Archivio del Tag ‘Mark Esper’
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La mannaia di Crimi sulle slot: a rischio 150.000 lavoratori?
Cartellino rosso per Vito Crimi, il grillino che in un tweet si augura che diventi permanente il lockdown per le slot machine. «A parte il fatto che non si capisce come un personaggio di tale mediocrità possa essere “capo politico” di alcunché – afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt – vengono i brividi all’idea dello “Stato etico” e proibizionista, che nel caso della droga (come anche nella storica crociata contro l’alcol negli Usa) ottiene l’unico risultato di far esplodere il business della criminalità organizzata». Protesta Claudio Testa, dirigente del Movimento Roosevelt: «E’ inconcepibile anche solo ipotizzare il taglio di quello che è il terzo comparto industriale italiano, dopo Eni e Fiat, visto che vale 103 miliardi di euro l’anno: il settore “gioco legale” (che include le slot, i gratta & vinci e il Superenalotto) è formato da 12.200 aziende, pari a 150.000 posti di lavoro, tra concessionari e noleggiatori, installatori, bar e altri esercenti. O forse Crimi pensa che questi siano lavoratori di serie B?».Per Testa, quelle di Crimi sono «affermazioni a dir poco offensive», oltre che allarmanti, specie in un momento come questo. Ma attenzione al trucco, avverte Testa: tanto clamore moralistico contro il “gioco d’azzardo lecito” nasconde un’ipocrisia. «Fino a qualche anno fa, ai giocatori (come speranza di vincita) andavano 86 miliardi l’anno. Ora invece il prelievo fiscale dello Stato è salito al 24%, lasciando ai giocatori solo il 68%». A emettere ordinanze restrittive invocando la salute pubblica “minacciata da ludopatia e dipendenze” sono Regioni e Comuni, tuttora esclusi dalla ripartizione delle entrate fiscali generate dai giochi. «Faccio un’ipotesi, e mi assumo la responsabilità di quello che dico», accusa Testa: «Se del suo 24% lo Stato lasciasse l’1-2% agli enti locali, vi assicuro che tutto questo interesse per la ludopatia sparirebbe all’istante». Aggiunge Testa: «Seguite i soldi, se volete la verità. E ancora una volta scoprirete che, dietro alla preoccupazione sbandierata per la salute pubblica, ci sono interessi assai meno nobili, cioè economici e di tornaconto personale di qualche politico».Per Testa e Magaldi, sul caso delle slot si ripete lo schema del coronavirus: col pretesto della salute si perseguono altri interessi, di business e di controllo sociale. «Lo “Stato etico” evoca il sinistro modello cinese, senza libertà», dichiara Magaldi, tra i primi a puntare il dito contro Pechino e l’Oms, con i suoi partner anche occidentali. L’imputazione? Scarsa trasparenza nella gestione dell’emergenza Covid: verità occultata e allarme lanciato in grave ritardo. «Ora si moltiplicano le denunce in questo senso e si intentano anche cause legali, a livello internazionale», osserva il giornalista Andrea Giannotti, altro esponente “rooseveltiano”. Senza contare l’impegno istituzionale dei politici Usa: prima Trump, poi Mike Pompeo e ora Mark Esper, ministro della difesa. «Siamo stati i primi – ricorda Magaldi – a denunciare l’opacità del caso-coronavirus, manipolato da forze sovranazionali che utilizzano il sistema-Cina per tentare di instaurare una post-democrazia autoritaria, in Occidente, condizionata dallo strapotere di una nuova, inquietante polizia sanitaria. E siamo solo all’inizio di un’operazione-trasparenza che, ne siamo convinti, potrebbe riservare grosse sorprese».Cartellino rosso per Vito Crimi, il grillino che in un tweet si augura che diventi permanente il lockdown per le slot machine. «A parte il fatto che non si capisce come un personaggio di tale mediocrità possa essere “capo politico” di alcunché – afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt – vengono i brividi all’idea dello “Stato etico” e proibizionista, che nel caso della droga (come anche nella storica crociata contro l’alcol negli Usa) ottiene l’unico risultato di far esplodere il business della criminalità organizzata». Protesta Claudio Testa, dirigente del Movimento Roosevelt: «E’ inconcepibile anche solo ipotizzare il taglio di quello che è il terzo comparto industriale italiano, dopo Eni e Fiat, visto che vale 103 miliardi di euro l’anno: il settore “gioco legale” (che include le slot, i gratta & vinci e il Superenalotto) è formato da 12.200 aziende, pari a 150.000 posti di lavoro, tra concessionari e noleggiatori, installatori, bar e altri esercenti. O forse Crimi pensa che questi siano lavoratori di serie B?».
