Archivio del Tag ‘mafia’
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Vaticano SpA: tangenti e mafia, finanza criminale
Paolo VI affida il trasferimento all’estero dei fondi vaticani a un laico e a un sacerdote: il laico si chiama Michele Sindona e porta con sé i capitali della mafia, il sacerdote-finanziere amico degli Usa si chiama Paul Marcinkus. E’ Sindona a presentare a Marcinkus il banchiere Roberto Calvi. I tre arrivano a manipolare gli andamenti della Borsa di Milano con le società vaticane che finiscono a Calvi via Sindona. Eletto Papa Albino Luciani, uomo di altissimo rigore morale, il giornalista Mino Pecorelli pubblica i 121 nomi di esponenti vaticani che sarebbero affiliati alla massoneria. Luciani intende far piazza pulita e liberarsi di Marcinkus: lo confida al segretario di Stato vaticano la sera del 28 settembre 1978 e la mattina dopo sarà trovato morto. Pecorelli sarà ucciso sei mesi dopo.
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Suicidi eccellenti: se il potere elimina testimoni scomodi
Morti sospette: cadaveri magari rinvenuti nel fango ma con suole pulitissime e pistola addirittura infilata nella cintura, senza tracce di impronte digitali sull’impugnatura. Suicidi? Così furono classificati. “Tre suicidi eccellenti”, come recita il titolo dell’ultimo libro del magistrato Mario Almerighi, già autore di “I banchieri di Dio” e “Petrolio e politica”, ora concentrato sulla triplice sparizione dei personaggi chiave della maxi-tangente Enimont, cuore nero del caso Tangentopoli. Si tratta del direttore delle Partecipazioni statali Sergio Castellari, del presidente dell’Eni Gabriele Cagliari e di Raul Gardini, il re della chimica italiana. Tre uomini di potere: finiti sotto inchiesta, si erano decisi a parlare. E sono morti proprio poche ore prima di raccontare la loro verità all’autorità giudiziaria.
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Ultimo mistero: tutti rimpiangono il pessimo Cossiga
Non avrei mai creduto, di fronte alla scomparsa dell’ex presidente Francesco Cossiga, di trovare nel mondo politico italiano una così grande ed estesa unanimità di giudizi. Sembrano passati secoli piuttosto che anni dai contrasti che avevano accompagnato le “picconate” dei primi anni novanta con le quali l’uomo politico sardo aveva caratterizzato gli ultimi due anni di permanenza al Quirinale, dopo che nel ’91 il maggior partito di opposizione aveva tentato addirittura di destituirlo, con la procedura di impeachment, dalla più alta carica dello Stato anche per i suoi violenti attacchi a un vero servitore dello Stato quale è stato il prefetto generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e al giudice Livatino, che apostrofò come il “giudice ragazzino”, entrambi assassinati da Cosa Nostra.
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Minacce di morte: Feltrinelli ferma “Don Vito”
Minacce di morte? Meglio fermare le presentazioni del libro. Lo ha deciso l’editore, Feltrinelli, sospendendo gli incontri pubblici per il lancio del volume “Don Vito”, storia oscura degli intrecci fra “pezzi dello Stato” e la Palermo di Vito Ciancimino, dominata da Cosa Nostra. Le minacce, spiega l’editore in una nota, sono giunte «ad uno degli autori e ai suoi familiari». Il libro è stato realizzato da Massimo Ciancimino, figlio di “don Vito” e ora prezioso collaboratore dell’inchiesta sulla presunta “trattativa Stato-mafia” del ’93, e il giornalista Francesco La Licata, grande esperto di mafia. Un libro illuminante, conferma il grande giallista siciliano Andrea Camilleri.
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Bocca: in Italia la mafia ha più fortuna della democrazia
Che cosa vuol dire super partes? Peraltro, è giustificato rimanersene super partes quando tutto ti rotola attorno? Se ho una critica per Napolitano, è proprio per la sua freddezza, per la sua distanza. Francamente, certe volte, non capisco il suo silenzio. Di fronte a un’emergenza come quella che stiamo vivendo, popolata di ladri e truffatori, credo che dovrebbe sentire il bisogno di intervenire più spesso. Nella crisi devastante del paese, ci sta anche la crisi dell’informazione. Informazione di regime: televisioni, giornali… asserviti, con rare eccezioni. Berlusconi riesce a imporre ovunque la sua visione propagandistica delle cose. Gli basta mezzo punto in percentuale in più di qualcosa per gridare al miracolo
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Traffico di organi nel Kosovo controllato dalla Nato
Centomila euro: è il valore di un rene – umano – sul mercato nero. Quello del traffico di organi è uno dei business su cui si regge l’economia criminale del Kosovo, la cui indipendenza affrettata dagli Usa è stata appena convalidata dall’Onu, nonostante l’opposizione della Serbia. Il Kosovo, “liberato” dieci anni fa dalla Nato e affidato alla debole amministrazione delle Nazioni Unite, è il terreno di caccia ideale per i “lupi nella nebbia”, gli sciacalli del narcotraffico che, smesse le uniformi indipendentiste dell’Uck, ora governano l’ex regione serba sotto la protezione degli Usa, che vi hanno installato una gigantesca base militare. Il Kosovo? Armi e mafia, moltissima droga e, appunto, traffico di organi.
