidiano ha pubblicato sulle spaventose condizioni di lavoro che il colosso globale del commercio online impone ai propri dipendenti. Il tema non è nuovo (anche in Europa ci sono state denunce del fenomeno e diverse vertenze sindacali) ma il pezzo dell’“Huffington Post” arricchisce il dossier di alcuni particolari raccapriccianti, come i “processi” nei confronti dei dipendenti “pigri” (spesso istruiti in base alla delazione di qualche collega, pratica che viene sistematicamente incoraggiata e premiata dalla direzione), laddove il concetto di pigrizia è ben definito da una ex dipendente: «Se non sei in grado di dare assolutamente tutto per 80 ore settimanali, vieni classificato come un peso da scaricare». E ancora: dipendenti malati di cancro rimproverati per il loro scarso rendimento, e via di questo passo. Ma in fondo non c’è motivo di stupirsi. Infatti, come recita giustamente il titolo dell’articolo, “Amazon si è limitata a perfezionare ciò che la cultura americana del lavoro ha creato”.
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Temo una rivolta, perché guadagno mille volte più di voi
«Probabilmente non mi conoscete, ma come voi sono uno degli 0,1%, un fiero capitalista. Ho fondato, co-fondato e finanziato più di 30 società di ogni genere, da cose piccole come il night club con cui ho cominciato a vent’anni, a giganti come Amazon.com di cui sono stato il primo investitore esterno. Poi ho fondato aQuantitative, una società di pubblicità su Internet che nel 2007 è stata venduta a Microsoft per 6,4 miliardi di dollari. In contanti. Insieme ad amici possediamo una nostra banca. Racconto tutto questo per dimostrarvi che per molti versi non sono molto diverso da voi. Come voi ho una visione ampia degli affari e del capitalismo. E come voi sono stato oscenamente ricompensato per il mio successo, con una vita che gli altri 99,9% di americani non possono nemmeno immaginare. Molteplici case, aereo personale, ecc». Comincia così una sorprendente lettera aperta, pubblicata qualche giorno fa dal sofisticato “Politico.com” e rilanciata da siti di economia & politica come “Business Insider” e “Zero Hedge”, ogni volta con un gran numero di lettori e apprezzamenti.Una lettera che è anche una analisi/denuncia del livello estremo raggiunto dalla disuguaglianza nell’odierno capitalismo. E un avviso: così non può continuare. Arriveranno i forconi, contro di noi. Nick Hanauer, 55 anni, nonni immigrati dalla Germania di Hitler, è un classico uomo d’affari americano, uno che si è fatto da sé. Americano anche nel piglio con cui si esprime. «Nel 1992 a Seattle vendevo cuscini fabbricati dall’impresa della mia famiglia a negozi in giro per il paese e Internet era una goffa novità alla quale ci si collegava a 300 baud. Ma già allora mi sono accorto abbastanza rapidamente che molti grandi magazzini miei clienti erano condannati. Ho capito che non appena Internet fosse diventata abbastanza veloce e affidabile – e quel tempo non era così lontano – tutti si sarebbero buttati a comprare on line come pazzi. Realizzare questo, vedere oltre l’orizzonte un po’ più in fretta di tanti altri, è stata la parte strategica del mio successo. La parte fortunata è stata invece l’avere un paio di amici, entrambi di grande talento, anche loro intrigati dalle potenzialità della rete. Uno è un tizio di cui non avrete certo sentito parlare, Jeff Tauber, l’altro era Jeff Bezos (il fondatore di Amazon ndr). Ero così eccitato dal potenziale del web che ho detto ai due Jeff che volevo investire in qualsiasi cosa avessero deciso di lanciare».