Archivio del Tag ‘trasparenza’
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Violenza-spettacolo, le amnesie dei media e le regie occulte
Inorridisce giustamente, l’italiano medio, di fronte alla brutalità della polizia spagnola che a Barcellona prende a calci i giovani inermi finiti a terra, maltratta le donne tirandole per i capelli, rompe nasi e spezza braccia, spara nel mucchio proiettili di gomma ad altezza uomo, spintona e strattona persino le nonne, trascinadole via come pericolose terroriste. Inorridisce, ma senza chiedersi come mai tanta violenza di Stato venga esibita di colpo a reti unificate. E si domanda invece, giustamente, per quale motivo il governo democratico di Madrid non si vergogni nemmeno un po’ dello spettacolo barbarico dei suoi agenti antisommossa, i robocop neri a cui è stato semplicemente ordinato di picchiare senza riguardi, di pestare gente con le mani alzate, di spedire all’ospedale cittadini, popolo, anziani. Sono le domande naturali, ovvie, che assillano e disturbano lo spettatore neutrale, estraneo ai fatti, turbato dalla violenza andata in scena a Barcellona. Quegli interrogativi se li pongono anche gli addetti all’informazione ospiti dei talkshow. Ma, attenzione: sono gli stessi giornalisti mainstream che si guardarono bene dal fiatare quando a prendere a calci i cittadini – italiani – erano le forze antisommossa spedite dal governo di Roma in valle di Susa col medesimo ordine: mandare all’ospedale la gente che aveva osato protestare, presidiare spazi e invocare giustizia, molto prima che la battaglia NoTav venisse inquinata dalle derive rabbiose nate dall’esperazione.«Giornalisti bugiardi e cialtroni: ne caccerei nove su dieci», ebbe a dire recentemente un reporter di razza come lo statunitense Seymour Hersh, Premio Pulitzer. La sua tesi: se la stampa non avesse abdicato al suo ruolo, rinunciando a fare il proprio dovere, in questi ultimi decenni avremmo avuto meno vittime. Meno abusi e meno stragi, meno guerre, meno terrorismi opachi. E forse, costringendo politici e governi a dire la verità, qualche oscuro mandante sarebbe stato costretto a venire allo scoperto. I grandi media sono ormai “Presstitutes”: così li chiama Paul Craig Roberts, liberale, già viceministro di Reagan. Non sono più veri mass media, ma strumenti orwelliani di propaganda, megafoni di un regime finanziario unificato, proprietario universale dell’editoria cartacea e radiotelevisiva che ha trasformato l’informazione in gossip, in politica-marketing e tifoseria da stadio contro nemici apparenti come la Russia di Putin, o fabbricati a tavolino come i tagliagole-kamikaze dell’Isis. E’ tutto spettacolo, soltanto spettacolo – senza mai analisi, spiegazioni, memoria storica, retroscena e denunce argomentate, al punto da spingere milioni di utenti a spegnere il televisore cercando rifugio nella galassia magmatica del web, alla ricerca affannosa di informazioni e ricostruzioni (attendibili, o almeno plausibili) su qualsiasi guaio contemporaneo, dall’euro alle scie chimiche, dalle guerre ai vaccini obbligatori.Lo spettacolo, oggi, è quello della violenza imposta dagli uomini neri che Madrid ha spedito a Barcellona? Ieri era quello della Troika euro-tedesca impegnata a gambizzare un altro popolo alle prese con un referendum, quello greco. Quando i primi NoTav si agitavano in corteo nella loro valle di Susa, appena dopo il duemila, non immaginavano neppure lontanamente la reale geografia della partita in corso: ancora non era arrivato Mario Monti a usare il manganello (finanziario) contro gli italiani. In Francia, il pallido François Hollande era riuscito a conquistare l’Eliseo promettendo la fine del rigore imposto da Berlino? E’ stato “sistemato” a colpi di attentati, insieme ai francesi: che adesso si godono Macron, l’omino-Rothschild confezionato in vitro direttamente dalle officine supermassoniche cui sovrintendono personaggi come Jacques Attali, il finto-socialista che spinse a destra la politica di Mitterrand, nel segno euro-imperiale dell’ordoliberismo da cui è appena scappata la Gran Bretagna votando la Brexit. E’ tutto spettacolo, quello che va in televisione: e se ci va, è sempre bene chiedersi perché. Secondo un analista indipendente come Federico Dezzani, a manipolare la Catalogna indipendentista sarebbero gli stessi super-poteri oligarchici che orchestrarono il crollo della Prima Repubblica in Italia, corrotta ma ancora relativamente sovrana, ostile al falso europeismo neo-feudale degli oligarchi interessati a smantellare l’economia della penisola, aprendo la stagione della crisi infinita.La polizia che malmena gli inermi non è mai un bello spettacolo, e a Madrid non potevano non saperlo. Non poteva non sapere, il debolissimo governo Rajoy, che l’intera Europa avrebbe simpatizzato, in diretta televisiva, con gli abitanti di Barcellona. Ha ragione Dezzani: non può essere a Madrid, la vera regia di questa pagina imbarazzante, con troppo sangue e troppe ossa rotte. Forse non è nemmeno a Marsiglia, dove – in contemporanea – le forze di sicurezza francesi hanno abbattuto a pallettoni, tanto per cambiare, l’ennesimo presunto jihadista accoltellatore, destinato come tutti gli altri a non parlare più. La regia dell’orrore non è nemeno a Nizza, dove la polizia locale (un po’ come i Mossos catalani) si rifiutò di obbedire agli ordini di Parigi, quando il ministro dell’interno le impose di distruggere i filmati delle telecamere che avevano ripreso la strage del 14 luglio sulla Promenade des Anglais. Una parte di questa ipotetica regia probabilmente risiede proprio a Parigi, dove – dopo il non-suicidio di un valente commissario – il governo silenziò e chiuse le indagini su Charlie Hebdo con l’imposizione del segreto di Stato (segreto militare), togliendo il dossier al coraggioso magistrato che aveva scoperto una strana triangolazione per la fornitura delle armi al commando stragista, Kalashnikov slovacchi giunti in Francia via Belgio attraverso un uomo della Dgse, il servizio segreto parigino.Se tutto è spettacolo, in televisione, manca sempre il vero mandante, perché sfugge regolarmente il movente. Era di quello che si occupava il giudice italiano Gabriele Chelazzi, stranamente morto dopo aver scritto una lettera di protesta alla Procura di Firenze, che accusava di averlo lasciato solo, senza uomini e mezzi. Lo racconta un super-poliziotto, Michele Giuttari, che fece condannare i “compagni di merende”. Prima del Mostro di Firenze (la cui vera storia si è rassegnato a scriverla nei suoi romanzi), Giuttari aveva sgominato – con Chelazzi – la gang di Cosa Nostra impegnata a realizzare gli attentati dinamitardi di Milano, Firenze e Roma. Un’indagine record, con decine di mafiosi in manette. Per ordine di chi avevano agito? Totò Riina, Leoluca Baragarella. D’accordo, si domanda Giuttari: ma chi aveva ordinato a Riina e Bagarella di piazzare ordigni fuori dalla Sicilia? E per quale oscuro motivo? Per una ragione formidabile e al tempo stesso indicibile: terremotare l’Italia e renderla fragile, mentre i poteri forti organizzavano la tagliola fatale del Trattato di Maastricht, l’inizio della fine delle economie prospere e sovrane. A dirlo non è Giuttari ma Dezzani, lo studioso che ora accusa i politci catalani di essersi fatti strumento di quegli stessi poteri oligarchici che – c’è da giurarci – spingeranno il vento nelle vele degli autonomisti lombardi e veneti al referendum del 22 ottobre, sperando di veder presto anche l’Italia sbriciolarsi, come la Spagna, per meglio dominare, finanziariamente, un popolo ormai ipnotizzato dalla televisione.Inorridisce giustamente, l’italiano medio, di fronte alla brutalità della polizia spagnola che a Barcellona prende a calci i giovani inermi finiti a terra, maltratta le donne tirandole per i capelli, rompe nasi e spezza braccia, spara nel mucchio proiettili di gomma ad altezza uomo, spintona e strattona persino le nonne, trascinandole via come pericolose terroriste. Inorridisce, ma senza chiedersi come mai tanta violenza di Stato venga esibita di colpo a reti unificate. E si domanda invece, giustamente, per quale motivo il governo democratico di Madrid non si vergogni nemmeno un po’ dello spettacolo barbarico dei suoi agenti antisommossa, i robocop neri a cui è stato semplicemente ordinato di picchiare senza riguardi, di pestare gente con le mani alzate, di spedire all’ospedale cittadini, popolo, anziani. Sono le domande naturali, ovvie, che assillano e disturbano lo spettatore neutrale, estraneo ai fatti, turbato dalla violenza andata in scena a Barcellona. Quegli interrogativi se li pongono anche gli addetti all’informazione ospiti dei talkshow. Ma, attenzione: sono gli stessi giornalisti mainstream che si guardarono bene dal fiatare quando a prendere a calci i cittadini – italiani – erano le forze antisommossa spedite dal governo di Roma in valle di Susa col medesimo ordine: mandare all’ospedale la gente che aveva osato protestare, presidiare spazi e invocare giustizia, molto prima che la battaglia NoTav venisse inquinata dalle derive rabbiose nate dall’esasperazione.
