Archivio del Tag ‘Kelebek Blog’
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Salvini-mania, come conquistare l’Italia con quattro tweet
Ci sarebbe molto da dire sulle immense migrazioni umane dei nostri tempi: la prima è che sono solo sotto un sottoflusso del vorticoso Flusso Globale. I salmoni abituati per milioni di anni a fare il giretto da vivi di un angolino del Pacifico, da morti invece vanno dall’Alaska in Cina e tornano negli Stati Uniti, mentre il CO2 che le navi dispensano per fare questo giro finiscono (semplifico) per riscaldare il clima da noi e bruciare i nostri boschi. Qualunque discorso sulle migrazioni deve partire da qui, o è una perdita di tempo. Ma resto affascinato dalla maniera in cui Salvini è riuscito a trasformare la questione in un meccanismo da cui lui personalmente può solo uscire vincente. Un piccolo racconto immaginario. Facciamo conto che un giorno, un ghanese uccida una ragazza italiana. Nello stesso giorno, due mariti italiani hanno ammazzato le proprie mogli, ma poco importa. Salvini fa subito un tweet, “buttiamo fuori gli stranieri che uccidono!”. Ora, noi sappiamo tutti che nel Grande Cimitero dei Tweet, miliardi e miliardi di chiacchiere inutili dormono ignorate, come è giusto. Invece, a stretto giro di clic, arriva un’ondata di protesta per il tweet di Salvini. In un crescendo che funziona più o meno così: “Salvini dice ‘buttiamo fuori gli stranieri!’”. “Il ministro degli interni sta buttando fuori gli stranieri!”. “Salvini ha buttato fuori gli stranieri dall’Italia!”.Innanzitutto, la questione delle Migrazioni (che come dicevo è solo un sottoflusso, per quanto importante) diventa la questione centrale del paese, esattamente come voleva Salvini. Posto in questi termini, l’esito dello scontro è inevitabile. La maggior parte dei ghanesi si schiererà da una parte, la maggior parte degli italiani dall’altra, con la piccola precisazione che i ghanesi in Italia non votano. Ma soprattutto, succederà un’altra cosa. In Italia, tutti pensano che i politici siano fanfaroni. Li votiamo per fare i miracoli, poi non combinano niente e ci arrabbiamo. Pensate al mago Renzi, che ancora gli ridono dietro. Ma con Salvini, è diverso. Poniamo che io abbia votato per Salvini perché mi sta antipatico il gruppetto di quattro spacciatori tunisini dal coltello facile che bighellona in piazza (e non conosco i cento tunisini che fanno i muratori e tornano stanchi morti la sera). Incredibile… leggo che Salvini è riusciti a buttare fuori gli stranieri, e non lo dice lui: lo dicono persino i suoi avversari! All’inizio diffidavo, ma adesso ci credo sul serio! Cercavo i fatti concreti e li ho avuti. Il giorno dopo, gli spacciatori tunisini stanno sempre lì, ma questo non lo fa notare nessuno, anche se per smontare Salvini e mandarlo a casa, sarebbe bastato dire, “il cretino fa il duro alla tastiera, ma gli spacciatori stanno sempre lì!”.Questo non lo dice nessuno, perché quelli che se la prendono con Salvini, hanno bisogno di avere paura di lui. Se non esistono i draghi, che gusto c’è a salvare le vergini e sentirsi San Giorgio? Tutta la retorica della parte avversa è drammatica, “mai sottovalutare, il mostro può risvegliarsi in ogni momento, siamo nell’agosto del 1939!”. Quindi l’ipotesi che Salvini sia un fanfarone, non è nemmeno contemplabile. Mentre Salvini Fa i Fatti (con tanto di certificazione avversaria), i suoi nemici si crogiolano in un brodo emotivo, che da una parte è fatto di buoni sentimenti (buoni davvero, non è ironia), dall’altra di rabbia incontrollata. E i Fatti vincono facilmente sulle Emozioni. Anche quando non esistono, ma tutt’e due le parti concordano che sono reali. Ora, qualcuno potrebbe anche sottrarsi a questo gioco, ricordando che esistono questioni molto più importanti (come il fatto che tra poco dovremo stare tutti con l’aria condizionata accesa a dicembre, solo che non essendoci più il lavoro, non avremo come pagarcela). Ma anche se lo fa, ci sarà sempre un numero sufficiente di gente che ci cascherà e manterrà in vita il meccanismo. Come conquistare l’Italia con quattro tweet.