Archivio del Tag ‘stabilità’
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L’Olanda: chi vuole, lasci l’euro. Cadrà il Muro di Bruxelles?
Il governo olandese vuole consentire l’abbandono dell’euro ai paesi in crisi con le regole dell’unione monetaria ed economica. Una svolta annunciata da un’intervista del premier dei Paesi Bassi, Mark Rutte, a “Süddeutsche Zeitung” e “Financial Times”, la prima effettuata dal leader dei liberali dopo la formazione del nuovo governo. L’esecutivo olandese, scrive il blog di Gad Lerner, si è contraddistinto finora per essere uno dei più fedeli alleati di Angela Merkel nella difesa dell’austerity come politica economica per risolvere la crisi dei debiti sovrani. E nonostante il recente cambio di maggioranza – al posto del centrodestra ora i Paesi Bassi sono governati da un’alleanza tra liberali e sinistra riformista – questa posizione non cambierà, almeno secondo Rutte. I paesi dell’eurozona che sono in difficoltà con i programmi di austerità però potrebbero lasciare la moneta unica, se lo volessero.
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Obama e l’appuntamento peggiore: quello con la guerra
«Nei prossimi mesi, quando Obama avrà incontrato Xi Jinping, suo neo-omologo designato, potremo capire se i numeri uno e due al mondo sono destinati a cooperare o a scontrarsi». Parola di Lucio Caracciolo, che vede “guerre imperiali” appena oltre il giardino della Casa Bianca, all’indomani della conferma di Obama, che è stato rieletto «per salvare l’America da un’altra recessione, non per cambiare il mondo». Ma posti di lavoro e benessere sociale dipendono sempre più «dal modo in cui l’America sta al mondo», ovvero «dalle relazioni politiche, commerciali e finanziarie con il resto del pianeta, Cina in testa, che non accetta più il Washington consensus e non dimentica che la crisi in corso è nata a Wall Street». L’unico non indifferente vantaggio rispetto al primo quadriennio, aggiunge il direttore di “Limes”, è che Obama «non può essere riconfermato, sicché deciderà senza farsi condizionare da pedaggi elettorali».
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Primarie, clausola-capestro: l’agenda Monti non si tocca
Attenzione: chi voterà alle primarie del centrosinistra non farà che votare, in realtà per l’agenda Monti. In altre parole: “lacrime e sangue” per tutti, tranne che per gli ingegneri della grande crisi e l’oligarchia che, attraverso i diktat di Bruxelles, condanna l’Italia alla “recessione infinita” e al disastro sociale definitivo, con lo smantellamento del welfare e la svendita dei beni comuni. La dimostrazione in termini logici, sostiene “Alternativa”, è tanto semplice quanto ovvia in termini politici. Infatti, alla voce “Responsabilità” della “Carta d’Intenti per l’Italia Bene Comune”, ovvero della carta che è stata obbligatoriamente sottoscritta da tutti i candidati alle primarie promosse da Pd, Sel e Psi, si legge che le forze della coalizione, “in un quadro di lealtà e civiltà dei rapporti”, dovranno impegnarsi a sottostare, senza sgarrare di una virgola, a tutte le disposizioni-capestro finora inflitte all’Italia e agli altri paesi dell’Eurozona.
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Vendola si illude di riformare il montismo: dovrà obbedire
Non facciamoci illusioni: Nichi Vendola si limita a fingere di correggere “da sinistra” l’agenda Bersani-Monti, ma senza metterla davvero in discussione. Una semplice operazione cosmetica, visto che il leader di Sel – che con il Pd ha sottoscritto una carta d’intenti assolutamente vincolante – non osa toccare nessuno dei trattati-capestro che pregiudicano il nostro futuro, a cominciare dal Fiscal Compact e dalla tagliola del “pareggio di bilancio”. Quindi, per favore, non prendiamoci in giro: «Quella di Vendola, e di chiunque intenda essere “la sinistra del centrosinistra”, mi sembra una politica morta sul nascere». Parola di Giorgio Cremaschi, che risponde così alle video-domande di Jacopo Venier su “Libera.Tv”. Ovvero: che farà Vendola se le primarie le vince Bersani, e quindi l’alleanza con Casini che considera un totem l’agenda-Monti?