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Messora: bei tempi, quando esisteva il Movimento 5 Stelle
«C’era una volta il Movimento 5 Stelle». Era fatto «di cittadini che prendevano decisioni tutti insieme, dopo avere scartato migliaia di scelte alternative, valutate attentamente una per una». La televisione «era considerata complice del sistema e artefice del decadimento civico e culturale», e i sondaggi «erano l’antitesi della buona politica», nemici della democrazia diretta. All’indomani dell’investitura di Luigi Di Maio, il blogger Claudio Messora, fondatore di ByoBlu e già comunicatore dei pentastellati, intona il de profundis del movimento grillino. Bei tempi, quando «la demoagogia ripugnava tutti» e i protagonismi «erano il peccato originale, da cui era necessario pentirsi», sublimandolo «nella retorica del “cittadino portavoce”». Tutto era trasmesso in streaming, due mandati erano “due legislature” (e non dieci anni). Le cariche interne «ruotavano ogni tre mesi, tutte, così nessuno avrebbe potuto impadronirsi di una poltrona e diventare inamovibile. Tanto, un portavoce era solo un segnaposto della volontà degli attivisti certificati: era sostituibile».Le riunioni a porte chiuse? Atra «eresia blasfema, perché contrarie alla trasparenza»: per definizione «ponevano nelle mani di pochi il potere di elaborare strategie nascoste». Democrazia diretta e strategie di palazzo? «Incompatibili a priori». Il titolo di “onorevole”, poi, «era una macchia indelebile da cancellare con lunghi pellegrinaggi nei MeetUp di origine». All’epoca, il capo politico non esisteva ancora: non lo era neppure Beppe Grillo. C’erano solo due garanti, Grillo e Casaleggio, «lungimiranti fondatori, che tenevano a freno le derive individualistiche di ragazzi catapultati all’improvviso nelle stanze del potere senza i necessari anticorpi, omaggiati e riveriti dai media e dalle associazioni di interessi». Erano i tempi in cui Casaleggio rimetteva alla rete ogni decisione, e la rete talvolta votava perfino contro a quello che avrebbe voluto lui, come nel caso della depenalizzazione del reato di clandestinità, continua Messora. «Il rispetto degli attivisti era non solo formale, ma sostanziale, e questo si traduceva in referendum online dagli esiti mai scontati e presentati con completezza di informazione. Anche perché gli attivisti di una volta, quelli che si erano scorticati la pelle delle mani nel corso di interminabili banchetti al freddo e al gelo, non avrebbero mai e poi mai accettato niente di meno».Erano i tempi in cui Grillo girava senza scorta per le strade di Roma, perché lui poteva permetterselo e se ne vantava. Oggi invece Di Maio «ha bisogno di girare circondato dalla security». Bei tempi, appunto, quando il Movimento 5 Stelle «provava a declinare in politica il suo retroterra antieuropeista e sovranista, antielitario e fieramente populista», come rivendicato dallo stesso Casaleggio, «il genio comunicativo» che spesso «stravolgeva ogni aspettativa e ribaltava la prospettiva». E lo stesso Grillo «scendeva a Roma chiamando il popolo in piazza Montecitorio, e i politici scappavano dal palazzo come topi in fuga, mentre le acque si facevano agitate e rombavano minacciose, facendo tremare i muri delle aule». Quelli, continua Messora, erano i tempi in cui il Movimento 5 Stelle era diverso da tutte le altre forze del sistema, da Bersani ai mostri di Bruxelles, «il peggio degli europeisti banchieri, artefici dell’austerity come l’Alde, in cui i 5 Stelle Europa volevano confluire sotto la sapiente guida di europarlamentari stimati da Mario Monti e ormai dimentichi della logica dei portavoce, ma sempre più calati nei panni del perfetto manovratore di palazzo».Quei tempi sono finiti, scrive Messora. «Oggi il Movimento 5 Stelle è un partito. Si comporta da partito. Ha i riti di un partito. Accentra il potere, come un partito. Ha i suoi servi, i suoi yes-men, i suoi adoratori, i suoi fan, la sua terminologia, i suoi giornalisti, come un partito. Ha perfino il culto della personalità del capo». E’ finita la spinta propulsiva, la voglia di rottura, «la narrazione dirompente, la creazione di un linguaggio differente, motivante, sferzante, con i suoi neologismi dissacranti». Si è esaurita «la componente di attivismo disinteressato e un po’ ingenuo, l’esaltazione dell’uguaglianza», che aveva attratto «intellettuali anticonvenzionali che rappresentavano visioni diverse e inascoltate sulla società, sulle tematiche ambientali, sul futuro». Tutto questo non esiste più, dice Messora: il Movimento 5 Stelle ha compiuto la sua metamorfosi. «Dal bozzolo è uscito un leader (termine che un tempo avrebbe procurato inguaribili allergie e insopportabili pruriti)», il quale «ha vinto primarie senza rivali, con risultati bulgari, che in ossequio all’era dei reality show hanno tuttavia beneficiato di una suspence artificiale, con tanto di musica da nomination del Grande Fratello». Poco seria, la faccenda: i vertici avevano già scelto Di Maio da tempo, «quindi la cosa più ragionevole da fare (e più onesta) sarebbe stata per il garante prendersi la responsabilità di proporre Di Maio e sottoporre il suo nome a una ratifica referendaria sul blog, da parte degli attivisti». Sempre meglio che una (finta) vittoria, senza concorrenti.Nel sogno della diversità, i primi “grillini” ci avevano creduto «quando tutti gli altri li prendevano in giro». E avevano combattuto contro qualunque pregiudizio perché erano davvero affascinati «dalla purezza cristallina di un’idea coraggiosa e sfrontata», ed erano riusciti a coinvolgere con il loro disinteressato entusiasmo ben 9 milioni di elettori «che nulla sapevano dei Cinque Stelle», ma avevano «interiorizzato solo un grande, immenso vaffanculo». Alla fine di questa metamorfosi, ecco dunque un partito in pole position nei sondaggi: un partito leaderistico, «nato pescando nelle ideologie di sinistra, così come nel serbatoio di elettori delusi a destra», ma che ora – rinnegato Farage con la sua Brexit e sfatato il mito dell’accoglienza tout court dei rifugiati – si è «riposizionato con nonchalance al centro, lontano dagli estremi e in corsa per Palazzo Chigi con il beneplacito della Chiesa, del potere transazionale della Trilaterale (Monti, Napolitano & Co), delle lobby, dell’establishment americano in cui il Cinque Stelle è di casa, dei circoli europeisti di Bruxelles, della finanza internazionale e dei mercati, cui Di Maio si è appellato personalmente».Ma attenzione, continua Messora: è un partito che non ha segreterie né strutture dirigenziali, non ha correnti ma neppure regole, non ha tempi certi per sostituire il capo politico, che può decidere candidature ed espulsioni. Un partito ibrido, «dove tutti sono d’accordo perché gli altri per definizione sono già stati espulsi», e molti di quelli che avevano remore e hanno pensato per lungo tempo di esternarle «ora sorridono sul palco dietro a Luigi che abbraccia Beppe, come se fossero tutti una grande famiglia da Mulino Bianco». Ma dov’è la democrazia, cioè la facoltà di dissentire? «Poi il risultato sono primarie che assomigliano più a un sorteggio di Champions, dove in un girone da una parte c’è la Juventus e dall’altra tre squadrette dell’oratorio». Di certo, concede Messora, «non ci troviamo di fronte a una forza politica peggiore del Pd, di Forza Italia, della Lega e di tanti altri soggetti che da lungo tempo calcano il palcoscenico istituzionale».Magra consolazione: questo nuovo partito «non ha ancora avuto modo di fare i danni che i vecchi partiti hanno certamente e incontestabilmente apportato al tessuto sociale, produttivo ed economico del paese». E’ vero, il nuovo “partito” 5 Stelle non ha un solido programma alternativo. Però «non lo si può accusare di essere responsabile delle privatizzazioni, delle liberalizzazioni, delle cessioni di sovranità, della sottomissione ai mercati, della distruzione del tessuto produttivo e della domanda interna, della ratifica del pareggio di bilancio, del Fiscal Compact, del Mes». Tutte «disgrazie», aggiunge Messora, che il partito ora capeggiato da Di Maio «ha finora dimostrato di non avere compreso e alle quali non sembra intenzionato a porre rimedio». E questo è l’aspetto di gran lunga più preoccupante: gli ex “ribelli” pentastellati non si impegnano contro il vero nemico, nemmeno lo vedono. O fingono di non vederlo, che è ancora peggio.«C’era una volta il Movimento 5 Stelle». Era fatto «di cittadini che prendevano decisioni tutti insieme, dopo avere scartato migliaia di scelte alternative, valutate attentamente una per una». La televisione «era considerata complice del sistema e artefice del decadimento civico e culturale», e i sondaggi «erano l’antitesi della buona politica», nemici della democrazia diretta. All’indomani dell’investitura di Luigi Di Maio, il blogger Claudio Messora, fondatore di ByoBlu e già comunicatore dei pentastellati, intona il de profundis del movimento grillino. Bei tempi, quando «la demoagogia ripugnava tutti» e i protagonismi «erano il peccato originale, da cui era necessario pentirsi», sublimandolo «nella retorica del “cittadino portavoce”». Tutto era trasmesso in streaming, due mandati erano “due legislature” (e non dieci anni). Le cariche interne «ruotavano ogni tre mesi, tutte, così nessuno avrebbe potuto impadronirsi di una poltrona e diventare inamovibile. Tanto, un portavoce era solo un segnaposto della volontà degli attivisti certificati: era sostituibile».
