Archivio del Tag ‘sburocratizzazione’
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Sapelli: l’Italia si salva con Roosevelt, fuori dal rigore Ue
La Flat Tax voluta dalla Lega è una misura sensata perché espansiva, ma da sola non basta. Andrebbe fatta insieme alle sburocratizzazione, e su questo punto l’avvocato e premier Conte dovrebbe essere d’accordo. Dopo quello destinato alle partite Iva, adesso Salvini chiede l’introduzione di un secondo modulo: tassa del 15% per i redditi di lavoratori dipendenti e famiglie fino a 50.000 euro. La Flat Tax per le partite Iva è stata un passo avanti importante. Anche questa seconda detassazione mi pare equa, progressiva. Per capirci: i ricchi continuano a pagare le tasse. È quello che preme a Di Maio? Ho letto. In ogni caso, il vecchio vocabolario politico l’avrebbe definita una misura socialdemocratica. È molto significativo dei tempi che corrono. Questo depone a favore della Lega. Con l’economia ferma, può aiutare i consumi e quindi la produzione e il lavoro? Quando c’è una crisi si devono fare misure espansive. Non come fece Hoover, che subito dopo il ’29 aumentò le tasse, ma come fece Roosevelt, che le diminuì e aumentò invece la spesa pubblica. Perché la Flat Tax funzioni, però, ci vuole tempo. Tempo per introdurre altre misure di politica economica che funzionino.Penso per esempio a ciò che occorre perché le famiglie investano di più nell’educazione dei figli. Una famiglia italiana non dovrebbe vedersi precluse delle scuole di qualità perché costano troppo. Serve un disegno più ampio di politica economica, ma non lo vedo. Da un lato perché il pensiero economico non esiste più; a Bruxelles governa quello algoritmico. Dall’altro perché occorrerebbe anche essere favorevoli alle infrastrutture, alle opere pubbliche. E contrari a una commissione parlamentare permanente di inchiesta sulle banche, altrimenti nessuno investirà più in questo paese. Si dice che Mattarella sarebbe pronto a nominare Draghi senatore a vita, come per un Monti-bis? Non voglio nemmeno pensarci. Ho troppa stima del presidente della Repubblica, della sua persona oltre che del suo ruolo istituzionale, per immaginare che possa avere in mente una cosa simile. E mi sembra anche incredibile che qualcuno dotato di buon senso possa pensare che lui lo pensi. Perché vorrebbe dire non avere proprio imparato nulla. Abbandonare il regime parlamentare per instaurare di fatto un sistema neo-presidenziale e tecnocratico ha ridotto l’Italia a un cumulo di macerie. Sarebbe l’epilogo di una deriva sbagliata, iniziata con Carli e proseguita con Ciampi. Un volta, quando i governatori avevano finito il loro mandato, stavano a casa. Magari a scrivere libri, come Paolo Baffi.Di Maio ha scritto una lettera al “Corriere” in cui, da alleato di governo di Salvini, fa professione di europeismo. È solo campagna elettorale? Anche se lo fosse, sarebbe comunque nell’ordine delle cose. Il M5S sta svolgendo lo stesso compito assolto in Grecia da Tsipras e si va sempre più caratterizzando come movimento alla Boulanger. Non mi stupisce: la base è formata dal “popolo degli abissi”, ma la cuspide, il gruppo dirigente, è neoliberista, e come tale incorpora l’ordoliberismo, come Orbán e compagnia. Dicono di fare una battaglia per l’Europa sociale, poi appena possono si adeguano alle regole europee. E pian piano si dimenticano di essere stati eletti per rinegoziare i trattati, se mai ne sono stati consapevoli. Dunque il M5S non è l’alleato giusto per la Lega? Io ho sempre pensato che il rapporto fosse innaturale. La Lega potrebbe e dovrebbe diventare il partito della borghesia nazionale, fatta di