Archivio del Tag ‘Papa’
-
Mattarella, blitz contro Salvini sui migranti. Cade il governo?
Comuque vada a finire, l’ennesimo braccio di ferro tra Salvini e l’establishment non farà che aumentare il peso politico dell’attuale ministro dell’interno, ostacolato ancora una volta dal presidente della Repubblica, lo stesso Sergio Mattarella che aveva sbarrato le porte del ministero dell’economia a Paolo Savona, sostenuto proprio dal leader leghista. Ora il capo dello Stato ha imposto lo sbarco a Trapani dei migranti a lungo trattenuti a bordo della nave Diciotti della Guardia Costiera, alcuni dei quali – secondo l’accusa – colpevoli di aver minacciato l’equipaggio del rimorchiatore che li aveva tratti in salvo al largo della Libia, ma che stava per riportarli sul litorale nordafricano. Sull’argine al flusso incontrollato di migranti, Salvini ha scommesso tutto: è l’arma vincente che smschera l’ipocrisia tecnocratica dell’Ue, che obbliga l’Italia a sostenere da sola i costi dell’accoglienza nel Mediterraneo, imbrigliandola però nella stretta finanziaria del pareggio di bilancio. Una camicia di forza che impedisce al governo gialloverde di attuare le sue promesse elettorali: reddito di cittadinanza, Flat Tax, riforma della legge Fornero sulle pensioni. «Governeremo trent’anni», aveva appena annunciato Salvini a Pontida. Ma ora, dopo l’ultimo schiaffo di Mattarella, c’è chi scommette che l’esecutivo presieduto da Conte potrebbe cadere nel giro di pochi giorni.Le eventuali dimissioni del “governo del cambiamento”, che farebbero felici tutti i nemici dell’Italia – da Parigi a Berlino, da Bruxelles a Francoforte – sarebbero ovviamente una tragedia per l’opposizione post-renziana, ormai tenuta in vita solo dal tifo anti-Salvini orchestrato dai media mainstream e da eterne comparse come Laura Boldrini a Roberto Saviano. L’attacco concentrico contro la Lega, vero perno dell’ipotesi sovranista europea sorretta a distanza dalla presidenza Trump, ha assunto tratti spettacolari: ai puntuali sgambetti di Mattarella si somma l’iniziale attacco della finanza neoliberista franco-tedesca sotto forma di spread, seguito dalla clamorosa gita turistica di Macron, invitato a Roma da Papa Bergoglio come super-ospite, dopo che il presidente francese, uomo Rothschild ed esponente della supermassoneria reazionaria, si era esercitato a insultare l’Italia e gli italiani. Macron, che dà lezioni all’Italia sui diritti umani, ha ordinato il pestaggio dei migranti al confine di Ventimiglia e fatto intervenire la gendarmeria transalpina a Bardonecchia, violando gli accordi di frontiera tra i due paesi.Dulcis in fundo, il macigno che la magistratura ha caricato sulle spalle di Salvini, costretto a rispondere – in solido – di 49 milioni “fantasma”, teoricamente scomparsi dalle casse del partito durante la gestione Bossi e ora messi in conto alla Lega salviniana, con provvedimento esecutivo, senza neppure attendere il secondo grado di giudizio. Una sentenza, quella sui presunti fondi scomparsi, che equivale a privare la Lega della possibilità di fare politica, esercitando il mandato democratico ottenuto dagli elettori il 4 marzo. Variegate forze – dalla Bce alla Banca d’Italia, dall’Ubi (l’unione della banche italiane) fino a Confindustria – stanno combattendo all’arma bianca contro la possibilità che il governo gialloverde possa durare. Pericolosi, ovviamente, i distinguo di alcuni grillini di peso: il ministro della difesa Elisabetta Trenta contesta a Salvini le modalità del blocco dei porti, mentre il presidente della Camera, Roberto Fico, invoca il valore dell’accoglienza “senza se e senza ma”, bocciando di fatto la politica del governo sull’immigrazione.Nelle ultime settimane, intanto, emerge finalmente l’altra verità sul traffico di migranti promosso dalle Ong sostenute dalla rete Open Society di George Soros: non si tratterebbe di un “esodo della disperazione”, ma di un trasferimento di massa programmato. Decine di migliaia di africani (non i più poveri, solo quelli che possono permettersi di pagare i trafficanti) verrebbero incoraggiati a lasciare i loro paesi con il miraggio di un welfare assistenziale generoso, in Italia e nel resto d’Europa. Naturalmente il problema-Africa è devastante, nelle sue proporzioni: Salvini lo utilizza ruvidamente in chiave anti-Ue, mentre i “vedovi” della sinistra di potere lo cavalcano, disperatamente, solo in funzione anti-Salvini. Spuntando – con l’aiuto del Quirinale – l’arma principale dell’Italia contro i diktat di Bruxelles, la corda potrebbe spezzarsi: Salvini sa che la maggioranza degli italiani è con lui, nuove elezioni potrebbero trasformarsi in plebliscito. Resta però da capire come la vede il convitato di pietra del governo Conte: cioè Donald Trump, che sembra puntare proprio sul governo gialloverde per “smontare” l’euro-orrore capitanato dalla Germania merkelizzata.Comuque vada a finire, l’ennesimo braccio di ferro tra Salvini e l’establishment non farà che aumentare il peso politico dell’attuale ministro dell’interno, ostacolato ancora una volta dal presidente della Repubblica, lo stesso Sergio Mattarella che aveva sbarrato le porte del ministero dell’economia a Paolo Savona, sostenuto proprio dal leader leghista. Ora il capo dello Stato ha imposto lo sbarco a Trapani dei migranti a lungo trattenuti a bordo della nave Diciotti della Guardia Costiera, alcuni dei quali – secondo l’accusa – colpevoli di aver minacciato l’equipaggio del rimorchiatore che li aveva tratti in salvo al largo della Libia, ma che stava per riportarli sul litorale nordafricano. Sull’argine al flusso incontrollato di migranti, Salvini ha scommesso tutto: è l’arma vincente che smschera l’ipocrisia tecnocratica dell’Ue, che obbliga l’Italia a sostenere da sola i costi dell’accoglienza nel Mediterraneo, imbrigliandola però nella stretta finanziaria del pareggio di bilancio. Una camicia di forza che impedisce al governo gialloverde di attuare le sue promesse elettorali: reddito di cittadinanza, Flat Tax, riforma della legge Fornero sulle pensioni. «Governeremo trent’anni», aveva appena annunciato Salvini a Pontida. Ma ora, dopo l’ultimo schiaffo di Mattarella, c’è chi scommette che l’esecutivo presieduto da Conte potrebbe cadere nel giro di pochi giorni.
-
Veneziani: addio sinistra, lobby di potere senza più popolo
Lo psicodramma collettivo sulla fine della sinistra continua imperterrito da settimane, mesi o meglio ancora anni, ma c’è qualcosa di esagerato – scrive Marcello Veneziani – nel piangere e denunciare il collasso del Pd: non successe la stessa cosa quando sparì il partito-paese, la Dc, dopo mezzo secolo ininterrotto di potere. Ma la tragedia della sinistra, scrive Veneziani sul “Tempo”, tocca direttamente le fabbriche dell’opinione pubblica, gli influencer – dalla Rai all’Istat, dai giornali agli intellettuali – perché alla fine i due mondi coincidono. A volte sembra di vedere due tragedie umanitarie trasmesse in contemporanea: i barconi dei migranti che arrivano, e i politici morenti – sindaci, ministri – che sloggiano. E sorgono problemi di approdo per i migranti «in quanto non ci sono più i demosinistri e i cattoumanitari al potere». In tanti, aggiunge Veneziani, «hanno dato consigli alla sinistra per riprendersi il potere smettendo di essere sinistra». Un consiglio «doppiamente assurdo, perché sottintende una considerazione inaccettabile: che la sinistra può rinunciare alle sue idee ma non al potere a cui per diritto divino è destinata». Meglio rassegnarsi a constatarne il decesso, o comunque «il male incurabile, il declino irreversibile».«Se evaporò in poco tempo la Dc, riducendosi a pochi reduci – aggiunge Veneziani – non vedo perché non possa sparire la sinistra e se ne debba fare una malattia. Tanto più che il declino è mondiale, come ben si vede, e a furor di popolo». Lo stesso Veneziani trova «grottesca» quella che definisce «la sfilata dei maestrini che hanno rimproverato alla sinistra di essersi allontanata dalla realtà, dal popolo, dai suoi disagi e dal suo sentire». E lo dicono mentre, dappertutto, proprio loro, cioè «i maestrini, i loro giornaloni, le loro Tv, continuano a somministrare al paese la stessa pappa che ha portato al disastro la sinistra: pro-migranti, prima loro poi gli italiani, pro-Rom e pro-gay come se fossero temi di priorità epocale, antifascisti e antirazzisti». Protesta Veneziani: «Ma non avete capito che la sinistra è crollata proprio perché si è identificata col messaggio ossessivo che i suoi mass media, i suoi agenti, funzionari, ideologi propinano ogni giorno, disertando la realtà e i suoi disagi?».A questo punto, continua Veneziani, è inutile arrovellarsi su chi sarà il miracoloso resuscitatore della sinistra: sfilano in tanti, da Zingaretti a Calenda, «che è entrato tre mesi fa nel Pd e ora vuole già seppellirlo per collocarlo all’incrocio pigliatutto», senza contare «il coro delle prefiche piangenti della sinistra perduta o della cattosinistra, appena usciti disfatti dalle esperienze di governo». Chiosa Veneziani: «Sullo sfondo dal sarcofago di D’Alema si sentono risate sataniche». Scherzi a parte, sostiene il politologo, la sinistra che verrà non sarà più radical chic o proveniente dalla Ditta, come Bersani chiamava la filiera dell’ex Pci. «Il prossimo leader della sinistra, come il suo popolo del resto, sarà un Papa straniero», scrive Veneziani, tra il serio e il faceto. «Sarà negro. Sarà venuto dai barconi o avrà trovato nei barconi il suo elettorato maggiore e la sua base militante. Sarà pop, e non snob. Che saranno poi i milioni di migranti che la sinistra, il Papa, i mattarelli umanitari, avranno agevolato a far entrare nel paese e in Europa. Riprenderà, come è giusto, la bandiera del proletariato e farà la concorrenza ai grillini pauperisti».Ragiona Veneziani: «Non ha senso, per la marea di migranti, avere tutori che parlano in loro nome pur vivendo da agiatissimi borghesi, lontani dai sobborghi e dagli spazi pubblici affollati dai migranti. Lo faranno direttamente loro». Seriamente: «Finché dominerà il populismo, la sinistra continuerà ad essere quella che è stata, un centro di potere mediatico, culturale, bioetico, giudiziario; una fabbrica di influenze, codici e sentenze, una lobby trasversale che raggruppa al suo interno tante altre lobby che fanno setta, business o potere sui temi sensibili». Sempre secondo Veneziani, la cosiddetta sinistra smetterà pure di essere un partito, «perché è un’oligarchia capace di orientare le opinioni ma non di prevalere nel voto». E aggiunge: Fino a che ci saranno democrazia, sovranità e libertà, «la sinistra sarà minoritaria, perché avvertita non dalla parte del suo popolo ma fuori, sopra e contro di esso». Renzi? Gli è stata attribuita «una disfatta molto più grande e molto più radicale di lui». Come già Veltroni, ora si darà alla Tv, dimostrandosi essenzialmente un animatore, più che un politico. «Sono piccoli esempi vistosi di un processo più grande: la sinistra proletaria e sudata la faranno i neri, magari islamici; la sinistra da passeggio e da salotto sarà nei poteri che non passano dal consenso popolare».Lo psicodramma collettivo sulla fine della sinistra continua imperterrito da settimane, mesi o meglio ancora anni, ma c’è qualcosa di esagerato – scrive Marcello Veneziani – nel piangere e denunciare il collasso del Pd: non successe la stessa cosa quando sparì il partito-paese, la Dc, dopo mezzo secolo ininterrotto di potere. Ma la tragedia della sinistra, scrive Veneziani sul “Tempo”, tocca direttamente le fabbriche dell’opinione pubblica, gli influencer – dalla Rai all’Istat, dai giornali agli intellettuali – perché alla fine i due mondi coincidono. A volte sembra di vedere due tragedie umanitarie trasmesse in contemporanea: i barconi dei migranti che arrivano, e i politici morenti – sindaci, ministri – che sloggiano. E sorgono problemi di approdo per i migranti «in quanto non ci sono più i demosinistri e i cattoumanitari al potere». In tanti, aggiunge Veneziani, «hanno dato consigli alla sinistra per riprendersi il potere smettendo di essere sinistra». Un consiglio «doppiamente assurdo, perché sottintende una considerazione inaccettabile: che la sinistra può rinunciare alle sue idee ma non al potere a cui per diritto divino è destinata». Meglio rassegnarsi a constatarne il decesso, o comunque «il male incurabile, il declino irreversibile».