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Un milione gli Ufo finora avvistati. Perché gli Usa tacciono
Sui grandi media non se ne parla mai, ma sono un milione gli Ufo avvistati nel mondo, negli ultimi 70 anni. E almeno il 20% degli avvistamenti – quindi, non meno di 200.000 – sono stati “validati” dall’intelligence militare di decine di paesi. Lo rivela il sociologo Roberto Pinotti, storico leader del Cun, Centro ufologico nazionale, riconosciuto dall’aeronautica militare. «Una realtà che il potere ufficiale continua a non ammettere, benché ne sia perfettamente a conoscenza». Il perché di questo decennale, imbarazzato silenzio? «Semplice: chi oggi detiene la leadership, nel mondo, dovrebbe ammettere la propria catastrofica inferiorità tecnologica di fronte a esseri infinitamente superiori», sostiene Pinotti in una recente conferenza, ripresa da “YouTube”. «Tutti sanno che gli alieni ci stanno monitorando», aggiunge. «Se avessero cattive intenzioni, avrebbero già annientato l’umanità». Si metteranno “ufficialmente” in contatto con noi? «Ma con chi potrebbero parlare? Con gli Usa, sempre in guerra col resto del mondo? Con i russi, i cinesi, gli indiani, gli europei? Meno improbabile, semmai, un contatto con autorità morali: il Dalai Lama non ha escluso questa eventualità, e la stessa Chiesa cattolica attribuisce un’importanza strategica al modernissimo osservatorio astronomico della Specola Vaticana di Mount Graham, in Arizona».“Res Inexplicata Volans”, è la definizione – in latino – con cui gli stimatissimi scienziati di Mount Graham, gesuiti, definiscono astronavi e dischi volanti. Fenomeno la cui osservazione ufficialmente documentata risale al 1947. Da allora, se ne sono occupati ininterrottamente i maggiori esperti militari, dall’aviazione statunitense fino alla Royal Air Force britannica, incluso il Kgb sovietico: «Proprio da Mosca, dopo il crollo dell’Urss – aggiunge Pinotti – abbiamo avuto accesso una mole veramente enorme di materiale top secret». Attualmente si contano oltre 12.000 dossier ufficiali dei militari statunitensi, mentre sono 1.700 quelli che la Francia ha raccolto dal 1977. La media si equivale ovunque: oltre il 20% degli avvistamenti resta puntualmente “inspiegato”. Sono circa 500, poi, i casi «tuttora senza una spiegazione certa», registrati in Italia dal Reparto Generale Sicurezza dell’aeronautica militare, istituito da Giulio Andreotti dopo i 2.000 avvistamenti sulla penisola verificatisi nel biennio 1978-79. Lo stesso Centro ufologico nazionale ha agli atti oltre 12.000 rapporti. «Nessuno ormai osa più dire che il fenomeno non è reale», conferma il Cun. Pinotti, già ufficiale dell’aeronautica nonché saggista di successo e giornalista aerospaziale, dispone di un archivio di oltre 8.000 fotografie. Tutte autentiche? Le falsificazioni accertate, assicura, non superano il 10%.Vladimiro Bibolotti, attuale presidente del Cun, sul “Fatto Quotidiano” ricorda che il 24 giugno 1947, esattamente 70 anni fa, il pilota civile americano Kenneth Arnold, mentre volava nei pressi del Monte Rainier nello Stato di Washington avvistò «una formazione di 9 oggetti volanti in fila indiana che sembravano saltellare come piattini sull’acqua». Oltre alla elevata velocità, quegli oggetti «avevano una forma particolare, semicircolare “come il tacco di una scarpa”». Ma per i giornalisti dell’epoca, attirò di più la versione di “piattini volanti”: quella colorita definizione, “flying saucer”, era destinata a diventare famosa, trasformandosi poi in “flying disc”. Solo tra il 1952 e il 1953 l’oggetto volante diventò Ufo, “Unidentified flying object”. La notizia dell’avvistamento, continua Bibolotti, non fu subito presa in seria considerazione, fino a quando – pochi giorni dopo – alcuni piloti militari avvistarono anche loro degli oggetti volanti comparabili con quelli osservati da Kenneth Arnold. Durante l’estate del ‘47 «furono moltissimi gli avvistamenti segnalati in ogni parte del territorio degli Stati Uniti, e cosa poco nota, furono scattate molte fotografie proprio da piloti militari». Così, anche grazie ai media, era nata l’ufologia.Già antiche cronache latine e medioevali, aggiunge il presidente del Cun, troviamo fenomeni celesti molto curiosi, dalle descrizioni simili e assimilabili alle moderne segnalazioni di fenomeni Ufo. E durante la Seconda Guerra Mondiale comparvero i cosiddetti “Foo Fighters”, «che volavano impunemente in mezzo alle formazioni degli alleati o dell’asse». Tuttavia, l’avvistamento del 24 giugno 1947 è considerato convenzionalmente come il “primo”. A distanza di 70 anni, il fenomeno Ufo continua ad appassionare. Come ebbe a dire un decennio fa l’allora presidente dell’Unione giornalisti aerospaziali italiani, il compianto Cesare Falessi: «Gli Ufo? Certo che esistono! Se per assurdo così non fosse, il vero scoop sarebbe scoprire in virtù di quale incredibile prodigio una questione inesistente continua a rimbalzare tuttora sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo, a distanza di sei decenni». Oggi, a dieci anni dalla scomparsa di Falessi, dopo che il fenomeno è stato a lungo negato dalle autorità, «si scopre che invece le varie agenzie governative, non ultima la Cia, investigarono meticolosamente e con un ingente budget a disposizione».A conferma di ciò, continua Bubolotti, c’è da poco stato il rilascio di ben 800.000 dossier, con oltre un milione di pagine a testimonianza dell’interesse per quelle manifestazioni tecnologiche così inconsuete. Come disse il presidente americano Harry Truman in una conferenza stampa televisiva per tranquillizzare l’opinione pubblica americana dopo il famoso sorvolo nel 1952 di alcuni oggetti sopra la Casa Bianca, «se mai tali oggetti fossero reali, non sarebbero stati costruiti da nessuna nazione della Terra». C’è chi ha trasformato questa ricerca «in atti di fanatismo religioso, minando la credibilità stessa del fenomeno», al pari degli scettici «che non hanno mai letto dossier di fonte militare», accusa il presidente del Cun. Depistatori, che hanno trasformato il tutto «in cattive interpretazioni di percezione o allucinazioni, dimenticando che persino noti astronomi d fama mondiale come Clyde Tombaugh, scopritore di Plutone, nonché piloti militari, scienziati e premi Nobel sono stati testimoni di avvistamenti di oggetti la cui natura tecnologica e intelligente esula dalle nostre capacità costruttive». Conferma il grande astrofisico Stephen Hawking: «Non siamo soli, nell’universo».A settant’anni dall’avvistamento di Kenneth Arnold, però, rimane ancora il ragionevole dubbio e il mistero che tali oggetti ci lasciano, sia come manifestazione tecnologica, sia come fenomeno sociologico che investe l’intera umanità, coclude Bubolotti. «Evidentemente, la vastità dell’universo e le nuove scoperte ci avvicinano a nuove prospettive e conoscenze paragonabili alla rivoluzione copernicana che scardinò l’idea che la Terra fosse al centro dell’universo». Forse, lo studio e la verifica della realtà degli “oggetti volanti non identificati”, «fenomeno oggettivamente non misurabile convenzionalmente, nonostante tracciati radar e filmati militari», alla fine «sconfesserebbe il modus operandi di scettici che, senza aver mai studiato carte e documenti, lapidariamente hanno liquidato la questione come inesistente». Storici precedenti smentiscono i negazionisti: è il caso delle meteoriti che «solamente nel 1794, dopo la caduta di molti esemplari a Siena, furono accettate come fenomeno reale, nonostante oltre 5.000 anni di osservazioni astronomiche».Roberto Pinotti è ancora più drastico: imputa agli Usa l’imposizione del “grande silenzio” sulla materia, perché «la superpotenza, in quanto tale, è quella che averebbe più da perdere, di fronte all’ammissione dell’esistenza di entità ben più potenti». Anche per questo, aggiunge, proprio gli Usa – tramite la fantascienza di Hollywood e le produzioni televisive appositamente finanziate – ha cercato di manipolare l’immaginario collettivo: un po’ per mettere gli Ufo in burletta, e un po’ per cominciare ad abituare la popolazione all’idea che, un bel giorno, l’evento destinato a terremotare la coscienza dell’umanità potrebbe davvero accadere, «come i militari sanno benissimo, dato che – anche in Italia – compilano accurati dossier», in parte trasferiti allo stesso Cun, redatti con precisione impressionante: caratteristiche del veicolo osservato, dimensioni, luminosità, rumore, tipo di volo. C’è di tutto, compresa la descrizione minuziosa di atterraggi. «Cito da fonte precisa, militare: membri dell’equipaggio, due. Altezza: un metro e trenta. Abbigliamento: tuta azzurra e casco bianco, con antenne».Sui grandi media non se ne parla mai, ma sono un milione gli Ufo avvistati nel mondo, negli ultimi 70 anni. E almeno il 20% degli avvistamenti – quindi, non meno di 200.000 – sono stati “validati” dall’intelligence militare di decine di paesi. Lo rivela il sociologo Roberto Pinotti, storico leader del Cun, Centro ufologico nazionale, riconosciuto dall’aeronautica militare. «Una realtà che il potere ufficiale continua a non ammettere, benché ne sia perfettamente a conoscenza». Il perché di questo decennale, imbarazzato silenzio? «Semplice: chi oggi detiene la leadership, nel mondo, dovrebbe ammettere la propria catastrofica inferiorità tecnologica di fronte a esseri infinitamente superiori», sostiene Pinotti in una recente conferenza, ripresa su “YouTube”. «Tutti sanno che gli alieni ci stanno monitorando», aggiunge. «Se avessero cattive intenzioni, avrebbero già annientato l’umanità». Si metteranno “ufficialmente” in contatto con noi? «Ma con chi potrebbero parlare? Con gli Usa, sempre in guerra col resto del mondo? Con i russi, i cinesi, gli indiani, gli europei? Meno improbabile, semmai, un contatto con autorità morali: il Dalai Lama non ha escluso questa eventualità, e la stessa Chiesa cattolica attribuisce un’importanza strategica al modernissimo osservatorio astronomico della Specola Vaticana di Mount Graham, in Arizona».
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Costa Concordia: credete davvero che sia stato un incidente?
Sicuri che sia stato davvero un incidente, e non invece un naufragio deliberato? Nel caso, quello della Costa Concordia risulterebbe “firmato” in modo inequivocabile, massonico. Troppe coincidenze alimentano fondati sospetti, afferma l’avvocato Gianfranco Pecoraro, alias Carpeoro, saggista e studioso di simbologia. “Seguite i soldi”, direbbe un detective americano, e forse scoprirete che dietro al disastro della nave da crociera incagliatasi davanti all’Isola del Giglio il 13 gennaio 2012 potrebbe nascondersi il più classico dei moventi, quello economico. E cioè: sbarazzarsi di una nave ormai anziana, scansando gli esorbitanti costi dello smantellamento. Un’ipotesi non così fantascientifica, per Carpeoro, che nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo” svela il codice esoterico con cui settori deviati dell’intelligence Nato avrebbero “firmato” gli attentati in Europa eseguiti da manovalanza islamista targata Isis. «In una serie di elementi di questa vicenda – afferma Carpeoro, parlando della Concordia ai microfoni di “Border Nights” – ho trovato qualcosa che somiglia al meccanismo consueto, che è quello della “firma”. Cioè: attraverso la scelta di circostanze e di date, qualcuno l’ha “firmato”, l’evento». Gli ipotetici autori? «Soggetti che generalmente lavorano per servizi, per società segrete anche paramassoniche». E i 32 morti? «Non voluti: probabilmente un errore di calcolo, che però si appoggiava su un’ipotesi criminosa».
