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Terziano: la mente è un paracadute, se si apre ci guarisce
Ho un amico che ha avuto un’emorragia celebrale, tre giorni fa, e a mie piace stare con lui. Non so se lo sto accompagnando verso la morte. Se io riesco a interagire con queste persone le faccio “uscire in astrale”: si vedono da sopra, si rendono conto del fatto che c’è una parte di noi che non muore. Con questo sistema comunicano con i loro cari, defunti, e si rasserenano. Questo, per me, è “accompagnare”. Una volta sola, mi è capitata una guarigione “miracolosa”: ce l’ho ancora nel cuore, nella testa. Gli altri però muoiono tutti: purtroppo non ho il potere di evitargli la morte (e penso che prima o poi toccherà anche a me, tra le altre cose). Per me, quindi, l’accompagnare ha questo significato: stare vicino, e fare quello che il tuo sapere – di testa e di cuore – in quel momento ti suggerisce di fare. La rabdomanzia? Non tutti nasciamo rabdomanti. Io lo sono diventato. La si può allenare, la mente, a percepire le radiazioni della Terra. Tanti anni fa sono stato in Egitto, nel Tempio di Luxor, a fare delle sperimentazioni. E ho visto che molte persone, vicino all’altare, cascano per terra. Pensate alla Sacra di San Michele, in valle di Susa: se andate lassù nella chiesetta, a sinistra dell’altare, potreste cadere; lì c’è un incrocio delle due “vie sincroniche”. Il fatto che i luoghi sacri come la grotta di Lourdes abbiano un’elevata energia è positivo, ma non è prudente sostarvi troppo a lungo, altrimenti ci si “frigge”.Io sono un medico, con alle spalle una lunga esperienza ospedaliera. Nel frattempo mi sono occupato di agopuntura, quando era ancora considerata stregoneria pura. Ho studiato medicina tradizionale cinese, omeopatia, radioestesia, Reiki. Pratico l’ipnosi, che è ottima coi malati gravi. Poi ho scoperto la fisica quantistica. Mi sono affidato alla medicina complementare, senza mai rifiutare nulla della medicina ufficiale. A proposito: riusciremo mai a sentir parlare semplicemente di “medicina”, senza dover aggiungere aggettivi come “ufficiale” e “alternativa”? Avevo bisogno di darmi una risposta scientifica a fenomeni che vivevo, e che non riuscivo a spigarmi. Per esempio: ci sono luoghi che producono benessere, altri malessere. Sentiamo dire: «Non dormivo bene, e ho risolto il problema girando il letto». A volte proviamo una strana empatia, immediata, con persone che vediamo per la prima volta: perché? Oppure: come fa il rabdomante a sentire la vena d’acqua? Come può funzionare un rimedio omeopatico, se non contiene chimica? E come fa a funzionare l’acqua “informata”? Come fanno a funzionare i trattamenti a distanza dei gruppi di preghiera, come confermato da studi scientifici americani su reparti ospedalieri verso cui era stata indirizzata la preghiera? E come fanno a funzionare i trattamenti di Reiki a distanza e quelli della medicina vibrazionale, di cui mi occupo io?Ancora: com’è possibile interagire con l’identità spirituale di un defunto? Cosa che avviene, sapete: ed è un’altra delle realtà profonde della nostra vita, che ci neghiamo. Che significato possiamo dare, al cosiddetto paranormale, inclusi quelli che chiamiamo miracoli? Io a tutti questi fenomeni ho dato un significato quando ho cominciato a studiare fisica quantistica seriamente. Della quantistica ho trasferito i principi fondamentali nella mia vita quotidiana. In questo momento è diventata la mia verità – la mia, beninteso, e non ho nessuna intenzione di imporla agli altri. Rimane la gioia di poterne parlare, tutto qui. Il grande fisico Nils Bohr, Premio Nobel, diceva che chi si avvicina alla meccanica quantistica, se non viene sconvolto, significa che non l’ha capita. Io ne sono rimasto affascinato. Fonda le sue radici nell’infinitamente piccolo. E l’ho sperimentata con successo nella vita, la mia e quella delle persone che mi ruotano accanto. La fisica di Newton stabilisce che è sempre una forza esterna a far muovere un oggetto. E’ il fondamento della nostra tecnologia: siamo andati sulla Luna, con Newton.La quantistica comincia con Einstein (”la materia è energia”) e dimostra che l’energia è dentro la materia, e che questa energia si espande. Ecco il concetto di vibrazione, e il concetto di risonanza: un segnale che parte a va a collegarsi a entità che vibrano alla sua stessa frequenza, perché queste forze – nel loro espandersi nell’universo – rispettano le leggi della fisica (possiedono frequenza, ampiezza e lunghezza d’onda). Sappiamo che l’uomo emette frequenze elettromagnetiche: facciamo l’elettrocardiogramma, l’elettroencefalogramma. Ma prima che ci fossero questi “giocattoli” come facevamo, a sapere che c’erano queste onde? La mente dell’uomo è come un paracadute: funziona solo se si apre. Il problema è farla aprire. Proviamo allora a immaginare che esistano frequenze che l’uomo riceve e manda, e che però nessun apparecchio riesce ancora a evidenziare. In realtà un “apparecchio” fatto così ce l’abbiamo tutti: è la nostra mente.Se ci mettiamo uno di fronte all’altro e tendiamo i palmi delle mani, dopo un po’ avvertiamo una sorta di formicolio: si può sentire, quello che l’essere umano trasmette. Questo a cosa mi serve, nell’atto terapeutico? Mi aiuta a interagire, guidando il paziente (con il suo aiuto, indispensabile), per recuperare quei conflitti interiori che sa rilevare anche l’ipnosi, impiegando però moltissimo tempo. Poi, una volta individuato il conflitto, occorre comunque che a risolverlo sia la persona, non certo il terapeuta. La mente dell’uomo è in grado di concentrarsi su tantissime frequenze: è possibile sentire le energie della Terra, è possibile percepire le Onde di Schumann, le energie stupende che abbondano nei siti celtici. Possiamo sentire le geopatie, sintonizzarci con gli effetti negativi dei telefoni cellulari. Le possibilità sono infinite. In questo momento storico stiamo passando dalla biochimica alla biofisica, che speriamo superi rapidamente la biochimica.Io sono abituato a interagire con la materia, da tantissimi anni. Coi vegetali, per esempio: se si stimolano con le frequenze giuste, le piante germogliano prima, crescono meglio. Lo dimostrano gli amici con cui collaboro, che si occupano di agricoltura biologica. Ho provato a proporre questo intervento nella crescita delle cellule staminali, in una università. Obiettivo: riuscire a sollecitare le cellule con uno stimolo biofisico – e ci si riesce benissimo, con la mente, a inviare un’onda destinata a informare le cellule: “informare”, cioè “formare dentro”, inserire una forma. Oggi sono state inventate delle macchine che sfruttano la cosiddetta bio-risonanza, che riescono a leggere le frequenze delle cellule. Le nostre cellule sono dei “dipoli” che emanano comunque una corrente, e la stessa cosa fanno i neuroni quando creano i pensieri. E creano onde elettromagnetiche che possono interferire pesantemente, sul fisico.La kinesiologia, una scienza che pochi medici conoscono, è in grado di testare l’azione delle forze esterne verso di noi. Qualsiasi cosa: un barattolo di Nutella, il telefonino. Le macchine a bio-risonanza sono eccezionali, registrano queste frequenze e le possono cambiare. Unico handicap, sono costose. E allora ho imparato a usare la mia mente, e a utilizzare dei cristalli che io “informo” con delle onde particolari, che sono in grado poi si trasmettere alle persone alcune frequenze. Guardate che è molto semplice, può farlo chiunque. Un evento scientifico che ha validato queste cose è l’esperimento Epr di Einstein con Podolsky e Rosen, quello che ha stabilito l’efficacia dell’entanglement. Ci sono due elettroni che girano nello stesso senso; se ne prende uno e lo si trasporta a chilometri di distanza; poi con la macchina si dà un impulso a far girare un elettrone al contrario (”spin inverso”) e simultaneamente – cosa che mise in crisi