Archivio del Tag ‘Wolfgang Schaeuble’
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Pura ferocia, ecco l’Ue: spietata, contro il pallido Tsipras
Consenti alla finanza privata di impadronirsi della moneta e quindi del debito pubblico degli Stati? Vietato stupirsi, dopo, gli se esattori rivogliono tutto indietro, con gli interessi. Sul “Guardian”, l’ex ministro delle finanze ellenico Yanis Varoufakis denuncia «la testarda ostinazione» dei creditori nel rifiutarsi di concedere una sostanziale riduzione del debito, in barba a «qualsiasi normale prassi bancaria», che consiglierebbe di «non accanirsi contro i debitori in difficoltà». Di “normale”, in realtà, in Europa non c’è più nulla, dal momento in cui – col Trattato di Maastricht – proprio la “prassi bancaria” ha sostituito l’interesse pubblico, basato sul governo sovrano della moneta per evitare che lo Stato cada nelle mani di creditori privati, i veri padroni della scena, che manovrano politici-fantoccio e istituzioni comunitarie create solo per proteggere il business finanziario a spese delle comunità nazionali. L’altra notizia è che i paesi europei non insorgano in favore dei greci: nessun governo si ribella, le piazze europee non sono gremite di bandiere greche. E i sondaggi rivelano che 7 tedeschi su 10 danno ragione al super-falco Schaeuble, l’uomo dei diktat, l’esecutore fiduciario dei banchieri.Alla sopravvivenza economica della Grecia, scrive Varoufakis, l’Ue ha preferito «il salvataggio delle banche francesi e tedesche esposte sul debito pubblico ellenico». Nulla di così strano: l’anomalia, semmai, consiste nel fatto che il debito statale di Atene sia stato finanziato da banche private, attraverso la moneta privata chiamata euro. L’austerity che ha devastato la Grecia, facendone crollare il Pil del 25%, serviva solo a “rifondere” le banche straniere, non certo a risollevare l’economia di Atene. «Una volta che questa sordida operazione è stata completata, l’Europa si è subito inventata un altro motivo per rifiutarsi di discutere la ristrutturazione del debito: andava a colpire le tasche dei cittadini europei! E quindi – continua Varoufakis – venivano somministrate dosi ancora maggiori di austerità, mentre il debito cresceva spingendo i creditori a erogare nuovi prestiti in cambio di altra austerità».Il governo Tsipras, continua l’ex ministro, è stato eletto «per porre fine a questo circolo vizioso, per esigere un haircut del debito e mettere fine all’austerità». Mission impossible, ovviamente, sotto il regime euro-Ue: Syriza, invece, si è fatta eleggere raccontando ai greci che sarebbe stato possibile passare all’inferno al paradiso, pur restando nell’Eurozona. Il resto sono dettagli: «Le trattative – racconta Varoufakis – si sono arenate nella ben nota impasse per una semplice ragione: i nostri creditori continuavano a negare qualsiasi ristrutturazione, mentre allo stesso tempo esigevano che il nostro debito, che non è pagabile, fosse rimborsato “parametricamente” dalle fasce più deboli della popolazione greca, dai loro figli e dai loro nipoti». In realtà, il debitro sovrano non è mai “pagabile”, non lo è mai stato e non deve esserlo: il debito del Giappone rappresenta il 250% del Pil ma non è un problema, perché lo Stato – padrone della sua moneta – è in grado di sostenerlo in qualsiasi momento. Nell’Eurozona, invece, si “deve” ricorrere al denaro dei banchieri, che non concedono prestiti a scopo di beneficenza.Lo stesso Varoufakis ricorda che, nella sua prima settimana da ministro, il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem (l’Eurogruppo è l’assemblea dei ministri delle finanze europei) lo mise «brutalmente» messo di fronte a un ultimatum: «Accettare la logica dei bailout e rinunciare a ogni pretesa di ristrutturazione, altrimenti il