Archivio del Tag ‘simbologia’
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“Di Maio avverte la massoneria: o con noi o contro di noi”
«O con noi o contro di noi: messaggio che Luigi Di Maio rivolge direttamente alla massoneria, che ha aiutato i 5 Stelle alle elezioni ma non ad andare al governo». Lo afferma Gianfranco Carpeoro, di fronte alla data proposta dal leader grillino per le elezioni anticipate, il 24 giugno, proprio mentre Beppe Grillo riesuma, dopo anni, lo pseudo-referendum sull’uscita dall’euro. «Fate una riflessione sul giorno che Di Maio ha indicato per tornare al voto, e capite che cos’è quella data e cosa c’è dietro: 24 giugno 1717, fondazione della massoneria moderna». Alla Taverna dell’Oca e della Graticola di Londra, quel giorno si riunirono le principali quattro logge inglesi, che rifondarono la massoneria: fine dell’antica massoneria “operativa”, quella che costruiva le cattedrali, e nascita della massoneria “speculativa”, vocata alla costruzione di ben altri progetti, molto più politici. Uno come Di Maio non lo poteva sapere? «Gliel’avranno detto, magari il figlio di Casaleggio», dice Carpeoro, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. Saggista e simbologo, già a capo della più antica comunione massonica del Rito Scozzese italiano, Carpeoro interpreta il messaggio di Di Maio come «una specie di invocazione-estorsione», a metà strada tra la richiesta di soccorso e l’avvertimento, corredato appunto dall’evocazione dell’euro-referendum.Una velata minaccia, quella del ricorso allo strumento referendario (messo in freezer dopo il tentato trasloco, al Parlamento Europeo, tra le fila degli ultra-europeisti dell’Alde). Mossa che allora apparve sconcertante, data l’animosità della base grillina contro la gestione dell’Ue. Ma, sempre sottotraccia, i militanti ha dovuto digerire la “lunga marcia” di Di Maio verso i santuari di quel super-potere che ha architettato l’euro-sistema. «Il solo fatto che Di Maio sia stato ricevuto dalla finanza inglese era un messaggio, così come il fatto che gli sia stato organizzato il viaggio in America», insiste Carpeoro. «Ed è un messaggio che, nonostante quello che dice la maggior parte di loro, ai 5 Stelle ha portato voti». Come? «Creando il clima». Ovvero: «Diminuendo, all’interno della società italiana, l’ostilità pregressa nei confronti dei 5 Stelle». Niente di strano: «La massoneria, quando è attrezzata, agisce innanzitutto sul clima sociale, prima ancora di agire sulle leggi, sui condizionamenti e su tutte quelle cose a cui va appresso il 90% dei complottisti, che sono sono secondarie». Tutti, peraltro, ricorderanno infatti che, nelle ultime settimane di campagna elettorale, l’attenzione dei media e dell’establishment verso Di Maio si era fatta improvvisamente “amica”, per la prima volta dopo tanti anni di interdizione preconcetta.Poi però il tutoring-ombra della massoneria si è interrotto. E Di Maio è rimasto solo, nel suo tentativo di formare un governo. Il perché è presto detto, sempre secondo Carpeoro: «In tutto il resto dell’ambiente politico, questo ha comportato una reazione, del tipo: i garanti del sistema siamo noi». C’è chi si è affrettato, subito dopo il voto, a farlo sapere a chi di dovere: «Immediatamente dopo le elezioni ci sono stati migliaia di appelli: vedi Berlusconi, la proposta di fare primo ministro Tajani (che è molto più “del club” che non Di Maio). E, in termini di valutazione di forza e affidabilità – aggiunge Carpeoro – la massoneria reazionaria ha scelto gli altri». Per questo ora succede che Di Maio («o Casaleggio junior, fate voi») ha detto: no, io non ci sto, e scelgo proprio la vostra data più importante per darvi il segnale definitivo – o con noi, o contro di noi. Imprudente, per i 5 Stelle, mettersi contro quel mondo? «Beh, se li ha ostacolati, impedendogli di andare al governo, è quel mondo che è andato contro di loro». Che succederà? «Escludo che si voti il 24 giugno», chiarisce Carproro. «Sicuramente Mattarella darà l’incarico a qualcuno, perché deve “sfangarla” fino a novembre-dicembre». Un nuovo Gentiloni? «E’ irrilevante, il nome: tanto, chiunque riceva l’incarico, non sarà lui a comandare, perché l’Italia è “sovragestita” da poteri esterni», per l’appunto massonici: quelli ai quali lo stesso Di Maio si era rivolto, prima del voto, per ottenerne l’investitura.«O con noi o contro di noi: messaggio che Luigi Di Maio rivolge direttamente alla massoneria, che ha aiutato i 5 Stelle alle elezioni ma non ad andare al governo». Lo afferma Gianfranco Carpeoro, di fronte alla data proposta dal leader grillino per le elezioni anticipate, il 24 giugno, proprio mentre Beppe Grillo riesuma, dopo anni, lo pseudo-referendum sull’uscita dall’euro. «Fate una riflessione sul giorno che Di Maio ha indicato per tornare al voto, e capite che cos’è quella data e cosa c’è dietro: 24 giugno 1717, fondazione della massoneria moderna». Alla Taverna dell’Oca e della Graticola di Londra, quel fatidico giovedì si riunirono le principali quattro logge inglesi, che rifondarono la libera muratoria: fine dell’antica massoneria “operativa”, quella che costruiva le cattedrali, e nascita della massoneria “speculativa”, vocata alla costruzione di ben altri progetti, molto più politici. Uno come Di Maio non lo poteva sapere? «Gliel’avranno detto, magari il figlio di Casaleggio», dice Carpeoro, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. Saggista e simbologo, già a capo della più antica comunione massonica del Rito Scozzese italiano, Carpeoro interpreta il messaggio di Di Maio come «una specie di invocazione-estorsione», a metà strada tra la richiesta di soccorso e l’avvertimento, corredato appunto dall’evocazione dell’euro-referendum.
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Mea Shearim, l’altra Gerusalemme: ebrei contro Israele
Durante l’offensiva contro Gaza mi avevano stupita le fotografie di ebrei ortodossi che nelle grandi città protestavano a migliaia contro i bombardamenti sulla Striscia. Avendo letto che a guidare le manifestazioni erano esponenti di “Neturei Karta”, gruppo che si oppone con forza all’occupazione, mi ero ripromessa di approfondire l’argomento. La possibilità l’ho avuta in occasione di una mia recente visita a Mea Shearim, quartiere ebraico vicino alla città vecchia di Gerusalemme. Il quartiere, sconsigliato dalle guide turistiche e evitato anche dagli stessi israeliani, è popolato esclusivamente da ebrei ortodossi, fra i quali molte famiglie appartenenti al gruppo “Neturei Karta”. Visitare Mea Shearim è un’esperienza affascinante e straniante al tempo stesso; appena si mette piede nel quartiere si viene catapultati nel passato e avvolti da un’atmosfera che ricorda, a quanto pare, i villaggi ebraici di fine ottocento dell’est-europeo. Le vie sono affollate da uomini con lunghi riccioli ai lati del viso e abiti dalla foggia antica; pastrani neri, camicie bianche e cappelli a tesa larga o di pelliccia. Le donne vestono in modo dimesso, maglia a maniche lunghe e gonna lunga; quelle sposate hanno i capelli coperti da un foulard o una retina e sono seguite da stuoli di bambini ben vestiti.Per darvi un assaggio dell’atmosfera del quartiere vi propongo le fotografie scattate in occasione del Kaparot, cruento rituale che si tiene alla vigilia dello Yom Kippur, che quest’anno si è celebrato l’otto di ottobre. Gli ortodossi ritengono che facendo roteare un pollo vivo attorno alla testa di una persona, i peccati di quest’ultima vengano trasferiti all’animale. Quando il pollo viene macellato, lo sgorgare del suo sangue rappresenta simbolicamente l’espiazione dei peccati del fedele, che può così presentarsi puro davanti a Dio nelle 25 ore di digiuno e preghiera a cui si dedicherà durante il giorno di Yom Kippur. Nel quartiere di Mea Shearim bisogna muoversi con una certa cautela, attenti a non urtare la sensibilità degli abitanti, che hanno rinunciato a ogni forma di modernità e vivono seguendo le severe regole dettate dalle sacre scritture; regole che diventano ancor più restrittive durante lo Shabbat quando anche per i turisti vi è il divieto di scrivere, maneggiare soldi o usare un cellulare. I muri all’entrata sono tappezzati da manifesti che ricordano ai turisti che non sono i benvenuti e pregano di non disturbare la santità del quartiere e dello stile di vita di ebrei profondamente devoti a Dio e alla sua Torà.E’ capitato che gli abitanti abbiano aggredito verbalmente e addirittura anche fisicamente turisti che non erano vestiti in modo appropriato. In occasione della mia visita sono stata molto attenta al mio abbigliamento e ho potuto esplorare tranquillamente le vie di Mea Shearim, anche se non ho osato scattare fotografie. Il quartiere è molto povero; le facciate degli edifici sono vecchie e sporche, le botteghe sono anguste e espongono poca varietà di mercanzia eccettuati i negozi di “Judaica”, dove si vendono libri e oggettistica interamente dedicati alla cultura ebraica. Fra gli ebrei ultra-ortodossi c’è un altissimo tasso di disoccupazione e la maggior parte delle famiglie vive grazie ai sussidi; gli uomini sono principalmente dediti allo studio della Torà e del Talmud mentre le donne provvedono al sostentamento della famiglia e si occupano della prole, compito non da poco dal momento che a Mea Shearim la media è di sette bambini per nucleo famigliare.Purtroppo non sono stata in grado di distinguere gli appartenenti a Neturai Karta dagli altri ebrei ortodossi e mi sono resa conto che mi ci vorrebbero mesi per riuscire ad orientarmi nella vasta galassia dei gruppi religiosi che popolano Mea Shearim. Ad accomunarli è il rifiuto di prestare servizio militare. A marzo il Parlamento israeliano ha però reso il servizio di leva obbligatori anche per loro, malgrado la decisione sia sta ampiamente contestata. Qualche settimana prima, a Gerusalemme centinaia di migliaia di ebrei ortodossi erano scesi in piazza per manifestare. I ragazzi impugnavano cartelli che recitavano “Avete creato voi il problema fondando lo stato di Israele. Non chiedeteci di risolverlo facendoci arruolare nell’Idf!” La scritta è esemplare del forte sentimento anti-sionista che anima alcuni gruppi di ebrei ortodossi di Mea Shearim e nel quartiere si scorgono ovunque segni di anti-sionismo. Manifesti che richiamano al riconoscimento della città di Gerusalemme come capitale indivisibile della Palestina e parecchie bandiere palestinesi dipinte sui muri. Spicca inoltre la totale assenza di bandiere israeliane e non potrebbe essere altrimenti visto che gli abitanti del quartiere si rifiutano di riconoscere lo Stato di Israele.Anche i Neturei Karta, che in aramaico significa “I guardiani della città”, si oppongono decisamente all’esistenza stessa dello Stato e sono anche il gruppo più radicalmente anti-sionista. Le origini dei “Guardiani della città” risalgono ai primi del Novecento, quando una parte dei vecchi abitanti ebrei di Gerusalemme cominciò a organizzarsi per fronteggiare la minaccia dei nuovi immigrati sionisti, politicizzati e poco o nulla osservanti delle norme religiose. Nel tempo molti gruppi si sono avvicinati al sionismo, ma i “Guardiani della città” restano tenacemente impegnati nella contestazione dello Stato di Israele al punto che non si recano a pregare al Muro del pianto perché la ritengono terra occupata, così come Gerusalemme Est. Secondo la loro interpretazione delle scritture agli ebrei è proibito avere un proprio Stato fino alla venuta del Messia e ritengono che l’attuale stato di Israele rappresenti un affronto alla volontà divina. Ne chiedono quindi la dissoluzione e la restituzione della terra ai palestinesi.Questa solidarietà con i palestinesi ha attirato loro la persecuzione da parte di Israele al punto di spingere molti seguaci a lasciare il Paese. Altri hanno preferito emigrare per il rifiuto ideologico di vivere in uno Stato che ritengono illegittimo. Il mondo degli ebrei ortodossi è difficilmente accessibile, ma voglio tornare nel suggestivo quartiere di Mea Shearim in compagnia di una guida, per cercare di conoscere meglio la loro cultura e le loro usanze. E capire qualcosa in più anche dei “Guardiani della città”. Queste le parole che ho estrapolato da un loro proclama: “Noi vogliamo che tutta la terra palestinese sia restituita ad un governo palestinese. Noi vogliamo il ritorno di tutti i profughi umiliati, anziani e giovani, alla loro legittima patria. Noi vogliamo vivere nella terra della Palestina come ebrei anti-sionisti, risiedere qui come cittadini palestinesi leali e pacifici, così come i nostri avi che avevano vissuto in Palestina per secoli prima della tragica usurpazione di questo paese”.(“I guardiani della città”, dal blog “Dietro al Muro” del 16 ottobre 2014).Durante l’offensiva contro Gaza mi avevano stupita le fotografie di ebrei ortodossi che nelle grandi città protestavano a migliaia contro i bombardamenti sulla Striscia. Avendo letto che a guidare le manifestazioni erano esponenti di “Neturei Karta”, gruppo che si oppone con forza all’occupazione, mi ero ripromessa di approfondire l’argomento. La possibilità l’ho avuta in occasione di una mia recente visita a Mea Shearim, quartiere ebraico vicino alla città vecchia di Gerusalemme. Il quartiere, sconsigliato dalle guide turistiche e evitato anche dagli stessi israeliani, è popolato esclusivamente da ebrei ortodossi, fra i quali molte famiglie appartenenti al gruppo “Neturei Karta”. Visitare Mea Shearim è un’esperienza affascinante e straniante al tempo stesso; appena si mette piede nel quartiere si viene catapultati nel passato e avvolti da un’atmosfera che ricorda, a quanto pare, i villaggi ebraici di fine ottocento dell’est-europeo. Le vie sono affollate da uomini con lunghi riccioli ai lati del viso e abiti dalla foggia antica; pastrani neri, camicie bianche e cappelli a tesa larga o di pelliccia. Le donne vestono in modo dimesso, maglia a maniche lunghe e gonna lunga; quelle sposate hanno i capelli coperti da un foulard o una retina e sono seguite da stuoli di bambini ben vestiti.