(Miguel Martinez, “Salvini, Salvini e ancora Salvini!”, da “Kelebek Blog” del 15 ottobre 2018).Ci sarebbe molto da dire sulle immense migrazioni umane dei nostri tempi: la prima è che sono solo sotto un sottoflusso del vorticoso Flusso Globale. I salmoni abituati per milioni di anni a fare il giretto da vivi di un angolino del Pacifico, da morti invece vanno dall’Alaska in Cina e tornano negli Stati Uniti, mentre il CO2 che le navi dispensano per fare questo giro finiscono (semplifico) per riscaldare il clima da noi e bruciare i nostri boschi. Qualunque discorso sulle migrazioni deve partire da qui, o è una perdita di tempo. Ma resto affascinato dalla maniera in cui Salvini è riuscito a trasformare la questione in un meccanismo da cui lui personalmente può solo uscire vincente. Un piccolo racconto immaginario. Facciamo conto che un giorno, un ghanese uccida una ragazza italiana. Nello stesso giorno, due mariti italiani hanno ammazzato le proprie mogli, ma poco importa. Salvini fa subito un tweet, “buttiamo fuori gli stranieri che uccidono!”. Ora, noi sappiamo tutti che nel Grande Cimitero dei Tweet, miliardi e miliardi di chiacchiere inutili dormono ignorate, come è giusto. Invece, a stretto giro di clic, arriva un’ondata di protesta per il tweet di Salvini. In un crescendo che funziona più o meno così: “Salvini dice ‘buttiamo fuori gli stranieri!’”. “Il ministro degli interni sta buttando fuori gli stranieri!”. “Salvini ha buttato fuori gli stranieri dall’Italia!”.
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E’ l’ultimo giovane maschio del villaggio, arriverà anche lui
Il sito del “Guardian” riporta una delle grandi interviste della storia. È con Goundo Wandianga, l’ultimo giovane maschio rimasto in un tipico villaggio del Senegal, seduto su un copertone, perfetto simbolo del grande agitarsi del mondo che finisce in discarica. Indossa jeans con regolamentare buco ad altezza ginocchio e maglietta, sullo sfondo alcune capanne di argilla e paglia. Tutti gli altri sono partiti, “Barça ou Barzakh”, “Barcellona o Morte”, rischiando la vita per mari e deserti, per poter arrivare in Europa. Paradossalmente, si spende di più per pagare i viaggi dei figli in Europa, di quanto ritorni nei villaggi sotto forme di rimesse (pensiamo alle dimensioni economiche dell’industria delle migrazioni). Spiega il responsabile regionale di quello che si chiama pittorescamente lo sviluppo: «Nei villaggi, restano solo gli anziani, le donne e i bambini. Non ci sono giovani, perché non c’è nulla che li trattenga. Non c’è nulla che un giovane maschio possa fare, nemmeno per comprarsi una tazza di tè o una sigaretta. E non c’è una famiglia che voglia che i suoi figli rimangano».Non c’è nulla che si possa fare, per due motivi. Il primo è che i prezzi delle derrate alimentari sono così bassi, che l’agricoltura non può più dare un reddito; il secondo è che il degrado del suolo e la siccità legata al cambiamento climatico la renderebbero comunque impraticabile. Da una parte, la Roba che trabocca non si limita ai vestiti di plastica, ma invade tutto l’immenso campo dell’agricoltura industriale, che nel Senegal ha trovato storicamente una delle sue più grandi e criminali fabbriche (rileggere “Voyage au bout de la nuit”). Dall’altra, proprio questo meccanismo dell’apparente abbondanza mina la sopravvivenza della vita stessa. Ora, il Senegal è uno dei paesi più stabili dell’Africa. Se capiamo perché persino lì, tutti i giovani maschi se ne vanno, capiremo perché il “Terzo Mondo” rischia di fare la fine dei villaggi di montagna dell’Italia: il Molise oggi ha meno abitanti di quanti ne avesse nel 1861. Solo che i nostri villaggi di montagna si sono svuotati con un futuro