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Usa-Cina, la guerra sporca del coronavirus. Le vittime: noi
Epidemia artificiale, virus da laboratorio appositamente coltivato: attacco alla Cina da parte degli Usa o, addirittura, mossa cinese per contagiare l’Occidente e “vaccinarsi”, in anticipo, da qualsiasi analoga minaccia occidentale? Tutte domande che Simone Galgano riassume in tre possibili scenari, per spiegare il boom del coronavirus, partito in sordina con la notizia del primo contagio a Wuhan, a fine 2019. Premessa geopolitica: gli Usa hanno messo la Cina nel mirino, accusandola di competere in modo sleale nel mercato globale (prodotti a basso costo, senza tutele per i lavoratori e per l’ambiente). Ma fu proprio l’élite del capitalismo occidentale ad affidare al Sud-Est Asiatico il ruolo di “manifattura del pianeta”, che poi i cinesi hanno interpretato alla perfezione. Il potere globalista sapeva benissimo che la delocalizzazione delle industrie avrebbe creato disoccupazione in Occidente, e che il nuovo turbo-capitalismo cinese (controllato dall’oligarchia comunista) avrebbe messo in crisi l’Europa e gli Stati Uniti, imponendo prezzi insostenibilmente bassi. Oggi la leadership Usa “si ricorda” improvvisamente che la Cina non è democratica.Per inciso: Pechino detiene una fetta rilevante del mostruoso debito estero statunitense, il maggiore del mondo (gli Usa consumano, ma il costo lo scaricano sui cinesi). Comodo, oggi, per il debitore insolvente, dichiarare guerra proprio alla Cina, il creditore: guerra ufficiale, con i dazi, e guerra segreta a colpi di virus? L’ipotetica “guerra batteriologica Usa” è il primo dei tre scenari esplorati da Galgano, sul blog “Maestro di Dietrologia”. La cronistoria è precisa. Nel 2017, proprio a Wuhan (l’avanzatissima Silicon Valley cinese) viene aggiornato un importante centro di ricerca di livello 4: oltre al personale cinese operano l’Oms, scienziati inglesi e americani. Obiettivo delle ricerche: un progetto condiviso per la salute pubblica mondiale. Il laboratorio esiste dal 2014, e nel 2015 viene brevettato un vaccino per un nuovo ceppo di coronavirus, molto più pericoloso dell’attuale, grazie anche agli ingenti fondi della Commissione Europea e della Fondazione Gates. A marzo 2019, il Canada invia un pacchetto di virus letale da studiare in caso di contagio a Wuhan. Operazione inizialmente segreta, poi desecretata dallo stesso governo cinese, preoccupato per la pericolosità della circolazione di tali agenti patogeni nel suo territorio.Il 18 ottobre del 2019, il Global Security Studies della John Hopkins University, di concerto con la Fondazione Gates, Bloomberg e il World Economic Forum, riunisce 15 leader mondiali (politici, economisti, filantropi, scienziati e militari) per simulare una pandemia partita ipoteticamente dal Brasile. Lo studio, chiamato Evento 201, riproduce virtualmente un’emergenza di 18 mesi per una pandemia globale, con 65 milioni di morti. Precisamente, l’Evento 201 simula lo scoppio di un coronavirus “zoonotico” che si trasmette da pipistrelli e maiali all’uomo, esattamente come nella spiegazione “scientifica” che ci hanno raccontato i media dopo i primi casi di contagio. Sempre a Wuhan, il 15 ottobre scorso, in occasione dell’evento Military World Games si registra una presenza massiccia di militari occidentali e funzionari del Pentagono, oltre che apparati di intelligence. «Ed è curioso – scrive Galgano – che due settimane dopo, proprio nella stessa città e dopo tutti i precedenti studi virologici e le simulazioni effettuate, sia nata la pandemia: il tempo di incubazione può variare entro un range di 15 giorni e, guarda caso, i primi casi ufficiali sono venuti fuori lo scorso inverno».Secondo la rivista “The Lancet”, il primo caso di infezione