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Cahill: abusi sui minori, 7 preti cattolici su 100 sono pedofili
Bergoglio continua a blaterare a vuoto, senza mai supportare le proprie parole con azioni che siano degne di queste parole. Ieri si è scagliato nuovamente – a parole – contro il «terribile peccato» della pedofilia. «Lo scandalo dell’abuso sessuale – ha dichiarato Bergoglio – è una rovina terribile per tutta l’umanità, che colpisce tanti bambini, giovani e adulti vulnerabili in tutti i paesi e in tutte le società. Per la Chiesa è stata un’esperienza molto dolorosa. Sentiamo vergogna per gli abusi commessi da ministri consacrati, che dovrebbero essere i più degni di fiducia». E poi ha aggiunto: «La Chiesa ha affrontato questi crimini in ritardo e anche un solo abuso basta a condanna senza appello». E no, caro Bergoglio, è qui che ti sbagli. La Chiesa non ha affrontato proprio nulla, durante il tuo pontificato. Ha solo “preso atto” – a parole, nuovamente – che il problema esiste, ma non ha fatto assolutamente nulla per cercare di risolverlo. Bergoglio infatti, per affrontare il problema, non avrebbe trovato di meglio che «cercare di prendere più gente che lavori nella classificazione dei processi, persone che studiano i dossier». Come se i dossier già esistenti non fossero sufficienti a capire le dimensioni e la portata del problema.Se davvero il Papa fosse interessato a fare qualcosa per combattere la pedofilia del clero, invece di “assumere più gente che lavori alla classificazione dei processi” potrebbe leggersi, ad esempio, questo rapporto pubblicato la scorsa settimana dal Centre for Global Research dell’Università di Melbourne, intitolato “Child sexual abuse in the Catholic Church: an interpretive review of the literature and public inquiry reports”. Scritto da un ex-prete cattolico, Des Cahill, e dal teologo Peter Wilkinson, il rapporto giunge all’agghiacciante conclusione che ben il 7% dell’intero clero cattolico ha abusato di bambini, in una forma o nell’altra, fra il 1950 e il 2000. Provate a scaricare il rapporto completo, e soltanto a leggere l’indice degli argomenti vi si rizzeranno i capelli in testa. La ragione principale di questa sistematica «devianza collettiva» – secondo il rapporto – è la cultura repressiva del celibato, imposta al clero dall’attuale dottrina cattolica, mescolata allo spirito di omertà e di segretezza che regna da sempre all’interno delle istituzioni cattoliche, dove i preti si trovano a stretto contatto con una popolazione di alunni esclusivamente maschile.Una formula esplosiva – in altre parole – fin dalla sua concezione, dove la negazione delle normali pulsioni eterosessuali si accoppia con la vasta «disponibilità» di ragazzini di sesso esclusivamente maschile. Altro che “prendere più persone che lavorino nella classificazione dei processi”. Se Bergoglio vuole davvero affrontare il problema alla radice, deve cominciare a guardare alla stessa dottrina cattolica, che impone appunto il celibato in maniera mortificante e non motivata. Ricordiamo che ai tempi dei Vangeli i vescovi (preti) potevano sposarsi regolarmente. Il celibato venne introdotto solo dopo l’anno mille, per motivi tutt’altro che spirituali: si trattava di “proteggere” i beni della chiesa, che sarebbero altrimenti finiti “in mani laiche” – a causa delle pratiche di successione – se i preti avessero potuto sposarsi). Chissà perchè nella Chiesa protestante, dove i preti possono sposarsi regolarmente, non si sente mai parlare di casi di pedofilia?(Massimo Mazzucco, “Chiesa e pedofilia, una soluzione ci sarebbe”, dal blog “Luogo Comune” del 21 settembre 2017).Bergoglio continua a blaterare a vuoto, senza mai supportare le proprie parole con azioni che siano degne di queste parole. Ieri si è scagliato nuovamente – a parole – contro il «terribile peccato» della pedofilia. «Lo scandalo dell’abuso sessuale – ha dichiarato Bergoglio – è una rovina terribile per tutta l’umanità, che colpisce tanti bambini, giovani e adulti vulnerabili in tutti i paesi e in tutte le società. Per la Chiesa è stata un’esperienza molto dolorosa. Sentiamo vergogna per gli abusi commessi da ministri consacrati, che dovrebbero essere i più degni di fiducia». E poi ha aggiunto: «La Chiesa ha affrontato questi crimini in ritardo e anche un solo abuso basta a condanna senza appello». E no, caro Bergoglio, è qui che ti sbagli. La Chiesa non ha affrontato proprio nulla, durante il tuo pontificato. Ha solo “preso atto” – a parole, nuovamente – che il problema esiste, ma non ha fatto assolutamente nulla per cercare di risolverlo. Bergoglio infatti, per affrontare il problema, non avrebbe trovato di meglio che «cercare di prendere più gente che lavori nella classificazione dei processi, persone che studiano i dossier». Come se i dossier già esistenti non fossero sufficienti a capire le dimensioni e la portata del problema.
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Di Maio e Gentiloni, Salvini con Silvio: Italia, non pervenuta
Non una parola sui vaccini, silenzio assoluto sull’euro, eppure (o meglio: e quindi) Luigi Di Maio si candida a premier, rispolverando l’antico refrain gandhiano (“prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono, poi vinci”), come se i 5 Stelle avessero davvero combattuto qualche epica battaglia contro il potere responsabile della grande crisi, anche italiana. «Era il segreto di Pulcinella», annota Antonio Fanna sul “Sussidiario” commentando la “discesa in campo” del vicepresidente della Camera, che «ha avviato da tempo il giro delle sette chiese per accreditarsi negli ambienti che contano, perché con gli elettori bisogna mostrare la faccia antisistema ma con i potenti si deve apparire affidabili». Il newsmagazine accusa i grillini: «Il copione ipocrita non cambia: antisistema davanti agli elettori, e codice etico interno addio, modificato a uso e consumo di chi decidono i capi», decisi a proteggersi, come nel caso della Raggi, del sindaco livornese Nogarin e dello stesso Di Maio, denunciato dall’ex candidata genovese dei 5 Stelle. «Sulle proteste contro la magistratura e chi dà seguito alle “querele sul nulla”», per il “Sussidiario” Di Maio «si allinea con Matteo Salvini e la Lega dalle tasche svuotate».
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Psyops: come ci hanno manipolato e ingannato per 70 anni
Un percorso da brividi. Proprio così: questo il testo predisposto da Solange Manfredi con la redazione di “Psyops”. Un percorso ben documentato, che suscita ripetutamente il brivido di una conferma lungamente attesa: «Ma allora era proprio così, non ero uscito di senno…». In tanti avevamo sospettato, in parte anche saputo per esperienza diretta, di essere oggetto di trame per condizionarci in certe direzioni di scelta politica. E avevamo compreso che potenze straniere, spesso legate ad oscuri poteri manipolatori, avevano “talvolta” operato per influenzarci. E come sempre tutti i grandi media, gli accademici “riconosciuti” e le persone “sensate”, ribattevano con grande sicurezza che non era così. Che tutto era trasparente, e che questo era il solito “complottismo” privo di fondamento. Un coretto così diffuso e “autorevole” da insinuarci talvolta qualche dubbio… Ma era solo l’antico coretto plaudente degli inconsapevoli condizionati o dei servi del potere. Da questo rigoroso studio di Solange Manfredi emerge invece con forza qualcosa di ben più solido del momentaneo sospetto: la certezza che il disegno di manipolazione delle masse, delle classi politiche e delle dirigenze italiane è un vero e proprio, costante modus operandi.Sempre in funzione di condizionamento e stravolgimento delle regole e dei principi di democrazia. E per nulla sporadico. E che a questo gioco perverso si sono prestate schiere di traditori del loro paese e della propria coscienza, spesso dentro le strutture dello Stato. Talmente “dentro” da risultare normalmente del tutto, ancora, impuniti. Se i cittadini o i politici si orientano liberamente in certi modi, c’è sempre qualcuno che fa di tutto per porli nelle condizioni di scegliere diversamente, in direzioni che corrispondono non agli interessi o alle autonome opzioni dei cittadini, ma ai disegni schiavizzanti dei grandi poteri di manipolazione che si muovono dietro le quinte. E questo avviene di norma nella pressoché totale impunità e senza badare ai mezzi che freddamente e cinicamente si adoperano: corruzione, stragi, bombe, omicidi, terrorismo… persino guerre. Si creano tensioni e inimicizie che non esistevano, si imbrogliano generazioni di ragazzi, di cittadini e di politici con falsi problemi, false ideologie, falsi leader, falsi profeti, falsi schemi mentali. E ad organizzare queste trame, personaggi spesso oscuri ma insolitamente potenti, una strana commistione tra esoterismo deteriore, capacità di corruzione, affarismo e profili morali bassissimi.E sono loro a cucire insieme ordini oscuri, servizi segreti, ideologie depravate, ragazzi immaturi, servitori deviati dello Stato, carrieristi politici senza scrupoli, industriali e finanzieri impauriti o affamati, giornalisti venduti, pezzi di logge massoniche e di ordini religiosi. Per eseguire precise strategie di manipolazione che come primo obiettivo hanno quello di ridurre gli spazi di crescita e di libertà delle nostre coscienze. Perché rimangano schiave di quegli stessi antichi poteri che, pur cambiando di epoca in epoca volti e modalità, proprio grazie alle catene psichiche che ci opprimono continuano a dominare il mondo della politica, della scienza, della cultura e dell’economia. Ecco, sono proprio queste “catene psichiche” – che noi normalmente già nutriamo nella nostra vita individuale – che gli stessi poteri amplificano e sfruttano in modo raffinato, freddo e calcolato.Aggiungendo al momento opportuno paure, ansie, seduzioni, con quegli antichi meccanismi che ora gli anglosassoni – amanti delle sigle e delle abbreviazioni – chiamano Psyops, Psychological Operations. Questo libro documenta con chiarezza come questo sia avvenuto con costanza e pervicacia per settanta anni della nostra storia recente, e getti ancora un’ombra sinistra sul presente e sul futuro, facendo sorgere un’ovvia domanda: lo stanno facendo anche adesso? Nulla è cambiato nelle strutture di potere, che stanno anche ora continuando a manipolare le nostre coscienze con gli stessi intenti, e certamente continueranno a farlo. Basta guardarsi intorno con occhi lucidi e pensiero libero per rendersene conto. Volti e temi nuovi sono solo le maschere aggiornate di vecchissimi poteri. Sia negli schieramenti di maggioranza che nelle opposizioni, che vengono accuratamente selezionate, condizionate o create per alimentare il gioco della manipolazione, come risulta ottimamente documentato dal testo di Solange Manfredi.E le efficaci manovre occulte dell’ineffabile spia crowleyana Cambareri traggono alimento da una ideologia “mondialista” che si ritrova decenni dopo nelle motivazioni occulte dell’assassinio di Aldo Moro, e tuttora nei pesanti condizionamenti eurocentrici alla sovranità delle democrazie europee. La firma dietro le manovre di Cambareri appare la stessa che è dietro al caso Moro e alle pesanti spinte accentratrici odierne. Esiste una qualche possibilità di difendersi da queste manovre? Certamente, e risiede nelle stesse coscienze che vengono da sempre aggredite per essere schiavizzate e vampirizzate. Quelle stesse coscienze possono informarsi, scoprire le manipolazioni, destarsi, resistere, decidere liberamente del proprio destino… E proprio in questi anni stanno cominciando a farlo in numeri ancora minoritari ma crescenti, sempre più difficili da manipolare. Solo questo renderà “un giorno” le Psyops inutili, e noi più liberi.(Fausto Carotenuto, “Psyops, un importante libro rivelatore di Solange Manfredi – da leggere”, dal blog “Coscienze in Rete” del 20 giugno 2014. Il libro: Solange Manfredi, “Psyops”, ovvero “70 anni di guerra psicologica in Italia: come ci hanno manipolato, messi l’uno contro l’altro e mandato in guerra, per controllarci meglio”, edito da “Narcissus.me”, disponibile in ebook a euro 9,99 e in versione cartacea a euro 17,30. Propaganda, provocazioni, falsi incidenti e false flag terroristiche: il libro affronta un vasto arco storico, dalla Prima Guerra Mondiale al Trattato di Lisbona, attraverso Rivoluzione Russa e Trattato di Versailles, Seconda Guerra Mondiale, mafia e massoneria, Portella della Ginestra, l’attentato a Togliatti, il Piano Solo e la strategia della tensione, il golpe Borghese e gli opposti estremismi, il golpe Sogno, le Br e il sequestro Moro, Tangentopoli e la fine della Prima Repubblica, fino all’instaurazione dell’Eurozona).Un percorso da brividi. Proprio così: questo il testo predisposto da Solange Manfredi con la redazione di “Psyops”. Un percorso ben documentato, che suscita ripetutamente il brivido di una conferma lungamente attesa: «Ma allora era proprio così, non ero uscito di senno…». In tanti avevamo sospettato, in parte anche saputo per esperienza diretta, di essere oggetto di trame per condizionarci in certe direzioni di scelta politica. E avevamo compreso che potenze straniere, spesso legate ad oscuri poteri manipolatori, avevano “talvolta” operato per influenzarci. E come sempre tutti i grandi media, gli accademici “riconosciuti” e le persone “sensate”, ribattevano con grande sicurezza che non era così. Che tutto era trasparente, e che questo era il solito “complottismo” privo di fondamento. Un coretto così diffuso e “autorevole” da insinuarci talvolta qualche dubbio… Ma era solo l’antico coretto plaudente degli inconsapevoli condizionati o dei servi del potere. Da questo rigoroso studio di Solange Manfredi emerge invece con forza qualcosa di ben più solido del momentaneo sospetto: la certezza che il disegno di manipolazione delle masse, delle classi politiche e delle dirigenze italiane è un vero e proprio, costante modus operandi.
