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Il vero motivo della morte di Carlo Giuliani al G8 di Genova
Non sparate a casaccio sulla polizia, si raccomanda Franco Gabrielli dalle pagine del “Manifesto”, ripercorrendo l’inferno del G8 di Genova rievocato dal “quotidiano comunista”, secondo cui «la credibilità della polizia è da ricostruire». A stretto giro, la risposta – durissima – del padre di Carlo Giuliani, affidata al blog “Contropiano” dopo che, scrive, il “Manifesto” ha rifiutato di pubblicargliela. La tesi del capo della polizia: c’erano anche i carabinieri, a Genova, insieme ad altri organi dello Stato; per questo non è giusto criminalizzare un’istituzione che, assicura Gabrielli, si è ampiamente emendata dai gravi errori commessi. Giuliano Giuliani concorda solo in parte: è oggi questore di Pesaro, scrive, il funzionario che a piazza Alimonda accusò un manifestante di aver ucciso suo figlio, «completando così l’indegna azione di un carabiniere che con una pietra ha spaccato la fronte di Carlo agonizzante». Paura e odio, furore, guerriglia: sotto i riflettori, per anni, gli attori di quella spaventosa pagina italiana, per la quale si è parlato di “sospensione della democrazia”. D’accordo, ma il movente? Perché trasformare Genova nel teatro di una carneficina? Lo spiega un ex dirigente della Nsa, Wayne Madsen. L’intelligence Usa, rivela, ha piegato le forze dell’ordine italiane a un disegno oscuro: quel sangue doveva servire a seppellire per sempre il movimento NoGlobal, di cui le multinazionali avevano il terrore, all’alba del nuovo millennio.Missione compiuta, si direbbe: dopo Seattle, Praga e altre fiammate, a Genova nel luglio del 2001 è stato letteralmente soppresso «il primo movimento di protesta, nella storia dell’Occidente, capace di mobilitarsi in modo disinteressato, cioè senza più difendere singole cause territoriali, nazionali o di categoria, ma schierandosi in modo permanente a tutela dei diritti dell’umanità, in ogni continente». Lasciata l’intelligence Usa (l’agenzia resa tristemente celebre dallo scandaloso “datagate” spionistico del governo Obama), Madsen è divenuto un fiero accusatore di un sistema manipolatorio che a Genova, dice, richiedeva un preciso tributo di sangue: la morte di Carlo Giuliani, la “macelleria messicana” dei ragazzi inermi nella scuola Diaz (col pretesto di bombe molotov introdotte dagli stessi agenti) e poi l’incubo delle torture inflitte ai “prigionieri” nella caserma di Bolzaneto. Tutta quella violenza barbarica sembra portare la stessa “firma” della mano segreta che, di lì a un paio di mesi, avrebbe pilotato l’immane attentato delle Torri Gemelle a New York, dando inizio alla “guerra infinita” contro il “terrorismo”. Un nome? Il massone “controiniziato” George W. Bush. Esponente, secondo Gioele Magaldi, della “Hathor Pentalpha”, definita “loggia del sangue e della vendetta”. La costola più nera e tenebrosa dell’élite globalista, formata da “signori della guerra” che «non hanno esitato a reclutare, tra i loro affiliati, prima Osama Bin Laden e poi Abu Bakr Al-Baghdadi».Da Al-Qaeda all’Isis, stesso copione (opaco) del terrore, scatenato contro civili, polizia e militari – ma non all’insaputa di precisi settori dell’intelligence. Prove? «Dispongo di 6.000 pagine di documenti», assicura Magaldi, autore del saggio “Massoni”. «Entro due anni certe carte verranno rese pubbliche», afferma Gianfranco Carpeoro, che ha firmato il volume “Dalla massoneria al terrorismo”, fornendo anche – insieme allo stesso Magaldi – un’accurata lettura della simbologia non certo islamica, ma “templare”, del recentissimo terrorismo targato Isis che ha insanguinato l’Europa a cominciare dalla Francia. Identico lo stile degli attentati: colpire nel mucchio, sparare sulla folla per terrorizzare tutti (e rendere accettabili le leggi d’emergenza, sul modello del Patriot Act statunitense disegnato per confiscare libertà e diritti). Genova? Una pietra miliare: il Rubicone varcato da un potere globalista “medievale”, neo-feudale, smisuratamente avido e bugiardo, estremamente feroce. Lo sostiene Madsen, intervistato da Franco Fracassi nel saggio “G8 Gate”. Una vera e propria confessione: «Mesi prima, per la tragica “riuscita” di quel G8 – dice – la Nsa mise a disposizione 1.500 funzionari, e a Genova (oltre alla polizia italiana) c’erano 700 agenti dell’Fbi».Nessuno lo sapeva, all’epoca, ma tutti videro lo stesso spettacolo: i reparti antisommossa si accanivano contro manifestanti inermi, ignorando deliberatamente i famosi “black bloc” spuntati dal nulla, liberi di devastare impunemente la città. I “neri” colpivano i loro obiettivi e poi si disperdevano rapidamente tra i vicoli. «E’ una tattica di guerriglia insegnata nelle scuole Nato: si chiama “swarming”», afferma – sempre nel libro di Fracassi – il generale dei paracadutisti Fabio Mini, già comandante della missione atlantica Kfor in Kosovo. «Esistono precise strutture – rivela Mini – in grado di far affluire in piena sicurezza centinaia di persone, da tutta Europa, senza il rischio di subire controlli alle frontiere, neppure dopo l’evento». Lo strascico del G8 di Genova è ancora fatto essenzialmente di rabbia e di dolore: le vittime denunciano omissioni e indulgenze, il nuovo capo della polizia (che ha preso le distanze da De Gennaro) giura che, oggi, simili episodi non potrebbero più ripetersi. Carlo Giuliani, intanto, a piazza Alimonda è morto. E la meccanica delle ricostruzioni difficilmente va oltre i dettagli del crimine. Una coltre di silenzio protegge ancora gli aspetti più decisivi: il movente e i mandanti.Per questo è importante la voce di un uomo come Madsen. «I mandanti sono le multinazionali – dice – che erano letteralmente terrorizzate dal crescente consenso di quei ragazzi: il movimento NoGlobal andava stroncato. E il loro uomo, Bush, ha semplicemente eseguito gli ordini». Com’era, il mondo, nel 2001? Stava molto meglio di adesso, secondo tutti gli indicatori. Archiviata la storica sfida con l’Urss, la guerra era praticamente assente. Anche per gli italiani, all’epoca, l’Unione Europea poteva sembrare un’istituzione amica. Si pagava ancora in lire: l’euro avrebbe iniziato a circolare solo l’anno seguente. In Afghanistan c’erano già i Talebani, ai quali si opponeva solo un leader laico e nazionalista come Ahmad Shah Massud: quando l’Alleanza del Nord entrò in azione, per prima cosa fu assassinato l’ingombrante Massud, autorevole interprete della sovranità afghana. Ucciso da un certo Hekmathyar, collegato ai servizi del Pakistan addestrati dalla Cia. «Il governo di Islamabad ha sostenuto Al-Qaeda in accordo con Bush», denunciò Benazir Bhutto, a sua volta assassinata nel 2007 per impedirle di vincere le elezioni e smascherare le trame che legavano Bush e Bin Laden al generale Musharraf, dittatore “americano” del Pakistan. Da anni, ormai, la “guerra infinita” era diventata la nuova normalità fondata su bombe e menzogne, fino all’attuale conflitto siriano.Un film dell’orrore, sostiene Madsen, grazie al quale nessuno si è più sognato di contestare frontalmente lo strapotere delle corporation e dell’oligarchia finanziaria, che in Europa è riuscita a ridurre alla fame un paese come la Grecia, senza più medicinali per i bambini, e a destituire con un golpe bianco il governo italiano democraticamente eletto. Si arrivò a insediare a Palazzo Chigi uno spettro come Mario Monti, cioè l’essere umano più lontano possibile dall’antropologia di una rockstar come Manu Chao, eroe del “social forum” che a Genova nel 2001 sognava una fratellanza universale capace di opporsi alle diseguaglianze create dalla rapina sistematica del mondo, quella che oggi spinge verso l’Europa milioni di migranti in fuga dalle loro economie sapientemente disastrate dal nostro apparato economico e politico, finanziario e militare. Un mondo migliore è possibile, recitava lo slogan dei ragazzi che guardavano al mito del “subcomandante” Marcos, esotico e mediatico custode di una biodiversità civile fondata sui diritti. Oggi, il dibattito pubblico è precipitato sotto terra, tra le rovine dell’Ue e della Bce: si parla al massimo di soldi, di Flat Tax e reddito di cittadinanza. Siamo caduti in basso? Il primo passo, sostiene Wayne Madsen, è stato il corpo esanime del militante che i grandi poteri economici, dai loro palazzi, volevano morto. E’ toccato a Carlo Giuliani. Forse, riletta così, può sembrare meno oscura la ragione (mostruosa) di quella fine così atroce.(Giorgio Cattaneo, “G8 Genova, il vero motivo della morte di Carlo Giuliani”, dal blog “Petali di Loto” del 17 aprile 2018).Non sparate a casaccio sulla polizia, si raccomanda Franco Gabrielli dalle pagine del “Manifesto”, ripercorrendo l’inferno del G8 di Genova rievocato dal “quotidiano comunista”, secondo cui «la credibilità della polizia è da ricostruire». A stretto giro, la risposta – durissima – del padre di Carlo Giuliani, affidata al blog “Contropiano” dopo che, scrive, il “Manifesto” ha rifiutato di pubblicargliela. La tesi del capo della polizia: c’erano anche i carabinieri, a Genova, insieme ad altri organi dello Stato; per questo non è giusto criminalizzare un’istituzione che, assicura Gabrielli, si è ampiamente emendata dai gravi errori commessi. Giuliano Giuliani concorda solo in parte: è oggi questore di Pesaro, scrive, il funzionario che a piazza Alimonda accusò un manifestante di aver ucciso suo figlio, «completando così l’indegna azione di un carabiniere che con una pietra ha spaccato la fronte di Carlo agonizzante». Paura e odio, furore, guerriglia: sotto i riflettori, per anni, gli attori di quella spaventosa pagina italiana, per la quale si è parlato di “sospensione della democrazia”. D’accordo, ma il movente? Perché trasformare Genova nel teatro di una carneficina? Lo spiega un ex dirigente della Nsa, Wayne Madsen. L’intelligence Usa, rivela, ha piegato le forze dell’ordine italiane a un disegno oscuro: quel sangue doveva servire a seppellire per sempre il movimento NoGlobal, di cui le multinazionali avevano il terrore, all’alba del nuovo millennio.
