Archivio del Tag ‘opposizione’
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Colonizzati dal dollaro, dopo che l’euro ci avrà rovinati?
L’anno diplomatico 2013 ha visto come primo significativo evento il comunicato congiunto di Washington e Bruxelles del 13 febbraio sul comune proposito di avviare dei negoziati per dar vita al Ttip, cioè ad una partnership per il commercio transatlantico e per gli investimenti. Si tratterebbe di una vera e propria unione finanziaria e commerciale delle due sponde dell’Atlantico. Il comunicato congiunto però non ha avuto alcuna risonanza sui media ufficiali, anzi sembrerebbe che ci sia stata una vera e propria congiura del silenzio. Ha fatto parzialissima eccezione la testata online “Wall Street Italia”; ma il fatto davvero strano è che una testata specializzata in notizie economico-finanziarie per procurarsi del materiale a riguardo abbia dovuto far ricorso al rilancio di un articolo di Michel Collon, che era stato tradotto e pubblicato su un sito di opposizione, “Come Don Chisciotte”.
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Datagate e Barack Obush, il nuovo faraone totalitario
Disse Bertolt Brecht che, quando il fascismo fosse giunto in America, avrebbe assunto le fattezze della democrazia. Profezia poetica che si sta avverando sotto i nostri occhi. Il paese che continua ad esserci ossessivamente rappresentato come la più progredita forma di democrazia, è quello stesso in cui i suoi un tempo cittadini (ora sudditi abitanti di Matrix) sono sorvegliati ad ogni istante dal Grande fratello Nsa che tutto sa e tutto può leggere e vedere. Anche a noi tocca essere, qualche volta, profeti. Pino Cabras ed io, sul nostro libro “Barack Obush”, nella sua edizione in lingua russa, mettemmo in copertina un photoshop di Obama e Bush che mostrava la loro contiguità e continuità. Nei giorni scorsi l’“Huffington Post”, nella sua edizione americana, a due anni di distanza, ci ha copiato il photoshop. Confermando, per altro, il mio giudizio al momento dell’elezione del primo presidente di colore della storia americana: Obama come la più straordinaria operazione di maquillage di un imperatore dai tempi del faraone Tutankamen.
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Della Luna: portate i vostri figli in salvo all’estero
Il regime in questi giorni alza l’allarme sulla disoccupazione che si impenna, sulla produzione che si affossa, sulle piccole aziende che muoiono in massa. Il Quirinale grida alla crisi angosciante. Evidentemente, il regime sta creando panico sociale per far passare qualche brutto giro di vite fiscale, giustificato con l’esigenza di salvare posti di lavoro, e che invece produrrà effetti contrari, perché recessivi – come tutti i precedenti. Farà una nuova tassa patrimoniale, o una nuova razzia sui conti correnti, magari convertendo i depositi in azioni della banca depositaria, per risanarla a spese dei clienti, e consentirle così di creare nuove bolle, nuove voragini e nuove emergenze coi giochi speculativi in cui le banche oggi impiegano prevalentemente i propri fondi?
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Euro: un referendum contro la fabbrica delle menzogne
Adesso che la potenza mediatica di Grillo spinge il referendum sull’Europa, è solo sperabile che questa giusta proposta non finisca nel tritacarne mediatico e nel teatrino della politica. Noi del “Movimento No Debito” l’abbiamo chiesto da quasi due anni. Una consultazione popolare sui trattati europei c’è già stata nel 1989, abbinata alle europee. Ora sarebbe giusto indire un referendum non tanto sull’euro in quanto tale, ma su quei trattati che, come il Fiscal Compact, ci vincolano alle politiche di austerità. Un referendum come quelli che si sono tenuti in altri paesi europei avrebbe un pregio di fondo: almeno per qualche momento e con un minimo di par condicio romperebbe la barriera di propaganda, chiacchiere e bugie che oggi impediscono ai cittadini italiani di farsi una propria idea su quanto sta davvero accadendo in Europa. Poi si potrebbe affrontare davvero la questione di come rompere la cappa dell’euro, che produce da noi 40.000 disoccupati al mese, centinaia di migliaia in tutta l’Europa del Sud.