nostro accordo sui nuovi prestiti sarebbe stato cancellato – con l’implicita conseguenza non detta che le nostre banche avrebbero dovuto chiudere». Dopo cinque mesi di trattative, eccoci al redde rationem: le “istituzioni” europee, guidate da Merkel e Schaeuble, impongono a Tsipras di rimangiarsi tutto, per screditarlo di fronte ai greci, dopo l’intollerabile sfida democratica del referendum contro l’austerity. Nel 2010, ricorda ancora Varoufakis, la minaccia della Grexit «nel 2010 spaventava a morte gli investitori finanziari perché le loro banche erano piene zeppe di debito greco». E ancora nel 2012, «nonostante Wolfgang Schaeuble ritenesse che i costi della Grexit avrebbero avuto il vantaggio di disciplinare la Francia e gli altri, la prospettiva continuava a creare grandi preoccupazioni». Quando invece Syriza è andata al potere a gennaio scorso, «a conferma del fatto che i bailout non hanno realmente lo scopo di salvare la Grecia (ma piuttosto quello di costruire una muraglia cinese attorno al nord Europa), una larga maggioranza dell’Eurogruppo – sotto la tutela di Schaeuble – ha considerato la Grexit come l’esito più favorevole e l’ha adoperata come minaccia contro il nostro governo».Varoufakis sostiene che i greci, «giustamente», hanno «i brividi al pensiero di essere amputati dall’unione monetaria». Il problema è proprio l’euro, «una moneta completamente controllata da creditori ostili alla ristrutturazione del nostro insostenibile debito nazionale». Per uscire dall’euro, secondo l’ex ministro, «dovremmo inventarci una valuta dal nulla: nell’Iraq occupato c’è voluto un anno per introdurre nuove banconote, circa 20 Boeing 747, la mobilitazione di tutta la potenza militare americana, tre stabilimenti per stampare il denaro, centinaia di camion. Senza questi aiuti – continua Varoufakis – sarebbe come se la Grecia dovesse annunciare una grossa svalutazione con 18 mesi di anticipo, il che porterebbe all’immediata liquidazione di tutti i capitali investiti e al loro trasferimento all’estero con ogni mezzo possibile». Così, con la minaccia della Grexit che rafforzava il “bank run” indotto dalla Bce, «il nostro tentativo di rimettere sul tavolo la questione della ristrutturazione si è scontrato contro un muro di gomma. Tutte le volte ci rispondevano che quella era una questione da affrontare in un non meglio specificato futuro successivo alla completa realizzazione del “programma”».Scontata, quindi, l’intransigenza tedesca, anche di fronte al tentativo del successore di Varoufakis, Euclid Tsakalaotos, che ha tentato di convincere «un Eurogruppo chiaramente ostile» che la ristrutturazione del debito «è un prerequisito per il successo delle riforme in Grecia». Finalmente, Varoufakis ammette che il problema è proprio la moneta unica europea: «L’euro è un ibrido fra un vincolo valutario fisso come l’Erm del 1980 o il gold standard e una “moneta di Stato”. Il primo fonda la sua forza sulla paura di esserne espulsi, mentre la “moneta di Stato” implica meccanismi di riciclo (reinvestimento) dei surplus fra Stati membri», ad esempio un budget federale e l’emissione di titoli di Stato in comune, gli eurobond invocati inutilmente già ai tempi di Tremonti. «L’euro è una via di mezzo – più vincolo monetario che moneta di Stato». Di statale, in realtà, l’euro non ha nulla: è anzi il braccio operativo dell’élite finanziaria interessata a lucrare sullo smantellamento degli Stati, ma questo Syriza non l’ha mai osato dire.Anche oggi, Varoufakis si limita in fondo a considerazioni tattiche: «Il ministro delle finanze tedesco – scrive, sul “Guardian” – vuole che la Grecia venga costretta a uscire dalla moneta unica per mettere una paura del diavolo ai francesi e convincerli ad accettare un modello di Eurozona di tipo disciplinario». E’, in