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Lupi nella nebbia: Usa-Kosovo, l’impero dell’eroina
Il Kosovo? Un narco-Stato, dove l’ex Uck – nata come esercito di liberazione anti-serbo e ora alleata con la ‘ndrangheta calabrese – si trova al centro di un network criminale internazionale, sotto la tacita protezione degli Usa. L’eroina arriva dall’Afghanistan e, una volta a Pristina, viene smistata sul mercato europeo. L’eroina e non solo quella: i clan mafiosi al governo del Kosovo campano anche di altri business pericolosi, armi e persino traffico di organi. Lo denuncia il primo libro-inchiesta pubblicato in Italia a 10 anni dalla “liberazione” del Kosovo: un’indagine giornalistica esemplare, che illumina una realtà sconvolgente, che le autorità fingono di ignorare.
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Falcone e Borsellino, lo Stato che oscura la verità
Sono trascorsi diciotto anni dalla strage di via D’Amelio. Diciotto anni da quella di Capaci. Diciassette dalle bombe di Milano, Firenze e Roma. E ancora oggi non conosciamo la verità su quanto accaduto in quegli anni. Così come non sappiamo la verità sulle morti di Antonino Agostino ed Emanuele Piazza, o perché Vincenzo Scarantino si sia autoaccusato di aver procurato l’autobomba che ha ucciso Paolo Borsellino e la sua scorta. La lista dei misteri potrebbe continuare ancora e a lungo. Di sicuro, sappiamo che lo Stato che commemora non è ancora riuscito a garantire la giustizia per i suoi giudici, i suoi poliziotti, i suoi cittadini assassinati. E sappiamo anche che c’è uno Stato che ha agito perché non si arrivasse alla verità sulle stragi di mafia
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Pdl sordo sulla legalità? Granata: allora espelleteci tutti
Conoscete Mauro La Mantia? Io lo conosco da 16 anni. Lo ricordo adolescente, con il megafono, alla prima fiaccolata per Paolo Borsellino. Ne ho poi seguito le lotte studentesche e universitarie, la crescita politica fatta di sacrificio e militanza, fino al meritato riconoscimento del coordinamento dei nostri giovani in Sicilia, protagonista insieme a Carolina e tanti altri ragazzi siciliani di quella trama di lotte e memorie che ancora oggi ricorda ai palermitani che è meglio un giorno da Borsellino che cento da Ciancimino. Mauro non appartiene a Generazione Italia. Non è “finiano”… ma è bastata un parola di condanna e indignazione contro il nuovo processo di beatificazione del mafioso Mangano dal pulpito di una condanna a 7 anni per associazione mafiosa a farlo mettere in croce.
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Camilleri: Provenzano, Dell’Utri e la vera trattativa
La trattativa Stato-mafia ci fu, ma non risale all’epoca del “papello” con cui Totò Riina dettò a Vito Ciancimino le condizioni di Cosa Nostra, nell’intervallo tra le due stragi del ’92 costate la vita a Falcone e Borsellino. Al contrario, il “papello” servì a mettere fuori gioco lo stragista Riina per poter poi avviare, solo dopo il suo arresto, la trattativa vera: fra Provenzano e la politica, una volta uscita finalmente dal terremoto di Tangentopoli che rendeva instabili i governi e irrealizzabili le leggi a favore della mafia. Lo sostiene il giallista Andrea Camilleri, presentando “Don Vito”, il libro-inchiesta su Vito Ciancimino scritto dal figlio, Massimo Ciancimino, col giornalista Francesco La Licata.
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Bavaglio: mani legate ai giudici, altro no dall’Europa
Mentre in Italia riprende la polemica sulla legge-bavaglio con la manifestazione nazionale del 1° luglio all’indomani della condanna di Marcello Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa, dall’estero arriva la terza bocciatura al disegno di legge sulle intercettazioni. Dopo quella del Dipartimento di giustizia americano e quella dell’Ocse, è il Greco (Gruppo di Stati contro la corruzione) a prendere posizione: «Questa legge potrà creare gravi difficoltà alla lotta alla criminalità organizzata», afferma Drago Kos, già noto come lo “zar” della guerra alle tangenti quando dirigeva la polizia slovena. Oggi, Kos è a capo di questo importante organo del Consiglio d’Europa, che vigila sulle misure legislative per la lotta alla corruzione.
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Pisanu: Stato-mafia, la trattativa ci fu
Carcere duro, legge sui pentiti e confisca dei patrimoni mafiosi: per spuntare queste tre armi strategiche, Cosa Nostra all’inizio degli anni ’90 tentò di convincere lo Stato, con le maniere forti (la stagione delle bombe) ma anche con la diplomazia sotterranea: la trattativa segreta ci fu. Lo ha affermato il 30 giugno l’ex ministro Giuseppe Pisanu, Pdl, ora presidente della Commissione Antimafia. Tra governo italiano e cupola mafiosa «qualcosa del genere» di una trattativa «ci fu», ha scritto Pisanu nella sua relazione, «e Cosa Nostra la accompagnò con inaudite ostentazioni di forza». Obiettivo della trattativa: sabotare l’azione antimafia intrapresa dal pool palermitano di Falcone e Borsellino, sorretta da efficaci strumenti repressivi.