piccole-medie imprese e di lavoratori. Per questo Salvini farebbe bene a non andare con Marine Le Pen.Salvini ha riunito a Milano esponenti di partiti “sovranisti” europei come Afd, Finns Party e Dansk Folkeparti. Molti sottolineano le contraddizioni tra la Lega e il rigore sui parametri che alcuni di questi alleati pretenderebbero dall’Italia dopo il voto? Non uso la parola “sovranismo” perché non vuol dire nulla. Dico però che la Lega è stata l’unico partito a non votare il Fiscal Compact nel 2012. In Europa ci sono contrari al Patto di stabilità a sinistra, al centro e a destra. La Lega deve essere coerente con quello che ha fatto e privilegiare le alleanze con chi è d’accordo su questo punto. Purtroppo non sappiamo cos’avrebbero fatto i 5 Stelle. Cosa dovrebbe fare Salvini? Guardare al Ppe. Se si cambieranno le regole europee, si farà perché lo vuole la Germania. Occorre parlare con i tedeschi. Manfred Weber è bavarese, non prussiano. Mi sembra una persona ragionevole. Ha detto che alleanze con Salvini non ne vuol fare? Non importa. In Parlamento si va per fare politica, non per seguire la “tradizione” di chi rema all’indietro.E il Pse? Il Partito socialista è perduto, è fuori dalla storia. Il socialismo francese è morto, anche se io sono convinto che in qualche modo risorgerà. In giro, però, ci sono uomini più vicini alla Lega di quanto non si creda: Chevènement, Mélenchon… Leghisti in pectore? Difendere la nazione oggi ha senso non per rinchiudersi in un mandato nazionalistico, che non a caso è l’accezione deformante confezionata su misura dagli avversari del “sovranismo”, ma per tornare ad impossessarsi della politica economica. Questo bisogna fare, non affidarsi ad alleati che non si sa dove portano. Un suggerimento a Giovanni Tria? Si ricordi che suoi colleghi come Baldassarri e Paganetto hanno avuto molti dubbi sul Fiscal Compact. Manifesti anche i suoi, di dubbi. Continui a mediare tra le istanze politiche e le esigenze che abbiamo di non spaventare i mercati. E faccia di tutto per impedire una stoltezza come la Commissione parlamentare di inchiesta sulle banche. Il paese uscirebbe dal consesso civile.(Giulio Sapelli, dichiarazioni rilasciate a Federico Ferraù per l’intervista “Europee 2019: non basta un Def, l’Italia si salva se cambia i trattati Ue”, pubblicata su “Il Sussidiario” il 9 aprile 2019).La Flat Tax voluta dalla Lega è una misura sensata perché espansiva, ma da sola non basta. Andrebbe fatta insieme alle sburocratizzazione, e su questo punto l’avvocato e premier Conte dovrebbe essere d’accordo. Dopo quello destinato alle partite Iva, adesso Salvini chiede l’introduzione di un secondo modulo: tassa del 15% per i redditi di lavoratori dipendenti e famiglie fino a 50.000 euro. La Flat Tax per le partite Iva è stata un passo avanti importante. Anche questa seconda detassazione mi pare equa, progressiva. Per capirci: i ricchi continuano a pagare le tasse. È quello che preme a Di Maio? Ho letto. In ogni caso, il vecchio vocabolario politico l’avrebbe definita una misura socialdemocratica. È molto significativo dei tempi che corrono. Questo depone a favore della Lega. Con l’economia ferma, può aiutare i consumi e quindi la produzione e il lavoro? Quando c’è una crisi si devono fare misure espansive. Non come fece Hoover, che subito dopo il ’29 aumentò le tasse, ma come fece Roosevelt, che le diminuì e aumentò invece la spesa pubblica. Perché la Flat Tax funzioni, però, ci vuole tempo. Tempo per introdurre altre misure di politica economica che funzionino.
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Massoni al governo e corruzione a Roma, Di Maio dov’era?