fondo, il peccato originale di Syriza: pensare che esista un modello di Eurozona non-disciplinario. E’ come aspettarsi che possa davvero essere ristrutturato (tagliato) un debito nominalmente pubblico, ma non denominato in moneta sovrana. Eppure, nonostante gli errori strategici di Syriza, il “martirio” della Grecia offre un terrificante spettacolo di cos’è realmente l’Unione Europea. L’Austria farà un referendum per uscirne, la Gran Bretagna voterà nel 2017 per abbandonare Bruxelles, mentre Obama teme l’aiuto di Putin alla Grecia e l’Ue punta tutto sulle dimissioni di Tsipras per ripristinare il dominio totale della Troika, togliendo ai greci ogni illusione di sovranità.Consenti alla finanza privata di impadronirsi della moneta e quindi del debito pubblico degli Stati? Vietato stupirsi, dopo, se gli esattori rivogliono tutto indietro, con gli interessi. Sul “Guardian”, l’ex ministro delle finanze ellenico Yanis Varoufakis denuncia «la testarda ostinazione» dei creditori nel rifiutarsi di concedere una sostanziale riduzione del debito, in barba a «qualsiasi normale prassi bancaria», che consiglierebbe di «non accanirsi contro i debitori in difficoltà». Di “normale”, in realtà, in Europa non c’è più nulla, dal momento in cui – col Trattato di Maastricht – proprio la “prassi bancaria” ha sostituito l’interesse pubblico, basato sul governo sovrano della moneta per evitare che lo Stato cada nelle mani di creditori privati, i veri padroni della scena, che manovrano politici-fantoccio e istituzioni comunitarie create solo per proteggere il business finanziario a spese delle comunità nazionali. L’altra notizia è che i paesi europei non insorgano in favore dei greci: nessun governo si ribella, le piazze europee non sono gremite di bandiere greche. E i sondaggi rivelano che 7 tedeschi su 10 danno ragione al super-falco Schaeuble, l’uomo dei diktat, l’esecutore fiduciario dei banchieri.
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De Bortoli e Bersani, il crepuscolo dei burattini di Draghi
Il disegno reazionario in atto non può prescindere dal perverso utilizzo dell’informazione. La manipolazione sistematica consente ai massoni neonazisti dominanti, Draghi e Schaeuble in testa, di sterilizzare la democrazia grazie alla sapiente costruzione di un clima di perenne emergenza. Nel 2011 per esempio, la bufala dello spread risultò funzionale all’arrivo al potere di Mario Monti, massone oligarchico già iniziato presso la Gran Loggia Unita d’Inghilterra nonché inserito all’interno di una specifica e perversa super-officina latomistica chiamata “Babel Tower”. Allo stesso modo, lo spettro del “default” serve solo per far trangugiare al popolino alcune volgari contro-riforme che mirano alla definitiva cristallizzazione di una società classista, iniqua, violenta e diseguale. I politici, poco più che burattini al servizio di logge e poteri occulti, vengono frequentemente ingaggiati a contratto, per poi essere cinicamente scaricati una volta divenuti vecchi ed inservibili.Prendiamo il caso della cosiddetta “sinistra del Pd”, gruppo eterogeneo formato da una accozzaglia di mediocri, raccolti intorno ad un leader da operetta come Pierluigi Bersani. Se un alieno, appena sbarcato sul pianeta Terra, s’imbattesse per caso in un tipo alla Alfredo D’Attorre, potrebbe per un attimo scambiarlo per un sincero democratico, attento alla tenuta della democrazia e alle ragioni dei più deboli. Peccato le cose non stiano così. D’Attorre, infatti, al pari di Bersani, Letta, Fassina, Cuperlo, Bindi e compagnia cantante, fa parte di quella nutrita schiera di personaggi che usa la verità come arma di ricatto contrattuale. Fino a quando il Pd era dominato dalla vecchia guardia, le politiche di austerità erano necessarie e responsabili; ora che Draghi