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Càtari, Templari, Sufi: San Francesco d’Assisi, quello vero
«Parlava con tutti gli animali, con i lupi; abbracciava i maiali, si spogliava nudo in chiesa, lavorava con i muratori e si faceva beffe delle autorità». Era il vero San Francesco d’Assisi, il “giullare di Dio” cantato da Dario Fo. Non era affatto un uomo di Chiesa: era un laico, che amava la sua compagna – Chiara – e predicava il messaggio di Cristo alle folle, criticando i ricchi e i potenti. Non era un prete, dunque, ma un cavaliere: ispirato dai Templari. E per giunta figlio di una donna proveniente dalla Linguadoca, la terra dei càtari, dove la Crociata Albigese stava facendo decine di migliaia di morti, con lo sterminio sistematico dei “boni homines”, i cristiani alternativi che stavano dalla parte degli ultimi. Ma poi accadde che, appena dopo la sua morte, il vero Francesco d’Assisi scomparve di colpo. Tutti i suoi documenti furono distrutti, bruciati. La sua memoria, cancellata. Al suo posto, nacque un nuovo San Francesco. Inventato di sana pianta, completamente falso: il San Francesco cattolico. Per riesumare le prime tracce di quello autentico ci vollero cinque secoli, col riemergere di un libro antico. Ma ormai era tardi: il Vaticano aveva fabbricato il docile “format” francescano, impresso nell’immaginario popolare.E’ la grande rivelazione al centro del libro “San Francesco, le verità nascoste”, a cura di Gian Marco Bragadin. In 488 pagine pubblicate dalla casa editrice Melchisedek, il libro racconta la vera vita e il carattere del santo d’Assisi, rivelando «l’ipocrita ricostruzione che lo ha trasformato nel più fedele e mansueto servitore della Chiesa, nel medioevo e oltre, fino ai giorni d’oggi». Una clamorosa manipolazione storica: «Moltissimi documenti – scritti, memorie su Francesco (e probabilmente anche su Chiara) – sono stati dati alle fiamme per non propagare un ritratto non idoneo a farne un obbediente santo della Chiesa cattolica», racconta Bragadin, intervistato da “AdnKronos”. Un lavoro, il suo, sulla stessa lunghezza d’onda di “Francesco D’Assisi, la storia negata”, pubblicato di recente da Laterza e scritto dalla storica medievale Chiara Mercuri. Non a caso, per “riscrivere” la biografia dell’uomo di Assisi, fu incaricato «un frate erudito», Bonaventura, «che però non aveva conosciuto Francesco». Al biografo infedele fu ordinato di raccontare la vita del santo «attutendo, modificando, spesso cancellando del tutto ogni aspetto che poteva mettere in discussione quel ritratto del “poverello d’Assisi” che si è perseguito per secoli».Quali sono, dunque, le verità nascoste? «Praticamente tutto quello che Francesco è stato ed ha fatto, per gran parte della sua vita», spiega Bragadin all’“AdnKronos”, sottolineando come San Francesco sia stato «un guerriero, che ha combattuto e che è stato imprigionato, e che più volte ha tentato di andare alla Crociata per diventare un valoroso cavaliere». Il vero Francesco «si è innamorato dell’ideale dei Templari, al punto che il suo ordine è modellato su quello templare». Inoltre, «templari erano alcuni suoi frati». La stessa madre di Francesco era nativa dell’Occitania, la patria dei càtari, cristiani “eretici” perché dualisti come i mazdei, i seguaci di Zoroastro, convinti che la creazione fosse opera del demiurgo, il “dio straniero”, nonostante ogni creatura avesse in sé la scintilla divina del “padre celeste”. In un mondo, quello feudale, basato sulla pretesa investitura “divina” del potere e quindi della proprietà terriera, il messaggio sociale dei càtari era devastante, intollerabile per l’ordine costituito: i “buoni cristiani” (così si chiamavano, tra loro) erano convinti che niente e nessuno potesse legittimare la “privata proprietà dei beni”. Da qui la loro scelta di campo, a fianco degli ultimi.«Dai càtari – conferma Bragadin – Francesco ha preso il concetto di servizio ai poveri, il rifiuto della proprietà. Ma non si deve dire, perché la Chiesa all’epoca lanciò una crociata per distruggere i càtari, con massacri orribili». Si ricorda quello di Béziers: 20.000 persone sterminate per essersi rifiutate di consegnare ai crociati i 200 eretici presenti in città. «Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi», fu l’ordine dell’abate Arnaud Amaury, capo spirituale della crociata. Era il 1209. L’ultimo grande eccidio, nel 1244, a Montségur, sui Pirenei, con 220 “perfetti” càtari arsi sul rogo. Ma non finì lì. Proprio per debellare il Catarismo fu istituito il tribunale speciale dell’Inquisizione, che impiegò 70 anni ad estirpare l’eresia, con “purghe” terribili, torture, roghi. Un regime di terrore, fondato sulla delazione, che devastò la Francia meridionale, distruggendo il tessuto sociale di una regione che, per Simone Veil, era stata la culla della civiltà mediterranea medievale, la terra tollerante dov’era fiorita la poesia dei trovatori. Più tardi la contro-predicazione evangelica dei “buoni uomini” avrebbe lambito lo stesso ordine francescano, a lungo ritenuto anch’esso in odore di eresia, data la sua predilezione per i poveri e i loro diritti.Ma Francesco d’Assisi – quello vero – non stimava solo i càtari. «Ha tentato in tutti i modi il contatto con i musulmani», racconta Bragadin: «Non per convertirli (lui non giudicava nessuno, mostrava il suo esempio di vita), ma per trovare i punti di unione tra le religioni, per raggiungere una pace duratura». Ancora oggi, da allora, i francescani hanno la cura del Santo Sepolcro a Gerusalemme, dono del Sultano a Francesco e Frate Elia. Tutte verità nascoste, perché Francesco, aggiunge Bragadin, «ha vissuto una esistenza da eretico, sempre sul filo di finire al rogo». Vista però la sua enorme popolarità, dovuta al rivoluzionario messaggio d’amore che portava, «si è fatta conoscere solo una parte della sua vita, nascondendo tutto ciò che lo riguardava», incluso il legame con «la sua amata compagna Chiara», unione che «poteva essere disdicevole per l’istituzione ecclesiastica». Pochi sanno, continua Bragadin, che Francesco «ha voluto restare sempre un laico». Certo, un laico sui generis: «Predicava il Vangelo nelle piazze, alle feste, nei mercati: come poteva, la rigida Chiesa del tempo, ammettere che un laico parlasse di Cristo alla gente? Poteva predicare agli uccelli o ai lupi, non alla gente. E invece Francesco non ha fatto altro per tutta la vita, perfino quando era malato». Non a caso, la storica Chiara Frugoni, in varie interviste, si domanda perché esistano migliaia di quadri e affreschi su Francesco, ma neanche uno in cui predica. «E la ragione è la seguente: non si voleva tramandare l’immagine di un laico che parlasse di Cristo».Morto Francesco nel 1226, allontanati i suoi vecchi confratelli e segregata Chiara nel convento, sono scattate le grandi manovre per cancellarne la vera storia e dare ai fedeli «una immagine edulcorata di mansueto, docile soldatino della Chiesa cattolica», spiega Bragadin, attingendo a diverse fonti, tra