Archivio del Tag ‘Palestina’
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Spaventano la Sardegna i top-gun che terrorizzano Gaza
Manovre acrobatiche nei cieli della Sardegna, così pericolose da mettere a repentaglio l’incolumità dei piloti e quella dei residenti: evoluzioni compiute “senza motivo né vantaggio”, stando al tribunale militare israeliano che ha condannato a sette giorni di carcere (e un anno di sospensione dal volo) il pilota dell’F-16 che giusto un anno fa, durante l’operazione italo-israeliana “Vega”, compì uno spericolato “tonneau” (giro della morte, rotazione a 360 gradi) troppo vicino al suolo e al di fuori di aree di sicurezza. Sotto accusa, il 106° squadrone della Iaf, la Israeli Air Force: il caccia, scrive “PeaceReporter”, ha anche oltrepassato il muro del suolo, causano un “bang sonico” (effetto bomba) non autorizzato e al di sotto dell’altitudine consentita: come quelli che l’aviazione israeliana compie a Gaza, producendo terrorismo psicologico.
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Israele gela il mondo: la guerra con l’Iran è vicinissima
Tempo scaduto: tra poco parleranno le armi? Contro l’Iran, nel mirino per il suo programma nucleare, potrebbe scatenarsi la “madre di tutte le guerre”, aperta da un raid aereo e missilistico entro pochi mesi se l’Aiea denuncerà la preparazione di bombe atomiche. Esplicito il presidente israeliano, Shimon Peres: conto alla rovescia ormai imminente. E’ la conferma di un pericolo reale, denunciato con insistenza da analisti come il canadese Michel Chossudovsky: «La terza guerra mondiale non è mai stata così vicina». Liquidato Gheddafi e neutralizzato Assad, la Nato è padrona del Mediterraneo e il regime di Teheran appare isolato: mentre l’Unesco pensa di inserire la Palestina nel patrimonio dell’umanità, Israele testa nuovi missili e organizza war games in Sardegna. E anche gli inglesi tifano per la guerra, che Obama sperava di riuscire almeno a rinviare.
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Israele, Golia travestito da Davide: la finta pace sia con voi
Scrivo mentre la Assemblea dell’Onu discute il riconoscimento formale dello Stato Palestinese. Sarà un grande ed inedito passo avanti verso il soddisfacimento dei diritti di quel popolo, conculcati vilmente, cinicamente, dalla cosiddetta comunità internazionale, cioè dai grandi e cinici padroni del mondo, per sessanta interminabili anni. Ma io guardo la cartina geografica e vedo come stanno le cose oggi. Vedo cos’era la Palestina nel 1946, cosa ne fu nel 1947, cosa ne restò nel 1967. E vedo adesso un puzzle di micro territori staccati gli uni dagli altri, un quinto, un decimo, forse meno, di quel territorio originario, fatto di misere nicchie isolate, impoverite, senz’acqua, senza diritti, vessate, martoriate.
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Israele, scuola di odio: oggi bimbi, domani killer in uniforme
Palestinesi? No, meglio: arabi. A meno che non ci sia di mezzo l’argomento principe: il terrorismo. Allora, come d’incanto, gli “arabi” che vivono tra Betlemme e Gaza diventano, magicamente, “palestinesi”. Per il resto, rimangono semplicemente “arabi”, magari a dorso di cammello, vestiti come Ali Babà. «Spregevoli, devianti e criminali, gente che non paga le tasse, che vive a spese dello Stato, che non vuole progredire». E’ quello che raccontano i libri di testo israeliani, che a partire dalla scuola elementare preparano i futuri soldati di leva a prendere a fucilate gli “arabi” dei Territori Occupati e magari qualche scomodo attivista loro amico, come l’americana Rachel Corrie o l’italiano Vittorio Arrigoni. Un’indecenza, alla quale ora si ribella una docente universitaria israeliana, Nurit Peled-Elhanan.
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Le vittime di Utøya volevano boicottare Israele
Le vittime di Utøya, nuove leve della sinistra al governo della Norvegia fatte a pezzi il 22 luglio dal “pazzo” fanatico Anders Behring Breivik, non sapevano di avere un nemico armato e pronto a sterminarli, ma erano perfettamente consapevoli dell’ostilità assoluta di un altro “avversario”, ben più attrezzato: Israele. I nostri media non ne parlano, mentre loro erano addirttura usciti sui giornali norvegesi, per proporre la più drastica delle soluzioni contro Tel Aviv: l’embargo contro lo Stato ebraico, in risposta al genocidio inflitto ai palestinesi. Una minaccia esplicita, formulata dal loro giovane leader, Eskil Pedersen: «Diffidiamo di Israele, che non ascolta le proteste del mondo; chiediamo alla Norvegia di adottare l’embargo economico contro Tel Aviv, anche unilaterale».
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Cia e Wikileaks: nuova Gladio per piegare la Norvegia?
False flag, depistaggio: mentre i media inquadrano gli occhi gelidi del “mostro” Breivik, il “killer solitario” di Oslo e Utøya, si sospetta che sull’isola della strage i macellai armati fossero almeno due, e nient’affatto isolati. La polizia norvegese è costretta a fare i conti con una struttura denominata “Simas”, creata dall’intelligence Usa reclutando agenti in congedo, un po’ come la Gladio italiana. La bomba nel centro di Oslo? E’ esplosa 48 dopo una strana esercitazione “antiterrorismo”. E Washington aveva messo la Norvegia in cima a una lista nera, da quando la piccola democrazia scandinava aveva annunciato il ritiro dalla Libia. Prima ancora, la Norvegia aveva rifiutato di enfatizzare l’allarme “Al-Qaeda”, irritando americani e inglesi. Fino ai sinistri avvertimenti di Wikileaks: la Norvegia sottovaluta il terrorismo. Vuoi vedere che prima o poi sarà costretta a cambiare idea?
