Archivio del Tag ‘sofferenze’
-
“Dovete morire prima”, adesso non è più una battuta
«Il progetto di riduzione del capitale umano in eccedenza (ossia le persone in carne ed ossa) ha fatto un altro passo in avanti. Prima l’innalzamento dell’età pensionabile e adesso la riduzione drastica degli standard sanitari, non possono che produrre quell’abbassamento dell’aspettativa di vita che tante preoccupazioni suscita tra i tecnocrati del Fmi, dell’Ocse e dell’Unione Europea». Quello che fino a ieri si poteva già intuire, ora si sta trasformando in legge, scrive Sergio Cararo: la “fiction” sta diventando realtà, da quando il governo Renzi, attraverso il ministro Beatrice Lorenzin «ha calato le sue carte (o meglio i suoi tagli) sulle prestazione sanitarie». Quelle che saranno soggette a restrizioni salgono da 180 a 208 e riguardano tra l’altro odontoiatria, radiologia, prestazioni di laboratorio e non solo. Ai sindacati dei medici è giunta una lunga lista di prestazioni sotto la lente, con annesso il parere del Consiglio Superiore di Sanità. «Queste prestazioni, se ritenute non necessarie, saranno a pagamento da parte degli utenti, e se ritenute “inappropriate” prevederanno sanzioni contro i medici che le hanno prescritte».I sanitari contestano la limitazione della loro libertà di agire secondo “scienza e coscienza”, mentre si attende il verdetto della conferenza Stato-Regioni. Secondo Massimo Cozza (Cgil Medici), «il fatto che il medico debba giustificare la prestazione rischia di non portare ad un risultato di qualità sulla salute». Sfogliando l’elenco delle prestazioni soggette a restrizione, scrive Cararo su “Contropiano”, si ricava subito l’idea che per le cure dentarie l’intero settore viene consegnato esclusivamente ai dentisti privati: sono infatti tutelati solo i minori di 14 anni e le persone ritenute vulnerabili a livello sociale o sanitario. Per colesterolo e trigliceridi, è previsto che l’esame sia eseguito «come screening in tutti i soggetti con più di 40 anni e nei soggetti con fattori di rischio cardiovascolare o familiarità per dislipidemia o eventi cardiovascolari precoci». Ma, in assenza di valori elevati o di interventi terapeutici, «l’esame è da ripetere a distanza di 5 anni», prima di poter essere nuovamente a carico del sistema sanitario nazionale. «In quei cinque anni, se si vuole controllare colesterolo e trigliceridi, ognuno dovrà pagare di tasca propria».Per quanto riguarda invece la risonanza della colonna (cervicale, toracica, lombosacrale) le condizioni di erogabilità prevedono che vi sia una “condizione di dolore rachideo in assenza di coesistenti sindromi gravi di tipo neurologico o sistemico, resistente alla terapia, della durata di almeno 4 settimane; traumi recenti e fratture da compressione. In caso di negatività l’esame non deve essere ripetuto prima di 12 mesi”. Una risonanza muscolo-scheletrica (spalla, braccio, mano, gomito, ginocchio) sarà eseguita solo in caso di patologia traumatica acuta, di diagnosi radiologica incerta, di dolore persistente, nonché in fase post-chirurgica (complicanze) e di sospetta infiammazione. E in ogni caso, l’esame non sarà ripetibile prima di tre mesi. Tra le prestazioni col contagocce, anche i test genetici: rimangono a carico della sanità pubblica quelli a scopo di trapianto. Novità anche per i test allergologici e le immunizzazioni per allergia o per malattia autoimmune, che sono a carico del sistema sanitario solo se prescritti a seguito di visita specialistica allergologica o dermatologica.«Siamo dunque di fronte ad una prospettiva pericolosa», scrive Cararo: «Riduzione delle cure per motivi economici oppure intenso ricorso alla sanità privata per chi può permetterselo». Emerge un paradosso vistoso: «Se si lavorerà più a lungo – e con la legge Fornero ormai in Italia sono stati battuti tutti i record – e ci si potrà curare di meno, è evidente come una quota crescente della popolazione “leverà le tende” dalla vita (e dai conti previdenziali) molto prima delle generazioni precedenti». Cararo non ha dubbi: «E’ l’eugenetica sociale, questa volta senza lager e fili spinati, semplicemente con leggi approvate in Parlamento e decise a Bruxelles». Mesi fa suscitò scandalo l’uscita di una donna che siede in un governo europeo, Rimante Salasevicuite, ministro della sanità della Lituania: meglio l’eutanasia, disse, piuttosto che cure troppo costose per chi non può permettersele. Sembrava una battuta, una macabra gaffe. Ma poi a darle manforte intervenne a più riprese il Fmi: l’età media si è troppo innalzata, gli anziani ancora in vita mettono in crisi i sistemi pensionistici. Ora arrivano i tagli sanitari del governo Renzi. Avanza, inesorabile, il piano oligarchico attuato con l’euro: colpire i cittadini tagliando lo Stato. Grandi sofferenze, ampiamente previste. E questo non è che l’inizio.«Il progetto di riduzione del capitale umano in eccedenza (ossia le persone in carne ed ossa) ha fatto un altro passo in avanti. Prima l’innalzamento dell’età pensionabile e adesso la riduzione drastica degli standard sanitari, non possono che produrre quell’abbassamento dell’aspettativa di vita che tante preoccupazioni suscita tra i tecnocrati del Fmi, dell’Ocse e dell’Unione Europea». Quello che fino a ieri si poteva già intuire, ora si sta trasformando in legge, scrive Sergio Cararo: la “fiction” sta diventando realtà, da quando il governo Renzi, attraverso il ministro Beatrice Lorenzin «ha calato le sue carte (o meglio i suoi tagli) sulle prestazione sanitarie». Quelle che saranno soggette a restrizioni salgono da 180 a 208 e riguardano tra l’altro odontoiatria, radiologia, prestazioni di laboratorio e non solo. Ai sindacati dei medici è giunta una lunga lista di prestazioni sotto la lente, con annesso il parere del Consiglio Superiore di Sanità. «Queste prestazioni, se ritenute non necessarie, saranno a pagamento da parte degli utenti, e se ritenute “inappropriate” prevederanno sanzioni contro i medici che le hanno prescritte».
-
Yogananda: la conquista della felicità è nelle nostre mani
La mente è come un miracoloso elastico che si può tendere all’infinito senza che si strappi. Vivete soltanto nel presente, non nel futuro. Fate del vostro meglio oggi; non aspettate il domani. Cercare felicità all’esterno di noi stessi è come cercare di prendere al laccio una nuvola. La felicità non una cosa della mente. Dev’essere vissuta. La libertà dell’uomo è definitiva ed immediata, se così egli vuole; essa non dipende da vittorie esterne, ma interne. Spesso noi continuiamo a soffrire senza fare uno sforzo per cambiare; ecco perché non troviamo pace durevole e appagamento. Se noi perseverassimo, saremmo certamente capaci di superare tutte le difficoltà. Dobbiamo fare lo sforzo, perché possiamo passare dalla miseria alla felicità, dallo sconforto al coraggio. Il regno della mia mente è infangato dall’ignoranza. Con le piogge incessanti della scrupolosa autodisciplina, possa io rimuovere dalle città della mia negligenza spirituale gli annosi detriti dell’illusione.I vostri due occhi fisici vi inducono erroneamente a pensare che questo mondo di dualità sia reale. Aprite il vostro occhio spirituale e vedete la vostra forma invisibile. Se, nel silenzio interiore, il vostro occhio spirituale è aperto, l’invisibile diviene visibile. La mente è l’artefice di tutte le cose. Voi dovete indurla a creare soltanto il bene. Se, con tutta la forza della volontà dinamica, vi concentrerete su un determinato pensiero, alla fine lo vedrete prendere una tangibile forma esteriore. Quando riuscirete a servirvi della volontà esclusivamente per scopi costruttivi diverrete padroni del vostro destino. Il sucesso e l’insucesso sono la diretta conseguenza del vostro abituale modo di pensare. Quale di questi pensieri predomina in voi: il successo o l’insuccesso? Se il vostro consueto atteggiamento mentale è negativo, uno sporadico pensiero positivo non sarà sufficiente ad attirare il successo. Se invece è costruttivo, raggiungerete la meta, anche se vi sembra di essere avvolti dalle tenebre.La volontà dell’uomo è il grande generatore di energia. Con la volontà e il giusto atteggiamento è possibile attingere rapidamente all’infinita riserva della forza interiore. Una persona che compie malvolentieri i propri doveri quotidiani soffrirà di una mancanza di energia. Un uomo che invece lavora sodo ma con buona volontà, è sostenuto fisicamente e moralmente dalla corrente cosmica. Se vuoi essere triste nessuno al mondo può renderti felice. Ma se decidi di essere felice nessuno e niente può toglierti la felicità! L’anima non può essere rinchiusa entro confini creati dall’uomo, la sua nazionalità è lo spirito; il suo paese l’Onnipresenza. Ci sono persone che ti trasmettono la sensazione immediata di conoscerle da sempre. Sono i tuoi amici dalle incarnazioni precedenti. Rafforza l’amicizia che esiste tra voi. Gli amici sono la tua collezione di gioielli splendenti dell’anima… In queste scintillanti galassie dell’anima contemplerai l’unico Grande Amico… è Dio che viene a trovarti, travestito da amico nobile e sincero, per servirti, ispirarti, guidarti.Abbatti i muri dell’egoismo. Rendi il tuo amore così vasto e profondo da contenere tutti gli esseri viventi. Ogni forte risoluzione che prendete con grande decisione può diventare subito un’abitudine. Perchè non dovreste essere capaci di fare ciò che desiderate fare, guidai dalla ragione? Dovete tentare. Via tutti i vostri difetti! Rivedete le vostre azioni dell’anno passato. Vedete quali abitudini inopportune potete aver messo in atto: forse litigate con la gente, o mangiate troppo o siete gelosi. Prendete la decisione oggi e sappiate che non farete quelle cose mai più. I romani usavano legare i prigionieri ai loro carri e trascinarli sul terreno: un’usanza terribile. Eppure essa racchiude una lezione per noi, perchè noi permettiamo alle nostre abitudini di trattarci allo stesso modo. Dovremmo fare delle nostre abitudini le nostre prigioniere, piuttosto che le nostre carceriere; dovremmo attaccarle al carro della nostra volontà e trascinarle, invece di essere trascinate. Essere in grado di fare qualunque cosa che sappiamo di dover fare e non solo ciò che vorremmo fare per capriccio, significa essere liberi. Rimani calmo, sereno, sempre padrone di te. Allora scoprirai quanto è facile andare d’accordo. La tua religione non e’ il vestito che indossi esteriormente, ma l’abito di luce che tessi intorno al tuo cuore.(“Le più belle frasi di Paramahansa Yogananda”, dal blog “Il Giardino degli Illuminati”. Nato in India nel 1893 e spentosi a Los Angeles nel 1952, Yogananda è stato un filosofo e mistico indiano, autore di besteller come “Autobiografia di uno Yogi”. In India entrò in stretto contatto col Mahatma Gandhi e con lui condivise gli ideali della resistenza passiva e della nonviolenza. Era maestro nella tecnica del Kriya Yoga, particolare tecnica meditativa per l’evoluzione personale. Considerato un “grande iniziato”, sarebbe appartenuto alla fratellanza dei Rosacroce, il cui ultimo gran maestro fu il pittore Salvador Dalì).La mente è come un miracoloso elastico che si può tendere all’infinito senza che si strappi. Vivete soltanto nel presente, non nel futuro. Fate del vostro meglio oggi; non aspettate il domani. Cercare felicità all’esterno di noi stessi è come cercare di prendere al laccio una nuvola. La felicità non una cosa della mente. Dev’essere vissuta. La libertà dell’uomo è definitiva ed immediata, se così egli vuole; essa non dipende da vittorie esterne, ma interne. Spesso noi continuiamo a soffrire senza fare uno sforzo per cambiare; ecco perché non troviamo pace durevole e appagamento. Se noi perseverassimo, saremmo certamente capaci di superare tutte le difficoltà. Dobbiamo fare lo sforzo, perché possiamo passare dalla miseria alla felicità, dallo sconforto al coraggio. Il regno della mia mente è infangato dall’ignoranza. Con le piogge incessanti della scrupolosa autodisciplina, possa io rimuovere dalle città della mia negligenza spirituale gli annosi detriti dell’illusione.
