Archivio del Tag ‘Massimo Fini’
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Massimo Fini: addio Bossi, tramonta l’ultimo politico vero
La Lega è un prodotto del più grande sconvolgimento avvenuto in Europa nel dopoguerra, il tracollo dell’Unione sovietica, che portò alla fine di un Impero, alla liberazione dei ‘Paesi satelliti’, delle Repubbliche baltiche, alla riunificazione della Germania, alla disgregazione della Jugoslavia. Più modestamente in Italia molti elettori che per decenni avevano votato, turandosi il naso, per la Dc, il Psi, il pentapartito, scomparso il pericolo comunista, rivolsero la loro attenzione a questo movimento strano e nuovo, nel linguaggio, nei contenuti, nei programmi e nella dichiarata intenzione di dare battaglia alla partitocrazia, alle sue pratiche clientelari e lottizzatrici, alla sua corruzione di sistema. Contro la Lega i partiti, le tv, i giornali (tutti, perché tutti erano compromessi con la Prima Repubblica) organizzarono un fuoco di sbarramento quale non si era visto nemmeno all’epoca delle Brigate Rosse.
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Altro che crescita, prepariamoci tutti a coltivare patate
Ho visto, e sperimentato di persona, cosa può produrre una, tutto sommato banale, nevicata, in un tutto sommato ancora (per poco), paese industriale “avanzato”. Al di là dei soliti lai dei mass media, che lasciano il tempo che trovano, mi sono trovato a riflettere, in un treno ad alta velocità fermo in mezzo alla neve, sulla fragilità delle nostre società. Riflessione stimolata da un articolo sul “Fatto”, di quel giorno, a firma Massimo Fini, che a sua volta rifletteva su un elemento correlato: la perdita progressiva della nostra manualità umana. Non siamo più capaci di fare niente con le nostre mani. Non siamo più capaci di praticare l’agricoltura. Il pollice è diventato dominante, quanto a trepestare sui tasti del cellulare, ma la mano non riceve più dal cervello ordini sensati che non siano quelli di usare coltello e forchetta.
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Quale pace? Gli afghani festeggiano quando ci uccidono
Con Roberto Marchini i caduti italiani in Afghanistan sono saliti a 40. Cifra che impressiona ma che, in dieci anni di guerra, non è particolarmente rilevante. I danesi, con un contingente che è un quarto del nostro, ne hanno avuti altrettanti. Gli inglesi 364 su 9500 (stime ad aprile) cioè, proporzionalmente, il quintuplo degli italiani. È la logica e oserei dire anche l’etica, della guerra dove lo speciale diritto di uccidere ha come contraltare la possibilità di essere, altrettanto legittimamente, uccisi. Per questo danno fastidio le consuete e ipocrite geremiadi istituzionali quando un soldato italiano muore in Afghanistan come se si trattasse di qualcosa di inaccettabile, di inesplicabile.
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Economia-truffa: sta arrivando un futuro spaventoso
Si avverte in giro, sotto le rutilanti bellurie che ogni giorno ci vengono ammannite per placare la nostra ansia, un desolante “sensus finis”. Non parlo qui dell’Italia che un tempo, molti secoli fa, fu un luogo importante e oggi è ridotta a uno sputo nell’universo mondo. Parlo dell’Occidente inteso non però in senso tecnico (del resto che cosa sia realmente l’Occidente, termine inquietantemente orwelliano, nessuno è mai stato in grado di precisarlo), ma come modello di sviluppo economico e sociale che ormai coinvolge il mondo intero, da New York agli Urali alla muraglia cinese al Gange.
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Italiani infelici: la nuova povertà nata dalla ricchezza
Questa storia che gli italiani stiano diventando poveri, di una povertà insopportabile, mi convince fino a un certo punto. Nei ’50, a parte una sottile striscia di alta borghesia che si guardava bene dall’ostentare, eravamo tutti più poveri della media di coloro che oggi sono considerati tali. Certo, avevamo molte meno esigenze. I bambini non venivano iscritti ai corsi di tennis, di nuoto, di danza. Noi ragazzini giocavamo a pallone nei terrain vague dove anche ci scazzottavamo allegramente (era la nostra “educazione sentimentale”) e tornavamo a casa la sera con le ginocchia nere e sbucciate (chi mai riesce, oggi, a vedere un bambino, vestito col suo paltoncino, come un cane di lusso, con le ginocchia sbucciate?).
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Il Mullah Omar è vivo e si sta riprendendo l’Afghanistan
Dopo quella di Osama Bin Laden, un’altra morte fantasma nel cuore dell’Asia: un altro corpo svanito nel nulla, quello del Mullah Omar, anche lui “ucciso in un blitz” di cui non si sa praticamente niente. Una bufala colossale, sostiene Massimo Fini, autore del libro-inchiesta sul leader dei Talebani appena pubblicato da Marsilio. «E’ esattamente la sesta volta che si dà il Mullah Omar per morto, catturato, arrestato, ucciso, accoppato, ferito, in fin di vita», scrive Fini sul “Fatto Quotidiano”, ricordando che l’annuncio del 23 maggio alle tv di tutto il mondo, dalla Cnn alla televisione di Teheran, veniva da una “fonte anonima” che citava gli impalpabili servizi segreti afghani: secondo cui Omar si nascondeva stranamente in Pakistan, anche se il 75% dell’Afghanistan è tornato sotto il pieno controllo talebano.