-
Da Usa e Italia un’altra Europa, malgrado Macron (e il Papa)
La stampa mainstream fatica ad ammettere quello che invece Francia e Germania hanno già capito: cominciando dal problema migranti, oggi l’Europa è costretta ad ascoltare l’Italia, il cui governo è chiaramente sorretto, a distanza, dall’amministrazione Trump. Lo sostiene un analista come Giulio Sapelli, storico ed economista, osservando il mini-accordo raggiunto in sede europea a fine giugno. «Gli Stati nazionali continuano a essere rilevanti appena si esce dal recinto della circolazione della moneta per entrare in quello della circolazione delle persone, contraddicendo la filosofia stessa dei sostenitori di una eurofilia che si sta sciogliendo come neve al sole appena incontra il paradigma della diversità», scrive Sapelli sul “Sussidiario”. Ma il grande protagonista dell’ultimo vertice, aggiunge, è stata poprio l’Italia, rappresentata da Giuseppe Conte: ha dimostrato che ciò che si è raggiunto a Bruxelles, sul controllo dei flussi migratori, lo si sarebbe potuto raggiungere anche prima, «se buona parte della nostra classe politica italiana non parlasse in italiano pensando contemporaneamente in francese o in tedesco». Sapelli accusa i grandi media di essere «controllati dalla borghesia “compradora”, dipendente dalle istituzioni europee e dai due Stati che lottano per controllarle».Giornali e televisioni diranno che l’Italia “esce sconfitta”, perché i cosiddetti centri di accoglienza sono sottoposti alla volontarietà degli Stati componenti l’Unione? «Ma questo non è un fallimento del governo Conte, semmai è la dimostrazione che questo governo ha cominciato a porre un problema politico che non è risolvibile oggi, perché l’unico punto archetipale su cui si fonda il costrutto dell’Ue è economicistico, fondato non su un potere stabile, ma fortemente instabile a seconda che prevalgano interessi francesi o interessi tedeschi». Ma ci sono anche (e soprattutto, ormai) gli interessi degli Usa, preoccupati «per la crescita della potenza tedesca e per il neogaullismo francese». Senza scordare poi i britannici, «attraverso il ruolo che l’Olanda e le città anseatiche della Germania esercitano sulle istituzioni europee». Ciò che conta, insiste Sapelli, è che si è iniziata una discussione sul Trattato di Dublino: «E il fatto che non si sia trovato un accordo sulla sua riforma non deve nascondere che se ne discute, e che il problema è reale ed è cruciale». Non si riesce subito a riformarlo, quel trattato? Un problema che «disvela a tutti quanto sia inesistente la cosiddetta cultura europea e quanto sia inesistente la immaginifica “condivisione di sovranità”, che non esiste per nulla».In questo senso però, si intravede una direzione di marcia nel punto 3 del comunicato finale del vertice: “Tutte le navi operanti nel Mediterraneo – si afferma – devono rispettare le leggi applicabili e non interferire con le operazioni della guardia costiera libica”, aspetto che per Sapelli è un punto essenziale, «che consente di porre sotto controllo le rotti migratorie marittime e inaugura una discussione politica sui porti di attracco e sull’accoglienza, e non solo sui salvataggi in mare». Quindi, sottolinea l’analista, «bisogna valutare il fatto che finalmente l’Italia ha fatto sentire la sua voce». Si tratta ora con determinazione, passo dopo passo, per «conquistare quella condivisione di destino che risiede non solo sui respingimenti ma anche sulla condivisione delle quote di migranti che l’Europa non può ostinarsi a non condividere». In altre parole: «Chi arriva in Italia arriva in Europa, e su questo – per la prima volta, dopo le crisi migratorie – l’Italia ha segnato un punto». Certo, aggiunge Sapelli, «è sconcertante che la retorica europeista non riesca a rassegnarsi a un’operazione di verità e a comprendere che il gioco di specchi ideologico e non solo di potenza in cui è immersa, sta esso stesso — e non le forze euroscettiche — indebolendo il ruolo dell’Europa nel mondo».Il ministro statunitense della difesa, James Mattis, ha appena incontrato Xi Jinping, mentre Putin e lo stesso Trump hanno rivelato che si incontreranno a Helsinki, prossimamente. «E Trump ha annunciato che quando si recherà in Europa per il summit prossimo della Nato si fermerà a Roma per colloqui con il governo italiano». Gli Usa, insomma, secondo Sapelli «stanno uscendo dall’unipolarismo delle tre precedenti presidenze – Clinton, Bush secondo e Obama – e si sforzano di dar vita a un nuovo sistema internazionale, fatto di pesi e contrappesi e della riaffermazione della necessità che questo nuovo sistema internazionale abbia di nuovo per protagonisti gli storici Stati dominanti la storia del vecchio continente, Germania e Francia, e in misura subalterna, ma geostrategicamente decisiva per la sua collocazione mediterranea, l’Italia». Sempre secondo Sapelli, «non è un caso che, come una bomba nella notte in cui si discutevano i passi più delicati del comunicato, con un professor Conte che rispondeva educatamente a un Macron arrogante, in quella notte sia giunta la notizia che la Deutsche Bank non aveva superato la seconda serie di stress test della Federal Reserve nordamericana».In politica estera «bisogna muoversi con un alto rispetto istituzionale, ed è quello che è mancato al presidente Macron poche ora prima che iniziassero i colloqui di Bruxelles». Macron infatti si è recato in visita dal Papa e, «come i re francesi della Francia cattolicissima, è stato insignito di quella onorificenza sacrale di Protocanonico d’onore della Basilica di San Giovanni in Laterano, così come fece Enrico IV, primo protocanonico d’onore». Aggiunge Sapelli: «Dispiace che quest’onorificenza sia stata consegnata al presidente della Repubblica francese senza che questi si sia recato a rendere omaggio al nostro presidente della Repubblica, che oltre a essere il più alto rappresentante delle istituzioni italiane è anche un cattolico praticante. Di questo sfregio istituzionale – chiosa Sapelli – i mass media della borghesia “compradora” non hanno fatto alcun cenno. Anche per questo l’azione del governo Conte merita il plauso di tutti gli uomini di buona volontà».La stampa mainstream fatica ad ammettere quello che invece Francia e Germania hanno già capito: cominciando dal problema migranti, oggi l’Europa è costretta ad ascoltare l’Italia, il cui governo è chiaramente sorretto, a distanza, dall’amministrazione Trump. Lo sostiene un analista come Giulio Sapelli, storico ed economista, osservando il mini-accordo raggiunto in sede europea a fine giugno. «Gli Stati nazionali continuano a essere rilevanti appena si esce dal recinto della circolazione della moneta per entrare in quello della circolazione delle persone, contraddicendo la filosofia stessa dei sostenitori di una eurofilia che si sta sciogliendo come neve al sole appena incontra il paradigma della diversità», scrive Sapelli sul “Sussidiario”. Ma il grande protagonista dell’ultimo vertice, aggiunge, è stata poprio l’Italia, rappresentata da Giuseppe Conte: ha dimostrato che ciò che si è raggiunto a Bruxelles, sul controllo dei flussi migratori, lo si sarebbe potuto raggiungere anche prima, «se buona parte della nostra classe politica italiana non parlasse in italiano pensando contemporaneamente in francese o in tedesco». Sapelli accusa i grandi media di essere «controllati dalla borghesia “compradora”, dipendente dalle istituzioni europee e dai due Stati che lottano per controllarle».
-
Barnard: senza scorta Saviano muore (solo come besteller)
La vita di Roberto Saviano è sacra come ogni vita, ma è la saga della sua scorta che è profana. Fate questi due esercizi: 1) Aprite su Google tutte le foto che trovate di Saviano e scorta. Guardatele bene e pensate in quante di esse vi era la piena possibilità che un killer della malavita, un professionista del tiro, lo potesse uccidere a 15-20 metri per poi saltare sul retro di una moto e scomparire. Oppure: che un cecchino potesse fare un lavoro alla Jfk e avere tutto il tempo per dileguarsi (la malavita sa sempre dove sta la vittima, le soffiate sono la regola e i depistaggi anche più sofisticati, alla lunga, non hanno mai salvato nessuno, basta leggere la storia dei grandi attentati in Medioriente dove fior di servizi segreti, anche Usa, hanno fallito). 2) Leggete l’Abc del lavoro delle scorte armate in ogni paese, da quella della Regina d’Inghilterra a quella dei capi di Stato, fino a gente come Saviano. E’ specificato con estrema chiarezza che la scorta non ha alcun mezzo diretto per evitare un assassinio quando il protetto si trovi nelle tante occasioni di esposizione alla strada pubblica. Il lavoro delle scorte in questi casi può essere solo preventivo, con una complessa serie di tecniche e misure che sono solo palliativi di efficacia molto limitata, proprio perché il cosiddetto fattore “sniper” (cecchino) non può essere direttamente contrastato in alcun modo, se non sigillando interi quartieri e sterilizzandoli con immense perquisizioni metro per metro, casa per casa. Questo non accade nel caso delle uscite di Saviano.Pensateci bene un attimo, poi continuate: i due punti sopra ci dicono che se la malavita non ha ancora ucciso Roberto Saviano è perché non ha nessuna intenzione di farlo. Non ci serve neppure ricordare le scorte di Falcone e Borsellino, serve invece ricordarsi che quando organizzazioni come le mafie internazionali decidono di ucciderti, accade, punto. Purtroppo davvero non esiste nulla di fisico che le possa fermare, meno che meno due o tre agenti che fra l’altro, come si evince inequivocabilmente dalle foto di Saviano, sono costretti a esporsi col target in decine di situazioni pubbliche persino affollate. Non è un qualche veleno che me lo fa dire, è l’evidenza sopra esposta che impone di affermare che la scorta per Saviano serve a fargli vendere libri, non a salvargli la vita. E non sto affatto “insultando” la sua presunta perdita di libertà. Sciocchezze, Saviano non è Julian Assange che sta davvero morendo nelle “catene” dell’eroe in condizioni agghiacciati; il nostro Roberto è un super-privilegiato con una libertà di esprimersi, di muoversi, e di godere di gratificazioni un milione di volte superiore a quella di qualsiasi cittadino libero.Le mafie non l’hanno ancora colpito per due ragioni evidenti, sopra a probabilmente altre. Prima, è fin ridicolo sostenere che le indagini dello scrittore – che per misteriosi motivi spiegabili solo dalla fisica quantistica, senza quasi potersi muovere da casa otterrebbe esclusive mondiali sulle cosche per cui sarebbe più in pericolo di vita di molti inquirenti – siano più letali di quelle di decine di eroici giornalisti, magistrati minori e forze dell’ordine anonimi del Sud Italia, o colombiani, venezuelani, pakistani, russi, ceceni, che nessuno conosce e che come scorta hanno solo il cane, se ne hanno uno. Questo è assurdo. Dunque perché ucciderlo e creare un putiferio? Falcone e Borsellino erano un’altra cosa, siamo tristemente seri. Secondo: l’opera di Saviano ha manifestamente offerto una dignità finora sconosciuta alla malavita, quella della celebrità mediatica come mai prima in Italia (CamorraNetflix, è ben il caso di dire oggi). In questo modo la “Saviano Inc.” ha fatto – e lo affermo senza prove documentali che sarebbero impossibili, ma con la prova dei flussi umani che sempre piovono ovunque vi sia celebrità, anche della peggior specie – ha fatto, dicevo, di certo fluire inaspettate adesioni di giovanissimi alle cosche.Esse sono oggi divenute, grazie proprio a Saviano e all’impressionante industria mediatica che lo circonda, parte del crimine “Vippismo hollywoodiano”, molto, ma molto più attraenti di prima per giovanissimi senza arte né parte. Solo lo stolto uccide la gallina dalle uova d’oro. E vi è uno storico, quanto autorevole, antecedente di quanto affermo. Il colossale apparato mediatico del film “Il Padrino” di Francis Ford Coppola attizzò l’ego della mafia di New York al punto che il super-boss Joe Colombo volle una fetta della torta in notorietà, e senza motivi di lucro collaborò col produttore Al Ruddy. E infatti è noto che dopo l’eccezionale successo di pubblico del film, per la prima volta fra i mafiosi di Little Italy comparvero atteggiamenti letteralmente copiati dal set, come i baci guancia-guancia o i giuramenti di fedeltà in stile papale all’anello del Padrino. Effetto Vip, appunto.E per chi sostiene che l’epica “saviana” ha contribuito a puntare i riflettori sulle mafie, ricordo che riflettori di Coppola, o di Scarface, o di Goodfellas, non hanno affatto contribuito a nulla, se non appunto il contrario. Ben altro funziona, come ho scritto in passato. Queste sono alcune osservazioni ragionate per stare al di sopra della “caciara” salviniana e piddina sulla questione, ma che hanno però un valore sostanziale in questa drammatica domanda: quante scorte sono elargite in Italia a insulsi personaggi benedetti dal Vippismo mentre altri eroi sconosciuti sono condannati a una vita di snervante paura? E tornando all’essenza di cosa davvero una scorta può prevenire, cioè un’infinita serie di angherie non letali contro la vittima ma di fatto distruttive, sono proprio questi abbandonati eroi che ne avrebbero più bisogno.(Paolo Barnard, “Senza la scorta Saviano muore… come bestseller”, dal blog di Barnard del 25 giugno 2018).La vita di Roberto Saviano è sacra come ogni vita, ma è la saga della sua scorta che è profana. Fate questi due esercizi: 1) Aprite su Google tutte le foto che trovate di Saviano e scorta. Guardatele bene e pensate in quante di esse vi era la piena possibilità che un killer della malavita, un professionista del tiro, lo potesse uccidere a 15-20 metri per poi saltare sul retro di una moto e scomparire. Oppure: che un cecchino potesse fare un lavoro alla Jfk e avere tutto il tempo per dileguarsi (la malavita sa sempre dove sta la vittima, le soffiate sono la regola e i depistaggi anche più sofisticati, alla lunga, non hanno mai salvato nessuno, basta leggere la storia dei grandi attentati in Medioriente dove fior di servizi segreti, anche Usa, hanno fallito). 2) Leggete l’Abc del lavoro delle scorte armate in ogni paese, da quella della Regina d’Inghilterra a quella dei capi di Stato, fino a gente come Saviano. E’ specificato con estrema chiarezza che la scorta non ha alcun mezzo diretto per evitare un assassinio quando il protetto si trovi nelle tante occasioni di esposizione alla strada pubblica. Il lavoro delle scorte in questi casi può essere solo preventivo, con una complessa serie di tecniche e misure che sono solo palliativi di efficacia molto limitata, proprio perché il cosiddetto fattore “sniper” (cecchino) non può essere direttamente contrastato in alcun modo, se non sigillando interi quartieri e sterilizzandoli con immense perquisizioni metro per metro, casa per casa. Questo non accade nel caso delle uscite di Saviano.