cui molti scritti di Tommaso da Celano. Come si organizzò la grande impostura? Già nel 1260, al Capitolo, l’annuale riunione dei francescani che quell’anno si teneva a Narbonne, nella Francia mediterranea. A frate Bonaventura venne affidato il compito di scrivere una nuova biografia di Francesco, che fu poi approvata a Pisa nel 1263, durante il Capitolo successivo. Tre anni dopo, sempre il Capitolo (stavolta riunito a Parigi) «giunse a decretare la distruzione di tutte le biografie precedenti alla “Legenda Maior”, con la scusa che biografie diverse avrebbero condotto l’ordine verso una divisione». Una scelta atttuata in modo così meticoloso, aggiunge Bragadin, da far sparire dalla faccia della terra anche gli scritti di Francesco e quelli di Chiara, le lettere, le testimonianze. «Non solo: vennero distrutti nelle chiese immagini, affreschi, tutto». Damnatio memoriae. Sepolto il vero Francesco, doveva sopravvivere solo quello falso. E così sarebbe stato, fino al 1768.Quell’anno, ormai in pieno Illuminismo, viene ritrovata miracolosamente “La Vita Prima”, del Celano, «a più di cinque secoli dalla morte di Francesco». Poco dopo torna alla luce anche “La Vita Seconda”, un manoscritto che Bragadin definisce «molto difettoso», scoperto nel 1806. E infine il terzo libro, “Il Trattato dei Miracoli”, «acquistato casualmente a un’asta pubblica nel 1900». Grazie a quei tre volumi, spiega l’autore, si è potuta finalmente ricostruire la biografia autentica del vero Francesco. Ma nei cinque secoli precedenti, aggiunge, il Vaticano «ha avuto tutto il tempo di costruire una storia artificiale e falsa». Lo confermano anche gli storici ufficiali: nell’agiografia di Bonaventura «si inventano anche false vicende, per far corrispondere la figura di Francesco a quanto si voleva tramandare, funzionale cioè alla posizione che voleva prendere l’ordine. E si trascura del tutto, naturalmente, la figura di Chiara e le sue vicende, quasi che le clarisse non facessero parte del movimento». Di Chiara «si sa poco», conferma il medievista Franco Cardini. Anche perché attorno al santo di Assisi fu fatta, letteralmente, terra bruciata: Bonaventura ordinò di dare alle fiamme tutti gli scritti su Francesco. «Sembra un ordine dal Cremlino». Da quel momento, la verità su Francesco, non sarebbe più stata quella della sua vita privata, ma una verità imposta dalla Chiesa.Bragadin ha ignorato la storiografia ufficiale, affidata a documenti autentici ma inattendibili (menzogneri) e si è spinto in pellegrinaggio ad Assisi per almeno cento volte in un quarto di secolo, raccogliendo indizi e confidenze preziose da anziani monaci, segeretamente “innamorati” del vero Francesco. «Ho studiato attentamente ogni cosa – racconta – incluse le informazioni su Internet di frati o storici non allineati come Paul Sabatier, che ipotizza tutto quello che poi io ho provato a raccontare». E’ il caso, per esempio, dei colloqui con vecchi frati amici che «se ne fregavano, data l’età, di mantenere segreti sui due santi d’Assisi e sul loro immenso amore cosmico, che nell’ordine si tramandava per via orale». Dalle biografie di Celano, poi, affiorano storie «che sono al limite della decenza», perché emerge un Francesco che si mette a nudo, in chiesa, spogliandosi completamente. «Un estremista, barricadero, che incita la folla contro i potenti. No, un santo così non lo si può accettare». E’ decisamente troppo, per vescovi e cardinali.L’autore parla anche dell’amore di Francesco per i Sufi, l’elusiva confraternita dei mistici orientali approdati all’Islam dopo aver attraversato l’induismo e il buddismo, mantenendo vivi molti aspetti del mazdeismo zoroastriano. Un network segreto, quello dei Sufi, da sempre impegnato per la pace. E’ un rosario Sufi, scrive Bragadin, quello tumulato insieme alle spoglie di Francesco, di cui l’autore ripercorre anche lo storico viaggio in Terrasanta. Fonti e storici ufficiali, racconta Bragadin, negano che Francesco, dopo i massacri dei Crociati a Damietta, nel 1220, si sia recato a Gerusalemme, nonostante avesse un permesso speciale del sultano El-Kamil, che aveva incontrato. «Ma come possiamo credere – dice l’autore – che Francesco, a pochi passi dalla meta, in quasi un anno di permanenza in Terrasanta, rinunci al sogno di una vita, visitare i luoghi santi del suo Gesù?». Altri documenti, infatti, dimostrano che quei luoghi li ha visitati. Lo ammette anche Ratzinger, sicuramente basandosi su fonti inoppugnabili: «San Francesco ha visitato il Santo Sepolcro, ci sono elementi certi», scrive Benedetto XVI. «Ha gettato un seme che avrebbe portato molto frutto».Gli stessi documenti arabi confermano che Francesco abbia incontrato i Sufi: «Metà del “Cantico di Frate Sole”, sembra tratto dai poemi di Rumi», il massimo poeta islamico, afghano, fondatore della prima scuola Sufi dei Dervisci Rotanti. E il sultano, Francesco l’aveva incontrato «non certo per “convertirlo” (una fissa della Chiesa Cattolica), ma per confrontarsi in un rapporto di amore reciproco». Pace, nella diversità: unire ciò che è stato diviso. Francesco faceva parte, dunque, di una sorta di “intelligence informale” dell’epoca: una rete che, evidentemente, condivideva conoscenze esoteriche e collaborava per l’unità sostanziale dei popoli, al di là delle differenze religiose. “Perché il mondo non è nostro, e noi non siamo del mondo”, recita il “Pater” dei càtari, che sembra ispirato direttamente da Zoroastro e invita a liberarsi del “giogo” della materia. “Nel mondo, ma non del mondo”, è il motto dei Sufi. “Nulla possedendo, da nulla essendo posseduti”. Ecco in cosa credeva Francesco. Quello vero.(Il libro: Gian Marco Bragadin, “San Francesco. Le verità nascoste”, Melchisedek, 492 pagine, euro 21,25, ebook a 12,99 euro).«Parlava con tutti gli animali, con i lupi; abbracciava i maiali, si spogliava nudo in chiesa, lavorava con i muratori e si faceva beffe delle autorità». Era il vero San Francesco d’Assisi, il “giullare di Dio” cantato da Dario Fo. Non era affatto un uomo di Chiesa: era un laico, che amava la sua compagna – Chiara – e predicava il messaggio di Cristo alle folle, criticando i ricchi e i potenti. Non era un prete, dunque, ma un cavaliere: ispirato dai Templari. E per giunta figlio di una donna proveniente dalla Linguadoca, la terra dei càtari, dove la Crociata Albigese stava facendo decine di migliaia di morti, con lo sterminio sistematico dei “boni homines”, i cristiani alternativi che stavano dalla parte degli ultimi. Ma poi accadde che, appena dopo la sua morte, il vero Francesco d’Assisi scomparve di colpo. Tutti i suoi documenti furono distrutti, bruciati. La sua memoria, cancellata. Al suo posto, nacque un nuovo San Francesco. Inventato di sana pianta, completamente falso: il San Francesco cattolico. Per riesumare le prime tracce di quello autentico ci vollero cinque secoli, col riemergere di un libro antico. Ma ormai era tardi: il Vaticano aveva fabbricato il docile “format” francescano, impresso nell’immaginario popolare.