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Comodo vincere come i 5 Stelle, senza democrazia interna
Comodo, concorrere ad elezioni democratiche senza però avere il fastidio fisiologico della democrazia interna: «E’ come far aprire i negozi di parrucchiere ai cinesi, che non pagano nulla». Troppo facile: «Devi pagare il tuo dazio alla democrazia, se vuoi partecipare al governo di un sistema democratico». Non fa sconti, Gianfranco Carpeoro, al Movimento 5 Stelle che mette regolamente alla porta chi osa contestare il vertice, per poi magari puntare a un’intesa con gli ex avvesari, senza l’onestà politica di chiamarla con suo nome. «La cosa peggiore, nella costruzione di linguaggio del Movimento 5 Stelle è l’aspetto tautologico, per il quale basta cambiare il termine e si cambia il concetto», sostiene Carpeoro, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Fare un governo è sempre un contratto», ma i grillini fingono di non saperlo: «A loro ripugna la parola “alleanza”, mentre gli piace la parola “contratto”. Ma se formano un governo col Pd, fanno il contrario di quello che hanno detto in campagna elettorale». E’ l’effetto magico della tautologia: «Se lo chiami “contratto” va bene, se lo chiami “alleanza di governo” va male». Per loro sembra che il problema siano «i termini, non la sostanza», che infatti è sgradevole: «La sostanza è che fai un governo con qualcosa che, secondo te, ha sbagliato tutto ed è inaccettabile – gliene hanno dette di tutti i colori, al Pd. E quindi adesso ci fai un governo?».Saggista e simbologo, nella sua “ginnastica mentale” settimanalmente offerta ogni domenica mattina, Carpeoro mostra di amare i paradossi. I grillini dicono che si limiterebbero a firmare un contratto? «Beh, prova a firmarlo con Totò Riina, un contratto: se lo chiami “contratto” e non “associazione per delinquere di stampo mafioso”, allora diventa legittimo?». Questo aspetto tautologico, aggiunge, i 5 Stelle l’avevano già mostrato quando comminavano sanzioni contro i propri esponenti che ricevevano anche solo un avviso di garanzia. «Poi hanno cambiato i termini, e adesso chi riceve un avviso di garanzia basta che avvisi il partito di averlo ricevuto». Altro paradosso: «Come se io domani scrivessi al partito: guardate, sto per fare una rapina in banca. Nessun problema, quando poi l’avviso di garanzia mi arriva?». I 5 Stelle sono ormai al centro della scena politica nazionale dopo il quasi 33% incassato il 4 marzo. «Siccome sono cose più grandi di loro, cosa fanno? Giocano sul linguaggio, per non accettare il fatto che la politica, per autodefinizione, è compromissione. In politica si fanno i compromessi: alcuni vanno meglio e alcuni vanno peggio, alcuni sono presentabili e alcuni sono impresentabili. Come la mettiamo, se per anni hai seguito per anni la strada in base alla quale sei “duro e puro”, va bene se comandi da solo senza parlare con nessuno? Non erano quelli che non volevano andare in televisione? Ma adesso li vedo, in televisione».La verità, conclude Carpeoro, è che ormai il Movimento 5 Stelle «sta diventando un partito come gli altri, tranne che per l’assenza di democrazia interna – ma non sono i soli: partiti come Forza Italia non ce l’hanno mai avuta». Evidentemente, c’è da dedurre, non è una condizione così necessaria, se poi agli elettori va bene anche così. Ma è giusto che un partito, a casa sua, faccia quello che vuole? «No: un partito vive sulla stessa illegittimità derivante dalla non-applicazione dello spirito della Costituzione, che risulta anche dalle riunioni dell’Assemblea Costituente». Cos’era successo? Partiti, sindacati non sono mai stati regolamentati, sottolinea Carpeoro. E’ accaduto anche quelle associazioni, tra cui la massoneria, considerate talmente “sensibili” da essere citate nella Costituzione. I padri costituenti sorvolarno sulla loro natura giudirica: «Uscendo dalla guerra, si è ritenne di lasciarle nel patrimonio costituzionale da regolamentare in seguito». Un discorso rimasto in sospeso, rinviato, e mai chiuso. Una sorta di limbo, nel quale ha prosperato l’assoluta mancanza di trasparenza, dai finanziamenti illeciti alla gestione degli stessi sindacati: «Dovrebbero presentare bilanci e non lo fanno, e non dovrebbero riscuotere i contributi degli iscritti in maniera automatica, come invece avviene attualmente».Democrazia interna: «Se vuoi fare parte di un sistema, devi condividerlo», ribadisce Carpeoro. «Certo non la puoi imporre, la democrazia interna. Ma, se ti vuoi candidare alle elezioni, devi superare un certo standard: perché le elezioni sono democrazia, e sarebbe un ossimoro far candidare, a un qualcosa di democratico, un soggetto che non vive democraticamente». In altre parole: «Nel momento in cui concorri secondo regole democratiche per ottenere voti, devi avere delle regole democratiche al tuo interno». Per carpeoro è un fatto elementare di coerenza, di omogeneità: «Non puoi avere una vita interna dittatoriale e poi candidarti, perché così hai un vantaggio rispetto agli altri partiti, che si fanno “rompere i coglioni” dalle loro minoranze, mentre tu no». Beninteso, «la realtà è sempre complessa, la perfezione non esiste. Però intanto cominciamo a introdurre delle regole, là dove mancano». Né si può dire che i 5 Stelle siano privi di presupposti ideali: «Il problema è che non sono riusciti a evitare di diventare un po’ settari, perché hanno una classe dirigente che secondo me è inadeguata». Fico che va a piedi o un pullman? «Appunto: è le sempre la tautologia di cui sopra».Comodo, concorrere ad elezioni democratiche senza però avere il fastidio fisiologico della democrazia interna: «E’ come far aprire i negozi di parrucchiere ai cinesi, che non pagano nulla». Troppo facile: «Devi pagare il tuo dazio alla democrazia, se vuoi partecipare al governo di un sistema democratico». Non fa sconti, Gianfranco Carpeoro, al Movimento 5 Stelle che mette regolamente alla porta chi osa contestare il vertice, per poi magari puntare a un’intesa con gli ex avversari, senza l’onestà politica di chiamarla con il suo nome. «La cosa peggiore, nella costruzione di linguaggio del Movimento 5 Stelle è l’aspetto tautologico, per il quale basta cambiare il termine e si cambia il concetto», sostiene Carpeoro, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Fare un governo è sempre un contratto», ma i grillini fingono di non saperlo: «A loro ripugna la parola “alleanza”, mentre gli piace la parola “contratto”. Ma se formano un governo col Pd, fanno il contrario di quello che hanno detto in campagna elettorale». E’ l’effetto magico della tautologia: «Se lo chiami “contratto” va bene, se lo chiami “alleanza di governo” va male». Per loro sembra che il problema siano «i termini, non la sostanza», che infatti è sgradevole: «La sostanza è che fai un governo con qualcosa che, secondo te, ha sbagliato tutto ed è inaccettabile – gliene hanno dette di tutti i colori, al Pd. E quindi adesso ci fai un governo?».
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Gregge o branco, schiavi della stessa paura: essere liberi
I modelli educativi ed estetici della società contemporanea pongono in evidenza una oscillazione comportamentale tra l’essere “gregge” e l’essere “branco”. Tale aspetto risulta molto più evidente nei giovani in quanto meno strutturati sul piano psichico. La differenza tra il gregge e il branco sembra evidente: l’uno (il gregge) è destinato ad essere ‘vittimizzato’ dall’altro (il branco); il gregge rappresenta una massa chiusa nel recinto delle convenzioni, mentre il branco mette in discussione ogni convenzione vivendo di regole proprie a volte a scapito degli altri. Il gregge è sinonimo di vigliaccheria e impotenza, mentre per il branco sembrerebbe valere il contrario. In realtà stiamo parlando di due cose molto simili ed accumunate dal medesimo sentimento: la Paura. Ci troviamo innanzi a due modalità comportamentali differenti che possiedono però lo stesso modello estetico. Quale potrebbe essere l’estetica che accomuna il gregge al branco? Utilizzando i contributi della psicologia clinica si potrebbe pensare all’estetica del gregge/branco come ad una reazione contro-fobica all’abbandono e ad una paura dell’individuazione. Essere individui implica anche la suggestione paranoide di essere individuati e diventare visibili con le proprie fragilità e difetti. Sia il gregge che il branco convergono verso la necessità di ‘mascherarsi’ in modo conformista per passare inosservati: il gregge lo farà in modo “social” il branco in modo “anti-social”.Mimetizzarsi per vivere nel gregge o nel branco implica l’abnegazione della propria soggettività e la costruzione di un Falso Sé Collettivo che può portare a delle conseguenze molto pericolose sul piano della salute fisica, mentale ed emotiva. Una buona fetta di responsabilità va di certo attribuita al contesto socio-culturale, familiare, scolastico, urbano e nazionale, che risulta essere sempre più indefinito ed astratto e la cui tendenza è quella di attribuire ai modelli etici sani una estetica noiosa, poco attraente e poco eccitante. Ne deriva quindi la legittimazione indiretta di un’etica in cui tutto è ridotto ad “oggetto di consumo”: relazioni, sentimenti, amore, ecc… tutto ciò con l’aggravante che ogni cosa possa essere comprata, venduta o rubata e diventare un possesso esclusivo dell’ego. Nell’illusione di un possesso egocentrico della realtà si arriva all’asservimento dell’Io che in una sorta di legge del contrappasso, diventa prigioniero degli oggetti stessi. In una situazione in cui la persona diventa dipendente da un oggetto, feticcio della sua libertà, l’appartenenza ad un “gregge” o ad un “branco” diventa necessaria per metabolizzare la paura della perdita simbolica delle propria autonomia, attraverso la perdita dell’oggetto.Una tale situazione finisce con l’essere intollerabile, e per questo deve essere ricacciata fuori dall’orbita della coscienza: nel preconscio o proiettata all’esterno. Nel primo caso (preconscio) possiamo avere come risultato un comportamento da gregge, nel secondo un comportamento da branco. Nel gregge l’emarginazione diventa il fattore estetico da evitare, ma così facendo si arriva anche all’esclusone di prospettive analitiche nuove e migliori; nel branco invece l’emarginazione assume il ruolo di una reazione alla paura, che si esprime nella necessità di infrangere le regole. L’estetica dell’emarginazione, come quella del degrado, presentano al loro interno un’etica invertita disumanizzante e passivizzante, legata alla tutela degli oggetti piuttosto che alle persone. Tale etica si rispecchia in una estetica dell’impersonale che si muove nel “social”, ma che tende a sconfinare nell’“anti-social” e nella necessità di annullare l’altro, credendo che sia vantaggioso per l’Io; in realtà tale atteggiamento non fa altro che danneggiare il soggetto che agisce in quel modo.Del resto è la società contemporanea che propaganda una morale del consumo acritico che favorisce i comportamenti gregari, fondati sul possesso, che determinano una libertà basata sulla dipendenza (emotiva e comportamentale) da oggetti inanimati. Tutto questo viene espresso poi in una affollata esteriorità, al di sopra di una interiorità solitaria e misera. Il destino del gregge e del branco è il medesimo, ossia è quello di essere inconsapevolmente manipolati nella costante ricerca di un brand, di un marchio, di un “come essere”, ma senza avere individuato un “perché”. Pensando al marchio, la memoria va a quel passo dell’Apocalisse in cui il marchio della Bestia era la garanzia del commercio… anche di anime. Inoltre è curioso rilevare come nel Vecchio West americano fosse in uso chiamare i fuorilegge con il soprannome di “The Brand”, ossia il marchio che faceva riferimento alle azioni predatorie contro il bestiame marchiato. Occorre rendersi conto che essere liberi è doloroso, e coloro che si rifugiano nel gregge o nel branco tentano di sfuggire, invano, a questa sofferenza e alla paura di una vera libertà fondata su aspetti etici ed estetici.(Stefano Pica, “Gregge e branco, schiavi dello stesso marchio”, dal blog del Movimento Roosevelt del 26 aprile 2018).I modelli educativi ed estetici della società contemporanea pongono in evidenza una oscillazione comportamentale tra l’essere “gregge” e l’essere “branco”. Tale aspetto risulta molto più evidente nei giovani in quanto meno strutturati sul piano psichico. La differenza tra il gregge e il branco sembra evidente: l’uno (il gregge) è destinato ad essere ‘vittimizzato’ dall’altro (il branco); il gregge rappresenta una massa chiusa nel recinto delle convenzioni, mentre il branco mette in discussione ogni convenzione vivendo di regole proprie a volte a scapito degli altri. Il gregge è sinonimo di vigliaccheria e impotenza, mentre per il branco sembrerebbe valere il contrario. In realtà stiamo parlando di due cose molto simili ed accumunate dal medesimo sentimento: la Paura. Ci troviamo innanzi a due modalità comportamentali differenti che possiedono però lo stesso modello estetico. Quale potrebbe essere l’estetica che accomuna il gregge al branco? Utilizzando i contributi della psicologia clinica si potrebbe pensare all’estetica del gregge/branco come ad una reazione contro-fobica all’abbandono e ad una paura dell’individuazione. Essere individui implica anche la suggestione paranoide di essere individuati e diventare visibili con le proprie fragilità e difetti. Sia il gregge che il branco convergono verso la necessità di ‘mascherarsi’ in modo conformista per passare inosservati: il gregge lo farà in modo “social” il branco in modo “anti-social”.