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Contro la Merkel, il Movimento 5 Stelle sbarca in Germania
Raramente una forza politica di recente formazione ha raccolto così tanto successo come il “Movimento 5 Stelle” italiano nelle elezioni politiche di febbraio. In men che non si dica il raggruppamento, formatosi intorno al magniloquente comico Beppe Grillo, è riuscito a diventare – grazie alla sua totale opposizione nei confronti di tutti i partiti esistenti – la terza forza in entrambe le Camere del Parlamento. Nessuna meraviglia quindi che i “grillini” appaiano un esempio da seguire: e così nel frattempo si è formato anche in Germania un “Movimento 5 Stelle”. Già nei prossimi giorni dovrebbe essere formato il nuovo partito, afferma Wolfgang van de Rydt, che ha iniziato il progetto insieme ad alcuni compagni di lotta – tra questi molti insegnanti e giornalisti. La propaggine tedesca avrebbe nel frattempo già un forte programma di 25 pagine.
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Grillo teme il peggio: Italia alla fame già quest’autunno
Grillo “scommette” sulla catastrofe dell’Italia? C’è da augurarsi che si sbagli, perché nessuno – neppure il fragile “Movimento 5 Stelle”, appeso agli umori del leader – riuscirebbe a salvarsi dal collasso di un paese allo stremo, se davvero nei prossimi mesi dovesse crollare il nostro sistema economico e sociale, con la chiusura in massa di aziende e licenziamenti a tappeto. Eppure, sostiene Aldo Giannuli, l’intransigenza di Grillo – a partire dalla porta sbattuta in faccia a Bersani – si spiega solo con il fondato timore dell’ex comico: Grillo è davvero convinto che l’autunno 2013 sia la prova generale dell’apocalisse. Una burrasca senza precedenti dal dopoguerra, affrontabile solo con una pattuglia di uomini fidatissimi, agli ordini del comandante supremo. Che non ha voluto fidarsi del Pd, neppure di fronte a offerte clamorose: legge anticorruzione, riforma Rai, abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, reddito di cittadinanza, legge sul conflitto d’interesse e magari anche il nome del presidente della Repubblica.
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L’inferno neoliberale: la peggior colpa del genocida Videla
Jorge Rafael Videla, il dittatore argentino dei 30.000 desaparecidos, muore in carcere da sconfitto, da ergastolano, da genocida. Come ha detto Estela Carlotto, la leader delle nonne di Plaza de Mayo, «era un uomo disumanizzato» ed è fin troppo semplice applicare a lui la categoria arendtiana di “banalità del male” di chi mise metodicamente in atto un sistematico piano genocidiario, tendente al sequestro di persona di massa, al furto di ogni bene mobile e immobile delle sue vittime, all’assassinio e alla sparizione di persone. Lasciò i figli senza genitori e i genitori senza figli. Ciò succede in molte guerre di sterminio, ma a Videla e ai suoi non bastava. Perciò, peculiarità creola dell’orrore, volle che i morti restassero senza nome, i desaparecidos, e i vivi – i figli di questi, spesso appena neonati – restassero senza identità. Le puerpere venivano lasciate in vita solo fino al parto e centinaia di bambini furono smistati a caso «per salvare la società occidentale e cristiana».
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Giulietto Chiesa: sono allo sbando, aspettiamoci di tutto
Aspettiamoci di tutto: la crisi sta precipitando e il “governuccio” di Enrico Letta punta solo ad arrivare fino alle elezioni tedesche di settembre, mentre i pm di Palermo vorrebbero convocare Napolitano come testimone al processo sulla trattativa Stato-mafia. E Berlusconi è al governo inseguito dalle condanne: interdizione dai pubblici uffici per quattro anni, che la Boccassini vorrebbe diventasse “perpetua”. Tentazione forte: elezioni anticipate, visto che il Pdl (evaporato il Pd e frenato Grillo) è nuovamente in pole position. Stiamo per vivere un’estate anomala e pericolosa, avverte Giulietto Chiesa, perché i politici di Roma sono allo sbando, obbediscono solo a Bruxelles e ora hanno l’esatta percezione della loro precarietà: tutto potrebbe crollare, con scenari aperti a possibili “colpi di testa”. Prima domanda: «Ma il presidente Napolitano non poteva pensarci prima? Perché questo governo l’ha voluto lui. L’ha voluto in primo luogo lui, l’ha fatto lui». Diceva Mao: spesso i reazionari sollevano i massi sopra la loro testa, e poi se li lasciano cadere sui piedi. «Bisogna vedere dove andrà a cadere questo sasso: sicuramente sui piedi di Napolitano, ma anche sui nostri».
