Archivio del Tag ‘Torino-Modane’
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Anche Mosca rinuncia al Tav, e risparmia 100 miliardi
Dopo la rinuncia ufficiale del Portogallo e i recenti tentennamenti francesi, sul progetto Tav anche la Russia fa retromarcia: costi troppo elevati. Mosca ha annunciato che non finanzierà la costruzione delle linee ad alta velocità inizialmente previste per i Mondiali di calcio del 2018. Taglio netto: rinunciando al Tav, il Cremlino opta per una spettacolare “spending review” e risparmia in un colpo solo qualcosa come 103 miliardi di euro. Solo poche settimane fa, riferisce il network antagonista “Infoaut”, al governo russo era stato presentato un progetto di costruzione per gradi, che avrebbe dovuto ridurre il peso economico dell’opera, ma tanto gli investitori privati quanto lo Stato hanno ormai reso noti i propri ripensamenti. Motivo: l’efficienza economica dell’opera non è tale da giustificare una spesa così abnorme. E i Mondiali di calcio? Per il vicepremier Igor Shuvalov, basterà migliorare le linee esistenti.
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Mistero italiano: l’addio al Pendolino, super-treno perfetto
«Siamo unici al mondo: devastiamo il paese per aprire la strada agli Eurostar ma avevamo il Pendolino, che era un gioiello tecnologico veloce e super-confortevole, perfettamente adatto all’accidentata orografia italiana». Luca Giunti, guardiaparco in valle di Susa e attivissimo militante-divulgatore No-Tav, osserva lo stretto corridoio alpino della sua valle, già intasata dalle infrastrutture: due strade statali ai lati del fiume, poi l’autostrada, la linea ferroviaria internazionale Torino-Modane, i paesi, le fabbriche, l’autoporto, le aree commerciali. Là in mezzo, da qualche parte, dovrebbe passare un giorno anche la futura pista ferroviaria superveloce, il tracciato della fantomatica Torino-Lione. «E dire che il Pendolino andava benissimo. Inclinandosi in curva, offriva il massimo comfort. E soprattutto: poteva correre anche molto veloce sulle linee storiche, senza bisogno di nuove costosissime ferrovie».
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Europa, frenata storica sulla Torino-Lione: costa troppo
«E adesso chi glielo dice che avevano ragione loro?». L’epigramma è dell’ex direttore del “Manifesto”, Riccardo Barenghi, in arte “Jena”: gli bastano poche parole, sulla “Stampa” del 13 luglio, per archiviare la contestatissima linea Tav dopo la sortita del ministro del bilancio francese, Jerome Cahuzac, rilanciata il giorno prima da “Le Figaro”: troppi progetti faraonici di dubbia utilità, ormai proibitivi in tempi di crisi. In cima alla lista nera di Parigi c’è proprio la Torino-Lione: solo a fine anno, ha annunciato il ministro, una speciale commissione parlamentare appositamente costituita valuterà se ha davvero senso che la Francia si indebiti fino al collo per spendere i 12 miliardi di euro previsti per la tratta transalpina dell’alta velocità italo-francese. E se le diplomazie tentano di spegnere la polemica (nessun problema con Parigi, dice il ministro Passera: la Torino-Lione si farà) il secondo round della doccia fredda arriva da Bruxelles: Francia e Italia non sperino che l’Europa finanzi la Torino-Lione.
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Finanzieremo le banche, all’infinito: ecco spiegata la Tav
Svelato il “mistero” della Torino-Lione: il vero motivo per cui si vuole realizzare a tutti i costi la maxi-infrastruttura più inutile d’Europa sarebbe l’incremento illimitato del debito pubblico. I “mandanti” dell’operazione? Le banche, innanzitutto: di fronte a cui passerebbero in secondo piano la potente “casta” politica Pro-Tav, gli interessi di Confindustria e persino le infiltrazioni della mafia, considerata in pole position nell’aggiudicazione “a cascata” degli appalti faraonici. Secondo analisti e critici, chi eredita l’affare del secolo è prima di tutto la finanza, a cui lo Stato dovrebbe ricorrere sia per la costruzione dell’opera, sia poi per il mantenimento. Per la sola sicurezza, senza che sia ancora stato impiantato il cantiere, a Chiomonte la “militarizzazione” del sito è già costata 27 milioni di euro: grossomodo, il 10% di quanto sborserebbe l’Unione Europea, per una linea Tav che costerà almeno 20 miliardi. Spesa nominale: perché poi, avverte la Corte dei Conti, il costo potrebbe aumentare anche di otto volte, in vent’anni di cantieri, arrivando alla teorica cifra-mostro di 100 miliardi di euro.