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Di Bernardo: basta democrazia, serve un tiranno illuminato
Democrazia? No, grazie. Non serve più, per governare questa turbolenta società mondializzata. Parola del massone Giuliano Di Bernardo, filosofo e sociologo, a capo del Grande Oriente d’Italia dal ‘90 al ‘93. Successivamente fondatore della Gran Loggia Regolare d’Italia, Di Bernardo ha poi creato l’Accademia degli Illuminati, oggi Dignity Order. Intervistato da Fabio Frabetti a “Border Nights”, fornisce un quadro dolente della massoneria italiana, insidiata dalla mafia al Sud e in piena crisi di identità. «Si ripetono ritualità simboliche di cui non si conosce più il significato: questo si chiama contro-iniziazione ed è persino peggio della contiguità con la mafia, premesso che – se accetta mafiosi al suo interno – la massoneria cessa di essere tale». Una lunga intervista, quella di Di Bernardo, che offre una lettura critica del sistema massonico italiano, sempre meno influente a livello politico dopo la tragica parentesi della P2 di Gelli, un uomo “al servizio degli Usa”. Pesano le ultime devastanti polemiche innescate dalla commissione antimafia presieduta da Rosy Bindi, che denuncia la presenza di oltre mille affiliati-fantasma, nel Meridione: iscritti di cui non si conoscerebbe ufficialmente l’identità. Di Bernardo auspica una massoneria trasparente, ma avverte: la democrazia, purtroppo, non basta più. Serve un «tiranno illuminato», per uscire dal caos del mondo globalizzato.Affermazione decisamente sorprendente, se si considera che proprio la massoneria – attraverso l’Illuminismo – è stata la vera “levatrice” della società moderna, capace di superare i privilegi anacronistici dell’Ancien Régime, instaurando il parlamentarismo democratico di repubbliche e monarchie costituzionali. «Lo Stato democratico non l’ha portato la cicogna», sottolinea Gioele Magaldi, già gran maestro della loggia Monte Sion del Grande Oriente d’Italia e ora leader del Grande Oriente Democratico, nonché fondatore del Movimento Roosevelt e autore del bestseller “Massoni”, stampato nel 2014 da Chiarelettere. «Suffragio universale, diritto di voto e pari dignità per tutti: oggi la diamo per scontata, ma la democrazia è il fondamento della modernità. E’ il risultato storico di un enorme impegno profuso dalla massoneria contro l’assolutismo monarchico e l’oscurantismo teocratico». Magaldi è stato il primo a parlare di massoni “contro-iniziati”, alludendo a personaggi del calibro di Draghi e Monti, esponenti della nuova oligarchia sovranazionale incarnata dalle 36 Ur-Lodges che sovrintendono alle grandi decisioni sul futuro del pianeta. Gianfranco Carpeoro, a sua volta massone (già a capo del Rito Scozzese italiano) nonché autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, stenta a riconoscere l’identità massonica degli oligarchi neo-aristocratici delle superlogge: «La massoneria è democratica e progressista per definizione; se smette di esserlo, cessa anche di essere massoneria».Nel suo libro, edito nel 2016 da “Revoluzione”, Carpeoro spiega come – proprio in seno alla massoneria – siano comunque nate precise pulsioni antidemocratiche. L’antesignano di questa corrente di pensiero è il marchese Alexandre Saint-Yves d’Alveydre, medico parigino vissuto a cavallo tra ‘800 e ‘900 e teorico della “sinarchia”, forma aristocratica di “governo dei migliori”, convinti che il popolo non abbia la capacità di autogovernarsi. Atteggiamento che affiora con grande evidenza nei tratti dell’élite attuale, spesso guidata da esponenti del potere statunitense, “eredi” del filone arbitrariamente ispiratosi agli Illuminati di Baviera, per maneggiare a proprio uso (“nuovo ordine mondiale”) l’internazionalismo settecentesco professato dal tedesco Johann Adam Weishaupt. Corsi e ricorsi storici: di troppa democrazia si muore, scrisse un altro massone – Samuel Huntington – nel celebre saggio “The crisis of democracy” commissionato dalla Trilaterale alla vigilia dell’era della globalizzazione. “Curare” la democrazia riducendo gli spazi democratici? Sono in tanti a pensarla così, a Bruxelles e dintorni. La notizia è che di questo parere è lo stesso Di Bernardo.«Nella mia visione – dice, l’ex gran maestro del Goi – la società globale non può essere governata con la democrazia». E spiega: il ricorso alla sola democrazia, in un mondo globalizzato, «creerebbe tanti di quei conflitti che, alla fin fine, si verrebbe a realizzare lo “stato di guerra di tutti contro tutti” di cui ha parlato Locke». L’alternativa alla democrazia? Il governo degli “ottimati”: «Io ritengo che il futuro dell’umanità, che vede la realizzazione della società globale – scandisce Di Bernardo – debba essere governato da una comunità di saggi che esprimono “l’Uno”, il tiranno illuminato». Un pensiero non lontano, probabilmente, da quello degli stessi architetti della globalizzazione, il sistema-mondo ridisegnato dai vari Rockefeller e Rothschild, Kissinger e Brzezinski. L’Occidente vive una crisi profondissima, osserva giustamente Di Bernardo. Ma, secondo vari altri esponenti del mondo culturale massonico – inclusi Magaldi e Carpeoro – la crisi attuale è dovuta proprio alla mancanza di democrazia, non certo al suo eccesso. L’impegno della massoneria progressista, anche internazionale? Ingaggiare una battaglia, a livello mondiale, per il ritorno della democrazia – a cominciare dall’Europa, sottomessa al potere “totalitario” di organismi come l’Ue e la Bce, che di democratico non hanno più niente.Democrazia? No, grazie. Non serve più, per governare questa turbolenta società mondializzata. Parola del massone Giuliano Di Bernardo, filosofo e sociologo, a capo del Grande Oriente d’Italia dal ‘90 al ‘93. Successivamente fondatore della Gran Loggia Regolare d’Italia, Di Bernardo ha poi creato l’Accademia degli Illuminati, oggi Dignity Order. Intervistato da Fabio Frabetti a “Border Nights”, fornisce un quadro dolente della massoneria italiana, insidiata dalla mafia al Sud e in piena crisi di identità. «Si ripetono ritualità simboliche di cui non si conosce più il significato: questo si chiama contro-iniziazione ed è persino peggio della contiguità con la mafia, premesso che – se accetta mafiosi al suo interno – la massoneria cessa di essere tale». Una lunga intervista, quella di Di Bernardo, che offre una lettura critica del sistema massonico italiano, sempre meno influente a livello politico dopo la tragica parentesi della P2 di Gelli, un uomo “al servizio degli Usa”. Pesano le ultime devastanti polemiche innescate dalla commissione antimafia presieduta da Rosy Bindi, che denuncia la presenza di oltre mille affiliati-fantasma, nel Meridione: iscritti di cui non si conoscerebbe ufficialmente l’identità. Di Bernardo auspica una massoneria trasparente, ma avverte: la democrazia, purtroppo, non basta più. Serve un «tiranno illuminato», per uscire dal caos del mondo globalizzato.
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Soldi e potere: è antica la guerra alla medicina naturale
In questi tempi c’è una guerra dichiarata tra la medicina naturale e quella ufficiale, che evidenzia le falle di quest’ultima mettendone in risalto i limiti palesi (basti pensare che nonostante le spese immense per la ricerca sui tumori, questa malattia sta aumentando vertiginosamente) e la medicina tradizionale allopatica, che schiera dalla sua parte i vari soloni a colpi di radiazione dei medici eretici. Recenti sono i casi di Gabriella Mereu, di Tullio Simoncini, di Ryke Geerd Hamer, di Paolo Rege-Gianas. Pochi giorni fa è stata radiata dall’ordine la dottoressa Gabriella Lesmo, rea di aver preso posizione contro i vaccini (settore che ha iniziato a studiare con particolare attenzione per via del fatto di avere un figlio reso autistico proprio a seguito della somministrazione di vaccini). Pochi mesi prima era stato radiato per lo stesso motivo un altro medico, Dario Miedico. E sempre recentemente è stato radiato dall’ordine Paolo Rossaro, per aver prescritto una cura alternativa alla chemioterapia in un caso di tumore. In realtà, la lotta tra medicina naturale e medicina tradizionale ufficiale esiste da secoli, e può individuarsi il punto di origine nel Medioevo, ad opera dapprima della Chiesa cattolica, e successivamente ad opera della scienza ufficiale, che ha preso il testimone dell’oscurantismo cattolico. Vediamo come e perché nasce questa battaglia, e perché essa è identica ai giorni nostri, come nel Medioevo, e in tutti i secoli intermedi.