-
Il Papa con le Sette Sorelle. E manda Parolin al Bilderberg
Papa Francesco spedisce a Torino alla riunione del Bilderberg il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato del Vaticano, mentre – negli stessi giorni, il 6-7giugno – promuove a Roma un inedito summit con le Sette Sorelle e alcuni super-boss della finanza globale, come Larry Fink del fondo BlackRock. Maurizio Blondet lo definisce «improvviso interesse della centrali globaliste per l’Italia». La notizia: rispondono all’appello del pontefice i capi supremi delle multinazionali del greggio, insieme alle loro finanziarie ausiliarie transnazionali. L’incontro è ovviamente a porte chiuse, come quello quello del Bilderberg, al quale sono invitati Lilli Gruber, Lucio Caracciolo di “Limes” e l’economista Alberto Alesina di Harvard, insieme ad Elena Cattaneo dell’ateneo milanese, Vittorio Colao di Vodafone, Mariana Mazzuccato dell’University College di Londra e il solito John Elkann. Ma l’incontro tra Francesco e i petrolieri? Come mai il Papa delle periferie e dell’accoglienza verso i migranti «si riunisce in privato coi più potenti capitalisti e miliardari globalisti, ossia attivi promotori delle feroci iniquità del capitalismo terminale? “Chiedetelo a loro”, vien voglia di dire, parafrasando lo slogan dell’8 per Mille», scrive Blondet sul suo blog, interpreando come un pretesto il tema dichiarato del vertice: l’emergenza climatica, dopo il ritiro di Trump dagli accordi sulle emissioni climalteranti.All’incontro promosso da Bergoglio ci sarà Fink, cioè il capo del più grande fondo d’investimento del pianeta: un patrimonio gestito di 6,3 trilioni di dollari, conferma il “Corriere della Sera”, pari al Pil di Francia e Spagna messe insieme, quasi tre volte il nostro debito pubblico. La “roccia nera” deve la sua fortuna alla gestione patrimoniale: fondi pensione, banche, Stati. E’ anche il primo investitore straniero in Europa (e in Italia), azionista di peso in Deutsche Bank, Intesa SanPaolo, Bnp e Ing, senza contare altri settori chiave come energia, chimica, trasporti, agroalimentare, aeronautica e immobiliare. Il mega-fondo, scrive il “Fatto Quotidiano”, ha messo gli occhi sul business dei sistemi pensionistici europei non ancora privatizzati: «Spinge la Commissione Ue a varare un piano di previdenza privata, poi gestisce il primo progetto pilota». Notare: BlackRock ha immediatamente dato un giudizio “negativo” sul nuovo governo italiano, provocando l’impennata dello spread favorita dalla Bce e poi subito frenata da Jp Morgan e Citigroup, colossi finanziari ritenuti più vicini a Trump, che ha schierato in Italia il fido Steve Bannon per aiutare Conte (e Savona) a superare lo “scoglio” Mattarella.Gli altri invitati da Bergoglio nel “privato conciliabolo”, aggiunge Blondet, sono Bob Dudley, numero uno della British Petroleum (fatturato, 240 miliardi di dollari) nonché Darren Woods di Exxon Mobil. «Incidentalmente, sono le due compagnie più inquinatrici della storia», scrive Blondet, avendo la Bp accettato di pagare 1,8miliardi di dollari per uno sversamento-monstre nel Golfo del Messico nel 2010, che ha distrutto l’attività della pesca in quel vasto tratto. «E della Exxon si ricorda il disastro della superpetroliera Exxon Valdez, 1989, che ha inquinato il mare dell’Alaska». Ma non è tutto: “El Papa” voleva riunirsi anche con Ben Van Beurden della Royal Dutch Shell” (che ha declinato), mentre ci sarà Eldar Sætre di Equinor, la petrolifera privatizzata parzialmente posseduta dal governo norvegese, e con lui lord John Browne, oggi presidente esecutivo della petrolifera L1 Energy. «E non mancherà – come poteva? – Ernest Moniz, già segretario all’energia sotto l’allora presidente Obama». Secondo Blondet, notoriamente critico verso Papa Francesco, la presenza di Moniz è la conferma del fatto che Bergoglio «è uno strumento volontario e attivista (un “asset”, dicono alla Cia) della multiforme strategia dell’asse Clinton-Obama».Secondo Blondet, Papa Francesco – in accordo con clintoniani e obamiani – vorrebbe «depurare la Chiesa degli aspetti sacramentali e soprannaturalistici che ne impediscono la “fusione-acquisizione” col protestantesimo». Una fusione che produrrebbe «un “cristianesimo generico” funzionale all’ideologia globalista: umanitaria (nel senso degli “interventi umanitari”), moralistica (no alla “corruzione dei politici” – Mani Pulite nel Mondo, come propone il cardinal Maradiaga, braccio destro di Francesco), climatica e ambientalista». In altre parole, sempre secondo Blondet, la Chiesa verrebbe trasformata in una sorta di «super-Ong “umanitaria” dedita alla salvezza del pianeta e protettrice delle immigrazioni di massa pianificate, contro la sovranità di ogni Stato». Dalle scarne notizie filtrate, aggiunge Blondet, si apprende che a Roma i petrolieri non parleranno con Francesco solo di clima, ma anche di investimenti: «Il Papa, BlackRock e le grandi compagnie petrolifere si stanno sempre più concentrando sul cambiamento climatico», recita un comunicato ufficiale, «in quanto fonti di energia più pulite sono diventate più competitive, e la pressione del pubblico su questa tema sta crescendo».Capito? Il primo fondo d’investimento del mondo – scrive Blondet – è pronto a saltare sulle energie alternative insieme alle Sette Sorelle, perché stanno diventando “competitive” sul piano economico, attraenti per i capitali liquidi americani. Questo richiede investimenti enormi di riconversione delle mega-infrastrutture, e un cambio di paradigma fra le popolazioni, «ossia una grande operazione di psico-propaganda che bolli l’uso del petrolio come immorale verso il pianeta». Dunque, dice ancora Blondet, gli investitori «devono assicurarsi che l’autorità morale per eccellenza faccia parte del piano, collabori con le Finestre di Overton che lorsignori apriranno, e cominci a predicare per le energie “pulite” (o sedicenti tali) e anatemizzare le “inquinanti” (o cosiddette: si veda l’improvvisa campagna occidentale conto il motore diesel)». A Francesco – chiosa Blondet, sacrastico – sarà richiesto di aggiungere alla lista dei Dieci Comandamenti anche il “peccato capitale” dell’uso di energie su cui gli investitori “amici” avranno smesso di investire?A organizzare gli incontri è stata l’università di Notre Dame dell’Indiana, la cui “business school” sta promuovendo una “climate investing iniziative”, che Blondet definisce «una iniziativa di investimento sul terrorismo climatico». Il direttore della business school, Leo Burke, non ha voluto commentare la riunione papale di cui pare essere stato il manovratore: con un’email, ha ricordato a Blondet che ogni incontro sull’energia che implica il Vaticano sarà un dialogo privato con gli invitati. «Esattamente la risposta che dà, da sempre, l’ufficio stampa del Bilderberg». Un portavoce Exxon ha invece risposto: la compagnia «spera che questo tipo di dialogo svilupperà soluzioni per la doppia sfida: gestire il rischio del cambiamento climatico e contemporaneamente soddisfare la domanda crescente di energia, che è essenziale per alleviare la povertà e migliorare gli standard di vita nel mondo in via di sviluppo». Ancora Blondet, ironico: «A tutti è nota l’ansia di Exxon per alleviare la povertà nel Terzo Mondo».Papa Francesco spedisce a Torino alla riunione del Bilderberg il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato del Vaticano, mentre – negli stessi giorni, il 6-7 giugno – promuove a Roma un inedito summit con le Sette Sorelle e alcuni super-boss della finanza globale, come Larry Fink del fondo BlackRock. Maurizio Blondet lo definisce «improvviso interesse della centrali globaliste per l’Italia». La notizia: rispondono all’appello del pontefice i capi supremi delle multinazionali del greggio, insieme alle loro finanziarie ausiliarie transnazionali. L’incontro è ovviamente a porte chiuse, come quello quello del Bilderberg, al quale sono invitati Lilli Gruber, Lucio Caracciolo di “Limes” e l’economista Alberto Alesina di Harvard, insieme ad Elena Cattaneo dell’ateneo milanese, Vittorio Colao di Vodafone, Mariana Mazzuccato dell’University College di Londra e il solito John Elkann. Ma l’incontro tra Francesco e i petrolieri? Come mai il Papa delle periferie e dell’accoglienza verso i migranti «si riunisce in privato coi più potenti capitalisti e miliardari globalisti, ossia attivi promotori delle feroci iniquità del capitalismo terminale? “Chiedetelo a loro”, vien voglia di dire, parafrasando lo slogan dell’8 per Mille», scrive Blondet sul suo blog, interpretando come un pretesto il tema dichiarato del vertice: l’emergenza climatica, dopo il ritiro di Trump dagli accordi sulle emissioni climalteranti.
