Archivio del Tag ‘sicurezza’
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Menti raffinatissime: i poteri a cui Grillo ora svende l’Italia
“Fare la storia, cambiare l’Italia: occasione irripetibile”. Ogni volta che parte la supercazzola di Beppe Grillo, ci siamo: sta per succedere qualcosa di orrendo. Il segnale: basta che il padrone del Movimento 5 Stelle si metta a parlare come un rivoluzionario dei cartoni animati. Caricatura di se stesso solo in apparenza, l’infido Grillo: è il servitore decisivo del potere europeo, l’unico capace di ripristinare la totale sottomissione del Belpaese. Dopo l’ambigua e velleitaria sbornia gialloverde, che aveva illuso la Lega (e gli italiani) che le regole potessero davvero cambiare, è intervenuto l’uomo del Britannia: è stato l’ex comico a dare il via libera alla “soluzione finale”. Senza il suo intervento padronale, i valletti grillini – pur traumatizzati dall’incubo delle elezioni anticipate – non ce l’avrebbero fatta, a calare le brache fino al punto di arrendersi all’odiato Matteo Renzi, decretando in questo modo la morte politica del Movimento 5 Stelle. L’indecorosa trattativa è stata affidata a manovali recalcitranti come Di Maio e Zingaretti, che hanno finto di prendere sul serio l’imbarazzante prestanome Giuseppe Conte. Ma è evidente che a decidere è stato il Giglio Magico, che ha colto al volo l’assist – decisivo – del Mago di Genova.
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La Merkel assume Conte, il cameriere della Trattoria Italia
«Da quando l’Unione Europea di Merkel e Macron lo ha promosso cameriere capo della trattoria Italia, il professore di Volturara Appula si è montato la testa: si è persuaso di valere quanto Winston Churchill», scrive Pietro Senaldi, direttore di “Libero”, a proposito di Giuseppe Conte, il candidato del Vaticano scelto dai poteri forti per affondare il governo gialloverde, licenziare Salvini e riportare il controllo dell’Italia sotto la custodia del Pd, che ha perso tutte le elezioni degli ultimi anni (politiche, regionali, europee). Non si nasconde Angela Merkel, madrina di Conte, a cui l’allora premier gialloverde spiegava, in birreria, come avrebbe impedito a Salvini di governare. La cancelliera – racconta Goffredo De Marchis su “Repubblica” – non ha perso tempo: ha telefonato al Pd per ordinare che il Conte-bis si faccia ad ogni costo. «Il retroscena – scrive Andrea Indini sul “Giornale” – la dice lunga sulle pressioni internazionali per non far tornare gli italiani al voto». Obiettivo: «fermare la formazione di un esecutivo sovranista», specie ora che la Merkel ha subito in Sassonia l’exploit di “Alternative für Deutschland”, al 27% stando agli exit poll. «La Merkel perde a casa sua e impone il governo in Italia», sintetizza lo stesso Salvini, sempre sul “Giornale”.Nel frattempo, a Roma, in soli quattro giorni di trattative si è già capito che le liti per formare il governo-vergogna non sono che l’antipasto: «Cinquestelle e Pd sono destinati a fare a cazzotti per tutta la durata della loro esperienza insieme», scrive Senaldi, sul giornale di cui Vittorio Feltri è direttore editoriale. «I dissidi sono tali che stavolta Conte sarà costretto a lavorare, non potrà fare il semplice portavoce di idee altrui». Di fatto, «c’è grande attesa per le poltrone più che per il programma, che arriverà da Bruxelles o direttamente da Berlino». Continua Senaldi: «L’impomatato ricandidato a Palazzo Chigi si è fatto garante presso il Quirinale e il Pd (tra i due soggetti non c’è molta differenza) dell’accordo col M5S». Problema: «In realtà lui i Cinquestelle non li controlla. Si fa forte dell’investitura che gli ha dato Grillo, ma il comico guru è un bipolare, un giorno dice una cosa ma subito dopo già ne pensa un’altra». Altre carte, Conte non ne ha in mano: è vero che ha alle spalle Bergoglio, Merkel e Macron, ma – sul piano tattico – quello romano si annuncia come una specie di Vietnam: «Sull’ambiguità di Casaleggio junior non può contare, mentre la trimurti pentastellata ha interessi divergenti e non voga al suo comando».Di Battista? «Vuole tornare al voto per recuperare uno stipendio». Quanto a Di Maio, «già fatto quasi fuori dal M5S, non può acconsentire all’ulteriore ridimensionamento al governo che per lui vorrebbero i dem, il Colle, i grillini e il premier stesso». Roberto Fico tifa per l’inciucio, ma senza lasciare la comoda poltronissima della Camera. «L’esperienza giallorossa sarà burrascosa», vaticina Senaldi. I grillini? Sono «una maionese impazzita peggio del Pd, che al confronto è un monolite di coerenza e compattezza privo di individualismi». Per Senaldi, «Zingaretti e compagni fanno lo stesso errore che fu di Bersani e Renzi e li trattano come politici normali: propongono, mediano, ragionano. Non serve a nulla: per spuntare qualcosa col M5S bisogna imitare Salvini, altro politico senza schema, che li ascoltava, diceva loro di sì e poi faceva quello che voleva lui». Il Pd inoltre ha un altro guaio, speculare a quello dei 5 Stelle: «Neppure i dem hanno un vero segretario che può condurre i negoziati, visto che l’accordo è sponsorizzato da Renzi e che Zingaretti non entrerà nel governo. Ecco spiegato il caos, alimentato dalla figura di Conte, che virtualmente ha acquisito potere». Ma il professore «è considerato troppo vicino a Mattarella e all’Europa, quindi i grillini non gli vogliono consegnare le chiavi della macchina e rivendicano un vicepremier».Morale, la trattativa langue e la rissa sembra senza fine: «Siamo certi che continuerà anche dopo il varo del governo, che difficilmente durerà molto», dice ancora Senaldi, anche se la rediviva Daniela Santanchè, ora in quota a Fratelli d’Italia, confida al “Fatto Quotidiano”: «Non mi sento di escludere che alla fine Forza Italia decida di astenersi sulla fiducia a Conte, dando dunque soccorso a questa alleanza tra perdenti che darà vita a un governo tra trombati, in cui la “golden share” appartiene a gente come Matteo Renzi e Maria Elena Boschi». In questa situazione, dice ancora Senaldi, quando si inizierà a parlare di programmi, sarà il caos, «e non solo perché, mettendo insieme i venti punti di Di Maio e i cinque di Zingaretti non si fa neppure un ambo». Non ci sarebbe da stupirsi se i nuovi alleati di governo “si menassero” più dei precedenti, aggiunge il direttore di “Libero”: «La sintesi dei progetti di M5S e Pd (più immigrati, meno sicurezza, più spesa e meno etica per tutti) ha l’instabilità nel dna. È improbabile poi che, dopo anni passati a cercare di diventare una sinistra riformista, il Pd si consegni mani e piedi a Fratoianni e Boldrini, i cui voti però saranno indispensabili per prolungare la vita del governo». Gli sponsor dell’esecutivo giallorosso affermano che deve partire per salvare l’Italia? «Viste le premesse, pare destinato ad affondarla ancora di più».Il Quirinale, chiosa Senaldi, «potrebbe risparmiarci questo spettacolo: i film horror con il finale già scritto non valgono la pena». In proposito, sempre “Libero” si rivolge direttamente al Colle: «Sergio Mattarella sembrava essere stato chiaro: il governo che Conte sta cercando di costituire dovrà avere unità di vedute e di intenti». Vedute e intenti che però, «in questo matrimonio, dove i coniugi non hanno alcuna intenzione di unirsi, sembrano parecchio differenti». Non bastava l’inimicizia del passato: Pd e M5S non potranno mai andare d’accordo, soprattutto nella lunga battaglia per le poltrone. E qui, secondo “Libero”, il ruolo del presidente della Repubblica è fondamentale. Costantino Mortati, giurista e costituzionalista eletto nel ‘46 deputato per la Dc, diceva: «Compito del presidente della Repubblica è quello di accertare la concordanza tra corpo elettorale e parlamentare». Il quotidiano di Senaldi e Feltri riprende le parole di Mortati: il Colle «assolve a tale ruolo attraverso l’impiego dell’istituto dello scioglimento anticipato, quando vi siano elementi tali da renderlo necessario o anche solo opportuno in termini di gravi disarmonie fra attività degli eletti e sentimento del popolo». Perché ostinarsi col mostruoso Conte-bis, che ha contro la maggioranza degli elettori? «La storia – scrive “Libero” – sembra insegnare parecchio, e forse ogni tanto va ascoltata. Come in questo caso, dove gli italiani hanno il diritto di dire la loro».«Da quando l’Unione Europea di Merkel e Macron lo ha promosso cameriere capo della trattoria Italia, il professore di Volturara Appula si è montato la testa: si è persuaso di valere quanto Winston Churchill», scrive Pietro Senaldi, direttore di “Libero”, a proposito di Giuseppe Conte, il candidato del Vaticano scelto dai poteri forti per affondare il governo gialloverde, licenziare Salvini e riportare il controllo dell’Italia sotto la custodia del Pd, che ha perso tutte le elezioni degli ultimi anni (politiche, regionali, europee). Non si nasconde Angela Merkel, madrina di Conte, a cui l’allora premier gialloverde spiegava, in birreria, come avrebbe impedito a Salvini di governare. La cancelliera – racconta Goffredo De Marchis su “Repubblica” – non ha perso tempo: ha telefonato al Pd per ordinare che il Conte-bis si faccia ad ogni costo. «Il retroscena – scrive Andrea Indini sul “Giornale” – la dice lunga sulle pressioni internazionali per non far tornare gli italiani al voto». Obiettivo: «fermare la formazione di un esecutivo sovranista», specie ora che la Merkel ha subito in Sassonia l’exploit di “Alternative für Deutschland”, al 27% stando agli exit poll. «La Merkel perde a casa sua e impone il governo in Italia», sintetizza lo stesso Salvini, sempre sul “Giornale”.
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Fatale Russiagate: dietro la crisi, gli 007 di Conte e Macron
Col passare dei giorni è apparso sempre più evidente, in controluce, il vero scontro andato in scena nella strana “crisi di ferragosto”, quello cioè che ha opposto Matteo Salvini e Giuseppe Conte. La fine del governo gialloverde – già in agonia a causa del fallimento politico dei 5 Stelle, incapaci di tener fede alle proprie promesse e pronti a frenare la spinta riformatrice leghista (dai minibot alla Flat Tax) – è letteralmente esplosa con il cosiddetto Russiagate. Sulle intercettazioni dei colloqui moscoviti di Gianluca Savoini, “ambasciatore” della Lega dalle parti del Cremlino, si è prontamente scatenata la stampa maninstream, dall’“Espresso” al “Fatto Quotidiano”. Pessimo, Salvini, nel fingere di non avere strettissimi rapporti con Savoini. Peraltro, non risulta alcuna transazione di denaro dalla Russia alla Lega, men che meno per tramite dell’Eni. Perché mai il Carroccio avrebbe avuto bisogno di denaro extra, comunque non incassato? Forse per resistere all’abnorme richiesta di dover “restituire” 49 milioni, in realtà mai sottratti allo Stato? La cifra imputata è infatti il totale dei rimborsi elettorali percepiti negli anni, anche lecitamente, mentre l’antico illecito (di Bossi e Belsito, non di Salvini) ammontava a meno di un milione.La maxi-stangata giudiziaria ha messo in ginocchio la Lega, esponendola alla tentazione di una sorta di questua per poter sopravvivere politicamente? Nel caso, al Carroccio è stata tesa una trappola, a Mosca. Da chi? E’ più che un sospetto: dai servizi segreti italiani, gestiti da Conte. L’avvocato democristiano venuto dal nulla, indicato da Grillo e stimato da De Mita nonché dal Vaticano, alla nascita del governo gialloverde aveva tenuto per sé la delega ai servizi, che negli esecutivi precedenti (Renzi e Gentiloni) era rimasta come di consueto al ministro dell’interno (Minniti). Segnale eloquente: gli azionisti occulti del Movimento 5 Stelle non si fidavano di Salvini e non intendevano lasciare nelle sue mani l’arma dell’intelligence. Ma peggio: Conte ha cambiato i vertici dei servizi italiani, che negli anni scorsi si erano distinti per professionalità e lealtà istituzionale. «Avevamo il miglior apparato antiterrorismo del mondo», ha detto Gianfranco Carpeoro, autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, lasciando intendere che – mentre i kamikaze facevano strage in tutta Europa, grazie alle puntuali “distrazioni” delle polizie di Francia, Germania, Belgio, Spagna e Gran Bretagna – gli agenti italiani sventavano attentati (una trentina) progettati sul territorio nazionale.Obiettivo: dimostrare agli eversori (certo non islamici) che c’era almeno un paese, in Europa, che poteva essere sottratto alla strategia della tensione targata Isis. Quel paese, l’Italia, era anche – che coincidenza – l’unico a essere, teoricamente, all’opposizione di Bruxelles, soprattutto grazie alla Lega di Salvini. «A premere perché fossero cambiati i vertitici dei nostri servizi segreti – ha detto sempre Carpeoro – è stato Jacques Attali, massone reazionario e mentore di Macron, attivissimo nel mettere i bastoni tra le ruote al governo italiano, con ogni mezzo». L’operazione è andata in porto nei mesi scorsi, poco prima che i giornalisti de “L’Espresso” fossero imbeccati sul famoso incontro al Metropol tra Savoini e alcuni uomini di seconda fila del potere russo. Prima domanda: perché mai l’intelligence di Putin avrebbe dovuto mettere in imbarazzo l’amico Salvini? Vale anche per il “sovranista” Trump: perché mai usare la Cia per colpire la Lega? Di qui il sospetto che la “manina” sia stata quella dei servizi italiani rinnovati da Conte. Questo spiegherebbe anche l’intransigenza di Salvini nel voler liquidare ad ogni costo l’avvocato venuto in apparenza dal nulla, ma in realtà solidamente gestito dai veri “padroni” del Movimento 5 Stelle, pronti a schierare i grillini con la Merkel per far eleggere Ursula von del Leyen alla Commissione Ue, contro Salvini e contro gli interessi nazionali italiani.Col passare dei giorni è apparso sempre più evidente, in controluce, il vero scontro andato in scena nella strana “crisi di ferragosto”, quello cioè che ha opposto Matteo Salvini e Giuseppe Conte. La fine del governo gialloverde – già in agonia a causa del fallimento politico dei 5 Stelle, incapaci di tener fede alle proprie promesse e pronti a frenare la spinta riformatrice leghista (dai minibot alla Flat Tax) – è letteralmente esplosa con il cosiddetto Russiagate. Sulle intercettazioni dei colloqui moscoviti di Gianluca Savoini, “ambasciatore” della Lega dalle parti del Cremlino, si è prontamente scatenata la stampa maninstream, dall’“Espresso” al “Fatto Quotidiano”. Pessimo, Salvini, nel fingere di non avere strettissimi rapporti con Savoini. Peraltro, non risulta alcuna transazione di denaro dalla Russia alla Lega, men che meno per tramite dell’Eni. Perché mai il Carroccio avrebbe avuto bisogno di denaro extra, comunque non incassato? Forse per resistere all’abnorme richiesta di dover “restituire” 49 milioni, in realtà mai sottratti allo Stato? La cifra imputata è infatti il totale dei rimborsi elettorali percepiti negli anni, anche lecitamente, mentre l’antico illecito (di Bossi e Belsito, non di Salvini) ammontava a meno di un milione.