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Il vero motivo della morte di Carlo Giuliani al G8 di Genova
Non sparate a casaccio sulla polizia, si raccomanda Franco Gabrielli dalle pagine del “Manifesto”, ripercorrendo l’inferno del G8 di Genova rievocato dal “quotidiano comunista”, secondo cui «la credibilità della polizia è da ricostruire». A stretto giro, la risposta – durissima – del padre di Carlo Giuliani, affidata al blog “Contropiano” dopo che, scrive, il “Manifesto” ha rifiutato di pubblicargliela. La tesi del capo della polizia: c’erano anche i carabinieri, a Genova, insieme ad altri organi dello Stato; per questo non è giusto criminalizzare un’istituzione che, assicura Gabrielli, si è ampiamente emendata dai gravi errori commessi. Giuliano Giuliani concorda solo in parte: è oggi questore di Pesaro, scrive, il funzionario che a piazza Alimonda accusò un manifestante di aver ucciso suo figlio, «completando così l’indegna azione di un carabiniere che con una pietra ha spaccato la fronte di Carlo agonizzante». Paura e odio, furore, guerriglia: sotto i riflettori, per anni, gli attori di quella spaventosa pagina italiana, per la quale si è parlato di “sospensione della democrazia”. D’accordo, ma il movente? Perché trasformare Genova nel teatro di una carneficina? Lo spiega un ex dirigente della Nsa, Wayne Madsen. L’intelligence Usa, rivela, ha piegato le forze dell’ordine italiane a un disegno oscuro: quel sangue doveva servire a seppellire per sempre il movimento NoGlobal, di cui le multinazionali avevano il terrore, all’alba del nuovo millennio.Missione compiuta, si direbbe: dopo Seattle, Praga e altre fiammate, a Genova nel luglio del 2001 è stato letteralmente soppresso «il primo movimento di protesta, nella storia dell’Occidente, capace di mobilitarsi in modo disinteressato, cioè senza più difendere singole cause territoriali, nazionali o di categoria, ma schierandosi in modo permanente a tutela dei diritti dell’umanità, in ogni continente». Lasciata l’intelligence Usa (l’agenzia resa tristemente celebre dallo scandaloso “datagate” spionistico del governo Obama), Madsen è divenuto un fiero accusatore di un sistema manipolatorio che a Genova, dice, richiedeva un preciso tributo di sangue: la morte di Carlo Giuliani, la “macelleria messicana” dei ragazzi inermi nella scuola Diaz (col pretesto di bombe molotov introdotte dagli stessi agenti) e poi l’incubo delle torture inflitte ai “prigionieri” nella caserma di Bolzaneto. Tutta quella violenza barbarica sembra portare la stessa “firma” della mano segreta che, di lì a un paio di mesi, avrebbe pilotato l’immane attentato delle Torri Gemelle a New York, dando inizio alla “guerra infinita” contro il “terrorismo”. Un nome? Il massone “controiniziato” George W. Bush. Esponente, secondo Gioele Magaldi, della “Hathor Pentalpha”, definita “loggia del sangue e della vendetta”. La costola più nera e tenebrosa dell’élite globalista, formata da “signori della guerra” che «non hanno esitato a reclutare, tra i loro affiliati, prima Osama Bin Laden e poi Abu Bakr Al-Baghdadi».Da Al-Qaeda all’Isis, stesso copione (opaco) del terrore, scatenato contro civili, polizia e militari – ma non all’insaputa di precisi settori dell’intelligence. Prove? «Dispongo di 6.000 pagine di documenti», assicura Magaldi, autore del saggio “Massoni”. «Entro due anni certe carte verranno rese pubbliche», afferma Gianfranco Carpeoro, che ha firmato il volume “Dalla massoneria al terrorismo”, fornendo anche – insieme allo stesso Magaldi – un’accurata lettura della simbologia non certo islamica, ma “templare”, del recentissimo terrorismo targato Isis che ha insanguinato l’Europa a cominciare dalla Francia. Identico lo stile degli attentati: colpire nel mucchio, sparare sulla folla per terrorizzare tutti (e rendere accettabili le leggi d’emergenza, sul modello del Patriot Act statunitense disegnato per confiscare libertà e diritti). Genova? Una pietra miliare: il Rubicone varcato da un potere globalista “medievale”, neo-feudale, smisuratamente avido e bugiardo, estremamente feroce. Lo sostiene Madsen, intervistato da Franco Fracassi nel saggio “G8 Gate”. Una vera e propria confessione: «Mesi prima, per la tragica “riuscita” di quel G8 – dice – la Nsa mise a disposizione 1.500 funzionari, e a Genova (oltre alla polizia italiana) c’erano 700 agenti dell’Fbi».Nessuno lo sapeva, all’epoca, ma tutti videro lo stesso spettacolo: i reparti antisommossa si accanivano contro manifestanti inermi, ignorando deliberatamente i famosi “black bloc” spuntati dal nulla, liberi di devastare impunemente la città. I “neri” colpivano i loro obiettivi e poi si disperdevano rapidamente tra i vicoli. «E’ una tattica di guerriglia insegnata nelle scuole Nato: si chiama “swarming”», afferma – sempre nel libro di Fracassi – il generale dei paracadutisti Fabio Mini, già comandante della missione atlantica Kfor in Kosovo. «Esistono precise strutture – rivela Mini – in grado di far affluire in piena sicurezza centinaia di persone, da tutta Europa, senza il rischio di subire controlli alle frontiere, neppure dopo l’evento». Lo strascico del G8 di Genova è ancora fatto essenzialmente di rabbia e di dolore: le vittime denunciano omissioni e indulgenze, il nuovo capo della polizia (che ha preso le distanze da De Gennaro) giura che, oggi, simili episodi non potrebbero più ripetersi. Carlo Giuliani, intanto, a piazza Alimonda è morto. E la meccanica delle ricostruzioni difficilmente va oltre i dettagli del crimine. Una coltre di silenzio protegge ancora gli aspetti più decisivi: il movente e i mandanti.Per questo è importante la voce di un uomo come Madsen. «I mandanti sono le multinazionali – dice – che erano letteralmente terrorizzate dal crescente consenso di quei ragazzi: il movimento NoGlobal andava stroncato. E il loro uomo, Bush, ha semplicemente eseguito gli ordini». Com’era, il mondo, nel 2001? Stava molto meglio di adesso, secondo tutti gli indicatori. Archiviata la storica sfida con l’Urss, la guerra era praticamente assente. Anche per gli italiani, all’epoca, l’Unione Europea poteva sembrare un’istituzione amica. Si pagava ancora in lire: l’euro avrebbe iniziato a circolare solo l’anno seguente. In Afghanistan c’erano già i Talebani, ai quali si opponeva solo un leader laico e nazionalista come Ahmad Shah Massud: quando l’Alleanza del Nord entrò in azione, per prima cosa fu assassinato l’ingombrante Massud, autorevole interprete della sovranità afghana. Ucciso da un certo Hekmathyar, collegato ai servizi del Pakistan addestrati dalla Cia. «Il governo di Islamabad ha sostenuto Al-Qaeda in accordo con Bush», denunciò Benazir Bhutto, a sua volta assassinata nel 2007 per impedirle di vincere le elezioni e smascherare le trame che legavano Bush e Bin Laden al generale Musharraf, dittatore “americano” del Pakistan. Da anni, ormai, la “guerra infinita” era diventata la nuova normalità fondata su bombe e menzogne, fino all’attuale conflitto siriano.Un film dell’orrore, sostiene Madsen, grazie al quale nessuno si è più sognato di contestare frontalmente lo strapotere delle corporation e dell’oligarchia finanziaria, che in Europa è riuscita a ridurre alla fame un paese come la Grecia, senza più medicinali per i bambini, e a destituire con un golpe bianco il governo italiano democraticamente eletto. Si arrivò a insediare a Palazzo Chigi uno spettro come Mario Monti, cioè l’essere umano più lontano possibile dall’antropologia di una rockstar come Manu Chao, eroe del “social forum” che a Genova nel 2001 sognava una fratellanza universale capace di opporsi alle diseguaglianze create dalla rapina sistematica del mondo, quella che oggi spinge verso l’Europa milioni di migranti in fuga dalle loro economie sapientemente disastrate dal nostro apparato economico e politico, finanziario e militare. Un mondo migliore è possibile, recitava lo slogan dei ragazzi che guardavano al mito del “subcomandante” Marcos, esotico e mediatico custode di una biodiversità civile fondata sui diritti. Oggi, il dibattito pubblico è precipitato sotto terra, tra le rovine dell’Ue e della Bce: si parla al massimo di soldi, di Flat Tax e reddito di cittadinanza. Siamo caduti in basso? Il primo passo, sostiene Wayne Madsen, è stato il corpo esanime del militante che i grandi poteri economici, dai loro palazzi, volevano morto. E’ toccato a Carlo Giuliani. Forse, riletta così, può sembrare meno oscura la ragione (mostruosa) di quella fine così atroce.(Giorgio Cattaneo, “G8 Genova, il vero motivo della morte di Carlo Giuliani”, dal blog “Petali di Loto” del 17 aprile 2018).Non sparate a casaccio sulla polizia, si raccomanda Franco Gabrielli dalle pagine del “Manifesto”, ripercorrendo l’inferno del G8 di Genova rievocato dal “quotidiano comunista”, secondo cui «la credibilità della polizia è da ricostruire». A stretto giro, la risposta – durissima – del padre di Carlo Giuliani, affidata al blog “Contropiano” dopo che, scrive, il “Manifesto” ha rifiutato di pubblicargliela. La tesi del capo della polizia: c’erano anche i carabinieri, a Genova, insieme ad altri organi dello Stato; per questo non è giusto criminalizzare un’istituzione che, assicura Gabrielli, si è ampiamente emendata dai gravi errori commessi. Giuliano Giuliani concorda solo in parte: è oggi questore di Pesaro, scrive, il funzionario che a piazza Alimonda accusò un manifestante di aver ucciso suo figlio, «completando così l’indegna azione di un carabiniere che con una pietra ha spaccato la fronte di Carlo agonizzante». Paura e odio, furore, guerriglia: sotto i riflettori, per anni, gli attori di quella spaventosa pagina italiana, per la quale si è parlato di “sospensione della democrazia”. D’accordo, ma il movente? Perché trasformare Genova nel teatro di una carneficina? Lo spiega un ex dirigente della Nsa, Wayne Madsen. L’intelligence Usa, rivela, ha piegato le forze dell’ordine italiane a un disegno oscuro: quel sangue doveva servire a seppellire per sempre il movimento NoGlobal, di cui le multinazionali avevano il terrore, all’alba del nuovo millennio.
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Giorgio Galli: magia, esoterismo e potere. La storia segreta
Il mago in politica? Conta, sì. Ma non ha l’ultima parola. Certo, esiste: anche se i giornali non ne parlano mai. E spesso, proprio con il mondo esoterico sono in contatto i servizi segreti. Lo rivela il professor Giorgio Galli, autorevole politologo, per lunghi anni docente all’università di Milano. Un monumento della cultura italiana contemporanea. Classe 1928, ha all’attivo quasi cento titoli: dal volume d’esordio sulla storia del Pci, risalente al ‘53, fino all’ultimo lavoro, “Il golpe invisibile” (Kaos, 2015), che spiega “come la borghesia finanziario-speculativa e i ceti burocratico-parassitari hanno saccheggiato l’Italia repubblicana fino a vanificare lo Stato di diritto”. Intervistato da Fabio Frabetti e Paolo Franceschetti a “Border Nights” sul ruolo dell’occultismo nella politica, il professore chiarisce: la deriva “magica” dell’esoterismo ha certamente condizionato importanti leader del passato, Hitler in primis. Ma poi il fenomeno si è attenuato. Perché parlarne, allora? Perché non ne parla mai nessuno, a livello di ufficialità, se non per liquidare l’argomento in modo sprezzante, come se il fenomeno non esistesse. Altrettanto sbagliato, secondo Galli, l’atteggiamento iper-complottista di chi considera onnipotenti le società iniziatiche, massoneria compresa: hanno il loro peso, senz’altro, ma non possono decidere tutto.La missione dello studioso: svelare retroscena occulti e, al tempo stesso, demifisticare – con l’occhio razionale dello storico – le tante mitologie connesse al presunto potere di grandi “maghi”, al fianco dei potenti della Terra. Nel mirino innnanzitutto il leader del nazismo. Un fenomeno al quale – tra Himmler e la società Thule – il professor Galli ha dedicato ben tre saggi. Il primo, “Hitler e il nazismo magico” (Rizzoli) risale al 2005. A seguire, “La svastica e le streghe”, una “intervista sul Terzo Reich, la magia e le culture rimosse dell’Occidente”, pubblicata da Hobby & Work nel 2009, quattro anni prima di “Hitler e la cultura occulta”, libro uscito nel 2013, pubblicato ancora da Bur-Rizzoli. Impossibile non notare il potere ipnotico che la retorica del dittatore esercitava su masse immense, durante le celebri adunate oceaniche del nazismo. Disponeva di tecniche occultistiche? «Intanto era nato a Braunau sull’Inn, paese che ha dato i natali a un numero di medium superiore alla norma: c’è chi ritiene che, in determinate zone della Terra, vi siano cariche magnetiche che conferiscano doti particolari, come quelle che caratterizzano i medium e i veggenti». Inoltre, aggiunge Galli, è noto che Hitler prese lezioni da Erik Jan Hanussen, famoso ipnotista austriaco che, «nei teatri, ipnotizzava gli spettatori, facendo creder loro che fossero reali fenomeni che erano solo immaginari».Lo stesso Hanussen, mago e illusionista, fu poi ucciso dai nazisti il 30 giugno del 1934 nella strage passata alla storia come la “notte dei lunghi coltelli”. Una buona occasione «per far sparire le tracce della formazione ipnotistica che Hitler aveva ricevuto». Ma una cosa è ammettere che Hitler credesse nell’occulto e si avvalesse di maghi come Hanussen, un’altra è pensare che il nazismo sia “esploso” in virtù della magia: «Mai, il nazismo, si sarebbe potuto affermare senza la sconfitta della Germania nel primo conflitto mondiale, senza la crisi del dopoguerra e senza la grande crisi del ‘29, tutti fenomeni che hanno determinato il destino del paese sino all’avvento del Terzo Reich». Quindi attenzione: «Io non sostengo che l’esoterismo sia la chiave interpretativa della storia», precisa Galli. «Dico che ne è una delle componenti (e non delle più importanti), che però è stata completamente trascurata». E’ chiaro che a partorire il nazismo è stata la crisi politica, sociale ed economica patita dalla Germania a partire dal 1914. «Le cause che gli storici hanno studiato permettono di capire la vicenda tedesca anche senza bisogno di studiare l’esoterismo. Però, appunto, c’è anche l’esoterismo: e ha avuto un ruolo importante nella formazione culturale di una parte dell’élite nazionalsocialista».La storia politica ed economica spiega tante cose, ribadisce Galli, ma «talvolta, in determinate circostanze, non spiega tutto». Secondo il gollista Maurice Schumann, gruppi esoterici presenti anche in Vaticano hanno influenzato la nascita della stessa Unione Europea: «E’ una componente sin qui trascurata, meno importante di altre, ma che va tenuta presente». Giorgio Galli ha scritto anche un’introduzione al recente saggio “Mussolini e gli Illuminati”, nel quale Enrico Montermini mette in luce il rapporto (rimasto in ombra) tra il fascismo e l’esoterismo, dal ruolo di Giuseppe Cambareri – il mago di tanti ufficiali dell’esercito mussoliniano – all’intervento della massoneria anglosassone agli esordi delle camicie nere, fino al drammatico epilogo di piazzale Loreto, «macabro sacrificio rituale per celebrare simbolicamente la caduta dell’ultimo Cesare». Magia e dittature, ma non solo: «Lo stesso Churchill, che era massone – racconta Galli – si consultò moltissimo con l’ambiente esoterico, prima di decidere l’atteggiamento da assumere con Hitler». Furono alcuni esoteristi a confermargli che occorreva opporsi strenuamente al Terzo Reich: impossibile conviverci, perché avrebbe trasformato l’Europa nel peggiore degli