-
Lo 007 del Papa che fece affondare due corazzate italiane
E se Ratzinger avesse scelto quel nome pontificale, Benedetto, per alludere al pericolo del nuovo ordine mondiale che incombe sul pianeta? Ipotesi suggestiva, lanciata da una ricercatrice indipendente come Lara Pavanetto, intervenuta nella tramissione web-radio “Forme d’Onda”. Il predecessore omonimo del Papa tedesco, Benedettto XV, eletto al soglio pontificio nel fatidico 1914, passò alla storia come fermo oppositore della Grande Guerra, che di lì a poco avrebbe “rottamato” lo statico assetto europeo incarnato dagli imperi centrali. C’è la paura di un cambiamento teoricamente rovinoso, nel ricorrere dello stesso nome che – a distanza di quasi un secolo – due pontefici decidono di adottare, alla vigilia dello sconvolgimento epocale del mondo in cui vivono? Citando il saggio di Annibale Paloscia “Benedetto fra le spie”, pubblicato nel 2007 da Editori Riuniti, Lara Pavanetto mette a fuoco il ruolo anti-italiano del Vaticano, preoccupatissimo – all’alba del primo conflitto mondiale – che Roma potesse dichiarare guerra all’Austria-Ungheria. Non solo politica: gli studiosi svelano una vera propria “guerra delle spie”, che portò al clamoroso affondamento delle due corazzate Benedetto Brin e Leonardo Da Vinci, vanto della nostra marina militare. Bilancio: oltre 600 marinai uccisi. Presunto regista del doppio sabotaggio: il prelato bavarese Rudolph Gerlach, “cameriere segreto” del Papa e vero e proprio 007 vaticano.L’imponente nave da battaglia Benedetto Brin, lunga 130 metri e dotata di 44 cannoni, cola a picco il 27 settembre 1915 dopo essere esplosa in rada, a Brindisi, trasformandosi in una tomba per 456 uomini, tra marinai e ufficiali. Il referto delle autorità: semplice incidente, causato da uno scoppio nella santabarbara stipata di munizioni. «Si può capire la prudenza del governo», spiega Lara Pavanetto: «Mezza Italia, nel 1915, non aveva ancora digerito la decisione di rompere la neutralità con l’Austria. E tra gli stessi militari, molti ufficiali di alto livello non erano stati così contenti dell’abbandono della Triplice Alleanza». L’immancabile commissione d’inchiesta si affretta ad escludere che l’affondamento della Brin sia dovuto a un attentato. La marina militare rassicura il ministero dell’interno: non c’è stato alcun sabotaggio. Ma il capo della polizia, Giacomo Vigliani, non ci crede. E infiltra agenti segreti nelle reti dello spionaggio austriaco a Zurigo e Lucerna. Uno di questi è un avvocato tarantino, Archita Valente: si dichiara “socialista rivoluzionario” ma in realtà lavora per l’Ufficio Affari Riservati. L’altro infiltrato è un fruttivendolo napoletano, Enea Vincenzi, esperto di controspionaggio con alle spalle attività nell’intelligence della marina militare. In Svizzera, Vincenzi farà il doppio gioco: verrà coperto di soldi e incaricato dagli austriaci di sabotare la flotta italiana. Detto fatto: Vincenzi fa sapere ai tedeschi che l’esplosivo sarà introdotto a bordo dell’altra corazzata, la Leonardo, nascosto in un carico di frutta.La grande nave (quasi 170 metri, armata con 52 cannoni) è in servizio da appena due anni quando salta in aria, il 2 agosto 2016, alla fonda nel Mare Piccolo di Taranto. Altra catastrofe: 249 militari uccisi. Di nuovo, il governo minimizza il disastro e impone la censura alla stampa: «Nessun giornale parlerà del disastro della Leonardo». Nuova commissione d’inchiesta: le conclusioni sono “riservatissime” e firmate da Augusto Righi, maestro di Marconi, formulate solo nel 1917: «Un’azione delittuosa, favorita da un deplorevole stato di abbandono in conseguenza del quale, a bordo, non si vegliava». Al che, polizia e servizi italiani capiscono che Vincenzi ha fatto il doppio gioco. Da allora, l’ex “fruttivendolo” sparisce dalla faccia della terra: forse eliminato dagli italiani come traditore, o liquidato dagli stessi tedeschi (in un campo di detenzione in Boemia?) per non lasciare in vita un testimone scomodo. Affondata anche la seconda corazzata, l’intelligence della marina militare cambia politica e passa al contrattacco, impossessandosi della cassaforte dei servizi austro-tedeschi a Zurigo. Le carte sull’affondamento della Leonardo arrivano nelle mani del futuro diplomatico fascista Pompeo Aloisi: i fratelli Nello e Carlo Rosselli sospetteranno che abbia tenuto per sé la vera storia dell’affondamento della corazzata – realizzato con la complicità di alti gradi della Regia Marina, contrari (come il Vaticano) alla guerra contro l’Austria?A complicare l’intreccio, aggiunge Lara Pavanetto, provvede la vicenda – parallela – dell’altra spia, l’avvocato Archita Valente, «un avventuriero affamato di soldi», sul quale il capo della polizia puntava per scoprire il ruolo del Vaticano, tramite Rudolph Gerlach, nell’organizzazione spionistica che aveva portato all’affondamento delle due corazzate. «Vigliani era convinto che le notizie sulla flotta italiana arrivassero ai tedeschi tramite Gerlach», cioè il dignitario pontificio più vicino al Papa. Giacomo della Chiesa, in arte Benedetto XV, non vuole la guerra contro Vienna. Il capo della Chiesa teme che, crollando l’Impero Austro-Ungarico (grande finanziatore di un Vaticano ancora gelido col governo italiano, dai tempi della Breccia di Porta Pia) possa preludere all’ulteriore indebolimento del potere cattolico. Il diletto Gerlach, tedesco, è il suo uomo di fiducia. Secondo la polizia italiana, è anche un abilissimo uomo di intelligence: “merito” suo se i servizi austro-germanici sono riusciti a colare a picco le due ammiraglie della marina militare. «Va fermato, quel Gerlach». Come? «Usando l’avvocato Valente», pensa Vigliani. «L’avvocato viene spedito a Lucerna per spiare i servizi tedeschi, ma anche lui – sempre a corto di soldi – diventa un doppiogiochista, fino a rivelarsi un anello importantissimo nel caso Gerlarch».Archita Valente, riassume Lara Pavanetto, dovrà foraggiare politici e giornalisti italiani con soldi tedeschi, per amorbidire le loro posizioni verso la Germania e l’Austria: e lo farà tramite i buoni uffici del potentissimo Rudolph Gerlach, l’uomo del Papa, di fatto un decisivo operatore dell’intelligence. Anche stavolta il capo della polizia, Vigliani, intuisce il doppio gioco della spia italiana, ma lascia correre: spera di avvicinarsi il più possibile a Gerlach, scoprendolo “cassiere occulto” di Archita Valente per conto dei tedeschi. Poi però i tedeschi bombardano Venezia, e l’Italia – per rappresaglia – il 25 agosto 1916 occupa e confisca Palazzo Venezia, sede dell’ambasciata austriaca, dichiarando guerra anche alla Germania. «La situazione politica precipita: ma mentre il socialista Leonida Bissolati insulta i cattolici accusandoli di collaborazionismo, di fronte alle vibranti proteste del Papa il governo guidato da Paolo Boselli – al culmine della crisi diplomatica con l’Oltretevere – decide di rivelare segreti militari alla Santa Sede». Pazzesco, ma molto “italiano”: «A Gerlach, uomo dei tedeschi, viene inviato un dossier segretissimo che rivela i feroci contrasti, sulla conduzione della guerra, tra il capo di stato maggiore Luigi Cadorna e una parte del governo».Tensione allentata fino a quando, a novembre, muore l’imperatore austriaco Francesco Giuseppe. Il Papa osa piangerlo e augurare prosperità all’Austria? Per rappreseglia, la polizia di Vigliani arresta Giuseppe Ambrogetti, strettissimo collaboratore di Benedetto XV, che lo chiama “Peppino carissimo”. «Alla notizia, pare che il Papa abbia pianto per giorni, chiuso nei suoi appartamenti». Nel frattempo è stato arrestato (senza clamore, però) lo stesso Archita Valente. E dopo quello di Ambrogetti, il Vaticano teme che si arrivi all’arresto di Gerlach: per evitarlo, aggiunge Lara Pavanetto, «si avviano trattative segrete tra governo italiano, Vaticano e forse anche casa Savoia». Gerlach riuscirà infatti a mettersi al sicuro, riparando in Svizzera. Finirà sotto processo nel gennaio 1917, ma sarà giudicato soltanto in contumacia. E il doppiogiochista Archita Valente? «E’ riconosciuto colpevole di tradimento – scrive Lara Pavanetto nel suo blog – ma scampa alla fucilazione: gli sono riconosciute le attenuanti di non aver provocato gravi danni alle forze armate, e di aver manifestato sintomi di alterazioni psicopatiche». Viene rinchiuso nelle carceri di Avellino, dove ufficialmente muore nel novembre del 1918. «Tuttavia, quando nel settembre 1935 il vice capo della polizia Carmine Senise trasmette nota alla prefettura di Taranto, dove Valente era nato, con la richiesta di fare accertamenti sulla sua morte, la prefettura risponde al Viminale che nessuna comunicazione era giunta al Comune nel 1918».E come mai Archita Valente era finito nel carcere di Avellino, considerato un luogo infernale? In prigione, scrive Pavanetto, «Archita riceveva giornalmente la visita della bella moglie Elvira Pesapane, che ogni mese riceveva un assegno mensile di 250 lire dal Vaticano: un sussidio illimitato». Ovvero: «Il Vaticano pagava ad Archita Valente il suo silenzio sul coinvolgimento di alti prelati della Santa Sede nelle operazioni di spionaggio condotte da Gerlach?». Il suo decesso – che per il Comune di Avellino è avvenuto il 6 novembre 1918 – non è stato comunicato al tribunale né procura, cui spettava anche di disporre l’eventuale autopsia. «Nemmeno la locale questura comunica la morte della spia alla direzione generale della Ps, che pure l’aveva avuta alle sue dipendenze». Le circostanze di quella morte sono tutt’oggi oscure, aggiunge Lara Pavanetto, anche perché la documentazione del carcere di Avellino anteriore agli anni Venti è andata perduta. «Sappiamo però che la morte di Archita Valente generò una particolare attenzione nelle autorità ecclesiastiche, dalle quali ricevette un trattamento speciale». Il corpo di Archita Valente, infatti, «sarà seppellito non in terra comune, ma nella cappella del Carmine, tra i marmi di uno dei più antichi monumenti sepolcrali del cimitero di Avellino».Il sepolcro apparteneva alla parrocchia del Carmine, la più importante di Avellino, «per l’altissima devozione con cui era venerata dagli avellinesi la Madonna del Carmine». Accoglieva tombe con i resti di alti prelati o di laici che si erano distinti per opere di carità e per donazioni alla Chiesa. Altra anomalia: «Nei registri della parrocchia si conservano i dati sui lasciti dei cittadini che hanno avuto il privilegio di una tomba nella chiesa madre o nella cappella del Carmine, ma non c’è alcun riferimento all’inumazione di Archita Valente». Qualcuno dal Vaticano «doveva essere per forza intervenuto direttamente, perché era un caso eccezionale che fosse stata concessa a un condannato la sepoltura in una cappella parrocchiale tra i benemeriti della Chiesa». Un caso che ricorda da vicinissimo quello di Enrico De Pedis, il “Renatino” della Banda della Magliana, ritenuto responsabile di sequestri di persona, traffico di droga e affari con Cosa Nostra: assassinato in un regolamento di conti e poi sepolto nella basilica di Sant’Apollinare in Classe a Roma, a fianco della tomba di un cardinale. «Nel caso di De Pedis, l’autorizzazione fu data dal cardinale Poletti, in considerazione delle opere di bene fatte dal bandito. Il che conferma che in questi casi assai rari, le scelte sono fatte dall’alto».Allo stesso modo, continua Lara Pavanetto, «si può presumere che la Santa Sede avesse riconosciuto ad Archita Valente la benemerenza di non aver tradito». Ma non è tutto: «C’è anche chi pensa che in realtà fosse stata orchestrata una finta morte della spia, vista la strana destinazione di un ‘nevrastenico’ in un carcere durissimo». In effetti, dal carcere di Avellino c’era stato qualche caso di evasione, con la complicità di agenti di custodia. «Certo è che ancora nel 1943, vi fu qualcuno al ministero dell’interno che si chiese che fine avesse fatto realmente Archita Valente: uno scrupoloso funzionario si era forse accorto che il fascicolo della spia non era mai stato aggiornato con la data della morte». Il Viminale chiese notizie alla prefettura di Taranto e alla questura di Roma. Ad oggi il mistero non è stato risolto. E si può comunque osservare che «determinati accadimenti nella storia italiana si ripetono, significativamente», conclude Lara Pavanetto, illuminando la vicenda della “doppia spia” che lavorò con Gerlach, lo 007 del Vaticano, coinvolto nella rete di spionaggio che portò all’affondamento di due corazzate italiane. Tifava per l’Austria, il Papa, mentre i soldati italiani morivano come mosche sul Piave e sul Carso. Temeva che, con Vienna, crollasse anche la Santa Sede e il mondo che rappresentava. Aveva paura che si instaurasse un nuovo ordine mondiale, Papa Benedetto. Dimostrava di temerlo anche Ratzinger, quasi cent’anni dopo, nell’adottare il suo stesso nome?E se Ratzinger avesse scelto quel nome pontificale, Benedetto, per alludere al pericolo del nuovo ordine mondiale che incombe sul pianeta? Ipotesi suggestiva, lanciata da una ricercatrice indipendente come Lara Pavanetto, intervenuta nella tramissione web-radio “Forme d’Onda”. Il predecessore omonimo del Papa tedesco, Benedettto XV, eletto al soglio pontificio nel fatidico 1914, passò alla storia come fermo oppositore della Grande Guerra, che di lì a poco avrebbe “rottamato” lo statico assetto europeo incarnato dagli imperi centrali. C’è la paura di un cambiamento teoricamente rovinoso, nel ricorrere dello stesso nome che – a distanza di quasi un secolo – due pontefici decidono di adottare, alla vigilia dello sconvolgimento epocale del mondo in cui vivono? Citando il saggio di Annibale Paloscia “Benedetto fra le spie”, pubblicato nel 2007 da Editori Riuniti, Lara Pavanetto mette a fuoco il ruolo anti-italiano del Vaticano, preoccupatissimo – all’alba del primo conflitto mondiale – che Roma potesse dichiarare guerra all’Austria-Ungheria. Non solo politica: gli studiosi svelano una vera propria “guerra delle spie”, che portò al clamoroso affondamento delle due corazzate Benedetto Brin e Leonardo Da Vinci, vanto della nostra marina militare. Bilancio: oltre 600 marinai uccisi. Presunto regista del doppio sabotaggio: il prelato bavarese Rudolph Gerlach, “cameriere segreto” del Papa e vero e proprio 007 vaticano.