risale ipoteticamente al 1° dicembre, e la persona contagiata non si sarebbe mai recata al famoso mercato ittico di Wuhan. Il primo decesso ufficiale è invece dell’11 gennaio 2020. L’emergenza massima cade proprio durante il capodanno cinese, il 25 gennaio, con flussi migratori di centinaia di milioni di persone in viaggio dalle campagne alle città, a bordo di treni e aerei: quale migliore occasione per estendere il contagio? Negli Usa, il super-esperto Francis Boyle lo afferma candidamente, evitando di ricordare che nei laboratori militari di Wuhan non ci sono solo scienziati cinesi. «Il coronavirus è un’arma da guerra biologica creata in un laboratorio di Wuhan, e l’Organizzazione Mondiale della Sanità ne è già a conoscenza», afferma Boyle in un’intervista video rilasciata al sito “Geopolitics and Empire”. Il professor Boyle, docente di diritto all’Università dell’Illinois, nel 1989 ha redatto il Biological Weapons Act, la legge antiterrorismo per le armi biologiche. Boyle sostiene che il coronavirus, «un’arma da guerra biologica potenzialmente letale», sarebbe «fuoriuscito da un laboratorio di massima sicurezza» di Wuhan.Il governo cinese avrebbe quindi inizialmente cercato di coprire il caso, mentre ora sta adottando misure drastiche per contenere l’epidemia. E visto che il laboratorio Bsl-4 di Wuhan è anche un centro di ricerca dell’Oms, secondo Boyle la stessa organizzazione sanitaria mondiale «non poteva non sapere». Galgano ricorda gli avvertimenti del genarale Fabio Mini, già dirigente Nato: la guerra batteriologica sarà una delle più insidiose, nel futuro. In un mondo fino a ieri traumatizzato dall’Isis, creatura terroristica “fabbricata” in provetta da settori dell’intelligence occidentale, perché escludere che gli stessi poteri occulti che hanno scatenato l’Isis possano ricorrere anche ad agenti patogeni per provocare epidemie letali? «Ci sono troppi investimenti e studi in joinventure con l’apparato militare, per non solleticare certe idee e per non testare e utilizzare tali strumenti», riflette Galgano. «Perché mai gli Usa e altri paesi del blocco occidentale non dovrebbero utilizzare, come armi, eventuali virus da tempo studiati», visto che «il Pentagono, la Nato, l’Oms e tutte le Fondazioni occidentali hanno speso migliaia di miliardi di dollari e fatto ingenti investimenti ovunque in questo settore strategico?».Nella peggiore delle ipotesi, il Covid-19 potrebbe rappresentare «la prima di una lunga serie di pandemie non casuali, un primo vero test di massa per studiare gli effetti su larga scala, non più solamente relegati alle simulazioni teoriche, comprendendo il grado di sostenibilità delle popolazioni e dei diversi governi colpiti dalla “cattiva sorte”». Servirebbe a «verificare sul campo il funzionamento delle quarantene, la reazione delle persone e di eventuali isterie di massa», e in più – fatto non secondario – favorirebbe «una vaccinazione di massa sempre più accettata», oltre a provocare, nel frattempo, ingenti danni collaterali, e cioè «diverse conseguenze negative dal punto di vista finanziario, militare e geopolitico». Una “piccola pandemia” sembra tragicamente funzionale: può destabilizzare l’economia del “rivale”, «senza innescare necessariamente una guerra militare, che forse non converrebbe a nessuno». Per i suoi ipotetici ideatori sarebbe addirittura «un male minore», secondo “Maestro di Dietrologia”, «proprio ora che la Cina stava primeggiando economicamente, proprio durante il capodanno cinese, proprio nella stessa città dove la Fondazione Gates e la “sovragestione” hanno investito e operato nei laboratori di ricerca di Wuhan».Attenzione, sono solo ipotesi: «Non ci sono prove documentabili, ad oggi, che possa essere una strategia voluta». Ci sono semmai «ottimi indizi», sicuramente più