incubi.Esoterismo? «E’ una cultura che ha solide radici nella storia dell’Occidente», spiega Giorgio Galli al pubblico di “Border Nights”. «Bisogna risalire agli astrologi caldei, ai profeti ebraici, fino a personaggi molto recenti come René Guénon e Julius Evola». Si intitola “Occidente misterioso” un saggio del 1987, edito da Rizzoli, in cui Galli indaga tra “baccanti, gnostici, streghe”, ovvero “i vinti della storia e la loro eredità”. «E’ una corrente di pensiero che ha solide radici e si ripresenta anche in periodi di grande avanzamento scientifico». Per dire: erano esoteristi Cartesio e Newton. «Si tratta di una cultura che ha profonde radici nello sforzo umano verso la conoscenza: radici così solide che, dal ‘500 in poi, ha potuto resistere al grande avvento della rivolzione scientifica». Quella dell’esoterismo «è un tipo di conoscenza che prevede approcci diversi da quelli scientifico-razionali». Metodo analogico, pensiero simbolico. Com’è che i politici entrano in contatto col mondo esoterico? «Esistono gruppi e associazioni che mantengono viva questa tendenza». Secondo la cultura esoterica, aggiunge il professore, «sulla Terra sono esistite civiltà molto remote, in genere scomparse per catastrofi naturali: l’esempio più noto sono i riferimenti che Platone fa ad Atlantide».Giorgio Galli segnala un libro come “L’altra Europa”, nel quale l’autore – Paolo Rumor (figlio di Mariano, pluri-minustro Dc) – documenta «la convinzione che siano esistite civiltà terrestri delle quali sono rimaste tracce, e in cui affonderebbe le sue radici la politica che poi ha portato all’Unione Europea». Intorno all’anno Mille, dice Galli, in alcuni ambienti «era maturata quella convinzione», riguardo all’ancestrale discenza da civiltà estinte. E quindi «ci sarebbe un rapporto tra antichi assetti sociali e il progetto dell’Ue, che in realtà è nato molto prima di quanto si ritenga». Se qualcuno ha in mente solo Jean Monnet, la Cee e l’Unione Europea si sbaglia: «Documenti di Mariano Rumor – afferma il professore – dimostrano che questo progetto sarebbe maturato molto più in là nel tempo, in ambienti legati alla cultura esoterica e alla convinzione dell’esistenza di antiche civiltà scomparse, che avrebbero lasciato tracce nella nostra cultura». Sicché, periodicamente, «emergono piccoli cenacoli, che credono di essere gli eredi di un antico sapere». Gli approcci sono diversi, aggiunge Galli: «Alcune società esoteriche sono orientate verso la conoscenza: per loro, l’esoterismo è uno strumento del sapere. In altri gruppi, invece, si ritiene che possa anche essere uno strumento per il potere».Non ha molti segreti, per Giorgio Galli, la contaminazione esoterica della politica: ne parlava già nel 1995 in “Cromwell e Afrodite” (Kaos), o in libri come “La politica e i maghi, da Richelieu a Clinton”, pubblicato da Rizzoli nello stesso anno. Galli ha firmato studi sulla massoneria, su Fatima, sulla new age, sulle Torri Gemelle. Titoli accattivanti: “La venerabile trama”, del 2007 (Lindau), racconta “la vera storia di Licio Gelli e della P2”. In “Stelle rosse” (Alacran, 2007), mette a nudo “astrologia neo-illuminista a uso della sinistra”. Titoli espliciti: “Politica ed esoterismo alle soglie del 2000”, scritto con Rudy Stauder e pubblicato da Rizzoli nel 1992, e “Esoterismo e politica” (Rubbettino, 2010). E’ del 2004 il saggio “La magia e il potere”, ovvero “l’esoterismo nella politica occidentale”, edito da Lindau. Ma cos’è la magia? Solo superstizione? «E’ un approccio culturale che si è manifestato in una fase della storia umana», spiega il professore a “Border Nights”, rispondendo alle domande di “Maestro di Dietrologia”. «Non credo che esista una magia con un reale potere», aggiunge. «Credo però che sia una convinzione diffusa». L’esoterismo, dice, è anche questo: «La convinzione che, facendo determinate operazioni, o con certe liturgie, si possano ottenere determinati risultati. La cultura esoterica è legata a questa convinzione, che però non è la mia».I maghi, aggiunge Giorgio Galli, sono i rappresentanti di questo tipo di cultura: talvolta entrano in contatto col potere e talvolta no. «La rivoluzione scientifica ha reso meno sistematici quei rapporti: quelli che vengono chiamati Magi, astrologi e veggenti facevano parte normalmente del personale vicino al potere – a Roma e in Grecia, poi nelle corti medievali. Fino al ‘500-600 questi rapporti erano organici e continui, in seguito sono diventati più rari o soltanto occasionali». E i famosi maghi consultati da capi di Stato? «In alcuni casi – risponde Galli – ci sono società segrete che trasmettono questo tipo di cultura. Alcune – tedesche, francesi, inglesi – sono elencate in “Hitler e il nazismo magico”. Probabilmente ne esistono ancora, anche se adesso la loro influenza mi pare molto minore di quanto non fosse all’inizio del secolo scorso». Magia e potere, ma soprattutto stelle, oroscopi, tarocchi. «Quello che so – aggiunge Galli – è che molti politici, anche di rilievo, consultano abituamente astrologi e cartomanti: sono un aspetto popolare e diffuso di culture che hanno origini esoteriche, ma è anche un campo che si presta moltissimo alle truffe e alle manipolazioni».Da Roma, ha contattato il professore un gruppo di tradizione esoterica che si definisce “Evoliani a 5 Stelle”, dal nome di Evola. «Sono degli esoteristi di cultura evoliana, che si esprimono positivamente attorno al Movimento 5 Stelle», precisa Galli. Non che l’esoterismo sia del tutto estraneo, ad alcuni aspetti del mondo grillino: «Lo stesso cortometraggio di Gianroberto Casaleggio, “Gaia”, esprime una cultura che qualche rapporto con quella esoterica potrebbe averlo: è collegata con la cultura delle grandi catastrofi, che poi alla fine danno un risultato positivo». Ma quello dei 5 Stelle è un populismo destinato a trasformarsi nella vera avanguardia tecnocratica del neoliberismo globalista? Giorgio Galli lo esclude in modo categorico. «I 5 Stelle secondo me sono ancora in una fase magmatica, in cui convivono componenti dell’anticapitalismo di sinistra e componenti dell’anticapitalismo di destra. Penso che siano in una fase di trasformazione – conclude il politologo – ma non credo affatto che possano diventare i nuovi strumenti del grande capitale: rimarranno sempre un movimento indirizzato a cambiamenti che, nella loro cultura, ritengono positivi. Che poi riescano nel loro intento è un altro problema, ma non credo che si mettano al servizio del potere capitalistico».Il mago in politica? Conta, sì. Ma non ha l’ultima parola. Certo, esiste: anche se i giornali non ne parlano mai. E spesso, proprio con il mondo esoterico sono in contatto i servizi segreti. Lo rivela il professor Giorgio Galli, autorevole politologo, per lunghi anni docente all’università di Milano. Un monumento della cultura italiana contemporanea. Classe 1928, ha all’attivo quasi cento titoli: dal volume d’esordio sulla storia del Pci, risalente al ‘53, fino all’ultimo lavoro, “Il golpe invisibile” (Kaos, 2015), che spiega “come la borghesia finanziario-speculativa e i ceti burocratico-parassitari hanno saccheggiato l’Italia repubblicana fino a vanificare lo Stato di diritto”. Intervistato da Fabio Frabetti e Paolo Franceschetti a “Border Nights” sul ruolo dell’occultismo nella politica, il professore chiarisce: la deriva “magica” dell’esoterismo ha certamente condizionato importanti leader del passato, Hitler in primis. Ma poi il fenomeno si è attenuato. Perché parlarne, allora? Perché non ne parla mai nessuno, a livello di ufficialità, se non per liquidare l’argomento in modo sprezzante, come se il fenomeno non esistesse. Altrettanto sbagliato, secondo Galli, l’atteggiamento iper-complottista di chi considera onnipotenti le società iniziatiche, massoneria compresa: hanno il loro peso, senz’altro, ma non possono decidere tutto.
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Sangue arabo: la regina Elisabetta discende da Maometto
Scontro di civiltà? Ma mi faccia il piacere! Mentre i missili del Regno Unito cadono sulla Siria, il settimanale marocchino “Assahifa Al-Ousbouia” avverte: la regina inglese Elisabetta II è una discendente del sommo profeta Maometto, fondatore dell’Islam. A dire il vero, ricorda il “Corriere della Sera”, la teoria era stata già suggerita una trentina di anni fa dal “Burke’s Peerage”, la guida genealogica all’aristocrazia britannica: la linea di discendenza dei Windsor consente di risalire ai re musulmani medievali di Spagna e per quella via fino a Maometto, vissuto in Arabia nel sesto secolo. La scoperta risale agli anni ‘80, quando l’allora direttore del “Peerage”, Harold Brooks-Baker, scrisse alla premier Margaret Thatcher raccomandando di incrementare la sicurezza della regina: «È poco noto al pubblico britannico che il sangue di Maometto scorre nelle vene della sovrana. Tuttavia, tutti i leader religiosi musulmani sono orgogliosi di questo fatto». Oggi, la stampa inglese riprende con enfasi la notizia, rimbalzata dal Marocco: un filo diretto unisce Buckingham Palace alla Mecca? “Assahifa Al-Ousbouia” corrobora l’ipotesi, fornendo un albero genealogico completo. Eil giornale maghrebino saluta la scoperta come «un ponte fra le due religioni e i due regni».«Ne è seguita curiosità ed eccitazione in diversi paesi musulmani, oltre all’interesse della stampa britannica», scrive Luigi Ippolito sul “Corriere”. In prima fila il “Times”, che cita lo storico David Starkey, secondo cui l’ipotesi del legame fra Elisabetta e Maometto è affascinante e «non del tutto fuori luogo», anche se non è stato ancora dimostrato con certezza. Ciò che è «sicuro come la roccia», afferma lo storico britannico, è la discendenza dell’attuale casa regnante da Riccardo di Conisburgh, conte di Cambridge e nonno di re Riccardo III, vissuto in Inghilterra a cavallo fra il XIV e il XV secolo. Il conte era figlio di Isabella di Castiglia, a sua volta nata da Pietro “il Crudele”, re di Castiglia e Leon fino al 1369. «A partire da questo personaggio – aggiunge il “Corriere” – si può risalire ad Abu al-Qasim Muhammad ibn Abbad, sovrano musulmano di Siviglia morto nel 1042, il quale a sua volta discendeva da Hasan ibn Ali, nipote di Maometto in quanto figlio di Fatima, la figlia più giovane del Profeta». Sempre secondo lo storico Starkey, è indubbio che «i monarchi medievali spagnoli e le case reali islamiche erano molto vicine e completamente mescolate».L’anello di congiunzione tra mondo islamico e corona cristiana sarebbe Zaida, una principessa musulmana vissuta nell’anno Mille che scappò da Siviglia per diventare la moglie (o l’amante) di re Alfonso VI di Castiglia: la loro discendenza avrebbe poi sposato Riccardo di Conisburgh, l’avo di Elisabetta. «L’origine di Zaida è meno certa, ma sarebbe lei la discendente diretta di Maometto che connette Londra all’Arabia, in quanto probabile figlia di al-Mutamid ibn Abbad, re musulmano di Siviglia fino al 1091», scrive Ippolito. E’ il caso di dire “Allah salvi la regina?”. Certo non è facile accettare l’idea che siano “parenti” di Maometto i reali inglesi, a capo di un paese che – con Tony Blair – inventò le “armi di distruzione di massa” per avviare la devastazione del Medio Oriente, partendo dall’Iraq tuttora disastrato. Inglesi e arabi “amici”? C’è il precedente del mitico tenente colonnello Thomas Edward Lawrence, 007 di Sua Maestà: all’inizio del ‘900, Lawrence d’Arabia sposò la causa del nazionalismo arabo, guidando – dalla Giordania – la rivolta degli arabi contro l’Impero Ottomano all’inizio del ‘900.Un altro filo – sottilissimo, quasi invisibile – lega la Gran Bretagna all’Oriente musulmano attraverso la musica pop: merito di Freddie Mercury, cantante dei Queen, nato a Zanzibar nel ‘46 come Farrokh Bulsara da genitori appartenenti all’etnia “parsi”, la stessa degli attuali patron del gruppo Tata, colosso automobilistico indiano. Di religione zoroastriana, i “parsi” (nome che in India designa la popolazione proveniente dalla Persia) sono tra i 200.000 seguaci dell’antichissima fede madzea fondata da Zoroastro, considerata “madre” delle religioni successive, dal Cristianesimo all’Islam: sarebbero sacerdoti mazdei i Re Magi dell’adorazione di Beltemme. In modo cifrato, Freddie Mercury (ucciso dall’Aids nel ‘91) rivela una misteriosa connessione tra la sua origine orientale e il trono britannico: il nome Queen scelto per il gruppo musicale viene da Elisabetta I, ultima monarca della dinastia Tudor. Regnò nel ‘500 difendendo l’autonomia della Chiesa d’Inghilterra dal potere vaticano. La sua epoca, denominata “età elisabettiana”, fu un periodo di straordinaria fioritura artistica e culturale: durante il suo regno vissero personaggi del calibro di William Shakespeare, Christopher Marlowe, Ben Jonson, Edmund Spenser.Il filosofo Francis Bacon scrisse “La Nuova Atlantide”, uno dei caposaldi della cultura “rosacrociana” che tra ‘500 e ‘600 propose un nuovo orizzonte per l’umanità, basato sulla fratellanza universale. Il racconto, pubblicato postumo nel 1627, fa parte del genere letterario utopico, lo stesso di opere coeve come “La Città del Sole” di Tommaso Campanella e “Utopia” di Thomas More, anch’esse frutto del pensiero “rosacrociano” espresso a fine ‘500 da Giordano Bruno. Bacone prende spunto dal mito di Atlantide, narrato da Platone nel “Crizia”. Platone a capo del suo Stato aveva posto i filosofi, mentre Campanella sceglie un sacerdote. A questi, Bacone preferisce gli scienziati, «dotati di un sapere pratico capace di trasformare la realtà e assicurare una vita migliore all’umanità». Nume tutelare del nuovo progresso umanistico? Elisabetta I, che si fa ritrarre in celebri quadri con al collo monili contrassegnati dai simboli della fratellanza Rosacroce, il Pellicano e la Fenice. Proprio quel Pellicano – che “resuscita” i suoi pulcini nutrendoli col suo stesso sangue (citato da Dante e da Leonardo) – viene scelto come simbolo dei Queen da Freddy Mercury, icona gay degli anni ‘80. Un inglese atipico, di origine mediorientale, che in incognito disegnò una linea diretta capace di collegare idealmente il trono inglese a mondi lontanissimi solo in apparenza, se è vero che un po’ del sangue di Maometto scorre nelle vene della famiglia Windsor.Scontro di civiltà? Ma mi faccia il piacere! Mentre i missili del Regno Unito cadono sulla Siria, il settimanale marocchino “Assahifa Al-Ousbouia” avverte: la regina inglese Elisabetta II è una discendente del sommo profeta Maometto, fondatore dell’Islam. A dire il vero, ricorda il “Corriere della Sera”, la teoria era stata già suggerita una trentina di anni fa dal “Burke’s Peerage”, la guida genealogica all’aristocrazia britannica: la linea di discendenza dei Windsor consente di risalire ai re musulmani medievali di Spagna e per quella via fino a Maometto, vissuto in Arabia nel sesto secolo. La scoperta risale agli anni ‘80, quando l’allora direttore del “Peerage”, Harold Brooks-Baker, scrisse alla premier Margaret Thatcher raccomandando di incrementare la sicurezza della regina: «È poco noto al pubblico britannico che il sangue di Maometto scorre nelle vene della sovrana. Tuttavia, tutti i leader religiosi musulmani sono orgogliosi di questo fatto». Oggi, la stampa inglese riprende con enfasi la notizia, rimbalzata dal Marocco: un filo diretto unisce Buckingham Palace alla Mecca? “Assahifa Al-Ousbouia” corrobora l’ipotesi, fornendo un albero genealogico completo. E il giornale maghrebino saluta la scoperta come «un ponte fra le due religioni e i due regni».
