Archivio del Tag ‘Pavel Durov’
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Conte, Merkel e gli zombie che “Politico” scambia per eroi
«Giuseppe Conte è il leader più credibile al mondo», sintetizza “Tpi” nel presentare la clamorosa classifica che sta rimbalzando ovunque. Se i comici sono un po’ fuori allenamento, in mezzo alle disgrazie del 2020, a tirare su il morale a tutti provvede infatti l’edizione europea dello statunitense “Politico”, realizzata a Bruxelles in jount-venture con il principale editore digitale in Europa, il tedesco Axel Springer. “Politico” vanta un team di 500 redattori, distribuiti in tutto il mondo: la tribuna vip del mainstream media internazionale, quello che non ha mai osato raccontare la nuda verità né previsto nessuna crisi. E cosa dicono, i gran sacerdoti dell’informazione? Tra cose, innanzitutto. La prima riguarda Angela Merkel, incoronata Papessa d’Europa (questo sì, che è uno scoop). La seconda: la merkeliana Ursula von der Leyen sarebbe la leader dei “sognatori”. E qui si comincia a ridere, ma non quanto di fronte al ritratto di “Giuseppi” Conte, numero uno degli “spender” europei, una specie di Masaniello dal tocco felice. Per capire in che mani sia l’informazione, basta leggere le pagelle di quelli che “Politico” presenta come “Gli attori, i sognatori e i rivoluzionari che daranno forma al prossimo anno in Europa”.Una galleria di zombie, che “Politico” scambia per esseri politicamente viventi, nonché capaci di decisioni autonome: come se non esistessero nemmeno, i poteri che dominano il mondo, che oggi lo stanno mettendo alla frusta come in tempo di guerra (e che, per inciso, presiedono alla somministrazione editoriale delle notizie destinate al gregge). La simpatica macellaia Angela Merkel, reginetta del rigore e affamatrice di mezza Europa, Grecia in primis, dopo i brillanti esordi come spia della Stasi, feroce polizia politica della Germania Est (”Le vite degli altri”, al cinema), su “Politico” rifulge, abbagliante, in tutto il suo splendore. «Dopo quasi 16 anni come cancelliera, Angela Merkel è destinata a ritirarsi dopo le elezioni tedesche dell’autunno 2021», singhiozzano i redattori di “Politico”, «con un record segnato dalla stabilità piuttosto che dall’ambizione». In confronto ad Angela, Batman e Superman non sono nessuno: «Negli ultimi dieci anni e mezzo, la Merkel è stata la mano ferma attraverso una serie di cataclismi, dalla Grande Recessione e dalla crisi dell’Eurozona al Covid-19». Che tempra: «Ha tenuto insieme l’Europa di fronte alla Brexit e alla belligeranza di Donald Trump», quel noto mascalzone, «diventando, per processo di eliminazione, il “leader del mondo libero”, di fatto, quando Washington si è ritirata».Al ritratto “giornalistico” manca solo l’incoronazione imperiale, ma soltanto perché il Sacro Romano Impero non è ancora stato nominalmente istituito. Quanto al culto merkeliano, niente paura: l’altare, come si legge, è bell’e pronto. E alla destra della divinità siede già la regina dei “dreamer”, la quasi altrettanto divina Ursula, che infatti «vuole rendere di nuovo grande l’Europa». E come? Presto detto: la prima voce citata da “Politico” è «il rafforzamento dei diritti Lgbt», la cui fragilità – com’è noto – ha determinato la grande crisi europea, la morte per denutrizione dei bambini greci, le spietate politiche di rigore, i tagli alla sanità e alle pensioni, l’esplosione del precariato e della disoccupazione. Insieme al “diritti Lgbt” è citata l’altra grande sfida che assilla gli europei nel 2020, ovvero «la lotta al razzismo». A seguire: «La garanzia di un salario minimo a tutti i lavoratori europei, la riduzione delle emissioni di gas serra del 55% e la creazione di un’Unione Europea della Sanità che darebbe alla burocrazia dell’Ue maggiore influenza su una prerogativa nazionale ferocemente custodita». C’è da mettersi a piangere dalla commozione, vero? Meglio tenere il fazzoletto a portata di mano, allora, perché “Politico” riesce a superare se stesso nel celebrare il primo ministro italiano, amatissimo dai poteri che contano.