-
Il laburista Corbyn: diamo soldi alla gente, non alle banche
Se non diamo soldi direttamente alla gente, non usciremo dalla crisi: per questo lo Stato deve tornare “padrone” della sua moneta. Jeremy Corbyn, attualmente in testa nei sondaggi per la leadership del partito laburista britannico, vuole «un Quantitave Easing per le persone, anziché per le banche», ovvero: un nuovo mandato alla Banca d’Inghilterra, per «migliorare la nostra economia investendo massicciamente in nuove abitazioni, nell’energia, nei trasporti e nei progetti digitali». Si tratterebbe di un processo, spiega il suo consigliere economico Richard Murphy, tramite il quale «viene riacquistato il debito che era stato deliberatamente creato da una banca d’investimenti “verde”, o da un ente locale, o da un’azienda sanitaria o da altre agenzie, con lo scopo specifico di finanziare nuovi investimenti nell’economia – visto che i grandi mercati commerciali e finanziari non sono in grado di effettuarli nella quantità necessaria». Secondo il “Telegraph”, una vittoria di Corbyn alle prossime elezioni «metterebbe la Gran Bretagna in rotta di collisione con Bruxelles».Tra gli scettici si schiera l’economista Tony Yates, già in forza alla Bank of England, secondo cui «questa strada conduce alla rovina della politica monetaria: è esattamente quello che ha fatto lo Zimbabwe, che ha smesso di pagare i suoi debiti stampando nuova moneta». Anche il governatore della banca centrale inglese, Mark Carney, ha paura di Corbyn: dice che la sua proposta, se attuata, «porterebbe alla rimozione di qualsiasi disciplina in materia di politica fiscale». In altre parole, l’establihsment finanziario teme che il leader laburista minacci seriamente il monopolio della finanza privata, con una svolta radicalmente sovranista e popolare a beneficio della finanza pubblica. Una prospettiva, scrive Ellen Brown in un post su “Counterpunch” ripreso da “Come Don Chisciotte”, che allarma da sempre l’élite bancaria di Wall Street e della City, pronta ad agitare puntualmente lo spauracchio dell’iper-inflazione ogni volta che una banca centrale – dalla Fed alla Bce – annuncia un forte sconto sul costo del denaro. Guerre valutarie, svalutazioni competitive ai danni degli Stati vicini e inflazione galoppante? I Qe sono in corso fin dalla fine degli anni ‘90, eppure «questa presunta iperinflazione non si è mai verificata».La Federal Reserve ha appena smesso di stampare nuova moneta per comprare titoli di Stato, la Banca del Giappone ha stampato soldi per anni «per cercare di risollevare la sua economia da decenni di perma-recessione» e la Bce ha tagliato il suo “tasso di deposito” a meno dello 0,2% per cercare di forzare i risparmiatori ad investire. Questo però «significa che i risparmiatori devono pagare le banche perché queste pensino ai loro soldi». La Cina, continua Ellen Brown, ha iniettato 310 miliardi di dollari per puntellare un mercato azionario che ha ceduto quasi il 43% rispetto al suo picco. Ha spinto in basso lo yuan cinese e ha speso altri 200 miliardi di dollari per impedire ulteriori cadute, allentando anche le regole per il credito bancario. Tuttavia, non c’è alcun segno della minacciata iperinflazione: «Il taglio dei tassi e la stampa di denaro hanno reso attraente l’acquisto di azioni, immobili e obbligazioni che producono un reddito regolare superiore ai tassi d’interesse, che sono prossimi allo zero». Eppure, l’economia reale non si riprende. Perché?«Secondo la teoria economica convenzionale, conseguentemente all’aumento della massa monetaria, una maggior quantità di denaro dovrebbe essere a caccia di un minor numero di beni, il che farebbe salire i prezzi. Perché allora non è successo, nonostante vari Qe di dimensioni mondiali?». La teoria monetarista convenzionale era unanimemente accettata fino all’arrivo della Grande Depressione, quando John Maynard Keynes e altri economisti notarono che i massicci fallimenti bancari avevano portato ad una sostanziale riduzione dell’offerta di moneta. Contraddicendo la teoria classica, la carenza di denaro stava incidendo sempre di più sui prezzi. Questo fatto, ricorda Ellen Brown, sembrava fosse direttamente collegato con la massiccia ondata di disoccupazione e con il fatto che le risorse restavano inutilizzate. «I prodotti marcivano a terra, mentre la gente moriva di fame, perché non c’erano i soldi per pagare i lavoratori che li avrebbero dovuto raccogliere, o per i consumatori che li avrebbero potuto acquistare».La teoria convenzionale ha poi ceduto il passo alla teoria keynesiana, che – ricorda Asad Zaman sul “New York Times” – si basa su un’idea molto semplice, ovvero che la conduzione delle attività ordinarie di un’economia richiede una certa quantità di denaro: «Se la quantità di denaro è inferiore a quella necessaria, allora le imprese non possono funzionare – non possono fare acquisti [prodotti da rivendere, materie prime da lavorare etc.], pagare i lavoratori o affittare i negozi. E’ stata questa la causa fondamentale della Grande Depressione». La soluzione era piuttosto semplice: aumentare l’offerta di moneta. «Keynes suggerì che avremmo potuto stampare denaro e seppellirlo nelle miniere di carbone perché i lavoratori disoccupati potessero essere occupati a scavare». Se il denaro fosse stato disponibile in quantità sufficiente, le imprese avrebbero ripreso a vivere e gli operai disoccupati avrebbero trovato un lavoro.C’è un consenso quasi universale, ormai, su questa idea. Persino il neoliberista Milton Friedman, leader dei “Chicago Boys” e avversario delle idee keynesiane, ha ammesso che la riduzione dell’offerta di moneta è stata la causa della Grande Depressione. «Invece di seppellire i soldi nelle miniere, suggerì che il denaro avrebbe dovuto essere lanciato dagli elicotteri, per risolvere il problema della disoccupazione». E questo, sottolinea Ellen Brown, è esattamente il punto in cui siamo ora: «Nonostante i ripetuti cicli di Qe, c’è ancora troppo poco denaro a caccia di troppi beni». Infatti, «i ricchi diventano sempre più ricchi, conseguentemente ai salvataggi bancari e ai tassi d’interesse molto bassi, ma non ci sono soldi nell’economia reale, che resta priva dei fondi necessari per creare la domanda, che a sua volta creerebbe posti di lavoro». Per essere efficace, aggiunge la Brown, il denaro “lanciato dall’elicottero” dovrebbe cadere direttamente nel portafoglio dei consumatori: «Iniettare un certa quantità di denaro nell’economia reale è fondamentale per poterla mettere di nuovo in movimento».Secondo la teoria del credito sociale, persino la creazione di nuovi posti di lavoro non risolve del tutto il problema del troppo poco denaro nelle tasche dei lavoratori, perché possano essere svuotati gli scaffali dei supermercati. I venditori fissano i prezzi per coprire i loro costi, molto più alti del semplice salario dei lavoratori. Il primo, per importanza, fra i costi non salariali, è l’interesse sul denaro preso in prestito per poter pagare la manodopera e i materiali, prima ancora che ci sia un prodotto da vendere. La stragrande maggioranza della massa monetaria entra in circolazione sotto forma di prestiti bancari, come ha recentemente riconosciuto la stessa Banca d’Inghilterra. Le banche creano il capitale, ma non l’interesse necessario per rimborsare i prestiti che hanno concesso, lasciando un “eccesso di debito” che richiede a sua volta la creazione di sempre più debito, nel tentativo di colmare il divario. L’unico antidoto si chiama: sovranità monetaria per l’interesse pubblico, cioè «emissione di “soldi senza debiti”, ovvero di “soldi senza interessi”, da far scendere direttamente nel portafoglio dei consumatori». In altre parole, «un dividendo nazionale, pagato direttamente dal Tesoro».Come Keynes insegna, l’inflazione dei prezzi si verifica solo quando l’economia raggiunge la sua piena capacità produttiva; prima di allora, l’aumento della domanda richiede un aumento dell’offerta: se un numero maggiore di lavoratori viene assunto per produrre quantità maggiori di beni e servizi, allora la domanda e l’offerta si alzeranno insieme. «Nei mercati globali di oggi, le pressioni inflazionistiche hanno uno sbocco nella capacità produttiva in eccesso della Cina e nel maggior uso di robot, computer e macchine», scrive la Brown. «Le economie globali hanno decisamente molta strada da fare prima di raggiungere la piena capacità produttiva». Secondo Paolo Barnard, autore dell’esplosivo saggio “Il più grande crimine”, che denuncia il “golpe” europeo della privatizzazione della moneta con l’introduzione dell’euro, la disoccupazione di massa è esattamente l’obiettivo numero uno dell’élite finanziaria, mentre il recupero della sovranità monetaria permetterebbe di raggiungere il risultato storico della piena occupazione, quella che il “vero potere” teme più di ogni altra cosa, perché riuscirebbe a riscattare milioni di persone dalla condizione di precarietà e bisogno.Secondo Peter Spence, del “Telegraph”, l’ostacolo più impegnativo per la rivoluzionaria proposta di Corbyn è l’Unione Europea. In particolare, l’articolo 123 del “mostruoso” Trattato di Lisbona (quello che lo stesso Giuliano Amato ha definito “scritto in modo tale da essere deliberatamente incomprensibile”), vieta alle banche centrali di stampare moneta per finanziare la spesa pubblica, confermando la tesi di Barnard: Ue ed Eurozona rappresentano un sofisticato sistema tecnocratico di sottomissione, creato dall’élite finanziaria per confiscare democrazia partendo dalla demolizione dello Stato come soggetto garante del benessere dei cittadini, grazie ai micidiali tagli imposti al welfare e alla demonizzazione del debito pubblico, che da strumento fisiologico dell’economia statale (investimenti, a deficit, per creare servizi, infrastrutture e posti di lavoro) si trasforma in “colpa”, declassando lo Stato a soggetto privato, in balia delle banche (in questo caso la Bce).In realtà, di fronte al collasso dell’economia europea provocato proprio dal rigore imposto dall’Eurozona, la stessa Bce alla fine è stata costretta a ricorrere al “quantitative easing”, sia pure solo per gli istituti di credito. Perché allora – chiede Corbyn – non andare oltre, piegando ulteriormente questa norma, in modo che possa avvantaggiare direttamente l’economia reale, le famiglie, le aziende, le infrastrutture nazionali? Nell’Europa devastata dall’austerity, la proposta del leader laburista è il primo segnale di una svolta epocale: la fine del monopolio privato della finanza, imposto come dogma attraverso una “guerra” sanguinosa, durata decenni, di cui il devastante declassamento dell’Italia e l’atroce sacrificio della Grecia non sono che gli ultimi capitoli.Se non diamo soldi direttamente alla gente, non usciremo dalla crisi: per questo lo Stato deve tornare “padrone” della sua moneta. Jeremy Corbyn, nuovo leader del partito laburista britannico, vuole «un Quantitave Easing per le persone, anziché per le banche», ovvero: un nuovo mandato alla Banca d’Inghilterra, per «migliorare la nostra economia investendo massicciamente in nuove abitazioni, nell’energia, nei trasporti e nei progetti digitali». Si tratterebbe di un processo, spiega il suo consigliere economico Richard Murphy, tramite il quale «viene riacquistato il debito che era stato deliberatamente creato da una banca d’investimenti “verde”, o da un ente locale, o da un’azienda sanitaria o da altre agenzie, con lo scopo specifico di finanziare nuovi investimenti nell’economia – visto che i grandi mercati commerciali e finanziari non sono in grado di effettuarli nella quantità necessaria». Secondo il “Telegraph”, una vittoria di Corbyn alle prossime elezioni «metterebbe la Gran Bretagna in rotta di collisione con Bruxelles».
