Archivio del Tag ‘La Repubblica’
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Alberto Cesa, perduto caposcuola dell’epopea folk
Alberto Cesa ci manca dal 6 gennaio di quest’anno, quando la sua morte privò la scena musicale italiana di un artista intelligente e di un ricercatore appassionato. “Cantovivo”, il gruppo che egli fondò nel 1974 insieme con Donata Pinti, è stato la testimonianza concreta di una passione che ha guidato l’intera esistenza di Alberto: l’amore per le voci autentiche del popolo, fossero ballate e danze dell’antica tradizione cittadina, o canti di lotta e di ribellione degli uomini e donne che in ogni angolo della terra hanno combattuto e combattono per la pace, per la giustizia e per la libertà. «Ideali in cui Alberto credeva profondamente, e al cui servizio mise la musica della sua ghironda, creando un linguaggio nuovo, che coniugava tradizione e attualità».
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Monicelli e l’epica italiana: cialtrona, ma grande
«Se dovessi essere costretto a una vita che non è vita, la farei finita anch’io». Mario Monicelli me lo disse anni fa, a casa sua nel rione Monti. Erano i giorni del caso Welby. Sembrava più una presa di posizione intellettuale di un grande laico che non una confessione personale. A novant’anni era ancora bellissimo, elegante, ironico, sempre dentro qualche battaglia. L’altro giorno era ancora in piazza a protestare contro i tagli alla cultura. Questa notte ha deciso lui dove mettere la parola fine. Con Monicelli se ne va un genio e un maestro del cinema, anche se entrambe le definizioni l’avrebbero fatto sorridere.
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Terzo polo al 16%: così l’Ulivo sorpassa il centro-destra
Il terzo polo cresce al centro, togliendo voti al centro-destra a tutto vantaggio del centro-sinistra: secondo l’ultima rilevazione Demos, Pdl e Lega Nord non vanno oltre il 36,7%, mentre il “nuovo Ulivo” grazie soprattutto a Vendola e Di Pietro supererebbe il 38% dei consensi, raggiungendo quota 40,2 con anche i comunisti di Ferrero. Per la prima volta dopo molto tempo, scrivono Roberto Biorcio e Fabio Bordignon su “Repubblica”, si profila un ribaltamento dei rapporti di forza tra destra e sinistra. Un italiano su due vuole nuove elezioni: le avrà, se a metà dicembre dopo il voto sulla Finanziaria il premier non sarà riuscito a rimediare all’emorragia dei finiani.
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Si vota, ma solo per la Camera: elezioni ad personam?
Silvio Berlusconi come Matteo Renzi: i leader del centrosinistra, dice il premier, ripetendo una battuta del sindaco di Firenze, hanno un’età in cui i leader stranieri come Blair ormai scrivono le loro memorie: i nostri «professionisti della politica» possono aspirare a Palazzo Chigi «solo attraverso decisioni di palazzo, agendo come se la gente non esistesse», dice Berlusconi intervenendo alla convention “Dalla parte del Cavaliere”, in cui annuncia il suo piano: fiducia al Senato, ed eventuali elezioni solo per la Camera se il governo non dovesse reggere al voto dei deputati. Coro di fischi tra gli avversari, da Fini a Bersani: tocca al Quirinale decidere, quello del premier è «un escamotage preoccupante». Siamo arrivati alle “elezioni ad personam”?
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Pollock e gli altri: finanziati dalla Cia, a loro insaputa
Quanti best seller, quanta parte del mercato delle idee, quante fortune artistiche sono innescate dalle leve e i guinzagli lunghi del potere, disposto per perpetuarsi a farsi perfino occasionalmente contestare? Pollock, Rothko e Motherwell non lo sapevano, ma la loro corrente fu sostenuta dall’intelligence americana negli anni ‘50 e ‘60. Lo rivela l’ex funzionario dell’agenzia Donald Jameson, che spiega anche il perché: bisognava rilanciare l’immagine degli Usa dopo il maccartismo. Un articolo comparso su “Repubblica” racconta in modo esemplare come funziona il “soft power” di un impero, ossia come si esercita l’egemonia attraverso l’uso di leve culturali lunghissime.
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Addio welfare europeo: Bruxelles suicida il futuro
Negli ultimi cinquant’anni il modello sociale europeo ha migliorato la vita di decine di milioni di persone, convinte che il destino dei figli sarebbe stato migliore di quello dei genitori. Ora il sogno è finito: i governi dicono che ormai, per non morire di debito pubblico, è necessario tagliare tutto: pensioni, sanità, scuola, università, salari e diritti. Questo spiega la rivolta degli studenti inglesi, le manifestazioni francesi contro i tagli delle pensioni e l’agitazione dalla Fiom in difesa del lavoro. L’Europa incolpa la crisi e l’eccessivo costo del welfare? Peccato, scrive il sociologo Luciano Gallino, che le entrate siano diminuite prima ancora della crisi: dal 2000, i ricchi hanno pagato sempre meno tasse.