Einstein – dall’altra parte del mondo, anche l’altro elettrone si mette a girare nel senso inverso. Questo dimostra che la velocità della luce non è più fondamentale, nel calcolo delle dinamiche della materia.Pensate agli innumerevoli input biologici che arrivano alle nostre cellule, ai nostri organi: se viaggiassero solo degli impulsi biochimici, come faremmo a funzionare così bene? Non avete mai visto uno stormo di uccelli fare le sue evoluzioni, virando di colpo? Tutti si muovono in sincrono. Com’è pensabile che il capostormo fischi all’ultimo della fila? Si mandano i segnali di cui parlo. E come fanno le termiti, che sono cieche, a fare così rapidamente e in modo così perfetto il loro nido? Tra l’altro, il termitaio sorge sempre su un Nodo di Hartmann, geopatico. Col suo Principio di Indeterminazione, Heisenberg ha dimostrato che, nell’infinitamente piccolo, di una sostanza non si possono valutare due caratteristiche contemporaneamente. Possiamo “misurare” un elettrone, ma non la sua velocità. Non lo capivo, fino a quando non mi è venuto in mente l’esempio del minestrone: se voglio misurarne la quantità è facile, peso il mio piatto di minestra; ma se – contemporaneamente – voglio anche sapere se la minestra è buona o no, non posso farlo: assaggiandola, altererei una delle sue qualità (il peso, appunto).Se io guardo la realtà, come osservatore, posso condizionarla. Ma cos’è la realtà? Se reggo in mano un microfono e lo vedo grigio, un daltonico lo vedrà giallo. La realtà è dunque quello che il nostro cervello immagina che sia reale. Ma se la realtà è la malattia, e noi abbiamo la possibilità di vederla come una realtà diversa, perché non impariamo a farlo? E questo lo si può fare, non è difficile. Lo si può fare da soli, oppure aiutando la persona a passare dal subconscio (l’area dove sussistono i conflitti spirituali) al super-conscio. E dal super-conscio vi assicuro che parte la guarigione. Io lo trovo bellissimo. Questo, in sintesi, è il mio pensiero sulla fisica quantistica. Non è così complicata, ed è affascinante. Io mi sono limitato a riportarla nella pratica quotidiana.(Emilio Terziano, dichiarazioni rilasciate alla “Giornata dei guariti” il 19 dicembre 2019 allo Spazio Uno di Torino. Ginecologo ed esperto in “medicina energetica vibrazionale”, il dottor Terziano è il co-fondatore – con il figlio Andrea, ingegnere – dell’azienda Pentater, che produce dispositivi “quantistici” che proteggono il corpo da elettrosmog, geopatie e dolore fisico).Ho un amico che ha avuto un’emorragia celebrale, tre giorni fa, e a mie piace stare con lui. Non so se lo sto accompagnando verso la morte. Se io riesco a interagire con queste persone le faccio “uscire in astrale”: si vedono da sopra, si rendono conto del fatto che c’è una parte di noi che non muore. Con questo sistema comunicano con i loro cari, defunti, e si rasserenano. Questo, per me, è “accompagnare”. Una volta sola, mi è capitata una guarigione “miracolosa”: ce l’ho ancora nel cuore, nella testa. Gli altri però muoiono tutti: purtroppo non ho il potere di evitargli la morte (e penso che prima o poi toccherà anche a me, tra le altre cose). Per me, quindi, l’accompagnare ha questo significato: stare vicino, e fare quello che il tuo sapere – di testa e di cuore – in quel momento ti suggerisce di fare. La rabdomanzia? Non tutti nasciamo rabdomanti. Io lo sono diventato. La si può allenare, la mente, a percepire le radiazioni della Terra. Tanti anni fa sono stato in Egitto, nel Tempio di Luxor, a fare delle sperimentazioni. E ho visto che molte persone, vicino all’altare, cascano per terra. Pensate alla Sacra di San Michele, in valle di Susa: se andate lassù nella chiesetta, a sinistra dell’altare, potreste cadere; lì c’è un incrocio delle due “vie sincroniche”. Il fatto che i luoghi sacri come la grotta di Lourdes abbiano un’elevata energia è positivo, ma non è prudente sostarvi troppo a lungo, altrimenti ci si “frigge”.
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Proclamato: sappiamo tutto da sempre. Ditelo, alla scienza
Giorni fa una mia amica mi faceva notare un articolo, proveniente dal mondo scientifico, “Navigare tra i pensieri come nello spazio”. Così esordiva, testualmente: «Proposto un modello del pensiero umano secondo cui la nostra mente organizza le caratteristiche delle esperienze in dimensioni simili a quelle spaziali. Questa nuova teoria è basata sulla scoperta che nei test di memoria viene attivata la corteccia entorinale, la stessa che permette di orientarci nell’ambiente». E ancora: «Sulla rivista “Science”, una review firmata da ricercatori del Max-Planck-Institut per le scienze cognitive e le neuroscienze umane di Leipzig, in Germania, e del Kavli Institute for Systems Neuroscience di Trondheim, in Norvegia, definisce un modello del nostro sistema di navigazione che ha un ruolo importante in molte facoltà cognitive, e spiega perché la nostra conoscenza sembra essere organizzata secondo una modalità spaziale». In sintesi: «Nel cervello alcuni neuroni specializzati possono mappare l’ambiente costruendo una griglia esagonale che aiuta un animale a localizzarsi nello spazio. Ma le esperienze possono distorcere la griglia per dare maggiori dettagli alle aree di interesse» (cortesia Lucy Reading-Ikkanda, “Quanta Magazine”).Un tipo di scoperta che sinceramente non mi lascia indifferente, soprattutto oggi, in un momento in cui i miei studi, probabilmente, sono approdati a qualche tipo di risposta che presumo – lo ammetto: presumo – possa essere utile non solo a me, ma a tutti (e lasciatemelo dire, anche alla scienza). In pratica, sembra che l’ufficialità – molto timidamente – stia entrando in un campo, quello mentale, dove i pensieri (e vorrei dire non solo quelli animali, chiaramente) sembrano creare o aggirarsi in “mappe “ o “griglie” dove la geometria assume un certo tipo di valenza. Detto ciò, voi adesso mi dovrete scusare, oltre che armarvi di un minimo di pazienza, perché partendo da questo “suggerimento” vorrei mettere a vostra disposizione la sintesi del mio percorso conoscitivo, affinchè in molti possano rendersi conto del divario esistente fra ciò che il mio mondo conosce e ciò che la scienza arriverà a conoscere fra molti decenni, credo. Ma lo dico senza nessun tipo di alterigia, di sfida o senso di rivalsa verso nulla e nessuno. Scrivo semplicemente ciò che seguirà perché un profondo senso di responsabilità vorrebbe fosse a disposizione di tutti ciò che credo di sapere utile.Inoltre, e questo permettetemelo, quello che leggerete sarà trattato molto, ma molto più diffusamente nel mio prossimo libro, autoprodotto come quello in uscita su Salvador Dalì, che vedrà la luce questo autunno 2019, col titolo “Ottava e fisica emozionale”. Bene, fatta questa premessa, chi mi conosce si dovrà armare (come sopra) di un minimo di pazienza, che andrà riconosciuta anche a chi non mi conosce, affinché ciò che sto per descrivere possa avere un minimo di chiarezza e coerenza. Dovrò infatti incominciare… dall’inizio, quando “erano solo numeri”. Tredici anni fa, per primo, codificai un rosone nella mia città, l’Aquila, fra l’indifferenza di tutti e il mio stesso stupore. Si trattava del rosone centrale di Collemaggio. Allora, semplicemente, vidi al suo interno qualcosa di incredibile, un sistema numerico riassumibile attraverso le sue 36 braccia e 72 parti binarie, tutte nascenti da otto petali. Iniziava una vera e propria avventura verso quel sapere che mi avrebbe dato una nuova vita. Ricordo perfettamente una sensazione estremamente intima nel momento in cui capii come, utilizzando quelle informazioni, era possibile ottenere la Precessione degli Equinozi (36 x 72) e non solo.Quell’emozione sarebbe diventata fonte della mia continua ricerca. Non potevo sapere che quei numeri mi stavano risvegliando – in quel caso, attraverso il dolore. Dolore a me rinnovato da una