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Reddito di cittadinanza: è il piano (infernale) degli oligarchi
Mark Zuckerberg non ha bisogno di presentazioni: mister Facebook vale 64 miliardi di dollari. Altro paperone-prodigio: il sudafricano Elon Musk, patron di Tesla e Space-X. Cos’hanno in comune, a parte i giacimenti aurei? La fede nel reddito di cittadinanza. La pensano così anche l’americano Richard Branson della Virgin e il canadese Stewart Butterfield, l’inventore della banca-immagini Flickr e di Slack, applicazioni per messaggerie. Uomini d’oro e potenti oligarchi, improvvisamente anche umanitari: si stanno battendo a favore del reddito di base garantito, osserva Chris Hedges, a lungo corrispondente estero del “New York Times”. «Sembra che siano dei progressisti e che esprimano queste loro proposte con parole che parlano di morale, prendendosi cura degli indigenti e dei meno fortunati». Ma dietro questa facciata, scrive Hedges, c’è una cruda consapevolezza: soprattutto la Silicon Valley «vede un mondo – quello che questi oligarchi hanno contribuito a creare – tanto iniquo che i consumatori di domani, che dovranno sopportare la precarietà del lavoro, salari sotto i minimi, l’automazione e la schiavitù di un debito che blocca tutto, non saranno in condizione di spendere abbastanza per comprare i prodotti e i servizi offerti dalle grandi corporations».
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Grimaldi: droga, terrore e migranti, ecco il piano del potere
Tre sono le grandi operazioni con cui la cupola finanzcapitalista persegue nel terzo millennio il dominio totalitario politico, militare, economico e culturale sull’umanità. Lo Stato unico della sorveglianza e del controllo senza spiragli o crepe. Hanno tutte origine nel cosiddetto riflusso degli anni ’80 del Novecento, risposta all’onda insurrezionale del decennio precedente e prodromo dell’offensiva scatenata vent’anni dopo, a partire dalla “normalizzazione-passivizzazione” delle coscienze e dei saperi con gli strumenti hi-tech degli apprendisti stregoni di Silicon Valley. La diffusione della droga per la guerra alla droga; la diffusione del terrorismo per la guerra al terrorismo; la migrazione di massa finalizzata a un unico superstato che persegue la distruzione di ogni statualità attraverso la creazione di masse, estratte dal proprio contesto storico, omologate dall’abbandono, dalla disperazione, dalla perdita di anima e nome collettivi e da un destino di subalternità irrimediabile. Strategia di distruzione dei diritti umani (intesi come libertà, riservatezza, lavoro, autonomia, rapporti sociali), se va bene sostituiti da diritti detti civili (per lo più intesi come superamento di quelli biologici) e dal diritto di muovere guerra e distruzione a chi si pretende di accusare di violazione dei diritti umani.
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Pallante: come salvarci dalla catastrofe globale della crescita
Così tenero, che si taglia con un grissino. Peccato che non si sia mai visto, in natura, un pesce che abbia la consistenza del budino. Eppure ha funzionato, la celebre pubblicità del tonno, perché viviamo in un mondo virtuale, inventato di sana pianta, plasmato da un pensiero “magico”: non valgono più le regole dell’universo, ma quelle fabbricate dalla neolingua della manipolazione. Lo sostiene Gianfranco Carpeoro, autore di saggi come “Summa Symbolica”. La tesi: il 90% delle nostre azioni è sapientemente pilotato, a nostra insaputa. In altri termini, lo dimostra anche Maurizio Pallante, teorico italiano della decrescita: il linguaggio comune trasforma i difetti in virtù, presenta i problemi come soluzioni. E’ un inganno, un trucco al quale abbocchiamo regolarmente, quando pensiamo che sia desiderabile (magari perché “si taglia con un grissino”) il cosiddetto “sviluppo sostenibile”. Un ossimoro: se lo sviluppo non è fisiologico – cioè a termine, come quello di un bambino o di una pianta – è qualcosa che fa male, che sega il ramo sul quale stiamo appollaiati. La parola “sviluppo” è diventata surreale, come il celebre tonno. E’ ormai sinonimo di crescita illimitata, innaturale, cancerogena. Abbellirla con l’ipocrita aggettivo “sostenibile” significa solo prolungare il decorso del male: morte lenta.L’unica terapia? Fermare la crescita tumorale delle merci. Serve qualcosa di enorme, paragonabile alla Rivoluzione Industriale, ma di segno opposto. Valori da capovolgere: il “tanto-avere” è il grande nemico del “ben-essere”. Nel suo ultimo saggio, che definisce “un manifesto politico e culturale”, Pallante denuncia il capitalismo industriale degli ultimi 250 anni. Una forza tellurica eversiva, segnalata da Marx come pericolo: se prima il denaro era solo un mezzo per scambiare merci, è diventato l’unico fine dell’intero ciclo economico. E’ Keynes, nel 1931, il primo a parlare di “disoccupazione tecnologica”: scopriamo sempre nuovi sistemi per «risparmiare forza lavoro», senza riuscire a ricollocarla. Succede perché siamo avidi, dice Pallante: riducendo l’orario di lavoro, l’innovazione di processo non comprometterebbe l’occupazione. Al contrario: sarebbero le macchine a lavorare per noi. Il guaio? Il nostro obiettivo non è vivere bene, in armonia con gli altri e con il pianeta. Vogliamo solo avere tanti soldi, costi quel che costi. Alle conseguenze, semplicemente, non pensiamo: la guerra sociale, la predazione globale delle risorse, il collasso della biosfera. Il paziente è grave: consuma più di quanto la Terra possa dargli. Ogni anno la “deadline” si accorcia: prima del Duemila la linea rossa veniva superata a ottobre, poi a settembre. Ora siamo “in riserva”, ogni anno, già dal mese di luglio.Non ci vuole un indovino per intuire che di questo passo andremo a sbattere. L’emissione di anidride carbonica non smaltibile dalla fotosintesi vegetale è quasi raddoppiata, sugli oceani galleggiano “continenti” di plastica, il pesce s’è dimezzato, il clima terrestre sta per raggiungere i 2 gradi sopra la soglia di sicurezza. E non abbiamo ancora visto niente: si calcola che interi paesi, come il Bangladesh, saranno sommersi. Noi che facciamo? Niente. Anzi, peggio: acceleriamo la corsa verso lo schianto. La globalizzazione violenta del mercato, dice Pallante, riproduce su scala mondiale quanto avvenne con la Rivoluzione Industriale: masse ingenti di contadini e artigiani sradicate dai loro territori e trasformate in folle di profughi economici. Obiettivo: accrescere la platea dei consumatori di merci superflue. Esaurite le capacità dell’Occidente, si punta al resto del mondo. Interi continenti da depredare di materie prime a basso costo, attraverso guerre coloniali permanenti. Decine di paesi devastati, dai quali non resta che scappare. Il sistema li accoglie a braccia aperte, i migranti che ha messo in fuga: diventeranno nuovi consumatori e contribuenti, in termini di tasse e versamenti pensionistici, senza contare il loro sfruttamento schiavistico e il business criminale che specula sull’accoglienza, mortificando la solidarietà di migliaia di volontari.Proprio la mano tesa, offerta ai rifugiati, rivela che la vittoria del mostro (da noi stessi alimentato ogni giorno) non è ancora definitiva. Sopravvivono religioni, cresce a vista d’occhio la fame di spiritualità. In modo spesso confuso, si va in cerca di valori. «Nelle società che hanno finalizzato l’economia alla crescita della produzione di merci e appiattito gli esseri umani sulla dimensione materialistica – scrive Pallante – la valorizzazione della dimensione spirituale è un atto di disobbedienza civile». Consente di recuperare la solidarierà «non solo tra gli esseri umani, ma tra tutti i viventi», e arricchisce la pulsione all’uguaglianza di un profilo anche esistenziale. Cosa manca? Una politica, capace di aggregare milioni di individui per invertire il corso degli eventi, scongiurando la catastrofe. Destra e sinistra? Un lungo equivoco. E’ lo stesso Hayek, nume tutelare dei criminali architetti dell’austerity europea, a chiarire che il liberalismo non è stato conservatore, ma rivoluzionario. La sinistra ha arrancato dietro al capitale, cercando solo di distribuirne i profitti in modo più largo. Ma, secondo Pallante, persino l’ossigeno del deficit teorizzato da Keynes è controproducente: siamo al punto in cui – come predetto dal Club di Roma, cioè dal Mit di Boston – ogni espansione dei consumi ci accorcerebbe ulteriormente la vita.Come se ne esce? In un solo modo: tagliando il Pil. Decrescita infelice? No: selettiva. Nel mirino, gli sprechi. Non la barzelletta delle auto blu, ma cifre spaventose, che valgono intere finanziarie: la sola riconversione ecologica degli edifici farebbe crollare di 2/3 la spesa energetica nazionale, creando un oceano di posti di lavoro (utili) e abbattendo in modo vertiginoso l’impatto ambientale. Nel gelido Nord Europa c’è chi vive in “case passive” tecnologicamente avanzate, senza riscaldamento convenzionale, a emissioni zero. Noi invece siamo ancora impelagati nelle guerre geopolitiche per i gasdotti, come se vivessimo all’inizio del ‘900. Le ultime elezioni italiane hanno rottamato la vecchia politica e in particolare la sinistra? Ovvio: proprio la sinistra ha abbandonato i territori che storicamente si era candidata a tutelare. In ordine sparso, si va organizzando localmente un arcipelago di comunità fondate sulle filiere corte, ancora senza rappresentanza istituzionale. Riuscirà a nascere un partito che punti alla sostenibilità dell’economia, anziché all’impossibile “sviluppo sostenibile”? Matematica: benché “sostenibile”, cioè con minor impatto immediato sull’ecosistema, qualsisasi “sviluppo” (crescita illimitata) diventa comunque insostenibile alla distanza, perché farà crescere consumi superflui e veleni.