«Il coronavirus ha devastato l’Italia, ma per Conte, almeno politicamente, è stato un vantaggio»: almeno questo, “Politico” lo ammette. Comunque, «se l’Italia è troppo grande per fallire, Giuseppe Conte è l’uomo che l’Europa spera sarà in grado di continuare a sostenerla». Eccoci al punto: “Giuseppi” sarebbe la pedina su cui puntano i massimi poteri, quelli che muovono i fili delle marionette Angela & Ursula. La tesi di “Politico”: ha fatto benissimo, Conte, a imporre all’Italia il brutale lockdown di marzo e aprile: così facendo ha infatti costretto l’Ue a provare «vergogna», al punto da indurre i cattivoni di Bruxelles a metter mano al portafogli con una pioggia di miliardi (di cui non s’è ancora vista nemmeno l’ombra: l’Italia infatti sta in piedi solo grazie alla generosità di Christine Lagarde, ma la signora della Bce è relegata in posizione assai defilata, tra i benefattori). Del resto, “Politico” bada al sodo: di Conte apprezza «il suo stile cliché italiano fiammeggiante», e cioè il fatto di «presentarsi alle riunioni a bordo di una Maserati, in un abito neo-dandy, cercando di flirtare con Angela Merkel». Certo, “Giuseppi” dovrà guardarsi dall’invidia dei paesi “frugali” (che infatti friggono, di fronte allo spettacolo dell’improvvisa ricchezza degli italiani, trasformati in nababbi). E dovrà anche «gettare qualche osso» ai suoi avversari «di estrema destra», cioè «Salvini e l’ascendente Giorgia Meloni».La leader di Fratelli d’Italia figura al terzo posto tra i “disgregatori” europei, contrapposti a valorosi “doers” come Orban, Macron, Erdogan e il “bluffer” Boris Johnson. La piccola Giorgia («sono italiana, sono cristiana») è presentata come «leader appena incoronata dell’estrema destra europea», al punto che ora sembra «pronta a diffondere», in tutto il continente, «la sua capacità di distruggere senza autodistruggersi» (in questo, seconda solo al coronaviurs). Tra i biechi disgregatori figura il russo Pavel Durov, reo di aver creato un social media come Telegram, capace di fare concorrenza a WhatsApp, ovvero di «fare a pezzi le persone», divenendo uno strumento del Male. «Telegram è anche il modo in cui i teorici della cospirazione tedeschi di “QAnon” e i manifestanti anti-maschera organizzano marce a Berlino». Capito, che guaio? Ma niente paura, già si ode l’avanzata dei cavalieri del Bene, cioè le piattaforme immacolate come Facebook e Twitter, le quali «cercano di reprimere la disinformazione e l’incitamento alla violenza». A proposito di disinformazione e omissioni: è grande come una casa, la maggiore “dimenticanza” di quegli sbadati di “Politico”: nel loro pantheon europeo è clamorosamente vuota la poltrona di uno dei personaggi più influenti del pianeta, Mario Draghi. Strano, no?Proprio Draghi, già sommo pontefice dell’euro-potere, si macchiò nel 2019 del peggiore dei crimini: rinnegò le sue malefatte e si mise a bocciare le politiche “fallimentari” dei suoi ex sodali, cioè i morti viventi, gli ectoplasmi, i camerieri e i maggiordomi che oggi “Politico” finge di scambiare per statisti decisivi per il futuro europeo. Compreso il più fantasmatico di tutti, il nostro anonimo “Giuseppi”, con il suo stile «cliché italiano fiammeggiante»: senza i poderosi acquisti della Bce, non avrebbe potuto sfoggiare a lungo la Maserati e la pochette, menando ancora il