«Il secondo Jeff – Bezos – mi chiamò per primo, e lo aiutai a sottoscrivere la sua piccola libreria start up. L’altro Jeff partì con un negozio on line chiamato Cybershop, ma quando la fiducia nelle vendite via Internet era ancora bassa; era troppo presto per la sua idea, la gente non era ancora pronta ad acquistare on line cose costose senza vederle di persona (a differenza di oggetti semplici come i libri, la cui qualità non cambia – questa è stata la carta vincente di Bezos). Cybershop non è andato lontano, è stato uno dei tanti fallimenti di imprese dot-com. Amazon è andato meglio. E io ora possiedo un maxi-yacht. Ma lasciatemi essere franco. Non sono la persona più intelligente che avete conosciuto, o quello capace di lavorare più sodo. Ero uno studente mediocre, non sono un tecnico – non so ho mai saputo scrivere una riga di software. Quel che mi è servito, credo, è una certa propensione al rischio e un’intuizione su quel che accadrà in futuro. Intuire dove le cose stanno andando è l’essenza dell’imprenditorialità. E cosa vedo oggi nel nostro futuro? Vedo dei forconi».«Mentre persone come voi e me prosperano oltre i sogni di ogni plutocrate nella storia, il resto del paese – il 99,9% – resta molto indietro e arretra. Il divario fra quelli che hanno e quelli che non hanno peggiora sempre di più. Nel 1980 l’1% in cima alla piramide controllava l’8% del reddito nazionale degli Stati Uniti. Il 50% più in basso si divideva il 18% delle ricchezze. Oggi l’1% più ricco si divide il 20%, e il 50% della popolazione solo il 12%. Ma il problema non è la disuguaglianza in sé, qualche misura è intrinseca a ogni economia capitalista che funzioni. Il problema è che la disuguaglianza è a livelli storicamente mai visti e peggiora di giorno in giorno. Il nostro paese sta diventando una società sempre meno capitalista e sempre più una società feudale. A meno che le nostre politiche non cambino drammaticamente, la classe media scomparirà, e torneremo indietro alla Francia del 18° secolo. Prima della Rivoluzione. Così ho un messaggio per i miei colleghi oscenamente ricchi, per tutti coloro che vivono nelle bolle dei nostri mondi circondati da cancellate: svegliatevi, gente. Non durerà. Se non si fa qualcosa per sanare le clamorose diseguaglianze in questa economia, i forconi ci saranno addosso».«Nessuna società può tollerare una tale disparità. Non ci sono esempi nella storia in cui si sia verificata una tale accumulazione di ricchezza e i forconi non siano arrivati. Dove c’è una società altamente disuguale o c’è uno Stato di polizia, o un’insurrezione. Non ci sono altre possibilità. Il punto non è se, ma quando. Molti di voi pensano che siamo speciali perché “questa è l’America”, pensiamo di essere immuni alla forze che hanno dato vita alla Primavera Araba o alle Rivoluzioni in Francia e in Russia. Molti fra i colleghi dello 0,1% sfuggono questo argomento, molti mi prendono per matto, altri vedono un ragazzino povero con un iPhone e pensano che l’ineguaglianza sia una finzione. Vivete nel mondo dei sogni, vi dico. Volete credere che se ci sarà qualche segnale di destabilizzazione, ci sarà tempo per reagire e organizzarsi. Ma non funziona così, come sa qualsiasi studente di storia. Le rivoluzioni, come le bancarotte, si manifestano per gradi e poi precipitano di colpo. Un giorno uno si dà fuoco e improvvisamente la gente è in strada, prima che ci si renda conto il paese brucia. E non c’è tempo per salire sul nostro Gulfstream e scappare in Nuova Zelanda. Succede così. E se l’ineguaglianza peggiorerà, succederà».Sembrano le parole dei ragazzi di “Occupy Wall Street”, movimento che pare scomparso nel nulla. Ma il nostro capitalista niente affatto pentito non parla così per paura quanto per interesse. Del paese, della società, ma anche degli stessi ultraricchi dello 0,1%, a quanto cerca di dimostrare nell’analisi che segue. La cui tesi si può riassumere nel titolo dato al post da “Business Insider” (foto di persone in fila negli anni ’30 della Grande Depressione): “Spiacenti, gente, ma i ricchi non creano occupazione”. Hanauer se la prende con il punto di vista “ortodosso” dell’economia politica, e ne smonta alcuni presupposti di fondo: «Sono i ricchi che creano occupazione? Falso. E’ come dire che il seme crea l’albero: magari ne è il presupposto, ma provate a piantare un seme su Marte o nel Sahara. Senza terra buona, acqua, nutrienti non spunterà nulla e il seme morirà. La retorica per cui l’America è grande per via di uomini come