Archivio del Tag ‘pena’
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Onore al coraggio della Siria, che resiste alla barbarie
L’opera di demonizzazione preventiva è sempre la stessa. La si ritrova, ugualmente modulata, su tutti i quotidiani e in tutte le trasmissioni televisive, di destra come di sinistra. In quanto totalitario, il sistema della manipolazione organizzata e dell’industria culturale occupa integralmente la destra, il centro e la sinistra. Il messaggio dev’essere uno solo, indiscutibile. Armi chimiche, armi di distruzione di massa, violazione dei diritti umani: con queste accuse, la Siria è oggi presentata mediaticamente come l’inferno in terra; per questa via, si prepara ideologicamente l’opinione pubblica alla necessità del bombardamento, naturalmente in nome dei diritti umani e della democrazia (la solita foglia di fico per occultare la natura imperialistica delle aggressioni statunitensi).
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Minori torturati dalla polizia, ma Israele vieta le indagini
Tortura? Non ci risulta. Per Israele, ufficialmente, non esiste. Neppure nel caso del giovane Mohammed Halabiyeh, arrestato all’età di 16 anni e letteralmente massacrato dagli agenti della Border Police, la polizia di frontiera. Gli hanno rotto una gamba, lo hanno seviziato e pestato proprio sull’arto fratturato, minacciandolo anche di abusi sessuali. Cinque giorni di calvario, poi l’ospedale. Una volta in corsia, i soldati responsabili dell’interrogatorio hanno continuato ad infierire su di lui: gli hanno tempestato il volto di pugni dopo avergli tappato la bocca per evitare che gridasse, e lo hanno percosso con una spranga di ferro. Ogni richiesta di aiuto è stata inutile, così come la denuncia presentata da “Addameer”, l’associazione che tutela il rispetto dei diritti umani dei prigionieri. Mohammed è stato scarcerato tre anni dopo, scontata la condanna inflittagli con l’accusa di aver lanciato una molotov.
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Galeano: spaventati e soli, il vero potere ci vuole così
Il lanciatore di scarpe iracheno, che scagliò le proprie calzature verso Bush, è stato condannato a tre anni di carcere. Non merita invece un’onorificenza? Chi è dunque il terrorista? Il lanciatore di scarpe o il suo bersaglio? Il serial killer che ha volutamente determinato la guerra in Iraq su un terreno di bugie massacrando una moltitudine d’individui, legalizzando e ordinando la tortura di altri, non è forse il vero terrorista? Il popolo di Atenco, in Messico, i Mapuche, indigeni del Cile, i Kekchies del Guatemala, i contadini senza terra in Brasile, tutti accusati del crimine di terrorismo per aver difeso i loro diritti e la loro terra, sono forse i colpevoli? Se la terra è sacra, anche se la legge non lo specifica, coloro che la difendono non sono altrettanto sacri?
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Sicurezza e rieducazione, in un carcere meno feroce
Ho partecipato a un incontro pubblico in un comune del pavese, il tema: sicurezza e rieducazione. Come se questo diritto e questo dovere inalienabili, fossero improvvisamente percepiti come ingannevoli, poli opposti che non debbono convergere, perché fondamenta di una architettura malamente consumata. Eppure si tratta di diritto e rovescio della stessa partita da giocare, insieme, e non del risultato di una informazione malata, di una incapacità comunicazionale, di una notizia moltiplicata per mille, un fucile imbracciato così male da essere puntato nel mucchio
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Gli ergastolani al Papa: siamo già morti, senza speranza
Santo Padre, siamo degli ergastolani, dei condannati a essere colpevoli e prigionieri per sempre, ergastolani con l’ergastolo ostativo ad ogni beneficio. Santo Padre, molti di noi sono in carcere da 20, 30 anni, altri di più, senza mai essere usciti un solo giorno, senza mai un giorno di permesso con la propria famiglia. Molti di noi sono entrati da ragazzi adolescenti e ora sono quarantenni destinati ad invecchiare in carcere, altri erano giovani padri e ora sono nonni con i capelli bianchi.