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Cancellare i fatti: Obama e il nuovo Ministero della Verità
Vi ricordate il ritornello della canzone di Battiato di vent’anni fa? Strani giorni, viviamo strani giorni… Beh, quei giorni saranno stati forse strani, ma mai come quelli che stiamo vivendo oggi, dove la sovrabbondanza di notizie e la manipolazione incessante da parte dei media fa in modo che la gente non recepisca il ‘peso specifico’ di una notizia rispetto alle altre. Manipolare le coscienze non è solo scrivere il falso o negare il vero; basta semplicemente dare ad una notizia di importanza del tutto trascurabile lo stesso ‘peso’ (corpo tipografico o tempo dedicato nei Tg) di un fatto di grande rilevanza. Questa manipolazione costante produce nel lettore/spettatore una perdita di riferimento, un disorientamento della coscienza; è come se rispetto alla nostra vita noi dessimo pari importanza ad un mal di pancia rispetto ad un ictus. O, meglio, come se interpretassimo i sintomi dell’ictus con la stessa leggerezza con cui osserviamo quelli del mal di pancia… In effetti, i sintomi di questi strange days ci sono tutti, se solo li guardassimo con attenzione, senza farci disorientare da chi ci dovrebbe orientare, vale a dire dai media. A cosa mi riferisco?Prima di tutto all’ultima trovata delle governance mondiali e dei loro “presstitutes” (geniale sintesi che definisce la stampa prostituita al potere) vale a dire la crociata contro le fake news o post-verità, che via web rappresenterebbero una minaccia per le istituzioni. Pensate che il termine originale inglese, post-truth, è stato eletto parola dell’anno 2016 dall’Oxford Dictionary! Queste fake news irritano così tanto l’establishment che da diverse parti si invoca addirittura una sorta di commissione di controllo sulle opinioni espresse in rete. Un Ministero della Verità, insomma, di orwelliana memoria. Ora, considerando la costante e instancabile manipolazione che i mezzi d’informazione esercitano da sempre sull’opinione pubblica attraverso menzogne, falsificazioni dei fatti, mezze verità e fantasie, fa davvero sorridere che si identifichi nelle bufale – indubitabilmente presenti in rete – un rischio per la democrazia. Il fatto è che fino a poco tempo fa il fenomeno del cosiddetto ‘complottismo’ era confinato ad una nicchia di persone che iniziavano a fiutare odore di marcio proveniente dai media e cercavano quindi – visti i mezzi messi a disposizione dalla rete – di capire meglio certe situazioni quando i conti proprio non tornavano.Il fact-checking ha permesso allora a milioni di utenti del web di smascherare le vere e proprie bufale messe in onda dalle televisioni di mezzo mondo. Ma ad un certo punto, questo fenomeno del complottismo, della Conspiracy Theory, ha iniziato a diffondersi sempre di più, tracimando dalla rete ed entrando anche nei salotti buoni dei media mainstream. Fenomeno naturalmente irriso, denigrato e oggi criminalizzato. Certamente grazie anche a tutte le reali bufale presenti sul web, inserite ad arte da falsi idioti o da idioti autentici. Così Obama ha iniziato a fare pressioni su Google e Facebook che dovrebbero – a suo dire – esercitare un controllo su notizie false o presunte tali diffuse in rete. Ora, se i mezzi d’informazione ufficiali diffondessero sempre e solo notizie vere la preoccupazione del presidente americano uscente avrebbe una qualche credibilità ma, dato che è vero esattamente il contrario, questa operazione ha proprio l’aria di un intervento a gamba tesa su tutte quelle comunità virtuali che, collegate tra loro, iniziano a nutrire seri dubbi sulle versioni ufficiali. Pensate che io esageri affermando che “è vero esattamente il contrario”? Bene, allora state a sentire, e parlo solo delle fake news più recenti messe in giro dai media.Negli ultimi mesi i mezzi d’informazione del cosiddetto ‘mondo libero’ hanno ripetuto incessantemente che vi erano tra 250 mila e 300 mila civili intrappolati tutto i bombardamenti russi e siriani ad Aleppo Est, nonostante che le fonti d’informazioni siriane avessero più volte ribadito che il numero delle persone intrappolate non superava un terzo di quella cifra. Ebbene, una volta liberata la parte orientale di Aleppo è emerso che il numero dei civili che erano stati bloccati era inferiore alle 90 mila unità. Pensate che i media occidentali si siano peritati di riconoscere l’errore? No, neppure una riga. L’affermazione secondo la quale hacker russi avrebbero cercato di influenzare le elezioni americane è stata smentita sia da Assange che da Craig Murray – ex ambasciatore inglese in Uzbekistan che si è giocato la carriera quando ha accusato la Cia di complicità nelle torture nell’ex-repubblica sovietica – che ha fatto risalire a due fonti americane, una delle quali ha incontrato personalmente, il leak delle email che hanno inguaiato la Clinton. Risultato? Nessuno: Assange e Murray sono stati definiti spie russe. Così il presidente Obama ha appena firmato una legge di Difesa Nazionale che prevede un investimento di 160 milioni di dollari per nuove operazioni di propaganda Usa, dichiaratamente intese a contrastare la “propaganda russa”.Altre due prove di disinformazione da parte dei media: il risultato delle elezioni presidenziali americane e la Brexit. Nel primo caso non c’è stato un solo mezzo di informazione che non abbia ripetuto ad nauseam che non c’erano dubbi sulla vittoria della Killary. Gli esiti sono sotto gli occhi di tutti. Quanto a Brexit (anch’essa data per inverosimile) le catastrofiche previsioni della vigilia sono state – a oltre sei mesi di distanza – ampiamente contraddette dai fatti. Mentre la quasi totalità degli economisti profetizzavano una flessione immediata, con relativi crolli di Borsa, l’economia britannica è cresciuta negli ultimi mesi, registrando un incremento del Pil rispettivamente dello 0,3% e dello 0,6% nei primi due trimestri del 2016, e dello 0,6% e dello 0,5% negli ultimi due, vale a dire nel semestre successivo all’esito del referendum grazie al quale il Regno Unito è uscito dalla Ue. Che ne dite, ci sono o no buoni motivi per diffidare delle fake news dei media?Ma i mezzi ufficiali d’informazione non ne vogliono sapere – loro non possono sbagliare per definizione – e così oggi ci troviamo di fronte ad una prima spinta censoria mirata direttamente a ostacolare quella libertà di pensiero e di espressione che oggi inizia a preoccupare l’establishment. Il quale non si sporca le mani con divieti palesi ma subdolamente e vigliaccamente interviene su motori di ricerca e social media. Ora, se il loro obiettivo fosse raggiunto, la ratio menzogna/verità dipenderebbe non dalla nostra personale indagine, ma da un algoritmo. In sostanza da una macchina. Questo non vi dice nulla? La seconda questione che mi riporta agli strange days è collegata ad alcuni avvenimenti la cui estrema gravità è passata – e continua a passare – quasi inosservata. Mi riferisco agli eventi che hanno contrassegnato le ultime elezioni americane. Ora, quanto è avvenuto e sta avvenendo sull’altra riva dell’Atlantico è qualcosa di assolutamente nuovo nella storia americana. Mai, neppure nei periodi peggiori della guerra fredda con l’allora Unione Sovietica si è visto un tale palese odio e disprezzo verso la Russia come quello che oggi dilaga sui media americani.Neppure nei giorni più oscuri del trentennio che va dagli anni ’50 agli ’80 presidenti come Eisenhower, Nixon, Reagan si sono rivolti ad un presidente russo con termini come