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Renzi-2, il ritorno: Italia ko, oscurati Zingaretti e i 5 Stelle
Tutto sembra ormai predisposto per il lancio del nuovo governo M5S-Pd-Leu e gruppi misti di varia natura. Un governo di legislatura, con 5 “pilastri” che non sono quelli della fede islamica ma quelli annunciati da Zingaretti perché il partito democratico torni ad occuparsi della cosa pubblica, salvando al tempo stesso il lauto stipendio di tanti parlamentari. Si sostanziano delle solite dichiarazioni di principio e hanno per tema, rispettivamente: la ricollocazione piena e senza riserve dell’Italia in Europa (leggi: ritorno servile sotto Eurogermania), il pieno riconoscimento della democrazia rappresentativa (leggi: nessuna concessione a istanze di democrazia diretta, care ai pentastellati), lo sviluppo basato sulla sostenibilità ambientale (leggi: niente che significhi qualcosa di serio), la discontinuità nella politica sull’immigrazione (leggi: tutti potranno tornare a sbarcare sui lidi del Belpaese), le ricette economico-sociali per ridistribuire la ricchezza e avviare gli investimenti produttivi (leggi: la solita patrimoniale sugli immobili e un programma generico che presuppone tempi diversi e/o provvedimenti forse in contraddizione tra di loro, come potrebbero esserlo il salario minimo e la contemporanea crescita produttiva delle imprese).Indisponibile, invece, il segretario del Pd ad un governo istituzionale o comunque di breve durata come suggeriva Renzi. E del resto, Zingaretti avrebbe preferito andare direttamente al voto per una serie di motivi abbastanza comprensibili: disfarsi della massiccia rappresentanza parlamentare controllata da Renzi e recuperare una buona parte dei voti perduti nelle precedenti elezioni a vantaggio dei Cinquestelle. Bisogna tuttavia tener conto non solo di Renzi, ma di Franceschini, Delrio, Gentiloni, Orlando etc… e anche, naturalmente, di Mattarella; e allora, nella ritrovata, apparente unità del partito, il segretario del Pd si limita a porre qualche condizione al governo con i pentastellati: che sia di legislatura e che si basi sui 5 pilastri, che prefiguri una lunga e fruttuosa intesa politica tra le due forze (leggi: accordi elettorali nelle elezioni amministrative), che infine rappresenti una discontinuità con il precedente governo, nel nome del presidente del Consiglio, dei ministri più rappresentativi e soprattutto nella cancellazione di alcuni provvedimenti (leggi: quelli sulla sicurezza e non solo).Ai 5 punti “irrinunciabili” di Zingaretti, Di Maio ne affianca 10, il primo dei quali è la riduzione del numero dei parlamentari e su queste basi si vedranno oggi pomeriggio le delegazioni di Pd e M5S. Con quante possibilità di condividere i 15 punti e/o di trovare una sintesi comune? Molte, al di là delle dichiarazioni di principio poco conciliabili ma che sembrano formulate unicamente per incantare i rispettivi elettorati. Lo scoglio più difficile da superare sembra proprio quello sulla riduzione dei parlamentari, ma il paradosso è che proprio su questo punto potrebbero essere gettate le basi per un’intesa politica di lunga durata: riduzione dei parlamentari (non 345 ma in numero minore) nel contesto di una nuova legge elettorale anti-Lega, secondo una prassi già sperimentata con il Rosatellum, concepito per far vincere il Pd con l’aiuto di Forza Italia contro il cosiddetto populismo e che invece ha avuto l’effetto di rendere possibile la maggioranza gialloverde.Sia come sia, il governo M5S-Pd-Leu che, a meno di clamorose quanto impensabili sorprese, nascerà la prossima settimana, non può essere definito un “inciucio”, perché è sostenuto da una maggioranza parlamentare altrettanto legittima di quella che ha governato il paese negli ultimi 14 mesi. Il problema semmai è un altro e riguarda la concezione della democrazia: sostenere come ha fatto Renzi nel suo discorso in Senato (altri lo hanno imitato magari fuori del Parlamento) che andare a votare significherebbe far vincere la Lega di Salvini, denuncia un atteggiamento elitario e oligarchico che nulla ha a che vedere con i principi della democrazia, rappresentativa o diretta che sia. L’intesa Pd-M5S ha molte implicazioni. Renzi controllerà di fatto il nuovo esecutivo pur non facendone parte e Zingaretti più che segretario del suo partito ne sarà il notaio, dal momento che per tenere tutti uniti sceglie l’uovo oggi piuttosto che la gallina domani.I Cinquestelle non sono da meno: evitano il dimezzamento della rappresentanza parlamentare e salvano lo stipendio per tutti gli oltre 300 tra deputati e senatori, ma nel loro orizzonte s’intravede già il grigiore dell’insignificanza che li destina ad essere una ruota di scorta del sistema. La Lega, dal canto suo, paga il momentaneo scotto di una mossa in apparenza inopportuna, incomprensibile anche per molti dei suoi, ma è forse l’unica forza a mantenere intatta la prospettiva di un cambiamento nel panorama asfittico e opportunistico della politica italiana. Cosa ha portato Salvini a fare la scelta che ha fatto? Lo si è capito in Senato, nonostante il poco lucido discorso, quando invece di ribattere punto su punto le accuse di un neodemocristiano, dalla cronaca reso eroe per un giorno – lui che i media hanno sempre irriso come un burattino nelle mani dei due vicepresidenti – il leader della Lega si è limitato a poche parole significative per spiegare il suo gesto.Frasi purtroppo non comprensibili a tutti o addirittura da iniziati, per di più inframmezzate dalla solita inguardabile ostentazione del rosario: che senso ha rimanere in un governo accanto a un movimento che ha bocciato le autonomie, che alla proposta di riforma fiscale basata su tre aliquote progressive di riduzione delle tasse (dunque neanche la Flat Tax) si sente opporre – come ingenuamente ha riferito lo stesso Nicola Morra ai giornalisti qualche ora più tardi – che non ci sono le coperture finanziarie, che si schiera ipocritamente per il NoTav, quando è lo stesso presidente del Consiglio ad approvarla, che in luogo degli investimenti produttivi propone in modo demagogico il salario minimo a imprese già sull’orlo del fallimento? Con quale faccia la Lega si sarebbe rivolta ai suoi dopo la finanziaria? Meglio perdere qualcosa oggi che perdere tutto domani! Questo il messaggio in codice di Salvini. C’erano altre strade? Può darsi. Servirsi della clausola contenuta nel contratto di governo per dirimere le contese? Presentare comunque la cosiddetta Flat Tax in Parlamento, mediare sulla legge per le autonomie, spiegare che il salario minimo viene dopo la ripresa delle aziende in crisi? Forse sì e forse no.(Sergio Magaldi, “Pd, l’uovo oggi o la gallina domani?”, da “Lo Zibaldone di Sergio Magaldi” del 23 agosto 2019).Tutto sembra ormai predisposto per il lancio del nuovo governo M5S-Pd-Leu e gruppi misti di varia natura. Un governo di legislatura, con 5 “pilastri” che non sono quelli della fede islamica ma quelli annunciati da Zingaretti perché il partito democratico torni ad occuparsi della cosa pubblica, salvando al tempo stesso il lauto stipendio di tanti parlamentari. Si sostanziano delle solite dichiarazioni di principio e hanno per tema, rispettivamente: la ricollocazione piena e senza riserve dell’Italia in Europa (leggi: ritorno servile sotto Eurogermania), il pieno riconoscimento della democrazia rappresentativa (leggi: nessuna concessione a istanze di democrazia diretta, care ai pentastellati), lo sviluppo basato sulla sostenibilità ambientale (leggi: niente che significhi qualcosa di serio), la discontinuità nella politica sull’immigrazione (leggi: tutti potranno tornare a sbarcare sui lidi del Belpaese), le ricette economico-sociali per ridistribuire la ricchezza e avviare gli investimenti produttivi (leggi: la solita patrimoniale sugli immobili e un programma generico che presuppone tempi diversi e/o provvedimenti forse in contraddizione tra di loro, come potrebbero esserlo il salario minimo e la contemporanea crescita produttiva delle imprese).