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Carpeoro: la massoneria italiana è la peggiore al mondo
Io sono profondamente convinto della bontà della dottrina massonica. Parlo male della massoneria che in questo momento è dominante. Sono convinto che esista una massoneria progressista di valore, e Gioele Magaldi ne è un esempio: era candidato a diventare il gran maestro del Goi, era certo che lo sarebbe diventato, perché era il delfino di Gustavo Raffi; quando si è messo di traverso, Magaldi la causa per essere riammesso poi l’ha vinta, però non è rientrato. Magaldi è un personaggio che magari non sarà simpatico a tanti perché è bello ruvido, però la sua coerenza è il fatto che lui rappresenti una vocazione massonica piena, nel senso progressista del termine. Su questo non ci sono dubbi, tant’è vero che (nel Movimento Roosevelt, da lui fondato) ha aggregato le migliori energie progressiste del paese, come Nino Galloni. Questo tipo di aggregazione è la sua vocazione massonica portata nella politica. Lui è un massone progressista che vorrebbe che si facesse una politica progressista: non perché vuole coinvolgere la massoneria nella politica, ma perché un vero massone non può non votare progressista.La massoneria è progressista per auto-definizione, dottrinalmente non esiste una massoneria conservatrice; che poi, in pratica, ci siano tanti massoni spurii, in giro, che fanno altre cose, questo è il nostro problema. Ed è il motivo per cui io me ne sono chiamato fuori, perché sarei costretto ad avere a che fare con gente con cui non voglio avere a che fare. Mi guardo bene dal criticare la massoneria come ente indeterminato: io critico certi massoni – che purtroppo sono la maggioranza, in questo momento. Sono la gran parte: un po’ per ignoranza, un po’ perché si sono persi certi valori, un po’ perché si sono de-ideologizzati pure loro. Siccome “l’ideologia è un crimine”, anche quella massonica è un crimine. Purtroppo la situazione è questa. E la situazione massonica italiana è la peggiore al mondo. Perché l’Italia è stata gestita in termini conflittuali da forze esterne. C’è stato un progetto di de-massonizzazione che il Vaticano ha cominciato a operare fin dalla Breccia di Porta Pia, c’è stato un progetto di scissione nella massoneria anche tramite il fascismo nell’intervallo tra le due guerre, e c’è stato un ulteriore progetto di de-massonizzazione dottrinale dello Stato.Lo Stato italiano nasce massonico: l’Italia l’ha fatta la massoneria, è nata su valori massonici. E ancora: nella Costituente, per l’attuale Costituzione, c’era un numero di massoni che era del 50%, a cominciare da Calamandrei. Poi, gradualmente, cosa è successo? C’è stata una graduale de-massonificazione. La Dc ha preso i soldi dall’America per sbarrare la strada al comunismo, ma poi li ha utilizzati anche per disastrare la massoneria. La stessa Tangentopoli è stata uno strumento per de-massonificare, perché ha eliminato le ragioni politico-sociali massoniche dell’Italia, che erano tre: Partito Repubblicano, Partito Socialista, Partito Liberale. Poi quei partiti ci hanno anche messo del loro, per carità. Però in realtà sono stati anche esauriti i filoni culturali dottrinali, cioè si è gettato il bambino insieme all’acqua sporca. Sotto questo profilo c’è stata un’attività di decenni. All’estero, la massoneria è comunque una risorsa importante dello Stato. In America ci sono quelli che, in termini scandalistici, criticano gli elicotteri della protezione civile con sopra i simboli massonici, ma c’è un motivo molto pragmatico: la massoneria, in America, finanzia anche l’esercito – non per motivi loschi, perché finanzia anche gli ospedali, anche quelli effigiati con squadra e compasso, alla luce del sole.In Inghilterra, la massoneria è presiduta dal Duca di Kent, che è la seconda carica istituzionale del paese – generalmente è il fratello del Re, quando non è il fratello è il secondogenito (quello che non è erede al trono). La realtà italiana non è questa: i libri di storia non parlano di massoneria. Da noi, la massoneria è una cosa da non spiegare, da infrattare, da frequentare in privato disconoscendola in pubblico, è un vizio privato da contrapporre alle pubbliche virtù. E quindi la massoneria italiana, ovviamente, non ha neanche quella veste istituzionale trasparente, di legittimazione, che ha negli altri paesi. Macron è uno che può permettersi di ricevere, pubblicamente, il gran maestro del Grande Oriente di Francia. Pensate un po’ voi se, domani, Gentiloni ricevesse pubblicamente il gran maestro del Grande Oriente d’Italia: mamma mia, cosa verrebbe fuori… E quindi la massoneria italiana è debole. Divisa, debole, percorsa da infiltrazioni che non vi voglio neanche descrivere – perché, se la rendi clandestina, è destinata ad essere infiltrata.Se la rendi trasparente e ci metti un controllo pubblico, imponi delle regole associative, cambia tutto. I partiti: perché sono diventati delle associazioni a delinquere? Perché non sono legalmente riconosciuti, come i sindacati – si sono scoperti i sindacalisti con la piscina, no? Da noi è tutto così. Invece in Italia andrebbe tutto ordinato e riconosciuto, ma lasciato poi libero, nel suo svolgimento, nei confini della legge. Invece in Italia non viene riconsciuto e lasciato libero niente perché viene infiltrato e controllato in materia surrettizia, e non viene nemmeno regolamentato perché così lo possono controllare. Vale anche per l’Opus Dei: dove sono gli elenchi di quelli che fanno parte dell’Opus Dei? Non sono cittadini italiani? Non li chiede nessuno, gli elenchi dell’Opus Dei. Vi interessa conoscerli? Non li avrete. “L’Unità” pubblica gli elenchi dei massoni, ma non quelli dell’Opus Dei. Vi siete mai chiesti perché?(Gianfranco Carpeoro, dichiarazioni rilasciate nell’ambito della diretta web-radio “Border Nights” del 23 luglio 2017, condotta da Fabio Frabetti e ripresa su YouTube. Carpeoro, massone e simbologo, nel 2016 ha pubblicato il saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che illumina i retroscena che collegano massoneria internazionale reazionaria, servizi segreti Usa e manovalanza islamista, nell’ambito della “sovragestione” del terrorismo internazionale, ieri targato Al-Qaeda e oggi Isis. Carpeoro è anche impegnato nel Movimento Roosevelt, fondato da Gioele Magaldi per tentare di rigenerare in senso progressista la politica italiana).Io sono profondamente convinto della bontà della dottrina massonica. Parlo male della massoneria che in questo momento è dominante. Sono convinto che esista una massoneria progressista di valore, e Gioele Magaldi ne è un esempio: era candidato a diventare il gran maestro del Goi, era certo che lo sarebbe diventato, perché era il delfino di Gustavo Raffi; quando si è messo di traverso, Magaldi la causa per essere riammesso poi l’ha vinta, però non è rientrato. Magaldi è un personaggio che magari non sarà simpatico a tanti perché è bello ruvido, però la sua coerenza è il fatto che lui rappresenti una vocazione massonica piena, nel senso progressista del termine. Su questo non ci sono dubbi, tant’è vero che (nel Movimento Roosevelt, da lui fondato) ha aggregato le migliori energie progressiste del paese, come Nino Galloni. Questo tipo di aggregazione è la sua vocazione massonica portata nella politica. Lui è un massone progressista che vorrebbe che si facesse una politica progressista: non perché vuole coinvolgere la massoneria nella politica, ma perché un vero massone non può non votare progressista.