quelli che oggi usano politici come Obama, la Clinton, McCain, Clapper. Quell’Obama, su cui ironizza Ron Paul affermando che il Premio Nobel per la pace è il giusto riconoscimento per un presidente che ha bombardato 7 nazioni ed è stato il primo nella storia degli Stati Uniti ad essere stato in guerra ogni singolo giorno dei suoi otto anni di mandato. Mai una elezione fu così piena di colpi bassi come questa che ha portato The Donald alla Casa Bianca. Mai – anche se è risaputo che vi sono delle aspre rivalità tra i servizi di intelligence Usa – si era verificato uno scontro aperto tra Cia e Fbi come quello che abbiamo sotto gli occhi oggi. E ancora: mai un presidente eletto aveva pubblicamente screditato le motivazioni dei rapporti di intelligence di una delle più potenti strutture di potere come la Cia, affermando che alla base della conferma del presunto hackeraggio da parte dei russi che avrebbero influenzato le elezioni americane ci sono solo “ragioni politiche”.Si tratta di macro-eventi che indicano un cambio globale nella direzione che l’establishment americano sta imboccando, evidentemente obtorto collo. Un cambio di rotta che non viene digerito dalle strutture di potere consolidato che cercano freneticamente di intralciare e sabotare la nuova direzione della Casa Bianca. In tale chiave va vista l’ultima aggressione verbale a Putin con relativa espulsione di diplomatici. E i media mainstream come si sono comportati di fronte a questi veri e propri terremoti politici globali? Minimizzando la magnitudo degli eventi e distogliendo l’attenzione della gente dalle enormi implicazioni a livello mondiale. Attraverso delle vere e proprie armi di distrazione di massa, dunque. Ma al tempo stesso si fanno megafono di una chiamata alle armi contro le fake news. Quelle degli altri, naturalmente.(Piero Cammerinesi, “Strange days”, riflessione pubblicata da “Altrogiornale” il 12 gennaio 2017).Vi ricordate il ritornello della canzone di Battiato di vent’anni fa? Strani giorni, viviamo strani giorni… Beh, quei giorni saranno stati forse strani, ma mai come quelli che stiamo vivendo oggi, dove la sovrabbondanza di notizie e la manipolazione incessante da parte dei media fa in modo che la gente non recepisca il ‘peso specifico’ di una notizia rispetto alle altre. Manipolare le coscienze non è solo scrivere il falso o negare il vero; basta semplicemente dare ad una notizia di importanza del tutto trascurabile lo stesso ‘peso’ (corpo tipografico o tempo dedicato nei Tg) di un fatto di grande rilevanza. Questa manipolazione costante produce nel lettore/spettatore una perdita di riferimento, un disorientamento della coscienza; è come se rispetto alla nostra vita noi dessimo pari importanza ad un mal di pancia rispetto ad un ictus. O, meglio, come se interpretassimo i sintomi dell’ictus con la stessa leggerezza con cui osserviamo quelli del mal di pancia… In effetti, i sintomi di questi strange days ci sono tutti, se solo li guardassimo con attenzione, senza farci disorientare da chi ci dovrebbe orientare, vale a dire dai media. A cosa mi riferisco?
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Massoni terroristi, quella dell’élite è una religione segreta
C’era una volta il massone. Un giorno indossò il cappuccio ma dimenticò squadra e compasso, fino a diventare qualcos’altro. Un paramassone: non più un iniziato che cerca la divinità, ma un contro-iniziato che si crede Dio. Sembra una fiaba nera, ma sta dando spettacolo: la grande crisi e il grande terrorismo non sono che due facce, entrambi atroci, dello stesso show. Ed è così potente, l’incantesimo, da incrinare la storia, compromettendo la pace sin dal dopoguerra, già da Yalta, quando i massoni Roosevelt e Churchill – insieme a Stalin – non accordano ai palestinesi la nascita di un loro Stato, in equilibrio col futuro Stato ebraico, innescando così il provvidenziale focolaio da cui nascerà il primo terrorismo dell’Olp. Quando il miracolo economico travolge anche l’Italia, spalancando orizzonti impensabili, viene fermato e “sacrificato” l’uomo che meglio incarnava un possibile futuro democratico anche per gli arabi, Enrico Mattei. Se ancora l’Europa crede in un modello diverso, democratico, in Svezia viene prontamente ucciso l’apostolo del welfare, Olof Palme. E in Israele finisce assassinato Rabin, colpevole di aver costruito una vera pace geopolitica, che coincide con «una autentica pax massonica». Morte a Rabin, dunque, perché l’odio deve continuare a vincere. Fino a quando?Può sembrare incredibile, ma Gianfranco Carpeoro – l’autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che denuncia la matrice massonica della “sovragestione” del terrorismo, attraverso élite che controllano servizi segreti – sostiene che, in fondo, la colpa è nostra. O meglio: la nostra ignoranza consente al super-potere di manipolarci indisturbato, costruendo mostri. Capeoro cita il suo antico maestro, Francesco Saba Sardi, grande intellettuale inserito dal Quirinale tra le più eminenti personalità culturali della storia italiana: nel mini-saggio “Istituzione dell’ostilità”, riportato testualmente nel libro di Carpeoro, Saba Sardi (traduttore di Borges, Simenon, Pessoa, Joyce e Garcia Marquez, nonché biografo di Picasso) sostiene che solo la nostra disponibilità all’odio ci rende inconsapevoli “soldati” della causa altrui, nient’altro che docili strumenti. Siamo pigri, non ci accorgiamo di vivere in un Truman Show. Prendiamo per buono perfino l’Isis, il cui capo – il “califfo”Abu-Bakr Al Baghdadi – fu stranamente liberato nel 2009 dal centro di detenzione di Camp Bucca, in Iraq, dopo esser stato affiliato alla Ur-Lodge “Hathor Pentalpa”, nella quale (secondo Gioele Magaldi, autore del libro “Massoni”) hanno militato George W. Bush e Condoleezza Rice, il politologo Michael Ledeen, Nicolas Sarkozy, Tony Blair, il leader turco Erdogan.Impressionante, nella ricostruzione di Carpeoro, l’affollamento dei messaggi simbolici che “firmano” i recenti attentati in Francia, affidati a manovalanza islamista: se la strage del Batalclan (13 novembre) è il “calco” della data-simbolo della persecuzione dei Templari, mentre quella di Nizza (14 luglio) colpisce al cuore i valori della Rivoluzione Francese, “sacri” per la massoneria democratica, devastando peraltro la città natale del massone progressista Garibaldi, anche gli attacchi di Bruxelles (aeroporto e metropolitana, “come in cielo, così in terra”) richiamano universi simbolici tutt’altro che islamici, «secondo un preciso schema operativo – scrive Carpeoro – che sceglie di utilizzare un linguaggio estraneo o addirittura “avverso” agli esecutori», giusto per inquinare le acque. Bruxelles, 22 marzo: stessa data del decreto di soppressione dei Templari, nel 1312. Giorno fatale, il 22 marzo: nel 1457, Gutenberg stampò la prima Bibbia. Nel 1831 venne fondata la Legione Straniera, in funzione anti-araba. Ancora: sempre il 22 marzo (del ‘45) nasceva la Lega Araba, «che l’Isis vede come il fumo negli occhi». E nel 2004 venne ucciso a Gaza lo sceicco Ahmed Yassin, leader spirituale di Hamas. Ma il fatidico 22 marzo “parla” anche ai cattolici osservanti: le letture liturgiche per la messa di quel giorno propongono la restaurazione del regno di Israele (Isaia), che abbreviato è “Is”, come “Islamic State”.Non è un gioco: per Carpeoro, la matrice massonica della “sovragestione” ricalca in modo quasi maniacale – ribaltandoli – gli insegnamenti di Vitruvio, «personaggio storico che ha avuto grande rilievo nella