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No alla scuola solo per i ricchi: guerriglia a Londra
No alla scuola solo per i ricchi: la grande crisi colpisce al cuore l’Europa, a cominciare dall’Inghilterra. Oltre 50.000 tra studenti e ricercatori hanno messo Londra a ferro e fuoco, assediando la sede dei Tory per protestare contro il drastico rincaro delle rette universitarie: il costo è stato triplicato dal governo conservatore di David Cameron, impegnato a tagliare i fondi pubblici all’istruzione nell’ambito della controversa manovra per ridurre il catastrofico deficit inglese. Risultato: oggi una laurea a Londra costerebbe quasi 50.000 euro, visto che la retta universitaria – che dieci anni fa costava mille sterline l’anno e Tony Blair portò a tremila – oggi è salita a 9.000 sterline, pari a 11.000 euro.
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Crisi, l’America impaurita non si fida più di Obama
Barack Obama incassa una dura sconfitta, ma evita una débacle irrimediabile: nelle elezioni di medio termine i democratici franano alla Camera ma conservano il Senato. Un rovescio che rientra nel tradizionale ciclo politico americano: andò peggio a Reagan, Clinton e Bush, che a metà legislatura persero entrambi i rami del Parlamento. Ma i precedenti storici non bastano ad evitare lo choc, scrive Federico Rampini su “Repubblica”, perché alla Camera le dimensioni dell’avanzata repubblicana sono travolgenti: è il più grosso ribaltamento dei rapporti di forze dal 1948. «In due anni – rileva Rampini – Obama sembra avere dilapidato gran parte del patrimonio di consensi, l’aureola di carisma, l’alone di speranza che avevano circondato la sua vittoria nel 2008».
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Antiberlusconiani? Troppi concorrenti, rissosi e divisi
Nonostante «vocina chioccia e taglia sovrappeso», Beppe Grillo, «mercuriale comico genovese riciclatosi in profeta», ha preso le distanze dalla protesta popolare organizzata dalla Fiom il 16 ottobre in nome dei diritti del lavoro e contro la “dittatura” della Casta. Perché Grillo non ha aderito? «L’ermeneutica del sospetto», scrive Pierfranco Pellizzetti su “Repubblica”, «ci porta subito a dire che nell’area emotiva dell’antiberlusconismo duro e puro sta dilagando il nervosismo. Per una ragione semplicissima: il sovraffollamento». Di Pietro, Vendola, Grillo. Se poi ci si mette anche la Fiom, si fa serrata la concorrezza per aggiudicarsi quel 10-15% di elettori arrabbiati. Perché invece non pensare ad unirsi?
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Sepùlveda: Cile ipocrita, pensi alla sicurezza dei minatori
«Quando ci colpisce un temporale o ci scuote un terremoto, quando il Cile non può più essere sicuro delle sue mappe, dico infuriato: viva il Cile, merda!». Cita queste parole del poeta Fernando Alegrìa lo scrittore Luìs Sepùlveda, per spiegare che il suo «è un paese che cresce nelle tragedie», salutando la liberazione dei 33 “mineros” estratti in salvo tutti quanti, dopo settanta giorni, dalla miniera San José nel deserto di Atacama. Autore di un intervento per il quotidiano “La Repubblica”, Sepulveda critica il trionfalismo del governo cileno: è il primo responsabile, accusa lo scrittore, del dramma che ha imprigionato in fondo al pozzo i minatori, costretti a lavorare senza le necessarie condizioni di sicurezza.
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Zoo Italia: industriali, avviso di sfratto per Berlusconi
Lo Zoo Italia, di cui qualcuno ha pericolosamente aperto i cancelli liberando le fiere (copyright il capo della Fiat Sergio Marchionne), non è nutrito soltanto delle contestazioni all’accordo Fiat di Pomigliano, ma di ben altro: è lo zoo di un paese che ha perso il senso delle istituzioni, della serietà, del rigore, in una parola dell’etica e del senso dello Stato, cedendo a una cultura disastrosa che alza continuamente la tensione sociale, nutrito persino nelle sue massime espressioni istituzionali di bestemmie, barzellette sugli ebrei e delegittimazioni continue degli organi di controllo democratico. Un’involuzione ormai impossibile da spiegare in giro per il mondo, dove le democrazie vivono di fatti e di regole.
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Manipolazioni: Wikipedia sigilla la biografia di Fini
Gli hanno messo un “lucchetto” rosso, per proteggerlo. Uno scudo virtuale per salvare la sua pagina Wikipedia dagli interventi di vandali, elettori delusi, sicari elettronici, pronti a riscrivere la sua biografia online. Sulla libera enciclopedia web, la voce “Gianfranco Fini” è ora considerata ad alta criticità e gode della massima protezione: possono modificarla solo gli amministratori del sito. Mentre il governo off-shore di Santa Lucia fa sapere che è autentica la lettera in cui “risulterebbe” di proprietà del cognato, Giancarlo Tulliani, il contestato alloggio di Montecarlo (immediata la smentita dei finiani: il presidente della Camera annuncia una clamorosa video-replica), Wikipedia fa un’eccezione alla regola per tutelare Fini.