numerosi di quelli che depongono a favore della pura casualità, a cui sembrano invece credere i media. Sono gli stessi media che, peraltro – lo ricordano vari medici italiani intervistati da Claudio Messora su “ByoBlu” – stanno trattando il coronavirus come fosse la peste, scatenando il panico tra la popolazione in modo criminale e irresponsabile, data anche la bassissima pericolosità del virus in Italia, che a quanto pare minaccia seriamente solo gli individui anziani e già molto malati. Ma guai a fare ipotesi complottistiche: in televsione, Diego Fusaro è stato zittito (e insultato, come se fosse pazzo) per il solo fatto di aver ipotizzato, a rigor di logica, la possibilità di includere, tra le altre, anche l’eventuale origine dolosa. Su Twitter, Paolo Barbard mette a fuoco un altro indizio preoccupante: a svelare la correlazione tra uomo e pipistrelli, nella propagazione del virus, è stata l’università californiana di Berkeley, e l’ha fatto con uno studio finanziato – con largo anticipo sull’epidemia – proprio dalla Darpa, l’agenzia del Pentagono specializzata in armi sperimentali, biologiche e batteriologiche. Interpellati i diretti interessati, Barnard registra le risposte: «Duemila righe di email firmate da Jared Adams, responsabile della comunicazione della Darpa, e silenzio assoluto invece da parte di Cara Brook, la biologa responsabile della ricerca».Tutta colpa dei soliti “amerikani”, cioè del famigerato Deep State che, dopo aver assassinato i Kennedy e Martin Luther King, avrebbe organizzato l’auto-attentato dell’11 Settembre? Non è detto, osserva “Maestro di Dietrologia”: per Simone Galgano, c’è pure la possibilità che la Cina, ormai messa in stato di assedio dalla superpotenza atlantica, possa aver esibito «la prova di forza del Drago», auto-sabotandosi per dimostrare la sua capacità di resistenza, nel caso qualcuno pensasse davvero di sterminare i cinesi, altrimenti inarrestabili. Galgano la definisce un’eventualità non troppo remota: «La Cina mostrerebbe i muscoli, mettendo in campo una copertura sanitaria su larga scala difficilmente replicabile in altri paesi». Un paese che si presenta «più forte e unito che mai, dinnanzi a sciagure di qualsiasi natura». In pratica: «Sacrificando solo sul breve termine la sua economia», Pechino colpirebbe il business occidentale «puntando su un’economia autarchica, nazionalista, in netto contrasto con la globalizzazione vigente». Un avvertimento alla comunità internazionale: la Cina si salverebbe comunque, mentre a sprofondare saremmo noi. Beninteso: a partire dall’Africa, è in corso una guerra segreta, anche per il controllo delle materie prime.Da parte sua, Pechino non tollera il dissenso e non esita a schiacciare la protesta di Hong Kong. Sarebbe capace di attuare una simile strategia della tensione, tra lacrimogeni e virus, per cristallizzare il potere centrale? In questo – ed è il terzo scenario contemplato da Galgano – è impossibile non tenere conto delle Ur-Lodges, le potenti superlogge internazionali di cui parla Gioele Magaldi nel saggio “Massoni”, pubblicato da Chiarelettere nel 2014: si tratta di «un network di poteri transnazionali, composto da multinazionali di ogni settore strategico “senza patria”, da eserciti senza appartenenza nazionale, da poteri massonici, “magici” ed economici globalisti, che lavorano al di sopra delle entità statuali». Anche la Cina è coinvolta nelle sovragestioni supermassoniche. Reti elusive, che non agiscono per schemi rigidi: «Sono infinitamente più elastiche, non ideologiche. Mutano forma come camaleonti e la loro trasversalità determina la loro forza». In questa piramide di poteri, «ogni livello mette in atto le proprie strategie per soddisfare i suoi bisogni, e le due possibilità descritte precedentemente (una guerra batteriologica