Giù la maschera, caro Di Maio: quello presieduto da Giuseppe Conte è «un governo ad alta densità massonica», sia pure «di segno progressista». Ma il “contratto” di governo non si impegnava a tener fuori i “grembiulini” dai ministeri? «Se non si sbrigano a rimuovere quella norma ipocrita e incostituzionale – avverte Gioele Magaldi, gran maestro del Grande Oriente Democratico – perderemo la pazienza e saremo noi a fare i nomi dei tanti “fratelli” presenti nel governo Conte, peraltro davvero eccellente nella qualità delle competenze che esprime, ad ogni livello: altro che populismo e dilettantismo, questo è decisamente il miglior esecutivo a disposizione del paese, da tanti anni a questa parte». E’ un fiume in piena, Magaldi, nella diretta radiofonica “Massoneria On Air” del 18 giugno su “Colors Radio”. Nel mirino, «la grande ipocrisia dei 5 Stelle», reticenti sui massoni e in evidente imbarazzo sul caso giudiziario dello stadio romano di Tor di Valle, con l’arresto del costruttore Luca Parnasi e la bufera che colpisce anche Luca Lanzalone, super-consulente piazzato proprio da Di Maio alla corte di Virginia Raggi. L’ipotesi di accusa parla di un sistema tangentizio esteso e ramificato, che coinvolgerebbe tutti i partiti. «Sembra una pena del contrappasso – dice Magaldi – per chi si è rimpito la bocca per anni con slogan come “onestà”, arrivando a impedire la candidatura di persone nemmeno condannate, ma semplicemente indiziate».Nel bestseller “Massoni”, il presidente del Movimento Roosevelt ha rivelato l’identità supermassonica del vero potere, nell’Europa di oggi dominata da figure oligarchiche. Di fede liberalsocialista, Magaldi non rinnega il suo giudizio favorevole sui 5 Stelle: pur acerbi, hanno avuto il merito di rompere la recita italiana della finta alternanza tra centrodestra e centrosinistra, coalizioni di fatto sottomesse (entrambe) ai diktat dell’élite finanziaria neoliberista. Nettamente lusinghiere anche le parole che Magaldi spende per il governo Conte: è alle prese con una missione epocale, “cambiare verso” all’Europa partendo dalla cruciale trincea italiana. Ma ad una condizione: che i pentastellati la facciano finita, una volta per tutte, con la loro narrativa – inutilmente retorica – che scambia “l’onestà” per la buona politica. Salvo, appunto, inciampare nel caso imbarazzante di Lanzalone, finito nell’inchiesta sul nuovo stadio: «Non possiamo far finta di non vedere che quel signore, che oggi tutti individuano come un capro espiatorio, è stato catalpultato dall’Acea al Comune di Roma proprio da quel Di Maio che oggi propone di riformarla, l’autorità nazionale anti-corruzione». Catapultato, fra l’altro, negli uffici dell’innocente Raggi, «innocente nel senso antico con cui si parlava dei bambini: sembra infatti una bambina che gestisce una cosa più grande di lei, a cui i “grandi” del Movimento spediscono questo e quello».Attenzione: «E’ stata legittima la vittoria di Raggi, dopo il cattivo governo di centrodestra e centrosinistra, così come è giusto oggi dare una chance alla possibilità epocale di governare il paese, da parte della Lega e dei 5 Stelle». E il super-consulente grillino? «Uno risponde politicamente, non giuridicamente (e forse nemmeno moralmente) delle proprie scelte sbagliate. E la capacità di un politico – dice Magaldi, pensando a Di Maio – è anche nello scegliere persone giuste. Ma le persone scelte per Roma sono tra le più sbagliate». Magaldi vorrebbe un dibattito serio, tra i pentastellati alla guida della capitale: hanno bocciato le Olimpiadi perché sarebbero state “sentina di corruzione”, poi hanno voluto ridimensionare lo stadio della Roma perché bisognava stare attenti alle tangenti. «Poi invece si scopre che il più pulito ha la rogna, nell’amministrazione Raggi». Un consiglio? «Di Maio si liberi delle sue ipocrisie, perché