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Bestie di Satana, depistaggi: ridono i satanisti che contano
Quella delle Bestie di Satana è una delle vicende giudiziarie più importanti al mondo, in materia di satanismo. La “Bbc” definì questa storia una delle più scioccanti della storia d’Italia del dopoguerra. E’ importante per tanti motivi. Innanzitutto per il numero di omicidi attribuiti all’organizzazione: 4, per i quali ci sono state varie condanne, anche all’ergastolo, e altri 18 omicidi e/o sparizioni che, a torto o ragione, vengono attribuiti dai media, giornali e Tv, e dalla letteratura specifica, alla setta. Rilevante è anche il numero delle persone coinvolte: 9 persone, 9 condanne. Ergastolo per Paolo Leoni; due ergastoli per Nicola Sapone; 27 anni per Eros Monterosso e 29 per Marco Zampollo, 16 per Pietro Guerrieri, 20 ad Andrea Volpe, 16 a Mario Maccione e 23 ad Elisabetta Ballarin. La vicenda assume una rilevanza mondiale perché è uno dei pochissimi casi in cui viene condannata una setta satanica al completo. L’altro caso, anch’esso di rilevanza mondiale, fu il cosiddetto caso Manson, risalente al 1969. In altre parole, l’importanza di questo processo, già notevole di per sé, aumenta a maggior ragione se si tiene presente che chiunque si occupi di satanismo deve comunque avere a che fare con le “Bestie di Satana”, che entrano a buon diritto nella storia ufficiale del satanismo e dei serial killer, contribuendo a dare una fisionomia e un contorno a tutto questo settore specialistico.In tutti i libri specialistici su sette e serial killer c’è sempre uno spazio considerevole dato a questa organizzazione e ai suoi componenti. Le Bestie di Satana sono studiate da criminologi, esperti di satanismo, docenti, semplici appassionati, ma compaiono anche in testi che parlano di religione; ad esempio il “Dizionario delle religioni in Italia”, a cura di Massimo Introvigne e Pierluigi Zoccatelli, un’enciclopedia monumentale e dettagliatissima, dedica uno spazio abbastanza ampio alle Bestie di Satana; accanto quindi ai movimenti buddisti, induisti, e ovviamente cattolici, protestanti e ortodossi, e accanto ai gruppi di cosiddetta magia cerimoniale, o esoterici, come Templari, Golden Dawn, Oto, ecc., compaiono le Bestie di Satana. Peraltro, a seguito della rilevanza di questi fatti, si è aperto in tutto il mondo un dibattito sul rapporto tra satanismo e musica metal; psicologi, educatori, comitati di genitori, la Chiesa stessa tramite personaggi famosi come Padre Amorth, si sono mobilitati in dibattiti, manifestazioni, approfondimenti sul tema.Numerosi sono anche i libri dedicati alla setta: “I ragazzi di Satana”, di Offeddu e Sansa, pubblicato nel 2005; “Le Bestie di Satana”, a cura di Gabriele Moroni (il libro è uscito nel 2004, quando ancora il processo di primo grado non si era concluso, e in esso già si davano per colpevoli Monterosso, Zampollo e Leoni); “L’inferno tra le mani”, di Stefano Zurlo e Mario Maccione (il libro, uscito nel 2011, è la storia delle Bestie di Satana vista dalla personale ottica di uno dei “pentiti” della setta); “Le sette di Satana”, di Mario Spezi (altro libro curioso, uscito nel 2004; la particolarità del libro è data dal fatto che anch’esso esce prima della sentenza di primo grado; nel titolo la T della parola Satana è più grande delle altre, di color oro, e circondata da un’aura rossa, ciò che ricorda un po’ il simbolo dell’“Ordine della Rosa Rossa e della Croce d’Oro”). Tantissimi anche i programmi Tv, da “Chi l’ha visto” a “La linea d’ombra”, fino al recente “Mistero” su Italia Uno.Quando iniziai a occuparmi delle Bestie di Satana, ero già abituato a processi farsa in cui il colpevole additato dai media non c’entra assolutamente niente con le accuse che gli vengono addebitate e il responsabile è addirittura il magistrato inquirente, d’accordo con giornalisti e avvocati coinvolti a vario titolo nell’incastrare i malcapitati di turno (fenomeno, questo, che parte da Jack lo Squartatore e arriva fino al recente caso nostrano del Mostro di Firenze; ma ulteriori casi di innocenti assolutamente inconsapevoli sono il caso Cogne e quello di Erba) e pensavo che non mi sarei stupito di niente. Eppure anch’io sono partito con un preconcetto, purtroppo frutto del condizionamento mediatico: cioè sono partito dalla convinzione che almeno i ragazzi che avevano confessato, ovverosia Volpe, Maccione e Guerrieri, fossero responsabili. Il dubbio, se c’era, per me riguardava solo gli altri, a cui non era stata attribuita alcuna partecipazione materiale ai delitti, ma esclusivamente un concorso morale: Monterosso, Zampollo e Leoni. A parte invece deve essere considerata la figura di Sapone, che viene additato da Volpe e Maccione come l’esecutore e il mandante di tutti i delitti (tanto che lui si beccherà addirittura due ergastoli); ma mentre Leoni, Monterosso e Zampollo si dichiarano innocenti, Sapone semplicemente dichiara di “non ricordare nulla”.Misi quindi le mani alle carte processuali con questa idea di base e iniziai a scartabellare gli atti, a parlare con alcuni testimoni, e inoltre a dialogare con Paolo Leoni, oltre che con Marco Zampollo via lettera. Via via che procedevo con lo studio degli atti e dell’intera vicenda, mi rendevo conto che i fatti erano completamente diversi da come appaiono sui media. Di più. Tutta la vicenda è una completa montatura, ove i media hanno provveduto a romanzare e falsare una realtà processuale già falsa di per sé. Il che ha come risultato una conclusione molto semplice, ma al tempo stesso terrificante: nessuno dei ragazzi è coinvolto davvero in questa vicenda, perlomeno non nei termini in cui vengono presentati sui media. Alcuni sono completamente innocenti. Altri forse non lo sono del tutto, ma comunque non hanno commesso i fatti dei quali si autoaccusano. Non esisteva alcune setta satanica denominata Bestie di Satana, che è un’invenzione giornalistica. Non c’era alcun gruppo organizzato. Tutta la vicenda insomma è un immenso teatrino, che ha visto dei ragazzi completamente innocenti in carcere, mentre i veri colpevoli sono liberi; e, come accade nei migliori casi di cronaca nera di rilevanza mondiale, i veri colpevoli andrebbero ricercati altrove, tra persone altolocate, politici, magistrati, avvocati, e non tra una banda di ragazzi con un titolo di studio di terza media e senza né arte né parte. Esattamente, né più né meno, come accadeva nei delitti di Jack lo Squartatore, del Mostro di Firenze, e del femminicidio di Ciudad Juarez.Vediamo di raccontare quindi quello che molti di questa vicenda non sanno, precisando che la versione ufficiale, quella raccontata da tutti i media, la diamo per conosciuta. Chi non la conoscesse può consultare la voce di Wikipedia o uno qualsiasi dei siti in cui viene riassunta la storia delle Bestie di Satana, sempre uguale in ogni sito specialistico, senza mai alcuna voce discordante. Qui, in sintesi, ci limitiamo a dire che nel 2004 Andrea Volpe, Mario Maccione e Pietro Guerrieri, confessarono 4 omicidi: quelli di Fabio Tollis e Chiara Marino nel 1998; quello di Andrea Bontade sempre del 1998; e quello di Mariangela Pezzotta nel 2004. Questi tre ragazzi con le loro confessioni accusarono anche altri: Nicola Sapone, Paolo Leoni, Eros Monterosso e Marco Zampollo. Il primo fu accusato di aver partecipato a tutti e quattro i delitti come esecutore e mandante. Gli altri furono accusati di aver partecipato moralmente, di aver approvato l’operato della setta e di avere in qualche modo concordato i primi due omicidi. La verità? Quello che i media non hanno detto, e che mai diranno, è ciò che segue.La caratteristica più eclatante di tutto il processo è data dalla constatazione che l’intera versione di Maccione e Volpe è falsa. Anche nella parte in cui i due “pentiti” si autoaccusano dei delitti di Chiara Marino e Fabio Tollis, infatti, il racconto è platealmente inattendibile. Si evince dalla narrazione che la notte del delitto del 1998, Fabio Tollis e Chiara Marino vennero uccisi a colpi di coltello e di badile, in modo barbaro; non risulta però dai loro racconti che dopo l’omicidio i ragazzi si siano cambiati di abito e lavati dal sangue; secondo i loro racconti, invece, dopo aver seppellito i cadaveri, sarebbero rientrati in auto e tornati a casa, e i loro familiari non si sarebbero accorti di nulla. Di più. Mario Maccione, interrogato durante il processo, dirà che si era solamente macchiato i pantaloni; ma siccome indossava due paia di pantaloni, si limitò a levarsi il pantalone sporco (senza ricordare se lo avesse buttato o portato con sé). La versione viene confermata sempre da Maccione nel suo ultimo libro, “L’inferno tra le mani”, ove il ragazzo specifica che l’indomani si era svegliato al mattino con gli abiti puliti e il giubbotto di pelle intatto. Una cosa impossibile da realizzare, in un bosco, di notte. Uccidere barbaramente due persone in quel modo, infatti, significa imbrattarsi di sangue dalla testa ai piedi; significa che gli abiti sono non semplicemente sporchi, ma completamente inzuppati di sangue tanto da poterli strizzare come se fossero stati lavati. Quindi è impossibile rientrare in auto senza sporcare i sedili il volante, le portiere, in modo tale da non essere notati poi da chiunque.Di conseguenza, dopo un delitto simile, è necessario avere un luogo dove potersi lavare e cambiare degli abiti, che devono poi essere fatti sparire in una discarica o un altro posto simile, perché è difficilissimo mandare via il sangue dagli abiti. Già questo particolare basterebbe per invalidare tutta la ricostruzione di Volpe e Maccione, e per capire che è tutto assolutamente falso. Ma non è finita qui. Che la versione dei due “pentiti” sia falsa è dimostrato anche dall’incredibile numero di particolari discordanti nelle loro versioni dei fatti; entrambi infatti non sono d’accordo quasi su nulla, e forniscono versioni differenti su chi sedeva davanti e chi dietro, su chi avrebbe sferrato il primo colpo, sul momento in cui avrebbero indossato i guanti di lattice che furono poi trovati nella fossa di Chiara Marino e Fabio Tollis, sulle modalità con cui convinsero Fabio e Chiara a salire in auto, ecc. Addirittura non sono d’accordo neanche sul movente dei primi due omicidi. Inverosimile poi è che i ragazzi abbiano potuto trovare la strada per arrivare alla tomba precedentemente scavata, nel bosco e di notte, e che Fabio e Chiara non si siano insospettiti a vedere i loro “amici” portare con loro coltelli, guanti, pale.Infine, pochi sanno che nell’ansia accusatoria, e a processo finito, Andrea Volpe accuserà Nicola Sapone e Paolo Leoni di un altro omicidio, quello di Andrea Ballarin avvenuto nel 2004, autoaccusandosi dello stesso reato; si scoprirà che Sapone il giorno del delitto era in vacanza a Cuba e Volpe verrà processato per calunnia, perché confesserà di essersi inventato tutto. Risultato: sparisce la cassetta con la registrazione dell’interrogatorio di Volpe. E Volpe viene assolto. E nessuno, né giornalisti né magistrati, si interrogano sul motivo