Usa e una prova di forza della Cina) possono in questo mondo essere valide entrambe e convivere come opzioni, senza contraddizioni sostanziali».Manipolazioni a catena: «Noi ingenuamente pensiamo che il potere si realizzi e finisca all’interno di Stati sovrani, ma quello è solo un nostro limite culturale e uno dei motivi per i quali viviamo ai piedi dell’oracolo», scrive Galgano. Questa, aggiunge, è «una sovragestione che necessita di abbeverarsi al capitalismo occidentale e di implementare nuove visioni orwelliane distopiche e dispotiche, che si nutre della medicalizzazione di massa e delle tecnologie pervasive di controllo strutturale, per governare i tempi della modernità dall’alto dei cieli, ad libitum». Dacci oggi il nostro virus quotidiano: «Perché dare limiti al potere quando, per definizione, esso non ha forma?». Lo stesso Magaldi ricorda che, nel 1981, le superlogge – soprattutto reazionarie, ma anche progressiste – firmarono lo storico patto “United Freemasons for Globalization”. Alla Cina di Deng Xiaoping – segretamente affiliato al club delle Ur-Lodges neoaristocratiche – fu permesso di entrare nel Wto, senza pretendere che il colosso asiatico si democratizzasse. Oggi, l’ala progressista della supermassoneria sovranazionale contesta questa scelta e pretende che Pechino cambi passo, aprendo alla democrazia. Simmetricamente, il fronte reazionario (rappresentato, al di là delle etichette, da politici “dem” come i Clinton) si intendeva benissimo, fino a ieri, con l’oligarchia cinese.Un equilibrio infranto ora dal protezionismo di Trump, che negli ultimissimi anni ha coagulato attorno a sé l’intera classe dirigente degli Usa, divenuta ostile alla Cina, come conferma un osservatore del calibro di Edward Luttwak. E’ la stessa Nancy Pelosi, boss del partito democratico e acerrima rivale di Trump, a sparare a man salva su Huawei, anche incorrendo in una gaffe clamorosa come quella segnalata da Massimo Mazzucco a “Contro Tv”, in collegamento con Giulietto Chiesa: la Pelosi ha ammesso di temere la tecnologia 5G made in China, proprio perché sa che il digitale (quando è di marca Usa) serve a controllare direttamente gli utenti, attraverso un poderoso spionaggio di massa. «C’è un grande conflitto in atto da diversi anni tra Usa e Cina, e uno dei tanti motivi oggi è rappresentato dal colosso Huawei per il controllo dell’etere globale», ribadisce Galgano. La conferenza sulla sicurezza di Monaco – aggiunge – è diventata l’arena di un nuovo scontro fra gli Usa di Trump e la Cina, che in questa occasione si è difesa sfoderando l’orgoglio socialista, all’insegna dello slogan “non ci fermerà nessuno”.Cuore del confronto, il veto americano su Huawei: «Un cavallo di Troia dei servizi cinesi», secondo il segretario di Stato americano Mike Pompeo, l’uomo che ha brindato all’uccisione in Iraq del leader iraniano Qasem Soleimani, alleato della Cina, assassinato dagli Usa in modo terroristico, con un missile. L’impero non scherza, se vede minacciati i suoi privilegi feudali: consentire a Huawei di installare la rete 5G in Europa «potrebbe arrivare a mettere a rischio la Nato», secondo il ministro della difesa Usa, Mark Esper. Il ministro degli esteri cinese Wang Yi replica senza mezzi termini: «Le accuse sulla Cina sono bugie. Negli Usa non si accetta l’idea del successo in uno Stato socialista, ma questo è ingiusto, i cinesi meritano una vita migliore». Aggiunge: «Nessuno potrà fermarci, la Cina uscirà più forte di prima dall’emergenza del coronavirus», che quindi – secondo Pechino – non comprometterà la crescita del gigante asiatico. «Non vogliamo conflitti con la Cina», dichiara Pompeo, che però avverte: Pechino deve smettere di esercitare pressioni «palesi e nascoste» su nazioni come Italia, Corea del Sud e Iran. «Tutti paesi – chiosa