-
Paura: il sole va in letargo, sta arrivando un’era glaciale
Caro presidente Obama, si copra bene: farà freddo, freddissimo, per almeno trent’anni. Lo sostiene John Casey, già climatologo della Nasa, ora direttore di un centro studi di Orlando, la “Space and Science Research Corporation”. L’allarme: l’attività del sole sta rapidamente cambiando, la comparsa di nuove macchie solari lascia presagire un nuovo “grande inverno” per il pianeta, a partire dal 2015-2016, con conseguenze devastanti, fenomeni di assideramento di massa e addirittura il crollo del 50% della produzione alimentare a causa del collasso dell’agricoltura terrestre. E’ il drammatico contenuto della lettera che lo scienziato ha rivolto al capo della Casa Bianca già lo scorso aprile. Oggetto: “Richiesta di preparare gli Stati Uniti per un pericoloso clima freddo”. Casey chiede di prendere «provvedimenti immediati per garantire che gli Stati Uniti d’ America siano pronti per lo storico e potenzialmente pericoloso clima freddo, che sta per arrivare». Ma il problema non era il global warming, il surriscaldamento? Sì, fino a ieri. Da oggi, l’allarme è di segno opposto: neve, gelo, temperature sotto zero. A partire dai prossimi mesi.Casey cita le ricerche condotte negli ultimi decenni sulle cause del cambiamento climatico. «Il periodo passato del riscaldamento globale è un fenomeno naturale, prodotto principalmente dal Sole, ed è finito», scrive il climatologo nella sua lettera a Obama, ripresa dal blog “Daltonsminima”. «Sono oltre diciassette anni che non viene registrata alcuna effettiva crescita delle temperature atmosferiche globali in troposfera. Ironia della sorte, questo significa che, mentre per la maggior parte del tempo la comunità internazionale ha avuto a che fare con il riscaldamento globale, quest’ultimo, non c’era! E’ quindi importante accettare che il riscaldamento globale è finito». Non c’è più alcun riscaldamento globale, sostiene Casey. «La terra – scrive – è in fase di raffreddamento da diversi anni, come gli oceani negli ultimi undici anni e l’atmosfera per la maggior parte del tempo». Dei 24 parametri climatici monitorati dalla Ssrc, la “Space and Science Research Corporation”, registrati in report trimestrali, ben 18 di essi «mostrano un raffreddamento globale come tendenza dominante». Quanto ai restanti 6, «si stanno convertendo verso lo stato di raffreddamento, entro i prossimi cinque anni».Lo scienziato dichiara che il livello del mare ha già iniziato a calare, dove alcune aree oceaniche stanno diventando più fredde. Il centro ricerche coordinato da Casey prevede una una riduzione globale del livello del mare della durata di 30 anni, «che inizierà in qualsiasi momento tra quest’anno e il 2020». Se queste tendenze cambiassero, il centro studi sarebbe il primo a segnalarlo, dice Casey. «Tuttavia, sulla base delle temperature globali effettive e i modelli climatici più affidabili, c’è una sola conclusione da effettuare sullo stato attuale clima della Terra: un nuovo clima freddo è arrivato». Se questa “nuova era glaciale” procedesse come negli episodi passati (circa 200 e 400 anni fa), secondo Casey «dovremmo aspettarci di vedere notevoli danni alle colture a livello mondiale, sconvolgimenti sociali e politici e la perdita della vita». Secondo gli studiosi, questi effetti catastrofici «potrebbero iniziare presto e durare almeno tre decenni». Casey aggiunge che abbiamo poco tempo per prepararci: «Gli scienziati russi si sono spinti fino a parlare di una nuova “Piccola era glaciale” che inizierà quest’anno», il che significa che «il clima freddo, che avanza, è una grave minaccia per la nostra gente».Secondo gli studiosi americani, il nuovo clima freddo verrebbe imposto alla Terra «da un ripetuto ciclo, di 206 anni, del sole». Casey l’aveva già annunciato nel 2007. «Anche se molti altri ricercatori hanno scoperto questo ciclo o previsto un clima freddo in arrivo, sono stati ignorati», scrive lo scienziato, nella sua lettera a Obama. «La fase di freddo, di questo lungo ciclo di due secoli, è prodotto dalla riduzione drammatica dell’energia con la quale il sole scalda la terra». Lo chiamano “letargo solare”. Ed è stato confermato dalla Nasa, dall’aviazione Usa e dal “National Solar Observatory”: parlano di “declino in corso dell’attività solare”. «La ricerca relativa su questi letarghi solari – aggiunge Casey – mostra anche che si verificano in concomitanza con i terremoti e le eruzioni vulcaniche più distruttive, l’ultima delle quali può portare drammaticamente ad un clima già freddo».Potenzialmente devastanti le conseguenze dello choc climatico sulla popolazione, a cominciare dalle categorie più esposte: «Credo che gli afro-americani, altre minoranze e i poveri soffriranno di più, per la nuova era fredda e le vostre politiche climatiche», scrive Casey al presidente Usa. «Questa affermazione è supportata dal fatto che una grande percentuale di questi cittadini sono in gran parte dipendenti dal governo degli Stati Uniti, per il cibo, che inizierà a diminuire, come il freddo comicerà a danneggiare le colture». Senza adeguate contromisure governative, avverte lo scienziato, «saremo impreparati e incapaci di procurarci il cibo di routine, durante gli anni peggiori del clima freddo in arrivo». Inutile aggiungere che ci sarà un’impennata dei costi dell’energia, micidiale soprattutto per i più poveri. Casey rimprovera a Obama di aver “creduto alla teoria del surriscaldamento globale”. E gli rinfaccia la responsabilità per l’incolumità di 317 milioni di cittadini americani di fronte al “grande freddo” che, giura, sta davvero per arrivare.Caro presidente Obama, si copra bene: farà freddo, freddissimo, per almeno trent’anni. Lo sostiene John Casey, già climatologo della Nasa, ora direttore di un centro studi di Orlando, la “Space and Science Research Corporation”. L’allarme: l’attività del sole sta rapidamente cambiando, la comparsa di nuove macchie solari lascia presagire un nuovo “grande inverno” per il pianeta, a partire dal 2015-2016, con conseguenze devastanti, fenomeni di assideramento di massa e addirittura il crollo del 50% della produzione alimentare a causa del collasso dell’agricoltura terrestre. E’ il drammatico contenuto della lettera che lo scienziato ha rivolto al capo della Casa Bianca già lo scorso aprile. Oggetto: “Richiesta di preparare gli Stati Uniti per un pericoloso clima freddo”. Casey chiede di prendere «provvedimenti immediati per garantire che gli Stati Uniti d’ America siano pronti per lo storico e potenzialmente pericoloso clima freddo, che sta per arrivare». Ma il problema non era il global warming, il surriscaldamento? Sì, fino a ieri. Da oggi, l’allarme è di segno opposto: neve, gelo, temperature sotto zero. A partire dai prossimi mesi.