persona che, a distanza di anni, anche oggi mi sta spingendo a scrivere, capire e condividere. Ma questa è la vita, e quando qualcuno ci fa morire, perché in vita si muore spesso, allora bisogna trovare il modo di rinascere (e questo è il mio). Tornando a noi, la ricerca di quei numeri – che non sapevo essere presenti ovunque in tutto il mondo, in mille modi a tutte le latitudini, da sempre e in qualsiasi testo sacro o misterico – era destinata a trovare rifugio in una serie illimitata di esempi o simboli. Non sapevo ancora di occuparmi dell’Ottava, e nulla sapevo del suo linguaggio simbolico. Io cercavo solo e assolutamente quei riferimenti, ovunque essi fossero. E viaggiavo, viaggiavo nel tempo. Trovavo nello Zodiaco di Dendera un magnifico rifugio.Nei avrei parlato per migliaia di volte nei miei libri, come nei miei seminari, che mai pensavo sarebbero stati seguiti. Ma era indubbio che, in questo caso, l’informazione aquilana fosse stata anticipata di migliaia di anni da quello zodiaco egizio, antropomorfizzandosi. Quei 12 esseri (con 24 braccia) abbracciano 72 corpi celesti, esattamente come nel mio rosone. Soprattutto – e qui vorrei la vostra attenzione – manifestano dinamiche comportamentali diverse: il Fuori e il Dentro dell’informazione. Tempo, spazio, movimento e materia sono appannaggio solo del Dentro e non del Fuori, dove quei 12 esseri mantengono un certo tipo di immobilità ottuplice. Ma a colpirmi non era tanto questo, quanto il fatto che all’esterno, fra gli esseri responsabili numericamente di quella visione celeste (che tanto dovrebbe insegnare a chi si ostina a occuparsi di astrologia in modo periferico e condominiale), si nascondesse un intervallo: un intervallo essenziale, per capire la mia legge (concedetemi il “mia”). Infatti, le direzioni sottolineano dei raggruppamenti sulle diagonali di 4 donne, sulla verticale di 4 Neter e sull’orizzontale di altri 4 Neter. Nasceva per me il famoso intervallo d’Ottava di “tre volte quattro” (o tre quarti), meglio conosciuto come Settenario, se sommato nella sua composizione numerica.Oggi, dopo anni, ho raggiunto la chiarezza di potervi dire che quell’intervallo è legge – in natura, come dentro di noi. Oggi posso dirvi con certezza che noi, esseri vibranti, parte integrante di un universo vibrante, siamo Settenario. Quello stesso Settenario che si avvale di sette note o sette colori per fare il famoso salto d’ottava, nello specifico il Do successivo e il bianco per lo spettro solare. Non sapevo che da millenni, in tutti i mondi spirituali come in quelli iniziatici, quello stesso salto veniva e viene provocato attraverso 7 virtù o 7 Chakra (ma questo è relativo). L’importante adesso è che voi capiate che dire “tre volte quattro” – o quattro stagioni di tre mesi – equivale a dire, numericamente, Rosone o Dendera o Settenario. E vi prego, risparmiatemi tutti gli shock addizionali del caso, esistenti all’interno di questa dinamica. E credetemi se vi dico che, anche in questo, il mondo cattolico sa immensamente più di quanto io abbia mai potuto leggere in merito. Mondo cattolico che stimo e studio con molta attenzione, cercando di distinguere il messaggio dai suoi portatori, non sempre consoni. Grandissimo stupore provavo poi nel rintracciare i miei numeri, sempre quelli, nella Lista Reale Sumerica. Stupore dettato dal fatto che questa volta apparivano in un contesto estremamente più antico dello zodiaco egizio.Otto Re in 5 città regnavano per 241200 anni. Di nuovo, i 12 esseri con le loro 24 braccia: e questa volta diventavano anni. Tanti anni: per gli esperti, decisamente troppi per essere presi sul serio. Perché tutte le civiltà della Terra sarebbero “nate” all’interno di pacchetti di tempo enormi? Eppure, quegli stessi anni mesopotamici erano e sono figli di una meccanica numerica che doveva far pensare, me per primo. Infatti, prima di ricomparire sotto il profilo decimale in Egitto millenni dopo, in Mesopotamia la stessa Lista veniva riassunta da 66 Sars e 6 Ners (Sar = 3600 anni; Ner = 600 anni); così almeno adesso sapete cos’è il 666. Soprattutto, quella civiltà aveva scelto un computo sessagesimale, per essere a sua volta evinto, sia a livello temporale che spaziale, dalla 216millesima parte di 12 milioni e 960.000 anni, pari appunto a 60 anni. Ma non è questo il punto, quanto il fatto che allora non sapevo cosa si celasse dietro quel “216” e tantomeno dietro… al Tempo.Poi, pochi anni fa, una telefonata amica mi informava che forse avrei fatto bene ad occuparmi delle Anatomie Sottili orientali, soprattutto di quella presente nell’Agopuntura. Lo feci. E improvvisamente il rosone divenne Agopuntura: 8 “meridiani curiosi” sono la matrice dei 12 organi principali come dei 12 meridiani secondari, a cui si aggiungono i 48 terminali. Su tutto si interagisce attraverso 360 agopunti. Io sommavo organi e meridiani e ottenevo 72 unità, che con i 360 agopunti andavano a costituire la matrice numerica di Collemaggio o Dendera o della stessa Lista sumera. Ma questa volta vi era una grandissima novità: scoprii che meridiani e organi rappresentano quell’anatomia sottile dalla quale sia il nostro corpo, come tutto il creato, prende forma. Soprattutto, nel mondo cinese si interagisce su di essi pensando che ospitino le nostre emozioni – che, se negative, possono sfociare in malattie. Cominciavo a rendermi conto che sulla Terra esisteva un medicina che presupponeva una realtà posta alla base di queata nostra realtà, simile a quella presente all’esterno del cerchio di Dendera. Oggi direi che di medicine multidimensionali sulla Terra ce ne sono moltissime, da millenni.Procedendo, mi occupavo dei simbolismi orientali. E scoprivo che tutto è collegato all’Ottagono, o all’Ottava – a questa legge che scoprivo ovunque, come nel Pak Ua. Oltre ad essere matrice del Feng Shui lo è dello Scintoismo come dell’I-Ching. E cosa scoprivo, dell’I-Ching, che avrebbe il compito di leggere il futuro? Si avvale di 8 trigrammi, quel “tre volte otto” presente nel labirinto di Collemaggio. Soprattutto, quei trigrammi sono composti da 12 linee unite e 24 spezzate, quindi 36 unità. Ma siccome l’I-Ching, se consultato, ha bisogno di 64 esagrammi, gli stessi vanno quindi raddoppiati, per cui da 36 passano a 72 unità consultabili. Così, mi accorsi che i numeri aquilani non solo erano utili a definire una dinamica spaziale come quella di Dendera, e non solo erano usati come anatomia umana e “creante”, ma esordivano nella visione del Futuro. Lo so, forse state pensando che io abbia fatto una partenza troppo lunga, ma vedrete che alle griglie mentali arriveremo.Andiamo avanti con la storia. Gli anni passavano e la mia ricerca mi portava ad occuparmi di sempre nuovi personaggi, che sapevo appartenere al mondo iniziatico proprio perché utilizzavano i “miei” numeri . Ormai non dubitavo più del fatto che tutto quel mondo, ovunque fosse rappresentato, utilizzasse immancabilmente quei parametri, da sempre. Arrivando a scrivere di architettura sacra, nello studio di Vitruvio (altro grande iniziato), attraverso il suo “De Architectura” ho intuito che i 3 stili principali di cui si occupa nell’opera – Corinzio, Dorico e Ionico – se suddivisi in parti o in componenti costruttivi, esprimono un ammontare di 216 unità. Non solo: se li si divide, avranno al loro attivo 72 parti (fra colonne, capitelli, fusto, trabeazione, e così via). E attenzione: per la prima volta ritrovavo quel riferimento come frazione del 216. Quello studio mi consentiva di capire come quegli stessi numeri fossero quindi essenziali, dal tempo delle Ziggurat fino ad arrivare al grattacelo di Renzo Piano a Londra, per ispirare qualsiasi tipo di costruzione civile o religiosa, in tutto il mondo.Vitruvio poi mi permetteva di fare un ulteriore passo avanti con un brano che vorrei riportare integralmente: «Del resto anche Pitagora e i suoi seguaci vollero esporre