ha licenziato gli antichi servitori, promuovendo al rango di nuovo caposala l’astuto pinocchietto fiorentino Renzi, molte mezze calzette trovano improvvisamente il coraggio di dire apertamente ciò che prima, per interesse e pavidità, non osavano neppure sussurrare.Chi ha voluto Monti al potere? Il Pd di Bersani. Chi ha votato il pareggio di bilancio in Costituzione? Il Pd di Bersani. E il Fiscal Compact? Sempre il Pd di Bersani. E la riforma Fornero? Idem. Renzi effettivamente è squallido, ma i suoi nemici interni sono più squallidi di lui, aggiungendo abbondante ipocrisia alla conclamata nefandezza. “Hanno la faccia come il culo”, sintetizzerebbero i geniali autori di un glorioso settimanale del passato come “Cuore”. La speranza è che simili figuri, pronti a sottoporsi ad un intervento di ricostruzione dell’imene pur di rifarsi una verginità perduta, vengano definitivamente archiviati con il disonore che meritano nel dimenticatoio puzzolente della storia. Un altro del quale nessun uomo per bene potrà mai sentire la mancanza è Ferruccio de Bortoli, portavoce del massone contro-iniziato Mario Draghi, recentemente cacciato dalla guida del “Corriere della Sera”. De Bortoli, fatto della stessa pasta dei vari Bersani e D’Attorre, si è congedato dai suoi lettori scrivendo un lungo pezzo, tanto paradossale quanto ridicolo. «I giornali devono essere scomodi», pontifica l’ex direttorino armato di ciuffo ed erre moscia, massima espressione di un giornalismo meschino, forte con i deboli e debole con i forti.Il “Corriere” di Flebuccio in effetti è stato scomodo: scomodo per i precari, per i poveri, per i disoccupati, per i pensionati e per gli studenti, tutti criminalizzati dal piglio perbenista del miliardario con la penna posto a difesa del santuario “mercatista”. De Bortoli ebbe perfino il coraggio di augurare all’Italia l’arrivo della Troika, da sempre perfettamente a suo agio nel ruolo di Gabibbo di lusso che fustiga i vizi della Casta che lo pasce e lo arricchisce. Senza la scientifica opera di mistificazione messa in piedi da giornalisti e politicanti asserviti ai soliti centri di potere, non sarebbe stato possibile svuotare dalle fondamenta la democrazia in Europa. Dal nuovo direttore del “Corriere”, Luciano Fontana, non è lecito aspettarsi granché. Di sicuro fare peggio di De Bortoli sarà difficile per chiunque. Perfino per Fontana. In bocca al lupo.(Francesco Maria Toscano, “Il cepuscolo di Ferruccio de Bortoli e Pierluigi Bersani, fedeli esecutori dei diktat impartiti da Francoforte dal maestro venerabile Mario Draghi”, dal blog “Il Moralista” del 6 maggio 2015. Toscano è segretario del “Movimento Roosevelt”, fondato con Gioele Magaldi).Il disegno reazionario in atto non può prescindere dal perverso utilizzo dell’informazione. La manipolazione sistematica consente ai massoni neonazisti dominanti, Draghi e Schaeuble in testa, di sterilizzare la democrazia grazie alla sapiente costruzione di un clima di perenne emergenza. Nel 2011 per esempio, la bufala dello spread risultò funzionale all’arrivo al potere di Mario Monti, massone oligarchico già iniziato presso la Gran Loggia Unita d’Inghilterra nonché inserito all’interno di una specifica e perversa super-officina latomistica chiamata “Babel Tower”. Allo stesso modo, lo spettro del “default” serve solo per far trangugiare al popolino alcune volgari contro-riforme che mirano alla definitiva cristallizzazione di una società classista, iniqua, violenta e diseguale. I politici, poco più che burattini al servizio di logge e poteri occulti, vengono frequentemente ingaggiati a contratto, per poi essere cinicamente scaricati una volta divenuti vecchi ed inservibili.
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Fa crollare l’Italia, poi se la compra. Ma chi è BlackRock?