-
Paolo Rumor: un potere segreto ci domina da 12.000 anni
Un’entità clandestina, sinistra perché invisibile. Segretamente dominante, e molto antica: vecchia di millenni, addirittura. «Mi addolora, aver scoperto l’esistenza di un’Europa nascosta e parallela: interviene nella politica e anche nella cultura, condizionando il nostro mondo». E’ qualcosa di proto-storico, quasi eterno: oggi, attraverso i suoi emissari, questa entità fantasma «agisce accorpando fattori monetari e produttivi, di cui paghiamo le conseguenze sulla nostra pelle», come si è visto nella débacle dell’ultimo decennio. «La distruzione dell’equilibrio monetario europeo è frutto di queste persone». Una cupola misteriosa di origine antichissima: addirittura 12.000 anni. Paolo Rumor la chiama, semplicemente, “la Struttura”. Risalirebbe alla notte dei tempi, nel territorio che vide fiorire la civiltà sumera e poi quella egizia. Ne parlò a suo padre, Giacomo Rumor, l’esoterista e politico francese Maurice Schumann, tra i fondatori del gollismo: gli rivelò, per iscritto, l’esistenza plurimillenaria della “Struttura”. Una conferma viene dal cardinale Montini, futuro Papa Paolo VI e amico di Giacomo Rumor, coinvolto dal Vaticano nella gestazione dell’unità europea per bilanciarne l’esuberante componente massonica.Nomi che ricorrono: il padre di Paolo Rumor era cugino del più celebre Mariano Rumor, esponente della Dc e per 5 volte primo ministro italiano. Lo Schumann menzionato, invece, non ha nulla a che vedere con l’altro Schuman (sempre francese, ma con una sola “enne” nel cognome), cioè l’eurocrate Robert, considerato – insieme al connazionale Jean Monnet – tra i padri fondatori dell’Ue. La notizia? Questo potere oligarchico si considera discendente di una filiera ininterrotta di dominatori, lunga qualcosa come 12 millenni. E’ la verità, piuttosto scioccante, contenuta nel saggio “L’altra Europa”, edito da Panda. Libro che Paolo Rumor ha scritto con l’aiuto del politologo Giorgio Galli, grande conoscitore del ruolo occulto dell’esoterismo nella politica, e dell’architetto Loris Bagnara, studioso dell’archeo-astronomia egizia della piana di Giza. La tesi: un’unica piramide di potere si “passa il testimone” attraverso le epoche, all’insaputa dei popoli che governa – ieri per mezzo di sovrani e condottieri, oggi più prosaicamente attraverso i politici, il più delle volte inconsapevoli del “grande gioco”. Una visione che fa impallidire l’élite “feudale” denunciata da Paolo Barnard, risalente “soltanto” al medioevo, o l’intreccio delle potentissime Ur-Lodges messe clamorosamente in piazza da Gioele Magaldi.«Il progetto iniziale non era di unire l’Europa ma il bacino del Mediterraneo, dove allora si era sviluppata la civiltà», premette Paolo Rumor nella lunga intervista concessa a Fabio Frabetti ai microfoni di “Border Nights”. Tutto nasce dopo la morte del padre, Giacomo Rumor, nel 1981. Il figlio era al corrente del lavoro “diplomatico” condotto dal genitore quarant’anni prima. Brillante avvocato e fervente cattolico, impegnato nella Resistenza, Giacomo Rumor era stato coinvolto nel gruppo di studi promosso dallo stesso presidente americano Roosevelt per preparare l’Europa antifascista del dopoguerra. Erano incontri discreti, spesso clandestini: «Mio padre andava e veniva da Vienna o dal Sud della Francia viaggiando sotto falso nome. In tempo di guerra può sembrare pazzesco, eppure dovevano aver trovato un sistema per evitare controlli». Giacomo Rumor entra in stretto contatto con Maurice Schumann, futuro segretario di Stato francese, che lo mette a parte della verità indicibile. Rumor ne rimane scosso: «Mio padre era un cattolico convinto, e come tale provava fastidio per l’esoterismo», racconta il figlio. La componente esoterica era evidente in Schumann, e a Giacomo Rumor non piaceva. «In effetti dopo un po’ mio padre ha rinunciato all’incarico, rendendosi conto che l’Europa nasceva con un consistente lascito massonico».A Simone Leoni, della rivista “Fenix”, Paolo Rumor riassume l’origine (sconcerante) del libro. «Mio padre non aveva intenzione di pubblicare gli incartamenti in suo possesso, né di rendere noto ciò che aveva conosciuto», premette. «Riteneva che il pubblico non fosse in grado di accettare ciò che lui era venuto a sapere dai suoi privilegiati interlocutori francesi». In sostanza, Giacomo Rumor «pensava che il mondo non fosse ancora maturo per sostenere l’impatto emotivo che possono provocare gli eventi storici reali, quelli mai divulgati al pubblico». Poi, però, all’inizio deglo anni ‘90, Paolo Rumor si accorge che molti indizi stanno ormai venendo a galla, e quindi decide di pubblicare «gran parte di ciò che possedevo». E aggiunge: «Mi sono sentito liberato da un peso che mi gravava sulla coscienza: quello di trattenere notizie che in definitiva appartengono alla collettività e alla storia».Forme di unità continentale sono state l’Impero Romano e poi il Sacro Romano Impero. Ma, secondo Rumor (in base alle carte di suo padre, ottenute da Schumann) l’attuale Unione Europea sarebbe figlia di un progetto molto più antico: il primo disegno organico, scrive, è databile nel II secolo dopo Cristo. Ma risalirebbe in realtà a una determinazione stabilita addirittura attorno al 10.000 avanti Cristo. Ufficialmente, ricorda Rumor, il moderno progetto-Europa è nato dal Mouvement Européen francese, nei primi decenni del 1900. Ma è stato “incubato” da un cenacolo esclusivo del ‘700, l’Ordine delle Ardenne (o di Stenaj), a sua volta risalente al potere imperiale di Roma. La “Struttura” descritta nel libro «non risulta possedere un nome definito», spiega l’autore: «Si maschera dietro altre compagini associative, dinastiche e religiose». Nell’elenco custodito da suo padre, «figura risalire fino al 136 dopo Cristo, ma si parla di un’antecedenza molto maggiore». In altre parole: «Possiamo ritenere che essa esistesse anche durante il periodo romano e alessandrino, evidentemente con scopi diversi da quello prettamente ufficiale, cioè l’unificazione del bacino mediterraneo, in quanto a quel tempo era stata di fatto raggiunta tramite la dominazione romana».Nello scritto che Schumann consegnò a Giacomo Rumor verso la fine degli ani ‘40, «si enunciava un’antecedenza della cosiddetta “Struttura” al decimo millennio avanti Cristo». E’ precisa anche l’ubicazione dell’entità di potere, «centrata prevalentemente nel basso corso del Nilo, nel Golfo Persico (ma in aree oggi sommerse), nel Golfo di Cambaj, a Galonia Laeta, nel “continente di Colba” (non identificabile) e in altri siti di incerta collocazione». Sono dunque così remoti, gli antenati del grande potere oggi alle prese con il “nuovo ordine mondiale” globalista? L’idea di un “nuovo ciclo storico”, spiega Paolo Rumor, «trae origine da concezioni simili, proprie della religione e della visione cosmica dell’antico Egitto dinastico o di altre civiltà del Mediterraneo». L’autore ritiene che vi siano «reali e precise coincidenze tra la collocazione dei siti e la descrizione degli eventi di cui parlano gli incartamenti di monsieur Schumann». Coincidenze peraltro «avvalorate dalla ricerca paleografica avvenuta negli ultimi anni».Le cartografie conservate da Rumor «descrivono la derivazione della prima compagine organizzata in modo civile della storia». E’ la stessa dinamica illustrata nel saggio “Dominio” dall’intellettuale triestino Francesco Saba Sardi: la nascita dell’attuale modello di potere, con l’avvento del neolitico e la scoperta dell’agricoltura, da cui l’inedita necessità di controllare militarmente territori coltivabili. E’ allora che, insieme alla guerra, nasce la figura del re-sacerdote, il detentore di conoscenze supeirori su come ottenere i raccolti. Nascono anche altri soggetti sociali, assenti tra le popolazioni nomadi del paleolitico: i servi, contadini e soldati. I loro compiti: coltivare i campi, conquistarli, difenderli. Nasce, in altre parole, questo potere – configurato in forma di dominio, per la prima volta nella storia dell’umanità. Una dinamica che il libro di Paolo Rumor – inseguendo i primordi del supremo potere in forma di casta – mappa con precisione, «a partire dal noto sito di Menfi o dalla collina rocciosa ove è ubicata la Sfinge, alla periferia del Cairo odierno, fino alla sua precedente collocazione lungo gli originari siti fluviali del Tigri e dell’Eufrate, nell’Iraq meridionale, e all’interno di quello che adesso è il Golfo Persico e che, precedentemente, in un periodo che si aggira sull’8000 avanti Cristo, era ancora una pianura abitabile, non sommersa dal mare».In quest’ultima zona, tra le spiagge dell’Iraq e quelle dell’Iran, si sarebbe formato il primo nucleo che avrebbe fatto da culla alla società cui apparteneva la “Struttura” vera e propria, prima che il mare, invadendo le coste, costringesse i proto-Sumeri a spostarsi nella Mesopotamia interna e poi in Egitto. Ne parla anche Graham Hancock in “Civiltà sommerse”, edito da Corbaccio. «Ritengo che la storia dell’Egitto arcaico – dice Rumor – racconti, nella versione del mito, l’evoluzione della specie umana più di ogni altra civiltà antica». Il mito del “nuovo ciclo storico” si è poi “travasato” con mille affluenti nella cultura delle epoche posteriori, fino ai tempi moderni (dall’uomo nuovo del comunismo all’antropologia odierna della plebe globalizzata senza più diritti). «Non sarebbe la prima volta che, cercando il mito, si raggiunge la realtà», dice Paolo Rumor. Lo stesso Mauro Biglino, autore di una rilettura letterale della Bibbia, ricorda che solo grazie alla sua fede nelle pagine dell’Iliade il tedesco Heinrich Schliemann giunse a scoprire le rovine di Troia.Tornando al francese Schumann e alla storia della “Struttura”, Paolo Rumor tratteggia un network potentissimo e invisibile, fatto di uomini politici ed esponenti del mondo della cultura, ricercatori scientifici e archeologi, etnologi, antropologi. Ma anche uomini di Chiesa e personaggi delle più disparate etnie. Nel ‘900, la maggior parte dei leader del network-fantasma è di estrazione francese, inglese e germanica. «Mano a mano che si arretra nel tempo – spiega Rumor – l’elenco contempla una prevalenza francese», mentre, continuando a ritroso, «nel periodo greco-romano la componente etnica è quasi esclusivamente ebraica». L’elenco di Maurice Schumann termina all’inizio dell’era cristiana, ma attenzione: «Esiste un secondo elenco, solamente enunciato a mio padre e non consegnatogli – aggiunge Paolo Rumor – che contiene l’ascendenza dei nominativi fino all’epoca di inizio della “Struttura”», nel decimo millennio avanti Cristo. Diecimila anni dopo, nel libro di Paolo Rumor, compare il fatidico termine “Illuminati”. «E’ usato per descrivere un gruppo o categoria di persone di stirpe giudaica, vissute in Palestina in un periodo antecedente il 136 dopo Cristo». Lo stesso termine, aggiunge l’autore, indica persone vissute anche nel basso Nilo, nello stesso periodo. Coincidenze?Si chiamano infatti “illuminati” anche i re pre-dinastici, probabilmente capi tribù egizi risalenti a prima del regno di Menes, cioè il sovrano che unificò i diversi territori tribali intorno al 3100 avanti Cristo ed eresse la sua capitale, Menfi. Sempre intervistato da Leoni per “Fenix”, Rumor prova a spiegare i possibili, vertiginosi collegamenti tra la valle del Nilo e i palazzi di Bruxelles. L’ambiente esoterico-politico che si era occupato delle prime fasi dell’Europa unita, premette, condivideva «la particolare convinzione di far parte di una consorteria la cui linea ininterrotta affondava asseritamente le proprie origini nell’antichità più remota», quella del Mediterraneo del 10.000 avanti Cristo. Che intenzioni aveva, quell’élite-ombra, cent’anni fa? In teoria, diceva di voler creare «una sorta di umanità nuova, diversa da quella dei secoli precedenti», lontana dagli orrori bellici del ‘900. Sulla carta, un’umanità «ispirata a criteri di fratellanza e ad un’etica civica rinnovata», verso «un mondo migliore». In realtà, la “Struttura” si è nascosta molto bene nei gangli istituzionali: interferisce nei maggiori eventi economici scavalcando gli Stati, come sappiamo. Quello che sbalordisce è leggere che questa entità era presente già nell’antichità.Secondo i documenti presentati da Rumor, intorno ai due secoli posti a cavallo dell’era cristiana, l’oligarchia-fantasma costituiva “un diffuso movimento non conformista”, «fortemente orientato in termini religiosi» ma al tempo stesso «vocato ad azioni militari per la salvaguardia della propria identità». All’epoca, aggiunge l’autore, la centrale di potere era collocata nella Giudea sotto la dominazione romana. Ma attenzione: verso la metà del primo secolo, la “Struttura” «ha subito una violenta scissione al suo interno, ad opera di agenti infiltrati dagli occupanti militari». Una buona parte del movimento, continua l’autore, è andata a originare «quella che poi diventerà l’organizzazione cristiana delle origini». Il Cristianesimo, dunque, come “format” politico creato da metà dell’élite, inizialmente unita. «Invece, la parte rimasta fedele alle proprie origini ideologiche e storiche ha continuato ad operare come prima, mimetizzandosi in una proliferazione di fazioni e società segrete», fino ad assumere un indirizzo comune all’interno del continente europeo.Ricapitolando: «L’ambiente politico che ha dato impulso all’Unione Europea appartiene ad una “consorteria” che, asseritamente, fa risalire sé stessa alla prima organizzazione sociale nata nell’Egitto protostorico attorno al diecimila avanti Cristo. Ne esistono le prove, anche se io stesso – ammette Rumor – ho fatto fatica a prestar fede ad un tale enunciato, che cozza contro la maggior parte delle conoscenze scientifiche in materia». Ma la vera e propria novità, «che l’ambiente esoterico-politico dei costruttori dell’Europa nasconde», secondo Rumor «consiste nel fatto che quello che noi oggi conosciamo come Cristianesimo è nato in realtà come un’opera di dissimulazione, frutto del tentativo di reazione della Roma antica a quell’ambiente giudaico che si tramandava l’antichissima consorteria». Paolo Rumor invita i lettori a consultare libri come “Il mistero del Mar Morto”, di Michael Baigent (Feltrinelli), giusto per orientarsi meglio fra tornanti storici sfuggenti. Altro consiglio di lettura: le opere di Theodor Reik sull’interpretazione della Bibbia e dei miti antichi, compresa l’origine del Cristianesimo dall’Ebraismo. «Queste letture dovrebbero “corazzare” ciascuno dal non cadere nella trappola dei miti moderni e dalla superficiale interpretazione delle opere religiose in genere».Quanto