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Salvini, ventriloquo degli italiani, meglio dei ventriloqui Ue
Mezzo paese è convinto che l’Italia abbia un solo problema: Salvini. L’altra metà è convinta che l’Italia abbia una sola soluzione: Salvini. Posso dirvi che personalmente non credo che Salvini sia il problema né la soluzione? Non sono neutrale, equidistante o cerchiobottista. Preferisco Salvini ai suoi numerosi avversari, condivido molte delle sue opinioni, mi disgustano molti degli attacchi che riceve. Bene o male, lui è, con la Meloni, l’unica voce che si oppone al politically correct, a cui aderiscono sotto sotto anche i grillini e il loro avvocato-premier. Contro di lui c’è tutta l’Italia e l’Europa che non ci piace, chi ci detesta e chi campa ancora come iene sul fascismo sepolto. Come accadde con Trump, il blocco indigesto che gli si oppone, ci impone di preferirlo ai suoi nemici, anche obtorto collo. Tralascio la provenienza di Salvini, mi soffermo su dov’è ora, dove mira o dice di mirare. Proviamo a guardare oltre questo incredibile agosto, coi suoi voltafaccia, chissà dove porteranno. Non mi faccio illusioni, non ritengo che Salvini sia il pericolo nazionale ma nemmeno il rimedio salvifico. Non penso che sia in grado di fronteggiare quasi in solitudine quell’armata di poteri, partiti, papati e apparati che sono contro di lui.Uno contro tutti può funzionare in campagna elettorale, ma non si può governare soli contro tutti. E l’uno contro tutti non funziona nemmeno in questa fase preliminare e pre-elettorale, come si sta vedendo, perché se le elezioni non le vuole nessuno e se tutti temono un successo di Salvini, ha poco senso aprire una crisi contro tutti e aspettare che ti facciano votare. Col precedente del Lodo Ursula all’Europarlamento era prevedibile la piega che avrebbe preso la faccenda. Sull’evolversi del quadro politico si conferma un teorema che avevo già espresso un anno fa. Il nostro è un quadrilatero politico: ai quattro angoli ci sono nell’ordine i 5 Stelle, alla sua destra la Lega, alla sua sinistra il Pd, di fronte a loro Berlusconi. Ciascuno può allearsi con chi ha a fianco ma non con chi ha di fronte: i grillini con la Lega o col Pd, a sua volta il Pd coi grillini o con Berlusconi; la Lega, idem, coi grillini o Berlusconi, e Berlusconi con la Lega o il Pd. Le sole alleanze allo stato attuale incompatibili sono tra grillini e Berlusconi e tra Lega e Pd.In particolari frangenti può accadere una provvisoria convergenza, come è accaduto nel primo caso all’Europarlamento o nel secondo caso sulla Tav. Ma Lega e Pd sono incompatibili, come Berlusconi e Grillo. E non solo: a mezza strada tra la Lega e Fi c’è la Meloni, tra il Pd e i grillini c’è Leu, tra Forza Italia e Pd c’è +Europa (forse un domani ci sarà Renzi), tra Lega e 5 Stelle non c’è nessuno, salvo scissioni. Ecco il quadro politico e il teorema su cui regge. Torniamo alla politica reale. Non mi pare che Salvini minacci la democrazia, che annunci la guerra o che porti addirittura al nazismo e al razzismo, come sostiene la più becera propaganda avversaria. In tema di sicurezza ha incassato qualche buon risultato, soprattutto psicologico e simbolico, nonostante i magistrati e la campagna intimidatoria. Sui migranti è riuscito a frenare gli sbarchi e a scoraggiare le Ong, mandando un messaggio dissuasivo a entrambi; ma non è riuscito (ancora) a gestire i tanti clandestini sul nostro territorio, tantomeno a rimpatriarli.Tutto sommato un segnale forte l’ha lanciato, la sua fermezza ha pagato, ha riacceso un po’ di fierezza nazionale. È tanto per il nulla a cui siamo abituati, è poco per quel che ancora c’è da fare. Le grandi aspettative in tema di fisco, autonomie e rilancio che ha generato, sono rimaste sospese o inevase, perché non solo aveva il mondo contro, ma non aveva dalla sua nemmeno l’alleato di governo. Peraltro la sua azione ha risaltato nel raffronto coi grillini, che sono stati il suo alibi e il suo facile termine di paragone. Allo stato attuale Salvini è il ventriloquo degli italiani, parla in loro nome, dice le cose che dicono loro o che vogliono sentirsi dire. La definizione di ventriloquo non sarà esaltante ma è meglio essere il ventriloquo degli italiani che dei potentati, soprattutto esterni. Non so se oltre a esprimere le opinioni della gente e ad essere un efficace tribuno della plebe, Salvini sappia anche governare e rilanciare il paese; è un’incognita, non ha precedenti e la sua attitudine primaria è la leadership politica, anzi la comunicazione politica. Ma se l’alternativa è il grillismo più la sinistra, meglio lui, da solo o in compagnia del redivivo centro-destra. Nutro fiducia? No, semmai speranza, tenendo sempre presente chi c’è dall’altra parte.Tra le cose che propone alcune ci piacciono e vanno fatte subito, altre ci piacciono ma sono difficilmente realizzabili, un paio non ci piacciono per niente o quasi. Non reputo il suo partito fatto di aquile e giganti, non li considero i migliori in assoluto né i più onesti e più competenti, ma hanno buon senso pratico, sono stati in generale buoni amministratori e sono guidati da un’idea dell’Italia che mi pare più in sintonia con la vita reale, gli interessi e le aspirazioni degli italiani. Una sola cosa vorrei consigliare ai suoi sostenitori: non aspettatevi troppo da lui salvo poi restare delusi e abbandonarlo in fretta; riservategli un consenso meno entusiasta ma più avveduto e semmai più duraturo. Sostenetelo, se siete convinti, ma non aspettatelo come il Salvatore della Patria. Magari è il primo capitolo di una nuova stagione, un punto di avvio. In questo frangente e a queste condizioni, potete sostenere Salvini. Di più non dimandate…(Marcello Veneziani, “Con Salvini, senza illusioni”, da “La Verità” del 18 agosto 2019; articolo ripreso dal blog di Veneziani).Mezzo paese è convinto che l’Italia abbia un solo problema: Salvini. L’altra metà è convinta che l’Italia abbia una sola soluzione: Salvini. Posso dirvi che personalmente non credo che Salvini sia il problema né la soluzione? Non sono neutrale, equidistante o cerchiobottista. Preferisco Salvini ai suoi numerosi avversari, condivido molte delle sue opinioni, mi disgustano molti degli attacchi che riceve. Bene o male, lui è, con la Meloni, l’unica voce che si oppone al politically correct, a cui aderiscono sotto sotto anche i grillini e il loro avvocato-premier. Contro di lui c’è tutta l’Italia e l’Europa che non ci piace, chi ci detesta e chi campa ancora come iene sul fascismo sepolto. Come accadde con Trump, il blocco indigesto che gli si oppone, ci impone di preferirlo ai suoi nemici, anche obtorto collo. Tralascio la provenienza di Salvini, mi soffermo su dov’è ora, dove mira o dice di mirare. Proviamo a guardare oltre questo incredibile agosto, coi suoi voltafaccia, chissà dove porteranno. Non mi faccio illusioni, non ritengo che Salvini sia il pericolo nazionale ma nemmeno il rimedio salvifico. Non penso che sia in grado di fronteggiare quasi in solitudine quell’armata di poteri, partiti, papati e apparati che sono contro di lui.
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Scandalosi Clinton: 50 testimoni morti, Epstein è l’ultimo
Sabato scorso, il miliardario Jeffrey Epstein, il detenuto di più alto profilo in custodia negli Stati Uniti, è stato trovato morto nella sua cella di Manhattan. Questo è avvenuto il giorno dopo che erano state rese pubbliche duemila pagine di documenti giudiziari, precedentemente secretati, riguardanti il procedimento contro Jeffrey Epstein per atti di violenza sessuale su minori. I documenti descrivevano come Bill Clinton avesse partecipato a feste private sull’isola del pedofilo Jeffrey Epstein. Clinton aveva volato almeno 27 volte sull’aereo privato di Jeffrey Epstein. Nella maggior parte di quei voli era stato accompagnato da ragazze minorenni. Nonostante un precedente tentativo, appena tre settimane fa, di togliersi la vita, le guardie carcerarie, la notte di venerdì, avevano saltato i controlli previsti ogni 30 minuti alla cella di Epstein. Nelle prime ore del mattino lo avevano trovato morto. Jeffrey Epstein è l’ultimo di un lungo elenco di collaboratori e frequentatori della famiglia Clinton che sono morti misteriosamente o si sono suicidati prima della loro testimonianza pubblica. Nel 2016 la “Cbs” di Las Vegas aveva pubblicato un elenco degli associati Bill e Hillary Clinton che sarebbero morti in circostanze misteriose. Ecco quella lista.1. James McDougal – Il socio dei Clinton condannato per il caso Whitewater era morto per un apparente attacco cardiaco mentre si trovava in isolamento. Era un testimone chiave nelle indagini di Ken Starr. 2. Mary Mahoney – Una ex stagista della Casa Bianca, era stata assassinata nel luglio 1997 in una caffetteria Starbucks a Georgetown. L’omicidio era avvenuto subito prima che rendesse di pubblico dominio il fatto di avere subito molestie sessuali alla Casa Bianca. 3. Vince Foster – Ex consigliere della Casa Bianca e collega di Hillary Clinton presso lo studio legale Rose di Little Rock. Era morto per una ferita da arma da fuoco alla testa, risolta come suicidio. 4. Ron Brown – Segretario al Commercio ed ex presidente del Dnc [Comitato Nazionale Democratico]. La causa ufficiale della morte era stata impatto da incidente aereo. Un patologo che aveva partecipato alle indagini aveva riferito che c’era un buco nella parte superiore del cranio di Brown molto simile ad un ferita da arma da fuoco. Al momento della sua morte, Brown era sotto indagine e non aveva fatto segreto della sua volontà di concludere un accordo con gli inquirenti. Erano morti anche tutti gli altri passeggeri dell’aereo. Pochi giorni dopo, il controllore del traffico aereo si era suicidato.5. C. Victor Raiser, II – Raiser, uno dei principali responsabili dell’organizzazione per la raccolta fondi dei Clinton, era morto nella caduta di un aereo privato, nel luglio 1992. 6. Paul Tulley – Direttore politico del Comitato Nazionale Democratico era stato trovato morto in una stanza d’albergo a Little Rock, nel settembre 1992. Descritto dai Clinton come “caro amico e consigliere fidato”. 7. Ed Willey – Responsabile della raccolta fondi per i Clinton, era stato trovato morto nel novembre 1993 in un bosco della Virginia, con una ferita da arma da fuoco alla testa. Risolto come suicidio. Ed Willey era morto lo stesso giorno in cui sua moglie, Kathleen Willey, aveva affermato che Bill Clinton l’aveva palpeggiata nello Studio Ovale della Casa Bianca. Ed Willey era stato coinvolto in numerosi eventi di raccolta fondi per i Clinton. 8. Jerry Parks – Capo della squadra di sicurezza governativa di Clinton a Little Rock. Ucciso con un’arma da fuoco mentre era in macchina in un incrocio deserto fuori Little Rock. Il figlio di Parks aveva riferito che il padre stava allestendo un dossier su Clinton. Aveva presumibilmente minacciato di rendere pubbliche queste informazioni. Dopo la sua morte, i documenti erano misteriosamente spariti dalla sua abitazione.9. James Bunch – Deceduto per suicidio da arma da fuoco. Sembra possedesse un “libro nero” contenente i nomi di persone influenti che frequentavano prostitute in Texas ed Arkansas. 10. James Wilson – Era stato trovato morto nel maggio 1993, apparentemente si era suicidato impiccandosi. Sembra avesse legami con il caso Whitewater. 11. Kathy Ferguson – Ex moglie del poliziotto dell’Arkansas Danny Ferguson, era stata trovata morta nel maggio 1994 nel salotto di casa sua, uccisa con un colpo di pistola alla testa. Era stato considerato un suicidio, anche se c’erano diverse valigie piene, come se la donna fosse stata in procinto di recarsi altrove. Danny Ferguson era un co-imputato, insieme a Bill Clinton, nella causa intentata da Paula Jones. Kathy Ferguson era una possibile testimone a favore di Paula Jones. 12. Bill Shelton – Agente della polizia di Stato dell’Arkansas e fidanzato di Kathy Ferguson. Scettico sul suicidio della sua fidanzata, era stato trovato morto nel giugno 1994 per una ferita da arma da fuoco e si era stabilito che si era suicidato sulla tomba della sua fidanzata. 13. Gandy Baugh – Avvocato dell’amico di Clinton, Dan Lassater, era morto nel gennaio 1994 lanciandosi da una finestra di un alto edificio. Il suo cliente era un distributore di droga già condannato.14. Florence Martin – Ragioniera e subappaltatrice per la Cia, era legata al caso Barry Seal, Mena, Arkansas, un caso di traffico di droga all’aeroporto. Era morta per tre ferite da arma da fuoco. 15. Suzanne Coleman – Secondo quanto riferito, aveva avuto una relazione con Clinton quando quest’ultimo era procuratore generale dell’Arkansas. Era morta per una ferita da arma da fuoco alla nuca, risolta come suicidio. Al momento della morte era incinta. 16. Paula Grober – Traduttrice simultanea di Clinton per i non udenti, dal 1978 fino alla sua morte, il 9 dicembre 1992. Era morta in un incidente automobilistico. 17. Danny Casolaro – giornalista investigativo, indagava sull’aeroporto di Mena e sull’organo per il finanziamento dello sviluppo dell’Arkansas. Si era tagliato i polsi, apparentemente nel bel mezzo della sua indagine. 18. Paul Wilcher – L’avvocato che indagava sulla corruzione all’aeroporto di Mena con Casolaro e sula “sorpresa di ottobre” del 1980, era stato trovato morto in bagno, il 22 giugno 1993, nel suo appartamento di Washington Dc. Aveva consegnato un rapporto a Janet Reno tre settimane prima della sua morte.19. Jon Parnell Walker – Investigatore del caso Whitewater per la Resolution Trust Corporation. Era morto gettandosi dal balcone del suo appartamento di Arlington, in Virginia, il 15 agosto 1993. Stava indagando sullo scandalo Morgan Guaranty. 20. Barbara Wise – Collaboratrice del Dipartimento del Commercio. Aveva lavorato a stretto contatto con Ron Brown e John Huang. Causa del decesso: sconosciuta. Era morta il 29 novembre 1996. Il suo corpo nudo e pieno di lividi era stato trovato chiuso a chiave nel suo ufficio, presso il Dipartimento del Commercio. 21. Charles Meissner – Sottosegretario al Commercio, che aveva concesso a John Huang il nulla osta di sicurezza, era morto poco dopo in un incidente aereo. 