per cui Volpe avrebbe mentito su un fatto così grave; a nessuno viene il dubbio che se una persona mente in questo modo, forse potrebbe aver mentito anche sul resto. A nessuno viene in mente di ascoltare e interrogare gli altri condannati, per sentire la loro versione, che potrebbe essere importante per la ricostruzione dell’intera vicenda. No. Al contrario, Volpe continua a comparire in Tv, ad essere interrogato, e magari prima o poi scriverà un libro; le Tv mandano addirittura in onda un “confronto” tra il padre di una delle vittime, Michele Tollis, e lo stesso Volpe, che si incontrano per un colloquio davanti alle telecamere. Mentre continua a regnare il silenzio sulle versioni fornite da Leoni, Zampollo e Monterosso.Nessuno, soprattutto, si interroga per capire se dietro a tutto questo ci siano dei mandanti, ci sia una regia, non essendo possibile che una persona arrivi addirittura ad inventarsi un omicidio mai commesso per mera voglia di protagonismo, o per gioco. Sempre lo stesso Volpe in un’intercettazione dirà: «Se la gente mi infogna io tiro dentro un sacco di gente, mi invento nomi a palla… a quel punto credono a me». Nonostante ciò, Volpe verrà ritenuto “attendibile”. E ancora, dai vari mass media, continua ad essere ritenuto fonte attendibile sol perché si è autoaccusato. Attendibile viene ritenuto anche Maccione, nonostante nel suo libro “L’inferno tra le mani” dica a più riprese di non ricordare mai nulla perché era sempre strafatto di droga (cosa che invece negli atti processuali è stata smentita da Volpe, il quale dice che erano lucidissimi). Tutto il libro è, in pratica, un racconto con un unico leit motiv: io non volevo, e se ho partecipato è perché sono stato costretto, e in ogni occasione ero drogato, quindi non ricordo bene. Sempre Maccione dice che le Bestie di Satana hanno ucciso circa 18 persone tra Milano e Varese. Tra queste 18 persone ci sarebbero Doriano Molla (trovato ucciso con un filo elettrico al collo; la procura archivierà come suicidio quello che è un evidente omicidio), Christian Frigerio (scomparso e mai ritrovato), Andrea Ballarin (trovato impiccato), Stefano Longone e altri: 18 persone di cui non ricorda il nome, il luogo, le modalità della morte.Una delle cose più impotranti da sottolineare in tutta questa vicenda è che non è mai esistita nessuna setta satanica. Infatti il tribunale ha escluso l’associazione a delinquere e nessuno dei ragazzi è stato condannato in base all’articolo 416 del codice penale. Nel “Dizionario dei serial killer” a cura di Ruben De Luca, invece, viene presentata addirittura la struttura della setta e i metodi di reclutamento. La fonte dell’autore? Il “Corriere della Sera”. Anche il nome Bestie di Satana è un’invenzione. Racconta Maccione che il nome fu dato al gruppo un giorno che si trovarono a fare un rito in una casa abbandonata; un nome dato per caso, inventato lì per lì. Ma un gruppo organizzato, in particolare una setta satanica, che ha l’onore di comparire addirittura in un dizionario delle religioni, deve avere dei libri di testo, dei riti di iniziazione, delle regole precise, dei gradi. Altrimenti non è una setta, non è una religione, ma è solo, al massimo, un gruppo di sbandati senza un’ideologia. Nulla di nulla è emerso dagli atti del processo. Anzi, a domanda precisa, i “rei confessi” Volpe e Maccione hanno risposto che non ricordavano alcun rituale, alcuna formula e non avevano alcun libro di testo; anzi, non sapevano neanche la differenza tra plenilunio, novilunio, e luna piena.Messo alle strette, Maccione dirà che avevano un libro di testo, il “Necronomicon”; peccato però che questo libro sia un romanzo di Lovecraft, e non un testo satanico. Inoltre le decisioni di questa fantomatica setta venivano prese addirittura in luoghi aperti al pubblico, in mezzo alla folla; la decisione di uccidere Chiara Marino e Fabio Tollis, ad esempio, sarebbe stata presa alla Fiera di Sinigallia, un mercatino delle pulci, in stile Porta Portese, affollato più o meno come una metropolitana all’ora di punta. Non è mai esistito alcun capo. I giornali hanno riportato in genere come capo della setta Paolo Leoni. Ma nessuno dei ragazzi che hanno “confessato” ha mai additato Paolo Leoni come il vero capo. O meglio, di volta in volta è stato additato (ma dai giornali) Nicola Sapone, talvolta Maccione, mentre di recente, nel suo libro “L’inferno tra le mani”, lo stesso Maccione dice che “la mente del gruppo era Zampollo”, e sempre nello stesso libro Paolo Leoni viene indicato come una sorta di idiota che sbavava di invidia perché non partecipava mai agli omicidi in prima persona. In altre parole, Mario Maccione nel suo ultimo libro smentisce il ruolo di capo di Leoni.In alcuni articoli di giornale come capo della setta viene indicato Andrea Volpe. La verità è che negli atti processuali si legge che le decisioni venivano prese collegialmente e non c’era una vero capo. Una strana setta, quindi, senza un capo, se non per i giornali. Paolo Leoni riesce a dimostrare che il giorno in cui – a detta di Volpe e Maccione – venne presa la decisione di uccidere Fabio e Chiara, era in realtà al lavoro; ma i giudici riterranno irrilevante la circostanza. Ci sarebbe molto altro da dire, ma per gli approfondimenti rimandiamo alla lettura degli atti processuali. Brevemente: testimoni che cambiano versione continuamente; testimoni che si contraddicono a vicenda; testimoni a favore che non vengono considerati; prove a discarico non ammesse e non considerate; la mancanza di un movente per il delitto di Fabio e Chiara (di volta in volta verrà detto che il movente erano i soldi, o il fatto che Chiara fosse “la Madonna” e dovesse essere uccisa perché una setta satanica doveva sopprimere una figura così pura, o il fatto che Chiara forse volesse parlare; addirittura Maccione sostiene nel suo ultimo libro la bizzarra tesi secondo cui Chiara e Fabio volessero essere uccisi di loro spontanea volontà). E poi, immancabile in tutti i delitti di rilevanza mediatica, la mancanza dell’arma del delitto.Alla luce di tutto ciò non stupisce più di tanto che i libri usciti sulle Bestie di Satana siano tutti datati 2004 e 2005 – tranne l’ultimo scritto da Mario Maccione e Stefano Zurlo – cioè in un periodo antecedente al processo, quando le indagini erano ancora in corso. Il motivo è abbastanza semplice: qualunque giornalista dovesse oggi avvicinarsi a questo tema e leggere gli atti processuali, si troverebbe davanti una realtà completamente diversa rispetto a quella prospettata da giornali e Tv e inevitabilmente scoperchierebbe un calderone di proporzioni immani. Non a caso uno dei pochi giornalisti che hanno provato a proporre una tesi alternativa fu Alberto Ballarin, padre di Elisabetta, che scrisse un libro dal titolo “Satanisti della mutua”, ma morì prima che il libro potesse uscire in stampa. In conclusione, la vicenda delle Bestie di Satana è una delle tante farse giudiziarie che servono ad intrattenere gli spettatori della Tv, affinché non si informino mai sulla realtà attorno, e a depistare chi studia, o anche i semplici appassionati, da quello che è il vero satanismo. Il vero satanismo è un fenomeno organizzato e diffuso su scala mondiale; che coinvolge alti politici, imprenditori, avvocati, magistrati, giornalisti, professionisti di ogni risma; che vede ogni anno solo in Italia la morte di centinaia di bambini e la scomparsa nel nulla di tante persone.Alcune di queste organizzazioni sono addirittura ufficiali. Hanno dei loro siti, i loro libri di testo, i loro seguaci in ogni parte del mondo: la Chiesa di Satana di Anton La Vey; il Tempio di Seth di Michael Aquino. Queste organizzazioni sono serie, pericolose e organizzate, avendo appoggi nei presidenti americani o di Stati europei, potendo contare sull’appoggio di forze di polizia, carabinieri, magistratura; alcune indagini, come quelle relative al caso Dutroux, sono arrivate a lambire i reali del Belgio, famiglie nobili, cardinali, politici. I libri di queste organizzazioni sono talvolta in libera vendita nelle librerie esoteriche. Purtroppo, a fronte della disinformazione sul vero satanismo, l’informazione ufficiale continua a presentarci il satanismo come un fenomeno dovuto ad alcuni metallari con la terza media e senza un lavoro fisso, per continuare a nascondere quello che avviene ogni giorno sotto i nostri occhi. Per nascondere, ad esempio, un caso come quello del magistrato Paolo Ferraro, il Pm della procura di Roma che, incappato in una vera setta satanica, che aveva radici in ambito militare, è stato destituito nel giro di poche ore per infermità mentale dal suo lavoro di magistrato. Di Paolo Ferraro però i mass media non parlano. Di Paolo Leoni, Eros Monterosso e Marco Zampollo sì.(Paolo Franceschetti, estratto da “Le Bestie di Satana: la verità”, pubblicato su “Petali di Loto” sulla base di un post precedente, del 10 gennaio 2012. Franchetti studiò il caso dopo esser stato chiamato in causa, come legale, da alcuni dei ragazzi condannati: «Avvocato, ci aiuta a capire perché siamo in carcere? Non abbiamo ammazzato nessuno». Indagatore dei misteri italiani, Franceschetti ha anche ricostruito un quadro simbologico della vicenda: i cognomi di alcuni dei giovani arrestati – Leoni, Zampollo e Volpe, così come il nome di Tollis, Michele – richiamerebbero i personaggi dell’Apocalisse di Giovanni; Franceschetti rileva che l’anno di massima esposizione mediatica del caso, il 2004, fu quello segnato dalla firma del Trattato di Lisbona, la famigerata “Costituzione europea” redatta dall’oligarchia finanziaria e concepita come strumento di vessazione di massa, per mezzo dell’austerity).Quella delle Bestie di Satana è una delle vicende giudiziarie più importanti al mondo, in materia di satanismo. La “Bbc” definì questa storia una delle più scioccanti della storia d’Italia del dopoguerra. E’ importante per tanti motivi. Innanzitutto per il numero di omicidi attribuiti all’organizzazione: 4, per i quali ci sono state varie condanne, anche all’ergastolo, e altri 18 omicidi e/o sparizioni che, a torto o ragione, vengono attribuiti dai media, giornali e Tv, e dalla letteratura specifica, alla setta. Rilevante è anche il numero delle persone coinvolte: 9 persone, 9 condanne. Ergastolo per Paolo Leoni; due ergastoli per Nicola Sapone; 27 anni per Eros Monterosso e 29 per Marco Zampollo, 16 per Pietro Guerrieri, 20 ad Andrea Volpe, 16 a Mario Maccione e 23 ad Elisabetta Ballarin. La vicenda assume una rilevanza mondiale perché è uno dei pochissimi casi in cui viene condannata una setta satanica al completo. L’altro caso, anch’esso di rilevanza mondiale, fu il cosiddetto caso Manson, risalente al 1969. In altre parole, l’importanza di questo processo, già notevole di per sé, aumenta a maggior ragione se si tiene presente che chiunque si occupi di satanismo deve comunque avere a che fare con le “Bestie di Satana”, che entrano a buon diritto nella storia ufficiale del satanismo e dei serial killer, contribuendo a dare una fisionomia e un contorno a tutto questo settore specialistico.