i loro precetti in volume secondo un sistema cubico e costruirono un cubo di 216 versi stabilendo che un trattato non dovesse essere composto da più di tre cubi. Il cubo è un solido composto da superfici piane uguali e quadrate; quando viene gettato rimane fermo, poggiando su una delle due facce, finché qualcuno non lo sposti, come avviene nel gioco dei dadi quando i giocatori li gettano sul tavolo. E pare appunto che i pitagorici si siano ispirati a questa similitudine, perché quel dato numero di versi rimanga impresso e fisso nella memoria, proprio come il cubo, qualunque sia la mente in cui è riversato. Anche i comici greci interruppero la lunghezza di un atto inframmezzandovi le parti corali. Quindi, dividendo l’azione secondo una proporzione cubica, alleggeriscono grazie alle interruzioni la recitazione degli attori». Già questo fa capire a che livello si trovasse il mondo iniziatico, millenni or sono, per quanto riguarda la modalità con cui questi pensatori supponevano che gli uomini facessero più “salda memoria”. Altro che griglie mentali! Da millenni, nel mio mondo si pensa che le griglie siano… cubiche.Tornando a noi, da quel momento – un momento non molto lontano dall’oggi – potei collegare i numeri aquilani ad una forma geometrica ben precisa (il Cubo) al numero 72, e 3 cubi al 216. E adesso posso fermarmi per riassumere alcuni passaggi e aggiungerne altri, in modo da avere una visione d’insieme più ampia:1) Il mondo mesopotamico riassumeva il suo sapere temporale e spaziale con il “3 volte 6” , che moltiplicato per se stesso è chiaramente pari al 216.2) Da ciò si può evincere che il 60 altro non è che un piccolo cubo nell’immensità temporale descritta.3) Dunque il Tempo, e quindi lo spazio descritto con questi numeri, è fatto di piccoli cubi (o anni) che si ripetono.4 ) La Precessione degli Equinozi, a livello numerico, è divisibile da “mesi cubici” pari a 2160 anni.5) Dendera altro non è che l’espressione spaziale, temporale e materiale proveniente da un evento numerico cubico.6) Le Anatomie Sottili orientali, come tutte le metodologie curanti, sono sempre impostate su una struttura cubica.7) La mente, o perlomeno la memoria umana, è cubica.Tutte le strutture architettoniche, almeno quelle costruite secondo i canoni numerici esaminati, hanno una matrice cubica.9 Il futuro può essere letto seguendo una dinamica cubica.Così andavo avanti, e sarebbe stato Giordano Bruno a regalarmi una perla di saggezza attraverso i suoi sigilli, come “Venere o Amore”. Brevemente, “Venere o Amore” si può definire il sunto geometrico della Legge dell’Ottava: risulta essere figlia di un triplice inizio, che usa una legge settuplice per approdare in natura con 5 geometrie ben precise, quelle platoniche. Per ora vorrei solo che notaste come su quei 7 cerchi campeggino tutta una serie di triangoli, uniti a originare forme geometriche precisamente determinate. L’Ottavo cerchio comprenderà il tutto. Ora, solo nel caso di questo simbolo, o sigillo, Bruno aggiungerà che le lettere che vedete rappresentano le iniziali corrispondenti agli Dei, mentre le linee che uniscono gli Dei altro non sono che le loro… EMOZIONI! Adesso però vorrei che osservaste meglio l’immagine, così potrete notare la presenza di 3 rombi (a:O:N:S-a:O:P:Q-a:S:R:Q). Fatto ciò, sarà facile evincere un cubo che contiene altri cubi, costituiti da geometrie platoniche a loro volta nascenti da triangoli.Quindi da questo momento abbiamo il diritto di aggiungere alla lista il punto dieci:10) Le emozioni sono cubiche.Da millenni, dunque, tutto il mondo iniziatico sa perfettamente che il corpo umano, la sua memoria e le sue emozioni sono il frutto di una matrice cubica. Sa che la creazione è di tipo cubico, considerando Dendera. Sa che dire cubo vuol dire Tempo, e che quindi noi siamo fatti di… ?DIO E’ UN IPERCUBOChiaramente anche la scienza sa qualcosa dei miei numeri, e non solo l’astronomia. Un giovane matematico indiano dei primi del secolo scorso, Srinivasa Yengar Ramanuyan, ebbe modo di creare le basi equazionali della Teoria delle Stringhe (oggi Teoria delle Membrane) attraverso le sue equazioni, da lui definite “modulari”. Guarda caso, quelle equazioni nascevano tutte da una trina numerica ben precisa: l’8, il 12 e il 24. Quindi la scienza forse non sa che quelle equazioni sono cubiche: e siamo arrivati al punto 11.Sicuramente la scienza è più attenta quando si parla di dimensioni: infatti, già dalla fine dell’Ottocento, ha contezza persino di una quarta dimensione (chiaramente non ne ha un’idea fisica, ma solo teorica). E postula una figura geometrica – fatta da un cubo con dentro un cubo – come modalità geometrica con cui definire una quarta dimensione, all’interno della quale noi siamo compresi, anche se non se siamo consapevoli; è una dimensione in cui spazio e tempo non si comportano come in questa dimensione (anzi, “non si comportano” e basta). Di nuovo, ciò che importa è la struttura geometrico-numerica che costituisce il “Tesseratto” (o “Ipercubo”, come viene comunemente chiamato) E’ costituito da 24 facce bidimensionali e 8 facce tridimensionali, come a dire: è fatto da 24 quadrati e 8 cubi. Numericamente è quindi composto da 48 parti bidimensionali e 24 parti tridimensionali. Totale: 72 parti.Adesso aggiungiamo il punto 12, il quale dice che «i numeri del Rosone di Collemaggio, usati da tutti gli iniziati della Terra, da sempre, per fare qualsiasi cosa in qualsiasi campo dello scibile umano, i numeri dell’Ottava insomma, altro non sono che un modo con cui utilizzare una matrice almeno quadrimensionale (conosco i Polychora e potrei dire altro, ma ne parlerò nel libro) come matrice non solo della nostra realtà ma del nostro essere psicofisico». E dopo una dichiarazione del genere, credetemi, parlare ancora di in termini esclusivamente misterici di Alchimia, di Tarocchi, di I-Ching, di Anatomie Sottili e di Chakra, di presunti Graal, di Tetraedi Stella di Merkaba, è a dir poco riduttivo, veramente. Esiste infatti un unico pseudo-mistero, ed è la Legge dell’Ottava. E siccome qualcosa io credo di averla capita, mi sembra giusto dire che è ora di finirla con questo presunto Esoterismo, come è ora che la scienza la smetta di ostinarsi nel non collaborare con “noi” che di simboli ci occupiamo, perché è con i simboli che si creano le Griglie – e non quelle esagonali, come l’ufficialità presume, ma quelle ipercubiche, come l’uomo è destinato a fare quando intraprende percorsi come i mei.Proseguo perché adesso si arriva al bello, visto che avete avuto la pazienza di arrivare fin qui. Vediamo un po’: io mi son chiesto (come molti, e da millenni) di cosa è fatto il Tempo. Un’idea credo di averla, ed è la seguente: intanto noi possiamo trasformare con molta semplicità un cubo in Tempo. Basta infatti trasformare i suoi dodici lati in 12 mesi di 30 giorni e il gioco è fatto – alla faccia di Nibiru. Così, i suoi 8 apici diventano 8 date ben precise. Allora è possibile trasformare “Venere o Amore” in Tempo, e quindi le emozioni in Tempo. Forse non ce n’eravamo mai accorti, ma il Tempo è vivo. E se è fatto di emozioni, è emozionabile. E allora emozioniamolo, con una bella preghiera – come fanno gli ebrei, attraverso le loro preghiere cubiche o il loro Dio fatto da 72 nomi di tre lettere, oppure come fanno gli arabi girando per 7 volte intorno alla Mecca. O noi cristiani quando entriamo in chiesa.La chiesa è una croce che – chiusa – diventa un Cubo; ma avendo sempre tra navata e transetto un Ottagono, si dimostrerà essere un luogo ipercubico, dove tempo e spazio… non si avvertono. Quindi perché stupirsi dell’Ottuplice Via buddista? Lo stesso Induismo, attraverso i 108 passi del Dio Shiva (36+72) vede creare il cielo e la Terra. E che dire dello Scintoismo, che vede l’essenza della sua spiritualità in 8 milioni di Kami o anime. E allora emozioniamolo, il Tempo. Forse non ci è chiaro, ma