-
Migranti, il Pentagono: 20 anni di crisi, per piegare l’Europa
Siano maledetti per l’eternità i vertici politici e militari degli Stati Uniti d’America, a partire da Obama e dal Pentagono, con tutti i capi degli Stati-canaglia coinvolti in questo Risiko mondiale, giocato sulla pelle di milioni di innocenti a esclusivo vantaggio delle aristocrazie del denaro e della finanza. La crisi scatenata dalle guerre, dalla destabilizzazione degli Stati e dalla supremazia dell’economia finanziaria globale, come rivela “candidamente” il Pentagono, è stata programmata per durare un ventennio. Estratto dall’articolo di “Repubblica”, “Migranti, il Pentagono: una crisi che durerà almeno 20 anni”: «“Dobbiamo affrontare sia unilateralmente che con i nostri partner questa questione come un problema generazionale, e organizzarci e preparare le risorse ad un livello sostenibile per gestire (questa crisi dei migranti) per (i prossimi) 20 anni”. Lo ha dichiarato alla Abc il capo degli Stati maggiori riuniti degli Stati Uniti (il più alto ufficiale in grado), il generale Martin Dempsey, che ha anche auspicato che la drammatica fotografia di Aylan “abbia un simile effetto a quella del 1995 del mortale attacco con i mortai alla piazza del mercato di Sarajevo, che spinse verso l’intervento della Nato in Bosnia”».Son cazzi amari, come si direbbe senza troppi complimenti nei bar di periferia… Il richiamo a Sarajevo fa tremare i polsi, preoccupa un Pentagono che scalpita e la Nato che si mette “in marcia”. Contro chi? Non è che, per caso, si agirà militarmente contro Assad, in Siria, e il cielo non voglia, contro Putin in Europa? Fra l’altro, l’esternante generale d’alto rango Martin Dempsey, ha partecipato al “fiasco” statunitense in Iraq, durante la seconda guerra americana del Golfo che, guarda caso, ha “dato i natali” all’organizzazione criminale dello stato islamico, anche se allora non si chiamava così. In ogni caso, saranno venti lunghi anni di guerre, di ondate di profughi, di stermini di massa e di crisi economica indotta. Vent’anni con la disoccupazione galoppante in casa e lo Stato islamosunnita alle porte, se non scoppia prima un conflitto nucleare con la Russia, tanto desiderato dagli americani e dalle loro comparse masochiste nell’est europeo, come l’Ucraina euronazista e i baltici anti-russi.Vent’anni di annegamenti in massa nel mare e colonne di disperati che cercheranno di raggiungere, attraverso il sud dell’Europa e i Balcani, la spocchiosa Germania arricchitasi grazie all’euro, ai trattati e al saccheggio dell’Europa meridionale. Vent’anni di stragi di innocenti, di distruzione delle infrastrutture e del patrimonio storico in Medio Oriente e in Africa settentrionale, per opera degli assassini islamosunniti molto utili al Pentagono, molto efficienti nel seminare morte e distruzione, molto abili nel generare nuove ondate di profughi. Sono certo che fin dai prossimi mesi potremo osservare il “fronte del conflitto” che si avvicinerà pericolosamente a noi, a causa di un’avanzata islamista che non si arresta, dalla Siria alla Libia. Tunisia e Algeria saranno a rischio… e l’Italia meridionale e insulare? E’ proprio quello che vogliono i signori del denaro e della finanza, che controllano anche il Pentagono, ed è proprio per questo che la “coalizione internazionale” a guida americana non interviene con decisione contro i macellai della sunnah. Qualche bomba su edifici vuoti e qualche drone bastano e avanzano.L’Europa deve esser messa alle strette per cedere definitivamente sovranità e risorse a loro beneficio. I vertici dell’alleanza atlantica e il Pentagono, in situazioni di guerra, la faranno da padroni. A quel punto, tutto sarà chiaro, e persino i Renzi, gli Hollande e gli Tsipras non serviranno più, a Lor Signori, perché saranno le armi, e chi le controlla (cioè loro stessi), a dettar legge ai popoli. Se scoppierà un conflitto nucleare con la Federazione Russa, dopo tutte le provocazioni orchestrate per arrivare a questo limite, loro s’illuderanno di vincerlo per il controllo dell’intero continente europeo – o di ciò che ne rimarrà in piedi – fino al ventiduesimo secolo. Destabilizzeranno nei prossimi mesi anche un importante Stato-canaglia, la Turchia islamista di Erdogan, che non ha più governo stabile e se ne va verso le elezioni d’autunno, fra attentati e attacchi ai curdi?E’ possibile che lo sacrificheranno cinicamente, per calcolo strategico, generando altre, spaventose ondate di profughi che avranno come unica e sola meta l’Europa. Inoltre, se non hanno mostrato scrupoli a scatenare il satanismo sunnita contro le popolazioni di Siria, Iraq e Libia, causando centinaia di migliaia di morti e più di dieci milioni di profughi, avranno qualche remora a spalancare davanti a noi le porte dell’inferno, per poi “salvarci” e dominarci a piacimento? Chiedetevelo, anche se non potete far nulla e vi sentite impotenti davanti a una dura realtà, perché questa crisi durerà venti anni. Lo dice il Pentagono, che se ne intende…(Eugenio Orso, “Hanno deciso che la crisi durerà vent’anni”, dal blog “Pauper Class” del 4 settembre 2015).Siano maledetti per l’eternità i vertici politici e militari degli Stati Uniti d’America, a partire da Obama e dal Pentagono, con tutti i capi degli Stati-canaglia coinvolti in questo Risiko mondiale, giocato sulla pelle di milioni di innocenti a esclusivo vantaggio delle aristocrazie del denaro e della finanza. La crisi scatenata dalle guerre, dalla destabilizzazione degli Stati e dalla supremazia dell’economia finanziaria globale, come rivela “candidamente” il Pentagono, è stata programmata per durare un ventennio. Estratto dall’articolo di “Repubblica”, “Migranti, il Pentagono: una crisi che durerà almeno 20 anni”: «“Dobbiamo affrontare sia unilateralmente che con i nostri partner questa questione come un problema generazionale, e organizzarci e preparare le risorse ad un livello sostenibile per gestire (questa crisi dei migranti) per (i prossimi) 20 anni”. Lo ha dichiarato alla Abc il capo degli Stati maggiori riuniti degli Stati Uniti (il più alto ufficiale in grado), il generale Martin Dempsey, che ha anche auspicato che la drammatica fotografia di Aylan “abbia un simile effetto a quella del 1995 del mortale attacco con i mortai alla piazza del mercato di Sarajevo, che spinse verso l’intervento della Nato in Bosnia”».
-
Paghiamo il pizzo al Pentagono, purché non faccia più guerre
Non c’è voluto molto per la Lobby di Israele a mettere in ginocchio il presidente Obama per il suo divieto di costruire nuovi insediamenti illegali israeliani nei territori palestinesi occupati. Obama ha scoperto che un semplice presidente americano è impotente quando viene affrontato dalla Lobby di Israele, e che agli Stati Uniti semplicemente non viene permesso di avere una politica in Medio Oriente diversa da quella di Israele. Obama ha anche scoperto che non può cambiare niente, sempre che ne avesse mai avuto l’intenzione. Nell’agenda della lobby militare e della difesa c’è la guerra e uno stato di polizia interno, e un semplice presidente americano non può farci niente. Il presidente Obama può ordinare che vengano chiuse le camere della tortura di Guantanamo, e che i sequestri di persona e le torture vengano fermati, ma nessuno esegue i suoi ordini. In pratica, Obama è irrilevante. Può promettere che porterà a casa le truppe, e la lobby militare dice: “No, invece li manderai in Afghanistan, e nel frattempo inizierai una guerra in Pakistan e costringerai l’Iran in una posizione che ci darà un pretesto per fare una guerra anche lì. Le guerre sono troppo lucrose per noi perchè tu possa fermarle”. E il piccolo presidente dirà: “Sissignore!”.Obama può promettere l’assistenza sanitaria a 50 milioni di americani che non ce l’hanno, ma non può sconfiggere il veto della lobby della guerra e della lobby delle assicurazioni. La lobby della guerra dice che i profitti di guerra sono più importanti dell’assistenza sanitaria e che il paese non si può permettere sia la “guerra al terrore” che la “medicina socializzata”. La lobby delle assicurazioni dice che l’assistenza sanitaria deve venir data dalle assicurazioni sanitarie private; altrimenti non possiamo permettercela. Le lobby della guerra e delle assicurazioni hanno sventolato le loro agende con i contributi versati in campagna elettorale e molto velocemente hanno convinto il Congresso e la Casa Bianca che lo scopo reale del progetto di legge sull’assistenza sanitaria è di salvare soldi tagliando i benefici a “Medicare” e “Medicaid”, e quindi «mettere gli “entitlements” [diritti acquisiti] sotto controllo». “Entitlements” è una parola usata dalla destra per denigrare le poche cose che, in un lontano passato, il governo faceva per i suoi cittadini. La “Social Security” e “Medicare”, ad esempio, vengono denigrati come “entitlements”.La destra continua senza sosta a parlare della “Social Security” e di “Medicare” come se fossero regali dati a persone incapaci che rifiutano di prendersi cura di se stesse, quando in realtà i cittadini vengono di gran lunga sovratassati con un’imposta del 15% nelle loro paghe per avere in cambio dei magri benefici. Infatti per decenni ormai il governo federale ha finanziato le sue guerre e i budget militari con le entrate in surplus raccolte dalla tassa sul lavoro della “Social Security”. Sostenere, come fa la destra, che non possiamo permetterci l’unica cosa nell’intero budget che ha in modo consistente prodotto delle entrate in eccesso sta ad indicare che lo scopo reale è di portare il cittadino medio ad uno stato di indigenza. I veri “entitlements” non vengono mai menzionati. Il budget della “difesa” è un entitlement per il complesso militare e della difesa, sul quale il presidente Eisenhower ci mise in guardia 50 anni fa. Una persona dev’essere folle per credere che gli Stati Uniti, “l’unica superpotenza del mondo”, protetta da oceani ad Est e a Ovest e da Stati-fantoccio a Nord e a Sud, abbia bisogno di un budget della “difesa” superiore all’intera spesa militare del resto mondo messo insieme.Il budget militare è nient’altro che un “entitlement” per il complesso militare e della sicurezza. Per nascondere questo fatto, l’entitlement viene mascherato come una protezione contro i “nemici” e fatto passare attraverso il Pentagono. Io dico, eliminiamo l’intermediario e distribuiamo semplicemente una percentuale del budget federale al complesso militare e della sicurezza. In questo modo non avremo bisogno di inventare scuse per invadere altri paesi e andare a fare la guerra con il solo scopo di dare al complesso militare e della difesa il suo “entitlement”. Sarebbe molto più economico dargli i soldi direttamente, e salverebbe anche un sacco di vite umane e sofferenze in patria e all’estero. L’invasione statunitense dell’Iraq non aveva proprio niente a che fare con gli interessi nazionali americani. Aveva a che fare con i profitti sugli armamenti e con l’eliminazione di un ostacolo all’espansione territoriale israeliana. Il costo della guerra, oltre i 3 trilioni di dollari, è stato di 4.000 americani morti, oltre 30.000 feriti e mutilati, decine di migliaia di matrimoni americani distrutti e carriere perdute, un milione di iracheni morti, quattro milioni di iracheni profughi e un paese ridotto in macerie. Tutto questo è stato fatto per i profitti del complesso militare e della sicurezza e anche affinchè la paranoide Israele, armata con 200 bombe nucleari, potesse sentirsi “sicura”.La mia proposta renderebbe il complesso militare e della difesa ancora più ricco, dato che le compagnie riceverebbero i soldi senza aver bisogno di costruire le armi. Piuttosto, tutti i soldi potrebbero venir usati per bonus multimilionari e dividendi distribuiti agli azionisti. Nessuno, in patria o all’estero, dovrebbe venir ucciso, e il contribuente sarebbe ben più felice. Non c’è alcun interesse nazionale americano nella guerra in Afghanistan. Come rivelato dall’ex ambasciatore britannico Craig Murray, lo scopo della guerra è di proteggere gli interessi della Unocal per un oleodotto che passa attraverso l’Afghanistan. Il costo della guerra è di gran lunga superiore all’investimento dell’Unocal nell’oleodotto. L’ovvia soluzione è di comprare l’Unocal e dare l’oleodotto agli afghani come parziale risarcimento per la distruzione che abbiamo inflitto a quel paese e alla sua popolazione, e di portare le truppe a casa.Il motivo per cui le mie ragionevoli soluzioni non verranno attuate è che le lobby pensano che i loro “entitlements” non potrebbero sopravvivere se diventassero evidenti a tutti. Loro pensano che se il popolo americano sapesse che le guerre stanno venendo combattute per arricchire le industrie degli armamenti e del petrolio, la gente fermerebbe le guerre. In realtà, il popolo americano non ha diritto di opinione su ciò che il “suo” governo fa. I sondaggi mostrano che metà o più della metà del popolo americano non sostiene le guerre in Iraq e Afghanistan e non sostiene l’escalation del presidente Obama per quanto riguarda la guerra in Afghanistan. Nonostante ciò, le occupazioni e le guerre continuano. La Russia di Putin ha già paragonato gli Usa alla Germania nazista, e il premier cinese ha paragonato gli Usa a un debitore irresponsabile e immorale. Gli inglesi stanno indagando sul loro capo criminale, l’ex primo ministro Tony Blair, e l’inganno che mise in piedi contro il suo stesso consiglio dei ministri per fornire una scusa a Bush per la sua invasione illegale dell’Iraq.Agli investigatori inglesi è stata negata l’abilità di presentare accuse penali, ma la questione della guerra basata interamente su una macchinazione di bugie e inganni sta venendo ben diffusa. Riecheggierà per tutto il pianeta, e il mondo vedrà che non esiste un’indagine simile negli Usa, il paese da dove ebbe origine la Guerra Falsa. Nel frattempo, le banche d’investimento Usa, che hanno distrutto la stabilità finanziaria di molti governi, incluso quello degli Usa, continuano a controllare, come hanno sempre fatto fin dall’amministrazione Clinton, la politica economica e finanziaria degli Usa. Il mondo ha sofferto in modo terribile per i gangsters di Wall Street, e adesso guarda all’America con occhio critico. I sondaggi nel mondo mostrano che gli Usa e il suo capo-fantoccio vengono visti come le due più grandi minacce per la pace. Washington e Israele superano nella lista dei più pericolosi il regime pazzoide della Nord Corea. Quando il dollaro sarà sovra-inflazionato da una Washington incapace di pagare i suoi conti, il mondo sarà spinto dall’avidità e cercherà di salvarci per salvare i suoi investimenti, oppure dirà “grazie a Dio, che liberazione”.(Paul Craig Robers, estratti da “Il fantoccio Obama”, intervento pubblicato da “Information Clearing House” e ripreso dal blog “Vox Populi” il 25 agosto 2015. Eminente economista e politologo, Craig Roberts fu tra i più stretti collaboratori di Ronald Reagan).Non c’è voluto molto per la Lobby di Israele a mettere in ginocchio il presidente Obama per il suo divieto di costruire nuovi insediamenti illegali israeliani nei territori palestinesi occupati. Obama ha scoperto che un semplice presidente americano è impotente quando viene affrontato dalla Lobby di Israele, e che agli Stati Uniti semplicemente non viene permesso di avere una politica in Medio Oriente diversa da quella di Israele. Obama ha anche scoperto che non può cambiare niente, sempre che ne avesse mai avuto l’intenzione. Nell’agenda della lobby militare e della difesa c’è la guerra e uno stato di polizia interno, e un semplice presidente americano non può farci niente. Il presidente Obama può ordinare che vengano chiuse le camere della tortura di Guantanamo, e che i sequestri di persona e le torture vengano fermati, ma nessuno esegue i suoi ordini. In pratica, Obama è irrilevante. Può promettere che porterà a casa le truppe, e la lobby militare dice: “No, invece li manderai in Afghanistan, e nel frattempo inizierai una guerra in Pakistan e costringerai l’Iran in una posizione che ci darà un pretesto per fare una guerra anche lì. Le guerre sono troppo lucrose per noi perchè tu possa fermarle”. E il piccolo presidente dirà: “Sissignore!”.