can per l’aia dopo un anno di supercazzole sui “ristori”. E se è stata la Bce ad acquistare camionate di Btp a costo zero, lo si deve anche e soprattutto al grande assente, nel pantheon di “Politico”: quel Draghi che a marzo, sul “Financial Times”, aveva messo in chiaro che vent’anni di politica europea (cioè di Angela Merkel e sudditi) andrebbero gettati al macero, pena la morte civile di un continente tuttora in mano ai prestanome di un’associazione a delinquere che ha organizzato a tavolino l’inesistente “scarsità di denaro”, a scopo predatorio e di dominio. E quindi: come lo si sarebbe potuto invitare, l’imbarazzante Draghi, tra i Magnifici del 2021? E se si fosse messo a dire la verità, come sta facendo da un anno e mezzo a questa parte? Volete mettere, lo sconcerto?La voglia di ridere, se mai ci fosse, svanirebbe comunque velocemente nello scoprire che il Tribunale Islamico di “Politico” mette nel mirino anche una scrittrice, nientemeno: si tratta di Joanne Kathleen Rowling, celeberrima creatrice di Harry Potter, relegata tra i reprobi “disgregatori”. Sembra di rivivere, sia pure in modo incruento, l’epoca della “fatwa” scagliata dall’ayatollah Khomeini contro Salman Rushdie, autore dei “Versi satanici” che secondo i teocrati dell’Iran insolentivano il Profeta. Merita dunque la condanna a morte anche la Rowling? Certo, il suo crimine è scioccante: ha osato contestare uno dei massimi dogmi della nuova religione, cioè la sacralità dei diritti civili (Lgbt) utilizzata per oscurare i diritti sociali e quindi annullare il futuro dei giovani, dando loro l’illusione di essere liberi, anche se quella sessuale è l’unica vera libertà che ormai viene loro lasciata. L’accusa mossa all’autrice di Harry Potter è spaventosa: “transbofia”. Roba da plotone d’esecuzione. Quello di “Politico”, per ora si esercita sulla Rowling. Ma solo a un demente potrebbe sfuggire qual è il vero bersaglio: noi, la nostra libertà di opinione. All’avvento del totalitarismo nazista, Bertolt Brecht si affrettò a lasciare la Germania. Con lui Theodor Adorno, Herbert Marcuse, Erich Fromm. Non è mai un bel posto, quello dove si mettono alla berlina i filosofi e gli scrittori. E il Verbo di “Politico”, sotto forma di carta straccia digitale, è un avvertimento maleodorante: essere eretici, d’ora in poi, costerà caro.(Giorgio Cattaneo, “Conte, Merkel e gli zombie che ‘Politico’ scambia per nostri amici”, dal blog del Movimento Roosevelt dell’8 dicembre 2020).«Giuseppe Conte è il leader più credibile al mondo», sintetizza “Tpi” nel presentare la clamorosa classifica che sta rimbalzando ovunque. Se i comici sono un po’ fuori allenamento, in mezzo alle disgrazie del 2020, a tirare su il morale a tutti provvede infatti l’edizione europea dello statunitense “Politico”, realizzata a Bruxelles in joint-venture con il principale editore digitale in Europa, il tedesco Axel Springer. “Politico” vanta un team di 500 redattori, distribuiti in tutto il mondo: la tribuna vip del mainstream media internazionale, quello che non ha mai osato raccontare la nuda verità né previsto nessuna crisi. E cosa dicono, i gran sacerdoti dell’informazione? Tra cose, innanzitutto. La prima riguarda Angela Merkel, incoronata Papessa d’Europa (questo sì, che è uno scoop). La seconda: la merkeliana Ursula von der Leyen sarebbe la leader dei “sognatori”. E qui si comincia a ridere, ma non quanto di fronte al ritratto di “Giuseppi” Conte, numero uno degli “spender” europei, una specie di Masaniello dal tocco felice. Per capire in che mani sia l’informazione, basta leggere le pagelle di quelli che “Politico” presenta come “Gli attori, i sognatori e i rivoluzionari che daranno forma al prossimo anno in Europa“.