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Torino-Lione, record folle: la ferrovia più cara della storia
La Torino-Lione, l’infrastruttura “strategica” più inutile d’Europa, sta per centrare un altro clamoroso record: sarà probabilmente l’opera pubblica più costosa del mondo. Una follia: 628 milioni di euro per ogni chilometro di ferrovia. Lo afferma un autentico specialista come Ivan Cicconi, autore del “Libro nero dell’alta velocità” e direttore di “Itaca”, istituto nazionale per la trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale, che offre consulenza tecnica alle Regioni italiane. In un intervento sul “Fatto Quotidiano”, Cicconi ripercorre la pazzesca cronistoria della Torino-Lione, progetto ancora “fermo” solo grazie alla strenua opposizione della valle di Susa. Vent’anni di ipotesi di tracciato, accordi Italia-Francia e strette di mano, senza mai una spiegazione chiara: tutti i dati dicono che quella linea non servirà mai a nessuno. Eppure, niente ferma il balletto delle cifre: quelle ufficiali e quelle “reali”, che prospettano un autentico suicidio finanziario.
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La Tav per Elio: il treno, il bottino e l’amico ‘ndrangheto
No-Tav clandestino in prima serata il sabato su “La7” grazie all’ultima sorpresa di “Elio e le storie tese”: nel programma di Serena Dandini, “Show must go off”, il 17 marzo è sbarcato un medley spericolato che saccheggia Tozzi, Endrigo e Paolo Conte per “raccontare” il caso-Tav, il contestatissimo progetto di alta velocità in valle di Susa: “Pressoché inutile, ma inevitabile, perché è già stato stanziato un bottino e col cacchio che adesso si possa fermar, checché ne dica il No-Tav”. Chiaro, no? Dopo l’inattesa sortita di Francesco Guccini l’estate scorsa, in una pacata conversazione giornalistica con “Wu-Ming 2”, la “causa” No-Tav fa proseliti nella musica italiana, da Caparezza a Giorgia, che ha dedicato alla resistenza civile della val Susa un passaggio dell’ultimo concerto tenuto a Torino.
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Tav, lezione francese: trasparenza d’obbligo, per legge
Un’opera «strategica per la crescita», che impedirebbe di «lasciar scivolare la nostra penisola verso il Mediterraneo senza un solido ancoraggio all’Europa»: così parla il premier Mario Monti, l’uomo che finge che l’Italia sia isolata dal resto d’Europa e intanto continua a rifiutare di dare spiegazioni ai 360 tecnici e docenti dell’università italiana che gli chiedono di farla finita con gli slogan e accettare una buona volta un confronto serio sulla “follia” della Torino-Lione. Ancora più irridente e “antico” il ministro dell’ambiente, Corrado Clini: «Si tratta di scegliere se si vuole vivere nel futuro o nel passato», dice, sfrecciando a bordo del super-treno cinese Pechino-Tianjin. La Tav nostrana? Un’opera che «forse non è stata sufficientemente spiegata», ammette soavemente lo stesso Monti, sorvolando sul fatto che – al di là delle Alpi, in quell’Europa così comoda da citare a sproposito – la discussione sulle grandi opere è addirittura obbligatoria, per legge.
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Tav, la talpa occulta della Casta che ci scava nelle tasche
Probabilmente non vincerà nessuno e perderemo tutti. Sulle grandi opere si sta scommettendo il futuro delle nostre economie, in particolare in Italia, perché le architetture finanziarie che si costruiscono su queste grandi opere sono meccanismi per scavare un debito pubblico occultato nella contabilità di società di diritto privato. Il cosiddetto project financing, del quale si riempiono la bocca molti politici quando le risorse pubbliche vengono a mancare, è esattamente il meccanismo che ha prodotto la crisi del 2009. In quel caso, il debito era costruito su finanziamenti privati; in questo caso, l’impacchettamento del debito è costruito sul debito pubblico. E il project financing è esattamente questo: una talpa, che provoca un debito pubblico futuro che prima o poi, inevitabilmente, emergerà. Questa talpa è già partita da molti anni – dall’inizio degli anni ’90, dal “dopo Tangentopoli” in poi – ed emergerà, prima o poi, perché è un debito occultato.