22. Dr. Stanley Heard – Presidente del Comitato Consultivo Nazionale per la Terapia Chiropratica era morto con il suo avvocato, Steve Dickson, in un incidente aereo. Il dottor Heard, oltre a prestare servizio nel consiglio consultivo dei Clinton, aveva curato personalmente la madre, il patrigno e il fratello di Clinton. 23. Barry Seal – Un pilota della Twa che contrabbandava droga dall’aereoporto di Mena, Arkansas, la sua morte non è stata casuale [assassinato il 19 febbraio 1986].24. Johnny Lawhorn, Jr. – Meccanico, aveva trovato un assegno intestato a Bill Clinton nel bagagliaio di un’auto lasciata nella sua officina. Era stato trovato morto dopo che la sua macchina aveva colpito un palo della luce. 25. Stanley Huggins – Indagava sulla Madison Guaranty Savings and Loan Association. La sua morte era stata dichiarata un presunto suicidio e il suo rapporto non era mai stato pubblicato. 26. Hershell Friday – Avvocatessa e responsabile della raccolta fondi per Clinton, era morta il 1° marzo 1994, quando il suo aereo era esploso. 27. Kevin Ives e Don Henry – Noto come il caso dei “ragazzi che avevano trovato una pista”. I rapporti dicono che due i ragazzi potrebbero essersi imbattuti nel traffico di droga dell’aeroporto di Mena, Arkansas. Un caso controverso, secondo il rapporto iniziale della morte, i due ragazzi si sarebbero addormentati sui binari della ferrovia. Rapporti successivi avevano stabilito che i due giovani erano stati uccisi prima di essere messi sulle rotaie. Molte persone legate al caso erano morte prima che la loro testimonianze potessero arrivare davanti al Gran Giurì.Queste persone avevano informazioni sul caso Ives/Henry: 28 – Keith Coney: era morto quando, con la sua moto, aveva tamponato un camion, luglio 1988. 29 – Keith McMaskle: deceduto, pugnalato 113 volte, novembre 1988. 30 – Gregory Collins: morto per una ferita da arma da fuoco nel gennaio 1989. 31 – Jeff Rhodes: ucciso con un’arma da fuoco, mutilato e trovato bruciato in una discarica nell’aprile 1989. 32 – James Milan: trovato decapitato. Tuttavia, il medico legale aveva stabilito che la sua morte era dovuta a “cause naturali”. 34 – Richard Winters: uno dei sospettati nelle morti di Ives/Henry. Ucciso in una rapina organizzata nel luglio 1989. Anche queste guardie del corpo di Clinton sono morte: 35 – Maggiore William S. Barkley, Jr. 36 – Capitano Scott J. Reynolds. 37 – Sergente Brian Hanley. 38 – Sergente Tim Sabel. 39 – Maggiore Generale William Robertson. 40 – Colonnello William Densberger. 41 – Colonnello Robert Kelly. 42 – Specialista Gary Rhodes. 43 – Steve Willis. 44 – Robert Williams. 45 – Conway LeBleu. 46 – Todd McKeehan. E il più recente, Seth Rich, il collaboratore del Comitato Democratico, assassinato e “derubato” (di niente) il 10 luglio 2016. Il fondatore di Wikileaks, Assange, afferma che Rich era in possesso di informazioni sullo scandalo della posta elettronica del Dnc. In questa lista non sono inclusi i 4 eroi uccisi a Bengasi. Ed ora potete aggiungere all’elenco il multimilionario Jeffrey Epstein…(Jim Hoft, “L’elenco completo delle persone collegate ai Clinton morte in circostanze misteriose o ‘suicidatesi’ prima di testimoniare”, da “Gateway Pundit” dell’11 agosto 2019, post tradotto da Markus per “Come Don Chisciotte”).Sabato scorso, il miliardario Jeffrey Epstein, il detenuto di più alto profilo in custodia negli Stati Uniti, è stato trovato morto nella sua cella di Manhattan. Questo è avvenuto il giorno dopo che erano state rese pubbliche duemila pagine di documenti giudiziari, precedentemente secretati, riguardanti il procedimento contro Jeffrey Epstein per atti di violenza sessuale su minori. I documenti descrivevano come Bill Clinton avesse partecipato a feste private sull’isola del pedofilo Jeffrey Epstein. Clinton aveva volato almeno 27 volte sull’aereo privato di Jeffrey Epstein. Nella maggior parte di quei voli era stato accompagnato da ragazze minorenni. Nonostante un precedente tentativo, appena tre settimane fa, di togliersi la vita, le guardie carcerarie, la notte di venerdì, avevano saltato i controlli previsti ogni 30 minuti alla cella di Epstein. Nelle prime ore del mattino lo avevano trovato morto. Jeffrey Epstein è l’ultimo di un lungo elenco di collaboratori e frequentatori della famiglia Clinton che sono morti misteriosamente o si sono suicidati prima della loro testimonianza pubblica. Nel 2016 la “Cbs” di Las Vegas aveva pubblicato un elenco degli associati Bill e Hillary Clinton che sarebbero morti in circostanze misteriose. Ecco quella lista.
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Ponte Morandi, un anno di bugie rifilate a noi poveri cretini
La storia del ponte Morandi è anche la storia dei video che ne ritraggono il crollo. O meglio, la storia dei video che non lo ritraggono, perché fino a oggi – a un anno esatto di distanza – ancora non ci è stato concesso di vedere un solo video integrale del crollo che non apparisse in qualche modo manipolato. A questo punto ho la vaga sensazione che un video integrale del crollo non manipolato non lo vedremo mai. Abbiamo iniziato con questa “politica del mistero” pochi giorni dopo il crollo, quando il procuratore Cozzi ha dichiarato: «Ci sono stati dei problemi nelle videoregistrazioni della società autostrade. Non posso dire che ci siano materiali di grande rilevanza e utilità: il maltempo incideva sulla cattiva qualità delle immagini. La mancanza delle immagini vera e propria (o l’interruzione delle immagini) è dovuta, a quanto è dato di capire, a sconnessioni sulla rete, dovute al fenomeno sismico – al crollo, insomma: in poche parole, al blackout». Cominciavamo bene: erano passati pochi giorni, e già il procuratore metteva le mani avanti, dando la colpa a un ipotetico blackout. Scemenza colossale, fra l’altro: perché, se mai c’è stato un blackout, questo deve essere avvenuto dopo l’inizio del crollo, non prima – quindi le immagini dell’inizio del crollo devono esserci comunque: non è che prima arriva il blackout e poi il ponte crolla.Subito dopo è arrivato l’amministratore delegato di Atlantia, Castellucci, il quale dichiarava: «Non abbiamo gli elementi per poter capire quello che è successo, perché non ci sono immagini: l’unica telecamera a disposizione è andata in dissolvenza per l’eccezionale precipitazione». Nel “video della dissolvenza” che è stato rilasciato, si vede passare il famoso camioncino della Basko, quello che poi è rimasto fermo sul moncone del ponte per diversi giorni. Si vede il ponte che sta per crollare ma, guarda caso, appena il camion è passato il video va in dissolvenza. Nel frattempo qualcuno mette in rete lo screenshot del suo telefonino, nel quale si vede benissimo che c’era almeno un’altra telecamera che ha continuato a funzionare dopo il crollo. Ma le immagini di questa telecamera non ci verranno mai mostrate. A quel punto, giustamente, molti cominciano a domandarsi che cosa ci sia di così particolare, in quel video che non vogliono farci vedere. E comincia così a nascere la teoria del complotto.Anzi, per essere più precisi nascono due teorie del complotto: quella che dice che non ci vogliono mostrare i video perché il ponte in realtà è stato demolito con esplosivi, e l’altra (più soft, quella che ho sposato anch’io) che invece dice che non vogliono mostrarci il video perché vedere le immagini del crollo metterebbe in evidenza in modo palese l’incuria e la mancanza di manutenzione del ponte, e questo causerebbe una tale ondata di sdegno nella popolazione che chiederebbero tutti immediatamente la testa dei Benetton. La prima teoria, quella della demolizione intenzionale, si basa soprattutto sul famoso video “Oh mio Dio!”, nel quale si vede un forte bagliore alla base del ponte, a crollo già iniziato. La seconda teoria, invece, si basa su un semplice ragionamento: non ci vogliono mostrare il video del crollo perché danneggerebbero in modo irreparabile l’immagine di Autostrade e quindi dei Benetton. Non dimentichiamo che 5 Stelle avevano chiesto la revoca della concessione ad Autostrade, che valeva un bel po’ di miliardi, e quindi – in base alla seconda teoria – si cercava semplicemente di proteggere gli interessi dei potenti.Con il circolare sempre più insistente di questi dubbi, è chiaro che nell’ufficio del procuratore qualcuno si sia sentito in imbarazzo. Ed ecco che, miracolosamente, verso la fine di settembre dello scorso anno, esce la ripresa integrale di quello che era stato definito il “video della dissolvenza”. Magicamente ricompaiono i fotogrammi mancanti. E la ripresa non finisce più con il camioncino della Basko che passa, ma prosegue fino a quando il camioncino è già scomparso dietro la curva. Magia della politica, che cancella una dissolvenza e fa ricomparire i fotogrammi perduti… Resta comunque il fatto che, nel frattempo, la foschia è cresciuta rapidamente: per cui il crollo del ponte non si riesce a vedere in ogni caso.A qul punto, molti cominciano a domandarsi se non debbano esistere anche altri video, oltre a quelli di Autostrade, che abbiano ripreso il crollo. E siccome le telecamere installate nella zona erano moltissime, il procuratore Cozzi decide di fare una ammissione almeno parziale: esiste un video, dice, che mostra il crollo integrale, ma le immagini sono secretate. La spiegazione di Cozzi qual è? «Le immagini non le possiamo divulgare per motivi investigativi: se i vari testimoni oculari che stiamo sentendo le vedessero, rischierebbero di raccontarci una versione inquinata di come sono andate esattamente le cose». Altra scemenza colossale: perché, se tu hai il video originale, il testimone può raccontarti quello che vuole, ma non può certo cambiare le immagini di quello che si vede nei video. Però la gente si beve di tutto, i giornalisti si bevono di tutto, e quindi si va avanti senza che nessuno senta il bisogno di porre altre domande.A complicare ancora le cose arriva a quel punto un articolo del “New York Times” i cui giornalisti sostengono di aver visto il video del crollo integrale. In base a quanto visto dai giornalisti, il “York Times Pubblica” una ricostruzione in 3d del crollo, che però non risponde minimamente alle domande su cosa lo abbia causato. Le domande aumentano, i dubbi non svaniscono. E sembra quasi che, con il passare del tempo, coloro che detengono le immagini vogliono darci dei contentini: come per tenere buona l’opinione pubblica. Arriva infatti subito dopo un altro video famoso, che mostra sì il crollo del ponte, ma soltanto dal basso. Si vedono cadere le macerie dall’alto, ma anche qui il momento dell’inizio non si vede. La sensazione di presa in giro ormai è diffusa, e in rete continuano ad aumentare le richieste per vedere il video integrale che lo stesso Cozzi dice di avere.Anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo lanciato una petizione che ha raccolto oltre 10.000 firme. Ma i mesi passano, e questo famoso video integrale del crollo non arriva mai. Tutto sembra scomparire nelle sabbie mobili di un’inchiesta di cui noi non sappiamo assolutamente niente. Noi cittadini siamo i coglioni che pagano i pedaggi, siamo quelli che muoiono sotto le macerie, ma a noi non è concesso di sapere perché dobbiamo crepare in quel modo. Facciamo un salto in avanti, al giorno della demolizione dei resti del ponte: parliamo cioè del 1° luglio di quest’anno, 2019 – proprio in coincidenza con la demolizione del ponte, curiosa coincidenza emotiva. Viene finalmente rilasciato il famoso video integrale detto anche “il video della Ferrometal”. Il problema è che basta dargli un’occhiata veloce per capire che anche questo video è stato fortemente manipolato. Numerando Infatti i fotogrammi, si vede come alcuni di essi durino svariati secondi, mentre altri siano in sequenza rapidissima fra di loro.Sono rallentamenti e accelerazioni che vanno ben oltre il tasso variabile delle telecamere di sicurezza. E quindi noi ci troviamo nuovamente di fronte ad un video che ha molto probabilmente di fotogrammi mancanti. L’unica conclusione valida che si può trarre da questo video è che il famoso lampo che si vedeva inizialmente nel video “Oh mio Dio!” qui si vede chiaramente che avviene lontano dal ponte, dietro i tetti dove passa la ferrovia. In altre parole, quel grande lampo era dovuto effettivamente a un corto circuito con le linee dell’alta tensione ferroviaria, come molti già avevano suggerito. Ma di più non possiamo dire. Siamo arrivati ad un anno esatto dal crollo del ponte Morandi, è l’unica cosa che possiamo affermare con certezza è che, per qualche motivo, non ci vogliono far vedere il crollo integrale. Perché?(Massimo Mazzucco, “Ponte Morandi, un anno di bugie”, video-editoriale pubblicato su “Luogo Comune” il 14 agosto 2019).La storia del ponte Morandi è anche la storia dei video che ne ritraggono il crollo. O meglio, la storia dei video che non lo ritraggono, perché fino a oggi – a un anno esatto di distanza – ancora non ci è stato concesso di vedere un solo video integrale del crollo che non apparisse in qualche modo manipolato. A questo punto ho la vaga sensazione che un video integrale del crollo non manipolato non lo vedremo mai. Abbiamo iniziato con questa “politica del mistero” pochi giorni dopo il crollo, quando il procuratore Cozzi ha dichiarato: «Ci sono stati dei problemi nelle videoregistrazioni della società autostrade. Non posso dire che ci siano materiali di grande rilevanza e utilità: il maltempo incideva sulla cattiva qualità delle immagini. La mancanza delle immagini vera e propria (o l’interruzione delle immagini) è dovuta, a quanto è dato di capire, a sconnessioni sulla rete, dovute al fenomeno sismico – al crollo, insomma: in poche parole, al blackout». Cominciavamo bene: erano passati pochi giorni, e già il procuratore metteva le mani avanti, dando la colpa a un ipotetico blackout. Scemenza colossale, fra l’altro: perché, se mai c’è stato un blackout, questo deve essere avvenuto dopo l’inizio del crollo, non prima – quindi le immagini dell’inizio del crollo devono esserci comunque: non è che prima arriva il blackout e poi il ponte crolla.