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Carpeoro: Br, cioè Gladio. Chiedetelo a Curcio e Pazienza
Andate a vedere quanta galera ha fatto Morucci, presunto capo delle Brigate Rosse. A Curcio, che ha colpito solo il carabiniere che aveva sparato nella schiena alla sua donna, sotto stati attribuiti – come concorso morale – tutti gli omicidi commessi da Morucci. Il problema è che Morucci ha fatto sì e no sei mesi di carcere, e Curcio ha fatto tutta la pena – ma non la metà, con la semi-libertà: tutta. Sapete che in Italia l’ergastolo non esiste: dopo trent’anni di buona condotta ti devono mettere fuori, anche se di ergastoli ne hai dodici. Curcio dopo trent’anni l’hanno messo fuori; Morucci dopo quanto? Un anno, un anno e mezzo? Poi è entrato nel programma protezione, ora non si sa più neanche dove sia. Perché? Perché le Brigate Rosse, dopo Curcio, erano finite sotto la gestione diretta dei servizi segreti, non più sotto la gestione indiretta. Ma peggio dei servizi segreti: di Gladio. Cioè, non erano i servizi segreti: erano i servizi segreti che gestivano le Brigate Rosse per conto di Stay Behind, cioè di Michael Ledeen e del generale Santovito. E Curcio, che si è fatto tutti i trent’anni, ne è la prova vivente. E quando esce, e dice “mah, forse ora lo scrivo, un libro”, gli tolgono il posto all’università: lui attualmente è disoccupato, anzi ha fatto un appello per dire: rimettetemi in carcere, che almeno mangio.Noi in Italia abbiamo una concezione strana della giustizia: per certi soggetti l’ergastolo c’è davvero. Certi soggetti non si chiamano pregiudicati, si chiamano “eternamente giudicati”. Il rapporto con la giustizia dovrebbe essere laico: ho violato la legge? La pena prevista è questa? Dopo che l’ho scontata è finita, però. Può non essere finita moralmente, per le vittime. Ma, laicamente – con lo Stato – la vertenza è chiusa; non mi puoi rifiutare il lavoro, togliermi la cattedra di insegnante, perché per te è ancora aperta, perché altrimenti mi fai fare l’ergastolo davvero. Perché poi, uno che esce dal carcere dopo trent’anni che fa, specie ora con l’età pensionabile a settanta? Se la tua logica è che ho ancora qualcosa da pagare anche dopo che esco di galera, questo non è nelle regole. Invece non vale per altri, che non pagano nemmeno quello che dovrebbero pagare. Ripeto: il confronto tra Curcio e Morucci è impietoso – per non parlare di Mario Moretti. E’ un confronto impietoso, perché quello ha ammazzato davvero, e l’altro si è preso le condanne. I brigatisti erano diventati i gestori, per conto dei servizi segreti in capo a Gladio. Attenzione: tu hai un’organizzazione, creata dagli americani per evitare che venga il comunismo, la quale però gestisce il terrorismo comunista.Andate a vedere l’atto con cui è stata costituita Gladio: se costituisci una cosa, dovrebbe andare avanti per come l’hai costituita, no? Se la costituisci in un modo e poi invece ne fai altre, di cose… Perché, cos’era diventata, Gladio? E’ esistita quando gli americani sapevano benissimo che i comunisti erano spacciati. Nel ‘53, un economista americano che lavorava, credo, per McGovern, aveva previsto che il modello economico russo sarebbe morto nell’arco di trent’anni, massimo quaranta – e infatti l’Urss è finita nell’89, sostanzialmente. Non era un giudizio politico, etico, di disvalore di quel sistema, ma una previsione economica: “Tra quarant’anni non avranno più i soldi”. Quindi lo sapevano perfettamente, gli americani. E lo sapevano anche i comunisti italiani, che si sono ben guardati dall’andare al governo: quando nel ‘75 Berlinguer ha vinto a mani basse le elezioni amministrative, subito ha offerto il compromesso storico (alla Dc), non ha mica detto “domani comando io”. Sapevano tutti che quella roba lì – economicamente – non aveva futuro. Lo sapevano, tutti. Era un business, su cui hanno marciato tutti quanti. Ci hanno marciato i partiti italiani, perché beccavano il grano per essere “anticomunisti”. Ci hanno marciato i servizi segreti e i personaggi come Ledeen, perché (sulla minaccia sovietica) hanno costruito fortune e potere. Tutti, ci hanno marciato. E quando è morta l’Unione Sovietica hanno pianto: hanno versato calde lacrime, perché era finito il bengodi.Quindi, queste gestioni (dell’intelligence) sono fatte innanzitutto di interessi economici particolari. Non sono fatte di complotti surreali, esoterici: sono fatte di soldi, di interessi, di gente che ci campa. Davvero pensate che ci sia dietro una gestione “mistica” del male? Ma il male non è mistico, è pratico. Il male, che è l’assenza di bene, non ha una dimensione mistica, esoterica, spirituale: ha una dimensione meramente pragmatica. Non dovete pensare che ci siano dietro delle cose complicate, le cose sono semplici. Avete degli esempi. C’è un mio “fratello” massone, a cui voglio bene – e lo dico pubblicamente – che si chiama Francesco Pazienza. Questo signore è in galera da vent’anni. E sta là perché vuole campare, perché se esce di galera lo ammazzano. Pazienza è colui che gestiva, per conto di interessi massonici italiani (cercando di limitare i danni), la moderazione del meccanismo Stay Behind. Era il signore che avrebbe dovuto evitare che Stay Behind finisse per farci fare, al 100%, i servi degli americani: era il nemico, lo “speculum” di Michael Ledeen.Nel momento in cui è scoppiato il bubbone, Pazienza venne protetto da Cossiga: e quello è stato uno dei pochi atti della vita di Cossiga per cui posso dire che si sia comportato bene. Fu Cossiga a pattuire che Pazienza stesse zitto, in carcere, e che gli venisse garantita la sopravvivenza – una sopravvivenza anche dignitosa, senza carcere duro. Fu stipulato questo accordo, nel quale venno coinvolti i magistrati, per cui Pazienza si prese una pena bestiale, è tuttora in galera e sta zitto. L’unica dichiarazione che ha fatto, da vero massone, è stata quella che poi ha confermato il quadro per cui esistesse una P1. Però i giornali l’hanno pubblicata in settantunesima pagina. Fu una dichiarazione che lui rese nell’anniversario dell’uccisione di Olof Palme. Pazienza è una persona sottile, non fa le cose grossolanamente. Nell’anniversario dell’uccisione di Palme fece la famosa dichiarazione della cosiddetta “cupola Santovito”. Cos’era la “cupola Santovito”? Era la cupola che stava sopra il generale Santovito e Gelli, ed era gestita da Michael Ledeen: cioè la P1, di cui non ha mai parlato nessuno. Questo per farvi capire come, in realtà, il potere fa un’operazione semplicissima: ci offre soluzioni estremamente complicate per nascondere quelle semplici.Se cerchiamo la soluzione semplice rischiamo di trovare la verità, ma siccome il potere ci offre sempre delle soluzioni “mistiche”, esoteriche e sataniche complicate (contorte, fantasiose, suggestive, depistanti), noi la verità semplice non l’andiamo a cercare. Non ci chiediamo mai perché la massoneria fa una loggia che si chiama “Propaganda” e poi decide che sia segreta: se è segreta, dov’è la propaganda? Avete mai visto una propaganda segreta?Invece: fanno la loggia “Propaganda”, dove vanno quelli famosi, perché così la massoneria ha una bellissima reputazione, ma la fanno segreta. E perché? A che serve? Se uno si fa le domande giuste e va appresso alle cose semplici, si dà delle risposte: nel senso che la “Propaganda”, la P2, era il modo più efficace – una volta scoperta – per coprire la P1. Ovvero: ti faccio trovare quello che tu puoi trovare, per non farti trovare quello che non si deve trovare. Così funziona.(Gianfranco Carpeoro, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-radio da Civitanova Marche il 23 luglio 2017, ripresa su YouTube. Già a capo della comunione massonica italiana di Piazza del Gesù, da lui stesso poi disciolta, l’avvocato Carpeoro – al secolo, Gianfranco Pecoraro – è un acuto studioso di simbologia esoterica, ha appena dato alle stampe il prezioso volume “Summa Symbolica” e, nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, uscito nel 2016, offre una particolarissima chiave di lettura per inquadrare lo schema di potere denominato “sovragestione” che tiene insieme settori dell’élite, servizi segreti atlantici e manovalanza terroristica, dagli “anni di piombo” alla P2 di Gelli, fino alla segretissima Loggia P1 e all’Isis).Andate a vedere quanta galera ha fatto Morucci, presunto capo delle Brigate Rosse. A Curcio, che ha colpito solo il carabiniere che aveva sparato nella schiena alla sua donna, sotto stati attribuiti – come concorso morale – tutti gli omicidi commessi da Morucci. Il problema è che Morucci ha fatto sì e no sei mesi di carcere, e Curcio ha fatto tutta la pena – ma non la metà, con la semi-libertà: tutta. Sapete che in Italia l’ergastolo non esiste: dopo trent’anni di buona condotta ti devono mettere fuori, anche se di ergastoli ne hai dodici. Curcio dopo trent’anni l’hanno messo fuori; Morucci dopo quanto? Un anno, un anno e mezzo? Poi è entrato nel programma protezione, ora non si sa più neanche dove sia. Perché? Perché le Brigate Rosse, dopo Curcio, erano finite sotto la gestione diretta dei servizi segreti, non più sotto la gestione indiretta. Ma peggio dei servizi segreti: di Gladio. Cioè, non erano i servizi segreti: erano i servizi segreti che gestivano le Brigate Rosse per conto di Stay Behind, cioè di Michael Ledeen e del generale Santovito. E Curcio, che si è fatto tutti i trent’anni, ne è la prova vivente. E quando esce, e dice “mah, forse ora lo scrivo, un libro”, gli tolgono il posto all’università: lui attualmente è disoccupato, anzi ha fatto un appello per dire: rimettetemi in carcere, che almeno mangio.
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Fausto Carotenuto: perché il potere ha fabbricato i 5 Stelle
Votate 5 Stelle, per ripulire la politica. Quanti italiani ci sono cascati? Tantissimi, a quanto pare: quasi un elettore su tre. «Un colossale equivoco». Le vittime? «Gli elettori stessi, ma anche moltissimi parlamentari grillini, che pure si impegnano con serietà. Senza capire che i loro vertici non gli consentiranno mai di affrontare, davvero, i problemi dell’Italia». Perché il format-Grillo non è stato creato per quello. «E’ stato fabbricato, come già la Lega di Bossi, solo per sostituire una classe dirigente corrotta con un ceto politico ancora più prono ai grandi poteri economici». E’ la ricostruzione di Fausto Carotenuto, analista internazionale di lungo corso, già consulente dell’intelligence Nato. Il suo riassunto: «Prima c’era una casta semi-ladra ma politicamente capace. Era corrotta, ma faceva anche gli interessi del paese. Quindi andava rimossa. Come? Facendo degenerare nel ridicolo il ventennio berlusconiano, fino a indurre nausea e rigetto nell’elettorato, al punto da esprimere un voto in apparenza anti-sistema». Stesso schema, ripetuto due volte: prima con Bossi, impegnato a “picconare” la Prima Repubblica, e poi con Grillo, per far piazza pulita di Berlusconi.Un’analisi che Carotenuto ripropone ai microfoni di “Border Nights”, trasmissione web-radio condotta da Fabro Frabetti. «State certi – dice Carotenuto – che non lo vedrete mai, un “grillino” puro, al ministero dell’interno – a meno che, appunto, non sia affatto puro». Uno come Di Battista, per dire, dalla sapiente mimica mediatica? «Appunto: si vede benissimo che è manipolato. Bisognerebbe scoprire da chi». Retroscena a parte, Carotenuto si concentra sulla sostanza: finora, i 5 Stelle non hanno affrontato un solo tema centrale, per esempio di politica economica: nulla, mai, che potesse anche solo lontamente impensierire il potere. «Attaccano Renzi, e certamente i parlamentari grillini sono in buona fede. Ma non capiscono – aggiunge Carotenuto – che in fondo fanno lo stesso mestiere: anziché produrre buona politica, si adoperano per togliere spazi alla politica. Chi taglia stipendi, chi Province. Cambiano i dettagli, non il succo: è il potere che ha interesse a sabotare la politica, verticalizzando i centri decisionali. E anche i 5 Stelle fanno parte di questo schema».Per Carotenuto, il potere è abilissimo nell’allestire «un teatrino raffinato e drammatico». Cambiano gli attori, ma gli sceneggiatori sono sempre gli stessi, «da alcune centinaia di anni». Due correnti: una conservatrice e l’altra sedicente progressista. «Quella conservatrice vuole concentrare gli egoismi umani, e sulla predazione costruisce imperi finanziari, politici, religiosi». Poi c’è l’altra corrente, «che è infilata negli stessi posti, nelle stesse nazioni, nelle stesse religioni e organizzazioni massoniche. Sempre per il potere, quindi in ossequio al suo lavoro anti-coscienza, questa corrente cerca di incamerare tutto il desiderio di solidarietà e di amore che c’è nella gente». Brutto spettacolo: «Da una parte gli sfruttatori dell’egoismo, e dall’altra gli sfruttatori dell’altruismo. Ma sempre sfruttatori sono. E non so cosa sia peggio», continua Carotenuto. «Quando dominano i poteri conservatori a me viene il mal di pancia. Quando invece finalmente arrivano a dominare i grandi poteri che sfruttano la voglia di bene della gente, mi viene il mal di fegato». I peggiori? Forse questi ultimi: «E’ più difficile accorgersi di loro, di quello che fanno veramente. Ti dicono: vieni, ti ho fatto un partito apposta, una nuova loggia massonica, una nuova forma di religione, t’ho fatto anche un nuovo modo di essere Papa. Ma poi ti portano sempre nello stesso posto, che è quello della non-crescita della coscienza».Votate 5 Stelle, per ripulire la politica. Quanti italiani ci sono cascati? Tantissimi, a quanto pare: quasi un elettore su tre. «Un colossale equivoco». Le vittime? «Gli elettori stessi, ma anche moltissimi parlamentari grillini, che pure si impegnano con serietà. Senza capire che i loro vertici non gli consentiranno mai di affrontare, davvero, i problemi dell’Italia». Perché il format-Grillo non è stato creato per quello. «E’ stato fabbricato, come già la Lega di Bossi, solo per sostituire una classe dirigente corrotta con un ceto politico ancora più prono ai grandi poteri economici». E’ la ricostruzione di Fausto Carotenuto, analista internazionale di lungo corso, già consulente dell’intelligence Nato. Il suo riassunto: «Prima c’era una casta semi-ladra ma politicamente capace. Era corrotta, ma faceva anche gli interessi del paese. Quindi andava rimossa. Come? Facendo degenerare nel ridicolo il ventennio berlusconiano, fino a indurre nausea e rigetto nell’elettorato, al punto da esprimere un voto in apparenza anti-sistema». Stesso schema, ripetuto due volte: prima con Bossi, impegnato a “picconare” la Prima Repubblica, e poi con Grillo, per far piazza pulita di Berlusconi.
