Archivio del Tag ‘media’
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Silvio ormai è cotto, ma resiste ancora: come Mubarak
Silvio Berlusconi, fatte le debite proporzioni, è nella stessa situazione di Mubarak. Dopo sedici anni di regime personale mascherato da democrazia c’è quasi un intero Paese che non ne può più di lui, di questo energumeno che ha monopolizzato per tre lustri la vita politica, e non solo la vita politica, italiana. Importanti pezzi della sua coalizione lo hanno abbandonato, prima l’Udc di Casini, poi il “cofondatore” Fini con Futuro e libertà. Anche giornali, “Libero”, e uomini, Feltri e Belpietro, che lo hanno sempre sostenuto a spada tratta cominciano a prenderne le distanze. Solo tre o quattro anni fa Libero non m’avrebbe mai chiesto di scrivere un articolo, cui è stato dato il posto dell’editoriale, sul tema “Perché sono antiberlusconiano da sempre” (Libero, 29/1).
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Per favore, spegnete il porno-feticcio: l’Italia è in agonia
A ondate successive, anno dopo anno, si riesce a parlare del nulla per evitare di parlare del tutto. E’ una ripetizione di D’Addario, Papi, Bunga Bunga, Villa Certosa, Cognato di Fini e Topolanek con il pisello di fuori. Questo non è giornalismo e neppure politica. E’ informazione dal buco della serratura, dalla tazza del cesso, da giornalismo diventato reality show. Duale, nel silenzio sui temi importanti, della politica mafiosa degli ultimi vent’anni. Siamo seri, sono più importanti le rivolte di Tunisi e di Tirana, la disoccupazione, il debito pubblico che si avvia alla cifra folle di 2.000 miliardi o le tette al vento di alcune ragazze ospiti di Berlusconi?
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Reportage sgraditi alla Fiat: via De Bortoli dal Corriere?
A John Elkann, presidente della Fiat e secondo azionista del “Corriere della Sera”, non sono piaciuti i servizi sul caso Mirafiori e in particolare le analisi di Massimo Mucchetti. Il direttore, Ferruccio De Bortoli, reagisce in modo esplicito: parla di un «establishment economico e finanziario» che «mostra di gradire poco le voci libere e le critiche: preferisce gli amici e i maggiordomi». Lo stesso Elkann ha visitato la redazione dopo aver firmato una lettera di protesta contro la direzione politica del giornale. Ma non c’è solo Fiat: nel Cda di Rcs Quotidiani siedono anche Cesare Geronzi, Giovanni Bazoli, Diego Della Valle e Marco Tronchetti Provera.
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Fortini: come sottrarsi allo scempio che ci assedia
Cari amici, non sempre chiari compagni; cari avversari, non invisibili agenti e spie; non chiari ma visibili nemici. Sapete chi sono. Non sono mai stato né volteriano né liberista di fresca convinzione. Spero di non dover mai stringere la mano né a Sgarbi né a Ferrara né ai loro equivalenti oggi esistenti anche nelle file dei “progressisti”. Non l’ ho fatto per mezzo secolo. Perché dovrei farlo ora? Nessuna “unità” anni Trenta. Meglio la destra della Pivetti. Ognuno preghi i propri santi e dibatta con gli altrui. Tommaso d’Aquino, Marx, Pareto, Weber, Croce e Gramsci mi hanno insegnato che la libertà di espressione del pensiero, sempre politica, è sempre stata all’interno della cultura dominante anche quando la combatteva.
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Servi mediocri del potere, i giornalisti tradiscono la realtà
Uno dei più importanti giornalisti italiani mi aggredisce al termine della presentazione di un libro dicendomi a brutto muso: ma chi ti autorizza a dire queste cose di noi? Del suo giornale, della sua categoria. Colto di sorpresa, non ho la prontezza di spirito per rispondergli, semplicemente: «Il fatto che ti pago, che compro il tuo giornale», oppure, come diceva Giorgio Manganelli (e se non era lui va sempre bene): «Il solo potere che rimane a chi non ha potere è quello di criticare il potere». Lo dico chiaro: non amo il giornalismo italiano di questi anni, lo considero anzi il principale responsabile del disarmo morale e civile del paese.
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Criminalità: così il Tg nasconde la paura vera, il futuro
La paura vera? E’ quella di perdere il posto di lavoro, o di non trovarlo mai. Stando ai telegiornali, invece, gli italiani sarebbero terrorizzati dalla criminalità: neppure quella realmente pericolosa, cioè di origine mafiosa, ma quella ordinaria, la piccola criminalità di strada, magari con delitto familiare. Lo rivela l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Europeo sulla Sicurezza: a tenere in ansia i cittadini sono essenzialmente due voci, la disoccupazione e la caduta del welfare in termini di servizi sociali, ma per l’informazione Rai e Mediaset sembra che la prima emergenza nazionale consista nell’arginare la criminalità. I tg italiani sono zeppi di notizie “usa e getta” di cronaca nera, oltre che di “pastoni” politici dal palazzo, anch’essi invariabilemte uguali a se stessi, giorno per giorno.