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Tunnel sotto il Baltico: la Cina prenota il tesoro dell’Artico
L’Artico si scioglie e la Cina è già lì: per il grande affare. Lo spiegano, sul “Corriere della Sera”, Milena Gabanelli e Luigi Offeddu. «Le prime prenotazioni on line, 50 euro l’una, sono state vendute subito dopo l’annuncio ufficiale: il più lungo tunnel sottomarino del mondo (100 km) sarà scavato dal 2020 sul fondo del Mar Baltico, fra la capitale estone Tallinn e quella finlandese, Helsinki. Lo scaveranno e pagheranno quasi tutto i cinesi: 15 miliardi di euro, più 100 milioni offerti da un’impresa saudita». Il colossale investimento, a oltre 6.300 chilometri da Pechino, non è lontano dalla loro “Via della Seta marittimo-terrestre”, che dovrebbe collegare circa 60 paesi di tre continenti. Uno dei suoi tratti vitali sarà la “Via Polare della Seta”, che sfrutterà i mari artici sempre più liberi dai ghiacci grazie al riscaldamento del clima. Oggi, per viaggiare da Shangai a Rotterdam attraverso la rotta tradizionale del canale di Suez, bisogna navigare per 48-50 giorni. Con la Via Polare si scende a 33 giorni. La nuova tratta «accorcerà di una settimana anche il viaggio che unisce Atlantico e Pacifico costeggiando Groenlandia, Canada e Alaska, rispetto al passaggio attraverso il canale di Panama». Tutto pronto: «Navi cinesi hanno già collaudato entrambe le rotte. A fine maggio, il vice primo ministro russo Maxim Akimov ha annunciato che anche Mosca potrebbe unirsi al progetto di Pechino».La Cina è pronta a fare il suo gioco, raccontano Gabanelli e Offeddu: da una parte, marcare la sua presenza commerciale, politica e militare nel mondo, e dall’altra sfruttare il sottosuolo dell’Artico. «Parliamo del 20% di tutte le riserve del pianeta: fra cui petrolio, gas, uranio, oro, platino e zinco». Pechino ha già commissionato i rompighiaccio, fra cui – gara appena chiusa – uno atomico da 152 metri con 90 persone di equipaggio (costo previsto: 140 milioni di euro). Sarà il più grande rompighiaccio al mondo e potrà spaccare uno strato ghiacciato spesso un metro e mezzo. La Cina ha iniziato anche i test per “l’Aquila delle nevi”, un aereo progettato per i voli polari, e sta studiando l’impiego di sommergibili in grado di emergere dai ghiacci. Spiega il “Giornale cinese di ricerca navale”, subito monitorato dagli analisti occidentali: «Sebbene il ghiaccio spesso dell’Artico provveda una protezione naturale per i sottomarini, tuttavia costituisce anche un rischio per loro durante il processo di emersione». Segue uno studio dettagliato sulle manovre da eseguire. «Tutte le superpotenze compiono queste ricerche, però la Cina non è uno Stato artico come la Russia o gli Usa». Eppure, aggiungono Gabanelli e Offeddu, nel 2018 si è autodefinita uno “Stato quasi-artico”, irritando il segretario di Stato americano Mike Pompeo, secondo cui «ci sono solo Stati artici e non artici, una terza categoria non esiste».Ma Pechino “tira dritto”, e lo fa soprattutto in Groenlandia, «portaerei naturale di fronte agli Usa e al Canada, dove il riscaldamento del clima sta sciogliendo 280 miliardi di tonnellate di ghiaccio all’anno: un dramma mondiale, che però agevola l’estrazione di ciò che sta sotto». Per questo, osservano Milena Gabanelli e Luigi Offeddu, con le sue compagnie di Stato la Cina ha acquistato o gestisce i 4 più importanti giacimenti minerari della Groenlandia. «All’estremo Nord, nel fiordo di Cjtronen, c’è quello di zinco, gestito al 70% dalla cinese Nfc, considerato il più ricco della Terra. È strategico perché si trova di fronte all’ipotetica “Via Polare della Seta”, quella del passaggio verso Canada e Usa, e perché potrebbe placare la domanda di zinco della Cina, salita del 122% dal 2005 al 2015». Poi c’è il giacimento di rame di Carlsberg, proprietà della Jangxi Copper, colosso di Stato considerato il massimo produttore cinese di rame nel mondo (il suo ex-presidente, intanto, è stato appena condannato a 18 anni per corruzione). Pechino ha inoltre in mano la miniera di ferro di Isua (della General Nice di Hong Kong) e infine Kvanefjeld, nell’estremo Sud: una riserva mai sfruttata di uranio e “terre rare”, cioè i metalli usati per costruire missili, smartphone, batterie e hard-disk.Kvanefjeld, accessibile solo via mare, è proprietà della compagnia australiana Greenland Minerals Energy e al 12,5% della compagnia di Stato cinese Shenghe Resources, considerata la maggiore fornitrice di “terre rare” sui mercati internazionali. Con un investimento da 1,3 miliardi di dollari, documenta il reportage sul “Corriere”, il giacimento potrà fornire una delle più alte produzioni al mondo di “terre rare”. «La quota azionaria della Shenghe è limitata, ma il suo ruolo nel progetto no», spiegano Gabanelli e Offeddu, «perché il prodotto estratto da Kvanefjeld sarà un concentrato di “terre rare” e uranio, i cui elementi dovranno essere processati e separati». E questo «accadrà soprattutto a Xinfeng, in Cina, dove gli stabilimenti sono già in costruzione». Nel progetto c’è anche un nuovo porto, nella baia accanto al giacimento. «La Cina possiede già oltre il 90% di tutte le “terre rare” del mondo, dunque ne controlla i prezzi». E ora, «con quel che arriverà da Kvanefjeld, chiuderà quasi il cerchio». Nei lavori del porto è coinvolto anche il colosso di Stato cinese Cccc, «già messo sulla lista nera della Banca Mondiale per una presunta frode nelle Filippine». I dirigenti della Shenghe, nel gennaio di quest’anno, «hanno formato una joint-venture con compagnie sussidiarie della China National Nuclear Corporation».La sigla del colosso edilizio Cccc, continuano Gabanelli e Offeddu, è riemersa nella gara d’appalto lanciata dal governo groenlandese per tre nuovi aeroporti intercontinentali (a Nuuk, Ilulissat e Qaqortoq) che dovrebbero assicurare all’isola collegamenti diretti con gli Usa e l’Europa. Nel 2018 sei imprese sono state ammesse: l’unica non europea era la Cccc. «Ma la sua offerta ha preoccupato gli Usa (nell’isola c’è la base americana di Thule, che può intercettare i missili in arrivo su Washington) e la Danimarca (che ha un diritto di veto sulle questioni che toccano la sicurezza)». Così, i danesi hanno lanciato all’ultimo momento un’offerta d’oro, «rilevando un terzo della compagnia groenlandese che appaltava la gara», e così la Cccc è stata esclusa. «Ma lo scorso 5 aprile è stata annunciata una nuova gara per il “completamento” delle piste e dei terminal a Nuuk e Ilulissat, altro affare milionario, e i cinesi hanno tentato di rientrare grazie a joint-venture formate con imprese olandesi, canadesi e danesi». Tutto procede: i lavori inizieranno a settembre.Secondo Gabanelli e Offeddu, Pechino ha messo a segno un altro successo nordico, questa volta a Karholl, in Islanda: si tratta dell’osservatorio meteo-astronomico battezzato “Ciao”, acronimo di China-Iceland Joint Arctic Science Observatory, interamente finanziato dai cinesi. Alto tre piani ed esteso su 760 metri quadrati, controlla i cambiamenti climatici, le aurore boreali, i percorsi dei satelliti. E, per inciso, anche lo spazio aereo della Nato. Non è di poco conto, infatti, il risvolto strategico-militare della nuova geopolitica cinese nell’Artico: il vice responsabile del nuovissimo osservatorio è Halldor Johannson, che in Islanda è anche portavoce di Huang Nubo, «il miliardario imprenditore ed ex dirigente del Partito comunista cinese che nel 2012 tentò di comprare per circa 7 milioni di euro 300 chilometri di foreste islandesi, dichiarando di volerne fare un parco naturale e turistico». Anche su quelle foreste – annotano Gabanelli e Offeddu – passavano (e passano) le rotte della Nato, su cui ora “vigilerà” l’indesiderata superpotenza cinese.L’Artico si scioglie e la Cina è già lì: per il grande affare. Lo spiegano, sul “Corriere della Sera”, Milena Gabanelli e Luigi Offeddu. «Le prime prenotazioni on line, 50 euro l’una, sono state vendute subito dopo l’annuncio ufficiale: il più lungo tunnel sottomarino del mondo (100 km) sarà scavato dal 2020 sul fondo del Mar Baltico, fra la capitale estone Tallinn e quella finlandese, Helsinki. Lo scaveranno e pagheranno quasi tutto i cinesi: 15 miliardi di euro, più 100 milioni offerti da un’impresa saudita». Il colossale investimento, a oltre 6.300 chilometri da Pechino, non è lontano dalla loro “Via della Seta marittimo-terrestre”, che dovrebbe collegare circa 60 paesi di tre continenti. Uno dei suoi tratti vitali sarà la “Via Polare della Seta”, che sfrutterà i mari artici sempre più liberi dai ghiacci grazie al riscaldamento del clima. Oggi, per viaggiare da Shangai a Rotterdam attraverso la rotta tradizionale del canale di Suez, bisogna navigare per 48-50 giorni. Con la Via Polare si scende a 33 giorni. La nuova tratta «accorcerà di una settimana anche il viaggio che unisce Atlantico e Pacifico costeggiando Groenlandia, Canada e Alaska, rispetto al passaggio attraverso il canale di Panama». Tutto pronto: «Navi cinesi hanno già collaudato entrambe le rotte. A fine maggio, il vice primo ministro russo Maxim Akimov ha annunciato che anche Mosca potrebbe unirsi al progetto di Pechino».