rischiano di compromettere le belle possibilità di rendere un servizio a questo paese e alle amministrazioni locali governate dai 5 Stelle». Basta, davvero, con la retorica demagogica: «La corruzione e l’onestà sono categorie che appartengono al dominio giuridico della magistratura». Fanno anche parte di un ethos privato, «mentre in politica non basta essere onesti e gridare “onestà” per saper amministrare e saper scegliere i collaboratori».Il guaio del caso Roma? L’immobilismo, per la paura di finire in mezzo a una Tangentopoli. «Non si può mettere al primo posto la falsa preservazione dalla corruzione – insiste Magaldi – perché la corruzione si introduce comunque, nelle piccole come nelle grandi cose. Forse, se avessimo fatto le Olimpiadi a Roma – aggiunge – la corruzione sarebbe stata tale e quale, ma almeno avremmo avuto un’occasione di rigenerare tante strutture sportive obsolete». Niente sconti, al Campidoglio: «A me pare che tra buche, radici che spuntano ovunque e strutture fatiscenti, Roma stia morendo, nonostante le retoriche pentastellate. E’ una città tra le più belle al mondo, e avrebbe bisogno di un altro spirito, solare e gioviale». Di Maio? «Faccia un mea culpa, anche solo davanti a uno specchio, dicendo: forse la devo smettere di fare l’ipocrita sulla massoneria, di fare l’ipocrita sul tema della corruzione, e di scaricare sugli altri responsabilità che sono anche mie. E lo invito a lavorare sempre meglio, come ministro dello sviluppo economico, dicastero dove peraltro – aggiunge Magaldi – sono arrivati sottosegretari di tutto rispetto». Per esempio Michele Geraci, che ha insegnato economia in Cina: era uno dei famosi “cervelli in fuga”, ma è tornato. «Sa meglio di altri come sviluppare rapporti con quel mondo complesso che è la Cina. E ha senpre sostenuto la piena compatibilità tra reddito di cittadinanza e Flat Tax, quasi precostituendo l’incontro politico tra Lega e 5 Stelle».Geraci, ma non solo: «Qui si prendono sottosegretari come Armando Siri, come Luciano Barra Caracciolo. Si prenderanno fior di tecnici nei gabinetti e nelle direzioni generali ministeriali, tecnici anche di area “rooseveltiana”: checché ne dica la pletora degli sconfitti (dalla storia e dal popolo italiano) il governo Conte è dotato di ottime competenze». E attenzione: molti dei suoi esponenti sono massoni progressisti, o comunque «dialogano proficuamente con i circuiti massonici progressisti». E’ un fatto, assicura Magaldi: «Questo è un governo ad alta densità massonica progressista». Di più: se c’è un esecutivo vicino alla massoneria democratica, è proprio questo. «Guardando agli ultimi governi italiani, forse nessuno ha avuto una così alta densità massonica», insiste Magaldi: «Ed è un governo di prim’ordine, che ha delle competenze straordinarie. Quindi, Di Maio e gli altri ne siano all’altezza, mettendo da parte ipocrisie e superficialità nello scegliere i collaboratori, magari in base all’appartenenza alla “famiglia” politica intesa come clan». E’ chirurgico, Magaldi, nella critica ai 5 Stelle: «Temo molto questa ipocrisia, e spero che la loro maturazione politica elimini proprio questo aspetto, che forse è il più insidioso e anche il più autodistruttivo. E’ bene che il Movimento 5 Stelle impari a essere laico. C’è la magistratura, ci sono degli indagati – e non è detto che, se uno viene arrestato, sia colpevole».Il costruttore Parnasi, accostato a Salvini? «Non ho nessuna simpatia per lui», premette Magaldi: «Ho notizia di gente che ha dovuto citarlo a giudizio perché non ha pagato professionisti che avevano lavorato per lui. Rincorso in tribunale, ha dovuto poi contrattare risarcimenti». Ma, di nuovo, è meglio evitare di essere ipocriti: «Tutti qui paiono cadere dalla Luna, ma chiunque conosca la realtà romana sa che Parnasi non se la passava benissimo», dice