Galgano – curiosamentre tra i più colpiti da questo virus».Epidemia artificiale, virus da laboratorio appositamente coltivato: attacco alla Cina da parte degli Usa o, addirittura, mossa cinese per contagiare l’Occidente e “vaccinarsi”, in anticipo, da qualsiasi analoga minaccia occidentale? Tutte domande che Simone Galgano riassume in tre possibili scenari, per spiegare il boom del coronavirus, partito in sordina con la notizia del primo contagio a Wuhan, a fine 2019. Premessa geopolitica: gli Usa hanno messo la Cina nel mirino, accusandola di competere in modo sleale nel mercato globale (prodotti a basso costo, senza tutele per i lavoratori e per l’ambiente). Ma fu proprio l’élite del capitalismo occidentale ad affidare al Sud-Est Asiatico il ruolo di “manifattura del pianeta”, che poi i cinesi hanno interpretato alla perfezione. Il potere globalista sapeva benissimo che la delocalizzazione delle industrie avrebbe creato disoccupazione in Occidente, e che il nuovo turbo-capitalismo cinese (controllato dall’oligarchia comunista) avrebbe messo in crisi l’Europa e gli Stati Uniti, imponendo prezzi insostenibilmente bassi. Oggi la leadership Usa “si ricorda” improvvisamente che la Cina, non è democratica.
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Koenig: vergogna, Soleimani invitato a Baghdad da Trump
Immagina, il cosiddetto leader mondiale ti invita in un paese straniero per aiutarti a mediare tra diverse fazioni; tu accetti, e quando arrivi all’aeroporto lui ti uccide. Quindi sorride e si vanta, con assoluta soddisfazione, di aver dato l’ordine di uccidere – uccidere con il telecomando, con il drone. Molto peggio dell’omicidio extragiudiziale, perché in quel caso non c’erano mai state accuse contro di te, tranne che per le bugie. È esattamente quello che è successo con l’amato, geniale e carismatico generale iraniano Qassem Soleimani. Ed è quello che i miseri servi di Trump, come il segretario agli esteri Mike Pompeo e il ministro della guerra, Mark Esper, negano spudoratamente: vale a dire che lo avevano invitato, per intermediazione del primo ministro iracheno. Davanti a una conferenza stampa della Casa Bianca, ridendo cinicamente, Pompeo ha chiesto ai giornalisti: credereste a queste sciocchezze? E ovviamente, nessuno dei giornalisti del sistema mediatico mainstream oserebbe dire di sì, anche se ci credessero. Invece ridono convenientemente, per esprimere il loro accordo con l’orribile assassino, in piena complicità con l’uomo che hanno di fronte, per così dire il più alto diplomatico degli Stati barbari.I giornalisti del sistema mainstream media sono troppo codardi per temere di rischiare il lavoro o di perdere l’accesso alla sala stampa della Casa Bianca. Tuttavia, questo è esattamente ciò che il primo ministro iracheno, Adil Abdul-Mahdi, ha detto, incredulo per l’accaduto: «Trump prima mi chiede di mediare con l’Iran, e poi uccide il mio invitato». Abdul-Mahdi ha sicuramente più credibilità di Trump o di uno dei suoi compari, dello stesso Pompeo che, non molto tempo fa, disse a “Rt”: «Quando ero il direttore della Cia, mentivamo, tradivamo, rubavamo. Abbiamo avuto interi corsi di formazione. Ti ricorda la gloria dell’esperimento americano». Il generale Soleimani è stato prelevato all’aeroporto di Baghdad da Abu Mahdi al-Muhandis, comandante militare iracheno e leader delle forze di mobilitazione popolare. Sono partiti con un Suv, quando i missili-drone statunitensi li hanno colpiti e polverizzati, insieme ad altri 10 militari di alto rango di entrambi i paesi. Soleimani aveva l’immunità diplomatica – e gli Stati Uniti lo sapevano. Ma nessuna regola, nessuna legge e nessuno standard etico è rispettato da Washington. Un comportamento molto simile a quello dei barbari.Il generale Soleimani, che era molto più