alla spiazzante rivelazione de “L’altra Europa”, fino ai misfatti degli attuali oligarchi, Rumor si esprime con la massima franchezza anche a “Border Nights”: «Uno dei modi per dirigere la politica internazionale è proprio l’accentramento delle proprietà monetarie e della produzione. Oggi l’economia conta più della politica: ed è in questo modo che agisce questa organizzazione segreta, diffusa a livello mondiale». E’ lecito chiamarli Illuminati? «E’ uguale: possiamo usare sinonimi, ma la sostanza è la stessa». E il network non ha limiti, non conosce frontiere né bandiere: «Abbiamo trovato la presenza di questa “Struttura” nella Chiesa cattolica, in molte associazioni filantropiche. Soprattutto l’abbiamo trovata nella scienza, negli ambienti universitari, nella ricerca». Fausto Carotenuto, già analista dei servizi segreti, parla di due “piramidi oscure” e concorrenti, i cui vertici però si toccherebbero: uno è massonico, l’altro cattolico (ma discendente da culti preesistenti: «A Roma, il Pontifex Maximus contava più dell’imperatore»). Spiega Paolo Rumor che la “Struttura” «ha avuto modo di diffondersi nell’ultimo secolo attraverso un sistema “a cellule”; collegate tra loro, si scambiano messaggi, conoscenze, impulsi da dare all’esterno».Quello delle “cellule”, dice Rumor, è uno schema perfetto: ognuno conosce direttamente solo il proprio superiore e il diretto sottoposto. «E’ un modo molto efficace per nascondersi, per non essere identificati: ottimale, visti gli scopi prefissi». E’ la piramide degli Invisibili: «Sui politici influisce in maniera subdola, indirizzando le aspettative delle persone e promuovendo idee politiche distorte». Ha uomini ovunque. Montini, per esempio: «Telefonò a mio padre per tentare di salvare il presidente dell’Eni, Enrico Mattei, dall’attentato che lo avrebbe ucciso. Il futuro Paolo Vi ne era al corrente, perché lavorava nel servizio segreto del Vaticano». Per l’unità europea, aggiunge Rumor, il vertice cattolico «è stato molto importante, un catalizzatore di rilievo». Era preoccupata, la Santa Sede, nell’immediato dopoguerra: vedeva nascere l’Europa unita sotto una forte egemonia massonica. L’esoterismo? E’ sempre stato «il linguaggio degli ambienti elitari», dice Rumor. «Cultura ed esoterismo in Europa sono sinonimi, perché hanno dovuto “sposarsi”, in un certo senso, per poter sopravvivere: per non essere fagocitati dalla Chiesa oppure dall’Islam».Fa impressione, comunque, “scoprire” che il potere di Bruxelles sia insediato da una “Struttura” che, a quanto pare, si considera erede dei sumeri e della Valle dei Re. Un filo segreto unisce l’unione bancaria europea di Mario Draghi al mitico Codice di Hammurabi? E Papa Francesco, oltre a essere il primo gesuita al Soglio di Pietro, è dunque anche l’ultimo discendente degli antichi “scissionisti” che, nella Giudea dell’Anno Zero, spaccarono in due la “Struttura” dando inizio a una feroce lotta, sommersa e plurisecolare? L’élite vaticana è stata infatti sfidata dalla corrente di formazione esoterica che, opponendosi all’assolutismo delle monarchie e all’oscurantismo teocratico, ha dato vita alle forme attuali della modernità democratica. Alla luce di queste rivelazioni si possono rileggere sotto altra luce vicende storiche drammatiche come quelle dei Catari e dei Templari? Singolari coincidenze: la primigenia “civiltà sommersa” cui allude Maurice Schumann sarebbe stata situata nel Golfo Persico, a due passi dal Gan Eden biblico da cui si propagò la stirpe di Caino, cacciata dal “paradiso terrestre”, per poi andare incontro al “diluvio”. La storia è interamente da riscrivere, ripetono ormai molti studiosi. E forse, aggiunge Biglino, vale la pena di prendere alla lettera i libri antichi, cosiddetti “sacri”. La stessa Bibbia racconta – testualmente – l’incontro coi misteriosi Elohim, potentissimi e in possesso di tecnologie fantascientifiche. Nessuno sa ancora spiegare l’improvvisa comparsa dell’avanzatissima civiltà dei sumeri. Ci nascondono qualcosa di fondamentale sulla nostra origine, gli intramontabili signori della “Struttura”?(Il libro: Paolo Rumor, Giorgio Galli, Loris Bagnara, “L’altra Europa. Miti, congiure ed enigmi all’ombra dell’unificazione europea”, Panda Edizioni, 370 pagine, euro 18,90).Un’entità clandestina, sinistra perché invisibile. Segretamente dominante, e molto antica: vecchia di millenni, addirittura. «Mi addolora, aver scoperto l’esistenza di un’Europa nascosta e parallela: interviene nella politica e anche nella cultura, condizionando il nostro mondo». E’ qualcosa di proto-storico, quasi eterno: oggi, attraverso i suoi emissari, questa entità fantasma «agisce accorpando fattori monetari e produttivi, di cui paghiamo le conseguenze sulla nostra pelle», come si è visto nella débacle dell’ultimo decennio. «La distruzione dell’equilibrio monetario europeo è frutto di queste persone». Una cupola misteriosa di origine antichissima: avrebbe addirittura 12.000 anni. Paolo Rumor la chiama, semplicemente, “la Struttura”. Risalirebbe alla notte dei tempi, nel territorio che vide fiorire la civiltà sumera e poi quella egizia. Ne parlò a suo padre, Giacomo Rumor, l’esoterista e politico francese Maurice Schumann, tra i fondatori del gollismo: gli rivelò, per iscritto, l’esistenza plurimillenaria della “Struttura”. Una conferma viene dal cardinale Montini, futuro Papa Paolo VI e amico di Giacomo Rumor, coinvolto dal Vaticano nella gestazione dell’unità europea per bilanciarne l’esuberante componente massonica.
-
Tuis: il potere dei gesuiti, gli 007 del nuovo ordine mondiale
«Attenzione: stai per ricreare una pagina già cancellata in passato». E’ quanto si legge consultando su Wikipedia la voce Siv, Servizio Informazioni Vaticano. Sorveglianza occhiuta: l’enciclopedia “libera” del web si ferma, di fronte all’intelligence del Papa. Anche perché, sostiene Riccardo Tristano Tuis, l’intera faccenda è nelle mani dell’ordine religioso più potente e misterioso della galassia cattolica: la Compagnia di Gesù, fondata nel 1537 dal militare spagnolo Ignazio de Loyola, con una vocazione – emersa fin dall’inizio – all’infiltrazione nelle altrui strutture, onde controllarle dall’interno. Geniale, l’uso della confessione da parte dei gesuiti: una volta introdotti a corte come educatori dei nobili rampolli, diventavano i custodi dei segreti dei futuri regnanti. Per Fausto Carotenuto, già analista dell’intelligente e autore del saggio “Il mistero della situazione internazionale”, i gesuiti rappresentano il vertice di una delle due piramidi “nere” che controllano il mondo – l’altra sarebbe costituita dalla massoneria internazionale. Comune l’obiettivo: il dominio di un pianeta completamente globalizzato mediante la finanza e l’economia, la politica addomesticata, la disinformazione martellante assicurata dai grandi media, reticenti o bugiardi sul terrorismo e sulla guerra.«Anche tra i gesuiti si contano ovviamente molte ottime persone», ammette Tuis, intervistato a “Border Nights”, «ma la struttura ha avuto un ruolo essenzialmente negativo, nella storia: la congregazione resta un soggetto decisamente pericoloso, non a caso espulso per 70 volte da vari Stati». Rapporti difficili anche con il Vaticano: Papa Clemente XIV soppresse l’ordine religioso nel 1773. «I gesuiti erano nati come braccio speciale della Chiesa per sostituire i domenicani, politicamente poco duttili», spiega Gianfranco Carpeoro, autore di saggi che illuminano oscuri retroscena in cui convivono Chiesa e massoneria, come nel caso dell’origine del fascismo. «Poi però sempre i geusiti divennero anche scomodi, quando – dopo la conquista del Sudamerica – si accorsero che gli indigeni erano migliori, come uomini, dei “conquistadores” cristiani». Lo ricorda lo stesso Tuis, autore del libro “Gesuiti” appena pubblicato da Uno Editori: «In Paraguay i gesuiti si schierarono con il popolo anche pagando con la vita la loro scelta». E’ di ispirazione gesuitica la “teologia della liberazione”, per l’emancipazione popolare dell’America Latina. Era gesuita lo stesso cardinale Martini, in prima linea contro le guerre. Ma la Compagnia di Gesù resta ambivalente: Jorge Mario Bergoglio, primo pontefice gesuita della storia, ha firmato il saggio “Questa economia uccide” ma in Argentina è stato accusato di complicità con i carnefici della dittatura militare, quella dei “desaparecidos”.Riccardo Tristano Tuis non crede a Papa Francesco: «Nonostante la parte che recita, fa il gioco del potere: il suo impegno a favore dei migranti fa parte del progetto globalista che prevede anche l’islamizzazione dell’Europa a spese della fede cristiana, verso un’ipotetica religione unica mondiale». Il suo libro è chiaro, negli intenti, fin dal sottotitolo: «L’Ordine militare dietro alla Chiesa, alle banche, ai servizi segreti e alla governance mondiale». Già autore de “L’aristocrazia nera”, ovvero «la storia occulta dell’élite che da secoli controlla la guerra, il culto, la cultura e l’economia», Tuis racconta l’intreccio che – fin dall’origine – lega Ignazio di Loyola a potenti famiglie romane come quella dei Borgia. La missione dell’ordine: forgiare dei veri e propri 007, in grado di infiltrare qualsiasi ambiente politico e religioso, puntando al controllo del potere. Un progetto con un retroterra segreto, risalente ai Templari e da «ordini e consorzi di famiglie ancora più antiche». Nacquero così «agenti segreti con licenza di uccidere», pronti a operare clandestinamente sia nei paesi cristiani che in quelli protestanti o anglicani, «al punto che ai nostri giorni i servizi segreti deviati europei, nordamericani, del Commonwealth e d’Israele sono delle espressioni di un’unica regia: il Siv, cioè i servizi segreti del Vaticano», quelli irrintracciabili su Wikipedia.«L’alta finanza, le più grandi banche del mondo e il cartello bancario che ha dato vita al moderno signoraggio bancario – sostiene Tuis – sono il prodotto della millenaria opulenza e forza della Chiesa di Roma, che proprio grazie ai gesuiti dall’Ottocento in poi ha in mano l’economia globale attraverso le famiglie dei banchieri internazionali ai cui vertici ci sono i guardiani del tesoro papale: i Rothschild». Il libro di Tuis indaga «sull’oscuro mondo delle società segrete e dei circoli magici di matrice satanico-luciferina e cristiana», scoprendo «le loro reciproche e insospettate connessioni attraverso i gesuiti di alto livello, gli “incogniti superiori del 4° voto” che muovono anche le fila dei potenti e stratificati ordini cavallereschi», vale a dire i Cavalieri di Malta in Europa e i loro corrispettivi americani, i Cavalieri di Colombo. Insieme alla massoneria internazionale, questa galassia di poteri “invisibili” dà vita «all’esercito di grigi burocrati dell’Unione Europea e del Congresso americano, che promuovono la criminale operazione su vasta scala denominata Agenda 21».Il libro si addentra in specifici eventi storici: «Due più famosi dittatori europei, Napoleone Bonaparte e Adolf Hitler, sono saliti al potere grazie ad operazioni clandestine dei gesuiti e degli Illuminati, che da secoli lavorano a fianco a fianco nell’instaurazione della secolare agenda mondialista “La Nuova Atlantide”, meglio conosciuta come Nuovo Ordine Mondiale». A un ex gesuita, racconta Tuis a “Border Nights” si deve l’invenzione della ghigliottina: atroce simbolo del Terrore francese, d’accordo, ma pur sempre «un modo per ridurre la sofferenza del condannato». Dai gesuiti sono nate eccellenze assolute in ogni campo, compreso quello scientifico: è la Compagnia di Gesù a gestire il potente osservatorio astronomico di Mount Graham, in Arizona. Alieni in arrivo? Meglio chiamarli “fratelli dello spazio”; nel caso un giorno atterrassero, disse il direttore del centro, perché non battezzarli? Conoscenza, segreti, informazioni riservate. «L’archivio dei gesuiti a La Spezia – dichiara Tuis – è vasto almeno quanto quello della Cia».Sanno tutto di tutti? Dossier, schedature minuziose? «Per quello nacquero: furono loro a fondare la prima intelligence della storia». Il libro di Tuis è un’indagine sul lato meno trasparente del potere, il più insospettabile: sul web circola liberamente il testo di un famigerato giuramento, in cui il novizio – nel ‘500 – si impegna anche ad uccidere, nel caso, e comunque a eseguire qualsiasi ordine senza discutere, “perinde ac cadaver”. Leggende? Purtroppo no, sostiene Tuis: «Oggi la vera battaglia è condotta nel campo dell’informazione: il mainstream deforma sistematicamente la verità. La controinformazione è fondamentale, e il potere la teme». Dietro allo speaker del telegiornale c’è spesso un politico, collegato a influenti soggetti economici. Quello che sfugge è che “tutte le strade”, o almeno molte, portino a Roma, dove il potere di quel network sarebbe esteso oltre l’immaginabile. «Non è un caso se l’aggettivo “gesuitico” ha assunto una connotazione negativa: indica qualcosa di falso e insincero, ipocrita, ma al tempo stesso raffinato e coltissimo. I gesuiti hanno una visione precisa del mondo, la loro. Arrivano dovunque, sono lì da mezzo millennio: non sarà facile fermarli».(Il libro: Riccardo Tristano Tuis, “I Gesuiti. L’Ordine militare dietro alla Chiesa, alle Banche, ai servizi segreti e alla governance mondiale”, Uno Editori, 264 pagine, euro 14.90).«Attenzione: stai per ricreare una pagina già cancellata in passato». E’ quanto si legge consultando su Wikipedia la voce Siv, Servizio Informazioni del Vaticano. Sorveglianza occhiuta: l’enciclopedia “libera” del web si ferma, di fronte all’intelligence del Papa. Anche perché, sostiene Riccardo Tristano Tuis, l’intera faccenda è nelle mani dell’ordine religioso più potente e misterioso della galassia cattolica: la Compagnia di Gesù, fondata nel 1537 dal militare spagnolo Ignazio de Loyola, con una vocazione – emersa fin dall’inizio – all’infiltrazione nelle altrui strutture, onde controllarle dall’interno. Geniale, l’uso della confessione da parte dei gesuiti: una volta introdotti a corte come educatori dei nobili rampolli, diventavano i custodi dei segreti dei futuri regnanti. Per Fausto Carotenuto, già analista dell’intelligente e autore del saggio “Il mistero della situazione internazionale”, i gesuiti rappresentano il vertice di una delle due piramidi “nere” che controllano il mondo – l’altra sarebbe costituita dalla massoneria internazionale. Comune l’obiettivo: il dominio di un pianeta completamente globalizzato mediante la finanza e l’economia, la politica addomesticata, la disinformazione martellante assicurata dai grandi media, reticenti o bugiardi sul terrorismo e sulla guerra.