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Israele avrà paura, il giorno in cui scoppierà la pace
«La cosa che mi piace di più d’Israele sono le contraddizioni esplosive. Questo paese ha contraddizioni impressionanti. Per esempio, c’è una piccola parte della società israeliana che ha già fatto la pace con i palestinesi. Basterebbe affidarsi al loro approccio, ma temo che nessuno lo farà mai: è la comunità gay e lesbica, sia in Israele che nei Territori». Mentre nelle librerie arriva “Il popolo dell’esilio”, il nuovo libro di Moni Ovadia, sul muro esterno della scuola ebraica di Roma qualcuno ha incollato un manifesto intimidatorio, con stampate queste parole: “Ogni ebreo è nostro fratello, Moni Ovadia e Giorgio Gomel no”.
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Pax petrolifera, Palestina: ora Obama scarica Israele?
Sostegno alle riforme, sfida ai dittatori e partnership economica con Medio Oriente e Nord Africa. E soprattutto: rilancio del negoziato israelo-palestinese. Sono i quattro pilastri della nuova ricetta Obama sui «grandi cambiamenti in atto» grazie alle rivolte arabe. Per la prima volta, un presidente Usa scende in campo personalmente sulla questione più spinosa, la “guerra infinita” tra Israele e Palestina, che ha congelato la regione petrolifera per mezzo secolo. Applausi da Anp ed Europa, mentre il governo Netanyahu rifiuta l’idea di «tornare alle frontiere del 1967» disegnate dall’Onu, e Hamas per ora non si fida dell’America, che giudica «di parte», come in effetti è stata finora. La svolta di Obama però lascia intravedere un cambio d’orizzonte radicale, decisamente spiazzante.
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Un tempio riscrive la civiltà: così nacque l’agricoltura
Sì, il paradiso terrestre esisteva. E anche se non c’entrano serpenti e mele l’abbiamo perduto, nel momento in cui abbiamo deciso di rompere il patto con la natura: quando abbiamo cominciato a scannarci per il possesso del nuovo bene primario dell’umanità, la terra coltivata. E’ una rivelazione clamorosa, quella dell’archeologo Klaus Schmidt, che ha scoperto in Turchia un tempio gigantesco, che risale a migliaia di anni prima delle Piramidi. Se fino a ieri si riteneva che, per costruire edifici così grandi e impegnativi, la civiltà fosse già in possesso dell’agricoltura, unico mezzo per mantenere sul posto centinaia o migliaia di operai, Schmidt ribalta il concetto: l’agricoltura è nata proprio per questo, per poter costruire quell’edificio religioso.
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Gaza, stiamo arrivando: con Vittorio Arrigoni nel cuore
Con l’approssimarsi della manifestazione nazionale del 14 maggio, vogliamo rivolgere un appello a tutte le associazioni, le forze politiche e le personalità che hanno aderito al progetto della Freedom Flotilla per far cessare l’assedio di cui i Palestinesi della Striscia di Gaza sono vittime da anni. Le dichiarazioni del Ministro degli Esteri egiziano sull’ipotesi di un’apertura permanente del valico di Rafah ci incoraggiano ancora di più nel nostro progetto di raggiungere la Striscia via mare, sfidando il blocco israeliano insieme a tutte le organizzazioni della coalizione internazionale della Freedom Flotilla 2 – Stay Human.
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Capitan America e gli OsamaLeaks: pronti alla Guerra 2.0
A parte gli “asini che volano”, finiti subito nel radar di Giulietto Chiesa, quello che più colpisce nella “fiction” andata in scena in Pakistan, dove «stavolta gli sceneggiatori della Cia hanno davvero esagerato con le loro fantasiose teorie della cospirazione» è l’enfasi con cui i media “mainstream” parlano della «miniera d’oro» ritrovata in casa Osama. Ebbene sì, perché «l’inafferrabile primula rossa del terrorismo islamico» non solo abitava da anni stabilmente nello stesso luogo, in barba alle più elementari regole di qualunque fuggiasco (e senza nessun serio dispositivo di difesa), ma «addirittura deteneva tranquillamente con sé, a disposizione, i computer con le memorie e centinaia di dischetti contenenti tutti i segreti, ma proprio tutti tutti, della sua fantomatica organizzazione. Ops, sono caduti in mano al nemico, che sfortuna!».
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Vittorio mai così vivo: per restare umani bisogna morire?
Bisogna morire per diventare un eroe, per avere la prima pagina dei giornali, per avere le tv fuori di casa, bisogna morire per restare umani? Mi torna alla mente il Vittorio del Natale 2005, imprigionato nel carcere dell’aeroporto Ben Gurion, le cicatrici dei manettoni che gli hanno segato i polsi, i contatti negati con il consolato, il processo farsa. E la Pasqua dello stesso anno quando, alla frontiera giordana subito dopo il ponte di Allenby, la polizia israeliana lo bloccò per impedirgli di entrare in Israele, lo caricò su un bus e in sette, una era una poliziotta, lo picchiarono “con arte”, senza lasciare segni esteriori, da veri professionisti qual sono, scaraventandolo poi a terra e lanciandogli sul viso, come ultimo sfregio, i capelli strappatagli con i loro potenti anfibi.