-
Foa: il tedesco chiagne e fotte (e intanto si pappa la Grecia)
La notizia della vendita di 14 aeroporti greci a una società tedesca, la Fraport, sta suscitando indignazione; eppure non dovrebbe stupire. Noi siamo abituati a mitizzare i tedeschi, a farci intimidire dal loro rigore morale e – da quando il senso di colpa per l’Olocausto è evaporato – anche dal loro senso di superiorità. In realtà sbagliamo e dovremmo cominciare a giudicare le élites tedesche – perché il popolo, come sempre, c’entra poco – per quello che sono. E soprattutto per i loro difetti. Il primo è la superbia: quando il tedesco di successo (e di potere) troppo spesso diventa sprezzante e non sa darsi il senso della misura. L’empatia, il senso delle proporzioni e dell’equilibrio, quel buon senso che induce gli uomini di successo più avveduti a non esagerare, riflettendo i principi di Sun Tzu, scompare. Il tedesco non si accontenta di vincere, deve stravincere e possibilmente schiacciare l’avversario; non concepisce alcuna attenuante né comprensione umana ma soltanto il raggiungimento dei propri obiettivi, in sintonia con la propria concezione morale, che naturalmente coincide con i propri interessi e non contempla né gli interessi né le spiegazioni degli altri, per quanto possano essere fondati.La relatività morale delle élite tedesche è una costante storica, e tra l’altro spiega molti crimini dei tedeschi ai tempi dei nazisti. Ma non solo. Se analizziamo la storia recente ci accorgiamo che questo atteggiamento è ricorrente. Nel suo splendido saggio “Anschluss – L’annessione”, Vladimiro Giacché dimostra come l’unificazione tedesca non abbia condotto al salvataggio della ex Ddr da parte della Repubblica federale tedesca, bensì a una spoliazione del tessuto industriale ed economico della Germania dell’est da parte delle aziende dell’Ovest in sintonia con il sistema bancario e la classe politica, secondo modalità che definire immorali è persino riduttivo. Allora andò in scena un grande furto collettivo, roba da Casta all’ennesima potenza (altro che Italia!), che di fatto trasformò in un insuccesso economico e sociale quello che avrebbe dovuto essere un processo di integrazione economica. La grande ruberia, naturalmente, non fu denunciata dalla stampa e non fu oggetto di commissioni di inchiesta.Il costo sociale fu scaricato sui länder dell’est, che da allora non si sono più ripresi, e quello economico sui conti dello Stato e, indirettamente su tutta l’Europa, che a causa di quella pessima gestione sprofondò, all’inizio degli anni Novanta, in una lunga recessione. Le élites tedesche non hanno mai pagato alla Grecia i debiti di guerra, sostenendo per oltre 50 anni che “non era il momento”. I tedeschi che con tanta irruenza hanno giudicato la Grecia di oggi, dipingendola come corrotta, inaffidabile, indolente, sono gli stessi che le hanno venduto armamenti per miliardi e che coprono, per legge, la corruzione delle proprie aziende all’estero, inclusa Atene (vedi lo scandalo Siemens); sono coloro che un paio di anni fa hanno permesso alle proprie banche di liberarsi del debito pubblico greco, scaricandolo sui contribuenti europei, con un’operazione che ancora una volta fu presentata come un salvataggio naturalmente del popolo greco.I tedeschi non hanno mai messo la Grecia nelle condizioni di risollevarsi veramente ma, d’accordo con la Troika, l’hanno caricata di tasse, balzelli, “riforme” che hanno avuto come unico effetto quello di far crollare del 25% il Pil greco. Le hanno cavato un paio di litri di sangue e poi le hanno detto: non sei abbastanza in forma, devi correre più veloce. Non ti dai abbastanza da fare, devi dare altro sangue. Naturalmente avanzando pretese morali e continuando a incolpare il popolo greco nel suo insieme. A Napoli direbbero che la Germania “chiagne e fotte”. Il fottuto oggi è la Grecia. Oggi. E domani?(Marcello Foa, “Il tedesco chiagne e fotte, e intanto si compra la Grecia”, dal blog di Foa su “Il Giornale” del 19 agosto 2015).La notizia della vendita di 14 aeroporti greci a una società tedesca, la Fraport, sta suscitando indignazione; eppure non dovrebbe stupire. Noi siamo abituati a mitizzare i tedeschi, a farci intimidire dal loro rigore morale e – da quando il senso di colpa per l’Olocausto è evaporato – anche dal loro senso di superiorità. In realtà sbagliamo e dovremmo cominciare a giudicare le élites tedesche – perché il popolo, come sempre, c’entra poco – per quello che sono. E soprattutto per i loro difetti. Il primo è la superbia: quando il tedesco di successo (e di potere) troppo spesso diventa sprezzante e non sa darsi il senso della misura. L’empatia, il senso delle proporzioni e dell’equilibrio, quel buon senso che induce gli uomini di successo più avveduti a non esagerare, riflettendo i principi di Sun Tzu, scompare. Il tedesco non si accontenta di vincere, deve stravincere e possibilmente schiacciare l’avversario; non concepisce alcuna attenuante né comprensione umana ma soltanto il raggiungimento dei propri obiettivi, in sintonia con la propria concezione morale, che naturalmente coincide con i propri interessi e non contempla né gli interessi né le spiegazioni degli altri, per quanto possano essere fondati.
-
Svuota-Italia, ultimo atto: le riforme neofasciste di Renzi
La strategia applicata all’Italia dall’Europa produce scarsità monetaria, perdita di competitività, deindustrializzazione, disoccupazione, indebitamento. Il suo scopo è privare il paese di liquidità e di capacità industriale riempiendolo di debiti e disoccupati, in modo che i capitali stranieri, costituiti da masse di moneta contabile creata dalle banche estere a costo zero, possano arrivare, invocati come salvatori dalla disoccupazione e dalla scarsità monetarie così prodotte, e rilevare tutto sottocosto, cioè le aziende e gli immobili, la ricchezza reale prodotto dal lavoro reale, e possano per tale via impadronirsi del paese. Questo sta già avvenendo: Italcementi è l’ultimo esempio. Per conseguire questo obiettivo è stato adoperato l’euro, moneta forte, perciò adatta ad ostacolare le esportazioni italiane e favorire quelle tedesche. All’euro si aggiungono le cosiddette regole di austerità, nonché la politica di saldi primari attivi di bilancio pubblico – cioè per vent’anni lo Stato ha prelevato con le tasse 100 e restituito con la spesa pubblica 90 (cifre esemplificative), in modo di prosciugare la liquidità del paese.Molto importante è stata la politica fiscale di Monti, diretta a distruggere il valore degli immobili come garanzia con cui le aziende e le famiglie italiane ottenevano liquidità dalle banche, le quali ora praticamente non accettano quasi più il mattone per dare credito ad esse. In questo modo si è arreso il paese, molto più povero e dipendente dal potere bancario straniero. Inoltre, colpire il settore immobiliare è servito per colpire il risparmio degli italiani e l’industria edilizia come volano di occupazione e crescita. Incominciando con il governo Monti, imposto da Berlino attraverso Napolitano, e continuando con Letta e Renzi, che Napolitano ha sostenuto politicamente allargando notevolmente il suo ruolo prescritto dalla Costituzione, l’Italia è stata preparata per l’occupazione finanziaria straniera. Al fine di sviare l’attenzione da questa strategia generale e impalpabile, agli italiani viene anche offerto un nemico tangibile e immediato con cui prendersela, ossia gli immigrati o invasori.Per completare l’occupazione finanziaria straniera bisognerà spingere il paese a più elevati livelli di sofferenza e paura, per raggiungere i quali basterà, ad esempio, togliere i puntelli del quantitative easing; quindi è urgente creare le strutture giuridiche con cui il governo possa controllare la popolazione e reprimere possibili sollevamenti popolari contro il regime e i suoi piani. Questa è la ragione dell’urgenza di attuare la riforma fascista dello Stato (elezioni, Senato, Rai, bail in…) che il governo Renzi sta realizzando, e che altrimenti non avrebbe ragion d’essere, dato che si tratta di riforme a basso o nullo impatto sull’economia. E che aumentano, anziché diminuire, il potere della partitocrazia parassitaria e inefficiente, anzi, della parte peggiore di essa, cioè degli amministratori regionali, che diventano la base per il Senato renziano. Il presidente Mattarella, ovviamente, essendo stato nominato da Renzi, lo lascia andare avanti.La riforma neofascista del Partito Democratico consiste, essenzialmente, nel concentrare i poteri dello Stato nelle mani del primo ministro, eliminando in pratica gli organi di controllo e di bilanciamento, e creando un Parlamento di nominati, cioè limitando radicalmente la possibilità del popolo di scegliere i propri rappresentanti, che vengono legati alle mani del primo ministro con rapporti di dipendenza e interesse poltronale. Belpaese, brutta fine. Onorevoli e senatori formalmente rappresentano il popolo, ma votano qualsiasi cosa voglia il premier, altrimenti il premier non li ricandida o rinomina e non li lascia mangiare: un perfetto sistema di voto di scambio legalizzato. Belpaese, brutta fine. Questo è il piano per l’Italia, che ha già perduto circa un quarto della sua forza industriale. Il piano per l’Europa, portato avanti da Washington e dai banchieri privati che possiedono la Fed, attraverso il vassallo tedesco appoggiato e coperto moralmente da Parigi, mira invece a impedire che l’Europa si unisca, che diventi una potenza economica e tecnologica effettivamente concorrente rispetto agli Stati Uniti, e che abbia una moneta propria e funzionante, concorrente col dollaro.Strumento perfetto per questi scopi è risultato l’euro, che sta creando disunione, divergenze, instabilità e recessione nell’ambito europeo. Esso sta creando addirittura i presupposti affinché ancora una volta gli Usa siano legittimati a intervenire, non necessariamente in modo materiale, per salvare i paesi minacciati dalla sopraffazione tedesca, recuperando così la loro oggi vacillante supremazia sull’Occidente. Mentre collabora a questo piano, la Germania riceve evidenti benefici a spese dei paesi deboli, così come i governanti collaborazionisti (italiani e non solo italiani) li ricevono a spese dei loro popoli. E l’euro, finché serve a questo piano, viene mantenuto e dichiarato irreversibile, assieme alle sue regole, nonostante i danni che l’uno e le altre causano, e i loro evidenti difetti strutturali. Tutto quadra e corrisponde ai fatti osservabili.(Marco Della Luna, “Renzicratura: partito democratico, riforme neofasciste”, dal blog di Della Luna del 6 agosto 2015).La strategia applicata all’Italia dall’Europa produce scarsità monetaria, perdita di competitività, deindustrializzazione, disoccupazione, indebitamento. Il suo scopo è privare il paese di liquidità e di capacità industriale riempiendolo di debiti e disoccupati, in modo che i capitali stranieri, costituiti da masse di moneta contabile creata dalle banche estere a costo zero, possano arrivare, invocati come salvatori dalla disoccupazione e dalla scarsità monetarie così prodotte, e rilevare tutto sottocosto, cioè le aziende e gli immobili, la ricchezza reale prodotto dal lavoro reale, e possano per tale via impadronirsi del paese. Questo sta già avvenendo: Italcementi è l’ultimo esempio. Per conseguire questo obiettivo è stato adoperato l’euro, moneta forte, perciò adatta ad ostacolare le esportazioni italiane e favorire quelle tedesche. All’euro si aggiungono le cosiddette regole di austerità, nonché la politica di saldi primari attivi di bilancio pubblico – cioè per vent’anni lo Stato ha prelevato con le tasse 100 e restituito con la spesa pubblica 90 (cifre esemplificative), in modo di prosciugare la liquidità del paese.