Magaldi. «E’ un signore che ha fatto cose dubbie, perché non pagare i collaboratori è sgradevole. Però è anche vero che questo “poveraccio”, come tanti altri imprenditori, si trova di fronte a una macchina burocratica elefantiaca». Succede spesso, in Italia: «Magari ti impegni in un progetto per anni, e prima di essere pagato dal committente pubblico devi anticipare denari, ottenere fidi, passare per le forche caudine della burocrazia – e questo è valso anche per Parnasi». Bisognerà vedere, alla fine, se quella che magari è definita corruzione poi non sia «il tentativo di ottenere, in modo privilegiato, quello che un imprenditore dovrebbe ottenere più facilmente per via ordinaria».E comunque, laicamente, Magaldi preferisce sempre attendere che qualcuno venga giudicato «non in primo, ma in terzo grado». Queste, continua Magaldi, sono vere e proprie lezioni: per i 5 Stelle, con il loro mito della “purezza”, ma anche per la Lega, «che con Salvini è cambiata, d’accordo», ma nel suo Dna e nella sua storia conserva pur sempre «il famoso cappio, agitato in Parlamento», eloquente simbolo di «atteggiamenti forcaioli tuttora presenti in alcuni segmenti della base». Lo Stato di diritto tutela tutti: «Parnasi è innocente fino a prova contraria, al di là degli arresti: spesso la gente in Italia è stata arrestata indebitamente, e nessuno l’ha risarcita in modo adeguato». Parnasi e Lanzalone, dunque, «meritano il beneficio del dubbio, come i loro stessi referenti politici». Prudenza: «Bisogna attendere, perché spesso la macchina della giustizia si muove con una sincronia strana, e il fango che si getta addosso a delle persone per presunti reati e crimini poi si scopre essere inconsistente sul piano giuridico». Magaldi confida nell’esperienza di Conte, come giurista, per arrivare a una robusta sburocratizzazione complessiva del sistema-Italia: «Abbiamo bisogno che gli imprenditori non siano mai indotti a corrompere per poter fare normalmente il proprio lavoro».Al tempo stesso – aggiunge il presidente del Movimento Roosevelt, rivolto ai 5 Stelle – abbiamo bisogno che i funzionari pubblici siano pagati adeguatamente: «Se cadessero nella rete della corruzione, a quel punto, sarebbero ancora più spregevoli. Ma è impossibile approvare il pauperismo al ribasso promosso dai pentastellati, in base al quale si vorrebbero abbassare gli emolumenti: perché mai costringere a uno stipendio da fame una persona onesta che affronti gli incerti della politica, magari dopo aver abbandonato la sua professione?». Meglio osservare con realismo la situazione italiana: «Proprio per la remunerazione irrisoria delle cariche, molte persone capaci non vanno a fare l’amministratore pubblico, con tutti i rischi che questo comporta, rispetto alle immense responsabilità dell’ufficio». Ne prenda atto un grillino come Alessandro Di Battista, oggi più moderato nei toni, dopo esser stato per anni tra i più accaniti sostenitori della moralità pubblica esibita come bandiera. Tagli degli stipendi e abolizione dei vitalizi? Errore ottico, dice Magaldi: chi ha tagliato lo Stato, mortificando la politica, l’ha fatto per costruire l’attuale sistema basato sulla privatizzazione universale.«La visione neoliberista, di cui noi tutti siamo vittime in questi decenni – spiega Magaldi – vuole che i dirigenti pubblici abbiano dei tetti sempre più al ribasso, nella remunerazione, anche se hanno responsabilità pesantissime e il rischio di essere indagati per un nonnulla, vista anche la complessità elefantiaca delle burocrazie e degli atti giuridici che devono compiere». Tutti addosso al politico che sbaglia, fingendo di non vedere cosa accade nel cosiddetto “mercato”, dove non ci sono più regole che tengano. «Ormai il settore privato è il regno della giungla», sottolinea Magadi: «Si è divaricata la forbice tra il