le tecniche per emozionarlo le conosciamo da millenni. E a volte funzionano, sapete – eccome, se funzionano.Però adesso aggiungiamo un punto alla nostra personale tabellina, il 13. E diciamolo chiaro: l’Umanità da sempre adora un Ipercubo – e non se n’è accorta, lei che è Tesseratto nel cuore (incredibile). Ma soprattutto, l’Ottava è Dio ed è Tempo… come noi. Non c’è nulla di male a dirlo. Infatti, tutti i mondi religiosi e iniziatici – attraverso 7 virtù ben precise, e vi prego di ricordare cosa vi ho detto sul Sette o Settenario – cercano di cambiare le “nostre” vibrazioni affinchè l’Ottava vibrazione (e cioè la santità) diventi tutt’uno con noi. Peccato però che né la scienza né tantomeno il mondo iniziatico abbiano mai preso carta e penna per dire che quelle Sette Virtù pregate e vissute in modo mantrico altro non sono che vibrazioni corrispondenti a dimensioni ben precise, da cui guardacaso arrivano capacità ben note, che il mondo cristiano poi chiama Doni o Carismi. Ma non fa nulla; io amo l’Ottava e, senza saperlo, ho amato Dio grazie a Collemaggio, per cui forse oggi ho abbastanza fede, speranza e carità per dire che tutti debbono “capire, per essere”.Ma a questo punto posso prendere e dare fiato per dirvi: visto che stiamo parlando di dimensioni e di corrispondenti vibrazioni, non stiamo forse parlando di griglie mentali la cui geometrizzazione spaziale è quadrimensionale? Quindi, cari scienziati, visto e considerato che già tantissimo avete fatto, ora fatevi aiutare come ai tempi della Protoscienza. Così riusciamo a creare una nuova tecnologia, compatibile e pienamente umana, visto che la vera macchina da scoprire siamo noi. Sì, perché nel momento in cui si capiscono certe cosette, l’autocoscienza ci permette di evolverci attraverso quelle nuove griglie. Così possiamo assolvere il mondo massonico da un compito davvero ingrato, quello di trasformare la pietra grezza in pietra d’angolo. Ecco, facciamocela da soli ’sta roba: è meglio.IL MONDO DEI DESIDERIEbbene, giustamente voi direte: e adesso, con tutto ciò che hai scritto che ci faccio? Allora cominciamo col dire che tutti coloro che vogliono il libretto delle istruzioni, il cacciavite, le pinze o la prodigiosa macchina guaritrice di turno non sono invitati. Qui o si diventa Ottava, o non si riesce a fare ciò che l’Ottava meglio sa fare. E cioè: creare nuovi mondi o nuove realtà. Io, nel mio piccolo, ci sono riuscito semplicemente perché ho fede in Dio. E sapete cos’è la fede? Semplicemente un’emozione, capace di eliminare spazio e tempo da questa tridimensionalità: si chiama onnipresenza. Insomma, come sopra: una dimensione al cui interno è presente l’onniscenza del mio rosone e l’immortalità del mio peregrinare, nel tempo come nello spazio. Signori, ma non lo avete capito? Noi siamo Tempo: nel momento in cui siamo coscienti di poterlo fare e scegliamo di farlo, noi siamo esseri capaci di muoverci nel Tempo, di modificarlo e plasmarlo, semplicemente perché il Tempo è l’essenza di ogni dimensione. Per cui non ho deciso (come qualcuno propone) di diventare immortale; no, mi darei una fregatura da solo. Ho deciso di percepire l’immortalità in vita. E quella sensazione è così potente da ridare vita, un domani, a un viaggiatore come me, che ha deciso di essere stato spesso qui. Perché l’Ottava questo può anche decidere di permettere.E così, da un po’, mi muovo nel tempo come ho fatto in questi anni. E quando ho deciso di creare qui il mio nuovo futuro mi sono accorto di non poterlo fare. E sapete perché?Semplicemente perché non ce l’avevo. Il presente, questo meraviglioso presente, pensavo fosse sufficiente, alla mia vita. Ma ho deciso che non è più così: dal futuro da cui vi sto scrivendo vi dico che tutto quello che amo io l’ho avuto. Perché la realtà che sto creando in questo preciso istante è già passato, prima di diventare futuro, e l’ho vissuto. Anche perché il Tempo non è solo trino, ma soprattutto… uno. E adesso immaginiamo qualcuno che sappia usare il tempo moooolto meglio di me: che cosa farebbe, secondo voi? Se avesse un desiderio, sapendo che il Desiderio è una struttura ipercubica da “riempire”, allora lo chiamerebbe 129600000 anni. E al suo interno ci metterebbe una civiltà, che nascerebbe estrapolando tutto il suo sapere cubico esattamente da questa Dimensione, che è fatta da un numero di anni ben preciso. Quindi il Tempo è una variabile dimensionale pensante e modificabile, che spazialmente è capace di rispecchiare, dentro di noi, le geometrie spaziali e dimensionali presenti in natura.Siamo ben oltre le griglie mentali. Siamo perciò emettitori di tempo, e ricettori dello stesso.Immaginate quante cose possiamo fare, quindi – altro che Costellazioni Familiari, Pnl, Reiki e mille altre cose, spesso russe o americane, tanto per non fare nomi… Possiamo per esempio (come ha fatto Gioacchino da Fiore) inventare un Terzo Tempo o Spirito Santo, utile a portare in questa realtà la Gerusalemme Celeste, che chiaramente era cubica, attraverso un protocollo mantrico fatto dalla ripetizione, per nove volte, del numero 7. Oppure possiamo fare un salto da Papà, che non c’è più (come ho fatto), e dirgli di stare tranquillo, perché da grande io ce la farò. Possiamo regalare tempo a una persona attraverso una dimensione come l’amore. Possiamo credere che Dio sia vivo e che ci ascolti, perché lui è Ottava, e possiamo parlargli attraverso le sue dimensioni – che in noi sono virtù.Possiamo darci e dare degli appuntamenti, nel Tempo, pur sapendo che non ci saremo fisicamente, come ho fatto con mio nipote. Possiamo utilizzare pensieri provenienti dal passato, come io ho fatto, e utilizzarne altri che provengono dal futuro, per sapere e capire. Possiamo pensare di essere sempre vissuti e rendere ciò vero, come ho fatto, e muoverci nel futuro come nel passato. Possiamo creare mondi come quelli cinematografici, dove attraverso un Cubo intere epopee di super-personaggi – dai Trasformers agli Avengers – fanno guadagnare alla Walt Disney miliardi di dollari. O creare un videogioco come Fortnite, con centinaia di milioni di giocatori che inseguono una struttura cubica. E qui mi fermo. Oppure, visto che a breve uscirà questo mio lavoro, possiamo immedesimarci con la morte in vita, e percepire attraverso un Ipercubo la sensazione meravigliosa di chi sa che la morte non esiste veramente. Possiamo rifare tutto e meglio, in questo mondo e di questo mondo. Con affetto, Michele Proclamato.(Michele Proclamato, “Le griglie mentali e la fine dell’esoterismo, ovverosia: quando cambiare tutto e cambiare tutti è possibile e necessario”, dal blog di Proclamato dell’8 giugno 2019).Giorni fa una mia amica mi faceva notare un articolo, proveniente dal mondo scientifico, “Navigare tra i pensieri come nello spazio”. Così esordiva, testualmente: «Proposto un modello del pensiero umano secondo cui la nostra mente organizza le caratteristiche delle esperienze in dimensioni simili a quelle spaziali. Questa nuova teoria è basata sulla scoperta che nei test di memoria viene attivata la corteccia entorinale, la stessa che permette di orientarci nell’ambiente». E ancora: «Sulla rivista “Science”, una review firmata da ricercatori del Max-Planck-Institut per le scienze cognitive e le neuroscienze umane di Leipzig, in Germania, e del Kavli Institute for Systems Neuroscience di Trondheim, in Norvegia, definisce un modello del nostro sistema di navigazione che ha un ruolo importante in molte facoltà cognitive, e spiega perché la nostra conoscenza sembra essere organizzata secondo una modalità spaziale». In sintesi: «Nel cervello alcuni neuroni specializzati possono mappare l’ambiente costruendo una griglia esagonale che aiuta un animale a localizzarsi nello spazio. Ma le esperienze possono distorcere la griglia per dare maggiori dettagli alle aree di interesse» (cortesia Lucy Reading-Ikkanda, “Quanta Magazine”).