-
Dal Fmi a Renzi, curare la polmonite tagliando una gamba
Dunque mettiamola così: il medico che per curarti la polmonite ti ha amputato una gamba ora ti guarda perplesso. Dannazione, la polmonite non è passata. Dunque propone di amputarti l’altra gamba. Sembra una storiella per chirurghi, e invece è la storia del prodigioso Fondo Monetario Internazionale, quello che di fatto gestisce e controlla l’economia mondiale, un medico che se lavorasse in corsia farebbe più morti della peste del Seicento. La nuova vulgata ora è questa: bravini, avete fatto qualche sforzo nella direzione da noi indicata (traduco: vi siete tagliati una gamba), ma non basta. Per essere felici e tornare a correre nelle praterie del benessere dovrete tagliarvi pure quell’altra. Quasi tutti riportano con grande enfasi le parole dell’illustre medico, invece di rincorrerlo, come sarebbe più comprensibile, con un martello molto pesante. E dunque ecco: per riavere il tasso di occupazione pre-crisi, l’Italia dovrà aspettare ancora una ventina d’anni, e questo se tutto va bene e si fanno le riforme che il Fondo Monetario prescrive.Tra queste, tenetevi forte, la contrattazione decentrata di secondo livello (in italiano: basta contratti nazionali, ogni fabbrica discuta col proprio imprenditore), rivedere i modelli retributivi (in italiano: guadagnare tutti un po’ meno), cambiare il sistema educativo (in italiano: trasformare la scuola in una fabbrica di mano d’opera). Siamo ancora lì: invece di alzarsi e cominciare a inveire, come farebbero in ogni ospedale del mondo i parenti del degente, al ministero dell’economia dicono che insomma, loro quelle cose le stanno già facendo. Disperante. Fortunatamente, nota qualcuno, non è raro che il Fondo Monetario prenda della cantonate, ma pare che questo non infici in alcun modo il fatto che le sue ricette vengano accolte come sacre e inviolabili. Insomma: la politica economica degli Stati la fanno quei signori lì, e gli stati si adeguano.Ne fa in qualche modo fede l’accanirsi del ministero del lavoro sui dati dell’occupazione, diffusi a piene mani anche con criteri un po’ risibili. Esempio: se nella famiglia Brambilla lavorava solo il padre e ora, avventurosamente o per merito, ha trovato lavoro anche il figlio, è possibile rintracciare i titoloni sui giornali: “Brambilla: raddoppiata l’occupazione!”, segue dibattito. Invece si dice poco e male che i contratti a tempo indeterminato (si fa per dire, perché senza articolo 18 sono tutti a termine a capriccio del padrone) sono quasi tutti sostitutivi di altre posizioni, cha la disoccupazione resta mostruosa, che l’80 per cento e più dei nuovi contratti è a tempo determinato, cioè il vecchio caro precariato che si voleva (ehmm…) sconfiggere.Sono numeri che schiantano il paese, ma che in qualche caso – solo per osservatori attenti – sotterrano anche una certa retorica farlocca dispiegata a piene mani. Basta pensare all’enfasi con cui si propugna come vincente e risolutiva la figura dell’imprenditore. Non c’è talk show, pagina economica o rotocalco che non abbia in bella vista il geniale imprenditore (delle salsicce, dei gelati, delle giacche a vento in piuma d’oca) che tiene la lezioncina su quanto è bello fare i padroni, con conseguente invito ai “giovani”: dai fatelo anche voi! Risultati devastanti. Da un lato frustrazione per chi non ha un papà finanziatore. Dall’altro gradi applausi per piccole, a volte geniali, start-up, salvo poi andare a vedere e scoprire che fatturano milioni e hanno un dipendente: la segretaria (se va bene). Creare valore per sé e non lavoro e benessere per tutti, insomma, è considerato modernissimo e à la page. Sempre in attesa, ovviamente, che il medico dica: perbacco, nemmeno tagliare un’altra gamba ha fatto passare questa fastidiosa polmonite, propongo di amputare un braccio. Applauso del paziente.(Alessandro Robecchi, “Fondo Monetario, curare una polmonite tagliando una gamba”, da “Micromega” del 31 luglio 2015)Dunque mettiamola così: il medico che per curarti la polmonite ti ha amputato una gamba ora ti guarda perplesso. Dannazione, la polmonite non è passata. Dunque propone di amputarti l’altra gamba. Sembra una storiella per chirurghi, e invece è la storia del prodigioso Fondo Monetario Internazionale, quello che di fatto gestisce e controlla l’economia mondiale, un medico che se lavorasse in corsia farebbe più morti della peste del Seicento. La nuova vulgata ora è questa: bravini, avete fatto qualche sforzo nella direzione da noi indicata (traduco: vi siete tagliati una gamba), ma non basta. Per essere felici e tornare a correre nelle praterie del benessere dovrete tagliarvi pure quell’altra. Quasi tutti riportano con grande enfasi le parole dell’illustre medico, invece di rincorrerlo, come sarebbe più comprensibile, con un martello molto pesante. E dunque ecco: per riavere il tasso di occupazione pre-crisi, l’Italia dovrà aspettare ancora una ventina d’anni, e questo se tutto va bene e si fanno le riforme che il Fondo Monetario prescrive.