-
Soldi e potere: è antica la guerra alla medicina naturale
In questi tempi c’è una guerra dichiarata tra la medicina naturale e quella ufficiale, che evidenzia le falle di quest’ultima mettendone in risalto i limiti palesi (basti pensare che nonostante le spese immense per la ricerca sui tumori, questa malattia sta aumentando vertiginosamente) e la medicina tradizionale allopatica, che schiera dalla sua parte i vari soloni a colpi di radiazione dei medici eretici. Recenti sono i casi di Gabriella Mereu, di Tullio Simoncini, di Ryke Geerd Hamer, di Paolo Rege-Gianas. Pochi giorni fa è stata radiata dall’ordine la dottoressa Gabriella Lesmo, rea di aver preso posizione contro i vaccini (settore che ha iniziato a studiare con particolare attenzione per via del fatto di avere un figlio reso autistico proprio a seguito della somministrazione di vaccini). Pochi mesi prima era stato radiato per lo stesso motivo un altro medico, Dario Miedico. E sempre recentemente è stato radiato dall’ordine Paolo Rossaro, per aver prescritto una cura alternativa alla chemioterapia in un caso di tumore. In realtà, la lotta tra medicina naturale e medicina tradizionale ufficiale esiste da secoli, e può individuarsi il punto di origine nel Medioevo, ad opera dapprima della Chiesa cattolica, e successivamente ad opera della scienza ufficiale, che ha preso il testimone dell’oscurantismo cattolico. Vediamo come e perché nasce questa battaglia, e perché essa è identica ai giorni nostri, come nel Medioevo, e in tutti i secoli intermedi.
-
Odifreddi: Scalfari e il Papa, Repubblica stampa fake news
Oggi è la Giornata Mondiale del Fact Checking, e vale la pena soffermarsi su una straordinaria serie di fake news diffuse da Eugenio Scalfari negli anni scorsi a proposito di papa Francesco, l’ultima delle quali risale a pochi giorni fa. Com’è ormai noto urbi et orbi, Scalfari ha ricevuto nel settembre 2013 una lettera dal nuovo papa. Fino a quel momento, per chi avesse seguito anche solo di lontano la cronaca argentina, Bergoglio era un conservatore medievale, che nel 2010 aveva scandalizzato il proprio paese con le proprie anacronistiche prese di posizione contro la proposta di legge sui matrimoni omosessuali, riuscendo nell’ardua (e meritoria) impresa di coalizzare contro di sé un fronte moderato che fece approvare in Argentina quella legge, ben più avanzata delle timidi disposizioni sulle unioni civili approvate nel 2016 in Italia. Dopo la sua lettera a Scalfari, papa Francesco si è trasformato per lui, e di riflesso anche per “Repubblica”, in un progressista rivoluzionario, che costituirebbe l’unico punto di riferimento non solo religioso, ma anche politico, degli uomini di buona volontà del mondo intero, oltre che il papa più avanzato che si sia mai seduto sul trono di Pietro dopo il fondatore stesso.Fin qui tutto bene, o quasi: in fondo, chiunque ha diritto di abiurare il proprio passato di “uomo che non credeva in Dio” e diventare “l’uomo che adorava il papa”, andando a ingrossare le nutrite fila degli atei devoti, o in ginocchio, del nostro paese. Il fatto è che Scalfari non si è limitato alle proprie abiure personali, ma ha incominciato a inventare notizie su papa Francesco, facendole passare per fatti: a produrre, cioè, appunto delle fake news. In particolare, l’ha fatto in tre “interviste” pubblicate su “Repubblica” il 1° ottobre 2013, il 13 luglio 2014 e il 27 marzo 2018, costringendo altrettante volte il portavoce del papa a smentire ufficialmente che i virgolettati del giornalista corrispondessero a cose dette da Bergoglio. Addirittura, la prima intervista è stata rimossa dal sito del Vaticano, dove inizialmente era stata apposta quando si pensava fosse autentica. Le interviste iniziano pretendendo che gli incontri con Scalfari siano sempre scaturiti da improbabili inviti di Bergoglio. E continuano attribuendo al papa impossibili affermazioni, dalla descrizione della meditazione del neo-eletto Francesco nell’inesistente «stanza accanto a quella con il balcone che dà su Piazza San Pietro» (una scena probabilmente mutuata da “Habemus Papam” di Moretti), all’ultima novità che secondo il papa l’Inferno non esiste.Quando, travolto dallo scandalo internazionale seguìto alla prima intervista, Scalfari ha dovuto fare ammenda il 21 novembre 2013 in un incontro con la stampa estera, ha soltanto peggiorato le cose. Ha infatti sostenuto che in tutte le sue interviste lui si presenta senza taccuini o registratori, e in seguito riporta la conversazione non letteralmente, ma con parole sue. In particolare, ha confessato, «alcune delle cose che il papa ha detto non le ho riferite, e alcune di quelle che ho riferite non le ha dette». Ma se le fake news sono appunto opinioni riportate come fatti, o falsità riportate come verità, Scalfari le diffonde dunque sistematicamente. Il che solleva due problemi al riguardo, riguardanti il primo Bergoglio, e il secondo “Repubblica”. Il primo problema è perché mai il papa continui a incontrare Scalfari, che non solo diffonde pubblicamente i loro colloqui privati, ma li travisa sistematicamente attribuendogli affermazioni che, facendo scandalo, devono poi essere ufficialmente ritrattate. Sicuramente Bergoglio non è un intellettuale raffinato: l’operazione (fallita) di pochi giorni fa, di cercare di farlo passare ufficialmente per un gran pensatore, suona appunto come un’excusatio non petita al proposito, e non avrebbe avuto senso per il ben più attrezzato Ratzinger (il quale tra l’altro se n’è dissociato, con le note conseguenze).L’avventatezza di papa Francesco l’ha portato a circondarsi autolesionisticamente di una variopinta corte dei miracoli, dal cardinal Pell alla signora Chaouqui, e Scalfari è forse soltanto l’ennesimo errore di valutazione caratteriale da parte di un papa che non si è rivelato più adeguato del suo predecessore ai compiti amministrativi. Non bisogna però dimenticare che Bergoglio è comunque un gesuita, che potrebbe nascondere parecchia furbizia dietro la propria apparente banalità. In fondo, un minimo di blandizia esercitato nei confronti di un ego ipertrofico gli ha procurato e gli mantiene l’aperto supporto di uno dei due maggiori quotidiani italiani, che è passato da una posizione sostanzialmente laica a una palesemente filovaticana. Se da un lato Bergoglio può ridersela sotto i baffi dell’ingenuità di uno Scalfari, che gli propone di beatificare uno sbeffeggiatore dei gesuiti come Pascal, dall’altro lato può incassare le omelie di un Alberto Melloni, che dal 2016 ha trovato in “Repubblica” un pulpito dal quale appoggiare le politiche papali con ben maggior raffinatezza, anche se non con minore eccesso di entusiasmo. A little goes a long way, si direbbe nel latino moderno.Rimane il secondo problema, che è perché mai “Repubblica” non metta un freno alle fake news di Scalfari, e finga anzi addirittura di non accorgersene, quando tutto il resto del mondo ne parla e se ne scandalizza. In fondo, si tratta di un giornale che recentemente, e inusitatamente, ha preso per ben due volte in prima pagina le distanze dalle opinioni soggettive del proprio ex editore-proprietario ma che non dice una parola sulle ben più gravi e ripetute scivolate oggettive del proprio fondatore. Io capisco di giornalismo meno ancora che di religione, ma la mia impressione è che in fondo ai giornali della verità non importi nulla. La maggior parte delle notizie che si stampano, o che si leggono sui siti, sono ovviamente delle fake news: non solo quelle sulla religione e sulla politica, che sono ambiti nei quali impera il detto di Nietzsche «non ci sono fatti, solo interpretazioni», ma anche quelle sulla scienza, dove ad attrarre l’attenzione sono quasi sempre e quasi solo le bufale.Alla maggior parte dei giornalisti e dei giornali non interessano le verità, ma gli scoop: cioè, le notizie che facciano parlare la maggior parte degli altri giornalisti e degli altri giornali. E se una notizia falsa fa parlare più di una vera, allora serve più quella di questa. Dire che il papa crede all’esistenza dell’Inferno è ovviamente una notizia vera, ma sbattuta in prima pagina lascerebbe indifferenti la maggior parte dei giornalisti e dei giornali. Per questo Scalfari scrive, e Repubblica pubblica, che il papa non crede all’Inferno: perché altri giornalisti e altri giornali lo rimbalzino per l’intero mondo. Il vero problema è perché mai certe cose dovrebbero leggerle i lettori. Che infatti spesso non leggono le fake news, e a volte alla fine smettono di leggere anche il giornale intero. Forse la meditazione sul perché i giornali perdono copie potrebbe anche partite da qui, nella Giornata Mondiale del Fact Checking.(Piergiorgio Odifreddi, “Le fake news di Scalfari su papa Francesco”, dal blog di Odifreddi su “Repubblica” del 2 aprile 2018).Oggi è la Giornata Mondiale del Fact Checking, e vale la pena soffermarsi su una straordinaria serie di fake news diffuse da Eugenio Scalfari negli anni scorsi a proposito di papa Francesco, l’ultima delle quali risale a pochi giorni fa. Com’è ormai noto urbi et orbi, Scalfari ha ricevuto nel settembre 2013 una lettera dal nuovo papa. Fino a quel momento, per chi avesse seguito anche solo di lontano la cronaca argentina, Bergoglio era un conservatore medievale, che nel 2010 aveva scandalizzato il proprio paese con le proprie anacronistiche prese di posizione contro la proposta di legge sui matrimoni omosessuali, riuscendo nell’ardua (e meritoria) impresa di coalizzare contro di sé un fronte moderato che fece approvare in Argentina quella legge, ben più avanzata delle timidi disposizioni sulle unioni civili approvate nel 2016 in Italia. Dopo la sua lettera a Scalfari, papa Francesco si è trasformato per lui, e di riflesso anche per “Repubblica”, in un progressista rivoluzionario, che costituirebbe l’unico punto di riferimento non solo religioso, ma anche politico, degli uomini di buona volontà del mondo intero, oltre che il papa più avanzato che si sia mai seduto sul trono di Pietro dopo il fondatore stesso.