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Facebook rischia di chiudere, ha contro i giovani (e Soros)
Ci sono almeno 3 indizi che portano verso un’inaspettata chiusura del più grande social media del mondo. Il primo è quello di cui tutti parlano oggi: un ipermegamultone che si aggiunge alle rogne pregresse di Zuckerberg; ben presto la politica dovrà mettere mano alla faccenda con una manovra antitrust, anche e soprattutto in vista delle elezioni americane del 3 novembre. C’è chi, come business insider, scommette sulla chiusura di Facebook e parla di una operazione in grande stile che il governo post-Trump dovrà attuare. La vicenda di Cambridge Analytica è a tutti nota, e ora si è aggiunta solo l’indiscrezione per la cifra da pagare a seguito di violazione della privacy: cinque miliardi di dollari. La più elevata mai imposta dalla Federal Trade Commission contro un’azienda di tecnologia. Attenzione, non sarebbe certo la prima volta che accade qualcosa del genere ad un’azienda di grandi dimensioni. E penso alla compagnia petrolifera Standard Oil, fondata da Rockefeller nel 1870 e smembrata per decreto nel 1911 dall’antitrust americana.A detta degli espertoni, questo è il più grande rischio che oggi corre Facebook, perché uno smembramento comporterebbe cambiamenti epocali, tali da snaturare l’idea stessa del “faccialibro” per come esso nacque nell’ormai preistorico 2004. Il secondo indizio allieterà senza dubbio i gusti dei complottisti – di gran lunga la categoria umana che preferisco e della quale mi vanto di far parte, nonostante il neologismo sia demenziale e colpisca scorrettamente tutti quelli che propongono dei dubbi. Si tratta di Soros, amici. Eh già, il vecchio volpone dell’economia globalista da qualche tempo attacca Facebook senza remore. «Affermano che distribuiscono solamente informazioni – ha affermato il capitalista ungherese – ma in realtà sono quasi distributori monopolisti, e questo li rende servizi pubblici. Dovrebbero pertanto essere soggetti a regolamentazioni più stringenti mirate a preservare la competizione, l’innovazione e un accesso universale, leale ed aperto». Soros ha poi paragonato Facebook e Google ai casinò, che «progettano deliberatamente la dipendenza ai servizi che forniscono».Ma qual è la ragione di questo attacco? Non lo sappiamo, ma da buon complottista ipotizzo che Facebook abbia dato voce a tutti, minando così le cristalline certezze provenienti dai media tradizionali. Insomma, Soros finanzia i liberal sparsi per il mondo, ma chi contesta i liberal è “fuori controllo” grazie a internet. A mio avviso è evidente che lui odi la Rete. Ad esempio, il vegliardo spende una vagonata di soldi per far salire al potere la Hillary Clinton, eppoi la Rete aiuta la visibilità di Donald Trump. Inaccettabile per un lobbysta che si rispetti! Ma è il terzo indizio quello che mi induce a ritenere Facebook avviata al tramonto o ad un profondo rimescolamenteo delle (sue) carte. Il social, infatti, ha dei picchi di utenza che ben presto saranno ridimensionati dal fatto che i millennials non si iscrivono più a questo tipo di social. In altre parole, la disaffezione dei giovani costringerà Zuckerberg alla chiusura in modo molto più determinante delle decisioni dell’Antitrust.Ve lo ricordate Myspace? E SecondLife? Tutta bella roba caduta in disuso per assenza di grano, altro che antitrust! Com’è noto, infatti, le nuove generazioni preferiscono Instagram (sempre di proprietà di Zuckerberg) dove praticamente non si parla di politica (e Soros qui non sbrocca, guardacaso), o Tinder, la nuova Bibbia per i segaioli impenitenti. Insomma, immagini taroccate e app per rimorchiare potranno continuare, Facebook rischia invece grosso. Se non cambia pelle. Dovesse accadere, comunque, non tutto il male viene per nuocere. Chi è noiosamente e ampollosamente affezionato ai “discorsi lunghi” potrà infatti tornare ai vecchi cari blog (ehehehe), ai forum, oppure alle nuove app come Telegram, società di messaggistica e canali in stile blog informativi che ha sede nel Regno Unito, ma che è stata fondata dall’imprenditore russo Pavel Durov. Con un cognome così direi che il rischio smembramento è quanto mai remoto.(Massimo Bordin, “Facebook verrà chiuso”, dal blog “Micidial” del 29 luglio 2019).Ci sono almeno 3 indizi che portano verso un’inaspettata chiusura del più grande social media del mondo. Il primo è quello di cui tutti parlano oggi: un ipermegamultone che si aggiunge alle rogne pregresse di Zuckerberg; ben presto la politica dovrà mettere mano alla faccenda con una manovra antitrust, anche e soprattutto in vista delle elezioni americane del 3 novembre. C’è chi, come business insider, scommette sulla chiusura di Facebook e parla di una operazione in grande stile che il governo post-Trump dovrà attuare. La vicenda di Cambridge Analytica è a tutti nota, e ora si è aggiunta solo l’indiscrezione per la cifra da pagare a seguito di violazione della privacy: cinque miliardi di dollari. La più elevata mai imposta dalla Federal Trade Commission contro un’azienda di tecnologia. Attenzione, non sarebbe certo la prima volta che accade qualcosa del genere ad un’azienda di grandi dimensioni. E penso alla compagnia petrolifera Standard Oil, fondata da Rockefeller nel 1870 e smembrata per decreto nel 1911 dall’antitrust americana.