-
Questa sinistra che obbedisce agli atroci macellai tedeschi
«Abbiamo guardato increduli a come un partito socialista dopo l’altro si sia immolato sull’altare dell’unione monetaria, per difendere un progetto che favorisce quelle élites economiche che la sinistra storica chiamava “un branco di banchieri”». Ambrose Evans-Pritchard, notista economico del “Telegraph”, spiega che ormai il velo è caduto, perché la Grecia ha rotto l’incantesimo: «La sinistra è diventata il gendarme delle politiche reazionarie e della disoccupazione di massa generate dall’euro». Se l’Europa non è nient’altro che la “versione cattiva” del Fmi, «che cosa resta del progetto d’integrazione europea? I tedeschi, peraltro, volevano solo la “sottomissione rituale” della Grecia». Punizione a cui, peraltro, la sinistra non si è sottratta: ancora una volta, i leader socialdemocratici sono stati sorpresi a «difendere un regime pro-ciclico di tagli di bilancio, imposto all’Eurozona da un manipolo di reazionari “ordoliberisti”, come ad esempio il ministro delle finanze tedesco».Se la Germania è «una guida disastrosa per l’Europa», come afferma l’economista Philippe Legrain, già redattore di “Foreign Policy”, «per uno strano scherzo del destino, la sinistra ha lasciato che essa stessa diventasse il gendarme di una struttura economica che ha portato a livelli di disoccupazione una volta impensabili per un governo social-democratico, dotato di una propria moneta e di tutti gli strumenti sovrani». La sinistra europea, continua Evans-Pritchard, «ha trovato il modo per giustificare un tasso di disoccupazione giovanile che, nonostante l’emigrazione di massa, è ancora al 42% in Italia, al 49% in Spagna e al 50% in Grecia, e ha accettato la “Lunga Depressione” degli ultimi sei anni, più profonda di quella del 1929-1935. Ha infine docilmente approvato il “Fiscal Compact” dell’Ue, sapendo che esso obbliga i paesi dell’Eurozona a ridurre drasticamente il loro debito pubblico, ogni anno, del 1,5% del Pil in Francia, del 2% in Spagna e del 3,5% in Italia ed in Portogallo, per i prossimi due decenni. Una formula per la depressione permanente, che vieta qualsiasi politica economica di tipo keynesiano», violando anche «i principi dell’economia classica».Questo, continua Evans-Pritchard, «è ciò che la sinistra prima ha concordato e poi difeso, seppur a malincuore, perché non ha osato mettere in discussione, almeno fino ad ora, la sacralità dell’unione monetaria». E così, quello che una volta era il potente “Partito Laburista Olandese”, è ormai ridotto ad una specie di pietosa reliquia del passato. Anche il Pasok è stato letteralmente cancellato, in Grecia, mentre il “Partito Socialista Spagnolo” ha perso la sua ala sinistra in favore del movimento ribelle “Podemos”, da poco vittorioso a Barcellona. Il leader socialista francese François Hollande, infine, raggiunge a stento, nei sondaggi, il 24%, dopo che la classe operaia francese si è spostata in direzione del “Front National”. Owen Jones, sul “Guardian”, scrive giustamente che «i progressisti dovrebbero essere sconvolti dalla rovina della Grecia per mano dell’Unione Europea. E’ giunto il momento di appoggiare la causa degli euroscettici».Gli esponenti della sinistra sono a disagio, continua Jones: «Il loro istinto è quello di contrastare tutto ciò che l’Ukip rappresenta», ma ora «la crudeltà mostrata sia da Bruxelles che da Berlino ha surclassato tutto il resto». Per George Monbiot, «il “tutto va bene” (con l’Ue) è in ritirata, mentre il “tutto va male” avanza come una furia». E un’altra giornalista britannica, Suzanne Moore, si domanda: «Come può la sinistra aver dato il proprio supporto a tutto quello che è stato fatto?». Conclude amaramente il collega Nick Cohen: «L’Unione Europea viene dipinta, non senza fondamento, come un’istituzione crudele, fanatica e stupida». Dibattiti di questo tenore stanno prendendo piede in tutta Europa, conferma Evans-Pritchard, citando l’economista Luigi Zingales, consigliere di Renzi, convertitosi all’euroscetticismo. Il giorno in cui la Grecia ha capitolato ha scritto: «Questo progetto europeo è morto per sempre. Se l’Europa è nient’altro che la versione cattiva del Fmi, che cosa resta del progetto d’integrazione europea?».In Grecia, “Syriza” è stata «semplicemente costretta ad abbandonare le sue promesse elettorali, per mezzo della coercizione finanziaria», scrive Evans-Pritchard. La colpa? «Una responsabilità collettiva dei creditori, delle élites dell’Unione Monetaria, dell’oligarchia greca e infine di un immaturo Alexis Tsipras». Il bail-out (salvataggio esterno) effettuato dalla Troika nel 2010 «aveva lo scopo di salvare l’euro e le banche europee (visto che non c’erano difese contro il contagio), non quello di salvare la Grecia che, al contrario, è stata deliberatamente sacrificata». In più, i paesi creditori (Germania in primis) «non hanno mai riconosciuto la propria colpevolezza», inoltre «non hanno mai tentato di negoziare onestamente con Syriza». Si sono limitati a chidere che i termini del memorandum 2010 fossero applicati alla lettera, «indipendentemente dal fatto che avessero o meno un senso economico», e lo hanno fatto in modo feroce e ipocrita, «nascondendosi dietro a farisaici discorsi sulle regole». Yanis Varoufakis, l’ex ministro delle finanze, ha ripetuto che i creditori volevano una vera e propria “sottomissione rituale”, «ed è così che gli eventi sono decisamente sembrati ad un gran numero di persone in tutt’Europa».I paesi creditori hanno quindi forzato la situazione «attraverso l’infame trattativa» cui è stato sottoposto Tsipras, «senza peraltro offrire alcuna chiara riduzione del debito, anche se già sapevano che il Fmi riteneva che la Grecia avesse bisogno sia di una moratoria di 30 anni sulle scadenze del debito». La durezza dell’Ue a gida tedesca allarma Simon Tilford, del “Centre for European Reform”: «Quello che trovo preoccupante è che sono così pochi i politici tedeschi che sembrano turbati dallo spettacolo di una Grecia umiliata fino a questo punto. I tedeschi hanno sviluppato un racconto di fantasia riguardo la crisi. Hanno trasformato il paesaggio intorno a loro e pensano che siano essi ad essere le vittime». Secondo Tilford, è devastante l’assenza politica della sinistra: in Italia, Spagna e Francia, la sinistra è da anni aggrappata all’illusione che la Germania avrebbe infine accettato di alleviare l’austerità e di cambiare l’unione monetaria. «Questo pensiero è stato totalmente screditato dagli eventi dello scorso fine settimana. Tutti possono vedere, in effetti, a quali brutali livelli si trovi la disoccupazione. Se le regole dell’Eurozona non possono essere rispettate, prima si va in quarantena e poi si viene buttati fuori».Non dimentichiamo, aggiunge Evans-Pritchard, che la Bce di Mario Draghi «ha portato la Grecia fin quasi al crollo finale, conseguenza del congelamento della liquidità d’emergenza (Ela) per le banche greche, costringendo Syriza a chiudere le porte ai creditori, ad imporre controlli sui capitali e infine a fermare le importazioni». Tutto questo, aggiunge Pritchard, «viola i principi dell’”Unione Bancaria Europea”, che dovrebbero separare i destini delle banche private dai travagli degli Stati sovrani. E’ stata una decisione politica, probabilmente illegale, condita da una forte aggressività tecnica. E’ in ogni caso molto difficile da conciliare con il dovere della Bce, che è quello di sostenere la stabilità finanziaria». In realtà, «sappiamo tutti cosa c’era in gioco». Ovvero: «La Germania e i suoi alleati erano determinati a fare di Syriza un esempio, per scoraggiare gli elettori di qualsiasi altro paese a voler invertire il sistema». Evans-Pritchard pensa che, alla fine, gli oligarchi perderanno il braccio di ferro: i paesi europei riusciranno a ribellarsi. In Spagna, “Podemos” ha accusato le istituzioni dell’Ue e il governo spagnolo di aver commesso un “atto di terrorismo”, in violazione del codice penale spagnolo.Per Costas Lapavitsas, deputato di Syriza, il messaggio saliente degli ultimi cinque mesi è che nessun governo radicale può perseguire delle politiche sovrane, fintanto che è in balia di una banca centrale in grado di tagliare in qualsiasi momento la liquidità: «Adesso è perfettamente chiaro che l’unica via d’uscita è quella di liberarsi dell’unione monetaria». Kevin O’Rourke, economista di Oxford, prevede che il prossimo partito di sinistra che andrà a sfidare l’unione monetaria «non sarà irresponsabile come Syriza, e non contratterà più da una posizione di tale abietta debolezza». La lezione che può essere tratta da questa débacle? Semplice: «Negoziare con la Germania è una perdita di tempo. Ma, se si vuol farlo, si deve essere disposti ad agire con decisione e unilateralmente; si deve disporre di un piano per il raggiungimento di un avanzo primario (se non è già stato raggiunto); si devono avere in tasca le opzioni sia per un duro default unilaterale che per la fuoriuscita dall’euro, ed essere disposti ad usarle al primo segno di fastidio da parte della Bce».Quanto alla trucida Germania, che altro dire? «E’ davvero di così cattivo gusto ricordare che le “Potenze Alleate” decisero di spazzar via la metà delle passività esterne della Germania, nell’ambito dell’accordo sul debito raggiunto a Londra nel febbraio del 1953?». Quell’atto di saggezza politica arrivò a meno di otto anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e dell’occupazione nazista della Grecia, quando le immagini degli orrori erano ancora fresche nella mente di tutti. «La riduzione del debito ha avuto un certo costo per la Gran Bretagna, che era il più grande creditore nel periodo precedente la guerra», spiega Evans-Pritchard. «La riduzione fu convenuta nel rispetto dell’interesse collettivo e della scienza economica, e fu volutamente inquadrata nell’ambito di una “trattativa tra eguali”, per sgomberare la nebbia costituita dai giudizi morali. Il risultato fu il Wirtschaftswunder (miracolo economico) tedesco e gli anni di gloria della ricostruzione post-guerra». Quindi, «qualunque cosa si possa pensare del comportamento della Grecia – che non ha fatto del male a nessuno – non possiamo usare giusto un minimo di buon senso?».«Abbiamo guardato increduli a come un partito socialista dopo l’altro si sia immolato sull’altare dell’unione monetaria, per difendere un progetto che favorisce quelle élites economiche che la sinistra storica chiamava “un branco di banchieri”». Ambrose Evans-Pritchard, notista economico del “Telegraph”, spiega che ormai il velo è caduto, perché la Grecia ha rotto l’incantesimo: «La sinistra è diventata il gendarme delle politiche reazionarie e della disoccupazione di massa generate dall’euro». Se l’Europa non è nient’altro che la “versione cattiva” del Fmi, «che cosa resta del progetto d’integrazione europea? I tedeschi, peraltro, volevano solo la “sottomissione rituale” della Grecia». Punizione a cui, peraltro, la sinistra non si è sottratta: ancora una volta, i leader socialdemocratici sono stati sorpresi a «difendere un regime pro-ciclico di tagli di bilancio, imposto all’Eurozona da un manipolo di reazionari “ordoliberisti”, come ad esempio il ministro delle finanze tedesco».