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Un pettirosso le si posa tra le dita, sulla tomba del figlio
Visita la tomba del figlio morto, e quello che le succede lascia senza parole. Può capitare di commuoversi, infatti, se in quel momento ti si posa sulla mano un “cock robin”, uccellino il cui nome inglese ricorda da vicino il cognome della madre e del bambino, Robinson. Lei, Marie, ha perso il suo Jack il 1° aprile del 2014. Aveva solo quattro anni: tumore al cervello. Nel triste anniversario, Marie Robinson ha raggiunto la tomba di Jack nel cimitero di Waterlooville, piccola città britannica. «Quello ricevuto sembra proprio essere un segno dal cielo», afferma “Virgilio”. «Mentre la donna stava seduta sul prato vicino alla tomba di Jack, è comparso un piccolo pettirosso che ha cominciato a volarle attorno, fermandosi di tanto in tanto sulle tombe vicine». Ma c’è di più: «A un certo punto si è posato su un piede della donna, poi sulle sue dita». Marie Robinson, in lacrime, ha interpretato questo particolarissimo incontro come «un chiaro segno dell’amore e della presenza del piccolo Jack, capace di andare ben oltre la morte». E’ comunque riuscita a estrarre lo smartphone e a filmare la scena: in pochi giorni, il video che immortala il “momento magico” ha raggiunto 13 milioni di visualizzazioni. «E’ toccante per chiunque, a prescindere dalle convinzioni di ciascuno su religione e spiritualità».Questa fama inaspettata, per Marie, è stata l’occasione per sensibilizzare le persone su una tematica delicata come il cancro infantile, «per fare in modo che ad altri bambini non succeda quello che è capitato a Jack». Proprio i tumori, ricorda “The Lancet” citando uno studio dello Iarc, l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, rappresentano una delle principali cause di morte nei bambini. E la loro incidenza è purtroppo in aumento, avverte il “Fatto Quotidiano”: dai neonati fino ai quattordicenni, a livello globale si è passati da 124 casi ogni milione di bambini nel 1980 ai 140 casi nel 2010. Rispetto agli anni ‘80, l’incremento è del 13%. Un dramma per tante di famiglie, riportato sotto i riflettori grazie a un delizioso pettirosso inglese, estemporaneo “medium” volatile tra il piccolo Jack e sua madre Marie? Nonostante tutto, chiosa “Virgilio” con licenza poetica, il piccolo sembra continuare a star vicino alla madre, «come il pettirosso pare proprio abbia voluto comunicarle». Per molti, il pennuto abitatore dei giardini (cimiteri inclusi) simboleggia una nuova crescita, il rinnovarsi della vita. Un’antica leggenda lo avvicina alla morte, quella di Gesù Cristo che poi risorgerà: il petto rosso rappresenta il sangue del Nazzareno croficisso, a cui il pietoso uccellino avrebbe rimosso una spina della corona che gli tormentava il capo.Il pettirosso ha diversi connotati simbolici, scrive Valeria Bonora sul blog “Eticamente”: è infatti indicativo di speranza, ottimismo e armonia, sostenimento e felicità. «Nonostante sia un uccellino spesso rissoso e intraprendente, per niente timido e spesso anche sfrontato, viene associato ad immagini di tranquillità e pace, forse perchè arriva in inverno, quando tutto è coperto dalla neve che ovatta i suoni e l’unico che si sente cinguettare in giro è proprio lui». Marcatamente stagionale è infatti la simbologia del pettirosso nella tradizione celtica, «dove l’uccellino piumato di rosso lotta con lo scricciolo, un altro uccellino, e questa lotta simboleggia il passaggio tra le due parti dell’anno, estate e inverno, ma soprattutto il passaggio da anno vecchio ad anno nuovo». L’avvicendarsi è rappresentato dalla lotta tra il re-agrifoglio (o vischio), che rappresenta l’anno nascente, e il re-quercia, che simboleggia l’anno morente. «Durante il solstizio d’inverno il re-agrifoglio vince sul re-quercia, e viceversa per il solstizio d’estate». Tra le due piante si rifugiano i due uccellini, «così che lo scricciolo rappresenta l’anno calante, il pettirosso l’anno nuovo». Resurrezione, appunto: “superamento” della morte.Nel folklore francese e britannico, aggiunge Bonora, il pettirosso era simbolo del dio del tuono, Thor, mentre nelle leggende del Cristianesimo era «colui che accompagnava le anime nel regno dei morti», e questo «soprattutto grazie alla credenza inglese che sia compito dei pettirossi seppellire i morti restati senza sepoltura nei boschi». Viene da lontano, il simbolo dell’uccello rosso: in forma di colomba, è il protagonista di un quadro famosissimo, la “Beata Beatrix”, conservato alla Tate Britain di Londra. Lo dispinse nel 1872 il “rosacrociano” Dante Gabriel Rossetti, caposcuola dei pittori preraffaelliti, decisi a tornare alla raffigurazione della natura intesa come espressione vivente del divino. Nella dolente “Beata Beatrix”, ispirata alla Beatrice di Dante, l’uccello rosso (con un ramoscello nel becco) rappresenta l’immortalità dell’amore perduto. Simbologia pittorica citata in modo commovente da un altro accreditato Rosacroce, il regista moldavo Emil Loteanu, nel film-capolavoro “I Lautari”: proprio in punto di morte, il protagonista (Toma Alistar) rivede lo stesso uccello rosso che aveva accompagnato l’incanto dell’incontro con la donna amata e subito perduta, per la cui disperata ricerca aveva speso l’intera vita.Sotto il nome “Rosacroce” sarebbe racchiusa quella che Gianfranco Carpeoro definisce «una leggenda realmente avvenuta», di origine biblica, che avrebbe attraversato in incognito l’intera storia dell’Occidente, dai Templari a Dante, da Leonardo a Giordano Bruno. Una formidabile confraternita iniziatica, costituita dai migliori cervelli, inclusi quelli di Cartesio e Newton. La missione: trasmettere la “vera conoscenza” per liberare l’umanità dalle sue ataviche paure, che ne determinano la schiavitù sotto un potere iniquo, configurato come dominio. Una corrente di pensiero libertaria, egualitaria e proto-socialista che ha regalato grandi opere, dalla “Città del Sole” di Tommaso Campanella a “Utopia” di Tommaso Moro. E grandi artisti e letterati: Giorgione e Michelangelo, Victor Hugo e lo stesso Shakespeare, Goethe, Oscar Wilde. Ultime tracce: Satie, Cocteau, D’Annunzio, Salvador Dalì. Nel romanzo “Il volo del pellicano”, Carpeoro accenna al grande musicista venezuelano Aldemaro Romero. E poi, appunto, al regista Loteanu: l’uccello rosso, mutuato da Rossetti. Nella tradizione alchemica, il rosso simboleggia la Rubedo (rossore) che designa la fase conclusiva e decisiva della “grande opera” spirituale, che inizia con “l’opera al nero” (Nigredo, putrefazione) e prosegue con il bianco dell’Albedo (distillazione). E’ il fuoco a sublimare la trasmutazione della materia in spirito: non per nulla, il rosso simboleggia lo Spirito Santo nella tradizione cristiana.Non è casuale, evidentemente, neppure l’affollamento di leggende attorno al pettirosso, il piccolo cantore dei giardini, inconfondibile per via della vistosa macchia rossa in mezzo al petto. Morte e resurrezione: affronta un destino memorabile il protagonista del bestseller “Il coraggio del pettirosso”, di Maurizio Maggiani, capolavoro della letteratura italiana contemporanea. E’ la storia di Pascal, soldato piemontese che diserta dall’esercito sabaudo, rifiutando di partecipare al massacro dei valdesi inermi. Rivoluzione interiore, rifiuto della violenza ingiustamente inferta, obiezione di coscienza. Resurrezione spirituale, nel segno del pettirosso. Nel romanzo, l’uccelletto compare anche nella dedica iniziale. E’ mutuata da Fabrizio De André, eretico di rango. Il brano: “La domenica delle salme”. E’ il passaggio in cui si cita, con rispetto, «Renato Curcio, il carbonaro». I versi: «Gli incendiarono il letto sulla strada di Trento, dalla sua barba riuscì a salvarsi un pettirosso da combattimento». Anche per il grande cantautore, se c’è qualcosa che sopravvive è proprio lui: il pettirosso. Come quello in cui Marie Robinson ha intravisto l’amore “immortale” del suo Jack.Visita la tomba del figlio morto giovanissimo, e quello che le succede lascia senza parole. Può capitare di commuoversi, infatti, se in quel momento ti si posa sulla mano un “cock robin”, uccellino il cui nome inglese ricorda da vicino il cognome della madre e del bambino, Robinson. Lei, Marie, ha perso il suo Jack il 1° aprile del 2014. Aveva solo quattro anni: tumore al cervello. Nel triste anniversario, Marie Robinson ha raggiunto la tomba di Jack nel cimitero di Waterlooville, piccola città britannica. «Quello ricevuto sembra proprio essere un segno dal cielo», afferma “Virgilio”. «Mentre la donna stava seduta sul prato vicino alla tomba di Jack, è comparso un piccolo pettirosso che ha cominciato a volarle attorno, fermandosi di tanto in tanto sulle tombe vicine». Ma c’è di più: «A un certo punto si è posato su un piede della donna, poi sulle sue dita». Marie Robinson, in lacrime, ha interpretato questo particolarissimo incontro come «un chiaro segno dell’amore e della presenza del piccolo Jack, capace di andare ben oltre la morte». E’ comunque riuscita a estrarre lo smartphone e a filmare la scena: in pochi giorni, il video che immortala il “momento magico” ha raggiunto 13 milioni di visualizzazioni. «E’ toccante per chiunque, a prescindere dalle convinzioni di ciascuno su religione e spiritualità».
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Fico della Mirandola, l’anima più rivoluzionaria di Grillology
Magari sarà un buon presidente. Magari è un bravo ragazzo. Però uno come Roberto Fico presidente della Camera parte coi peggiori requisiti. Culturali, professionali, politici, ideologici. Uno che come titolo di studio è laureato in canzone neomelodica napoletana, e non nel senso che almeno cantava e si guadagnava da vivere per strada o tra i tavoli del bar passando col piattino; ma, peggio, studiava i cantanti napoletani, studiava la fenomenologia di Mario Merola. Studioso non di Machiavelli o Beccaria ma di Gigi d’Alessio e Nino d’Angelo. Un genio dal sapere enciclopedico. Fico della Mirandola. Uno che fino a quarant’anni, cioè fino a che non vinse la ruota della fortuna coi 5 stelle non aveva arte né parte ma si arrangiava tra hotel, ufficistampa, vendeva tessuti marocchini e roba varia. Uno che rappresenta l’ala più grillina dei grillini, fanatico dell’Ideologia di Grillology. Però, uè, ha rinunciato all’indennità aggiuntiva e all’autoblu, dunque è un eroe e martire della Causa. Ma soprattutto Fico è stato celebrato dai media come uno che rappresenta l’ala sinistra del Movimento. E infatti rimastica il vecchio egualitarismo e l’antico pauperismo, è ovviamente nemico, anche per fatto personale, della meritocrazia; è totalmente appiattito sul politically correct anche in temi bioetici e ha subito sbandierato, insediandosi a Montecitorio, la sua continuità antifascista con la Boldrina.Insomma uno che rappresenta non solo il movimentismo extraparlamentare ed extraterrestre dei 5 Stelle in versione radical-pop, ma la sinistra d’asporto, di strada, di rete e di utopia, senza il realismo politico della sinistra più scafata, da Bersani e D’Alema a Minniti. Se questa è la sinistra, a questo punto dateci Marco Rizzo, comunista senza peli e senza indugi. Peggio della sinistra c’è solo la sinistra in formato grillino. Quando si è profilata l’alleanza 5 Stelle-Lega, su “La Repubblica”, Francesco Merlo ha pianto con la caduta della sinistra la fine della cultura al governo. Nella stessa pagina accanto al suo pezzo, figurava la seguente notizia rassicurante: prima di andarsene la sinistra aveva compiuto un atto simbolico e culturale di grande significato, aveva votato alla presidenza del Senato il ministro uscente della pubblica istruzione, Fedeli. Sì proprio lei, quella senza laurea e senza grammatica alla guida della scuola. Se è la firma di chiusura della sinistra di governo è il segno del suo analfabetismo militante. E fa ridere pensare che il fascismo barbaro e ignorante affidò la scuola a Giovanni Gentile e la sinistra colta e civile invece lasciò la scuola alla Fedeli…Comunque non si preoccupi, la “Repubblica”, la cultura della Fedeli sarà degnamente continuata dal presidente grillocomunista Fico, così come la grammatica della medesima sarà continuata dal grillomutante Di Maio. Il duo napoletano garantirà un fedele trapasso di consegne. Qual è il filo conduttore culturale tra le due sinistre nel loro viaggio dalla Fedeli a Fico? L’ignoranza è una virtù. È la convinzione egualitaria e sessantottina che l’ignoranza sia sinonimo di purezza, di incontaminata virtù, di vicinanza al popolo versione auditel, ignorantitel. Niente studio, tutto è creatività. Niente mediazioni, tutto è immediato, diretto. Fu quella l’impronta sessantottina della nuova sinistra, dove arroganza e ignoranza fecero rima. Ed è questa l’impronta casaleggesca del grillismo, il buon selvaggio che va al potere, in democrazia diretta, streaming. Vox populi vox reti. Però noi confidiamo nelle sorprese, nelle conversioni, negli imprevisti, perfino in quella legge della storia che i filosofi chiamavano eterogenesi dei fini (ossia accade che alcune intenzioni di partenza vengano poi deviate nelle loro realizzazioni e diano luogo a esiti diversi se non capovolti). Chissà che il Fico non maturi.(Marcello Veneziani, “Fico della Mirandola”, da “Il Tempo” del 27 marzo 2018, articolo ripreso dal blog di Veneziani).Magari sarà un buon presidente. Magari è un bravo ragazzo. Però uno come Roberto Fico presidente della Camera parte coi peggiori requisiti. Culturali, professionali, politici, ideologici. Uno che come titolo di studio è laureato in canzone neomelodica napoletana, e non nel senso che almeno cantava e si guadagnava da vivere per strada o tra i tavoli del bar passando col piattino; ma, peggio, studiava i cantanti napoletani, studiava la fenomenologia di Mario Merola. Studioso non di Machiavelli o Beccaria ma di Gigi d’Alessio e Nino d’Angelo. Un genio dal sapere enciclopedico. Fico della Mirandola. Uno che fino a quarant’anni, cioè fino a che non vinse la ruota della fortuna coi 5 stelle non aveva arte né parte ma si arrangiava tra hotel, ufficistampa, vendeva tessuti marocchini e roba varia. Uno che rappresenta l’ala più grillina dei grillini, fanatico dell’Ideologia di Grillology. Però, uè, ha rinunciato all’indennità aggiuntiva e all’autoblu, dunque è un eroe e martire della Causa. Ma soprattutto Fico è stato celebrato dai media come uno che rappresenta l’ala sinistra del Movimento. E infatti rimastica il vecchio egualitarismo e l’antico pauperismo, è ovviamente nemico, anche per fatto personale, della meritocrazia; è totalmente appiattito sul politically correct anche in temi bioetici e ha subito sbandierato, insediandosi a Montecitorio, la sua continuità antifascista con la Boldrina.