Archivio del Tag ‘violenza’
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Desaparecidos: la Chiesa in Argentina aiutò i carnefici
Una vera e propria valanga di dichiarazioni è uscita dalla bocca dell’ex dittatore Jorge Videla durante gli ultimi interrogatori. Le informazioni ricavate hanno messo fine ad un lungo dibattito sui modelli di transizione dal regime alla democrazia in Argentina, durante l’ultimo periodo della dittatura militare. In molti nello Stato del Sud America criticavano la riapertura dei processi per crimini contro l’umanità, sostenendo che l’obiettivo di giungere ad una condanna penale rischiava di ostacolare il raggiungimento della verità. Gli stessi esaltavano, invece, il modello sudafricano consistente nell’ottenere informazioni in cambio dell’impunità. Ciononostante, in Argentina, sono già state pronunciate oltre 250 sentenze di condanna al termine di processi che hanno garantito tutti i diritti alla difesa, tanto che vi sono state anche due dozzine di sentenze di assoluzione. Il flusso di informazioni, però, non solo non si è arrestato, ma è addirittura aumentato, portando a galla molte testimonianze e verità storiche.
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Latouche: abbiamo bisogno che questo sistema crolli
«Sappiamo già che l’attuale sistema crollerà tra il 2030 e il 2070. Il vero esercizio di fantascienza è prevedere che cosa succederà tra cinque anni». Serge Latouche non ha dubbi: faremo la fine dell’Impero Romano, o del Sacro Romano Impero di Carlo Magno che fu travolto dai Barbari. «Purtroppo siamo già dentro il capitalismo catastrofico». Ed è solo l’inizio, nel bluff chiamato Europa. «La barca affonda e andremo giù tutti insieme. Ma non è detto che questo avverrà senza violenza e dolore». Quanto all’Italia, «l’unica soluzione è la bancarotta: da Monti in giù, tutti sanno che il debito non potrà essere ripagato». Sono alcune delle affermazioni che l’ideologo francese della Decrescita ha rilasciato a Giovanna Faggionato per “Lettera 43”. Il sistema, dice Latouche, non ha mantenuto nessuna promessa: «Dicevano che la concorrenza ci avrebbe fatto lavorare di più per guadagnare di più, e invece ci fa lavorare di più e guadagnare sempre meno: questo è sotto gli occhi di tutti».
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Atene, pulizia etnica: Bruxelles scatena odio nazi-xenofobo
Le sfilate di “Alba Dorata” ad Atene ricordano i cortei nazisti dei primi anni ‘30. Al posto dei simboli uncinati vi sono nelle strade centinaia di bandiere della Grecia, bianche e azzurre, sventolate per rivendicare nazionalità e appartenenza. L’identità ellenica viene posta in contrapposizione alle alchimie della Bce, è vista come l’affermazione di un nuovo spirito nazionale. Nei filmati, i cortei di “Alba Dorata” sembrano interminabili. La rabbia ha bisogno di nemici. Il primo è l’Europa, vista come una matrigna, come Saturno che divora i suoi figli, come una padrona in casa d’altri, sempre più odiata e lontana. Il secondo sono gli immigrati. Lo straniero che è oggi in competizione per un lavoro, per un pezzo di pane, per il sussidio governativo, per sfamare la propria famiglia.
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Gad Lerner: perché De Gennaro non può chiedere scusa
Undici anni dopo bisognerà finalmente correggere il testo che scorre prima dei titoli di coda, dandoci l’ultimo scossone, alla fine di “Diaz”, lo straordinario film di Daniele Vicari (se non l’avete visto cercatelo, è imperdibile per intensità narrativa e rigore storico). La frase diceva più o meno: “Nessuno dei funzionari di Polizia coinvolti nell’inchiesta è stato sospeso dal servizio”. Nella nuova versione bisognerà ricordare che una sentenza definitiva della Cassazione il 5 luglio 2012 comportò la rimozione dai vertici della Polizia di alcuni fra i suoi massimi dirigenti. Data da ricordare, perché segna una vittoria non scontata dello Stato di diritto alle prese con reati commessi da uomini di potere collusi fra loro e ormai convinti di godere dell’immunità derivante dal loro alto grado.