massoneria», perché nel “De Architectura” il grande architetto romano enuclea i principi-cardine, anche etici e spirituali, che devono orientare la scienza della costruzione, riflesso terreno della bellezza universale. Ebbene, i contro-iniziati che incarnano la “sovragestione” li ribaltano in modo puntuale e speculare, secondo lo stereotipo del satanismo: «Hanno utilizzato tutti gli strumenti descritti da Vitruvio: le lettere, per organizzare la disinformazione; il saper disegnare, per delineare il simbolismo dei loro atti; la geometria, per concatenare le distruzioni; l’ottica, per stabilire i punti di osservazione; l’aritmetica, per i tempi degli attentati; la storia, per il linguaggio simbolico delle date». I fantasmi della “sovragestione” «sono colti, sanno disegnare», padroneggiano matematica e filosofia, medicina e giurisprudenza, astronomia e astrologia». Chi sono, in realtà?Massoni, tutti. O forse no: si tratta di paramassoni, ma in fondo ormai «è solo questione di termini», ammette Carpeoro, che – massone lui stesso, già gran maestro dell’“obbedienza” di Palazzo Vitelleschi, poi dimissionario dopo aver disciolto la sua stessa loggia – accusa la massoneria di aver “perso l’anima”, riducendosi a mera struttura di potere. Nel suo libro accenna alle origini mistiche della libera muratoria (bibliche, egizie) come cemento culturale delle primissime corporazioni, quelle dei costruttori di cattedrali, gelosi custodi dei loro “segreti professionali”, basati sulla sacralizzazione del lavoro al servizio della bellezza. Poi, con la fine dei grandi edifici sacri, la nascita della massoneria “speculativa”, tra ortodossia metodologica e devianze, sbandamenti, infiltrazioni. Pietra miliare, il 1717: brucia Londra, ma l’architetto Chistopher Wren, leader della massoneria inglese, incaricato di riedificare la città, rifiuta di ricostruire il Tempio. «Il 1717 è considerato l’anno di nascita della massoneria moderna, ma in realtà segna l’inizio della fine della vera massoneria», network necessariamente cosmopolita che, come tale, faceva gola al potere: gli ex costruttori di cattedrali erano un’élite della conoscenza ben radicata in tutta Europa.Più che gli Illuminati di Baviera, il gruppo visionario creato sempre nel ‘700 da Jean Adam Weischaupt (nuovo ordine mondiale da costruire radendo al suolo il sistema, cominciando dall’abolizione della proprietà privata), secondo l’indagine di Carpeoro la malapianta della “sovragestione” che sta minacciando il pianeta va ricercata nel pensiero oligarchico di personalità più recenti e magari sconosciute ai più, come Joseph Alexandre Saint-Yves, marchese d’Alveydre, un medico francese di fine ‘800 che compare tra le figure di maggior rilievo dell’esoterismo del XIX secolo. Al sorgere del socialismo (e dell’anarchia), Saint-Yves contrappose la “sinarchia”: un modello di governo pre-ordinato, basato su schemi universali, con «ruoli e funzioni sociali secondo un ordine di strati e condizioni rigide, in una concezione piramidale della società». Il tutto, «legittimato da una mistica teocratica tipica delle società più antiche», Egitto e Persia, India. «Significa che alcuni sono naturalmente destinati a comandare». In altre parole, l’esoterista Saint-Yves (fervente cattolico, in strettissimi rapporti col Vaticano) «auspicava il governo di un’élite predestinata e piuttosto aristocratica».Pochissimi sanno “quel che si deve fare”, tutti gli altri devono sottostare alle indicazioni dell’élite. E’ qualcosa di davvero diverso dal pensiero che sembra promanare da Christine Lagarde del Fmi, che Magaldi dichiara affiliata alle Ur-Lodges “Three Eyes” e “Pan-Europa”? E’ tempo di sacrifici? Bisogna (“dovete”) soffrire? A parlare è il marchese Saint-Yves o Mario Monti (Gran Loggia di Londra e Ur-Lodge “Babel Tower”), o magari il “venerabile” Mario Draghi della Bce (“Edmund Burke”, “Pan-Europa”, “Compass Star-Rose”, “Three Eyes” e “Der Ring”)? La nascita delle superlogge internazionali era assolutamente ineluttabile, osserva Carpeoro: la stessa tensione civile e sociale che durante l’Illuminismo aveva condotto i massoni a battersi per «i valori democratici e libertari, propri della dottrina muratoria» condusse le logge di fine ‘800 a coordinarsi, «anche al di fuori dell’organizzazione rituale», affiliando – nelle Ur-Lodges – anche «presidenti, banchieri, industriali», non necessariamente passati per la tradizionale procedura iniziatica.Per quello spiraglio, sottolinea Carpeoro anche nell’articolata trattazione del capitolo italiano su Gelli e la P2 (dove emerge un’Italia di fatto tuttora “sovragestita” da una fantomatica P1, protetta da silenzi e omissioni), il potere avrebbe definitivamente svuotato il network massonico di ogni autentica valenza esoterica e libertaria. Tutto sarebbe ridotto a una piramide che parla una sola lingua, quella del denaro, imposta con la globalizzazione forzata del pianeta a beneficio di una casta di “eletti” che, della massoneria, mantengono solo il linguaggio cifrato, magari per “firmare” crisi, guerre e persino attentati terroristici, sanguinose tappe di una strategia della tensione progettata per imporre agli “inferiori” il dominio della paura. Cosa c’è nella testa dei fantasmi della “sovragestione”? Probabilmente, il verbo di Saint-Yves, la “sinarchia”, una filosofia addirittura mistica, secondo cui «l’élite è in armonia con le leggi universali è in pratica una classe sacerdotale». La “sinarchia”, conclude Carpeoro, è dunque «una forma di teocrazia, un governo di sacerdoti o di re-sacerdoti». Il dogma del rigore, imposto all’Europa, impossibile da discutere: «La “sinarchia” arriva a suggerire che quest’élite illuminata sia in diretto contatto con le intelligenze spirituali che governano l’universo e da cui riceve istruzioni». Per i comuni mortali, nessuna speranza. A meno che non si “risveglino”, nell’unico modo possibile: disertando, rifiutando la guerra che viene quotidianamente allestita.(Il libro: Giovanni Francesco Carpeoro, “Dalla massoneria al terrorismo”, sottotitolo “Come alcune logge massoniche sono divenute deviate e come con i servizi segreti vogliono controllare il mondo”, Revoluzione edizioni, 192 pagine, euro 13,90).C’era una volta il massone. Un giorno indossò il cappuccio ma dimenticò squadra e compasso, fino a diventare qualcos’altro. Un paramassone: non più un iniziato alla ricerca della divinità, ma un contro-iniziato che si crede Dio. Sembra una fiaba nera, ma sta dando spettacolo: la grande crisi e il terrorismo permanente non sono che due facce, entrambe atroci, dello stesso show. Ed è così potente, l’incantesimo, da incrinare la storia, compromettendo la pace sin dal dopoguerra, già da Yalta, quando i massoni Roosevelt e Churchill – insieme a Stalin – non accordano ai palestinesi la nascita di un loro Stato, in equilibrio col futuro Stato ebraico, innescando così il provvidenziale focolaio da cui nascerà il primo terrorismo dell’Olp. Quando il miracolo economico travolge anche l’Italia, spalancando orizzonti impensabili, viene fermato e “sacrificato” l’uomo che meglio incarnava un possibile futuro democratico anche per gli arabi, Enrico Mattei. Se ancora l’Europa crede in un modello diverso, socialista, in Svezia viene prontamente ucciso l’apostolo del welfare, Olof Palme. E in Israele finisce assassinato Rabin, colpevole di aver costruito una vera pace geopolitica, che coincide con «una autentica pax massonica». Morte a Rabin, dunque, perché l’odio deve continuare a vincere. Fino a quando?
