Archivio del Tag ‘Usa’
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Debito? Falso problema. Krugman: l’incubo sono i disoccupati
Nei giorni scorsi sono stati resi noti due numeri che a Washington dovrebbero indurre tutti a esclamare: «Mio Dio, che cosa abbiamo combinato?». Il primo di questi numeri è zero, corrispondente ai posti di lavoro creati ad agosto. Il secondo numero è due, corrispondente al tasso di interesse sui bond decennali statunitensi, il più basso che si sia mai registrato. Presi insieme, si può dire che i due numeri stiano gridando a squarciagola una cosa sola: la massa di persone all’interno della Beltway (l’establishment di Washington) si sta preoccupando per le cose sbagliate e di conseguenza sta infliggendo al paese danni devastanti.
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Italia ko, ma resta il quarto paradiso mondiale dei ricchi
«Il convento è povero, ma i frati sono ricchi»: battuta storica, che l’allora ministro delle finanze Rino Formica – socialista autocritico e battitore libero – usò per tratteggiare la situazione del Psi craxiano poco prima della caduta sotto i colpi di Tangentopoli. Lo stesso aforisma oggi calzerebbe a pennello per l’Italia: in uno Stato fra i più inguaiati al mondo per le finanze pubbliche dissestate, brilla il successo planetario dei suoi super-ricchi, che surclassano inglesi e francesi, australiani e olandesi. Nell’Italia prostrata dalla crisi e ora dalla manovra “lacrime e sangue” imposta dalla Bce, il forziere del benessere privato – beni, conti bancari, quote azionarie – resta al riparo da qualsiasi tempesta e sfiora il record europeo dei tedeschi, superato solo da americani e giapponesi.
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Il golpe inglese: neutralizzare l’Italia, da Mattei a Moro
«Ogni volta che gli italiani hanno provato a decidere del proprio destino, gli inglesi sono intervenuti». Lo afferma l’editore Chiarelettere presentando “Il golpe inglese”, libro-inchiesta di Mario Josè Cereghino e Giovanni Fasanella che illumina imbarazzanti retroscena sull’influenza britannica nella storia del Belpaese, fin dalla nascita dello Stato unitario nel 1861. Tra le ombre più inquietanti, la tragica fine di Enrico Mattei e quella di Aldo Moro, personaggi-chiave dell’emancipazione politica italiana. «Dai documenti desecretati, che i due autori hanno consultato negli archivi londinesi di Kew Gardens – continua l’editore – emerge con chiarezza che non è Washington a ordire piani eversivi per l’Italia, ma soprattutto Londra, che non vuol perdere il controllo delle rotte petrolifere e contrasta la politica filoaraba e terzomondista di Mattei, Gronchi, Moro e Fanfani».
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11 Settembre, favola nera che ci assedia da dieci anni
Dieci anni sono passati da quell’11 settembre che ha cambiato la storia del mondo, avviando la guerra infinita contro il terrorismo internazionale. I dubbi su quella vicenda si sono ingigantiti, diventando certezze. Non 19 terroristi, da soli, hanno attaccato l’America, bensì un pugno di terroristi “di stato” (occidentali e amici dell’occidente) con passaporti americani, israeliani, pakistani, sauditi. Osama bin Laden non è mai stato incriminato, sebbene, in suo nome, siano state combattute due guerre (contro l’Afghanistan e contro l’Iraq) che hanno prodotto centinaia di migliaia di morti civili e che non sono ancora terminate. Guantánamo è rimasta in funzione nonostante le promesse di Obama. Nessun processo contro nessun presunto colpevole è stato celebrato in questi dieci anni.
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Noi, sudditi del debito: i “sacrifici” salvano solo la finanza
Una nauseabonda cacofonia condotta al massimo livello di decibel sta investendo da oltre due mesi il paese. Tutti accettano in pieno che è tempo di «duri sacrifici» per pagare i detentori del debito pubblico nazionale, prevalentemente banche ed affini. Lo “scontro” é solo sulla ripartizione dei sacrifici. Non si ragiona sul fatto che le economie europee hanno ampie capacità produttive eccedentarie. I redditi della stragrande maggioranza dei cittadini europei non sono però a un livello sufficiente ad attivare l’utilizzo normale delle industrie e dei servizi al consumo. Queste imprese investono poco e, se lo fanno, l’investimento é abbinato a piani di ristrutturazione e delocalizzazione. A loro volta le industrie di beni strumentali non ricevono – dalle aziende di beni di consumo – nuovi impulsi a produrre per via dell’eccesso di capacità.
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Aiuto, dopo Berlusconi vuol scendere in campo Montezemolo
Nell’Italia avviata (forse) al dopo Berlusconi, di una cosa non si sentiva la necessità: un nuovo partito azienda. Quindi era inevitabile che Luca di Montezemolo, il nostro maggior esperto nel ramo del superfluo, ne sfornasse uno. Con lo stesso incomprensibile ottimismo con cui si lancia sul mercato la riedizione di un vecchio modello, il presidente della Ferrari, e già della Fiat, ha annunciato la messa in produzione, entro un anno o due, di una nuova Forza Italia, ovvero un partito liberista di massa guidato da un industriale ricchissimo con alle spalle la proprietà di mezzi d’informazione e squadre di calcio.