me e Steve Jobs è finzione. Se entrambi fossimo nati in Somalia o in Congo saremmo rimasti a vendere frutta all’angolo della strada».L’economia non è un’astrazione, ma un ecosistema complesso di persone reali fra loro interdipendenti. Se i lavoratori hanno più denaro, le imprese hanno più clienti e hanno bisogno di più impiegati. A creare posti di lavoro in ultima istanza sono i clienti, i consumatori, vale a dire la classe media. Non sono i ricchi, come vuole uno dei luoghi comuni dell’economia ortodossa, non sono gli imprenditori, che pure sono una parte importante del processo. La classe media è stata la causa, non la conseguenza, della prosperità goduta nel passato dagli Usa. Alzare il salario minimo costa posti di lavoro, per la legge della domanda e dell’offerta? Falso. Lo aveva ben capito Henry Ford che nel 1914 raddoppiò la paga ai suoi operai (a 5 dollari al giorno, equivalenti a 120 di oggi) affinché potessero permettersi di comprare le auto che producevano. Lo ha capito la città di Seattle, che ha alzato per legge il salario minimo a 15 dollari l’ora da 9 – che era già il 30% in più della media Usa. Risultato: Seattle è con San Francisco la città col tasso di occupazione più alto negli Usa, ed è in assoluto la città che cresce di più.Il problema con la nostra economia – chiosa “Business Insider” – è che quella che una volta era la nostra potente classe media è stata lasciata impoverire da decenni di tagli ai costi e salari stagnanti, e oggi porta a casa una quota molto minore di 30 anni fa, mentre gente come Hanauer e i suoi amici dell’1% si accaparravano fette sempre maggiori di ricchezza, anche dopo la crisi del 2008. Dal 2009 al 2012 il 95% dei guadagni è andato all’1% mentre il 99% è rimasto al palo. Negli ultimi tre decenni i compensi per i Ceo (amministratori delegati, direttori generali, alti dirigenti) sono cresciuti 127 volte più rapidamente di quelli di altre categorie. Dal 1950 il rapporto tra la paga di un Ceo e quella di un lavoratore è aumentato del 1.000%: i Ceo guadagnavano 30 volte il salario medio, oggi il loro stipendio vale 500 volte il secondo. E nessuno ha eliminato i propri alti dirigenti senior, li ha esternalizzati in Cina o ha automatizzato il loro lavoro. Al contrario, ce ne sono molti più di prima.Intanto la classe media veniva falcidiata da politiche fiscali favorevoli all’1%, dalla globalizzazione e da miglioramenti tecnologici senza controlli. Ma veniva strozzata anche dalla nostra ossessione per il profitto a breve termine, dall’ethos prevalente nel mondo degli affari per cui gli impiegati sono visti come “un costo” e le società tengono i loro salari più bassi possibile. E’ un bene per l’economia che i ricchi siano sempre più ricchi? Falso. Il punto è che la classe media spende quasi tutto quello che guadagna, e questa spesa diventa ricavo per società avviate, finanziate o possedute da persone come Hanauer. Ma oggi, con i salari bassi come mai grazie all’avidità e alle corte vedute dell’1%, la classe media non è più in grado di farlo, e ciò si ritorce contro l’economia reale e gli stessi imprenditori. In America infatti i più ricchi – imprenditori, investitori e società – oggi hanno così tanto denaro da non riuscire a spenderlo. Così, invece di ri-pomparlo nell’economia creando guadagni e salari, quel denaro resta in conti di investimento.«Io guadagno all’anno 1.000 volte l’americano medio, ma non compro mille volte più roba. La mia famiglia negli ultimi anni ha comprato tre automobili, non 3.000. Io ho acquistato qualche paio di pantaloni e qualche camicia all’anno, come molti altri americani. Ho comprato due paia dei migliori pantaloni di lana, quelli che il mio partner Mike chiama “pantaloni da manager”. Ma non avrei potuto acquistarne 1.000. Invece ho messo via il mio denaro extra là dove non fa molto bene al paese». Se i 9 milioni di dollari di Hanauer in più dei 10 milioni di guadagni annuali fossero andati a 9.000 famiglie invece che a lui, sarebbero stati pompati di nuovo nell’economia attraverso il