immaginario davanti: tutto il continente delle Americhe da saccheggiare, o almeno una civiltà industriale da creare in pianura.Per capire quello che attende i giovani maschi di oggi, faccio un giro mentale tra i nostri senegalesi. Eccoveli… C’è il posteggiatore abusivo di una certa età (l’altro giorno aveva steso un cartone tra le auto per pregare). C’è Magoro che vende fazzolettini davanti al supermercatino e Bakari che li vende davanti al fornaio (Bakari fa anche da meteorologo predicendo alle signore se domani pioverà o no). C’è Fatouma, che lavora saltuariamente facendo le pulizie nelle case, suo marito è disoccupato più o meno da sempre e si cerca tutti di dare una mano al loro figlio. C’è Ali, che mentre scappava dai vigili con le borse Gucci contraffatte sottobraccio ha conosciuto una ragazza italiana, e adesso hanno un figlio. Ali ora fa il meccanico in una piccola officina. Ah, e c’è anche un senegalese che ha avuto un po’ di successo, prima mondano e poi mediatico, facendo il Negro Immagine in un locale notturno dove spacciava cocaina e finendo per ammazzare una ragazza americana in un integrato impeto di movida fiorentina. L’elenco è significativo.Tolto l’ultimo personaggio, si tratta decisamente di brava gente, che non ha problemi con gli autoctoni. Anzi, contribuiscono a salvaguardare il carattere popolare del rione. Ma con un’eccezione, campano di espedienti di dubbia legalità (che poi dipendono tutti esclusivamente da un sistema basato sui contanti che ovunque si cercano di far scomparire). E non brilla nemmeno la stella dei meccanici artigiani, a pensarci. Noi tendiamo a pensare a queste cose in maniera episodica. Pensiamo che ci sia una guerra localizzata nella Siria che secondo i punti di vista genera bambini in fuga oppure terribili Terroristi Islamici (che poi hanno fatto appena 17 azioni in un anno in un continente delle dimensioni dell’Europa). Oppure pensiamo che ci sia qualche altro fatto qua e là che porta alcuni a cercare di venire in Europa, e anche lì i pareri si dividono moralisticamente tra chi li vede come delinquenti invasori e chi li vede come futuri imprenditori che già da oggi ci aiutano a pagare le pensioni. Eppure il vero quadro ha poco di moralistico. C’è un pianeta che è stato unificato al prezzo della sua devastazione. La maggior parte degli abitanti di quel pianeta si appresta ad andarsene da luoghi ormai invivibili, per concentrarsi in pochi luoghi urbani: alcune megalopoli asiatiche e la megalopoli sconfinata del cosiddetto “Occidente”. Questo però avviene quando, per la prima volta nella storia, le braccia umane non servono quasi più e non è rimasto un angolo libero del pianeta da sfruttare.(Miguel Martinez, “L’ultimo giovane maschio del villaggio”, da “Kelebek Blog” dell’11 gennaio 2107, ripreso da “Megachip”).Il sito del “Guardian” riporta una delle grandi interviste della storia. È con Goundo Wandianga, l’ultimo giovane maschio rimasto in un tipico villaggio del Senegal, seduto su un copertone, perfetto simbolo del grande agitarsi del mondo che finisce in discarica. Indossa jeans con regolamentare buco ad altezza ginocchio e maglietta, sullo sfondo alcune capanne di argilla e paglia. Tutti gli altri sono partiti, “Barça ou Barzakh”, “Barcellona o Morte”, rischiando la vita per mari e deserti, per poter arrivare in Europa. Paradossalmente, si spende di più per pagare i viaggi dei figli in Europa, di quanto ritorni nei villaggi sotto forme di rimesse (pensiamo alle dimensioni economiche dell’industria delle migrazioni). Spiega il responsabile regionale di quello che si chiama pittorescamente lo sviluppo: «Nei villaggi, restano solo gli anziani, le donne e i bambini. Non ci sono giovani, perché non c’è nulla che li trattenga. Non c’è nulla che un giovane maschio possa fare, nemmeno per comprarsi una tazza di tè o una sigaretta. E non c’è una famiglia che voglia che i suoi figli rimangano».