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Dopo le scuse, la verità su Genova: perché quel massacro?
Antonio Manganelli si scusa con l’Italia e persino con la madre di Federico Aldrovandi, il giovane ucciso a Ferrara da quattro agenti nel 2005, ma il suo ex capo Gianni De Gennaro – promosso sottosegretario da Mario Monti – continua a tacere, anche se resta il massimo responsabile istituzionale delle operazioni di polizia che a Genova nel 2001 culminarono nel massacro della Diaz. Una mattanza, che Amnesty International definì la più grave sospensione della democrazia in Occidente dopo la Seconda Guerra Mondiale. Una pagina nera, nella storia della polizia italiana: 93 persone selvaggiamente picchiate e terrorizzate, quindi arrestate in massa per reati serissimi e poi tutte prosciolte. Tra queste, 60 feriti anche gravi, come il giornalista inglese Mark Covell, ridotto in fin di vita. E dal super-poliziotto De Gennaro silenzio totale: anche oggi, dopo la sentenza della Cassazione che terremota il vertice della polizia, con rimozioni a tappeto di altissimi dirigenti.
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Diaz: giustizia 11 anni dopo, nel silenzio della politica
Dunque la Corte di Cassazione ha deciso e ora quel che già sapevamo, nella accezione pasoliniana del termine, è verità giudiziaria. Molte sensazioni si rincorrono. Mi tornano alla mente le parole di Sepulveda il giorno dell’arresto del generale Pinochet: «Scrivo queste righe perché non so fare altro. Abbraccio mia moglie e tutti e due piangiamo. Piangiamo il pianto liberatorio di quanti non abbiamo mai dimenticato, di quelli che non hanno mai smesso di credere nel giorno della minima giustizia. Carmen ed io usciremo a fare una passeggiata, e sentiremo che la pioggia sui nostri volti comincia finalmente a lavare le vecchie ferite». È questo il primo pensiero. La condanna non solo degli esecutori materiali del massacro della Diaz ma anche dei funzionari che hanno coordinato le operazioni e sono ricorsi al falso per giustificare la mattanza
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Siria-Turchia, Phantom disarmati per giornalisti imbecilli
Mentre le notizie dalla Siria dicono, giorno dopo giorno, che la guerra sta trascolorando da “civile” in guerreggiata; da “bassa intensità” a livello libico, vorrei ritornare alle cose lette sulla stampa italiana, e viste su tutte le tv italiane, a proposito dell’abbattimento del Phantom turco nei cieli della Siria. Avevo avuto l’impulso, inizialmente, di proporre la costituzione immediata di un comitato di solidarietà con i Phantom turchi che viaggiano disarmati dentro lo spazio aereo siriano, o nelle sue immediate vicinanze. Sono sicuro che avrei avuto la firma immediata dei direttori della “Stampa”, del “Corsera” e di “Repubblica”, tutti uniti nella deprecazione della violenza aggressiva dell’esercito siriano. Ma poi ho pensato che neanche l’ironia, o il sarcasmo, sarebbe capace di far sorgere nelle loro menti un qualche dubbio. Sebbene dovrebbero porsi almeno l’interrogativo sul cosa ci facesse, da quelle parti, un Phantom turco, per giunta disarmato, in piena zona di guerra.
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Il Telegraph: muoia la Grecia, un piano deciso dall’inferno
L’establishment europeo è felice per la vittoria di Nuova Democrazia ed è disponibile a tenere ancora in vita un paziente che non riesce più a respirare. Ma, questa sensazione, non potrà andare avanti ancora per molto. I nuovi leader della Grecia hanno ricevuto un mandato dall’inferno. In un modo o nell’altro quasi il 52% del voto popolare è andato a partiti che si opponevano al salvataggio previsto dal Memorandum. Comunque la nazione non ha accettato le politiche di austerità della troika. La sinistra dura del partito Syriza di Alexis Tsipras adesso è forse più pericolosa all’opposizione, con un gran numero di seggi in Parlamento, e potrà tartassare il governo senza assumersene la responsabilità, dato che lo Stato sta mandando a casa 150 mila lavoratori del settore pubblico, un quinto del totale.