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Magaldi: Salvini non è solo, stana i rivali-zombie e vincerà
Comunque vada, Salvini ha già vinto: sono dalla sua parte tutti gli scenari. Elezioni anticipate? Trionferebbe. Governo Conte-bis? Farebbe la parte del leone, ridimensionando i grillini in caduta libera. Governissimo Renzi-Grillo? Meglio ancora: dall’opposizione, il leader della Lega preparerebbe un plebiscito nel giro di un anno, con gli italiani costretti a subire la maxi-stangata imposta da Bruxelles e somministrata da Renzi e Di Maio, magari col Monti di turno. La notizia però è un’altra: «Di improvvisato non c’è nulla, nelle mosse di Salvini». E il capo della Lega non è affatto solo, ma è anzi «sapientemente consigliato». Lo svela Gioele Magaldi, massone progressista, già inziato alla superloggia internazionale “Thomas Paine”, storica culla del pensiero politico-economico keynesiano. Il presidente del Movimento Roosevelt, autore del bestseller “Massoni” che inquadra il ruolo delle Ur-Lodges nel retrobottega del potere mondiale, oggi scommette su Matteo Salvini: «Sta studiando, e potrebbe persino diventare uno statista. E’ l’unico leader politico oggi capace di intercettare le speranze degli italiani. Deve ancora farne, di strada, ma intanto ha spiazzato tutti, costringendo i concorrenti a svelarsi e a contraddirsi». Per Magaldi «è in una situazione win-win: ha vinto e vincerà anche domani, in qualsiasi modo evolva questa crisi, che è stata lungamente progettata, da Salvini e da chi lo ha consigliato con sapienza».Allusione esplicita: «Le superlogge internazionali sono assolutamente in campo e stanno giocando una partita molto raffinata», dichiara Magaldi il 14 agosto nella diretta web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. Premessa: «L’Italia resta un campo di battaglia strategico, il luogo decisivo per le sorti della democrazia in Europa e per la stessa globalizzazione». E’ vero, la geopolitica appare dominata da colossi come gli Usa, la Cina e la Russia. Eppure, sottolinea Magaldi, «è in Europa che si è sperimentata dagli anni ‘90 una certa governance sovranazionale post-democratica, politico-economica, ed è qui in Italia che il corso delle cose può essere invertito: altrove non ci sono possibilità così magmatiche e feconde, in Francia e in Germania il sistema politico è bloccato». Sempre con Frabetti, Gianfranco Carpeoro – altro dirigente del Movimento Roosevelt – nei giorni scorsi ha svelato le mosse della supermassoneria reazionaria: obiettivo, imbrigliare Salvini e disarcionarlo con ogni mezzo. Di qui la strana disponibilità di Grillo ad abbracciare l’ex nemico Renzi, a cui sarebbe stato promesso finalmente l’accesso al mondo esclusivo dei massimi salotti massonici, nel caso riuscisse a sventare la minaccia delle elezioni anticipate richieste da Salvini.«Le reti delle Ur-Lodges oligarchiche sono ancora egemoni», conferma Magaldi, che però aggiunge: «Le superlogge progressiste hanno messo a segno colpi interessanti». Tra questi, ad esempio, il sostegno sotterraneo ai Gilet Gialli in Francia per mettere in croce Macron proprio mentre l’Eliseo premeva su Bruxelles per aggravare l’austerity italiana, bocciando il governo gialloverde e la sua iniziale richiesta di espansione del deficit. «La partita è vivace, anche se difficile da interpretare», dice Magaldi, lasciando capire che niente è come sembra. Il network massonico progressista internazionale starebbe sostanzialmente supportando Salvini nel suo tentativo di lasciare in mutande gli zombie della politica italiana, ancora e sempre proni ai diktat di Bruxelles. «Con le sue mosse, Salvini ha messo in moto un circo con bestie strane, e scomodarle proprio a ferragosto è stato ancora più divertente: cosa che a Salvini ha permesso di dire che non si vede perché ad agosto non possano lavorare anche i parlamentari, come moltissimi altri italiani già fanno». Bestie strane? «Alcune sembravano sotto spirito, imbalsamate, e sono state riesumate per l’occasione: hanno tutte paura e sperano di non scomparire per sempre». Salvini domatore? Ebbene sì: «Sembra condurre il gioco, e addirittura oggi torna a parlare persino di una possibilità di un rilancio gialloverde, un governo Conte-2 con adeguato rimpasto».A Genova, il capo della Lega ha accennato tranquillamente alla manovra, citando 2,4 miliardi per mettere in sicurezza ponti e infrastrutture: «Sembra parlare da azionista di un governo che potrebbe tornare in auge». Intendiamoci, avverte Magaldi: «Occorre decodificare il tiro di dadi inaugurato da Salvini, la cui tempistica ha spiazzato anche i leghisti», molti dei quali per nulla entusiasti all’idea di tornare alla corte di Arcore. Non è affatto impazzito, Salvini: ha solo beffato i suoi avversari, fingendo di divertirsi in modo spensierato sulla spiaggia del Papeete. Nessuno si aspettava che affondasse il colpo, annunciando la sfiducia a Conte: «E la sua mossa originaria, prima ancora della “mossa del cavallo” sul taglio dei parlamentari da votare con 5 Stelle e Pd) ha snidato personaggi e ipotesi che se ne stavano acquattate nell’ombra». Il risulato è fecondo, secondo Magaldi: dopo che Salvini ha pronunciato quel fatidico “io non ci sto più”, «abbiamo scoperto che Renzi stava preparando un nuovo partitino del 2-3%». Poi l’ex “rottamatore” «ha compiuto una torsione a 180 gradi rispetto a inizio legislatura, quando consegnò i 5 Stelle all’allenza con la Lega. Oggi sente vicina la sua fine politica, ma non ha capito che gioco sta facendo Salvini, consigliato da chi e perché». Già, appunto: non sperava di entrare nel grande gioco, Renzi, bussando alla superloggia Maat (quella di Obama) dopo la passerella al Bilderberg?Fa un po’ il misterioso, Magaldi, lasciando intendere di non poter dire più di tanto, per ora. Si limita a dichiarare che quello che sta davvero succedendo «non l’ha capito nemmeno Berlusconi, che prima si ringalluzzisce come possibile ago della bilancia, grazie a cui si può decidere se si va o no alle elezioni, quindi fa bastonare Salvini da Sallusti sulle Tv mainstream ma su Rete4 manda servizi contro Di Maio». Al che, si apprende che Salvini sarebbe disponibile a una trattativa con Forza Italia e Fratelli d’Italia. Poi però il capo della Lega «offre a Berlusconi una lista unica, quindi una proposta di assorbimento di Forza Italia, che naturalente Berlusconi rifiuta». Falsa pista, quindi: dopo aver stanato il Cavaliere, spingendolo a esporsi, il 13 agosto Salvini risultava indisponibile a incontrarlo, per imprecisati “impegni al Viminale”. «Intanto Berlusconi è stato snidato: sperava in un accordo elettorale soddisfacente, con Salvini, nonostante sia stato per mesi in combutta con il Pd e con tutto il circo mediatico mainstream contro il governo gialloverde, e quindi anche contro la Lega». Doppio avvitamento, con figuraccia. «Sono stati snidati Renzi e Berlusconi, e il gioco non finisce qui» aggiunge Magaldi. «Anche l’inciucio Pd-M5S è stato portato fino all’estremo, fin quasi a concludersi: già hanno votato insieme per la calendarizzazione della sfiducia a Conte, ma Delrio (cerniera a metà strada tra Renzi e Zingaretti) dice che l’accordo si può fare solo se di largo respiro, e lo stesso Zingaretti sta diventando possibilista».Insomma: sono tutti agitati, ma il pallino rimane nelle mani di Salvini. «Sembra un domatore che fa esbire tante bestiole davanti alla platea degli italiani». E questo, sottolinea Magaldi, è solo l’aspetto “essoterico”, alla luce del sole. Per capire il senso di quello che sta avvenendo «occore rovesciare le cose facili, banali, scontate e fuorvianti che si sono dette in questi giorni». La lettura che propone il presidente del Movimento Roosevelt è la seguente: a un certo punto, “ispirato” da qualche insospettabile consigliere strategico, Salvini – pressato dalla magistratura e dal Russiagate, braccato dai media pro-Ong – ha di fatto «cominciato a mostrare tutte le ipocrisie e tutti i nervi scoperti degli altri attori politici». Il gioco è rischioso, ma per ora vincente. «In queste ore si potrà discutere persino di un rilancio del governo Conte, con un rimpasto significativo e una strutturazione del programma che veda i 5 Stelle molto più disciplinati, perché uno dei problemi degli ultimi mesi era che i 5 Stelle attaccavano Salvini anziché l’opposizione». Naturalmente, un nuovo patto presupporrebbe un cambio di passo su molti temi: «Sarebbe una vittoria di Salvini, anche rispetto a quei leghisti che al Nord restano inclini a un’alleanza con Berlusconi».In sostanza, osserva Magaldi, Salvini ha giocato d’anticipo su tutti. E ora ha compiuto la mossa del cavallo: ok, ha detto, votiamo il taglio dei parlamentari e poi andiamo subito a votare. «Quella di elezioni immediate è un’ipotesi costituzionalmente impraticabile, e del resto prima si vota la fiducia o sfiducia a Conte (che è dirimente, prima ancora della questione del taglio dei parlamentari)». Se invece la rottura si consuma, «la grande ammucchiata (Pd, 5 Stelle, Leu e frattaglie varie), al di là di dare un illusorio momento di respiro a Renzi e ai renziani che hanno la poltrona traballante, è una eccellente occasione per ridefinire il prossimo appuntamento elettorale, lasciando a quell’Armata Brancaleone l’onere di proseguire sulla linea del rigore». Una non-strategia, che aggraverebbe solo la situazione italiana. «Qui servirebbe un braccio di ferro fortissimo con la cosiddetta Europa e con i suoi avamposti italici – dice Magaldi – per definire una nuova traiettoria politico-economica fondata su investimenti importanti e un robusto taglio delle tasse, cioè una manovra che incontrebbere un’opposizione formidabile da parte dei gestori dell’austerity».Nell’ipotesi del “governo di salvezza nazionale”, Salvini lascerebbe a Renzi e anche ai grillini il “privilegio” di essere «definitivamente percepiti come i difensori dello status quo». Quindi il governo anti-Salvini sarebbe «un’occasione ghiottissima, una situazione da cui la Lega non potrà che uscire bene». Ma è un bene, per l’Italia, che Salvini abbia innescato questo balletto circense, rivelatore delle altrui pulsioni? Per Magaldi, la risposta è sì. Ed è utile, aggiunge, che da questa vicenda «escano con le ossa rotte i 5 Stelle», almeno fino a quando si fanno rappresentare da Luigi Di Maio: «Ha proprio la vista corta: gongolava, dicendo che Salvini ha dovuto cedere sul taglio dei parlamentari», non capendo che il leghista lo ha sostanzialmente “disarmato”. I 5 Stelle, peraltro, «uscirebbero distrutti dall’abbraccio col Pd: una parte del loro elettorato andrebbe verso la Lega e un’altra parte verso i Dem». A sua volta, il Pd ha problemi interni ancora più gravi: «E’ un soggetto politico afasico, privo di una narrativa convincente». E la prova del nove, ancora una volta, è proprio il capo della Lega: «Salvini cresce nei consensi perché esibisce una narrativa chiara, che parla anche di importanti investimenti e di un nuovo paradigma politico-economico, grazie ai suoi economisti post-keynesiani. E parla pure di taglio delle tasse, Salvini. Rispetto a questo, cos’hanno da dire Pd e 5 Stelle? Il piglio del leader ce l’ha lui, non certo il grottesco Renzi, imbolsito anche nei toni, che a un anno di distanza deve ammettere di aver sbagliato tutto rifiutando l’alleanza coi 5 Stelle».Nel frattempo, il Pd non ha mai fatto autocritica. «Non lo fa neppure oggi, né con Renzi né con Zingaretti, nemmeno rispetto alle cattive riforme costituzionali di Renzi, che non ha capito niente ed è ancora convinto che il Jobs Act fosse la migliore delle carte da giocare per rilanciare occupazione e crescita economica – siamo a questo livello». Si domanda Magaldi: «In cosa si identifica, per Renzi, il bene della nazione? Non lo sappiamo, ed è per questo che Renzi è franato, nella percezione degli italiani. E cosa ha da dirci Zingaretti?». Idem. Ma vale anche per Berlusconi, «anche lui agonizzante come Renzi e in cerca di una scialuppa di salvataggio». Morti che camminano. Salvini, invece, riesce anche a giocare col taglio dei parlamentari: «Ha presentato la cosa strumentalmente, come una decisione importante da condividere con “l’amico” Di Maio», che c’è cascato. Attenzione: «Come panacea dei mali italiani i 5 Stelle dunque propongono il taglio dei parlamentari e magari anche il dimezzamento dei loro stipendi?». Il Parlamento come covo di mascalzoni, affaristi e rubagalline? Pura demagogia grillina, altamente controproducente: «Con stipendi più bassi, i parlamentari saranno più esposti a tentativi di corruzione. E in Parlamento andranno solo le persone molto ricche, che possono permettersi di rinunciare alla loro carriera», obietta Magaldi.