che un generale, era anche un grande diplomatico, fu richiesto dal primo ministro Abdul-Mahdi per conto di Trump di venire a Bagdad per far parte di un processo di mediazione che Trump aveva chiesto a Mahdi di guidare, per allentare le tensioni tra Iran e Arabia Saudita, nonché tra Stati Uniti e Iran. Era uno stratagemma vile e codardo per assassinare Qassem Soleimani. Quanto in profondità puoi affondare? Non ci sono parole per descrivere un crimine così orribile. Pompeo, rotto a ogni menzogna, ha trovato immediatamente una formula di copertura: Soleimani era un terrorista e un pericolo per la sicurezza nazionale Usa. Attenzione, caro lettore: nessun iraniano, né il generale Soleimani né nessun altro, ha mai minacciato gli Stati Uniti, né con le parole, né con le armi. Invece, il capo-barbaro ha avuto l’audacia di minacciare l’Iran di colpire 52 siti del suo patrimonio culturale, nel caso in cui l’Iran avesse osato vendicarsi. Come ulteriore atto immediato contro la legge, Trump ha vietato al ministro degli esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, di andare alle Nazioni Unite a New York per rivolgersi al Consiglio di Sicurezza, semplicemente rifiutando il visto d’ingresso negli Stati Uniti.Ciò è contrario alla Carta delle Nazioni Unite firmata dagli Stati Uniti nel 1947, in base alla quale ai rappresentanti stranieri deve essere sempre consentito l’accesso al territorio delle Nazioni Unite a New York (lo stesso vale per le Nazioni Unite a Ginevra). E dov’è il signor António Guterres, il segretario generale delle Nazioni Unite, quando ne hai bisogno? Che cosa ha da dire? Nulla, un grande nulla. Non ha nemmeno condannato l’omicidio del generale Soleimani. Ecco cos’è diventato l’Onu: un corpo senza denti e senza valore, pronto a eseguire le disposizioni dell’Impero Barbarico. Che triste eredità. Quand’è che la maggioranza degli Stati membri chiederanno l’espulsione degli Stati Uniti dall’Onu? Ci sono 120 Stati non allineati che si trovano dietro paesi che sono molestati, oppressi e sanzionati dagli Stati Uniti, come Venezuela, Cuba, Iran, Afghanistan, Siria, Corea del Nord. Perché non alzarsi all’unisono e fare dell’Onu – senza più il tiranno barbarico – ciò che la sua carta dice di essere?(Peter Koenig, estratto dal post “L’Occidente è gestito da barbari”, pubblicato su “Global Research” il 13 gennaio 2020. Economista e analista geopolitico, specialista in ecologia e risorse idriche, Koenig ha lavorato per oltre 30 anni con la Banca Mondiale e l’Organizzazione Mondiale della Sanità in tutto il mondo).Immagina, il cosiddetto leader mondiale ti invita in un paese straniero per aiutarti a mediare tra diverse fazioni; tu accetti, e quando arrivi all’aeroporto lui ti uccide. Quindi sorride e si vanta, con assoluta soddisfazione, di aver dato l’ordine di uccidere – uccidere con il telecomando, con il drone. Molto peggio dell’omicidio extragiudiziale, perché in quel caso non c’erano mai state accuse contro di te, tranne che per le bugie. È esattamente quello che è successo con l’amato, geniale e carismatico generale iraniano Qassem Soleimani. Ed è quello che i miseri servi di Trump, come il segretario agli esteri Mike Pompeo e il ministro della guerra, Mark Esper, negano spudoratamente: vale a dire che lo avevano invitato, per intermediazione del primo ministro iracheno. Davanti a una conferenza stampa della Casa Bianca, ridendo cinicamente, Pompeo ha chiesto ai giornalisti: credereste a queste sciocchezze? E ovviamente, nessuno dei giornalisti del sistema mediatico mainstream oserebbe dire di sì, anche se ci credessero. Invece ridono convenientemente, per esprimere il loro accordo con l’orribile assassino, in piena complicità con l’uomo che hanno di fronte, per così dire il più alto diplomatico degli Stati barbari.