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Zucchetti: il Tav farà 200 morti, ma per Monti è tutto ok
Diciassettemila Tir, e solo per portare via l’amianto dai primi 500 metri di un traforo lungo oltre 50 chilometri che provocherà non meno di duecento morti. Non sarebbe ora che il governo, al posto delle surreali barzellette di Mario Monti, si decidesse a dire qualcosa di serio sulla Torino-Lione? Dopo le nove paginette prodotte dall’esecutivo per balbettare qualche spiegazione in seguito alle forti proteste della valle di Susa, il professor Massimo Zucchetti del Politecnico di Torino chiede al premier di fare uno sforzo: perlomeno, eviti di sottoscrivere stupidaggini. Nel mondo scientifico, dice Zucchetti, quel documento ha causato innanzitutto imbarazzo, perché il testo prodotto dal “tecnico” Monti «affastella affermazioni approssimative, errate, e soprattutto – questa la cosa più grave – prive di fonti e studi verificabili a loro supporto».
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No al dialogo: la guerra contro la valle di Susa continua
Niente dialogo, la “guerra” continua: anche il presidente della Repubblica rifiuta di parlare con i rappresentanti istituzionali della valle di Susa assediata dai reparti antisommossa spediti dal governo Monti a imporre, manu militari, la Torino-Lione, cioè l’opera pubblica più costosa, più dannosa e più inutile della storia nazionale, secondo l’opinione di milioni di italiani, suffragata dai migliori tecnici delle nostre università. Giorgio Napolitano rifiuta l’incontro coi sindaci valsusini il 6 marzo a Torino, così come aveva rifiutato di rispondere all’appello di 150 docenti universitari di tutta Italia per chiedere un ripensamento sul progetto. Nel vuoto anche l’ultima lettera aperta rivolta a Monti, firmata da 360 professori e tecnici, e persino l’appello al dialogo invocato da don Luigi Ciotti, che chiede invano al governo di trovare il coraggio di discutere finalmente un’opera così fortemente contrastata.
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No-Tav, Travaglio: Bersani e il silenzio dei tecnici cialtroni
Il Tav Torino-Lione nasce ventuno anni fa, quand’era appena caduto il Muro di Berlino, al governo c’erano Andreotti e Cirino Pomicino e alle Ferrovie Lorenzo Necci. Poi, guardacaso, Tangentopoli li ha spazzati via tutti. Un’altra era geologica, quando i politici erano in preda a una supersonica “invidia del pene” e come modello di sviluppo inseguivano ancora la Muraglia Cinese e la Piramide di Cheope. Poi sappiamo che cosa ci han lasciato di grosso, in eredità: il debito pubblico. Il primo studio di fattibilità commissionato dalla Regione Piemonte 21 anni fa stimava che i passeggeri fra Italia e Francia sarebbero aumentati da un milione e mezzo a 7 milioni e 700.000 in dieci anni. Invece adesso sono 700.000: un decimo del previsto. Infatti il vecchio treno diretto Torino-Lione è stato soppresso da un pezzo.
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Monti, ripensaci: l’inutile Torino-Lione inguaia l’Italia
Caro professor Monti, ci ripensi: la Torino-Lione non serve a niente e in più contribuisce a mettere in crisi l’Italia. Dopo l’appello di 150 docenti universitari al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a mobilitarsi sono ora quattro super-tecnici, decisi a chiedere al premier quello che finora è sempre mancato: spiegazioni accettabili. Presentata come infrastruttura strategica, la linea Tav a cui la valle di Susa si oppone non è soltanto devastante per il territorio, ma è soprattutto inutile per l’economia italiana e addirittura dannosa, perché farebbe crescere il debito sottraendo risorse a settori-chiave per il rilancio che il governo Monti dichiara di inseguire. Meglio perderlo, quel treno, perché non porta da nessuna parte.