«Ai tempi della democrazia di Pericle, nell’Atene del V secolo avanti Cristo – ricorda Magaldi – furono inventate le “misthòtes”, le indennità, proprio per consentire anche ai poveri di occuparsi della cosa pubblica, viceversa prerogativa solo dei ricchi aristocratici». Oggi viviamo in un’Italia in piena stagnazione e con un governo che non ha certo “abolito la povertà”. «E dopo il fallimento clamoroso del reddito di cittadinanza, Di Maio ci viene a spiegare che la soluzione di tutto, la grande scelta epocale, sarebbe la diminuzione dei rappresentanti del popolo sovrano, facendo così diminuire anche il livello di democrazia rappresentativa?». Avverte Magaldi: «Stia attento, Di Maio, anche a quello che fanno i pentastellati nelle amministrazioni locali, perché gira voce che, paradossalmente, siano i più affamati di affari, affarucci e denari». Neoliberismo sospetto, in salsa populista: «C’è questo strano connubio: da un lato ciò che è pubblico (comprese le indennità) viene demonizzato, per offrirlo in pasto a un risentimento popolare del tutto presunto (la gente non ha più la sveglia al collo, vede bene che questi sono pretesti), e dall’altro il taglio delle indennità produce fatalmente più corruzione».Insomma, per Magaldi il “circo” stimolato da Salvini «ci mostra degli animali politici davvero bizzarri», nessuno all’altezza della crisi nazionale. «Questa rappresentazione richiede quindi un cambio di passo drastico: la classe politica italiana è scesa davvero al punto più basso, per merito delle abili mosse di Salvini». Ispirato da chi? Incalzato dalla domanda, nella diretta web-streaming su YouTube, Magaldi rifiuta di essere esplicito: «Diciamo che Salvini sta studiando». Per Carpeoro, non ha ancora trovato il suo “burattinaio”, cioè «uno di quei “venerabilissimi maestri” dei contesti massonici neoaristocratici che amano ridurre i politici a propri burattini». Secondo Magaldi, invece, c’è un’altra possibilità: «E cioè che personaggi come Salvini, che non hanno alle spalle burattinai e che magari non vogliono averne, possano invece cercare suggestioni e ispirazioni, mettendosi a studiare per poter interpretare in modo più adeguato al servizio della collettività». Comunque, aggiunge Magaldi, possiamo stare certi che il leader della Lega non ha tentato uno strappo in modo avventato, non è rimasto isolato e non sta assolutamente cercando di salvarsi in corner. Al contrario: è proprio lui a condurre le danze. In altre parole: “C’è del metodo, in questa follia”, come avrebbe detto Shakespeare.«C’è del metodo, e il primo risultato è quello di aver messo a nudo tutte le ipocrisie degli altri attori politici e la loro disponibilità a rimangiarsi il giorno dopo quello che avevano detto il giorno prima». Quindi, ribadisce Magaldi, c’è un’ispirazione precisa. E c’è anche «un personaggio che ha ancora molto da emendare, da imparare e da perfezionare». Tuttavia Salvini «è l’unico che ha i tratti e le caratteristiche per poter essere percepito come un pericolo, da parte di chi vorrebbe proseguire in modo imperterrito sulla strada di questi anni», cioè il suicidio programmato dell’economuia italiana da parte delle lobby che dominano l’Ue. Diciamola tutta, ammette Magaldi: «Salvini ha anche bisogno anche di smarcarsi da quella ghettizzazione, sempre possibile, che lo presenta come neofascista o fiancheggiatore dei neofascisti». Ne è consapevole: «Lo si è già visto nella sua prudenza rispetto a Fratelli d’Italia e poi anche rispetto a Forza Italia: un’alleanza così, anche se vincente, a livello internazionale sarebbe facile da ghettizzare come l’arrivo di una pericolosa destra». E poi Salvini «ha bisogno di alleanze e di riferimenti politici, ideologici e programmatici che semmai ne sdoganino il lato progressista». Quello che di certo non gli serve è «un abbraccio con Berlusconi e la Meloni in stile nuovo centrodestra, un copione già visto e già bocciato dagli italiani».Quello che sta facendo il capo della Lega, capace di scuotere la politica del Belpaese, non è comunque sufficiente: Salvini è ancora troppo condizionato dalla preoccupazione del consenso. «Il problema vero è che Salvini, e chiunque altro – da destra, da sinistra, dal centro – volesse partecipare di una nuova stagione politica (dove anche la Lega mutasse pelle e diventasse qualcos’altro, magari anche di più progressista), dovrebbe anche saper mordere, oltre che abbaiare e affabulare». Anche perché «non sarà un momento tenero, quello in cui si dovrà fare un braccio di ferro adeguato con i gestori dell’austerity». La verità, sottolinea Magaldi, è che se oggi il sedicente “governo del cambiamento” è comunque costretto a subire tutte queste rappresentazioni teatrali, è perché questo governo non ha cambiato alcunché: «Finora è stato il governo del falso cambiamento. E Salvini se n’è accorto, a differenza del narcisista e miope Di Maio». Caporetto 5 Stelle: «Non c’è discussione interna, Di Maio andrebbe valutato come inadeguato. Dovrebbe quindi esserci un ricambio di classe dirigente: solo a quel punto, prima di scomparire, il Movimento 5 Stelle potrebbe ancora avere un ruolo nel futuro dell’Italia». Se gli elettori ti investono di tante speranze, non puoi fingere: devi lottare, «fino a strappare – per l’Italia e per l’Europa – una prospettiva più democratica e anche più prospera».Il problema vero dice ancora Magaldi, non sta in come si risolve questa grande rappresentazione teatrale, o meglio circense, ma sta nel fatto che – alla fine dei giochi – qualcuno si assuma la responsabilità di fare quello che va fatto. «E quello che va fatto è chiaro: un piano di 50 anni di investimenti pubblici importanti, che diano fiato all’economia privata, iniziando un braccio di ferro con l’Europa in modo soft, cioè chiedendo di stralciare questi investimenti dai parametri del deficit. Poi serve l’apertura in Europa di un tavolo per la redazione di una Costituzione politica di natura radicalmente democratica». Per Magaldi «sono queste le cose importanti da fare, insieme all’abbassamento drastico delle aliquote fiscali». Cose semplici, come l’introduzione di una moneta parallela: «Misura che serve a difendersi dalle norme stringenti di oggi. Ma se l’Italia negoziasse lo stralcio degli investimenti necessari rispetto al computo del deficit, non ci sarebbe nemmeno più bisogno di moneta parallela». In altre parole, «le cose sono davvero più semplici di quello che sembrano, se davvero ci fosse la volontà politica di farle». Per questo servono politici capaci di fare un salto di qualità. Salvini, appunto? «Io credo che oggi stia studiando l’ipotesi di diventare davvero uno statista. Poi sta a lui riuscirci (e studiare bene) oppure no».Naturalmente, la crisi fa esplodere dietrologie multiple. Per esempio c’è il possibile ruolo del supermassone reazionario Michael Ledeen, in Italia da luglio, indicato da Carpeoro come fattore rilevante per disarcionare Salvini. Per Magaldi, invece, «quello di Ledeen è un ruolo forse sopravvalutato, come quello di Renzi: anche se dovesse entrare nel nuovo ipotetico governo e dovesse ridicolizzare Zingaretti, costringendolo a subire il peso della maggioranza dei parlamentari Pd (che oggi è di rito renziano), Renzi dovrebbe comunque accontentarsi di una breve stagione». Ledeen e gli altri “avvoltoi” oligarchici come il francese Attali, mentore di Macron? «Tutte vere le osservazioni di Carpeoro, ma guarderei in modo diverso la prospettiva di fondo», spiega Magaldi. «In realtà, i gruppi reazionari neoaristocratici sono in un momento di grande difficoltà, perché anche tutti gli sforzi fatti per non andare a votare, tenendo in sella certi personaggi, in un modo o nell’altro sono destinati a fallire». E questo, scandisce Magaldi, è davvero un fatto nuovo: «C’è una coscienza popolare che sta comunque crescendo, intorno ad aspettative che oggi vengono proiettate su Salvini». Ma se il leader leghista dovesse fallire o deludere, domani queste speranze «sarebbero comunque proiettate su qualcun altro, perché esprimono un’esigenza reale», che né Renzi né Di Maio (e tantomeno Berlusconi) hanno dimostrato di saper cogliere e interpretare.Magaldi punta alla sostanza, allo sfondo: «Non darei quindi grande peso al ruolo di vecchi arnesi come il “fratello” Ledeen: un anziano signore, memore di antichi giochi spregiudicati fatti anche destando irritazione persino tra le forze dell’ordine e l’intelligence italiana. Quei giochi sono ormai finiti», sostiene il presidente del Movimento Roosevelt. «Credo che questi personaggi non siano più nemmeno i veri burattinai che cercano di frenare questo nuovi scenario che si prepara». Bisogna saper leggere tra le righe: «La battaglia oggi non è nel tentare di frenare quello che il popolo italiano proietta su personaggi come Salvini. Per questo esprimo una sorta di compassione anche per tutti quelli che si agitano, cercando di combattere in termini sbagliati». E attenzione: «Non può essere efficace utilizzare ancora a lungo il Movimento 5 Stelle come un elemento che rafforzi il sistema. Ha avuto consensi perché era visto come un mezzo per realizzare alcune speranze, per quanto confuse. Se però il M5S fa un abbraccio mortale con il Pd e con altri, contro le speranze proiettate su Salvini, compie un grande suicidio collettivo». “Ciaone”, caro Di Maio. «Tanti auguri, a questo governo che dovesse nascere: sarebbe un regalo, per noi progressisti, un po’ come l’ipotesi di Mario Draghi a Palazzo Chigi». Tutti si accorgerebbero che il Re è nudo: «Che regalo, vedere finalmente Draghi tutti i giorni in televisione a difendere le sue scelte di austerity – non più remoto, ieratico e autorevole dalla poltrona della Bce, ma costretto a rispondere con la sua faccia, non più in modo sfingeo, dovendo spiegare agli italiani (come già Monti) che l’austerità è bella».Secondo Magaldi, un anno di governo con Pd, 5 Stelle e Leu all’insegna del “teniamo i conti in ordine” sarebbe la miglior cosa da auspicare, per i progressisti: «Sarebbe la distruzione definitiva della credibilità di tutti coloro che dovessero animare quel governo». Se ce la faranno, a metterlo in piedi, si voteranno al suicidio. Aiutati dai “venerabili” burattinai della supermassoneria reazionaria? Magaldi è scettico: «Sono al tramolto molti vecchi tromboni alla Ledeen, gente che appartiene a un altro mondo, personaggi che stanno anche invecchiando e morendo. Il fronte massonico delle Ur-Lodges neoaristocratiche oggi è molto meno forte di quanto non si creda». Certo, le strutture nel frattempo create fanno sì che il percorso tracciato resti in piedi, per forza d’inerzia. «E’ la legge di Saturno, per dirla in termini astrologici: la conservazione della struttura esistente. Però la legge di Saturno comporta anche l’invecchiamento e la sclerotizzazione». Di fatto, il caso-Salvini dimostra che si stanno aprendo delle crepe, «nei cascami di questo sistema di governance che riguarda l’Italia». La nuova frontiera? «Sta nell’essere molto dinamici: il nuovo orizzonte credo sia quello di chi è capace di scendere in piazza per fare delle veloci operazioni di flash-mob a favore di telecamera, con le bandiere issate, andando nei luoghi dove si radunano i rappresentanti (magari marci) del potere attuale». E questo «sia nel caso in cui tutto il quadro frani, sia che Salvini invece emerga come qualcuno che finalmente ha iniziato a collocarsi dalla parte giusta, e con la giusta ispirazione ideologica». L’importante, chiosa Magaldi, è che gli italiani non restino a guardare anche stavolta.Comunque vada, Salvini ha già vinto: sono a suo favore tutti gli scenari. Elezioni anticipate? Trionferebbe. Governo Conte-bis? Farebbe la parte del leone, ridimensionando i grillini in caduta libera. Governissimo Renzi-Grillo? Meglio ancora: dall’opposizione, il leader della Lega preparerebbe un plebiscito nel giro di un anno, con gli italiani costretti a subire la maxi-stangata imposta da Bruxelles e somministrata da Renzi e Di Maio, magari col Monti di turno. La notizia però è un’altra: «Di improvvisato non c’è nulla, nelle mosse di Salvini». E il capo della Lega non è affatto solo, ma è anzi «sapientemente consigliato». Lo svela Gioele Magaldi, massone progressista, già inziato alla superloggia internazionale “Thomas Paine”, storica culla del pensiero politico-economico keynesiano. Il presidente del Movimento Roosevelt, autore del bestseller “Massoni” che inquadra il ruolo delle Ur-Lodges nel retrobottega del potere mondiale, oggi scommette su Matteo Salvini: «Sta studiando, e potrebbe persino diventare uno statista. E’ l’unico leader politico oggi capace di intercettare le speranze degli italiani. Deve ancora farne, di strada, ma intanto ha spiazzato tutti, costringendo i concorrenti a svelarsi e a contraddirsi». Per Magaldi «è in una situazione win-win: ha vinto e vincerà anche domani, in qualsiasi modo evolva questa crisi, che è stata lungamente progettata, da Salvini e da chi lo ha consigliato con sapienza».