Faccio scoppiare l’Italia con la crisi dello spread, la costringo a svendere i gioielli di famiglia e quindi arrivo io, col portafogli in mano, pronto a rilevare a prezzi stracciati interi settori vitali dell’economia italiana, messa in ginocchio dalla manovra finanziaria. Secondo “Limes”, l’architetto supremo del complotto non è la Germania, ma il colossale fondo d’investimenti statunitense BlackRock, azionista rilevante della Deutsche Bank che nel 2011, annunciando la vendita dei titoli di Stato italiani, fece esplodere il divario tra Btp e Bund causando la “resa” di Berlusconi e l’avvento di Monti, l’emissario del grande business straniero. La rivista di Lucio Caracciolo, riassume Maria Grazia Bruzzone su “La Stampa”, ha messo a fuoco un po’ meglio le dimensioni, gli interessi e il vero potere del primo fondo d’investimenti mondiale, fattosi sotto con l’ascesa di Renzi a Palazzo Chigi, dopo che ormai il Pil italiano era stato letteralmente raso al suolo dai tecnocrati nostrani, in accordo con quelli di Bruxelles. Il “Moloch della finanza globale” vanta la gestione di 30.000 portafogli, per un totale di 4.650 miliardi di dollari: non ha rivali al mondo ed è una delle 4-5 “istituzioni” che ricorrono tra i maggiori azionisti delle banche americane.Con la globalizzazione dell’economia, il valore complessivo delle attività finanziarie internazionali primarie è passato dal 50% al 350% del Pil mondiale, raggiungendo i 280.000 miliardi di dollari, di cui solo il 25% legato agli scambi di merci. E il valore dei derivati negoziati fuori dalle Borse (“over the counter”) a fine giugno 2013 aveva toccato i 693.000 miliardi di dollari, in gran parte legati al mercato delle valute: al Forex si scambiano in media 1.900 miliardi di dollari al giorno. Tutto ha avuto inizio col neoliberismo promosso da Margaret Thatcher e Ronald Reagan: deregulation e meno vincoli per le megabanche, autorizzate a “giocare” con sempre nuovi prodotti finanziari come gli “hedge fund”, i fondi a rischio speculativi e le società di investimento spesso collegate alle banche, innanzitutto anglosassoni. Il colpo di grazia porta la firma di Bill Clinton, che negli anni ‘90 rende assoluta la deregolamentazione della finanza, abolendo il Glass-Steagal Act creato da Roosevelt negli anni ‘30 per limitare la speculazione alle sole banche d’affari e tenere il credito commerciale al riparo dalla “ruolette” finanziaria di Wall Street che aveva causato la Grande Crisi del 1929.A estendere al resto del mondo l’immediata cancellazione dei vincoli di sicurezza provvide il Wto, egemonizzato dagli Usa, su impulso delle megabanche, dell’allora segretario al Tesoro Larry Summers e del suo vice Tim Geithner, futuro ministro di Obama. Questo il clima in cui cominciò l’ascesa di BlackRock, autonoma dal 1992 e basata a New York, pronta a inserirsi in banche e aziende acquistando azioni, obbligazioni, titoli pubblici e proprietà, per un totale di oltre 4.500 miliardi, cioè pari al Pil della Francia sommato a quello della Spagna. BlackRock comincia anche a far politica: entra nel capitale delle due maggiori agenzie di rating, “Standard & Poor’s” (5,44%) e “Moody’s” (6,6%), ottenendo la possibilità di influire sulla determinazione di titoli sovrani, azioni e obbligazioni private, incidendo così su prezzo e valore delle attività acquistate o vendute. Quindi opera anche nell’analisi del rischio, vendendo “soluzioni informatiche” per la gestione di dati economici e finanziari, ed elabora dati che «incorporano anche pesanti elementi politici».Naturalmente sfrutta appieno la crisi del 2007: due anni dopo, lo stesso Geithner consulta proprio BlackWater per valutare gli asset tossici di Bear Stearns, Aig e Morgan Stanley. Compiti che BlackRock esegue, «agendo alla stregua di una sorta di Iri privato». Nel 2009 fa anche un colpo grosso, acquistando Barclays Investment Group, col suo carico immenso di partecipazioni azionarie nelle principali multinazionali. Il