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Il futuro delle stragi: la mafia si compra l’Italia, legalmente
Sono passati vent’anni dalle stragi di Capaci e di Via D’Amelio. Vent’anni dopo credo che l’urgenza sia capire se quelle bombe scoppiano ancora, cosa hanno prodotto, cosa ci hanno insegnato e cos’è la mafia adesso. In questi venti anni ci hanno fornito i colpevoli perfetti. Come si fa a non odiare i visi di Provenzano, di Riina, di Bagarella? Come si fa a non tirare un sospiro di sollievo a vederli dietro le sbarre e ad autoconvincersi che sono stati loro, e solo loro, a seminare morte e terrore. Come se questi signori fossero stati soltanto dei tumori in un corpo sano, come dei malvagi alieni scesi sulla terra, mostri inumani e geneticamente diversi da noi. Perfetti capri espiatori per farci vivere meglio, anestetizzati. Mettere in piazza quelle facce ed accollare a loro, e solo a loro, la violenza è servito. E’ servito a schermare una verità di fondo: evitare di farci vedere quanto incapaci e criminali sono state le nostre classi dirigenti.
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Traditi da Giuda: il cattivo allievo, non il cattivo maestro
Sui “cattivi maestri” il giornalismo nostrano si è a lungo esercitato, spesso alimentato dalle penne dei mercenari della politica e del giornalismo. La denuncia di cento anni di solitudine, la rabbia contro ingiustizie antiche e recenti, contro anni di manipolazione e di retorica sullo sviluppo e la democrazia, contro i massacri di Stato sia dei servizi segreti sia dei nostri eserciti, della quale da sempre si fanno portatori i giovani in Italia come altrove, viene bollata come opera di “cattivi maestri”. Di cattivi maestri, purtroppo se ne trovano pochi, e quello che li distingue è l’impotenza di fronte alla violenza del potere. “Cattivi maestri” furono anche Gesù, San Francesco, le migliaia di operatori laici e religiosi che ai drammatici problemi prodotti dai poteri dominanti hanno cercato e cercano di dare risposte piccole e grandi.
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Strane bombe, strani killer: ci serve un medico, e non c’è
Dico subito che non ho speciali informazioni (e quindi non ho speciali ipotesi da fornire per le pistole che hanno gambizzato Genova e la bomba che ha sfregiato Brindisi). Ma l’accostamento immediato che mi si è presentato davanti agli occhi, quando ho saputo, è stato ai quasi duecento che si sono suicidati negli scorsi mesi. E poi a Breivik. Tutto si svolge in un bicchiere d’acqua torbido, tanto torbido che non si può vedere il fondo. Tutto ha l’aria di un sintomo, anzi di una serie di sintomi, di una vita malata, di una società malata. E, quando la società è malata, appaiono foruncoli purulenti, apparentemente incomprensibili, segnali di una violenza che emerge dall’organismo, in forma disordinata e repellente.
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Ci risiamo: bombe, per congelare la protesta democratica
Prima lo strano agguato contro il manager genovese dell’Ansaldo, seguito da un’altrettanto strana rivendicazione “anarchica”, nonostante lo stile brigatista della “gambizzazione” di Roberto Adinolfi. E ora la furia cieca dell’esplosivo stragista, davanti all’istituto scolastico di Brindisi intitolato a Francesca Morvillo Falcone: una studentessa dilaniata dalle bombe e un’altra in condizioni gravissime. «Il dolore atroce che si rovescia sulla vita civile del nostro Paese, nel giorno dell’attentato che ha profanato la gioventù di Brindisi, è ancora una volta l’ingrediente sanguinario che puntualmente si inserisce dall’ombra nei momenti cruciali della storia nazionale», dice Giulietto Chiesa: «Le bombe che scoppiano fra la gente hanno sempre favorito lo stesso obiettivo: convalidare un restringimento della libertà in nome della sicurezza e disinnescare le possibilità di cambiamento democratico mentre si approntano nuovi equilibri».