-
Hancock: avanziamo grazie a uomini come Giordano Bruno
In memoria di un grande pensatore libero, Giordano Bruno, bruciato sul rogo a Roma il 17 febbraio 1600. Bruno era un sostenitore del modello “eliocentrico” copernicano del sistema solare, in cui la terra e gli altri pianeti orbitano attorno al sole (mentre erroneamente si credeva, da parte della Chiesa e di altre autorità del tempo che, il sole e i pianeti orbitassero intorno alla terra). Nella sua coraggiosa difesa del modello eliocentrico, come in molte altre cose, Bruno aveva ragione e fu ucciso, semplicemente, per aver detto questa verità ad alta voce, rifiutando di essere messo a tacere dalle voci dell’ortodossia. La sua vita e la sua morte dovrebbero servire a ricordarci che quelli che pensano fuori dagli schemi, sebbene non siano più bruciati sul rogo, affrontano grandi rischi, persecuzioni e denigrazioni anche oggi, e pagano spesso un prezzo pesante per dire la loro verità. Tuttavia, alla fine, nel più vasto quadro di secoli e millenni, possiamo vedere che sono precisamente quei pensatori fuori dagli schemi che permettono alla società e alla conoscenza umana di avanzare, a beneficio di tutti noi.Per il suo modo di pensare fuori dal comune e il suo coraggio nel dire la sua verità, Bruno subì una prova di otto anni per mano dell’Inquisizione romana. Torturato e tormentato nelle prigioni sotterranee del Vaticano, è stato accusato di eresia su diversi fronti, tra cui le sue affermazioni che le stelle sono altri soli come il nostro, che sono orbitati dai pianeti, che questi pianeti sono probabilmente popolati da esseri intelligenti (la scienza del 21° secolo sta appena iniziando a raggiungere questa idea), che la terra stessa è un pianeta (lo è) e che il simbolo della croce era noto agli antichi egizi (lo era: sotto forma di Ankh, o Crux Ansata, che simboleggia la forza vitale). Ordinato di ritrarre queste e le sue altre “eresie”, sotto minaccia di affrontare la morte bruciando sul rogo, Bruno coraggiosamente rimase fermo. Spinto dalle sue convinzioni, disse provocatoriamente ai suoi accusatori che non aveva né detto né scritto nulla che fosse eretico, ma solo ciò che era vero. Quando la sua condanna fu approvata, Bruno fissò con coraggio i cardinali, allineati di fronte a lui, e con calma disse loro: «Perchè la vostra paura nel giudicare me è più grande della mia nel riceverla?».La mattina del 17 febbraio 1600, Bruno, vestito con una camicia bianca, fu portato a Campo de’ Fiori, una piccola piazza non lontana dal Pantheon romano. Era saldamente legato a un palo di legno, intorno al quale erano accatastati assi di legno e fasci di bastoni. «Muoio come un martire volontario», si dice che abbia dichiarato, mentre il fuoco si stava accendendo tutto intorno a lui, «e la mia anima si alzerà con il fumo in paradiso». Un giovane protestante, Gaspar Schopp di Breslavia, che si era da poco convertito al cattolicesimo godendo così dei favori del Papa, fu testimone oculare del rogo, e riferì che «quando l’immagine del nostro Salvatore gli fu mostrata prima della sua morte egli [Bruno] la respinse irosamente, con volto distolto». La verità è che un monaco domenicano aveva tentato di brandire un crocifisso sul volto di Bruno mentre soffriva tra le fiamme. Il povero Bruno, le sue gambe ormai carbonizzate fino all’osso, radunò abbastanza forza da girare la testa in segno di disgusto.(Graham Hancock, “In memoriam of Giordano Bruno”, dalla pagina Facebook di Hancock, 17 febbraio 2014. Giornalista e scrittore scozzese, Hancock ha pubblicato besteller come “Il mistero del Sacro Graal”, “Impronte degli dei”, “Custode della Genesi” e “L’enigma di Marte”. Nei suoi libri, suggerisce la necessità di riscrivere la storia, alla luce dell’interpretazione delle più recenti scoperte archeologiche).In memoria di un grande pensatore libero, Giordano Bruno, bruciato sul rogo a Roma il 17 febbraio 1600. Bruno era un sostenitore del modello “eliocentrico” copernicano del sistema solare, in cui la terra e gli altri pianeti orbitano attorno al sole (mentre erroneamente si credeva, da parte della Chiesa e di altre autorità del tempo che, il sole e i pianeti orbitassero intorno alla terra). Nella sua coraggiosa difesa del modello eliocentrico, come in molte altre cose, Bruno aveva ragione e fu ucciso, semplicemente, per aver detto questa verità ad alta voce, rifiutando di essere messo a tacere dalle voci dell’ortodossia. La sua vita e la sua morte dovrebbero servire a ricordarci che quelli che pensano fuori dagli schemi, sebbene non siano più bruciati sul rogo, affrontano grandi rischi, persecuzioni e denigrazioni anche oggi, e pagano spesso un prezzo pesante per dire la loro verità. Tuttavia, alla fine, nel più vasto quadro di secoli e millenni, possiamo vedere che sono precisamente quei pensatori fuori dagli schemi che permettono alla società e alla conoscenza umana di avanzare, a beneficio di tutti noi.
-
Attacco alla medicina naturale, criminalizzata come devianza
In questi ultimi tempi stiamo assistendo ad una vera e propria guerra tra la medicina naturale, o naturopatia, e la medicina tradizionale. Una guerra senza esclusione di colpi, che vede da una parte indagati o radiati medici non in linea con le linee del sistema (pensiamo al recente caso di Stefano Montanari, o a quello di Paolo Rege Gianas), dall’altra comportamenti e dichiarazione assurde (come quella di Nadia Toffa, che ha dichiarato di essere guarita in pochi mesi da un tumore grazie alla chemioterapia, e che – improvvisatasi esperta di medicina – ha fatto un invito pubblico a curarsi solo con radio e chemio affermando siano le sole cure possibili). E’ di queste ore la notizia dell’arresto di Mario Pianesi, considerato il guru della macrobiotica in Italia (fondatore di un vero e proprio impero macrobiotico, con circa 100 ristoranti che dipendono dalla sua associazione), accusato di associazione a delinquere finalizzato alla riduzione in schiavitù e evasione fiscale. Non scenderò nei contenuti dell’inchiesta, perché non conosco i particolari della vicenda (anche se, per la notorietà internazionale dell’indagato, che era ricevuto in privato dal Papa, era invitato a eventi del Rotary locale, e aveva riconoscimenti internazionali un po’ ovunque – aveva anche ricevuto una laurea honoris causa dall’università della Mongolia – propenderei per uno scontro tra poteri a livelli piuttosto alti).Mi limiterò a vagliare le dichiarazioni dei quotidiani, per far vedere come, dietro a questa vicenda, si cela comunque anche – perlomeno da parte della stampa – un attacco alla medicina naturale. Iniziando all’Ansa, che ha dato la notizia stamattina: “Smantellata la setta macrobiotica”. Come foto compariva una riunione di persone col cappuccio, dandosi ad intendere che macrobiotica e sette esoteriche o sataniche siano un fenomeno assimilabile. Nell’articolo si citavano le diete ristrettissime denominate Mapi 1, 2, 3, 4 e 5 che venivano imposte forzatamente agli affiliati. Altri quotidiani hanno citato queste terribili diete come una tortura inflitta alle “vittime”. In realtà tali diete restrittive partono da una normalissima dieta depurativa monoalimento, per finire con una dieta (la Mapi 5) composta da cereali, legumi, frutta, verdura, carne, pesce e dolci, con eliminazione di zuccheri semplici e alcuni alimenti. In sostanza, poco di diverso da quanto proposto da qualsiasi linea guida nutrizionale corretta. Tanto è vero che la bontà di queste linee guida alimentari è stata certificata da riviste internazionali del settore medico e da nutrizionisti esperti.Poche ore dopo la foto della setta sull’Ansa è scomparsa, ed è stata rimpiazzata dalla foto di una ragazza anoressica, e i contenuti dell’articolo sono diventati più razionali (l’articolo infatti si incentra sui contenuti dell’inchiesta e sono sparite le assurdità dietetiche). Questa dieta, affermano praticamente tutti i quotidiani, prometteva miracoli per curare malattie. Scrive ad esempio “Il Messaggero”: «Le indagini della polizia hanno accertato che il rigido stile di vita imposto dal maestro, attraverso le diete Ma.Pi, (dal nome del maestro) in numero di 5 (gradualmente sempre più ristrette e severe) e le lunghe “conferenze” da lui tenute, durante le quali si parlava per ore della forza salvifica della sua dottrina alimentare, erano volte a plasmare un asservimento totale delle vittime». Questa frase, delle diete sempre più ristrette e severe, è stata ripresa un po’ da tutti i quotidiani. A parte il fatto che le diete, come abbiamo detto, non sono “sempre più restrittive e severe”, ma sono via via sempre più permissive, avremmo insomma una setta che asservisce le vittime a base di dolci, carne, pesce, legumi cereali e frutta. Cioè a base di una dieta completa. Questo è quello che si evince leggendo i giornali.In altre parole: abbiamo una persona indagata per una serie di fatti che non sappiamo se abbia commesso o no; ma i giornali puntano i titoli, e anche i contenuti dei vari articoli, sui pericoli della macrobiotica. Un po’ come se, indagati Berlusoni e Dell’Utri di associazione mafiosa, all’epoca proprietario del Milan, della Standa, i giornali avessero deciso di incentrare la notizia sui pericoli dei supermercati e sulla inutilità del gioco del calcio, scrivendo “indagati Dell’Utri e Berlusconi, guru dei supermercati e del gioco del calcio, fenomeno demenziale in cui 22 giovanotti in mutande si disputano una palla, e vengono pagati miliardi per questa assurdità. I due guru cercavano di abbindolare la gente facendoli entrare nei loro supermercati, praticando sconti sui prodotti, e facevano un pacco di soldi con questo gioco inutile, che non serve a nulla e anzi, provoca pure danni (basti vedere le vittime fatte dagli ultrà delle varie squadre italiane)”.Per un contrappasso curioso, nello stesso giorno, sempre l’Ansa declamava le meravigliose proprietà di una nuovissima dieta (ovviamente proveniente dall’America), tra i cui principi fondanti troviamo: 1) mangiare solo gli alimenti che ci piacciono; 2) mangiare al massimo tre volte al giorno; 3) saltare un pasto se si va a cena fuori. Insomma, una marea di banalità che se applicate alla lettera, potrebbero fare innumerevoli danni perché potrebbero portare una persona a mangiare solo carne qualora fosse l’unico alimento che gli piace, e non fornisce alcune indicazione sui vari componenti della dieta. In conclusione: il problema non è se le accuse siano vere o false, perchè di quello si occuperà la magistratura. Il problema è che una persona viene indagata per un reato preciso, ma il problema diventano non i reati in sé, ma la dieta macrobiotica. E l’impressione generale è che – dal punto di vista giornalistico – la vicenda sia strumentalizzata per attaccare tutto il sistema della medicina naturale, e che la vicenda debba essere inquadrata nel più generale contesto della guerra tra medicina naturale preventiva e medicina classica allopatica.(Paolo Franceschetti, “Attacco alla medicina naturale”, dal blog “Petali di Loto” del 14 marzo 2018).In questi ultimi tempi stiamo assistendo ad una vera e propria guerra tra la medicina naturale, o naturopatia, e la medicina tradizionale. Una guerra senza esclusione di colpi, che vede da una parte indagati o radiati medici non in linea con le linee del sistema (pensiamo al recente caso di Stefano Montanari, o a quello di Paolo Rege Gianas), dall’altra comportamenti e dichiarazione assurde (come quella di Nadia Toffa, che ha dichiarato di essere guarita in pochi mesi da un tumore grazie alla chemioterapia, e che – improvvisatasi esperta di medicina – ha fatto un invito pubblico a curarsi solo con radio e chemio affermando siano le sole cure possibili). E’ di queste ore la notizia dell’arresto di Mario Pianesi, considerato il guru della macrobiotica in Italia (fondatore di un vero e proprio impero macrobiotico, con circa 100 ristoranti che dipendono dalla sua associazione), accusato di associazione a delinquere finalizzato alla riduzione in schiavitù e evasione fiscale. Non scenderò nei contenuti dell’inchiesta, perché non conosco i particolari della vicenda (anche se, per la notorietà internazionale dell’indagato, che era ricevuto in privato dal Papa, era invitato a eventi del Rotary locale, e aveva riconoscimenti internazionali un po’ ovunque – aveva anche ricevuto una laurea honoris causa dall’università della Mongolia – propenderei per uno scontro tra poteri a livelli piuttosto alti).