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Assange: colpite me, per continuare a nascondere la verità
Nel 1958 un giovane Rupert Murdoch, allora proprietario ed editore del giornale di Adelaide “The News”, scrisse: «Nella gara tra la segretezza e la verità, è inevitabile che la verità vinca sempre». La sua osservazione rifletteva forse la denuncia che suo padre Keith Murdoch fece del sacrificio delle truppe australiane sacrificate inutilmente da comandanti britannici incompetenti sulla spiaggia di Gallipoli. Quasi un secolo dopo, anche WikiLeaks sta pubblicando senza timore fatti che bisogna che siano resi noti al pubblico. Io sono cresciuto in una cittadina del Queensland dove la gente parlava senza peli sulla lingua. Non si fidavano del governo, lo consideravano a rischio corruzione se non tenuto sotto stretta sorveglianza.
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Wikileaks, choc e illusioni: la prima vittima sarà il web
Ora che ci dicono che con le prime nuove soffiate di Wikileaks sta esplodendo «l’11 settembre della diplomazia» ovvero «l’11 settembre di internet», deve valere una premessa: non ci sono individui, e neanche organizzazioni, che siano in grado di leggere 250mila documenti in breve tempo. Quindi ci arriva solo un flusso filtrato di documenti. E chi lo filtra, per ora, è la vecchia fabbrica dei media tradizionali. Se di un 11 settembre si trattasse, saremmo nella fase del trauma mediatico iniziale, quella che ci dà l’imprinting, l’apprendimento base del nuovo mondo su cui ci affacciamo e delle nuove credenze sulle quali far fede. Una volta educate le menti con questo shock, le sue riletture successive andranno controcorrente e perciò partiranno sfavorite.
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Minzulpop, sindrome Tg1: giornalismo senza notizie
La macchina berlusconiana del consenso giunta nella sua fase finale: il “Minzulpop”. Crasi tra il nome del “direttorissimo” del Tg1 Augusto Minzolini e il ministero della propaganda di mussoliniana memoria. Coniato su Facebook, adottato dai blog e consacrato su YouTube, il neologismo dà il titolo a un saggio collettivo (un gruppo di giornalisti, blogger, attivisti della comunicazione dietro lo pseudonimo asimoviano di Hari Seldon) che analizza l’intera “orchestra mediatica” del Cavaliere. Dagli embedded alle “meravigliose creature”, gli inesauribili portavoce del capo, fino agli inventori di diversivi che mantengono gli italiani sospesi in una rasserenante “bolla catodica”.
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Fazio: la Rai ha paura della trasmissione con Saviano
Mafia e politica, scandali ed emergenze sociali: dai rifiuti alle carceri, fino alla ricostruzione all’Aquila. Senza trascurare la guerra dei dossier e la “macchina del fango” per delegittimare gli avversari. «Capisco che sono argomenti che fanno paura», si sfoga Fabio Fazio, annunciando che la Rai – dopo “Annozero” e “Report” – sta cercando di ostacolare anche l’attesa trasmissione con Roberto Saviano, in partenza l’8 novembre: manca ancora il via libera ai contratti per gli ospiti, tra cui Paolo Rossi, Antonio Albanese e il Premio Oscar Roberto Benigni. «Così il programma non può andare in onda», afferma il conduttore: «E’ un momento in cui la tv non può permettersi di raccontare la realtà».
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Rai faziosa? I finiani: basta canone, privatizziamola
Telegiornali faziosi, editti per mettere al bando trasmissioni scomode e “persecuzioni” come quella che torna a colpire Michele Santoro, su cui incombe la nuova sospensione di “Annozero” decretata dal direttore generale Mauro Masi per punire il conduttore, colpevole di averlo mandato a quel paese in prima serata dopo l’estenuante ostruzionismo contro il programma giornalistico di maggior successo? Una via d’uscita definitiva esiste: è venuto il momento di privatizzare finalmente la televisione di Stato, annuncia “Futuro e libertà”. Fine del canone Rai, stop alla censura politica, servizio pubblico distribuito sulle emittenti private e finanziato con una tassa sugli spot pubblicitari.
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Feltri: rassegnatevi, io non prendo ordini da nessuno
«Ormai ho 67 anni, non ho più necessità economiche: posso benissimo andarmene a casa». A colloquio con Daria Bignardi, a “Le invasioni barbariche” (in prima serata su “La7” l’8 ottobre, poche ore dopo la perquisizione del “Giornale” per le presunte minacce a Emma Marcegaglia), Vittorio Feltri si è difeso a testa alta, contrattaccando. Tecnicamente “direttore editoriale” dopo la sospensione inflittagli dall’Ordine dei Giornalisti in seguito al caso Boffo, il leader del quotidiano della famiglia Berlusconi, accusato di praticare l’arte oscura del killeraggio sistematico contro gli avversari del premier, ha esibito orgoglio e fierezza della propria indipendenza intellettuale. Le sue ruvide campagne di stampa? Sono il sale del suo giornalismo: offensivo anche solo pensare che possano essere suggerite dall’azionista editoriale-politico.