consumo. E avrebbero creato più occupazione. Invece stanno nei conti bancari di Hanauer o investiti in società che non hanno abbastanza clienti potenziali a cui vendere. Hanauer stima che se la maggior parte delle famiglie americane portasse a casa la stessa quota di reddito nazionale di 30 anni fa, ogni famiglia avrebbe altri 10.000 dollari di reddito da spendere.Con famiglie più ricche, lo Stato potrebbe davvero diventare più snello, risparmiando su assistenza pubblica, cure mediche gratuite, buoni pasto (oggi fruiti da 44 milioni di cittadini). E anche i più ricchi se ne gioverebbero. Il messaggio finale: «Cari 1%, molti dei nostri compatrioti cominciano a credere che il problema sia il capitalismo in sé. Non sono d’accordo, e credo non lo siate neppure voi. Ma il capitalismo lasciato senza controlli tende alla concentrazione e al collasso. Ecco perché gli investimenti nella classe media funzionano, e i tagli delle tasse ai ricchi invece no. Bilanciare il potere dei lavoratori con quello dei miliardari alzando il salario minimo non è male per il capitalismo, è uno strumento indispensabile per rendere il capitalismo stabile e sostenibile», conclude Hanauer (all’inizio invero esortava a prendere esempio dalle riforme di Franklyn Delano Roosevelt, un po’ più ampie di così). «O possiamo star seduti, non fare nulla e goderci i nostri yacht. Aspettando i forconi».L’analisi di Hanauer riguarda anche l’Italia? Sì, per tre motivi. Perché le disuguaglianze ci sono anche da noi, sia pure meno accentuate che negli Usa; perché le tendenze in America si riflettono altrove, a cominciare dall’Europa; perché, al di là delle riforme indispensabili al nostro paese fermo da decenni, l’economia italiana fa parte del sistema economico globale. Un sistema che fra debiti enormi e disoccupazione vertiginosa non sta affatto bene, come oggi ricorda la Banca dei Regolamenti Internazionali, mentre un rapporto della Banca Mondiale invita esplicitamente a prepararsi per la prossima crisi. Hanauer parla sicuramente nell’interesse dell’economia reale, dei cittadini e delle imprese piccole e medie. Ma alle banche e alle grandi corporations i luoghi comuni dell’ortodossia vanno benissimo. Finanza e multinazionali, compresi i costruttori di armamenti, i colossi dell’high-tech, i giganti della farmaceutica o del web hanno clienti globali, si tratti dell’1% del pianeta (dove addirittura 85 iper-ricchi – non 8.500, né 850, proprio 85 – detengono tanta ricchezza quanta ne possiede la metà della popolazione della Terra) o della classe media che a livello planetario comunque emerge fra varie contraddizioni. E multinazionali e banche & finanza hanno anche le lobby più potenti capaci di “convincere” i politici a fare leggi e norme a loro più favorevoli. Non resta che attendere i forconi, allora, o aspettare la prossima crisi?(Maria Grazia Bruzzone, “Svegliatevi plutocrati, i forconi ci saranno addosso”, da “La Stampa” del 4 luglio 2014).«Probabilmente non mi conoscete, ma come voi sono uno degli 0,1%, un fiero capitalista. Ho fondato, co-fondato e finanziato più di 30 società di ogni genere, da cose piccole come il night club con cui ho cominciato a vent’anni, a giganti come Amazon.com di cui sono stato il primo investitore esterno. Poi ho fondato aQuantitative, una società di pubblicità su Internet che nel 2007 è stata venduta a Microsoft per 6,4 miliardi di dollari. In contanti. Insieme ad amici possediamo una nostra banca. Racconto tutto questo per dimostrarvi che per molti versi non sono molto diverso da voi. Come voi ho una visione ampia degli affari e del capitalismo. E come voi sono stato oscenamente ricompensato per il mio successo, con una vita che gli altri 99,9% di americani non possono nemmeno immaginare. Molteplici case, aereo personale, ecc». Comincia così una sorprendente lettera aperta, pubblicata qualche giorno fa dal sofisticato “Politico.com” e rilanciata da siti di economia & politica come “Business Insider” e “Zero Hedge”, ogni volta con un gran numero di lettori e apprezzamenti.