colosso finanziario americano informa e «manipola i propri clienti, utilizzando tecniche e software non diversi da quelli impiegati da Google (di cui ha il 5,8%) o dalla Nsa per sondare gli umori della gente», scrive “Limes”. Si serve della piattaforma Aladdin, «con almeno 6.000 computer in 12 siti più o meno segreti, 4 dei quali di nuova concezione, ai quali si rapportano 20.000 investitori sparsi per il mondo». Il suo centro studi d’eccellenza, il “BlackRock Investment Institute”, esamina le variabili politico-strategiche: il maxi-fondo è interessato al profitto «ma anche alla stabilità, sicurezza e prosperità degli Stati Uniti». Il fondatore e leader, Larry Fink, è considerato «il più importante personaggio della finanza mondiale», eppure resta «virtualmente uno sconosciuto» a Manhattan, secondo “Vanity Fair”.Proprio BlackRock, aggiunge “Limes” è probabilmente il vero regista della crisi italiana del 2011, o meglio della capitolazione dell’Italia di fronte agli appetiti della grande finanza. Lo spread fra i Bund tedeschi e i nostri Btp iniziò a dilatarsi non appena il “Financial Times” rese noto che nei primi sei mesi di quell’anno Deutsche Bank aveva venduto l’88% dei titoli che possedeva, per 7 miliardi di euro. «Molti videro un attacco al nostro paese ispirato da Berlino e dai poteri forti di Francoforte», ma forse – secondo “Limes” – non era così. La rivista di Caracciolo rivela che il potente istituto di credito tedesco aveva allora un azionariato diffuso, il 48% del capitale sociale era detenuto fuori dalla Repubblica Federale, e il suo azionista più importante era proprio BlackRock con il 5,1%. Peraltro, aggiunge la Bruzzone sulla “Stampa”, oggi la “Roccia Nera” detiene in Deutsche Bank una quota ancor maggiore (il 6,62%) e ne è il maggior azionista, seguito da Paramount Service Holdings, basato alle Isole Vergini Britanniche. «Si può escludere che il fondo non abbia avuto alcuna parte in una decisione tanto strategica come quella di dismettere in pochi mesi quasi tutti i titoli del debito sovrano di un paese dell’Ue?».«Se attacco c’è stato non è detto che sia stato perpetrato dalle autorità politiche ed economiche della Germania: è un fatto che a picchiare più duramente contro i nostri titoli a partire dall’autunno 2011 siano proprio “Standard & Poor’s” e “Moody’s”». Un’ipotesi, quella di Limes, che getta nuova luce su tanta parte della narrazione di questi anni sulla Germania, l’Europa e i Piigs, a partire dalle polemiche di quell’agosto bollente, «con Merkel e Sarkozy fustigati da Giuliano Amato sul “Sole 24 Ore”», anche se Amato – ricorda la Bruzzone – in quel 2011 era fra l’altro “senior advisor” proprio di Deutsche Bank. «E chissà che senza la decisione di Deutsche Bank di vendere i titoli di Stato di Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna, la tempesta finanziaria non sarebbe iniziata». Un’ipotesi realistica, secondo la Bruzzone, che apre altri interrogativi: sugli intrecci fra potere finanziario e politico, sul “potere sovrano” degli Stati (anche della potente Germania) e sulla composizione azionaria di questi onnipotenti istituti. Banche, fondi, superfondi: di chi sono? Chi decide che cosa, al di là dei luoghi comuni ripetuti delle narrative ufficiali?La fine della Deutsche Bank come motore sano dell’economia industriale tedesca risale all’epoca del crollo dell’Urss, quando l’attenzione della finanza angloamericana si concentra sull’Europa. E avviene a seguito di misteriosi omicidi, scrive la giornalista della “Stampa”, ricordando che Alfred Herrhausen, presidente della banca e consigliere fidato del cancelliere Kohl – un uomo che aveva in mente uno sviluppo della mission tradizionale e stilò addirittura un progetto di rinascita delle industrie ex comuniste, in Germania, Polonia e Russia, andandone persino parlarne a Wall Street – venne «improvvisamente freddato fuori dalla sua villa», a fine 1989. Si disse dalla Raf, o dalla Stasi, o da