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Andraous: il popolo della galera e la giustizia ingiusta
Quante volte abbiamo scritto su quel perimetro deliberatamente dimenticato qual è il carcere, infinite volte ai silenzi assordanti sono seguiti sofismi e editti che sono rimasti lettera morta. Grosse fette della Società, delle Istituzioni, dei Governi, hanno speso parole e intenzioni, ma opere ben poche, se non quelle del redigere rapporti di morti sopravvenute e di utopie tutte a venire: nonostante le dimensioni di una disumanità ormai divenuta regola, di un moltiplicarsi tragico di suicidi, di autolesionismi, di miserie umane così profondamente deliranti. Senza più una professione di fede, neppure quella della strada.
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Uomini in cella, la giustizia e il coraggio della coscienza
Quando si parla di carcere, di pena, di giustizia, in ballo non c’è soltanto l’equità degli uomini, la democrazia di un paese, la capacità della società di non cadere nell’oblio delle assenze, dell’indifferenza. Il carcere è stracolmo di colpa, di dolore cieco, di corpi differenti, di linguaggi della memoria e delle relazioni ridotti all’ammasso. Quanto più forte è uno Stato, più forte è il diritto di indignarsi di quanti non vedono riconosciuti i propri diritti: fare giustizia significa sanare una ferita, una lacerazione, costringendo il dolore a trasformarsi nella sofferenza, nella scoperta di essere meno indifesi e impreparati se esiste la possibilità concreta di affidarsi agli altri, a quegli altri che siamo noi.
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Troppi in prigione, e per pochi giorni: follia inutile
«Questo carcere è né più né meno che una follia». Lo afferma il sociologo Luigi Manconi: tra il 2002 e il 2007, la percentuale di reclusi per non più di dieci giorni rappresenta oltre la metà di tutti coloro che passano attraverso il carcere. Un dato costante negli anni, non alterato dal recente indulto: oltre la metà degli imputati lasciano il carcere dopo esservi rimasti solo 10 giorni, e circa il 35% esce dopo 48 ore. «Serve altro – si domanda Manconi – per proclamare il fallimento totale dell’istituto della pena detentiva, specie quando è anticipata, nel nostro sistema di giustizia?».
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Violenze in carcere, serve un Garante dei detenuti
Rebibbia, Ucciardone, Castrogno, Regina Coeli. Carceri i cui nomi si conoscono bene, perché appartengono all’onomastica delle città. Ma delle quali, al di là del nome che portano e dall’aspetto un po’ tetro che trasmettono, si conosce ben poco. Il mondo dei penitenziari, del resto, è un’isola a parte da sempre. Con le sue regole, i codici non scritti, le sue gerarchie. Capita però che a volte qualcosa fuoriesca. E quasi sempre accade quando si parla di casi di violenza e, purtroppo, di morte.
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Orrore in cella, diritti sospesi: appello al Quirinale
Intervenga il presidente della Repubblica, «perché un Paese civile non può permettersi l’ennesimo caso di ’sospensione’ della democrazia». Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista, insieme al Pdci sollecita il Quirinale perché sia stabilita rapidamente la verità sul caso di Stefano Cucchi, il giovane romano morto dopo l’arresto per pochi grammi di droga. La famiglia, alla quale è stato impedito di vedere il ragazzo, ne ha scoperto all’obitorio il corpo martoriato dalle percosse subite. «Fino all’ultima goccia di sangue, fino all’ultima goccia di vita io e mia moglie ci batteremo perché si faccia chiarezza su mio figlio»
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No al reato di omofobia, Paola Concia tradita dalla Camera
L’omofobia non sarà un’aggravante nel caso di aggressioni contro persone omosessuali, come quelle che la cronaca non fa che proporre da mesi. La Camera ha bocciato il 13 ottobre il disegno di legge avanzato dalla deputata Paola Concia, del Pd, contro il quale hanno votato Udc, Pdl, Lega Nord e anche Paola Binetti, del Partito democratico. «Mi vergogno di far parte di questo Parlamento», ha commentato a caldo Paola Concia, da un anno al lavoro per ottenere un inasprimento delle pene contro le violenze omofobe. A bloccare il disegno di legge, la questione pregiudiziale avanzata dall’Udc, che ravvisa il carattere incostituzionale del provvedimento.