Archivio del Tag ‘reddito d’inclusione’
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Uno vale zero: la squallida pochezza dei “traditori” 5 Stelle
«Il governo vale bene ogni compromesso» (Denis Verdini). Persino peggio di Renzi dopo il referendum, Disastro Di Maio ha negato ogni responsabilità diretta nella meritatissima disfatta elettorale del Movimento 5 Stelle. E con la scontata complicità della farsesca Piattaforma Casaleggio, s’è imbullonato a tutte le sue poltrone, una sull’altra. Quando tempo fa ho definito il Movimento 5 Stelle la peggiore truffa di massa dopo lo schema Ponzi, sono stata ingiusta verso Ponzi: dopotutto lui non ha consegnato il suo paese a Salvini. Il fatto che, dopo un decennio d’iperboliche promesse di palingenesi, i grillini siano finiti a fare i Minions del trippone leghista non è che la prova definitiva della loro squallida pochezza. Dalla Val di Susa a Pomigliano, da Taranto a Melendugno, non c’è comunità che il M5S non abbia tradito. Dal contratto nazionale per i riders, alla nazionalizzazione della società autostrade, non c’è impegno solenne che non si sia rimangiato.Persino la promessa elettorale mantenuta nel vano tentativo di comprarsi una manciata di voti s’è rivelata una mezza truffa: quel reddito di cittadinanza pubblicizzato come “l’abolizione della povertà”, ma in realtà costruito in modo che potessero effettivamente ottenerlo solo meno d’un quinto di coloro ai quali era stato promesso, ricevendo in media solo meno di metà della cifra promessa. La convinzione di potersi comprare a prezzo scontato il voto di chi è povero è quanto di più classista si possa concepire. Infatti ci aveva provato anche il Pd, col micragnoso “reddito d’inclusione”. Intanto, vinte le europee, Salvini ha di fatto gettato la maschera, e la felpa, da “amico del popolo”, per imporre il suo programma solidamente classista: Flat Tax per favorire i contribuenti più ricchi, autonomia differenziata per favorire le regioni più ricche, Grandi Opere per favorire gli speculatori, condoni per favorire gli evasori, e decreti sicurezza per manganellare e incarcerare chiunque dissenta.È questa, da sempre, la sostanza del fascismo leghista. Il resto è clickbait. Perciò l’improvviso “antifascismo” elettorale del socio M5S non è più credibile di quello del Pd, che con la Lega condivide Grandi Opere e Dottrina Minniti su migranti e manganelli. Ogni altra Grande Opera al Nero che il Movimento Zero Stelle controfirmerà, sarà un altro passo verso l’estinzione.(Alessandra Daniele, “Uno vale zero”, da “Carmilla” del 2 giugno 2019).«Il governo vale bene ogni compromesso» (Denis Verdini). Persino peggio di Renzi dopo il referendum, Disastro Di Maio ha negato ogni responsabilità diretta nella meritatissima disfatta elettorale del Movimento 5 Stelle. E con la scontata complicità della farsesca Piattaforma Casaleggio, s’è imbullonato a tutte le sue poltrone, una sull’altra. Quando tempo fa ho definito il Movimento 5 Stelle la peggiore truffa di massa dopo lo schema Ponzi, sono stata ingiusta verso Ponzi: dopotutto lui non ha consegnato il suo paese a Salvini. Il fatto che, dopo un decennio d’iperboliche promesse di palingenesi, i grillini siano finiti a fare i Minions del trippone leghista non è che la prova definitiva della loro squallida pochezza. Dalla Val di Susa a Pomigliano, da Taranto a Melendugno, non c’è comunità che il M5S non abbia tradito. Dal contratto nazionale per i riders, alla nazionalizzazione della società autostrade, non c’è impegno solenne che non si sia rimangiato.
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La rivoluzione gialloverde si ferma alla rissa interna sul 2%
«Non ci impiccheremo agli zero virgola», dice Matteo Salvini. Eppure, sottolinea Stefano Cingolani, editorialista del “Foglio”, si litigherà fino all’ultimo proprio sulle virgole e sui decimali. Il disavanzo pubblico, ad esempio: sarà l’1,6% del Pil, come vuole Giovanni Tria, o attorno al 2% come preferisce Salvini? O addirittura del 2,6%, come spera Luigi Di Maio? «Stando a Giancarlo Giorgetti, plenipotenziario della Lega, saranno rispettati i vincoli europei, quindi non verrà sfondata la barriera del 2%». Il ministro dell’economia sa che dovrà mediare, osserva Cingolani sul “Sussidiario”, ma gioca al ribasso dando retta a Mario Draghi. E cominciano le scommesse: se anche si fermasse sotto il 2%, la spesa 2019 sarebbe «più del doppio rispetto a quello che aveva scritto Pier Carlo Padoan nel Documento di economia e finanza presentato a primavera, prima delle elezioni». La situazione non è allegra: Istat e Ocse dicono che il tasso di crescita frena, 1,2% per il 2018 e poco più dell’1% l’anno prossimo. Peggiora anche il rappoto deficit-Pil: «Il deficit tendenziale previsto nel Def di Padoan per quest’anno è pari allo 0,8% nel 2019, ma il ministro Tria ha indicato che per il 2019 è già all’1,2%, mentre il debito quest’anno migliorerà solo dello 0,1%. E l’aggiornamento del Def non potrà che accettare il ribasso della crescita». Da qui le tensioni nell’alleanza gialloverde, che potrebbero spingere Salvini a rompere con Di Maio?