«E’ l’equivoco delle rinnovabili: sono meno impattanti oggi, ma quell’energia “verde” aggraverà il bilancio ecologico domani, se ci sarà ancora “sviluppo”». L’alternativa? Vivere benissimo e diventare tutti ricchissimi: non per forza di denaro, ma di beni (prodotti con “valore d’uso”, anziché merci “usa e getta”). Nel suo libro – densamente argomentato e documentato, numeri alla mano – Pallante ammette che il suo pensiero è necessariamente eretico, di fronte al non-pensiero del “mercato”. «La decrescita selettiva degli sprechi – insiste – è l’unica via d’uscita a una crisi che da troppo tempo genera problemi al sistema economico e sofferenze umane gravissime». Mentre la disoccupazione ci devasta, nessuno mette in cantiere le attività utili, quelle adatte ad affrontare la crisi sociale e l’emergenza ambientale. «Una società che non fa lavorare chi vorrebbe farlo e non commissiona i lavori più necessari, che ripagherebbero i loro costi con i risparmi che consentono di ottenere, è profondamente malata. E la sua malattia è causata dalla diffusione dell’idea assurda che lo scopo dell’economia sia la crescita del Pil. Prima ce ne liberiamo e meglio sarà».Inutile spiegarlo agli oligopolisti del denaro, i ras della finanza che stanno schiantando il pianeta alla velocità della luce. Dovranno essere i molti, non i pochi, a disertare dall’esercito del Pil, additando questo “sviluppo” come il vero nemico di un’umanità ancora intenzionata ad abitare la Terra. E’ in arrivo un cataclisma definitivo o sarà ancora possibile metter mano al nostro destino, fermando la corsa verso il baratro? Dipende da noi, secondo Pallante, che intanto propone di uscire dal grande imbroglio della fiction mainstream. Svegliarsi: rottamare il culto di vocaboli-totem come progresso, modernità e innovazione. Continuare a scambiarli per sinonimi di miglioramento, sostiene, significa restare prigionieri di un inganno saguinoso, ormai esiziale per le sorti della società e del pianeta. Tornare all’antico? Al contrario: «Occorre utilizzare l’enorme patrimonio scientifico e tecnologico delle società industriali», non più per incrementare la produttività e la produzione di merci, ma «per sviluppare le tecnologie che aumentano l’efficienza con cui le risorse della Terra vengono trasformate in beni». Raffinate tecnologie, che riducono gli sprechi, tagliano le emissioni e recuperano i rifiuti.Oggi, insiste Pallante, difendere la democrazia significa affrontare i problemi creati dalla gobalizzazione: «Occorre porre al centro della politica economica l’autosufficienza alimentare ed energetica». Filiere corte, dall’energia al cibo. Parola d’ordine: «Rilocalizzare tutte le attivitù produttive che rispondono ai bisogni fondamentali della vita e possono essere svolte più vantaggiosamente a livello nazionale che a livello globale». Settori d’impiego teoricamente infiniti: basterebbe «ristrutturare ecologicamente il patrimonio edilizio, rinaturalizzare il paesaggio, ripulire i fiumi, rifare le reti idriche che perdono mediamente il 65% dell’acqua». Solo così, conclude Pallante, si può rianimare l’economia creando lavoro “utile”, che risana l’ecosistema. Serve un nuovo umanesimo, un patto tra comunità consapevoli: «Occorre ridare slancio alla convinzione che il lavoro di ognuno può contribuire in maniera determinante al benessere di tutti», restituendo un futuro ai giovani e alle generazioni a venire. Utopia? Sì, necessaria e urgente. Non c’è più tempo per i sogni, serve una politica operativa basata su un paradigma opposto a quello della crescita, cieca e suicida. Anche perché l’alternativa è già scritta: siamo noi, il famoso tonno da tagliare con un grissino.(Il libro: Maurizio Pallante, “Sostenibilità equità solidarietà”, sottotitolo “Un manifesto politico e culturale”, Lindau, 185 pagine, 16 euro).Così tenero, che si taglia con un grissino. Peccato che non si sia mai visto, in natura, un pesce che abbia la consistenza del budino. Eppure ha funzionato, la celebre pubblicità del tonno, perché viviamo in un mondo virtuale, inventato di sana pianta, plasmato da un pensiero “magico”: non valgono più le regole dell’universo, ma quelle fabbricate dalla neolingua della manipolazione. Lo sostiene Gianfranco Carpeoro, autore di saggi come “Summa Symbolica”. La tesi: il 90% delle nostre azioni è sapientemente pilotato, a nostra insaputa. In altri termini, lo dimostra anche Maurizio Pallante, teorico italiano della decrescita: il linguaggio comune trasforma i difetti in virtù, presenta i problemi come soluzioni. E’ un inganno, un trucco al quale abbocchiamo regolarmente, quando pensiamo che sia desiderabile (magari perché “si taglia con un grissino”) il cosiddetto “sviluppo sostenibile”. Un ossimoro: se lo sviluppo non è fisiologico – cioè a termine, come quello di un bambino o di una pianta – è qualcosa che fa male, che sega il ramo sul quale stiamo appollaiati. La parola “sviluppo” è diventata surreale, come il celebre tonno. E’ ormai sinonimo di crescita illimitata, innaturale, cancerogena. Abbellirla con l’ipocrita aggettivo “sostenibile” significa solo prolungare il decorso del male: morte lenta.
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Il vero guaio dei 5 Stelle? Il programma: sciatto e destrorso
«Io non mi fido di me stesso. Non ho mai fatto nessuna scorrettezza nelle rare occasioni in cui ho gestito briciole infinitesimali di denaro dello Stato (questo posso dirlo con serenità). Ma come mi comporterei di fronte a una tangente di decine di milioni? Spero che saprei resistere, ma come posso saperlo di sicuro?». La sincerità, innanzitutto: perché presentarsi come i “superman dell’onestà”, per poi rischiare la figuraccia di fronte allo scivolone della prima mela marcia? Da Aldo Giannuli, un consiglio ai 5 Stelle: meno ciance su aspetti davvero irrilevanti della politica, e più impegno sulla sostanza. Ovvero: il programma, «sciatto e destrorso» e le liste «da incubo». Una sonora lezione, quella dello scandalo dei mancati versamenti, che in realtà non sono un reato: nessuna appropriazione indebita di denaro pubblico. Certo, «c’è l’aspetto sgradevolissimo del bonifico poi revocato, fatto solo per esibire la fotocopia, che denota un animus incline alla frode». Un sotterfugio, che però tradisce solo «una regola interna al movimento, non una legge dello Stato». Che poi la stragrande maggioranza dei grillini siano stati ai patti, ai giornali non interessa: «Quel che conta è poter dire che sono tutti uguali: perché, se tutti sono colpevoli, nessuno è colpevole. “Così fan tutti”. Il che è come mettere sullo stesso piano un ragazzino che ha falsificato la firma del padre su una giustificazione e quello che ha fatto una rapina in banca con il mitra».E a proposito di banche: «Il Pd non penserà di risolvere tutto scaricando su Bankitalia e Consob, vero? Certo è che se i guai giudiziari dei renziani fossero come la questione dei rimborsi dei 5 Stelle, si bacerebbero i gomiti», scrive Giannuli nel suo bog. « Ma questo ceffone in pieno viso, i pentastellati se lo meritano e può fargli bene: così magari imparano che fare la giusta battaglia per l’onestà nella gestione del denaro pubblico non significa fare questa grottesca esibizione di onestà per cui “noi siamo i più onesti del reame e gli altri sono tutti merde”. Anche perché, sin qui non hanno avuto occasione di governare e non sappiamo come si comporterebbero». Non ci indurre in tentazione, recita la preghiera: «La melma della corruzione non si risolve promuovendo un ceto politico sedicente più onesto, ma evitando che si formino troppe tentazioni». E questo «lo si fa con i controlli preventivi». I 5 Stelle? «Hanno mostrato di essere inadeguati: hanno gonfiato i petti in una grottesca esibizione di onestà, di spirito francescano, di eroico senso del sacrificio, ma non hanno proposto niente di efficace nel contrasto alla corruzione». Un appello diretto: «Cari amici, non è necessario che siate perfetti, ci basta che siate umani e mediamente corretti, che di questi tempi è già molto».Qualcuno li ha voluti colpire, alla vigilia delle elezioni: ovvio. «Però, cari amici, ve la siete andata a cercare», scrive Giannuli. «I controlli che Di Maio va facendo ora andavano fatti a suo tempo e, al massimo, un mese prima di fare le liste. E’ da imbecilli matricolati non aspettarsi che gli altri stiano con il fucile spianato per beccarti». Per fortuna, aggiunge il politologo, «la gente ha una sua intelligenza e non credo che questa vicenda peserà più di tanto sul risultato elettorale». Non è questo irritante episodio che danneggerà granché il M5S, quanto «altre cose più serie come il programma sciatto e destrorso, le liste da incubo che hanno fatto dopo aver promesso il “controllo di qualità” (e meno male che hanno fatto questo controllo, perché sennò ci trovavamo Messina Denaro in lista!)». E poi, aggiunge Giannuli, c’è da capire «che impatto avrà la freddezza di Grillo, la rinuncia di Di Battista, il mutamento del simbolo, la pessima e illegittima riforma statutaria, la scissione di Borrelli e le critiche di Colomban». Si vedrà il 5 marzo. «Per ora, il M5S ha il problema di “uscire vivo” da questa campagna elettorale (cioè non scendere sotto il 25%)». Poi, dopo le elezioni, «occorrerà aprire una profonda riflessione su tutto: leadership, modello organizzativo, linea politica, stile di lavoro».«Io non mi fido di me stesso. Non ho mai fatto nessuna scorrettezza nelle rare occasioni in cui ho gestito briciole infinitesimali di denaro dello Stato (questo posso dirlo con serenità). Ma come mi comporterei di fronte a una tangente di decine di milioni? Spero che saprei resistere, ma come posso saperlo di sicuro?». La sincerità, innanzitutto: perché presentarsi come i “superman dell’onestà”, per poi rischiare la figuraccia di fronte allo scivolone della prima mela marcia? Da Aldo Giannuli, un consiglio ai 5 Stelle: meno ciance su aspetti davvero irrilevanti della politica, e più impegno sulla sostanza. Ovvero: il programma, «sciatto e destrorso» e le liste «da incubo». Una sonora lezione, quella dello scandalo dei mancati versamenti, che in realtà non sono un reato: nessuna appropriazione indebita di denaro pubblico. Certo, «c’è l’aspetto sgradevolissimo del bonifico poi revocato, fatto solo per esibire la fotocopia, che denota un animus incline alla frode». Un sotterfugio, che però tradisce solo «una regola interna al movimento, non una legge dello Stato». Che poi la stragrande maggioranza dei grillini siano stati ai patti, ai giornali non interessa: «Quel che conta è poter dire che sono tutti uguali: perché, se tutti sono colpevoli, nessuno è colpevole. “Così fan tutti”. Il che è come mettere sullo stesso piano un ragazzino che ha falsificato la firma del padre su una giustificazione e quello che ha fatto una rapina in banca con il mitra».
