Archivio del Tag ‘Mikhail Gorbaciov’
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La Russia: missili contro l’Europa se Israele minaccia l’Iran
Dopo la vistosa operazione di difesa preventiva della Siria, la Russia rilancia: Mosca è pronta a dislocare sistemi missilistici “Iskander” nell’enclave baltica di Kaliningrad, se la Nato insisterà nel voler dispiegare – stavolta contro l’Iran – lo scudo anti-missile che da anni preme per installare ai confini dell’ex Unione Sovietica. Complice anche la campagna elettorale moscovita, si riaccendono toni da guerra fredda attorno allo scenario sempre più instabile che minaccia il Medio Oriente, dove una potenza nucleare come Israele ha annunciato un possibile attacco a Teheran: la reazione missilistica dell’Iran potrebbe coinvolgere forze Usa nel Golfo o nel Mediterraneo, con conseguenze apocalittiche.
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Il Vaticano: un governo mondiale, per salvarci dal liberismo
Dieci anni dopo l’invocazione planetaria di Mikhail Gorbaciov, l’uomo che mise fine alla Guerra Fredda e si battè per una «nuova governance mondiale» per dare una politica al mondo evitando il cannibalismo capitalistico che produce fame e guerre, è ora il Vaticano a intervenire, individuando la radice del male – il sistema finanziario – e arrivando alla stessa conclusione: per evitare la catastrofe umanitaria serve un governo condiviso del mondo, che a partire dell’economia sia capace di darsi regole a misura d’uomo. Citando Giovanni XXIII e anche l’enciclica “Caritas in veritate” di Benedetto XVI, il Vaticano ora chiede una «riforma del sistema finanziario e monetario internazionale» e «una autorità pubblica universale» che governi la finanza. Invoca «multilateralismo» non solo in diplomazia ma per «sviluppo sostenibile e pace», denunciando il rischio di una generazione di «tecnocrati» che ignori il bene comune.
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Chiesa: mia la domanda che spaventò i golpisti di Mosca
I memorabili eventi dell’agosto 1991 a Mosca hanno giocato un ruolo importante nella vita professionale e personale del famoso giornalista e uomo pubblico italiano Giulietto Chiesa, che a quel tempo lavorava nella capitale sovietica in veste di corrispondente dell’influente quotidiano di Torino “La Stampa”. «Mi ricordo bene quel 19 agosto 1991, che iniziò per me alle cinque del mattino. Ero tornato a tarda sera da un viaggio a Yakutsk (a sei fusi orari da Mosca), e all’alba fui svegliato da una telefonata da quella città: “Hai visto la Tv?”. Naturalmente ero addormentato e cadevo dalle nuvole. E in Tv davano “Il lago dei cigni”», racconta Chiesa a “Ria Novosti”. Nel comprendere subito che era in corso qualcosa di straordinario, il giornalista italiano si precipitò sulla sua auto e puntò verso il centro della città. Ma lì tutto appariva ancora perfettamente tranquillo.
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Tradito e abbandonato, il Mediterraneo invoca l’Europa
Pane e speranza: l’Europa ha dimenticato il Mediterraneo? Ora è il Mediterraneo a ricordarsi dell’Europa, invocando aiuto. L’ondata dei profughi tunisini a Lampedusa? E’ soltanto l’inizio. «La rivolta che viviamo in questi giorni è solo una scintilla, nuovi fermenti ci sono anche nei Paesi dell’Est, in Russia, sino alla Cina. Il mondo sta per cambiare, forse si prepara una nuova era con le incognite che i mutamenti radicali portano con sé». Lo scrittore bosniaco Predrag Matvejevic, insigne linguista e autore di bestseller come “Breviario mediterraneo” e “Pane nostro”, non ha dubbi: la ribellione del Maghreb certifica il fallimento della politica europea verso la propria frontiera meridionale. Urge “ripensare il mondo”, a cominciare dal Mediterreano.
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Lo spettro di Tienanmen: la Cina teme la Rivoluzione araba
La Cina ha paura della “rivoluzione dei gelsomini” che sta spazzando via le dittature post-coloniali del Mediterraneo: Pechino in questi giorni blocca in anticipo proteste, dispone limitazioni al web, impedisce manifestazioni di sostegno ai giovani libici che lottano contro i colpi di coda del sanguinario regime di Gheddafi. La paura ha un nome tristemente noto: Tienanmen. Proprio nella “piazza della pace celeste”, oggi sinistramente evocata dal tiranno libico in agonia, il regime comunista guidato allora dall’anziano Deng Xiaoping ordinò la brutale repressione degli studenti democratici, sgombrati coi carri armati in un bagno di sangue. Una tragedia rimossa, il cui spettro continua però a inquietare il Dragone cinese, ora che nel mondo arabo – forziere petrolifero del mondo – soffia forte il vento della libertà.