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Le truffe della “spiritualità” e il Manuale del Partigiano Zen
Ti si sono aperti tutti i chakra e stai fluendo in sincronia perfetta con l’esistenza? Senti l’amore cosmico che ti fa salire la kundalini? Sei certo di essere a un passo dall’illuminazione? Senti energeticamente, dici che tutto è Uno, vedi le vite passate, hai preso 23 livelli di Reiki e hai 5 nomi sannyasin? Sei convinto che il mondo sia un’illusione e te ne freghi di tutto? O hai davvero qualcosa da insegnarci, o com’è più probabile, ci sei davvero dentro fin sopra il collo. Sei infettato dall’ego spirituale, un altro astuto nemico sulla strada verso la vittoria. L’ego spirituale è una delle più astute maschere dell’Io. È l’uso e il consumo di tutto ciò che è “spirituale” per la gratificazione dell’ego. È il nuovo vestito di quel vecchio ego che prima faceva classifiche mondane e misurava chi era il più figo, ma ora vuole accumulare cose nel mondo dello spirito. Però la puzza dell’ego è sempre la stessa. Solo che adesso vuole farsi bello con conquiste interiori, cambiamenti metafisici, seminari che danno i superpoteri, terapie che guariscono da tutti i problemi, ricette belle e fatte sulla felicità permanente.L’ego spirituale non guarda in faccia a nessuno, anche se spesso le sue prede preferite sono le persone sensibili, idealiste, sognatrici. L’ego spirituale è subdolo e pericoloso, perché meno visibile, molto astuto e più difficile da smascherare. Cerca di pompare la tua presunta intelligenza e la tua cosiddetta saggezza spacciandoli per verità e alla fine ci caschi anche tu. Le persone in preda all’ego spirituale sono in genere anime belle che cercano rifugio dal loro disagio in quello che ritengono il mondo dello spirito. Non bisogna dimenticare che la stragrande maggioranza delle persone arriva a un percorso “spirituale” perché avverte sofferenza e disagio, perché è in crisi, perché è confusa; e questo è sacrosanto, naturale. Essere in crisi è la porta di accesso al cambiamento e all’evoluzione, e tutti, prima o poi, passiamo di lì. Ma a volte ci si attacca forzatamente anche alle nostre presunte conquiste interiori per paura di restare vuoti e senza appigli. Dopo che hai sofferto trovi un insegnamento o qualcosa che ti fa stare bene: pensi di essere arrivato, di aver trovato la chiave, “the secret”, e ti dici: finalmente, ora ho capito! Così rischi di cristallizzarti in una nuova identità spirituale.Dietro c’è il bisogno di considerazione e di approvazione, e la voglia di fuggire dalle cose che non hai risolto. Indossare il nuovo vestito spirituale è una nuova bellissima e illusoria sicurezza: ti senti maggiormente accettato, ti piace avere un certo tipo di potere (io ti posso guarire!), di conoscenza, di amicizie, o un nuovo nome spirituale; senti che puoi avere le risposte, ti senti più utile, figo, sicuro, protetto, arrivato. Non c’è niente di male, ma è sempre il giochino dell’ego che prima o poi si romperà, e tu dovrai fare i conti con quelle cose che ti hanno legato all’ego spirituale: la ricerca di sicurezza, di potere, la paura di non essere accettato, il bisogno d’amore, la mancanza di senso, il dolore e l’angoscia, il desiderio di essere visto. Ecco che il mondo spirituale ti offre una meravigliosa occasione: prendi otto iniziazioni, fai diecimila corsi diversi cercando di risolverti, vuoi l’illuminazione in tre giorni, cerchi nelle presunte coincidenze la conferma a una tua credenza, leggi 10.000 frasi spirituali senza metterne in pratica nemmeno una. Vuoi diventare qualcuno nel mondo dello Spirito, ma attento, perché se incontri un vero Maestro diventerai Nessuno.Il grande pericolo di tutte le esperienze mistiche – esperienze di illuminazione, liberazione, e così via – è che verranno utilizzate dall’ego e trasformate in materiale usato dall’ego per i suoi fini. Quando il contesto della vita di un individuo è l’auto-referenzialità egoica – vale a dire che l’identificazione è con l’ego come unità separata – le esperienze mistiche, i momenti di illuminazione, le credenziali spirituali, diventano tutti beni potenzialmente pericolosi. La “valuta” della verità può essere velocemente scambiata per la valuta dell’ego, e tali esperienze ben presto diventano un altro ancora dei mezzi dell’ego per rafforzare il suo potere nella sua lotta contro la vera liberazione. L’ego può tentare e tenterà di trasformare tutto a suo beneficio. Ecco perché l’ambito delle esperienze mistiche e di illuminazione è così pericoloso. È proprio perché il loro valore è così alto per il sé essenziale che tali esperienze sono così interessanti, e anche minacciose, per l’ego.L’ego vuole fortificarsi, e vuole anche bloccare efficacemente la liberazione che percepisce come la propria fine. Perciò, diventare un “ego spirituale” è un travestimento geniale attraverso cui infiltrarsi nella vita spirituale sincera dell’individuo e sedurre la sua attenzione distogliendola dalla Verità o da Dio (M. Caplan). Anche l’esperienza della cosiddetta illuminazione (così ambita dall’ego spirituale) è sostanzialmente un’illusione egoica. Non che non esista l’illuminazione, ma l’ego non si può illuminare, quindi da questo punto di vista tu in quanto identità non ti illuminerai mai. Il tuo ego vuole una cosa per la quale è necessaria la sua morte e quindi volersi illuminare è una contraddizione in termini. La parola “spirituale” è una parola molto pericolosa, che ha creato spesso divisioni e fraintendimenti, e che io a questo punto abolirei e la sostituirei con naturale. Ecco, non mi diventare spirituale, diventa naturale! Scopri il tuo essere vero, autentico, selvaggio, musicale, libero, incondizionato, ignoto. Non ti atteggiare da quello che ci ha capito qualcosa. Lo sappiamo tutti che non sai niente! Sii quel niente!Una autentica ricerca spirituale ti mostra l’illusione dell’identità personale, ma allora come farai a far cadere la tua identità spirituale? Se sei un praticante spirituale, un maestro di meditazione, un grande ricercatore della via, un terapeuta dello spirito, un facilitatore olistico, un sannyasin o un religioso fervente, sei potenzialmente più nei casini che se fossi uno spazzino o un pizzaiolo. A un certo punto il giudice interiore ti romperà le scatole dicendoti: ma sono anni che ti occupi di queste cose, e guarda: non ti sei illuminato, ogni tanto stai da culo, a volte non sai che pesci pigliare, dio non sai dove sta di casa, e pretendi di aiutare gli altri e di mostrare loro la via? Oppure sarai così su di giri al pensiero di essere su un percorso spirituale da pompare l’ego finché non scoppia come un palloncino. Spesso si fugge dal dolore e dalla sofferenza attraverso qualcosa di spirituale, ma a volte proprio il dolore e la sofferenza sono “spirituali’’, nel senso che possono essere preziosi strumenti per comprendere, evolvere, amare. Stare con quello che c’è non è facile, ma è prezioso, disarmante, ed è la chiave del vero cambiamento.Se smettiamo di cercare, cosa ci resta? Ci resta ciò che è sempre stato qui, al centro. Dietro alla ricerca c’è l’angoscia, c’è il disagio. Quando lo capiamo, vediamo che il punto non è la ricerca, ma l’angoscia e il disagio che spingono a cercare. Capire che cercare all’esterno non è la via, è un momento magico. Ci rendiamo conto che qualunque cosa cerchiamo, saremo sempre delusi (C. Joko Beck). Se vai alla radice, se hai il coraggio di non prenderti per il culo, se vai a guardare come ti manipoli, se riconosci con coraggio come e quanto ti sei voluto ingannare, se lasci bruciare il tuo cuore in fiamme, se attraversi con pienezza quel dolore… allora diventi sempre più leggero e la luce inizia a filtrare. Io sono stato in India, ho fatto gruppi di terapia, ho conosciuto il mondo di Osho, ho conosciuto Maestri e persone meravigliose, mi hanno dato un nome spirituale, ho studiato tecniche di meditazione, ho girato in tondo come i sufi, ho recitato mantra, ho fatto viaggi sciamanici, e tante altre cose.Senza portare nessuna bandiera e senza sposare nessun credo, volevo e dovevo esplorare tutto questo perché in questa ricerca c’è sicuramente qualcosa che vale la pena. E ancora non ho finito. E quindi? Cosa ho compreso di essenziale? Quello che non ho mai perso e non potrò perdere. Questo semplice spazio di non sapere, questo cuore vulnerabile, questo lasciar andare quello che non sono. La Vita che spinge per riconoscere se stessa. Non c’è altro. E’ bellezza. E più comprendo e più non so. E’ tutto qui, per fortuna. L’unica Vera spiritualità è la totale autenticità verso ciò che sta accadendo nella tua Vita in questo momento. Alleluia.(“Ricerca spirituale a chi?! Cazzi e mazzi della ricerca spirituale”, estratto dal “Manuale del Partigiano Zen”, 22 agosto 2016).Ti si sono aperti tutti i chakra e stai fluendo in sincronia perfetta con l’esistenza? Senti l’amore cosmico che ti fa salire la kundalini? Sei certo di essere a un passo dall’illuminazione? Senti energeticamente, dici che tutto è Uno, vedi le vite passate, hai preso 23 livelli di Reiki e hai 5 nomi sannyasin? Sei convinto che il mondo sia un’illusione e te ne freghi di tutto? O hai davvero qualcosa da insegnarci, o com’è più probabile, ci sei davvero dentro fin sopra il collo. Sei infettato dall’ego spirituale, un altro astuto nemico sulla strada verso la vittoria. L’ego spirituale è una delle più astute maschere dell’Io. È l’uso e il consumo di tutto ciò che è “spirituale” per la gratificazione dell’ego. È il nuovo vestito di quel vecchio ego che prima faceva classifiche mondane e misurava chi era il più figo, ma ora vuole accumulare cose nel mondo dello spirito. Però la puzza dell’ego è sempre la stessa. Solo che adesso vuole farsi bello con conquiste interiori, cambiamenti metafisici, seminari che danno i superpoteri, terapie che guariscono da tutti i problemi, ricette belle e fatte sulla felicità permanente.