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Cliniche della morte: false diagnosi, per testimoni scomodi
Incidenti stradali, rapine finite male, pallottole vaganti. Oppure decessi archiviati sotto la voce “suicidio”. O ancora: infarti fulminei e complicazioni post-operatorie. Ovvero: “Come uccidere un uomo senza lasciare traccia”. Fino alla perversione più inimmaginabile: medici che uccidono su commissione, all’interno di “cliniche della morte”. Spesso, in questo modo, spariscono testimoni-chiave: poco prima di essere ascoltati dai Pm o prima dell’audizione a qualche commissione parlamentare d’inchiesta. «Il risultato di queste morti improvvise è sempre stata la mancata individuazione di mandanti e autori dei vari delitti o stragi», scrive Paolo Franceschetti. Non si tratta di fantasie: ne parla anche Paolo Muratori nella sua “Enciclopedia dello spionaggio”, pubblicata nel ‘93 dalle Edizioni Attualità del Parlamento (“Servizi segreti, spie, terroristi e dintorni”, prefazione di Flaminio Piccoli e postfazione di Alberto Fumi). «In alcuni casi i lettori sono sembrati un po’ scettici quando abbiamo avanzato dubbi su alcune morti, soprattutto quando il referto autoptico confermava magari l’infarto o il cancro», premette Franceschetti, avvocato per molti anni e docente di materie giuridiche. Già legale delle “Bestie di Satana” Franceschetti ha indagato su alcuni tra i più oscuri misteri italiani, dal Mostro di Firenze alla strage di Erba, dal giallo di Cogne a quello di Avetrana, passando per l’omicidio di Meredith Kercher, la ragazza inglese assassinata a Perugia, e quello di Yara Gambirasio. Delitti rituali?E’ la tesi sviluppata da Franceschetti, attraverso anni di riscontri e accurate analisi: «Spesso gli investigatori non prendono neppure in esame la pista esoterica, perché non ne conoscono il linguaggio». Ovvero: «Esistono circoli occultistici che attribuiscono un valore magico a determinati delitti, che infatti sono disseminati di indizi fortemente simbolici». Spesso, secondo Franceschetti, gli inquirenti vengono depistati «da qualcuno che sta al di sopra di loro, nelle istituzioni, e di fatto “copre” gli autori di certi delitti». Magari facendo anche sparire i testimoni? Nella sua enciclopedia, Muratori – allora presidente dell’Ircs, Istituto Ricerche Comunicazioni Sociali – spiega come si può uccidere una persona facendo credere che sia deceduta per cause naturali. «E’ appena il caso di sottolineare come i metodi elencati siano stati resi pubblici nel 1993 e quindi, con buona probabilità, già all’epoca superati da tecniche molto più sofisticate e ancora sconosciute (altrimenti non li avrebbero pubblicati)», premette Franceschetti, sul blog “Petali di Loto”. Esistono killer che non sparano e non spargono sangue: utilizzano la chimica. Per esempio l’acido cianidrico, comunemente detto acido prussico, usato nell’industria come innocuo disinfettante gassoso: «Sostanza letale ad effetto rapido e sicuro», viene usata «da agenti dei servizi segreti militari per assassinare i nemici».Poi c’è l’acido ossalico: impiegato nell’analisi chimica, come sbiancante nell’industria della stampa e nella produzione di tinture, detersivi, carta e gomma. «Anche questo usato come sostanza letale da agenti di certi servizi segreti militari per assassinare i nemici», scrive Muratori nel suo trattato enciclopedico. Non mancano le “cellule cancerogene vive”, somministrate «con iniezioni» da agenti di alcuni servizi militari per assassinare avversari e agenti nemici. «Il reperimento delle cellule cancerogene vive avviene, clandestinamente, nelle facoltà universitarie di medicina e in certi laboratori che le tengono di scorta per gli scienziati impegnati nella ricerca sulla cura del cancro», scrive Muratori. «Se una persona muore di cancro, come sospettare che sia stata uccisa?». E’ invece chiamata “cianuro” «un’arma di alluminio, con silenziatore, azionata da una pila da 1,5 volt: spara proiettili formati da piccole fiale, contenenti un veleno a base di cianuro che, dopo 5 minuti, non lascia alcuna traccia nell’organismo umano». E’ formata da tre cilindri, l’uno dentro l’altro: «Il primo cilindro contiene una molla e un pistone. La molla mossa da una leva spinge il pistone nel secondo cilindro. A quel momento la fialetta contenente il liquido si spezza ed il veleno è spruzzato verso il volto del nemico».La morte per “cianuro” sopravviene in pochi istanti. E quando il medico effettuarà l’autopsia, non potrà fare altro che constatare l’arresto del cuore: scontata la diagnosi, “crisi cardiaca”. Infine, il tallio: «Sostanza priva di sapore, ad effetto lento sul sistema nervoso, viene usata dalle spie per avvelenare gli agenti nemici e i traditori». Ma ancora non basta. Se queste tecniche sono state rese note nel 1993 e, quindi venivano probabilmente utilizzate nei decenni precedenti, c’è un’altra tecnica, ancora più incredibile: diagnosi infauste, ma false, per convincere la vittima di essere “condannata” da un tumore. Facile, poi, ucciderla, inserendo veleni nei liquidi chemioterapici. Una prassi allucinante, che Franceschetti ha scoperto negli atti della commissione parlamentare d’inchiesta su terrorismo e stragi, presieduta dal senatore Pci-Pds Giovanni Pellegrino. A parlare, nel 2000, non è un teste qualsiasi: si tratta dell’ex questore Arrigo Molinari, che poi sarà ucciso nella notte del 27 settembre 2005 con dieci coltellate infertegli nella sua casa di Andora (Savona). Molinari, ricorda “Repubblica”, era stato vicequestore vicario di Genova e questore di Nuoro. «Coinvolto nello scandalo della P2, era stato sospeso dal servizio e poi reintegrato. Affermava con orgoglio di aver fatto parte di Gladio».Arrigo Molinari si era anche occupato della strana morte di Luigi Tenco: commissario a Sanremo, quel giorno del ‘67 fu il primo a entrare nella stanza del cantante. «Su tutto quello che è accaduto nelle ore successive alla scoperta del suo cadavere – disse – non è stata ancora scritta tutta la verità». Da avvocato, aggiunge “Repubblica”, negli ultimi anni Molinari si era impegnato contro il fenomeno dell’anatocismo bancario: «In seguito a un suo esposto per conto di un cliente, la procura della Repubblica di Imperia aveva aperto un’inchiesta per usura aggravata indagando sei ex direttori della filiale di Imperia di un istituto di credito che si sono succeduti dal 1982 al 2000». La morte, scrive Franceschetti, lo ha colto «proprio pochi giorni prima della prima udienza della causa per signoraggio che aveva intentato contro la Banca d’Italia». Più volte nei mesi precedenti alla morte, Molinari aveva denunciato «tentativi, da parte di “sconosciuti”, di inseguimenti e pedinamenti nei suoi confronti e dei suoi familiari». In più, «fu soggetto di vari tentativi di sabotaggio da parte di non meglio identificati “individui” nei confronti della sua autovettura: cercarono di manomettere i freni». Un uomo nel mirino, dunque, quello assassinato in Liguria: una coltellata l’ha colpita al collo lateralmente, ricorda “Repubblica”, «come se si volesse sgozzarlo».Cinque anni prima, il 18 ottobre del 2000, Molinari risponde alle domande della commissione stragi, giunta alla sua 74esima seduta. E racconta: «Prima del 1978, a San Martino o nei pressi di San Martino, venne istituito un centro diagnostico (che adesso è presente in tutte le città d’Italia, in tutti gli ospedali), il cosiddetto Tac. Il primo di questi impianti ad essere installato in Italia. Ad installare questo impianto fu fittiziamente Rosati, che aveva la gestione di questa Tac. Ma in realtà la Tac era una struttura della P2 che doveva servire…». Pellegrino lo interrompe: «Mi scusi, avvocato Molinari: lei sta parlando della “tomografia assiale computerizzata”, cioè un modo di indagine radiografica. La P2 quindi importava per prima questo tipo di macchinario?». Molinari conferma: «Come la P2 frequentava la pellicceria di Pavia “Annabella”, gestiva anche questa struttura, perché doveva utilizzarla, non (come ha ritenuto la magistratura) per compiere truffe alla Regione, ma per avere uno strumento, e avere in mano tutti i medici di San Martino e d’Italia che dovevano servirsi di esso quando avevano dei malati da curare».Non è tutto: «Quando capitava qualche politico o qualcuno che volevano disturbare o molestare, o che sapevano che stava poco bene, effettuavano anche una diagnosi falsa, dicendo che aveva un tumore. I malati poi, magari, si recavano in Inghilterra e scoprivano che il tumore non esisteva. Per cui questa Tac era una struttura della P2, non di Rosati; lo si sapeva, lo sapevano praticamente tutti. La P2 doveva impadronirsi della presidenza della facoltà di medicina; al riguardo c’è una mia relazione». Secondo le dichiarazioni di Molinari, riassume Franceschetti, la Loggia P2, nel 1978, grazie alla complicità di medici “fratelli”, usava le strumentazioni ospedaliere «per diagnosticare falsi tumori a persone “scomode”». Dopo, «eliminarli doveva essere facile, avvelenandoli con iniezioni che venivano fatte passare per cura. Geniale». Ma la cosa più strana, per Franceschetti, è stata la reazione della commissione a una dichiarazione così atroce: nessuna. «Se scaricate l’audizione completa, che è disponibile sul web, potrete notare come la dichiarazione di Molinari non abbia fatto sobbalzare nessuno, e come la commissione abbia preferito proseguire con altro discorso. O erano molto distratti, o non hanno capito la gravità di quanto veniva affermato, o, probabilmente, la cosa era già nota».Certo, questa tecnica richiede tempo: quindi, se il personaggio scomodo deve essere eliminato velocemente, si può sempre ricorrere ai metodi “tradizionali” elencati nell’encliclopedia di Muratori. E la mente, aggiunge Franceschetti, non può che tornare al generale dei carabinieri Giorgio Manes, morto per “arresto cardiaco” pochi minuti prima di deporre davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta sullo scandalo del Sifar – Piano Solo. O ancora al colonnello Umberto Bonaventura, dirigente del Sismi (controspionaggio, terrorismo internazionale e criminalità organizzata transnazionale), «un personaggio-chiave nel caso del dossier Mitrokhin: per primo aveva materialmente ricevuto il dossier, quindi più di altri poteva attestarne l’autenticità». Bonaventura? Morto