salario dell’operaio o lo stipendio dell’impiegato e la paga del grande manager, che magari fa parte di una cricca di briganti che si spartiscono le poltrone delle grandi società transnazionali, come nel famigerato caso dei manager che hanno spolpato Telecom». L’antidoto? Evitare di cadere nella trappola retorica sapientemente costruita dalla manipolazione del massimo potere. Meglio dunque ribaltare «la teologia dogmatica neoliberista, in base alla quale nel privato tutto è possibile, mentre il pubblico dev’essere controllato, vessato, aggredito e delegittimato».Giù la maschera, caro Di Maio: quello presieduto da Giuseppe Conte è «un governo ad alta densità massonica», sia pure «di segno progressista». Ma il “contratto” di governo non si impegnava a tener fuori i “grembiulini” dai ministeri? «Se non si sbrigano a rimuovere quella norma ipocrita e incostituzionale – avverte Gioele Magaldi, gran maestro del Grande Oriente Democratico – perderemo la pazienza e saremo noi a fare i nomi dei tanti “fratelli” presenti nel governo Conte, peraltro davvero eccellente nella qualità delle competenze che esprime, ad ogni livello: altro che populismo e dilettantismo, questo è decisamente il miglior esecutivo a disposizione del paese, da tanti anni a questa parte». E’ un fiume in piena, Magaldi, nella diretta radiofonica “Massoneria On Air” del 18 giugno su “Colors Radio”. Nel mirino, «la grande ipocrisia dei 5 Stelle», reticenti sui massoni e in evidente imbarazzo sul caso giudiziario dello stadio romano di Tor di Valle, con l’arresto del costruttore Luca Parnasi e la bufera che colpisce anche Luca Lanzalone, super-consulente piazzato proprio da Di Maio alla corte di Virginia Raggi. L’ipotesi di accusa parla di un sistema tangentizio esteso e ramificato, che coinvolgerebbe tutti i partiti. «Sembra una pena del contrappasso – dice Magaldi – per chi si è riempito la bocca per anni con slogan come “onestà”, arrivando a impedire la candidatura di persone nemmeno condannate, ma semplicemente indiziate».
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Sogni d’oro, Italia: il superpotere Ue festeggia il Rosatellum
Aveva ben presente, l’allora giovane rottamatore Renzi, quale fosse il cuore del problema: metter fine alla sciatteria di una farsa, recitata da partiti impresentabili. Un acquario virtuale, dentro cui c’erano mille sigle ma mancava la bandiera fondamentale, quella dell’Italia: il calpestato popolo italiano, non più sovrano né decentemente rappresentato nelle sue istanze fondamentali. Solo che il Matteo ne ha organizzata un’altra, di farsa – la sua – limitandosi a fingere di rottamare un sistema ingessato, perfettamente funzionale alla grande oligarchia affaristica internazionale, con i suoi terminali nella piccola oligarchia nazionale. E’ stato ferocemente boicottato, Renzi, e poi si è auto-affondato con un referendum sbilenco. Ma intanto gli era già caduta la maschera: il suo dirompente potenziale comunicativo l’aveva sprecato scagliandolo appositamente fuori bersaglio, contro ipotetici mulini a vento (le “auto blu” grillesche, la “casta”, gli “sprechi”), sparacchiando a casaccio contro l’antropologia partitocratica, per poi affrettarsi a svendere gioielli di famiglia (Poste Italiane) mettendosi in coda: ecco, sono io il nuovo feudatario, è con me che dovete parlare per continuare il grande saccheggio. “Sburocratizzare”, è stata la sua parola d’ordine, perfettamente adatta a evitare di sfiorare l’unica vera burocrazia nefasta, quella di Buxelles, da cui l’Italia è intrappolata.Oggi si indignano, i dinosauri dell’Ulivo, di fronte allo spettacolo dell’ultima legge elettorale imposta con la forza, manu militari, arrivando a rimpiangere il Berlusconi del Porcellum, avversato con autentico odio per vent’anni, salvo poi spalancare le porte a Mario Monti, al pareggio di