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Giannuli: non credo al Grande Complotto, fuori le prove
Cari complottisti, non esagerate: la «implausibiltà» delle vostre tesi è spesso così clamorosa da costituire il miglior regalo al potere che, «attraverso i suoi manutengoli nei mass media», potrà agevolmente provvedere a «ridicolizzare ogni tentativo di mettere in discussione le “verità ufficiali”». Storico e politologo, esperto di servizi segreti e trame oscure, il professor Aldo Giannuli avverte il bisogno di mettere in guardia dall’eccesso di dietrologia i lettori del suo blog. Il web è inondato da milioni di informazioni su piste scomode, che il mainstream silenzia accuratamente? Non importa: per Giannuli il problema è la proliferazione incontrollata di tesi non dimostrate. La definisce «una moda», evidentemente preoccupante visto che in Italia «miete molti consensi a sinistra o in ambienti come quello dei 5 Stelle, degli ex “Italia dei Valori”, lettori del “Fatto” e del “Manifesto”». La colpa? E’ dell’attuale «processo di spoliticizzazione di massa», che secondo Giannuli «apre spazio ad un immaginario para-magico sostitutivo delle categorie politiche di analisi».Eppure, annota il docente dell’ateneo milanese, il «paradigma “complottista”» nasce in ambienti di destra nel XIX secolo, «avendo a bersaglio fisso massoni ed ebrei», in diversi casi accomunati in un’unica congiura. «E’ il mondo cattolico – scrive Giannuli – il primo ventre fecondo di questo indirizzo, che vede la modernità stessa come il frutto della congiura diabolica dei massoni: dalla Rivoluzione Francese all’Unità d’Italia, dall’industrialismo allo sviluppo del capitale finanziario, dal modernismo alla rivoluzione sessuale è tutto il prodotto di essa». Non è difficile, in questo, scorgere l’eredità della Santa Inquisizione, «che spiegava eresie e rivolte con l’intervento del Maligno attraverso infedeli (ebrei in testa), streghe e indemoniati: il “Malleus maleficarum” è un testo di rara chiarezza a questo proposito». A questo filone principale, continua Giannuli, si aggiunse in seguito l’antisemitismo di destra, alimentato dai falsi della polizia politica zarista (i “Protocolli dei Savi di Sion”), poi sfociato nel nazismo. «La crisi del 1929 offrì una formidabile occasione per l’antisemitismo», e infatti si scaricò la catastrofe «sulle spalle della congiura finanziaria ebraica».Infine, ad alimentare e modernizzare l’immaginario complottista, giunse la crescita dello spionaggio dalla Prima Guerra Mondiale in poi: «L’ossessione della spia in agguato crebbe per tutti i decenni centrali del secolo scorso, producendo un genere letterario e cinematografico che contribuì non poco a socializzare le masse a questa “cultura del sospetto”». Secondo Giannuli, «il paradigma complottista è stato preparato in cucine di destra (cattolicesimo tradizionale, antisemitismo nazista, servizi segreti e derivazioni letterarie)», mentre poi «a “sdoganarlo” a sinistra fu lo stalinismo con le sue ossessioni e la sua caccia alle streghe trotzkjiste (manco a dirlo: ebrei anche quelli, come il loro capo)». Finita la guerra, scese in campo la “controinformazione”, con la missione di rompere il silenzio omertoso attorno al potere, partendo dall’analisi critica delle apparenze: «Spesso le apparenze ingannano, soprattutto nei casi più oscuri e drammatici come stragi, assassinii politici, colpi di Stato o scandali finanziari, per cui occorre indagare con spirito critico». E’ quello che si dovrebbe fare sempre, per esempio «su un “suicidio” dietro il quale si nasconde un omicidio». Il punto è, soprattutto nei casi “politici”, «la polizia non è una parte fuori del conflitto, ma un personaggio in commedia, che spesso falsifica, omette, depista, confonde le acque».Nei casi politici, la ricerca del movente politico è un pezzo decisivo dell’indagine. Ma la riflessione critica – secondo la scuola della controinformazione – deve sempre muoversi sul filo della razionalità. «Il fatto che una versione ufficiale “non quadri” logicamente, non significa che si possano dipingere gli scenari più fantasiosi e intimamente incoerenti». Quindi, primo passo: «Una versione falsificata dice solo che le cose non possono essere andate nel modo in cui essa le racconta, ma non ci dice ancora come è andata davvero». In secondo luogo, «l’apparenza va processata logicamente, non rimossa». Se emergono aspetti dubbi, incoerenti o anche spudoratamente falsi, questo «non autorizza a mettere da parte tutto il resto come falso e incoerente: ogni singolo aspetto di quel che ci appare va accolto come vero sino a prova contraria. Si può accettarlo “con beneficio di inventario” ma bisogna comunque accettarlo, perché ci si priverebbe degli elementi su cui lavorare». Infine, occorre distinguere sempre fra prove e indizi, certezze e semplici ipotesi. «L’importante è che la spiegazione “certa” (ovviamente “certa” solo sino a prova contraria che dimostri l’errore) non nasca troppo presto. E qui c’è l’errore classico dei dilettanti: prima formulare la ricostruzione d’insieme e dopo andare cercando prove e indizi a sostegno».A Giannuli non piace che si evochi – o si denunci – l’esistenza di «un vertice mondiale che tutto dirige e regola». Obiezione: «Se ci fosse questa “cupola mondiale” si dovrebbe registrare un quadro mondiale sostanzialmente aconflittuale o al massimo con limitatissimi conflitti periferici, mentre la nostra conoscenza ci indica un mondo attraversato da crescenti conflitti tutt’altro che periferici e una sostanziale assenza di ordine internazionale». Secondo quello che Giannuli definisce teorema “complottista pregiudiziale”, le crisi finanziarie non sono altro che fenomeni intenzionalmente manovrati per impoverire chi è già povero a spese dell’élite. «Può anche darsi che le cose stiano così, ma spetta a chi fa queste affermazioni produrre le prove a sostegno», replica il professore. «Ad esempio: constatare che la crisi ha lasciato come sedimento (almeno sinora) un aumento delle diseguaglianze, con ricchi ancor più ricchi e poveri sempre più poveri, non basta a dimostrare che quell’esito sia stato cercato sin dall’inizio e la crisi appositamente provocata, perché esso potrebbe essere stato solo il prodotto oggettivo, ma non prevedibile, di un processo innescato da altri fattori».Il guaio è che il “complottista pregiudiziale”, per Giannuli, «non avverte normalmente questa esigenza di rigore