anche lui “per infarto” «pochi giorni prima della sua audizione davanti alla commissione parlamentare chiamata ad indagare sul dossier». Franceschetti ricorda anche il colonnello Stefano Giovannone, «iscritto ai Cavalieri di Malta». Capocentro del Sismi a Beirut dal 1972 al 1981, poi «arrestato nel corso dell’indagine per il traffico di armi tra Olp e Br», è deceduto “per morte naturale” mentre era agli arresti domiciliari.Nella lista delle morti teoricamente sospette, Franceschetti include anche quella dell’ingegner Giorgio Mazzini, capo dei vigili del fuoco di Torino, morto nel palazzo di giustizia «dove si era recato per incontrare i magistrati che si occupavano del rogo alla ThyssenKrupp». Certo, ammette Franceschetti, i sistemi di eliminazione qui riportati sono vecchi di decenni: «Oggi la scienza e la tecnica hanno fatto passi da gigante in tutti i sensi: anche in quelli, purtroppo, deputati ad uccidere un uomo senza lasciare traccia». Come regolarsi? Coltivare il sospetto è più che lecito, sostiene il giurista: «Quando le morti sono troppo tempestive, qualche domanda in più ce la si deve poter porre, senza per forza essere immediatamente tacciati per dietrologi». Quanto alla magistratura, «farebbe bene ad indagare un po’ più a fondo, senza archiviare troppo velocemente una morte solo perché sul referto autoptico c’è scritto: “cause naturali”». Magari si tratta di testimoni che potrebbero svelare retroscena imbarazzanti, per il potere. Per questo, scrive Muratori nella sua enciclopedia, non restano mai senza lavoro quei killer invisibili, così abili nell’arte di non lasciare tracce.Incidenti stradali, rapine finite male, pallottole vaganti. Oppure decessi archiviati sotto la voce “suicidio”. O ancora: infarti fulminei e complicazioni post-operatorie. Ovvero: “Come uccidere un uomo senza lasciare traccia”. Fino alla perversione più inimmaginabile: medici che uccidono su commissione, all’interno di “cliniche della morte”. Spesso, in questo modo, spariscono testimoni-chiave: poco prima di essere ascoltati dai Pm o prima dell’audizione a qualche commissione parlamentare d’inchiesta. «Il risultato di queste morti improvvise è sempre stata la mancata individuazione di mandanti e autori dei vari delitti o stragi», scrive Solange Manfredi. Non si tratta di fantasie: ne parla anche Paolo Muratori nella sua “Enciclopedia dello spionaggio”, pubblicata nel ‘93 dalle Edizioni Attualità del Parlamento (“Servizi segreti, spie, terroristi e dintorni”, prefazione di Flaminio Piccoli e postfazione di Alberto Fumi). «In alcuni casi i lettori sono sembrati un po’ scettici quando abbiamo avanzato dubbi su alcune morti, soprattutto quando il referto autoptico confermava magari l’infarto o il cancro», premette Manfredi sul sito di Paolo Franceschetti, avvocato per molti anni e docente di materie giuridiche. Già legale delle “Bestie di Satana” Franceschetti ha indagato su alcuni tra i più oscuri misteri italiani, dal Mostro di Firenze alla strage di Erba, dal giallo di Cogne a quello di Avetrana, passando per l’omicidio di Meredith Kercher, la ragazza inglese assassinata a Perugia, e quello di Yara Gambirasio. Delitti rituali?
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Strillo, dunque esisto. La Boldrini? Fa rimpiangere Andreotti
La notizia, in questa Italia in coma farmacologico? E’ che Laura Boldrini faccia ancora notizia. «Quando leggo che tutto il mondo giornalistico e della cultura di sinistra si scandalizza per il fotomontaggio della Boldrini con la testa insaguinata, mi viene da rimpiangere Andreotti, la sua intelligenza, la sua autoironia», scrive Federica Francesconi sulla sua pagina Facebook. “Tolleranti, ma con le proprie idee. Democratici sì, ma senza il popolo”. Sul blog del Movimento Roosevelt, redatto da Vincenzo Bellisario, la presidente della Camera compare, in un’immagine, in compagnia di Emma Bonino e Roberto Saviano. La dicitura: “Antifascisti, con il bastone in mano. Progressisti, sulla pelle degli altri. Antirazzisti, nei campi di pomodori”. Paolo Barnard cita il discorso pronunciato da Thomas Mann all’università di Princeton nel ‘42: «Una linea diretta unisce la follia della miseria tedesca, durante Weimar: i milioni che furono allora rapinati dei loro stipendi e risparmi, divennero le masse su cui lavorò Goebbels». Aggiunge, Barnard: «Scrissi in tempi non sospetti che il Politically Correct dei Centrosinistra Internazionali ci stava riportando il Terzo Reich e la Fallocrazia violenta». Cosa lega il cecchino (virtuale) che si diverte a mandare al patibolo la Boldrini con il folle che a Macerata spara (davvero) sui migranti nigeriani? «Fra Luca Traini e il produttore delle donne-robot da stuprare, ovvero la TrueCompanion.com – scrive Barnard – c’è una linea diretta che si chiama il Politically Correct».La verità, agginge Barnard, è che i media “politically correct” non vi diranno mai che «nei Bar Sport di tutt’Italia le persone appena citate, e così represse, hanno bofonchiato in massa che Traini “ha fatto bene, ne avesse ammazzati di più”». Senza la loro rabbia repressa, «la percentuale di chi ha quell’opinione sarebbe oggi un ventesimo». La Boldrini? «La Presidenta deve capire che la sua persona è disprezzata dall’80% della popolazione italiana», sostiene Federica Francesconi. Il “politically correct”? «E’ in realtà strumento di repressione di massa del neoliberismo delle austerità, per rapinarci ma al contempo tapparci la bocca», scrive Barnard. «Ed è strumento della neo-arroganza del femminile occidentale», in una sua rivincita storica «del tutto cieca e alla deriva». Parafrasando Thomas Mann: «Una linea diretta unisce la follia della miseria popolana durante il Politically Correct – più le sue austerità – al Prossimo Reich e alla prossima valanga Fallocrate violenta… I milioni che sono oggi rapinati del loro diritto di esprimere rabbia, esasperazione, e sincere opinioni perché gli si tappa la bocca coi tabù politici o femminili del Politically Correct, stanno divenendo le masse con cui lavorano sempre più i partiti neo-nazisti e i venditori di stupri “tech”».Aggiunge Barnard: «Se sei popolano, se hai rabbia, paura, se vivi la precarietà economica per te e per i tuoi figli con angoscia, mentre vedi un immigrato e famiglia sepolto di sussidi pubblici – o vedi la Guardia di Finanza multare il macellaio per uno scontrino da 11 euro, ma i cinesi lavorano in nero in tutt’Italia e non gli capita mai nulla – ma osi lamentarti, allora scatta il Saviano Politically Correct a farti sentire una merda, un sub-umano razzista. Zitto! e pure vergognati! E tu taci, ingoi». Ancora: «Se sei popolano, se hai rabbia, paura, perché i magistrati rilasciano spacciatori e stupratori senza una traccia della certezza della pena, ma osi lamentarti, scatta la Boldrini Politically Correct a farti sentire una merda fascista. Zitto! e pure vergognati! E tu taci, ingoi. Nota: poi svolti l’angolo e prendi i volantini di Forza Nuova o Casa Pound». Sessismo alla rovescia, che gonfia «eserciti immensi di maschi oggi incarogniti che pagano sex-tech, porno e prostitute». Ogni maschio italiano, aggiunge Barnard, «oggi sa con assoluta precisione che la grande maggioranza dei compagni di genetica ha cisterne di veleno contro le donne, che “sono diventate incriticabili”».“Il futuro è donna”, recita il nuovo mantra che ti fa sentire misognino? «Poi svolti l’angolo e ordini da Amazon una donna-robot-stupro della TrueCompanion.com, o al meglio ti sfondi di porno o prostitute adorando quelle lì». E così, «ignorando le evidenze e l’allarme ormai grandi come un Tirannosauro in salotto, il Politically Correct ha tirato e continua a tirare quella linea diretta col Prossimo Reich e con la prossima valanga Fallocrate violenta». Beninteso: «Donne, le ragioni storiche le avete, ma non è con questa demenziale isteria di massa che avrete giustizia, anzi». E congratulazioni, da Barnard, «a voi Saviani e voi “Il Futuro è Donna” d’Italia», perché «le sopraccitate sono le masse con cui lavorerà Forza Nuova e con cui faranno miliardi le TrueCompanion.com, ancora più prostitute e ancora più porno. Alla fine verrete travolti e travolte da una Restaurazione abominevole di veri razzismi, di veri fallocrati, non quei poveracci spaventati di oggi senza voce». Quanto alla presidente (uscente) della Camera: senza i demenziali attacchi che subisce periodicamente sul web, qualcuno si sarebbe mai accorto della sua esistenza? A parte gli ovvi appelli “politically correct” sul rispetto dovuto all’umanità migrante, qualcuno ha mai sentito un’analisi politica da Laura Boldrini? Qualcuno le ha mai sentito dire qualcosa sui perché di questo esodo disperato, e sulle responsabilità di chi governa l’Europa e l’Occidente?La notizia, in questa Italia in coma farmacologico? E’ che Laura Boldrini faccia ancora notizia. «Quando leggo che tutto il mondo giornalistico e della cultura di sinistra si scandalizza per il fotomontaggio della Boldrini con la testa insaguinata, mi viene da rimpiangere Andreotti, la sua intelligenza, la sua autoironia», scrive Federica Francesconi sulla sua pagina Facebook. “Tolleranti, ma con le proprie idee. Democratici sì, ma senza il popolo”. Sul blog del Movimento Roosevelt, redatto da Vincenzo Bellisario, la presidente della Camera compare, in un’immagine, in compagnia di Emma Bonino e Roberto Saviano. La dicitura: “Antifascisti, con il bastone in mano. Progressisti, sulla pelle degli altri. Antirazzisti, nei campi di pomodori”. Paolo Barnard cita il discorso pronunciato da Thomas Mann all’università di Princeton nel ‘42: «Una linea diretta unisce la follia della miseria tedesca, durante Weimar: i milioni che furono allora rapinati dei loro stipendi e risparmi, divennero le masse su cui lavorò Goebbels». Aggiunge, Barnard: «Scrissi in tempi non sospetti che il Politically Correct dei Centrosinistra Internazionali ci stava riportando il Terzo Reich e la Fallocrazia violenta». Cosa lega il cecchino (virtuale) che si diverte a mandare al patibolo la Boldrini con il folle che a Macerata spara (davvero) sui migranti nigeriani? «Fra Luca Traini e il produttore delle donne-robot da stuprare, ovvero la TrueCompanion.com – scrive Barnard – c’è una linea diretta che si chiama il Politically Correct».