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Ci rubano il tempo, così non pensiamo: ecco il complotto
Il rapporto tra la velocità e il tempo è cambiato solo negli ultimi quattro secoli: alla velocità è stato assimilato un significato di efficacia, di efficienza, mentre alla lentezza viene attribuito un coefficiente simbolico di ritardo e inefficienza. Una persona che ha dei problemi la chiamiamo “ritardata”: tendiamo a considerare poco efficiente chi, magari, una cosa la capisce dopo – chi risponde dopo, chi reagisce dopo. E’ un ritardo, che per noi oggi è automaticamente un’inefficienza, un’inabilità. Quante volte usiamo l’espressione “perdere tempo”? I latini dicevano “festina lente”, cioè “affrettati lentamente”. Per circa due secoli è stato il motto di case nobiliari nonché del veneziano Aldo Manuzio, il primo editore del mondo. Già nella favola di Fedro, la tartaruga batte la lepre. Il “festina lente” lo ritroviamo nei testi più misteriosi, all’origine del rosacrocianesimo, e in Giordano Bruno, nel famoso dialogo de “La cena delle ceneri”. Manzoni, nei “Promessi sposi”, lo cambia in “adelante, cum judicio”: veloce, ma con prudenza.La velocità percepita come virtù è un’acquisizione molto recente. Attribuire alla velocità un valore positivo e alla lentezza un valore negativo può non essere una cosa utile, in senso assoluto: chi ha detto che il boia che dice “domani” è peggio del boia che dice “subito”? Nel film “Non ci resta che piangere”, con Benigni e Troisi, Leonardo è un ritardato. Leonardo era lento, molte commissioni gli sono state tolte perché non finiva in tempo i lavori: per fare le cose si prendeva i suoi tempi. Era lento, ma questo non gli ha impedito di scrivere 13.000 pagine di studi. Impegnava il tempo secondo i suoi principi. Il tempo è un bene collettivo, ma anche individuale. Il tempo è denaro, si dice, ma non è vero: il tempo non è denaro. Il denaro è fungibile, il tempo no: se ti rubo 100 euro potrai sempre recuperarli, ma se ti rubo un’ora non te la ridarà nessuno. E questo è fondamentale per capire qual è la chiave di volta a cui siamo arrivati, nel nostro sviluppo evolutivo. Il sistema, l’intero sistema di potere mondiale, è fondato sulla sottrazione del nostro tempo.Il tempo ci dev’essere sottratto, ci dev’essere tolto: perché, in quanto moneta infungibile, diventa la vera risorsa del sistema di potere. Quindi la vera risorsa non sono i nostri soldi, ma il nostro tempo. La sottrazione del nostro tempo è mirata a trasformare l’uomo in consumatore: l’essere umano pensante deve essere trasformato in consumatore. Meno si pensa, e più si consuma. Il miglior consumatore è quello non pensante. Quindi, sottraendovi il tempo, voi non pensate. In tempi andati, fino a 70-80 anni fa, la gente teneva dei diari. Quella di racchiudere delle cose in un racconto è un’esigenza naturale dell’uomo, una narrazione destinata anche a se stessi. E quella stessa narrazione era un modo anche per pensare – perché non è che si pensa in compagnia, si pensa da soli. Il pensiero, l’introspezione, è individuale. Si può pregare in compagnia, ma non pensare. Il pensiero è veramente la radice della nostra essenza. Se un grande filosofo come Cartesio ha scritto “cogito ergo sum” (penso, dunque sono) ci sarà pure un motivo, no?E quindi il sistema ci deve togliere il tempo per non farci pensare. Ma dato che noi abbiamo l’esigenza del racconto, ci dà Facebook – che è un modo di sottrarre il tempo, evitando però di pensare: chi è che si va a riguardare le scemate che ha scritto in precedenza? Facebook non è un libro, un quaderno. E poi a un certo punto ti impedisce di andare indietro. E’ l’ennesimo sistema costruito ai fini del grande progetto: la sottrazione del tempo. Noi non pensiamo, perché il tempo ci viene sottratto. E siccome non pensiamo, non partecipiamo. Chi di noi partecipa al sistema politico? Chi di noi si iscrive al partito che ha votato, andando a rompere i coglioni ai congressi e facendo causa per averli, i congressi? Certo, nessuno nega che anche Facebook abbia anche i suoi aspetti positivi, la capacità di veicolare idee. Del resto, nessuna cosa è mai interamente negativa. In una rivisitazione del “Dottor Jekyll”, Mister Hide deve fare un’azione malvagia, pesca un pesciolino dalla boccia e dice “adesso lo do al gatto”, ma poi ci ripensa: “No, così il gatto gode”. Avrebbero mai dato uno Stato a Israele senza i 6 milioni di ebrei sterminati da Hitler?Resta però il fatto che, se facciamo la somma del tempo sottratto, a tutti quanti, scopriamo che tutti gli espedienti sono indirizzati alla sottrazione del tempo. La sottrazione del tempo opera attraverso un concetto che si chiama “astrazione del gesto”: è il modo in cui si sono fondate tutte le operazioni di business criminale dell’umanità. Se ti convinco, una tantum, a fumarti un sigaro particolare, tu non diventi un fumatore. E non sei un fumatore se ti fumi quattro sigari all’anno, nelle ricorrenze. Quand’è che diventi un fumatore? Quando io ti fabbrico l’oggetto astratto – l’astrazione di un piacere – che è la sigaretta: te la fumi, senza più neppure accorgerti che stai fumando. Devi arrivare al gesto per cui tu compri senza pensare a quello che stai comprando. Mangi, senza sapere che stai mangiando. Devono toglierti quello che c’è dietro alle cose, ai gesti – mangiare, fumare. Non necessariamente sarebbero morte di cancro migliaia di persone. Una volta il tabacco non lo si fumava, lo si annusava. Nessuno sarebbe morto di cancro, ma non sarebbe neanche nata la Philip Morris.Le cose devono funzionare in quel modo: la sottrazione del tempo significa astrazione del contenuto dei gesti, e quindi eliminazione della scelta. Non facciamo più le cose per scelta, ma perché le abbiamo fatte ieri e quindi le rifaremo domani. E’ stato costruito uno schema per cui la quantità dei nostri gesti automatici è oggi infinamente superiore a quella dell’uomo di 400 anni fa. Oggi, i nostri gesti automatici sono il 90% della giornata. L’uomo del ‘400 non ti diceva “ok, lo faccio subito”, ma “lo faccio dopo”: era la difesa del principio in base al quale lui sceglieva come destinare il proprio tempo. Su questo presupposto, il vero atto rivoluzionario è riappropriarsi del tempo. Ognuno di noi lo può fare. E’ semplice, ed è alla base di tutto: adottare un certo tipo di alimentazione, costruire un vissuto diverso. Alla base di tutto ci dev’essere la riappropriazione del tempo. E’ vero che lavoriamo 8 ore, ma poi tendiamo a perdere anche le altre. Il tempo non è perso se ho visto una cosa che non mi è piaciuta, se ho scelto di vederla, perché anche quella è un’esperienza. Il tempo è perso se sono a una conferenza noiosa e non l’ho deciso io, di andarci. E il tempo perso non è restituibile.Anche all’interno dello schema della società odierna, noi potremmo riappropriarci di una serie di cose. Rispetto ai concetti più complicati di consapevolezza e rivoluzione personale, questa è una cosa più semplice da spiegare, da far capire. Se a un certo punto ognuno di noi, nel suo piccolo, fa questa operazione su se stesso e la stimola nelle persone che gli sono vicine, scopre che questo è l’unico modo – vero – per recuperare energie per poi rifare progetti e rimettersi in moto. Dalla fine del ‘900 stiamo vivendo nel picco più basso, a livello di consapevolezza. E’ il più alto tecnologicamente, ma non ci serve a nulla. Perché la tecnologia è stata sviluppata? Per fotterci il tempo. Esce il telefonino nuovo e te lo devi comprare, esce il computer nuovo che ti fa risparmiare del tempo, ma quel tempo lo perdi lavorando come un matto per trovare i soldi necessari a quegli acquisti. Quando dirigevo “Pc Magazine” scrissi un editoriale nel quale dicevo: non comprate l’ultimo modello, perché vi fa risparmiare un’ora di lavoro ma ve ne fa perdere dieci per pagarlo. Il direttore italiano di Cisco ci tolse la pubblicità e inviò una lettera di fuoco, di tre pagine. Risposi con due parole: “Sopravviveremo entrambi”.Tutto è costruito per fotterci il tempo. La macchina da 50 milioni di euro, che