analitico», perché «obbedisce prima di tutto a uno stato d’animo, l’ansia per i pericoli da cui si sente minacciato, l’angoscia per la sua impotenza di fronte ad un mondo ostile e buio». Il professore si esprime con durezza: «La stupidità è sempre nemica dell’intelligenza e serva del potere», sentenzia. Trascurando il fatto – non proprio irrilevante – che se oggi il dibattito sulle “vere cause” della grande crisi appassiona milioni di persone, lo si deve essenzialmente a tanti “complottisi”, regolarmente denigrati, certamente spaventati da un mondo sempre più spietato e incomprensibile, ma soprattutto scandalizzati dal silenzio assordante del mainstream mediatico, televisivo, editoriale, accademico, politico, sindacale. La grande crisi sta facendo a pezzi l’Europa e quel che resta della pace del mondo. Chi doveva fornire spiegazioni, non l’ha fatto. Se non altro, i “complottisti” ci provano. L’alternativa è il silenzio sordo di un establishment marmoreo, muto anche di fronte alle denunce più serie e circostanziate.Cari complottisti, non esagerate: la «implausibiltà» delle vostre tesi è spesso così clamorosa da costituire il miglior regalo al potere che, «attraverso i suoi manutengoli nei mass media», potrà agevolmente provvedere a «ridicolizzare ogni tentativo di mettere in discussione le “verità ufficiali”». Storico e politologo, esperto di servizi segreti e trame oscure, il professor Aldo Giannuli avverte il bisogno di mettere in guardia dall’eccesso di dietrologia i lettori del suo blog. Il web è inondato da milioni di informazioni su piste scomode, che il mainstream silenzia accuratamente? Non importa: per Giannuli il problema è la proliferazione incontrollata di tesi non dimostrate. La definisce «una moda», evidentemente preoccupante visto che in Italia «miete molti consensi a sinistra o in ambienti come quello dei 5 Stelle, degli ex “Italia dei Valori”, lettori del “Fatto” e del “Manifesto”». La colpa? E’ dell’attuale «processo di spoliticizzazione di massa», che secondo Giannuli «apre spazio ad un immaginario para-magico sostitutivo delle categorie politiche di analisi».
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Volete la verità? Ve la offre Pandora, col vostro aiuto
Non ve la siete mai bevuta, la storia delle armi di distruzione di massa di Saddam? E nemmeno la versione ufficiale dell’11 Settembre o quella del gas Sarin usato dall’esercito siriano contro la popolazione civile di Damasco? Allora “Pandora Tv” potrebbe fare al caso vostro, perché – oltre alla voce di Giulietto Chiesa – vi offre un aggiornamento quotidiano sull’attualità internazionale attraverso i servizi di “Rt”, offerti in esclusiva e tradotti in italiano per garantire “un’altra visione del mondo”, come recita il claim della nuova web-tv aperta su iniziativa del giornalista e scrittore che ha fatto della battaglia contro le menzogne del mainstream il proprio marchio di fabbrica. Una scommessa, quella di “Pandora”, basata sulla garanzia di assoluta indipendenza: proprio per questo, l’esperimento si affida al contributo diretto del pubblico, mediante lo strumento democratico del social crowdfunding: bastano 10 euro per sostenere la produzione della programmazione. Informazione libera, democrazia nella comunicazione.«Ci stanno portando in guerra», avverte Giulietto Chiesa, che da anni vigila sulla grande crisi del capitalismo imperiale, globalizzato e finanziarizzato. Tesi ben riassunta dal suo ultimo saggio, “Invece della catastrofe”, che parte dallo storico allarme lanciato dal Club di Roma sui raggiunti limiti dello sviluppo: l’élite mondiale non tollera più di dover spartire le risorse vitali del pianeta con una popolazione di 7 miliardi di esseri umani. E se i Brics alzano la testa – crescita accelerata e fame di consumi – è ovvio che sulla “coperta troppo corta” si accende una disputa strategica e geopolitica che i meno ottimisti chiamano “terza guerra mondiale”. Tradotto: mettere le mani su quel che resta del pianeta, battendo sul tempo i cinesi, prima che esploda in modo apocalittico una qualsiasi delle grandi crisi innescate: quella economico-finanziaria, quella energetica, quella climatica, quella dell’acqua o quella del cibo. Unico strumento di autodifesa: la democrazia. Che però è accecata da un filtro prodigioso: la disinformazione.«La verità è che non sappiamo quello che sta davvero succedendo», sostiene Giulietto Chiesa, che punta il dito contro le omissioni e i depistaggi del mainstream, colonizzato dall’élite esattamente come i maggiori partiti politici, tutti infiltrati dai poteri forti che – da Wall Street a Bruxelles – impongono la “loro” agenda, a colpi di diktat e recessioni pilotate. Ultimo scenario offerto dall’attualità: la dirompente crisi scatenata in Ucraina per indebolire la Russia e “intrappolare” l’Europa, pensando già, ovviamente, soprattutto alla Cina. Dai servizi di “Russia Today” proposti da “Pandora”, la tempestiva denuncia della strategia della tensione organizzata a Kiev per rovesciare il (pessimo) regime di Yanukovich, grazie a milizie-fantasma addestrate in segreto e appoggiate da potenti frange neonaziste. “Pandora” si candida a rappresentarla, “un’altra visione del mondo”, dando spazio all’analisi anche italiana della grande crisi, ospitando le voci dei nostri territori. Un canale sociale, aperto a tutti, che – per affermarsi – ha bisogno del contributo di tutti.Non ve la siete mai bevuta, la storia delle armi di distruzione di massa di Saddam? E nemmeno la versione ufficiale dell’11 Settembre o quella del gas Sarin usato dall’esercito siriano contro la popolazione civile di Damasco? Allora “Pandora Tv” potrebbe fare al caso vostro, perché – oltre alla voce di Giulietto Chiesa – vi propone un aggiornamento quotidiano sull’attualità internazionale attraverso i servizi di “Rt”, offerti in esclusiva e tradotti in italiano per garantire “un’altra visione del mondo”, come recita il claim della nuova web-tv aperta su iniziativa del giornalista e scrittore che ha fatto della battaglia contro le menzogne del mainstream il proprio marchio di fabbrica. Una scommessa, quella di “Pandora”, basata sulla garanzia di assoluta indipendenza: proprio per questo, l’esperimento si affida al contributo diretto del pubblico, mediante lo strumento democratico del social crowdfunding: bastano 10 euro per sostenere la produzione della programmazione. Informazione libera, democrazia nella comunicazione.