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Verso l’inciucio per blindare i segreti Mps, cioè il Pd e Draghi
Se, dopo i dati desolanti e fuori norma di Mps pubblicati questa settimana, la vigilanza della Banca Centrale Europea non attaccherà la banca senese, forse è perché attaccandola esporrebbe il suo presidente Mario Draghi, il quale, da governatore della Banca d’Italia, impose all’organo di vigilanza di questa, contro l’originario parere del medesimo, di autorizzare Mussari (allora Ad di Mps) alla rovinosa acquisizione (senza “due diligence”) di Antonveneta, atto che avrà reso disinteressatamente felice qualcuno, ma che è stato la causa fondamentale del disastro di quella banca, di molti risparmiatori e lavoratori. I dati pubblicati ieri dal Monte pongono seri dubbi sulla possibilità di un piano industriale ragionevole e credibile e dall’altro lato confermano l’ipotesi formulata nel mio precedente articolo “Il Monte degli Inganni”, ovvero che la recente emissione di una grossa obbligazione subordinata da parte del Monte sia una operazione di raccolta emergenziale di liquidi con cui costituire coperture per le perdite ultimamente affiorate sui crediti, onde far fronte al severo esame della vigilanza della Banca Centrale Europea previsto per febbraio.Draghi, ora, data la montante crisi da sofferenze di Mps e stanti le sue predette responsabilità nella acquisizione di Antonveneta, si trova esposto a ricatti del partito del Quarto Reich nella Banca Centrale Europea, quindi è debole, condizionabile. Al contempo, la maggioranza di governo a guida piddina ha un forte bisogno che non scoppi proprio adesso una nuova crisi del Monte dei Paschi di Siena, affinché non venga alla luce l’azione partitico-clientelare con-causa (assieme alla conclamata manchevolezza degli organi di vigilanza) della crisi della detta banca – azione che, se venisse resa nota all’opinione pubblica, porterebbe a un disastro elettorale per la maggioranza. E vanificherebbe lo sforzo per tenerla coperta fatto dalla commissione parlamentare di inchiesta sulla crisi delle 7 banche. Che cosa non si fa per tacitare le acque ed acquisire (forse) consensi toscani? Si manda Padoan a Siena e gli si fa proclamare l’ennesima bufala pre-elettorale, ovvero che lo Stato presto uscirà dal Monte: un ottimo affare per le tasche dei cittadini.Su scala nazionale – dicono i farneticanti della dietrologia più screditata – avviene invece che il modo più rapido per arricchirsi con le banche, consistente nel prendersi direttamente i soldi dei depositanti lasciando le casse vuote a carico dei risparmiatori e dei contribuenti, è stato sdoganato dalla politica dei partiti e delle istituzioni, e viene trasversalmente tutelato come diritto della casta sulla società civile. Lo confermerebbe – dicono quegli inattendibili malpensanti – il fatto che la reticente relazione della commissione d’inchiesta, che è stata redatta dalla maggioranza di governo e che sottace le gesta bancarie di qualche Boschi, gli atti trasmessi dai Pm e altre cose pericolose per il Pd, è stata approvata grazie alla provvidenziale assenza di 4 deputati berlusconiani. Una ulteriore indicazione, agli occhi dei paranoici complottisti, che Berlusconi si prepara a un governo di irresponsabilità nazionale e solidarietà partitocratica con Renzi (o Gentiloni/Prodi/Casini/Amato + Boschi) e Associati. Si noti che ieri, a “Radio Radicale”, Brunetta, su domanda se entrerebbe mai in un governo col Pd, ha risposto «con Renzi mai», ma non «col Pd mai».(Marco Della Luna, “Mons Nazarenus, preallarme inciucio sulla miniera bancaria”, dal blog di Della Luna del 2 febbraio 2018).Se, dopo i dati desolanti e fuori norma di Mps pubblicati questa settimana, la vigilanza della Banca Centrale Europea non attaccherà la banca senese, forse è perché attaccandola esporrebbe il suo presidente Mario Draghi, il quale, da governatore della Banca d’Italia, impose all’organo di vigilanza di questa, contro l’originario parere del medesimo, di autorizzare Mussari (allora Ad di Mps) alla rovinosa acquisizione (senza “due diligence”) di Antonveneta, atto che avrà reso disinteressatamente felice qualcuno, ma che è stato la causa fondamentale del disastro di quella banca, di molti risparmiatori e lavoratori. I dati pubblicati ieri dal Monte pongono seri dubbi sulla possibilità di un piano industriale ragionevole e credibile e dall’altro lato confermano l’ipotesi formulata nel mio precedente articolo “Il Monte degli Inganni”, ovvero che la recente emissione di una grossa obbligazione subordinata da parte del Monte sia una operazione di raccolta emergenziale di liquidi con cui costituire coperture per le perdite ultimamente affiorate sui crediti, onde far fronte al severo esame della vigilanza della Banca Centrale Europea previsto per febbraio.
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L’Italia è malata di cancro, per colpa della vera mafia: l’Ue
«Non mi ero scordato della profezia Montanelli sull’Italia che avrebbe dovuto immunizzarsi da Berlusconi», dice Paolo Barnard, che oggi propone di “immunizzarsi” dai 5 Stelle (votandoli) che il giornalista considera un’autentità calamità nazionale per inadeguatezza e impreparazione, inaudita suddistanza al padre-padrone Grillo e al vertice del “partito-azienda” incarnato dalla struttura dei Casaleggio. L’anziano Montanelli, irritato per la “discesa in campo” del Cavaliere nel ‘94? «L’impianto teorico dell’immunizzazione era giustissimo», ma il direttore del “Giornale” sbagliò bersaglio: «Il motivo per cui l’Italia non s’immunizzò da Berlusconi fu che Berlusconi è stato, delle due, una cura per l’Italia. Montanelli – che fu socialmente miope come una talpa incappucciata quando credette che l’Italia ‘bene’ l’avrebbe seguito fuori dal “Giornale” – fu trascinato dalla bestiale ondata Travaglio-Vajont la cui narrativa era che il Cavaliere rappresentava la porno-Nutella della mafia a Palazzo Chigi, cioè il peggio mai conosciuto dall’Italia di Calamandrei». Per Barnard, il tragico errore di quel postulato montanelliano «fu nella sua totale incomprensione di cosa sia una vera mafia e di cosa sarebbe stato il peggio mai conosciuto dall’Italia».«La vera mafia, cioè una cupola non eletta e mirante a spolpare vivo senza pietà il popolo italiano, non stava affatto a Palermo, ma a Bruxelles», scrive Barnard nel suo blog. «La mafia di Palermo, dai tempi di Garibaldi in poi, mai ebbe (e mai avrà) il potere di ridurre quello che era il settimo più ricco paese del pianeta a un maiale (Piigs) d’Europa». Un “maiale” «ridicolizzato dal mondo, bastonato e rapinato dalla Germania, e tutto ciò in meno di 11 anni». Insiste, Barnard: «Bruxelles con la sua vera mafia c’è riuscita, ha avuto questo potere». Quanto alla politica italiana, «chi era di casa a Palermo era Berlusconi», mentre «chi era di casa a Bruxelles erano Amato, Ciampi, Padoa Schioppa, Visco, D’Alema», fino ai “salvifici” tecnocrati come Vittorio Grilli e Pier Carlo Padoan. «E guardatevi intorno come ci hanno ridotti. Goldman Sachs nel suo Global Outlook 2017 boccia nell’imbarazzo una sola nazione europea: l’Italia delle riforme dei sopraccitati criminali collusi, oggi ultima in Ue sotto la Spagna e la Grecia come proiezioni di crescita». Il peggio mai conosciuto dall’Italia? «Fu di fatto, e per 16 anni filati, contrastato (almeno un minimo) solo da Silvio Berlusconi, «che per questo fu deposto nel golpe finanziario del novembre 2011 (Trichet-Monti-Napolitano)», che Barnard per primo denunciò «con grafici e prove» in televisione, a “Matrix” (“Canale 5”) e poi a “L’Ultima Parola” e “La Gabbia” (La7).Una «criminale opera di distrazione di massa, divenuta distruzione», secondo Barnard è stata condotta da «speculatori come Travaglio, Luttazzi, Biagi, Santoro, la Guzzanti, Gomez e il codazzo poi nato, anche con Mediobanca e De Benedetti», Quella violenta propaganda contro Berlusconi impedì (e oggi impedisce) a tre quarti del paese di pervenire all’orribile verità. Montanelli? «Ci chiese d’immunizzarci dal sudore, cosa inutile e impossibile, mentre un melanoma micidiale stava invadendo la pelle di tutta l’Italia col Trattato di Maastricht». Giunti a questo punto, cioè alla farsa conclamata delle elezioni 2018 (promesse-fotocopia e nessun accenno alle vere cause Ue della crisi), Barnard ribadisce che voterà proprio per i detestati grillini, che a suo dire «rappresentano una tripla voragine». Ovvero: «L’allucinante speculazione della CasaleggioForProfit su 60 milioni di noi», nonché «la più intimidatoria cultura dell’omertà-terrore in un partito, dal fascismo a oggi», e infine «la mortale impreparazione di chiunque lì dentro a governare un paese quasi morto fra Usa, Cina ed Emergenti». Il Movimento 5 Stelle? «Davvero è come la peste», scrive Barnard. Per cui, conclude, «dobbiamo “ammalarci di loro”, e sperare nella immunizzazione per sempre dal peggior partito italiano dai giorni di Calamandrei».«Non mi ero scordato della profezia Montanelli sull’Italia che avrebbe dovuto immunizzarsi da Berlusconi», dice Paolo Barnard, che oggi propone di “immunizzarsi” dai 5 Stelle (votandoli) che il giornalista considera un’autentità calamità nazionale per inadeguatezza e impreparazione, inaudita sudditanza al padre-padrone Grillo e al vertice del “partito-azienda” incarnato dalla struttura dei Casaleggio. L’anziano Montanelli, irritato per la “discesa in campo” del Cavaliere nel ‘94? «L’impianto teorico dell’immunizzazione era giustissimo», ma il direttore del “Giornale” sbagliò bersaglio: «Il motivo per cui l’Italia non s’immunizzò da Berlusconi fu che Berlusconi è stato, delle due, una cura per l’Italia. Montanelli – che fu socialmente miope come una talpa incappucciata quando credette che l’Italia ‘bene’ l’avrebbe seguito fuori dal “Giornale” – fu trascinato dalla bestiale ondata Travaglio-Vajont la cui narrativa era che il Cavaliere rappresentava la porno-Nutella della mafia a Palazzo Chigi, cioè il peggio mai conosciuto dall’Italia di Calamandrei». Per Barnard, il tragico errore di quel postulato montanelliano «fu nella sua totale incomprensione di cosa sia una vera mafia e di cosa sarebbe stato il peggio mai conosciuto dall’Italia».