può essere il sogno della mia vita, convive col divieto di superare i 130 chilometri orari. Che me ne faccio, allora, di una Ferrari? Eppure la gente continua a comprare le Ferrari: l’automatismo è formidabile, è un sistema micidiale. A chi non piacerebbe una bella casa, con parco e piscina? Ho un amico industriale che ne ha una così, vicino a Milano, ma è stata costruita su una vena radioattiva che risale all’evento di Chernobyl. Un umanista come Leon Battista Alberti per prima cosa domanda: dove la fate, la casa? Chi si pone mai il problema del “dove”, dell’orientamento fatto in modo serio? Il Feng Shui dell’80% degli architetti italiani è una truffa, ma il vero Feng Shui si fonda sullo stesso principio del Padre Nostro, “così in cielo così in terra”, in alto come in basso. Ci sono energie che vengono da sopra e energie che vengono da sotto. Quelle che vengono da sotto vennero studiate a tutti i livelli: da egizi, persiani, alchimisti. E si chiama tellurismo. Ora, studiare la ragnatela del tellurismo, la ragnatela geo-magnetica, non è semplice. Se uno la conoscesse davvero, potrebbe prevenire i terremoti.Io ho un caro amico, Giampaolo Giuliani, che i terremoti li prevede. Ci ha sempre azzeccato, perché rileva il radon, cioè l’espressione del tellurismo: è il gas che circola e viene liberato quando le vene, i canali in cui viaggia si rompono, e quindi sale. Ma non c’è pericolo che gli architetti “chic” ne sappiano qualcosa, di tellurismo: anche a loro hanno tolto il tempo. Le forze che vengono dall’alto, invece, sono alla base del simbolismo astrologico, il cui significato non è quello divinatorio, di stabilire i caratteri dei segni. Il simbolismo astrologico nasce come ancestrale collocazione in un ordine, da parte degli antichi, delle energie che provengono dalle stelle. Il testo base della difesa dell’astrologia l’ha scritto Firmico Materno, è un romano del 100 dopo Cristo. La prima cosa che scrive è che l’astrologia non serve per divinare. Tralasciando i fabbricanti di oroscopi, se invece studiamo come questa simbologia ha cercato di raffigurare i potenziali energetici delle varie costellazioni, non dico che possa essere una cosa esatta, ma è una cosa storica, mentre l’astrologia di oggi è come il Reiki, che non è una disciplina tradizionale e nasce per fottere soldi alla gente, su invenzione di un americano del secolo scorso.Le discipline tradizionali non necessariamente sono esatte, ma hanno una storia. Trovate molte differenze tra il rosario cristiano e il mantra degli indiani? La scansione dei tempi comporta un esercizio di respirazione. E’ la “novena della Vergine” o qualcos’altro? Certo che è qualcos’altro: l’hanno teorizzato i benedettini, si chiama Esicasmo ed è lo Yoga dei cristiani. E’ uguale: serve a regolare la respirazione per raggiungere un determinato stato di meditazione, solo che i preti si guardano bene dallo spiegare una cosa del genere. C’è nel Cristianesimo qualcosa che andrebbe approfondito, ma non te lo dicono, perché per loro non è questo il business. Idem per la massoneria: la dottrina massonica non è un business, mentre l’organizzazione massonica lo è. Se voglio fare il business mi interessa l’organizzazione, non la teoria. Poi, certo, mi serve qualcosa di appiccicaticcio per convincere la gente che è una cosa seria – ma come fumo negli occhi, non come materia da approfondire.Il problema è che la sottrazione del tempo è innanzitutto è un’operazione di consapevolezza individuale: ci ha reso aggressivi e vendicativi. Noi abbiamo un altissimo coefficiente di aggressività, vendicatività e incapacità di subire un torto. Alla fine, subire un piccolo torto non è la fine del mondo: se uno ti passa davanti nella coda, e tu non hai fretta, che te ne importa? Noi litighiamo anche quando non abbiamo fretta: perché? Perché la sottrazione del tempo ci ha reso ipersensibili anche in questo senso. Siamo convinti che non dobbiamo essere fregati. E non capiamo che, in una vita sociale, un poco dobbiamo essere fottuti tutti quanti. Siamo esseri sociali, dopotutto. E allora è molto meglio stabilire un limite entro il quale sopportare, e reagire solo quando quel limite è oltrepassato. Invece, la maggior parte di noi reagisce sempre. Succede quando ti tolgono il tempo, quando non hai più il tempo di pensare a quello che stai facendo, il tempo di contare fino a dieci.Se tu potessi contare fino a dieci, se fossi abituato a prenderti il tempo, non t’incazzeresti. Ma siccome non sei più abituato a prenderti il tempo, t’incazzi. Questo è il meccanismo. I primi che si fottono il tempo da soli siamo noi. Se al posto di Facebook avessimo un diario serio, lo scopriremmo che ci fottiamo il tempo. Il problema vero, centrale, è che rispetto a tutte le scelte – alimentazione, qualità della vita, piccole rivoluzioni personali – la prima cosa che dobbiamo fare è riprenderci il tempo. L’alta velocità? Assurda. Cos’era il senso del viaggio, 500 anni fa? Se Marco Polo fosse potuto andare da Venezia in Cina in aereo, avrebbe mai scritto il “Milione”? Il senso del viaggio qual è? Chi si organizza le vacanze lo fa, il ragionamento sul senso del viaggio? No, certo, perché gli hanno fottuto il tempo. La sottrazione del tempo coinvolge ogni aspetto della vita. “L’ozio e il negozio” dei latini si colloca perfettamente in questo quadro: tutte le cose in cui bisognava pensare erano delegate all’“otium”, non al “negotium”. Seneca dice che, se non fai un buon “otium”, ti va male il “negotium”: se non pensi le cose giuste, mentre fai l’“otium” con calma, poi nel “negotium” ti prendi le mazzate.In realtà c’è questo respiro, tra le cose che devi fare entro certi schemi e le cose che devi fare fuori dagli schemi. Se tu questo equilibrio lo alteri, e fai tutto dentro gli schemi, la tua creatività è morta. Le nostre energie sociali, la capacità di avere progetti, di scoprire cose, di scoprire nuovi modi di vivere, sono zero. Diventiamo degli ottimi consumatori: alla Coop, all’Esselunga. Da anni, altri ci fanno fare quello che vogliono loro, e noi non ce ne preoccupiamo. Anche Sant’Agostino diceva “fa’ quel che vuoi”. La gente lo fraintendeva, e pensava che fosse epicureo. Poi nella “Città di Dio” l’ha spiegato: “fa’ quello che vuoi” significa che devi fare quel che vuoi veramente, non quello che ti spingono a fare. “Fa’ quel che vuoi” non significa andare a cercare tutti i piaceri del mondo, perché potresti scoprire che non è quel che vuoi, se ci pensi bene. Era anche quello che diceva Epicuro: «La felicità è semplice, basta inseguire il piacere; però è quasi impossibile, perché bisogna capire qual è il piacere».(Gianfranco Carpeoro, estratti della conferenza “Il grande complotto: la sottrazione del tempo” tenutasi a Milano nel giugno 2012, ripresa in video su YouTube. Massone, già gran maestro del Rito Scozzese italiano, Carpeoro è stato avvocato e pubblicitario. Giornalista e scrittore, allievo di Francesco Saba Sardi, è considerato uno dei massimi studiosi di esoterismo e linguaggio simbolico).Il rapporto tra la velocità e il tempo è cambiato solo negli ultimi quattro secoli: alla velocità è stato assimilato un significato di efficacia, di efficienza, mentre alla lentezza viene attribuito un coefficiente simbolico di ritardo e inefficienza. Una persona che ha dei problemi la chiamiamo “ritardata”: tendiamo a considerare poco efficiente chi, magari, una cosa la capisce dopo – chi risponde dopo, chi reagisce dopo. E’ un ritardo, che per noi oggi è automaticamente un’inefficienza, un’inabilità. Quante volte usiamo l’espressione “perdere tempo”? I latini dicevano “festina lente”, cioè “affrettati lentamente”. Per circa due secoli è stato il motto di case nobiliari nonché del veneziano Aldo Manuzio, il primo editore del mondo. Già nella favola di Fedro, la tartaruga batte la lepre. Il “festina lente” lo ritroviamo nei testi più misteriosi, all’origine del rosacrocianesimo, e in Giordano Bruno, nel famoso dialogo de “La cena delle ceneri”. Manzoni, nei “Promessi sposi”, lo cambia in “adelante, cum judicio”: veloce, ma con prudenza.