altri ancora. Stessa sorte toccò al suo successore, altro economista che si era opposto alla svendita delle imprese ex comuniste elaborando piani industriali alternativi alla privatizzazione. Fu ucciso nel 1991 da un tiratore scelto.Dopo di lui, alla sede londinese di Deutsche Bank arriva uno squadrone di ex banchieri della Merrill Lynch, compreso il capo, che diventa presidente, riorganizzando tutto in senso “moderno”. Anche lui però muore, a soli 47 anni, «in uno strano incidente del suo aereo privato». Va meglio al suo giovane braccio destro, Anshu Jain, un indiano con passaporto britannico, cresciuto professionalmente a New York, tutt’oggi presidente della banca diventata prima al mondo per quantità di derivati, spodestando Jp Morgan: la Deutsche Bank infatti è considerata fuori dalle righe “la banca più fallita del mondo”, «esposta per 55.000 miliardi, cioè 20 volte il Pil tedesco», a fronte di depositi per appena 522 miliardi. «Quanto è pericoloso il potere di mercato delle maggiori banche di investimento?». Se lo chiedeva due anni fa lo “Spiegel”, riportando un durissimo scontro fra Deutsche Bank e il ministro tedesco dell’economia, il super-massone Wolfgang Schaeuble.Scriveva il settimanale: «Un pugno di società finanziarie domina il trading di valute, risorse naturali, prodotti a interesse. Migliaiaia di investitori comprano, vendono, scommettono. Ma le transazioni sono in mano a un club di istituti globali come Deutsche Bank, Jp Morgan, Goldman Sachs. Quattro banche maneggiano la metà delle transazioni di valuta: Deutsche Bank, Citigroup, Barclays e Ubs». Un’altra ragione che dovrebbe farci prestare attenzione alla “Roccia Nera”, aggiunge “Limes”, è che ha messo radici in molte realtà imprenditoriali nel nostro paese. Per “L’Espresso”, addirittura, «si sta comprando l’Italia». Se un altro colosso americano, State Street Corporations, ha acquistato la divisione “securities” di Deutsche Bank e nel 2010 ha comprato l’attività di “banca depositaria” di Intesa SanPaolo (custodia globale, controllo di regolarità delle operazioni, calcoli, amministrazione delle quote, servizi ausiliari, gestione dei cambi e prestito di titoli), è proprio BlackRock a far la parte del leone.A fine 2011, il super-fondo americano aveva il 5,7% di Mediaset, il 3,9% di Unicredit, il 3,5% di Enel e del Banco Popolare, il 2,7% di Fiat e Telecom Italia, il 2,5% di Eni e Generali, il 2,2% di Finmeccanica, il 2,1% di Atlantia (che controlla Autostrade) e Terna, il 2% della Banca Popolare di Milano, Fonsai, Intesa San Paolo, Mediobanca e Ubi. E oggi Molte di queste quote sono cresciute e BlackRock è ormai il primo azionista di Unicredit (col 5,2%) e il secondo azionista di Intesa SanPaolo (5%). Stessa quota in Atlantia, mentre avrebbe ill 9,4% di Telecom. «Presidi strategici, che permetteranno a BlackRock di posizionarsi al meglio in vista delle privatizzazioni prossime venture invocate da molti “per far scendere il debito”», scrive “Limes”. E’ la nuova ondata in arrivo, dopo quella del 1992-93 a prezzi di saldo. «La crisi dei Piigs a che altro serve, se no?».Chi è BlackRock? Il web rivela, più che altro, un labirinto. Secondo “Yahoo Finanza”, il maggiore azionista (21,7%) sarebbe Pnc, antica banca di Pittsburgh, quinta per dimensioni negli Usa ma poco nota. Azionisti numero uno e due sarebbero Norges Bank, cioè la banca centrale di Norvegia, e Wellington Management Co., altro fondo di investimenti, di Boston, con 2.100 investitori istituzionali in 50 paesi e asset per 869 miliardi di dollari. Poi ci sono State Street Corporation, Fmr-Fidelity e Vanguard Group, che a loro volta sono gli unici investitori istituzionali di Pnc. Sempre loro, i “magnifici quattro”, si ritrovano con varie quote fra gli azionisti delle principali megabanche: non solo Jp Morgan, Bank of America, Citigroup e Wells Fargo, ma anche le banche d’affari come Goldman Sachs, Morgan Stanley, Bank of Ny Mellon. A ricorrere nell’azionariato di