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Povera Europa, plaude alle “lezioni” del suo killer: la Merkel
Nell’immane declino europeo non si capisce cosa sia più sinistro, le “lezioni” di un’insegnante di cui tutti faremo a memo (Angela Merkel) o il tappeto rosso che la stampa le stende ai piedi, nel momento in cui l’oligarca di Berlino, donna simbolo delle sofferenze imposte dalla crisi, si mette a bacchettare Donald Trump dal forum di Davos, santuario continentale della globalizzazione più feroce. «Noi crediamo che l’isolazionismo non ci faccia andare avanti», dice la Merkel: «Il protezionismo non è la risposta giusta, dobbiamo cooperare». Il tipo di “cooperazione” di cui è capace il regime finanziario incarnato dalla Merkel lo si è visto in Grecia, con le famiglie sul lastrico e gli ospedali senza più medicine per curare i bambini. Tutto il Sud Europa ha visto crollare il suo tenore di vita, in una spirale sistematicamente devastante: guerra teologica al debito pubblico, e quindi tagli ai salari e alle pensioni, precarizzazione del lavoro, esplosione della tassazione, licenziamenti, aziende fallite a decine di migliaia, disoccupazione alle stelle, crollo del mercato immobiliare, erosione dei risparmi. Il fantasma della povertà minaccia l’Europa: nella sola Italia, dove la crisi indotta dal rigore tedesco è costata 450 miliardi di euro in appena tre anni, sono oltre 10 milioni le persone che secondo Eurostat faticano a consumare un pasto proteico ogni due giorni, a sostenere spese impreviste, a pagare l’affitto e a riscaldare a sufficienza la casa.Una vera festa, la spettacolare crisi italiana, per l’industria tedesca che ha fatto shopping a prezzi di saldo accaparrandosi quote rilevanti dell’eccellenza del “made in Italy”, altro classico esempio di “cooperazione” ordoliberista di stampo teutonico. «La Germania è un problema cronico e fisiologico per l’Europa», sostiene Paolo Barnard, «proprio a causa del suo tipo di economia sbilanciato verso l’export». Il che significa compressione dei salari in patria (gli scandalosi mini-job da 450 euro mensili) e aggressività competitiva verso i paesi confinanti, trattati come colonie a cui rubare fatturato e sottrarre la miglior forza lavoro di formazione universitaria avanzata, dando vita al flagello della “fuga dei cervelli”. «I personaggi come la “sorella” Angela Merkel, esponente della Ur-Lodge reazionaria Golden Eurasia, sono i veri nemici dell’Europa unita, i veri e irriducibili antieuropeisti», sostiene Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere) che svela i retroscena supermassonici del vero potere neoliberista. «Quelli che vengono spacciati per statisti sono in realtà pedine di interessi esclusivamente privati, che traggono i massimi profitti proprio dalla distruzione dell’unità europea: assistiamo infatti a una spietata concorrenza fra Stati, di cui il neo-mercantilismo tedesco è l’espressione più tristemente significativa».Sempre la Germania, racconta l’economista Nino Galloni (vicepresidente del Movimento Roosevelt presieduto da Magaldi) ottenne – dalla Francia di Mitterrand, in cambio della rinuncia al marco – il via libera per la deindustrializzazione progressiva dell’Italia, cioè del massimo antagonista del sistema manifatturiero tedesco. E’ questa la motivazione di fondo – squisitamente industriale e concorrenziale – dietro alle politiche di austerity dell’Ue a trazione tedesca, che hanno tentato ininterrottamente di demolire il sistema economico italiano. E’ il Belpaese il vero bersaglio degli eurocrati tedeschi come Angela Merkel, ai piedi dei quali si sono genuflessi i vari Letta, Renzi e Gentiloni, dopo il “ko tecnico” procurato a Monti e Napolitano, commissari italiani del super-potere che tiene in scacco l’Europa utilizzando Berlino come cane da guardia. Per questo, le affermazioni della cancelleria a Davos suonano sincere quanto le parole del killer al funerale della propria vittima: «Nel mondo c’è tr6oppo egoismo nazionale», scandisce la professoressa. «Fin dai tempi dell’Impero Romano e della Grande Muraglia sappiamo che limitarci a rinchiuderci non aiuta». Viste dalla Grecia ridotta alla fame, queste parole – in una ipotetica, seconda Norimberga – assicurerebbero ad Angela Merkel una fucilazione di prima classe, con tutti gli onori che spettano ai grandi traditori.Nell’immane declino europeo non si capisce cosa sia più sinistro, le “lezioni” di un’insegnante di cui tutti faremmo a meno (Angela Merkel) o il tappeto rosso che la stampa le stende ai piedi, nel momento in cui l’oligarca di Berlino, donna simbolo delle sofferenze imposte dalla crisi, si mette a bacchettare Donald Trump dal forum di Davos, santuario continentale della globalizzazione più feroce. «Noi crediamo che l’isolazionismo non ci faccia andare avanti», dice la Merkel: «Il protezionismo non è la risposta giusta, dobbiamo cooperare». Il tipo di “cooperazione” di cui è capace il regime finanziario incarnato dalla Merkel lo si è visto in Grecia, con le famiglie sul lastrico e gli ospedali senza più medicine per curare i bambini. Tutto il Sud Europa ha assistito al crollo epocale del suo tenore di vita, in una spirale sistematicamente devastante: guerra “teologica” al debito pubblico, e quindi tagli ai salari e alle pensioni, precarizzazione del lavoro, esplosione della tassazione, licenziamenti, aziende fallite a decine di migliaia, disoccupazione alle stelle, crollo del mercato immobiliare, erosione dei risparmi. Il fantasma della povertà minaccia l’Europa: nella sola Italia, dove la crisi indotta dal rigore tedesco è costata 450 miliardi di euro in appena tre anni, sono oltre 10 milioni le persone che secondo Eurostat faticano a consumare un pasto proteico ogni due giorni, a sostenere spese impreviste, a pagare l’affitto e a riscaldare a sufficienza la casa.
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Bordin: Putin lavora per i russi, cederà il potere a Dyumin
L’Europa del rigore sta distruggendo la classe media? La Russia di Putin sta cercando di costruirne una, per consolidare una base affidabile che nei prossimi anni possa sostitire lo Zar. Lo afferma Massimo Bordin, indignato dalla «macchina del fango russofoba» messa in moto dai veri «campioni di fake news, come “Repubblica”, “Corriere”, “Ansa”», secondo cui il leader dell’opposizione a Putin – Alexei Navalny – non potrà correre per le presidenziali russe del 2018 perchè la commissione elettorale ne ha bloccato la candidatura. Obiettivo della manovra, il solito: demonizzare il capo del Cremlino. Nello sparare la notizia, scrive Bordin sul suo blog, i media mainstream fingono di non sapere che Navalny non è affatto leader dell’opposizione, dato che «la sua importanza nel mondo della politica russa è rilevante come quella di Civati in quella italiana». Quindi è impossibile che Navalny, «ancorchè candidato, potesse minacciare minimamente la leadership di Vladimir Putin». In realtà, «Navalny non è stato candidato perchè ha commesso più reati di Toni Negri, punto». Ma, soprattutto, «quel che non si dice è che finalmente Putin lavora per la costruzione di una vera classe dirigente in Russia, e questo è il reale motivo della sua quarta candidatura». Questa sì che è una notizia: «Putin, infatti, non è stato un mago su tutto, e ha fallito finora nel tentativo di costruire una élite competente e un successore credibile alla sua presidenza».