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Ricchissimi e senza regole, i banchieri non pagano la crisi
Sono quattro anni che si valuta di introdurre un tetto agli stipendi dei banchieri ma fino a oggi non si è fatto nulla. Ed è molto probabile che le cose non cambieranno. L’ultima proposta in ordine di tempo è arrivata dal report Liikanen, la proposta per una regolamentazione del settore bancario europeo elaborata dal membro finlandese della Bce, Erkki Liikanen, su mandato della Commissione Europea. La bozza di riforma, presentata pochi giorni fa a Bruxelles, suggerisce, fra le altre cose, di pagare i bonus ai banchieri almeno in parte in azioni e obbligazioni della banca stessa, di modo che, in caso di fallimento di quest’ultima, i manager non percepiscano la parte variabile della loro retribuzione.
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Elezioni ad personam per Monti, e noi che facciamo?
È presto per dire “ormai è fatta”, ma le premesse sono state poste tutte. La sortita newyorkese del “Professore” ha tolto il velo di incertezza che circondava la prossima legislatura: il “governo tecnico” proseguirà anche dopo le elezioni, qualsiasi sia il loro risultato, perché così voglio, pretendono e impongono “i mercati”, Wall Street, la Casa Bianca, la Germania e l’Europa. «Non penso ci sarà una seconda occasione, ma se dovesse servire io ci sarò». La decodifica diventa quasi inutile, ma per quel poco che serve va fatta. La crisi è lunga (l’ha detto lui stesso all’Assemblea dell’Onu), non ci sono soluzioni alle viste, la barca italiana è tra le più fragili nel mare in tempesta; i partiti “locali” esprimono una classe politica inadeguata e rissosa, non hanno ancora ben compreso il mutamento di realtà che la crisi economica sta producendo. Ma bisogna rispettare le scadenze formali della democrazia, anche se è chiaro quanto questa sia per “il potere” ormai un impiccio, più che uno strumento di costruzione del consenso.
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Facciamo come la Danimarca, l’equità conviene a tutti
Cattiva distribuzione dei redditi, debolezza delle imprese, fragilità del sistema bancario e pessima bilancia commerciale. Senza contare «la povertà del pensiero degli economisti». Questa la diagnosi della “grande crisi” del 1929 secondo John Kenneth Galbraith. Quasi un secolo dopo, ci risiamo: «Il capitalismo finanziario sregolato e ipertrofico produce disoccupazione e povertà, mentre arricchisce indecentemente i suoi protagonisti». Chi dice che il capitalismo è morto, e chi ripete che questo è l’unico sistema possibile. Sbagliato: se volessimo, anche noi potremmo imitare la Danimarca, un paese dove i poveri riescono a diventare ricchi e dove il benessere diffuso conviene a tutti. Lo sostiene Davide Reina nel blog “Cado in piedi”: il cambio di paradigma consiste nel passare dal “capitalismo esclusivo”, che tesaurizza la ricchezza a beneficio dei super-potenti, al “capitalismo inclusivo” che costruisce futuro per tutti in regime di equità.
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Mini: tagliamo la spesa militare, serve solo agli Usa
Bilanci in rosso e niente più nemici alle frontiere: perché allora spendere montagne di soldi in armamenti? Se proprio bisogna tagliare la Difesa, lo si può fare in due mosse: creare un modello militare agile, a basso costo, e bloccare ogni nuova fornitura di armamenti. «Quando si parla di 90 aeroplani da qui a dieci anni, significa che si mette in piedi una capacità operativa che non avevamo neanche durante la guerra fredda», dice il generale Fabio Mini, che confessa: «Sono uno di quei militari che dalla tragedia della crisi speravano che almeno prendessero forma e sostanza delle forze armate ridotte, qualificate, ammodernate e soprattutto integrate a livello europeo, in modo che il peso degli interventi si distribuisse in maniera equa tra tutti i membri dell’Unione Europea e della Nato. Cosa che fino adesso non è mai successa perché sia le spese, sia gli interventi, gravano nella Nato soltanto su quattro paesi: Germania, Francia, Inghilterra e Italia».