-
La mafia Ue uccide Atene per impaurire noi, infami codardi
Non è la Grecia, ma l’Unione Europea, ad aver firmato la sua condanna a morte: oggi sono i greci a scendere all’inferno, ma domani anche i più disattenti avranno capito che razza di regime ci sta votando alla sofferenza eterna, alla spirale senza speranza della crisi innescata dall’Eurozona e dal potere brutale che la governa. Lo sostiene Giorgio Cremaschi, che pure non si nasconde le colpe di Tsipras, peraltro lasciato solo: «La Grecia è stata costretta alla resa dall’isolamento che la Troika è riuscita a costruirle attorno. Sinistre, sindacati, popolo democratico, tutti siamo stati alla finestra, quindi la loro sconfitta è nostra per conseguenze e responsabilità». Il testo varato dall’Eurogruppo? «Non è solo inaccettabile per il popolo greco, ma è una minaccia e una sfida per tutti noi. Siamo tutti greci». Perché tanta ferocia contro i greci? Per rapinarli di tutto. E, intanto, per punirli, visto l’esito del referendum: «Avete alzato la testa? Ora, cittadini greci, vedrete cosa vi costa». La minaccia alla Grecia è in realtà rivolta a tutti noi: non provateci, o vi faremo fare la stessa fine.«Il “no” massiccio al referendum – scrive Cremaschi su “Micromega” – andava sanzionato in quanto tale, per insegnare ai popoli tentati di ripeterlo quanto alto potrebbe esserne il prezzo. Il taglio delle pensioni minime sotto i 400 euro al mese, quello dei salari dello stesso livello, l’aumento del prezzo dei farmaci là ove la sanità pubblica è scomparsa, l’obbligo a rivedere le minime misure di sostegno ai poveri, agli sfrattati, la cancellazione delle poche riassunzioni, tutte queste non sono misure di grande valore economico, sono rappresaglie sociali. Anche per questo, dopo la firma della capitolazione, la Bce ha deciso di continuare a negare i fondi Ela di emergenza. Le file ai bancomat devono continuare fino a che restino ben stampate nella memoria», di ogni greco e di ogni altro europeo. «Le rappresaglie terrorizzano e puniscono, ma il loro scopo è il dominio. La Grecia è il primo Stato europeo che dal 1945 diventa formalmente una colonia. In questo c’è anche la punizione politica che viene somministrata al governo Tsipras». Massima perfidia, costringere lo stesso Tsipras a firmare condizioni-capestro, peggiori di quelle inizialmente respinte, demolendo così la credibilità del premier “ribelle”.«Il Parlamento greco avrà solo il compito di votare il proprio suicidio accettando la resa», continua Cremaschi. «Poi ogni decisione sarà presa dai tecnici, espressione delle potenze occupanti, che supervisioneranno l’operare del governo coloniale. Tutto questo è meticolosamente definito nel protocollo dell’Eurogruppo». Colpo di Stato, come quello dei colonnelli nel 1967: «Allora fu la Nato ad organizzarlo, ora è la Troika». La differenza? «Allora non erano in discussione le proprietà pubbliche, mentre ora sono in svendita». La Grecia continua ad essere «cavia di trattamenti che vengono somministrati in dosi estreme ad essa e più caute agli altri, ma la medicina è la stessa: il Fiscal Compact e il Semestre Europeo si son aggiunti ai già precedenti trattati che hanno legato indissolubilmente euro e austerità». Ora, poi, ci sono poteri formali per far applicare le peggiori decisioni prese dall’Ue: «Se un Parlamento fa un bilancio dello Stato che le autorità di Bruxelles considerano troppo poco rigoroso, queste stesse autorità possono intervenire per modificarlo. I parlamenti nazionali non hanno più la disponibilità del bilancio dello Stato, ragione per cui 200 e più anni fa sono nati».Sopra di loro sta un’autorità tecnocratica e finanziaria che esercita il potere vero: «La Ue è quindi oggi un colpo di Stato permanente, che sulla Grecia ha esercitato una sperimentazione, per ora, estrema». Ma la riduzione allo stato coloniale della Grecia, oltre che la funzione di esempio, che scopo economico ha? Qui le poche cifre chiare disponibili non lasciano dubbi. «Il paese verrà saccheggiato dai “creditori”. Degli 84 miliardi promessi, solo 10 potrebbero finire in investimenti, cioè produrre interventi nell’economia reale. Tutti gli altri son una partita di giro, soldi che tornano alle banche e al Fmi», e il meccanismo si ripete con gli interessi. «Infatti a garanzia del prestito la Grecia deve impegnarsi in tagli di bilancio e tasse per un cifra vicina ai 15 miliardi e privatizzare beni per 52 miliardi». E’ un paese alla fame, con un Pil 8 volte inferiore a quello dell’Italia. «Da noi, la manovra imposta alla Grecia varrebbe 120 miliardi di tagli e oltre 400 miliardi di privatizzazioni. Riusciremmo a farle noi senza vendere Venezia, Firenze e il Colosseo?».Il via libera ad altri licenziamenti di massa e la fine dei contratti collettivi, imposti dall’Eurogruppo, secondo Cremaschi ridurranno alla schiavitù ciò che resta del lavoro: ci saranno più profitti, ma non ci sarà certo una ripresa in grado di pagare i debiti. «Come ogni usuraio, i creditori potranno allora dire che la Grecia non fa fronte a tutti gli impegni e quindi non può avere tutti i prestiti. Così continueranno a fare affari saccheggiando il paese e terranno in ostaggio tutti gli altri popoli: se non volete finire come loro dovete continuare ad accettare le politiche di austerità. La Troika sarà aiutata in questo ricatto permanente dal controllo totale esercitato sui mass media, che con la loro menzogna sistematica in questi giorni ci han già fornito un’anteprima di fascismo 2.0». Conclusione: «La vicenda greca dimostra una sola verità inconfutabile: questa Unione Europea non è riformabile; se si vuole una politica diversa da quella del massacro sociale e dell’austerità bisogna essere disposti alla rottura completa con essa. Il governo greco non era disposto a questo, e quindi ha capitolato».Il popolo greco, invece, aveva risposto “no” al 62%. «E’ stato un segnale che lor signori han ben colto, e per questo han reagito con tanta brutalità. Ma le rappresaglie, i massacri, possono impaurire una, due, tre volte, poi alla fine ottengono l’effetto opposto, alimentano la rivolta. Per questo la Ue, mostrando la sua vera faccia con la Grecia, ha decretato la sua fine». La rottura «va costruita in mezzo ai popoli, che per vivere liberamente debbono saper reggere il ricatto dell’euro e di tutto quanto è ad esso collegato». Nel 1938, la Cecoslovacchia si arrese alla Germania di Hitler, sostenuta da tutta l’Europa, che pensava così di essersi salvata. Scrisse Churchill: «Scegliemmo il disonore per non avere la guerra, e ottenemmo entrambi». Aggiunge Cremaschi: «Il 13 luglio 2015 è la giornata del disonore europeo, tutti i governi che hanno imposto la resa alla Grecia sono colpevoli d’infamia, ma la condanna morale deve diventare rovescio politico. Starà ai greci decidere come organizzare resistenza e sabotaggio verso il Memorandum, con o senza Tsipras, dipende da lui. Ma resistere alla tirannia Ue è il compito da assumere in ogni paese e in tutto il continente».Non è la Grecia, ma l’Unione Europea, ad aver firmato la sua condanna a morte: oggi sono i greci a scendere all’inferno, ma domani anche i più disattenti avranno capito che razza di regime ci sta votando alla sofferenza eterna, alla spirale senza speranza della crisi innescata dall’Eurozona e dal potere brutale che la governa. Lo sostiene Giorgio Cremaschi, che pure non si nasconde le colpe di Tsipras, peraltro lasciato solo: «La Grecia è stata costretta alla resa dall’isolamento che la Troika è riuscita a costruirle attorno. Sinistre, sindacati, popolo democratico, tutti siamo stati alla finestra, quindi la loro sconfitta è nostra per conseguenze e responsabilità». Il testo varato dall’Eurogruppo? «Non è solo inaccettabile per il popolo greco, ma è una minaccia e una sfida per tutti noi. Siamo tutti greci». Perché tanta ferocia contro i greci? Per rapinarli di tutto. E, intanto, per punirli, visto l’esito del referendum: «Avete alzato la testa? Ora, cittadini greci, vedrete cosa vi costa». La minaccia alla Grecia è in realtà rivolta a tutti noi: non provateci, o vi faremo fare la stessa fine.
-
Macché Grecia, Deutsche Bank esposta per 70.000 miliardi
Il problema non sono i soldi, sono gli “schiavi”: i greci, e con loro tutti noi “prigionieri” dell’Eurozona. La crisi ellenica assume i caratteri di una tragica farsa, con Tsipras che indice il referendum e il giorno dopo annulla il “no” proponendo lui stesso le misure-capestro della Troika? «La cosa che mi fa ridere è che tutta ’sta mucchia di cefali con l’insegnante di sostegno che sono praticamente tutti quelli che parlano della Grecia, vi fanno credere che il problema sono i debiti della Grecia verso creditori come Germania, Italia, Bce», scrive Paolo Barnard, proponendo di dare un’occhiata ai numeri: «La Grecia deve alla Germania 56 miliardi di euro, che sono 1/62esimo del Pil tedesco. E il ministro delle finanze tedesco Schaeuble fa un putiferio, come se perdere quegli spiccioli rovinasse la Germania. Però sta zitto, muto, bocca cucita, sul fatto che la sola Deutsche Bank ha il culo esposto a scommesse sui derivati per… SETTANTAMILA miliardi di euro. Basta che ne perda una frazione e la sberla che si beccano i tedeschi sarebbe 200 volte il debito Grecia-Germania». E allora non è questione di soldi, insiste Barnard: la posta in gioco è «non permettere alla Grecia di rompere il Tritaumani che Parigi e Berlino inventarono per rederci schiavi: la moneta unica».Cifre che sfuggono, regolarmente, alle analisi sui media mainstream. «L’eroe di cartone Yanis Varoufakis – continua Barnard – fu dimesso da ministro delle finanze greche (fonte “Financial Times”) quasi due mesi fa a una riunione dell’Ecofin a Riga, il 24 aprile. Fu un incontro simpatico, dove gli fu detto che era “un principiante, un cretino, un povero scemo, e che avrebbe vissuto poco”». Barnard, autore de “Il più grande crimine” (saggio-profezia sulla catastrofe dell’Eurozona) ricorda che lo stesso Varoufakis non ascoltò il suo consiglio (“chiama Warren Mosler della Me-Mmt a dirigere la Greekexit”), preferendo ricorrere all’economista Jamie Galbraith, troppo “vicino” alle grandi agenzie finanziarie mondiali per poter scommettere davvero sul ripristino della sovranità monetaria, traguardo verso il quale, invece, Mosler ha approntato tappe precise (un paracadute sociale, per uscire senza troppi scossoni dall’euro e rimettere in moto l’economia proprio grazie alla moneta nazionale). Varoufakis? E’ inutile che oggi faccia l’eroe, dice Barnard: è stato “licenziato” a Riga da Peter Kazimir, ministro delle finanze slovacco presente all’incontro, perché «non aveva una cazzo di idea su come salvare la sua gente. Io gliel’avevo data». Il mediatico Yanis? «Ignorante, economista da Topolino».«Come ho già scritto duemila volte, la storia della Grecia è una farsa», sostiene Barnard. La “notizia dell’anno” è un’altra: «Il dinosauro cinese è impazzito, è fuori controllo», e soprattutto «è vivo e mostriosamente pericoloso». Motivo: «Pechino ha voluto negli ultimi 10 anni seguire i consigli dei Chicago Boys, cioè vai con la tua atomica a tutta potenza sull’export (lo stesso che vorrebbero i “cago boys” italiani per l’Italia, cioè Borghi, Bagnai, Rinaldi), ma ora il gioco dell’export cinese, come sempre fu previsto dalla Mosler Economics, si è rotto. Con bassa crescita, crollo dei salari reali e della domanda interna (tutti tipici dell’export), la Cina sta soffrendo il più colossale, cataclismatico e micidiale assets-run della storia umana». Ovvero: «Gli investitori stanno svendendo tutto ciò che hanno comprato di cinese alla velocità del lampo, dai Corporate Bonds alle azioni, soprattutto azioni, titoli di Stato, riso cantonese, bastoncini, grappa alla rosa, ciabattine». Le perdite complessive per la Cina «sono arrivate in meno di due mesi a tremila miliardi di dollari solo in azioni! Immaginate il resto». Cina, dunque, non Grecia: «Quando il dinosauro cinese impazzisce e non mangia più come e quanto prima, noi non gli vendiamo più come prima, il petrolio crolla in prezzo, i minerali pure». Tuto questo, mentre la Grecia di Tsipras sembra consegnarsi definitivamente al suicidio a rate progettato dalla Troika.Il problema non sono i soldi, sono gli “schiavi”: i greci, e con loro tutti noi “prigionieri” dell’Eurozona. La crisi ellenica assume i caratteri di una tragica farsa, con Tsipras che indice il referendum e il giorno dopo annulla il “no” proponendo lui stesso le misure-capestro della Troika? «La cosa che mi fa ridere è che tutta ’sta mucchia di cefali con l’insegnante di sostegno che sono praticamente tutti quelli che parlano della Grecia, vi fanno credere che il problema sono i debiti della Grecia verso creditori come Germania, Italia, Bce», scrive Paolo Barnard, proponendo di dare un’occhiata ai numeri: «La Grecia deve alla Germania 56 miliardi di euro, che sono 1/62esimo del Pil tedesco. E il ministro delle finanze tedesco Schaeuble fa un putiferio, come se perdere quegli spiccioli rovinassero la Germania. Però sta zitto, muto, bocca cucita, sul fatto che la sola Deutsche Bank ha il culo esposto a scommesse sui derivati per… settantamila miliardi di euro. Basta che ne perda una frazione e la sberla che si beccano i tedeschi sarebbe 200 volte il debito Grecia-Germania». E allora non è questione di soldi, insiste Barnard: la posta in gioco è «non permettere alla Grecia di rompere il Tritaumani che Parigi e Berlino inventarono per rederci schiavi: la moneta unica».