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Della Luna: tengono in vita l’Italia solo per finire di svuotarla
Il re è nudo ma niente succede. I numerosi scandali e, ultimamente, la commissione parlamentare di inchiesta sulle banche, hanno messo a nudo la realtà della politica e della burocrazia, le sistematiche e trasversali ruberie del regime, la sua strutturale illegalità di funzionamento – e niente succede, la società accetta tutto passivamente. Così come fa la “giustizia”, il popolo non reagisce, accetta ingiustizia e illegalità. Sempre più subisce e non agisce. L’esperienza gli ha insegnato che votare e manifestare è improduttivo. Una ribellione popolare contro il marcio regime è impossibile: il popolo italiano è vecchio e sfiduciato, anche in se stesso, e senza fiducia in se stesso un popolo non organizza una ribellione. E il voto non consente di cambiare, come si dirà. I banksters saccheggiano impuniti il risparmio, mentre autorità di controllo giudiziarie e amministrative chiudono un occhio o due e non agiscono nemmeno dopo il fatto. Il governo, con dentro parenti e amici dei banchieri, li copre e scarica sulla società civile i danni dei loro abusi. Grillo ruggiva dichiarando che il suo movimento avrebbe aperto i palazzi del potere come scatolette di sardine per mettere alla luce del giorno tutte le illegalità, come se ciò potesse suscitare reazioni tali da riformare il sistema. Ma non è così: il sistema continua come prima, e la gente subisce passivamente.E perché stupirsi? La legalità è l’interesse più diffuso, dunque il più disperso, il più debole, quindi il più perdente. E’ un interesse impotente a difendere se stesso. Il popolo è bue perché è popolo, non per altra ragione. Per contro, gli interessi concentrati, dei pochi contro i molti, soprattutto se illeciti e nascosti, sono anche poteri forti, e hanno buon gioco a comprare chi gli serve e a mettere nei posti giusti i loro fiduciari. Gli esponenti del regime italiano vantano oggi una ripresa economica, sia pur da fanalino di coda, ma non dicono che le previsioni per i prossimi 25 anni mostrano il sistema-paese Italia in costante perdita di produttività-competitività rispetto agli altri paesi comunitari e Ocse. Il che comporta che, per competere sui costi di produzione, si dovrà continuare a tagliare i salari reali, i diritti dei lavoratori, le pensioni, gli investimenti, e che in prospettiva l’Italia è spacciata, perché già da 25 anni sta perdendo in produttività comparata, e 50 anni così implicano che il paese non è più vitale. Spacciata, anche perché il governo deve perseguire una politica di saldi primari attivi (cioè togliere con le tasse dalla società più denaro di quanto riversa in essa, nonostante che la società sia in grave carenza di denaro).Altro che virtuosità, risanamento, ripresa: tutto deve andare ai banchieri che prestano i soldi, compresa la proprietà delle aziende. Senza investimenti strategici non vi è recupero di produttività, non vi è fine del declino. Ciò accelererà la fuga di capitali, imprenditori, lavoratori qualificati e cervelli. Questo destino fallimentare è connaturato all’Italia unitaria, a questo Stato voluto e creato dall’estero per servire ed essere sfruttato da potenze straniere, come spiegato in precedenti articoli. Uno Stato sbagliato per composizione, che è stata fatta accozzando nazioni preunitarie troppo diverse tra loro e che perciò non hanno mai legato ma hanno generato una governance parassitaria e incompetente, che sa solo arricchirsi rubando sui trasferimenti dalle aree efficienti a quelle inefficienti, e in generale sulle risorse pubbliche e private. Uno Stato vassallo, in cui la politica è decisa dall’estero e alla classe politica interna, come unico spazio di azione, rimane la competizione-lottizzazione nel saccheggio del cittadino e della spesa pubblica. Non potendo procurarsi consensi con le buone politiche nell’interesse nazionale, i nostri politicanti se li procurano distribuendo privilegi clientelari. Questo è il modo di produzione della legittimazione elettorale in Italia.I potentati stranieri dominanti sostengono e legittimano quelle forze politiche e burocratiche italiane che meglio servono i loro interessi a spese degli italiani (fino a mandare eserciti italiani a combattere servilmente guerre americane e francesi contro gli interessi italiani), consentendo loro in cambio di continuare i loro traffici con piccole banche, appalti truccati. E’ grazie a siffatti rapporti con la partitocrazia e la burocrazia italiane che potentati stranieri hanno acquisito il controllo di (quasi) tutte le imprese di punta e strategiche italiane, nonché della Banca d’Italia e del sistema creditizio. E’ così che il governo ha regolarmente sottoscritto, sotto ricatto di rating, contratti finanziari scientemente rovinosi a vantaggio delle controparti dominanti come Morgan Stanley, con perdite per decine di miliardi – vedasi il commento dell’onorevolele Brunetta all’audizione della dottoressa Cannata in commissione banche, audizione che si è cercato di mettere in ombra col polverone sulle dichiarazioni del presidente di Consob Giuseppe Vegas alla medesima commissione sul caso Etruria-Boschi, tacendo sul ministro e sugli alti dirigenti del Tesoro che sono poi passati a Morgan Stanley.Un simile Stato, come apparato, non può vivere se non attraverso una corruzione sistemica, quindi intessuta nelle istituzioni anche di controllo (le campagne di lotta contro la corruzione, ovviamente, sono una presa per i fondelli). I suoi partiti politici sono galassie di comitati di affari dediti ad operazioni illecite o quantomeno scorrette. Le rispettive segreterie fanno da organo di coordinamento tra tali comitati, e di ricezione delle richieste di interessi stranieri (talvolta anche nazionali) dominanti. Che forza avrebbero i partiti di potere se non gestissero (clientelarmente) appalti, crediti, assunzioni, licenze? Nessuna. I partiti che si staccano da quelli di potere per perseguire ideali sociali e di giustizia, sistematicamente, si spengono; non sono vitali, sebbene abbiano talora ottime idee e grande onestà, proprio perché non si portano dietro alcuna fetta di spesa pubblica, alcuna risorsa clientelare. Laddove vi sono seri interessi in gioco, le leggi, anche dagli organi di controllo e giustizia, sono osservate solo marginalmente, soprattutto per mantenere una minima facciata di legittimità agli occhi della gente comune.In realtà, vi è una netta divisione tra chi è soggetto alla legge e chi sta sopra di essa e la usa sugli altri per schiacciarli e spremerli. Il potere pubblico è inteso come proprietà privata, come diritto di passare sopra le regole e di togliere diritti agli altri, cioè di derogare alla legalità. Adesso, in campagna elettorale, è inevitabile che i partiti millantino, ciascuno, di avere la capacità e la volontà di salvare il paese e di combattere la corruzione. Lo afferma quella (pseudo) sinistra che è stata l’esecutore più attivo e fedele degli interessi stranieri, che più ha collaborato nel sottomettere ad essi tutto il paese, nello spremerlo per arricchire gli squali della finanza predona, nel sabotare l’economia e l’ordine pubblico, nell’imporre un pensiero e un linguaggio unico che impedissero persino di descrivere ciò che essa stava e sta perpetrando. Poi abbiamo un Berlusconi, proprietario del principale partito del centrodestra, che ha sempre usato i voti di chi gli dava fiducia per sostenere la linea della (pseudo) sinistra e della Germania, persino il rovinoso governo Monti, al fine di difendere i propri interessi aziendali e processuali – un Berlusconi da sempre condizionabile mediante attacchi giudiziari che scattano quando serve.Abbiamo una Lega con analisi e propositi condivisibili, la quale un tempo era indipendentista e ora non lo è più, almeno nelle dichiarazioni, e si propone come tutrice degli interessi nazionali pan-italiani entro un’Ue e un euro in cui vuole rimanere. Purtroppo, sino ad ora, su scala nazionale, la Lega ha realizzato niente o quasi dei suoi programmi, pur essendo stata a lungo al governo. Abbiamo infine una M5S che conta numerosi esponenti validi, coraggiosi e liberamente agenti, ma i cui titolari – quelli che enunciano che “uno vale uno” – non si sa che mete abbiano e che interessi incarnino, anche se appaiono significativi legami con gli Usa. Abbiamo infine una nuova, furbesca legge elettorale, che lascia nelle mani delle segreterie (negandole agli elettori) non solo la scelta dei parlamentari, ma anche la decisione sul nuovo governo: una legge tipicamente partitocratica. No, signori miei, non illudetevi: il processo di disfacimento e la parassitosi maligna interna ed esterna continueranno più saldamente che mai, con la Bce che sosterrà il debito pubblico, differendo il collasso, per consentire di portare a compimento il piano di trasferimento delle risorse del paese. Niente cambierà con le prossime elezioni. L’unico cambiamento possibile e concreto lo realizza chi emigra.(Marco Della Luna, Il Re è nudo ma niente succede, dal blog di Della Luna del 17 dicembre 2017).Il re è nudo ma niente succede. I numerosi scandali e, ultimamente, la commissione parlamentare di inchiesta sulle banche, hanno messo a nudo la realtà della politica e della burocrazia, le sistematiche e trasversali ruberie del regime, la sua strutturale illegalità di funzionamento – e niente succede, la società accetta tutto passivamente. Così come fa la “giustizia”, il popolo non reagisce, accetta ingiustizia e illegalità. Sempre più subisce e non agisce. L’esperienza gli ha insegnato che votare e manifestare è improduttivo. Una ribellione popolare contro il marcio regime è impossibile: il popolo italiano è vecchio e sfiduciato, anche in se stesso, e senza fiducia in se stesso un popolo non organizza una ribellione. E il voto non consente di cambiare, come si dirà. I banksters saccheggiano impuniti il risparmio, mentre autorità di controllo giudiziarie e amministrative chiudono un occhio o due e non agiscono nemmeno dopo il fatto. Il governo, con dentro parenti e amici dei banchieri, li copre e scarica sulla società civile i danni dei loro abusi. Grillo ruggiva dichiarando che il suo movimento avrebbe aperto i palazzi del potere come scatolette di sardine per mettere alla luce del giorno tutte le illegalità, come se ciò potesse suscitare reazioni tali da riformare il sistema. Ma non è così: il sistema continua come prima, e la gente subisce passivamente.