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Opposizione non pervenuta: non osa denunciare Bruxelles
Ce lo dice lo spread: per ora, i padroni dell’universo non stringeranno il cappio. Hanno un piano, diverso da quello di Draghi: permettere al governo Napolitano-Letta di “resistere” fino all’autunno, cioè alle elezioni tedesche. Nel frattempo, Enrico “Ponzio Pilato” Letta lavorerà sull’unico punto che trova il pieno accordo di tutto il Palazzo: varare una legge elettorale il più in fretta possibile, che sia peggiore del Porcellum. Obiettivo: impedire a chiunque di insidiare il potere. Tagliando fuori Grillo e, intanto, logorandolo, ovvero «aiutandolo nel compito non difficile in cui è già impegnato: logorare se stesso». Giulietto Chiesa è netto: se l’unica risposta alla crisi è a Bruxelles, Grillo deve “prendere l’aereo” e correre in cerca di alleati, «che ci sono», anziché «limitarsi a controllare i conti del Palazzo», mentre il sistema-Italia sta per saltare in aria e “nonno Napolitano” «resta, armi in pugno, a difendere Maastricht e Lisbona, per portare l’Italia in Grecia (a nuoto)».
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Cremaschi: si è arresa anche la Fiom, fine del sindacato?
«Se in un contratto nazionale o aziendale si aumenta l’orario di lavoro, si abbassano le qualifiche, si toglie ai lavoratori il diritto ad ammalarsi, e se la maggioranza dei rappresentanti sindacali e dei lavoratori accetta, la minoranza non può più opporsi. Non può fare sciopero, non può andare in tribunale, non può neanche tutelare quei lavoratori che non ci stanno. Altrimenti è fuori». In puro “sindacalese” questo si chiama “esigibilità”: ed è esattamente la clausola-capestro che ora ha accettato anche la Cgil, con la sola opposizione della componente “Rete 28 aprile”, alla stipula del nuovo patto sulla rappresentanza. Risultato: insieme a Cisl e Uil, anche la Camusso firma con Confindustria. D’ora in avanti, lo stesso Landini può scordarsi una “resistenza” come quella ingaggiata a Pomigliano, quando la Fiom trascinò la Fiat di Marchionne in tribunale. Fine dell’ultimo brandello di radicalismo sindacale: per Giorgio Cremaschi, è una capitolazione storica. Addio sindacato.
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La tela atlantica: Obama e Letta, governissimo di guerra
L’approdo al governo di Enrico Letta ha molti punti di contatto con il viaggio nel potere di Barack Obama. A molti questo potrebbe apparire come un complimento rivolto a due campioni progressisti. Per chi obamiano non è, come chi scrive, è invece la critica a due conservatori impegnati a salvaguardare creativamente gli interessi dell’Impero, Obama al centro e Letta in periferia. Tralasciamo per ora le scontate differenze fra Usa e Italia, il divario in termini di loro ruolo e peso internazionale, la diversità dei sistemi politici ed elettorali. Quel che interessa qui sottolineare è il fatto che un sistema in profonda crisi di legittimità ha trovato una soluzione “creativa” all’interno delle proprie classi dirigenti. Gli Stati Uniti erano segnati da un “impresentabile” come il presidente Bush. In Italia venivamo da un livello di fiducia nei partiti politici ormai prossimo allo zero.
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Per Bruxelles siamo solo bestiame: fanno zootecnia sociale
Tanto rumore per il solito commissariamento del governo italiano. Si dà grande risalto mediatico al fatto che Pd e Pdl si mettano insieme, per nascondere la vera notizia: «Lo fanno per imporre decisioni prese al di fuori dell’Italia, sebbene si dimostrino rovinose». Ci portano al macello: con metodi di “allevamento” sperimentati precisamente nella zootecnia. Parola di Marco Della Luna, scettico nei confronti del governo Letta per un motivo semplicissimo: «Il potere politico è nelle mani di chi ha le leve macroeconomiche, soprattutto di decidere quanta moneta mettere in circolazione, a chi darla, a che tassi, a che condizioni, e di decidere se e quanto lo Stato possa investire, anche a deficit, per indurre l’attivazione dei fattori di produzione, l’occupazione, la crescita», oltre che «decidere sulla regolazione dei cambi valutari e regolamentare le importazioni di beni, servizi e capitali». Quindi, il conflitto d’interessi «non è tra Pd e Pdl, ma tra chi impone quelle decisioni e la gente che ne subisce gli effetti».