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La materia è pensiero: Giordano Bruno anticipò la scienza
«Non è la materia che genera il pensiero, è il pensiero che genera la materia», scrive l’astrofisica Giuliana Conforto. «La Forza è la Vita Cosmica». Giordano Bruno? «Non esprime filosofia, ma una scienza del futuro e una saggezza antica. Testimonia l’eterno presente e, con l’Arte della Memoria, indica il modo per viverlo». Di fatto, il grande pensatore rinascimentale bruciato vivo a Roma il 17 febbraio 1600 «anticipa la scoperta della Forza, la Vita Cosmica, e rivela il grande segreto della materia nucleare che la scienza non ha ancora compreso: la comunione diretta e quindi l’etica naturale di ogni essere umano con la Forza». Fu questo, aggiunge la Conforto, il motivo vero della sua condanna, «perché rende vano il ruolo delle chiese come presunte rappresentanti di Dio». Infatti, «la comunione diretta rivela la centralità dell’uomo e spiega il faticoso preludio al grande evento: la nascita dell’uomo nuovo che, per il fatto di “aver mutato intento”, diverrà cosciente, responsabile di sé e capace di creare un nuovo mondo». Da sempre, sulla Terra, sottolinea una studiosa come Manuela Racci, esistono esseri che «indicano la via per edificare un nuovo mondo, per aprire il cammino all’umanità verso una nuova aurora: sono esseri di luce, accomunati dalla stessa forza ed energia, marchiati dalla stessa solitudine». Forse «venuti troppo presto, nati postumi con la mente dinamite», come direbbe Nietzsche.Giordano Bruno potrebbe davvero considerarsi un nobile antesignano di questa specie chiamata “indaco”, giunta a edificare un nuovo mondo, «un mondo di luce per esseri di luce che vedono e sentono con gli stessi occhi e la stessa mente sia gli universi visibili che quelli invisibili», scrive la Racci, in una riflessione ripresa dal blog “Visione Alchemica”. «Un grande pensatore, arso vivo per il vizio di pensare; un filosofo di una modernità quasi inquietante, ma soprattutto un uomo fuori del comune, uno spirito folletto, fantasioso, originale». Quello che trasmetteva «non era solo un’immagine della vita, ma un’emozione del mondo». Giordano Bruno «era un grande: in lui albergava la conoscenza dei mondi paralleli, della metempsicosi, delle energie sottili». Straordinario, per quei tempi. La sua profondità «non è quella che connota il pensiero tecnico-scientifico da secoli imperante in Occidente». Va ricercata nell’inconscio della scienza stessa, «che è a un tempo ciò da cui la scienza scaturisce e ciò che la scienza rimuove». Innegabili sono i miglioramenti che la scienza ha apportato alla vita dell’uomo occidentale. «Ma sotto l’aspetto della felicità, della ricerca di una pace interiore, di una quiete dell’anima in piena armonia con la natura e più ampiamente con il Tutto, risulta più difficile parlare di progresso».Per la professoressa Racci, sembra quasi che la scienza abbia sdradicato l’uomo dal suo habitat naturale, la fusione con la natura, «facendolo sentire meno alienato di fronte a un computer che al cospetto di un tramonto». Allo stesso modo, la religione, «per quanto antiscientifica possa sembrare», ha sovente «cercato il connubio con la ragione, con l’evidenza e la chiarezza del “lumen” naturale, perdendo in realtà la sua vera “quidditas”, la sua dimensione sacrale». Per questo Giordano Bruno fu messo al rogo: «La sua “nova filosofia” non era né scientifica, né strettamente religiosa, in quanto si fondava sulla “magia naturale”, sulla “prisca Aegiptorum sapientia”», l’amtica sapienza egizia. «Bruno è infatti il vero sensitivo immerso nella “fusis”, convinto che si possano abbattere le barriere tra l’umano e il divino». E attenzione: «Niente è più positivo dello sfondamento dei limiti, dello spostare le pietre di confine per arrivare alla comprensione che l’uomo, la Natura e Dio sono la stessa cosa. Nell’universo tutto è Vita, tutto è animato da uno stesso spirito vivificatore». Letteralmente: «Tutte le cose sono nell’universo e l’universo è in tutte le cose», in perfetta armonia.E’ un’innegabile forma di animismo: per Bruno, tra le piante, gli animali, gli uomini non c’è differenza se non di grado. La differenza è nel “Dorso della Forma”, sono fenomeni di un’unica sostanza universale. Pensare che il mondo sia là solo per l’uomo è un grave errore: «Il filosofo esce così dalla cultura occidentale cristiana e modula il suo sentire sul registro affine a quello buddista». Con l’ammirazione dovuta a chi sacrifica la vita per le proprie idee, «Bruno andrebbe inserito in una sfera iniziatica, riferendosi non tanto alla sua laicità, bensì alla sua sacralità, al suo vedere la presenza divina in ogni cosa, alla sua ansia di ricerca che trascende il raziocinio nel suo identificarsi nella natura, che è per lui un vero e proprio “indiamento”», cioè un’unione estatica tra l’umano e il divino. Si tratta di varcare il limite dell’homo sapiens per avviarsi «verso altra natura, altri corsi, altri mondi».La materia dunque non è inerte, ma viva, animata (pampsichismo) e costituisce uno dei centri archimedei del pensiero di Bruno: infatti, continua Manuela Racci, il filosofo perviene a una concezione della materia universale come fonte dell’infinito prodursi di tutta la realtà: come la gestante che riscuote da sé la sua prole, la materia contiene in sé tutte le forme, è «cosa divina e ottima parente, genitrice e madre di cose naturali, anzi la natura tutta in sustanza»; è «fonte de l’attualità» di ogni cosa. Per Bruno la materia è Vita, materia infinita, e tra l’anima dell’uomo e quella delle bestie non c’è alcuna differenza sostanziale. «Potremmo dire che la “magia naturale” di Bruno si colloca in quella sotterranea corrente che prende il nome di “pensiero per immagini” che, pur perdente in Occidente, costituisce la fonte segreta del sapere, fonte a cui si accede non per via logico-architettonica ma per pratica amorosa». La concezione che Bruno ha della forza dell’Amore ribadisce la pregnanza e l’attualità di tale concetto in campo metafisico e metempirico: la forza «che move il sole e l’altre stelle», di cui parla Dante, è «l’unica che muove infiniti mondi e li rende vivi». E quella “magia naturale” che solo il vero saggio da sempre sente.«L’amore, dice il filosofo, sa “comprendere” ciò che la ragione non sa “spiegare”, là dove la scienza può spiegare tutto, senza nulla comprendere». L’astrofisica Giuliana Conforto, in uno studio irrinunciabile sulla futura scienza di Giordano Bruno, evidenzia come il pianeta si stia trasformando e come il filosofo nolano sia uno dei grandi saggi che l’abbiano previsto. «Quella di Bruno è scienza del futuro, coscienza delle infinite potenzialità dell’essere umano e soprattutto della sua immortalità. Egli annuncia la nascita dell’uomo nuovo, libero da tabù e paure, capace di ricevere e di riflettere nelle sue opere l’intero messaggio vitale, oggi noto come Dna, quindi di creare un nuovo mondo di pace e vera giustizia». In altre parole, «Bruno rivela il grande segreto, la magia della natura: la comunione naturale di ogni corpo con il messaggio genetico, che fu poi il motivo vero della sua condanna perché vanifica il ruolo della Chiesa come intermediaria tra l’uomo e Dio: Bruno rivela il ruolo centrale di protagonista dell’uomo nel progetto cosmico, prevede i tempi attuali e l’evento che ristabilirà l’antico volto: il risveglio dell’uomo alla coscienza dell’infinita e vera realtà, l’Amore».Quella forza cosmica prende il nome, in Bruno, di “eroico furore”: «L’uomo nuovo è il furioso, l’ebbro di Dio e arso d’amore che, con uno sforzo eroico (da eros) e appassionato, giunge a una sorta di sovrumana immedesimazione con il processo cosmico per cui l’Universo si dispiega nelle cose e le cose si risolvono nell’Universo, generando una sorta di copula d’amore tra lui e la Natura. Solo il fuoco dell’esperienza dell’Amore è in grado di aprire la strada alla visione di Dio, del Tutto, dell’unità». Scorrendo in particolare i suoi sette scritti magici, tra cui esemplare risulta essere la “Lampas triginta statuarum”, testo di eccezionale bellezza poetica e immaginativa, il lettore non può non cogliere questo moderno senso del divino nell’uomo come appartenenza al Tutto, scintilla perfetta di un Tutto unico e animato. Per Manuela Racci, è una affascinante concezione della metempsicosi di ascendenza orfico-pitagorica: la morte non è altro che una dissoluzione di legami, ma nessun spirito o nessun corpo celeste perisce; è solo un continuo mutare di complessione e combinazioni. Affiora un «senso etico di giustizia cosmica», che spinge le anime «a comunicarsi a corpi sempre diversi, in una sorprendente affinità con il Karma delle religioni orientali, nella commossa intuizione che l’anima possa istituire innumerevoli legami tra piani dell’universo».Prima ancora dello stesso movimento romantico, Giordano Bruno ha quindi riportato l’attenzione sull’intima connessione del Tutto rispetto all’analitica scansione delle parti, in cui il pensiero logico-razionale per natura trattiene se stesso, smarrendo i vincoli che legano tra loro tutte le cose. Dunque, «non essendoci nell’universo parte più importante dell’altra, non è concesso all’uomo quel primato che lo prevede possessore e dominatore del mondo, ma semplice cooperatore dell’operante natura». All’enfatizzazione del soggetto, Bruno contrappone un percorso opposto: non il primato dell’uomo, ma «il primato degli equilibri sempre instabili e sempre da ricostruire tra soggetto e