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Vendola e Grillo, il nuovo che avanza in ordine sparso
Fateci caso: col suo exploit clamoroso, Beppe Grillo sfiora il 10% proprio a Bologna, dove il Pd mantiene la posizione per il rotto della cuffia. E proprio Bologna è la città di Fini e Casini, ovvero l’aspirante Terzo Polo, non certo premiato dagli elettori il 16 maggio. E quindi: è Grillo l’unica vera novità sul mercato elettorale italiano, grazie allo sfascio berlusconiano del centrodestra arrivato a terrorizzare i moderati, alla lunga crisi irrisolta del centrosinistra e al velleitarismo debole dei centristi. Nuovo che avanza? Macché. Secondo gli analisti più critici, non si va oltre l’esito agonistico del derby che Berlusconi ha voluto e disastrosamente perso, imboccando il viale del tramonto. Ma nel campo opposto regna il caos, senza ancora un’alterativa – né elettorale, né tantomeno politica – per uscire dalla grande crisi.
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Abbiamo ucciso 400.000 civili: scusate, chi è il terrorista?
L’Occidente si considera una “cultura superiore” (nuovo conio del razzismo, essendo diventato quello classico impresentabile dopo Hitler), ritiene di avere i valori migliori, anzi assoluti, e quindi il dovere morale di imporli, abbattendo dittature, autocrazie, teocrazie e quei Paesi, come l’Afghanistan talebano, dove si pratica l’intollerabile sharia (ma la sharia non c’è anche in Arabia Saudita? E che c’entra? Quelli sono alleati). E vediamola allora, a volo d’uccello, la storia della “cultura superiore”. Dal 1500 al 1700 portoghesi, spagnoli e inglesi si specializzarono nella tratta degli schiavi (la schiavitù era scomparsa da mille anni, col crollo dell’impero romano). Ma nel 1789 arrivò la Rivoluzione francese con i suoi sacri principi: libertè, egalitè, fraternitè. Peccato che l’800 sia stato il secolo del colonialismo sistematico europeo. I “sacri principi” non valevano per gli altri.
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Giulietto Chiesa: salviamoci, rottamiamo destra e sinistra
Matteo Renzi? «E’ lui un rottame, e non lo sa. Ripropone il vecchio sistema destra-sinistra lasciando fuori un’enorme parte di italiani: né di destra né di sinistra, ma soli con se stessi». Parola di Giulietto Chiesa, alle prese con l’ennesima svolta della sua tumultuosa carriera. Si chiama “Uniti e diversi” e raduna personalità eterogenee, da Massimo Fini a Maurizio Pallante. Obiettivo: decrescere, frenare la follia dei consumi, abbandonare l’aggressività sociale del mercato e puntare sulla solidarietà, perché la globalizzazione è fallita e l’Occidente balbetta, tra esodi e guerre, all’alba della Grande Crisi. Cittadini, democrazia, politica: dobbiamo salvarci. E la prima cosa da rottamare, assicura, sono «partiti morti» e categorie antiche, come destra e sinistra.
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Libia, Cecenia, Bosnia e Ruanda: non-ingerenza e genocidio
Se c’è un posto in Italia in cui bisognerebbe portare gli studenti è il cimitero americano di Nettuno. Lì fra 7.862 lapidi è possibile leggere il nome del “private” Peter P. Di Benedetto arruolato nella 34th Infantry Division e caduto il 7/1/1944, o di Michael C. Anzalone arruolato come marinaio nella Us Navy “missing in action” o “sepolto in mare” il 11/7/1944, o di Biagio Caracciolo, arruolato nel 68mo reggimento di artiglieria costiera e morto il 5 aprile 1944, o di Michael J. Bellonio primo luogotenente dell’ 840mo squadrone di bombardieri dell’Us Air Force, ucciso il 15 luglio 1944….etc.etc.
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L’inizio della fine: dittature ko, tutti gli autogol dell’Impero
Le rivolte popolari in Tunisia, Egitto, Libia, Algeria, Marocco, Bahrein segnano l’inizio della fine dell’Impero americano, e occidentale, in quelle regioni. Da quando hanno vinto la Seconda guerra mondiale gli Stati Uniti, nonostante tutte le loro belle parole di democrazia, hanno sostenuto i dittatori più infami, corrotti e sanguinari, purché gli facessero comodo, quando non hanno fomentato direttamente dei golpe militari. E questa realpolitik imperialista gli si è sempre ritorta contro o li ha messi in situazioni insostenibili.
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Silvio ormai è cotto, ma resiste ancora: come Mubarak
Silvio Berlusconi, fatte le debite proporzioni, è nella stessa situazione di Mubarak. Dopo sedici anni di regime personale mascherato da democrazia c’è quasi un intero Paese che non ne può più di lui, di questo energumeno che ha monopolizzato per tre lustri la vita politica, e non solo la vita politica, italiana. Importanti pezzi della sua coalizione lo hanno abbandonato, prima l’Udc di Casini, poi il “cofondatore” Fini con Futuro e libertà. Anche giornali, “Libero”, e uomini, Feltri e Belpietro, che lo hanno sempre sostenuto a spada tratta cominciano a prenderne le distanze. Solo tre o quattro anni fa Libero non m’avrebbe mai chiesto di scrivere un articolo, cui è stato dato il posto dell’editoriale, sul tema “Perché sono antiberlusconiano da sempre” (Libero, 29/1).