bilancio, al Fiscal Compact, alla legge Fornero sulle pensioni. Non una parola di autocritica dalla sfinge Prodi – demolitore dell’Iri, fanatico supporter dell’euro e del Trattato di Maastricht, presidente della Commissione Europea, super-privatizzatore, advisor europeo di Goldman Sachs. Contro Renzi si agita D’Alema, che vantò il record europeo delle privatizzazioni all’epoca in cui aveva trasformato Palazzo Chigi in una merchant bank. E sul già famerigerato Rosatellum si abbattono i fulmini dei grillini, ben decisi anche loro – esattamente come Renzi – a non sfiorare nemmeno lo zerbino di Bruxelles, astenendosi da qualsiasi proposta per contrastare la super-oligarchia Ue-Nato, i diktat di Juncker e Merkel, le sanzioni alla Russia, l’infame euro-sistema, le regole intoccabili dell’austerity. Inservibili, anche loro: buoni solo a drenare rabbia, illudendo un elettore su tre di poter votare per il meno peggio. Alla freschezza spontanea di una base di militanti e attivisti è stato imposto un regime di caserma, con ordini impartiti dall’alto ed eseguiti a comando da figure debolissime, come l’avatar Di Maio.Piangono un po’ tutti, per la nuova super-schifezza elettorale, perché sanno di dover recitare – per un riflesso di decenza – almeno l’avanspettacolo del pianto. Ma sono ben contenti di aver rinnovato l’abbonamento a vita alla palude, l’acquitrino dove ciascun nuotatore sa perfettamente che non deciderà nulla, dovendo limitarsi a ratificare scelte adottate fuori dall’Italia. Il nuovo concorso-poltrone, progettato per un potere piccolo e senza idee (quello dei Letta, dei Gentiloni) dimostra solo che l’Italia continuerà a restare innocua e sottomessa, inoffensiva, di fronte ai grandi poteri che si trincerano dietro la Merkel e Macron. Un’Italia inerte, alla deriva nel Mediterraneo, in balia di un equipaggio inaffidabile, mediocre, mercenario. Non uno straccio di idea, di progetto per il paese. Meno tasse e più servizi? Investimenti strategici per uscire dalla cosiddetta crisi? Servono soldi, ma per metterli a bilancio bisogna litigare coi signori dell’Europa. Troppa fatica, troppi rischi. Meglio restare a guardare la nave che lentamente affonda, tenendosi stretti alla poltrona riconquistata con il sotterfugio di una legge elettorale che imbarazza persino chi l’ha imposta. Grasse risate, come al solito, da Parigi a Berlino: sogni d’oro, Italia. Nessuno disturberà il manovratore.Aveva ben presente, l’allora giovane rottamatore Renzi, quale fosse il cuore del problema: metter fine alla sciatteria di una farsa, recitata da partiti impresentabili. Un acquario virtuale, dentro cui c’erano mille sigle ma mancava la bandiera fondamentale, quella dell’Italia: il calpestato popolo italiano, non più sovrano né decentemente rappresentato nelle sue istanze fondamentali. Solo che il Matteo ne ha organizzata un’altra, di farsa – la sua – limitandosi a fingere di rottamare un sistema ingessato, perfettamente funzionale alla grande oligarchia affaristica internazionale, con i suoi terminali nella piccola oligarchia nazionale. E’ stato ferocemente boicottato, Renzi, e poi si è auto-affondato con un referendum sbilenco. Ma intanto gli era già caduta la maschera: il suo dirompente potenziale comunicativo l’aveva sprecato scagliandolo appositamente fuori bersaglio, contro ipotetici mulini a vento (le “auto blu” grillesche, la “casta”, gli “sprechi”), sparacchiando a casaccio contro l’antropologia partitocratica, per poi affrettarsi a svendere gioielli di famiglia (Poste Italiane) mettendosi in coda: ecco, sono io il nuovo feudatario, è con me che dovete parlare per continuare il grande saccheggio. “Sburocratizzare”, è stata la sua parola d’ordine, perfettamente adatta a evitare di impensierire l’unica vera burocrazia nefasta, quella di Bruxelles, da cui l’Italia è intrappolata.