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Afghanistan, ora la Nato si affida agli elicotteri russi
Quando comparve nei cieli afghani nel 1979 seminò il terrore: tra i “mujaheddin” ma anche tra gli osservatori Nato. Perché era il primo “carro armato volante” della storia, in grado di trasportare 8 fucilieri e soprattutto di incenerire colonne corazzate con una potenza di fuoco mai vista, razzi e missili che prima di allora erano installati solo sui “caccia”. Trent’anni dopo, l’elicottero Mi-24 Hind tornerà a solcare lo spazio aereo afghano. Secondo la Nato, è ancora oggi la macchina da guerra più adatta a quelle impervie vallate, specie se affidata al nuovo esercito di Kabul. L’Alleanza Atlantica ne sta trattando l’acquisto dalla Russia. Perplesso Mikhail Gorbaciov, che avverte: «L’unico modo per vincere, in Afghanistan, è andarsene subito».
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Usa-Cina, lo scontro del secolo insidia Europa e Russia
Tutti sanno che questo non sarà più un secolo americano, ma cinese. E l’Europa, unita eppure indebolita dalle divisioni interne, non potrà fare da ruota di scorta né di un’America in crisi, né di una Cina in vorticosa espansione. Londra e Parigi, Berlino e Roma hanno problemi simili a quelli di un altro “continente” in transizione: la Russia. Scommettere su Mosca potrebbe consentire a Bruxelles di tornare a giocare un ruolo forte sullo scacchiere mondiale, contribuendo a riequilibrare le sorti del “grande gioco” tuttora in corso: la conquista di risorse, energia e mercati, per conquistare posizioni-chiave in vista della grande crisi planetaria alle porte.
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Afghanistan, si ripete la storia in cui naufragò l’Urss
Appena salito al potere, il presidente della superpotenza mondiale si ritrova a dover gestire la grana dell’Afghanistan. Dopo anni di occupazione militare, la guerra sta andando male, anzi malissimo: la guerriglia afgana sta vincendo. I generali chiedono rinforzi, sostenendo che i centomila soldati sul campo non bastano per tener testa ai ribelli: per evitare la sconfitta ci vogliono decine di migliaia di uomini in più. A peggiorare le situazione c’è un presidente afgano – installato al potere subito dopo l’invasione – che è diventato corrotto, inaffidabile, debole e incompetente, che vive barricato nel suo palazzo.
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Putin: mentre cadeva il Muro, difesi il Kgb con le armi
Mentre il Muro cadeva e la vita dei tedeschi dell’Est cambiava per sempre, Vladimir Putin era occupato notte e giorno a distruggere dossier, a cancellare le tracce di tutte le comunicazioni, a bruciare documenti nella sede del Kgb di Dresda. «Avevamo talmente tanta roba da mettere nel fuoco che a un certo punto la stufa scoppiò», ha raccontato lui stesso in una lunga intervista che il canale televisivo Ntv manderà in onda questa sera. Poi, dopo l’assalto agli uffici locali della Stasi, venne il turno della sede del Kgb. Una folla enorme si assiepò davanti alla palazzina che ospitava i sovietici
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Le illusioni del Muro, la crisi e i profeti dell’austerità
La cosa che dovrebbe, più d’ogni altra, attirare l’attenzione degli organizzatori delle mille e una manifestazioni celebrative per la caduta del muro di Berlino è il fatto che venti anni fa le aspettative, le ipotesi sul futuro che sarebbe venuto, il cambio della storia che ci si accingeva a sperimentare, erano completamente sbagliate. Nulla di ciò che fu allora scritto, esaltato, immaginato, supposto, elucubrato, sperato o temuto, si è realizzato. Ecco un modo interessante, forse l’unico veramente interessante, di commemorare la caduta del muro.
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Gazprom Nation, il regime di Putin ha salvato la Russia
Il sistema Putin è quello che ha riportato Mosca protagonista sulla scena internazionale e dato una svolta decisa a un paese che sotto Eltsin era finito al collasso. È la reazione al sistema caotico, oligarchico e pseudo-democratico di Eltsin. La stragrande maggioranza dei russi lo condivide: perché ha portato ordine, stabilità e grandi miglioramenti. Nessuno dice che sia un sistema perfetto, ma Putin ha dato una nuova prospettiva al paese: ripristinando il ruolo dello Stato, il presidente-premier ha costretto i “robber barons”, gli oligarchi eltisiniani, ad occuparsi solo di affari e non di politica.
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Hobsbawm: benessere per tutti, o non avremo futuro
Il “secolo breve”, il XX, è stato un periodo contrassegnato da un conflitto religioso tra ideologie laiche. Per ragioni più storiche che logiche è stato dominato dalla contrapposizione di due modelli economici – e soltanto due modelli vicendevolmente esclusivi – il “Socialismo”, identificabile con economie a pianificazione centrale di tipo sovietico, e il “Capitalismo”, che copriva tutto il resto. Tale contrapposizione, apparentemente fondamentale, tra un sistema che ambiva a togliere di mezzo le imprese private interessate agli utili (il mercato, per esempio) e uno che intendeva affrancare il mercato da ogni restrizione ufficiale o di altro tipo, non è mai stata realistica.