oggetto, tra uomo e natura». La sua “magia”? «Non è potere sulla natura, ma scoperta dei vincoli con cui tutte le cose si incatenano, secondo il modello eracliteo dell’invisibile armonia». Ed è la proposta filosofica di Bruno, «antitetica sia alla matematica sia alla religione». Alla legge dell’uomo occidentale sul Tutto, la “magia” bruniana si volge alla legge del Tutto: siamo parte della natura, non i suoi dominatori. E la nostra possibilità di felicità risiede nella complementarità attraverso cui possiamo combaciare con altri esseri, al tempo stesso naturali e divini.Tra le idee straordinarie che Bruno ha consegnato alla modernità, aggiunge la Racci, è impossibile non citare le due opere in chiave ermetica che si presentano come veri trattati di arte della memoria, la mnemotecnica (“De umbris idearum” e “Cantus circaeus”). Ne sviluppa un’analisi sottile Gabriele La Porta, nel suo libro “Giordano Bruno. Vita e avventure di un pericoloso maestro del pensiero”: le immagini descritte dal filosofo non avrebbero solo il compito di potenziare e raffinare la memoria visiva, ma rivestirebbero anche un significato propriamente “magico”. «Infatti la loro contemplazione e la loro rammemorazione porterebbero in contatto con energie cosmiche primordiali, con la vera “quidditas” delle cose, con le realtà supreme e archetipe, infondendo nell’animo pace, quiete, serenità». Secondo La Porta, Bruno si propone di suscitare una sorta di rivoluzione spirituale: «Seguendo le vie di un sapere esoterico, che ha tutti i caratteri di un’illuminazione, l’uomo si libera dai pregiudizi, dalle passioni negative, dagli egoismi, per diventare saggio, cioè in grado di percorrere la via della Forza, quella Forza che è trasparenza, libertà, verità».Una vera e propria scienza futura, che i saggi come Bruno già conoscevano: «Una coscienza che comprende interamente il messaggio della Vita e soprattutto il ruolo cosmico, immortale dell’essere umano». Come non ricordare poi la sua vulcanica intuizione cosmologica? Giordano Bruno, aggiunge la Racci, fu il primo a dedurre che la vita intelligente è distribuita un po’ dappertutto nell’universo, «ponendo così le basi alla giustificazione dei trasferimenti di essa da pianeti in estinzione ma ad alto livello di tecnologia a pianeti non abitati ma tali da consentire la vita». A ragione, Bruno viene visto come il primo ufologo: «Oggi le sue osservazioni sono considerate il punto di partenza per la ricerca di altre forme di vita nell’universo». Superando la rivoluzione copernicana, Bruno immaginava un universo infinito, popolato da un’infinità di stelle che, abbattute le muraglie del cielo fisso e finito, corrono per ogni dove. «Stelle come il nostro sole, ciascuna circondata da pianeti, su taluni dei quali prosperano altre intelligenze, creature viventi senzienti e razionali».«Apri la porta attraverso la quale possiamo osservare il firmamento senza limiti», era il suo motto. «Così si magnifica l’eccellenza di Dio, si manifesta la grandezza de l’imperio suo: non si glorifica in uno, ma in soli innumerevoli, non in una terra, un mondo, ma in duecentomila, dico in infiniti». Un universo dunque senza limiti, dai caratteri divini: infinito lo spazio, infiniti i mondi, infinite le creature, infinita la vita e le sue forme. Per Manuela Racci si potrebbe chiudere questa riflessione, meramente propedeutica alla necessità di far risorgere le intuizioni bruniane, con un’asserzione efficace del geniale filosofo che più volte sostiene di essere la reincarnazione di Ermes, il messaggero degli dei, sceso per aprire gli occhi agli uomini. «L’umanità ha bisogno di persone che testimonino la possibilità della fratellanza, in nome della conoscenza e della ricerca». Obiettivo: «Gettare i semi per piante che fruttifereranno nel futuro». Non è possibile dire quando, «ma è importante lasciare un segno, dire parole, formulare pensieri, viver in una dimensione di segno opposto a quella dell’attuale imbecillità. E soprattutto, non scoraggiarsi».«Non è la materia che genera il pensiero, è il pensiero che genera la materia», scrive l’astrofisica Giuliana Conforto. «La Forza è la Vita Cosmica». Giordano Bruno? «Non esprime filosofia, ma una scienza del futuro e una saggezza antica. Testimonia l’eterno presente e, con l’Arte della Memoria, indica il modo per viverlo». Di fatto, il grande pensatore rinascimentale bruciato vivo a Roma il 17 febbraio 1600 «anticipa la scoperta della Forza, la Vita Cosmica, e rivela il grande segreto della materia nucleare che la scienza non ha ancora compreso: la comunione diretta e quindi l’etica naturale di ogni essere umano con la Forza». Fu questo, aggiunge la Conforto, il motivo vero della sua condanna, «perché rende vano il ruolo delle chiese come presunte rappresentanti di Dio». Infatti, «la comunione diretta rivela la centralità dell’uomo e spiega il faticoso preludio al grande evento: la nascita dell’uomo nuovo che, per il fatto di “aver mutato intento”, diverrà cosciente, responsabile di sé e capace di creare un nuovo mondo». Da sempre, sulla Terra, sottolinea una studiosa come Manuela Racci, esistono esseri che «indicano la via per edificare un nuovo mondo, per aprire il cammino all’umanità verso una nuova aurora: sono esseri di luce, accomunati dalla stessa forza ed energia, marchiati dalla stessa solitudine». Forse «venuti troppo presto, nati postumi con la mente dinamite», come direbbe Nietzsche.
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Magaldi: meglio Renzi dei vecchi babbioni del club Pisapia
Può diventare anche divertente, il cabaret offerto dalla carta stampata. Ne ho avuto conferma leggendo di “Insieme”, questa cosa di Pisapia: i giornali si sono tutti eccitati di fronte a questa grande novità rappresentata dall’ex sindaco di Milano. Dietro il fumo, si stagliano le grandi novità della proposta politica, interpretate da figure come D’Alema, come Bersani: sono questi gli architrave su cui si regge la “casa” di Pisapia, che porta se stesso e va a unirsi con costoro. Stringendo sul programma, viene fuori tutto quell’armamentario di ferrivecchi, classici, di certa pseudo-sinistra italica. Per cui: in un momento in cui la classe media versa in pessime acque, questo bel tomo di Pisapia parla di patrimoniale, propone il ritorno dell’Imu sulla prima casa, parla di tassazione da aumentare per favorire la soliderietà. E’ un po’ indietro con gli studi, Pisapia. Io credo che, se avrà la bontà – lui e i suoi cattivi consiglieri – di studiare meglio il dibattito economico contemporaneo, capirà che non c’è bisogno di questo, c’è bisogno di riscoprire un filone keynesiano.Non per caso non ne parlano mai, di Keynes, costoro, in termini adeguati. Si tratta cioè di riscoprire l’idea che, forse, non si esce dalla crisi andando a punire la presunta ricchezza di chi magari s’è comprato una casa e magari la deve pagare cento volte e in mille modi; non è tornando a quella triste e fasulla contrapposizione per cui la destra è quella che abbassa le tasse e la sinistra è quella che le alza – che poi è un modo (per la sinistra immaginata da Pisapia) per perdere da qui all’eternità, e giustamente. No, qui si tratta di immaginare scenari in cui le istituzioni pubbliche hanno la forza, la visione e la lungimiranza di investire nelle giuste direzioni, per rianimare il sistema economico privato, favorendo l’occupazione.Da parte di questi santoni del presunto nuovo centrosinistra, ormai malamente invecchiati, non ho sentito una parola sull’occupazione: Meglio Renzi, rispetto a questi babbioni. Non ho sentito una parola su nuove regole d’ingaggio per come stare in Europa, non una parola neppure sul problema di una Costituzione per l’Europa. Non ho sentito una parola su quello che riguarda anche, se vogliamo, il ritorno a una sostanzialità dei processi democratici. No, questi vengono, si presentano e fanno il gioco del Risiko, del Monopoli, pensando: siccome Renzi è antipatico a tutti e ci toglie spazio, noi ci coalizziamo. D’Alema parlava della sua associazione, “Consenso”, e quest’altro parla di “Insieme”; ma alla fine il consenso che questi metteranno insieme sarà veramente ridicolo, e quindi credo che la loro sia una parata di perdenti di vecchia data, che non hanno nulla da dire (e nulla da dare) al paese.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate a David Gramiccioli il 3 luglio 2017 nella diretta radiofonica “Massoneria on Air”, su “Colors Radio”).Può diventare anche divertente, il cabaret offerto dalla carta stampata. Ne ho avuto conferma leggendo di “Insieme”, questa cosa di Pisapia: i giornali si sono tutti eccitati di fronte a questa grande novità rappresentata dall’ex sindaco di Milano. Dietro il fumo, si stagliano le grandi novità della proposta politica, interpretate da figure come D’Alema, come Bersani: sono questi gli architrave su cui si regge la “casa” di Pisapia, che porta se stesso e va a unirsi con costoro. Stringendo sul programma, viene fuori tutto quell’armamentario di ferrivecchi, classici, di certa pseudo-sinistra italica. Per cui: in un momento in cui la classe media versa in pessime acque, questo bel tomo di Pisapia parla di patrimoniale, propone il ritorno dell’Imu sulla prima casa, parla di tassazione da aumentare per favorire la soliderietà. E’ un po’ indietro con gli studi, Pisapia. Io credo che, se avrà la bontà – lui e i suoi cattivi consiglieri – di studiare meglio il dibattito economico contemporaneo, capirà che non c’è bisogno di questo, c’è bisogno di riscoprire un filone keynesiano.