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Tav irreversibile, fermarlo costa: la madre di tutte le bufale
Non puoi ribellarti al potere dello Stato, di fronte a una decisione del governo. Ma se il governo interviene sul corpo delle persone, come nel caso dei vaccini obbligatori, ha l’obbligo di essere trasparente. E il governo italiano non lo è stato per nulla: non ha dato garanzie scientifiche sulla sicurezza dei vaccini somministrati e, soprattutto, non ha spiegato perché li ha imposti, in assenza di emergenze sanitarie. Un ragionamento impeccabile, offerto nei mesi scorsi da Gianfranco Carpeoro, saggista, autore di acute analisi sull’attualità italiana. Dai vaccini al Tav, usato come pretesto per far crollare il governo gialloverde, il problema è analogo: lo Stato impone un’infrastruttura dall’impatto devastante, ma senza spiegarne le ragioni. Ovvio che è inaccettabile opporvisi violando la legge. Ma è altrettanto inaccettabile, per il cittadino, dover subire quello che viene percepito come un sopruso. Gli abitanti della valle di Susa hanno il diritto, innanzitutto, di essere informati sulla reale utilità dell’opera. Ma questo diritto elementare viene loro negato, da vent’anni. Forse perché l’opera è completamente inutile? Lo conferma l’analisi costi-benefici fornita al governo dal professor Marco Ponti, su incarico del ministro Toninelli. Un progetto costoso, obsoleto e inutile. Ma peggio: si continua a dire che rinunciare alla Torino-Lione costerebbe più che costruirla. E qui la menzogna naufraga nel ridicolo.«In base a quanto ci hanno riferito sia fonti della Commissione Europea sia Paolo Beria, professore del Politecnico di Milano esperto di trasporti, pur nell’opacità (e complessità) dei dettagli che circondano la Tav, è vero – come sostengono i NoTav che non siano previste penali europee nel caso in cui l’Italia abbandoni il progetto», riassume l’Agi. L’agenzia di stampa ha interpellato Paolo Foietta, commissario straordinario per l’asse ferroviario Torino-Lione: Foietta conferma l’assenza di penali, a livello europeo, in caso di mancata realizzazione. Finora è stato realizzato solo il “cunicolo esplorativo” di Chiomonte, che ha funzione geognostica. Del traforo Italia-Francia, lungo 57 chilometri, non è stato scavato neppure un metro. Idem per la linea-doppione che collegherebbe il tunnel a Torino. Quanto al versante francese, Parigi ha stabilito che solo nel 2038 il governo prenderà in esame la possibilità di costruire la ferrovia, dall’uscita del traforo a Chambéry (verso Lione). Spiega Foietta: finora sono stati spesi 1,4 miliardi di euro, ma solo per le opere preliminari (700 milioni forniti dall’Ue e 350 dalla Francia). «Se l’opera non venisse completata per una decisione dell’Italia – sostiene Foietta – chi ha speso quei soldi per un’opera che poi non viene compiuta potrebbe chiederceli indietro».A questo miliardo circa possiamo poi aggiungere gli 813 milioni di finanziamento europeo per il 2014-2019, già stanziati. Quei fondi però non sarebbero una perdita, spiega il professor Beria: «Si tratta di un co-finanziamento. Cioè: oltre a quei soldi l’Italia dovrebbe spenderne altri, propri, per completare l’opera. Se l’opera viene ritenuta inutile, è vero che non ho i fondi europei per farla e dunque li devo restituire, ma non spendo nemmeno fondi italiani, e dunque di fatto ho un risparmio». Quanto costerebbe, eventualmente, chiudere il cantiere di Chiomonte? Foietta “spara” una cifra enorme – 2 miliardi – ma senza documentarla, perlomeno nell’intervista concessa all’Agi. Secondo l’agenzia di stampa, quegli ipotetici 2 due miliardi sono costituiti da “voci” con diverso grado di certezza: per metà sarebbero rimborsi che l’Italia potrebbe dover dare a Francia e Ue per il mancato completamento dell’opera, e per metà sarebbero finanziamenti già stanziati che andrebbero restituiti senza poterli spendere. «Infine, ci sono altri costi connessi ai possibili procedimenti legali intentati dalle imprese già coinvolte». Conclusione: non risultano “penali” per l’Italia nel caso in cui decida di uscire dal progetto. «Roma dovrebbe però restituire un finanziamento europeo di oltre 800 milioni di euro».Quanto costerebbe, invece, realizzare la Torino-Lione? Non meno di 26 miliardi di euro, scrive – nero su bianco – la Corte dei Conti francese. Di questi, circa 11 miliardi sarebbero destinati alla sola galleria ferroviaria italo-francese, di cui non esiste neppure il cantiere. Come si fa a dire, ancora, che “non fare la Torino-Lione costerebbe più che farla”? Si può, eccome: lo hanno ripetuto Conte e Salvini, nonché il neo-presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio. Non sanno fare i conti o, semplicemente, mentono? Sperano che, a forza di ripeterla, una bugia si trasformi in verità? I media continano a proporre le immagini del mini-cantiere di Chiomonte, come se fosse il vero tunnel ferroviario. Si vuole far credere agli italiani di essere a un passo dalla meta, mentre della Torino-Lione non esiste ancora neppure un metro di binario? Quand’anche: resta inevaso l’obbligo primario di rispettare un diritto fondamentale, democratico. Se vuole devastare un territorio imponendo una infrastruttura faraonica e inutile, che il territorio contesta, lo Stato – che è sovrano – deve impegnarsi politicamente a fornirne le motivazioni. Se continua a non farlo, la sua credibilità istituzionale si sbriciola. Ed è esattamente quello che purtroppo sta accadendo.Non puoi ribellarti al potere dello Stato, di fronte a una decisione del governo. Ma se il governo interviene sul corpo delle persone, come nel caso dei vaccini obbligatori, ha l’obbligo di essere trasparente. E il governo italiano non lo è stato per nulla: non ha dato garanzie scientifiche sulla sicurezza dei vaccini somministrati e, soprattutto, non ha spiegato perché li ha imposti, in assenza di emergenze sanitarie. Un ragionamento impeccabile, offerto nei mesi scorsi da Gianfranco Carpeoro, saggista, autore di acute analisi sull’attualità italiana. Dai vaccini al Tav, usato come pretesto per far crollare il governo gialloverde, il problema è analogo: lo Stato impone un’infrastruttura dall’impatto devastante, ma senza spiegarne le ragioni. Ovvio che è inaccettabile opporvisi violando la legge. Ma è altrettanto inaccettabile, per il cittadino, dover subire quello che viene percepito come un sopruso. Gli abitanti della valle di Susa hanno il diritto, innanzitutto, di essere informati sulla reale utilità dell’opera. Ma questo diritto elementare viene loro negato, da vent’anni. Forse perché l’opera è completamente inutile? Lo conferma l’analisi costi-benefici fornita al governo dal professor Marco Ponti, su incarico del ministro Toninelli. Un progetto costoso, obsoleto e inutile. Ma peggio: si continua a dire che rinunciare alla Torino-Lione costerebbe più che costruirla. E qui la menzogna naufraga nel ridicolo.
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Formica: Salvini è un servo pericoloso, assetato di potere
Quando si rompono gli equilibri istituzionali o c’è la soluzione democratica, o decide la forza. Se non ci sono soluzioni democratiche c’è la guerra civile. Quali sono i segnali della decomposizione? Innanzitutto il governo: non c’è. Oggi ci sono tribù che occupano posizioni che una volta erano del governo. Il presidente del Consiglio convoca le parti sociali, ma il giorno dopo le convoca il ministro degli interni. E i sindacati vanno. Quando il sindacato non ha un interlocutore istituzionale ma va da chi lo chiama si autodeclassa a corporazione: vado ovunque si discuta dei miei interessi. Allora: non c’è un governo, perché la sua attività è stata espunta; non ci sono i partiti né i sindacati. È la crisi dei corpi dello Stato. Si assiste a un deperimento anche delle ultime sentinelle, l’informazione, la magistratura. La situazione di oggi è figlia dell’errore del 2018. Il presidente dà l’incarico esplorativo a Cottarelli e questo incarico viene sospeso dall’esterno da due signori che notificano al Quirinale di non procedere perché stanno stilando un “contratto” di cui indicano l’arbitro, il presidente del Consiglio. È il declassamento dall’accordo politico a contratto di natura civilistica, uno stravolgimento costituzionale.L’accordo di governo è altra cosa: stabilisce una cornice politica generale. L’errore è dei contraenti, ma chi lo ha avallato poteva fare diversamente? Se il presidente del Consiglio è arbitro si accetta il fatto che la crisi istituzionale si supera attraverso una extrademocrazia aperta a tutti i venti. Un punto di non ritorno? Il problema ora è mettere uno stop. Il presidente della Repubblica dovrebbe fare un messaggio sullo stato di salute delle istituzioni. Il presidente del Consiglio non c’è più, il governo neanche, la funzione della maggioranza è mutata fra decretazione e voto di fiducia. Ormai, di fatto, una camera discute, l’altra solo vota. Si sta consumando un mutamento dell’equilibrio istituzionale. Il presidente ci deve dire se questa Costituzione è diventata impraticabile. Intanto, il Viminale allarga i suoi poteri: Salvini crea una novità nel nostro tessuto democratico. All’interno di un sistema di sicurezza crea una fazione istituzionale di partito: spezza un corpo dello Stato in fazioni politiche. Il rischio è che nasca una polizia salviniana. Che avrebbe come conseguenza la nascita della Rosa Bianca, come sotto Hitler. E non solo. Ormai Salvini fa in continuazione dichiarazioni di politica estera che si pongono al di fuori dei trattati a cui aderisce l’Italia.Questo governo è un cavallo di troia nelle istituzioni? È la mela marcia che infetta il cesto. I consensi di Salvini crescono, e l’opinione pubblica ormai si forma al Papeete beach? Ma no, Salvini cresce perché non c’è un’alternativa. Un messaggio del presidente darebbe forza a quelle tendenze maggioritarie nell’Ue che hanno bisogno di sapere se in Italia c’è qualcuno che denuncia il deperimento democratico. Anche perché, non dimentichiamolo, l’Unione ha l’arma della procedura di infrazione per deperimento democratico, già usata per la Polonia. L’opposizione non ha ruolo? Il paese è stanco, il Pd non è in condizioni di rimotivarlo. Nessuno ne ha la forza. I rapporti fra Salvini e la Russia di Putin sono servili. La Russia ha un forte interesse a un’Italia destabilizzata per destabilizzare l’Europa. Il disegno non è di Salvini, lui è solo un servo assatanato di potere. Con Salvini sono tornate le ballerine, stavolta in spiaggia? Quando parlai di “nani e ballerine” intendevo che non si allarga alla società civile mettendo in un organo politico i professionisti del balletto. Qui siamo alla versione pezzente del Rubygate. Quello di Berlusconi era un populismo di transizione ma non si può negare che intercettasse sentimenti popolari. Salvini invece eccita i risentimenti plebei. Se questa situazione va avanti, fra due anni Salvini si eleggerà il suo presidente della Repubblica, la sua Consulta, il suo Csm e il suo governo. Siamo al limite. Lo dico con Nenni: siamo all’ultima chiamata prima della guerra civile nazionalsovranista.(Rino Formica, dichiarazioni rilasciate a Daniela Preziosi per l’intervista “È l’ultima chiamata prima della guerra civile, ora il presidente parli”, pubblicata dal “Manifesto” l’8 agosto 2019. Socialista, classe 1927, più volte ministro, da più di mezzo secolo Formica ha sferzato politica e partiti con le sue sentenze affilate).Quando si rompono gli equilibri istituzionali o c’è la soluzione democratica, o decide la forza. Se non ci sono soluzioni democratiche c’è la guerra civile. Quali sono i segnali della decomposizione? Innanzitutto il governo: non c’è. Oggi ci sono tribù che occupano posizioni che una volta erano del governo. Il presidente del Consiglio convoca le parti sociali, ma il giorno dopo le convoca il ministro degli interni. E i sindacati vanno. Quando il sindacato non ha un interlocutore istituzionale ma va da chi lo chiama si autodeclassa a corporazione: vado ovunque si discuta dei miei interessi. Allora: non c’è un governo, perché la sua attività è stata espunta; non ci sono i partiti né i sindacati. È la crisi dei corpi dello Stato. Si assiste a un deperimento anche delle ultime sentinelle, l’informazione, la magistratura. La situazione di oggi è figlia dell’errore del 2018. Il presidente dà l’incarico esplorativo a Cottarelli e questo incarico viene sospeso dall’esterno da due signori che notificano al Quirinale di non procedere perché stanno stilando un “contratto” di cui indicano l’arbitro, il presidente del Consiglio. È il declassamento dall’accordo politico a contratto di natura civilistica, uno stravolgimento costituzionale.
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Pedofilia al governo? La morte di Epstein fa comodo a tanti
Una morte stranissima e soprattutto provvidenziale, quella di Jeffrey Epstein, arrestato il 6 luglio con l’accusa di sfruttamento della prostituzione su minori e violenza carnale su oltre 30 ragazze minorenni, almeno dal 2002 al 20045, nella sua residenza di New York e nella sua tenuta in Florida. Già dieci anni fa era stato condannato per gli stessi reati, ma ora a tremare erano i pezzi da novanta dell’establishment, americano e non solo: da Trump a Clinton, dall’ex premier israeliano Ehud Barak al principe Andrea d’Inghilterra. Strana morte, scrive Zara Muradyan su “Sputnik News”, in una nota tradotta da “Come Don Chisciotte”: l’improvvisa fine di Epstein arriva poche settimane dopo «le affermazioni secondo cui il finanziere americano il 23 luglio era stato trovato ferito e inconscio sul pavimento della sua cella a Manhattan», nel Metropolitan Correctional Center. All’epoca, diversi media avevano suggerito che avrebbe potuto tentare il suicidio. Eppure, «la dinamica degli eventi non è stata chiarita». Epstein era stato trovato privo di sensi e «con segni sul collo che, apparentemente, sembravano autoinflitti». Da allora, «era stato messo sotto sorveglianza speciale anti-suicidio». Risultato: si sarebbe suicidato lo stesso, il 10 agosto. Una storia che puzza da lontano: Wayne Madsen, già dirigente della Nsa, accusa esplicitamente il Mossad israeliano.