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Ridono solo i banchieri: a noi le tasse, a loro il bottino
Tutti imbambolati gl’italiani hanno fatto confusione tra la vittoria dell’Italia sulla Germania e la “vittoria” di Mario Monti sulla Merkel. Hanno esultato le borse. Voglio ben vedere! Erano le uniche che potevano esultare, visto che sono state le banche a prendersi il bottino. E tutti ad applaudire come zombi. Non ci siamo accorti che tutta l’operazione serviva solo a ”rassicurare i mercati”. Cioè a sistemare i conti dei ladri. Non i nostri. Adesso facciamo i conti. Ma, prima di tutto, facciamo una scommessa: quanto credete che duri la bonaccia dello spread? Io dico che durerà qualche mese, fino a settembre-ottobre. Poi si ricomincia il ballo di San Vito, il “loro” ballo. Solo gl’ingenui di “Repubblica” e gli economisti di regime che tengono bordone possono pensare che la cosiddetta “speculazione” si accontenti di così poco. È come aspettarsi da una tigre affamata che ti mangi solo un braccio. Non esistono tigri del genere.
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Folle Germania: ci ha dichiarato guerra e non avrà pietà
Devo fare un’autocritica. Fino a qualche giorno fa ero convinto che la Germania fosse in pieno dibattito politico interno, lacerata dal dilemma se aiutare il resto dell’Europa a uscire dalla crisi, o farsi i fatti propri. Adesso so che non è così. Non c’è alcun dilemma. La Germania è unita nella sua ferma determinazione di essere la guida dell’Europa. Non un primus inter pares, ma un primus punto e basta. E questo consente di vedere molte cose sotto un’altra prospettiva. Ma prima di tutto devo spiegare che la mia conversione è avvenuta non sulla via di Damasco ma su quella di Lussemburgo, dopo aver ascoltato in rapida successione tedeschi e lussemburghesi (che è come dire tedeschi e tedeschi al quadrato) ribadire che l’Europa che abbiamo è questa; che di altre Europe non c’è bisogno, e che altre Europe non sono all’orizzonte e non ci saranno.
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Dittatura-Bruxelles: più rigore per tutti, salvo le banche
Avanti tutta, contro di noi: attacco al lavoro e al welfare, stabilità dell’euro, blindatura del sistema bancario. E progressiva centralizzazione della vita del continente: in materia economica e fiscale ma anche diplomatica e militare. E’ l’obiettivo dei vertici della tecnocrazia europea, reduci da una cena riservata per mettere a punto il nuovo piano, che il settimanale tedesco “Welt am Sonntag” definisce “segreto”, perlomeno nei dettagli. «Le nostre discussioni hanno dimostrato che abbiamo bisogno di portare l’Unione economica e monetaria in una nuova fase», aveva annunciato Herman Van Rompuy dopo il vertice Ue di fine maggio. A quanto pare, aggiunge il giornale tedesco, le massime autorità europee starebbero mettendo a punto un nuovo progetto «per rafforzare l’euro e favorire la ripresa dell’economia nell’Eurozona».
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Paolo Savona: non siamo cretini, dobbiamo uscire dall’euro
L’incontro tra la Merkel e Hollande non sembra aver rasserenato gli animi sulla possibilità che la politica fiscale europea cambi registro. Parrebbe che Monti sia rientrato rabbuiato da Bruxelles. Neanche la notizia che la Grecia è in cattive acque sembra spaventare la Germania, che resta la maggiore beneficiaria dell’euro così com’è, in quanto le sue esportazioni godono di un rapporto di cambio (per essa, non per noi) sottovalutato. Il Fmi, per bocca della signora Lagarde, ha ammesso che la Grecia può uscire senza traumi per l’euro, a conferma che ci stanno seriamente pensando e preparando, la quale cosa non sembra stia facendo l’Italia, almeno dalle reazioni, ma ancor più dai silenzi seguiti alla mia richiesta, avanzata su questo stesso quotidiano dall’agosto scorso, di avere pronto un Piano B, un programma di uscita ordinata dall’euro.