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Sartori: ma quale crescita, il nostro sistema sta crollando
Tutti gli economisti, o quasi tutti, sostengono che la salvezza sta nella “crescita”. Perché il mondo occidentale non cresce più (in nessun senso della parola). La sola crescita globale è stata, da un secolo a questa parte, quella della popolazione. Oggi siamo 7 miliardi, forse arriveremo a 9 o anche a 10. E di tanto cresce la popolazione, di altrettanto (se non più) crescono i problemi che la crescita economica dovrebbe risolvere. Problemi che oramai sono di “grande depressione”. E problemi che le ricette degli economisti non sembrano in grado di risolvere. Forse perché sono ricette che ci hanno fatto sbagliare previsioni e terapie da almeno mezzo secolo a questa parte. Perché da mezzo secolo a questa parte gli economisti ci hanno incoraggiato a spendere più di quanto guadagniamo, creando così un progresso economico fondato sul debito.
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Chossudovsky: Libia, democrazia Nato firmata Al Qaeda
«Uccidere la verità è parte integrante dell’agenda militare: la realtà viene capovolta e la menzogna diventa verità. E’ una dottrina inquisitoriale: il “consenso” della Nato ricorda l’Inquisizione spagnola». Parola di Michel Chossudovsky, accademico canadese e presidente di “Global Research”, osservatorio internazionale sulla globalizzazione e prestigiosa voce critica sulle crisi planetarie. Mentre i media raccontano che i “ribelli” avrebbero “liberato” Tripoli dalla dittatura di Gheddafi per instaurare la democrazia sotto la spinta popolare, Chossudovsky rivela che il piano, studiato a tavolino, non è che una tappa della nuova offensiva occidentale nella regione, basata sull’impiego massiccio di quelli che ieri erano presentati come acerrimi nemici: terroristi di Al Qaeda e miliziani della Jihad islamica.
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Libia, la verità? Fermare la Cina, inguaiando anche l’Europa
Gheddafi è solo una maschera, il tiranno perfetto contro cui scatenare i media, quindi l’opinione pubblica e infine i Tornado. Berlusconi? Non conta niente, ha subito una guerra che non voleva, come del resto la manovra finanziaria “lacrime e sangue”. E gli alleati europei? Idem: nonostante le apparenze, la battaglia di Tripoli è contro di loro, innanzitutto: concepita per metterli nei guai. E persino «il povero Obama» ha dovuto abbozzare. Perché a decidere di trasformare la Libia in un inferno come l’Iraq è stato il super-potere di Wall Street. Con un obiettivo evidente: fermare l’avanzata della Cina. «Non è nemmeno questione di petrolio», dice Giulietto Chiesa all’“Espresso”: «Tra 5-10 anni non ci sarà più posto per Usa e Cina insieme: o troveranno un accordo, o sarà guerra mondiale».
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Bugie di guerra da Tripoli: non sappiamo quasi niente
Domenico Quirico, il reporter della “Stampa” sequestrato il 24 agosto con tre colleghi e liberato l’indomani da due giovani soldati di Gheddafi, rivela di esser stato accompagnato attraverso «l’enorme area di Tripoli ancora controllata dalle forze del regime». E un combattente gheddafista, che si firma “Libyan Liberal”, racconta su Twitter che il “lavoro” consiste nel difendere la popolazione da omicidi, stupri e saccheggi, mentre dal cielo le bombe della Nato fanno strage. Le immagini della folla esultante sulla Piazza Verde? Forse è solo l’ultima beffa: si ipotizza addirittura un set televisivo negli studi di Al-Jazeera, nel Qatar. «Considero prive di ogni sostanza le notizie ufficiali che arrivano dalla Libia da tre giorni a questa parte», scrive Debora Billi: possibile che la cronaca da Tripoli sia interamente falsa?
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Botte a chi protesta, sempre impuniti i sovrani della crisi
Attenti: stiamo per perdere la nostra democrazia, perché oggi a governare le nostre esistenze non c’è la politica. «Sovrani sono poteri non eletti, come gli speculatori di borsa o le agenzie di rating che storcono le nostre vite e sono i nuovi tribunali delle democrazie». In mano ai cittadini sembra rimanere solo il plebiscito dei tumulti urbani, ma neanche un attimo la politica è sfiorata dal dubbio che i giovani delle sommosse siano figli dei suoi errori, della sua latitanza. Barbara Spinelli non ha dubbi: se Napolitano grida che siamo «immersi in un angoscioso presente», è anche perché la destra ha minimizzato la crisi, ma pure la sinistra – concentrata solo sulla conquista del potere – ha perso di vista l’obiettivo: «Un popolo tenuto nel buio non vede che buio», è stata «spezzata la capacità» di capire perché un paese come l’Italia sia ridotto così male.
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Privatizzare la Libia, ecco il piano Usa affidato a Jibril
A governare la Libia del post-Gheddafi sarà Mahmoud Jibril, il distinto signore nuovamente ricevuto a Parigi da Sarkozy, dopo una tappa in Italia per incontrare Berlusconi. Questo anonimo tecnocrate sessantenne, finora sconosciuto alle cronache, è stato per anni l’uomo-chiave di Washington e Londra all’interno del regime del Colonnello, scrive “PeaceReporter” mentre le forze Nato e i “ribelli” espugnano l’ultimo bunker del “raiss” nella capitale. In qualità di direttore del Nedb, l’Ufficio nazionale per lo sviluppo economico di Tripoli, Jibril lavorava per facilitare la penetrazione economica e politica angloamericana in Libia promuovendo un radicale processo di privatizzazione e liberalizzazione dell’economia nazionale.