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11/9, ora l’America sa che il governo le ha mentito
Hanno davvero assassinato tremila innocenti per poi avere l’alibi per invadere il mondo? I retroscena sull’11 Settembre, ancora giudicati “puro delirio cospirazionista” dal mainstream, stanno facendo passi da gigante: di fronte all’aggressione della Siria, l’ex deputato Dennis Kucinich ha detto che gli Stati Uniti «diventeranno ufficialmente l’aeronautica militare di Al-Qaeda», ma l’America ne ha avuto abbastanza: nove americani su dieci erano contrari all’invasione. E a proposito dell’11 Settembre, un incredibile 84% delle persone oggi dice che il governo sta mentendo. «Disponiamo di precedenti documentati storicamente che dimostrano come il governo sia pronto a commettere i peggiori crimini contro la propria stessa popolazione». Grazie a “Consensus 9/11”, il board di tecnici indipendenti che ha smontato la verità ufficiale, emerge in tutta la sua minacciosa potenza la tesi peggiore, quella della strategia della tensione: senza esplosivo, le Torri Gemelle non sarebbero mai crollate. Lo dicono ex funzionari dell’intelligence, ingegneri, vigili del fuoco.
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No Tav, nemico pubblico: lupi, pecorelle e sciacalli
I valsusini sono abituati a rovinarsi pranzi e cene ascoltando i vari Tg, sicuramente un po’ masochisti; nel tempo hanno verificato una “professionalità” nel costruire servizi menzogneri, vere montature e tutta la gamma delle notizie farlocche. Il “caso pecorella” è davvero emblematico (febbraio 2012, occupazione dell’autostrada): Marco sfotte un poliziotto soprannominandolo “pecorella”. Per giorni e giorni quel video, postato sul sito del “Corriere della Sera” (debitamente tagliato nel punto in cui Marco conclude il suo ragionamento e si spinge a dire: «Comunque vi vogliamo bene lo stesso»), diventa un mantra, l’ossessione dei Tg. Non c’è guerra al mondo, emergenza umanitaria, crisi politica, disastro in grado di superare quella notizia che diventa: La notizia del giorno. E ancora nei giorni successivi. L’intento è chiaro: strappare di dosso al movimento NoTav quella simpatia istintiva che da qualche tempo l’avvolge e fa proseliti di ribellione in tutta Italia.
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Barnard: Harvard, stragisti falsari da impiccare in piazza
Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff sono due economisti Neoclassici di Harvard (Usa) che qualche tempo fa scrissero uno studio che dimostrava come le nazioni gravate dal alto debito pubblico (+ del 90% del Pil soffrono inevitabilmente un crollo economico (meno crescita). Il loro lavoro, intitolato “Growth in a Time of Debt.”, datato 2010, è stato preso a modello da tutta la tecnocrazia europea che ha imposto a Italia, Irlanda, Spagna, Grecia, Portogallo, ma anche alla Francia e alla Germania, la più devastante disciplina delle Austerità economiche nella storia dell’Europa, con risultati ormai talmente agghiaccianti da non necessitare neppure più di commenti. Alla testa dei tecnodistruttori e primo ammiratore di “Growth in a Time of Debt” sta il Torquemada delle Austerità, l’ignobile Olli Rehn, responsabile finanziario della Commissione Europea.
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Foa: la verità del web spiazza i media e gli spin doctor
Era il 2003 – esattamente dieci anni fa – e un grande libro, completamente ignorato dai media, raggiunse in pochi giorni la vetta delle classifiche, senza neppure una recensione sui giornali. “La guerra infinita”, di Giulietto Chiesa, “spiegava” per la prima volta quello che sarebbe successo da lì in poi, a partire dall’occupazione dell’Iraq col falso pretesto delle inesistenti armi nucleari di Saddam. La menzogna elevata a sistema, su scala mondiale, come vera e propria arma di distruzione di massa. Motivazioni elementari: il declino di un impero, messo alle corde dalla penuria energetica e dal boom demografico del pianeta, ma con ancora un vantaggio formidabile: la supremazia tecnologico-militare. Uso della forza reso accettabile soltanto dall’arma vera: la manipolazione sistematica della verità. In un post visitatissimo su “Byoblu”, Marcello Foa denuncia il ruolo-chiave degli spin doctor nel condizionare il sistema dei media, e cita il caso-Grillo: finalmente, un fenomeno di massa che esplode, nonostante la congiura del silenzio organizzata da giornali e televisioni.
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Caso Bergoglio: esagerazioni, ipocrisie e disinformazione
In Argentina, durante la dittatura, vi furono padri che denunciarono i figli, convinti che una lavata di capo avrebbe fatto loro bene. È successo decine di volte. Oggi i figli sono desaparecidos e molti padri sono morti suicidi, disperati per non aver compreso in tempo la perversione di quel regime che torturava, assassinava, stuprava, faceva sparire i corpi, rapiva i bambini, li privava d’identità in nome dell’Occidente cristiano. Torturava in nome della croce e spesso erano i preti stessi a torturare, uccidere o assolvere con la loro partecipazione chi torturava e uccideva. Se la Chiesa argentina nel suo insieme non può non essere condannata, non può bastare un singolo episodio poco chiaro per condannare il giovane padre Bergoglio al marchio del complice. In un’ipotetica inchiesta sul caso dei due gesuiti Yorio e Jalics, il provinciale dei gesuiti dell’epoca sarebbe probabilmente rinviato a giudizio, ma poi uscirebbe assolto dal processo.
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Sangue e menzogne, scandalo mondiale senza fine
All’alba del fatidico 11 settembre 2001, la data che ha cambiato in peggio la storia del mondo scatenando una guerra dopo l’altra col pretesto della lotta al terrorismo internazionale, il cielo degli Stati Uniti era l’area più controllata del pianeta, ma in modo clamorosamente anomalo: qualcuno si era infatti premurato di organizzare ben 7 esercitazioni militari, tutte concentrate nello stesso giorno, in modo da allontanare l’aviazione e lasciar libero il corridoio aereo utilizzato dai dirottatori diretti alle Torri Gemelle. La sicurezza americana ha mentito su tutto: sono le ultime conclusioni del “Consensus Panel”, la commissione indipendente di esperti convocata sulla strage del secolo. Smentita, dati alla mano, l’incredibile versione ufficiale: una cortina di menzogne, stesa dal governo e dai media per impedire al pubblico di scoprire dove fossero e cosa stessero davvero facendo, in quelle ore, i quattro uomini-chiave dell’apparato Usa
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Terremoto e strage di operai, Cremaschi: fuori i colpevoli
Gli operai morti per il terremoto in Emilia sono stati uccisi e la legge deve individuare e punire i colpevoli. Gli omicidi sul lavoro in Emilia non possono essere inseriti nella normale incuria del territorio e nell’edilizia facile. La cosa è molto più grave. La normale incuria del territorio, l’edilizia allegra, c’erano già domenica notte, con la prima scossa di terremoto. Allora eravamo ancora in una delle frequenti condizioni del degrado del territorio. Ma poi è successo qualcosa in più. Tanti hanno detto che molti fabbricati industriali erano stati costruiti senza sapere che quella era una zona sismica. Ammettiamolo pure. Ma la notte tra domenica e lunedì 21 maggio, la zona sismica c’era, chiara, brutale.