questi istituti ci sono anche altre società e banche, ma i “magnifici quattro” non mancano mai.Oltre ai soliti BlackRock, Vanguard, in Barclays – megabanca britannica che risale al 1690 – è presente anche Qatar Holding, sussidiaria del fondo sovrano del Golfo, specializzata in investimenti strategici. La stessa holding qatariota è anche maggior azionista di Credit Suisse, seguita dall’Olayan Group dell’Arabia Saudita, che ha partecipazioni in svariate società di ogni genere, mentre nell’altra megabanca elvetica, Ubs, si ritrovano BlackRock, una sussidiaria di Jp Morgan, una banca di Singapore e la solita Banca di Norvegia. Barclays Investment Group compariva tra i grandi azionisti di BlackRock, e viceversa, ma prima della crisi del 2008: dopo, non più – almeno in apparenza. Su “Global Research”, Matthias Chang mostra come nel 2006 “octopus” Barclays fosse davvero una piovra con tentacoli ovunque: Bank of America, Wells Fargo, Wachovia, Jp Morgan, Bank of New York Mellon, Goldman Sachs, Merrill Lynch, Morgan Stanley, Lehman Brothers e Bear Sterns, senza contare un lungo elenco di multinazionali di ogni genere, americane ed europee, comprese le miniere, senza dimenticare i grandi contractor della difesa.Dopo la crisi, che ha rimescolato le carte dell’élite finanziaria, il paesaggio cambia: Barclays Global Investors viene comprata nel 2009 da BlackRock. Il maxi-fondo, che nel 2006 aveva raggiunto il trilione di dollari in asset, dal 2010 al 2014 cresce ancora (fino ai 4.600 miliardi di dollari) insieme a Vanguard, presente in Deutsche Bank. Seguite i soldi, raccomanda il detective. Chi c’è dietro? «Attraverso il crescente indebitamento degli Stati – scrive la Bruzzone – megabanche e superfondi collegati, già azionisti di multinazionali, stanno entrando nel capitale di controllo di un numero crescente di banche, imprese strategiche, porti, aeroporti, centrali e reti energetiche. Solo per bilanciare l’espansione dei cinesi?». E’ un processo che va avanti da anni, «accelerato molto dalla “crisi” del 2007-8 e dalle politiche controproducenti come l’austerità, che sempre più si rivela una scelta politica». Tutto ciò è «evidentissimo nei paesi del Sud Europa, Grecia in testa, ma presente anche altrove e negli stessi Stati Uniti». Lo dicono blogger come Matt Taibbi ed economisti come Michael Hudson. Titolo del film: più che Germania contro Grecia, è la guerra delle banche verso il lavoro. Guerra che continua, dopo Thatcher e Reagan, nel mondo definitivamente globalizzato dai signori della finanza.Faccio scoppiare l’Italia con la crisi dello spread, la costringo a svendere i gioielli di famiglia e quindi arrivo io, col portafogli in mano, pronto a rilevare a prezzi stracciati interi settori vitali dell’economia italiana, messa in ginocchio dalla manovra finanziaria. Secondo “Limes”, l’architetto supremo del complotto non è la Germania, ma il colossale fondo d’investimenti statunitense BlackRock, azionista rilevante della Deutsche Bank che nel 2011, annunciando la vendita dei titoli di Stato italiani, fece esplodere il divario tra Btp e Bund causando la “resa” di Berlusconi e l’avvento di Monti, l’emissario del grande business straniero. La rivista di Lucio Caracciolo, riassume Maria Grazia Bruzzone su “La Stampa”, ha messo a fuoco un po’ meglio le dimensioni, gli interessi e il vero potere del primo fondo d’investimenti mondiale, fattosi sotto con l’ascesa di Renzi a Palazzo Chigi, dopo che ormai il Pil italiano era stato letteralmente raso al suolo dai tecnocrati nostrani, in accordo con quelli di Bruxelles. Il “Moloch della finanza globale” vanta la gestione di 30.000 portafogli, per un totale di 4.650 miliardi di dollari: non ha rivali al mondo ed è una delle 4-5 “istituzioni” che ricorrono tra i maggiori azionisti delle banche americane.
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Mentono e vi derubano ogni giorno, e voi gli credete ancora?
I dati forniti dall’Istat smentiscono l’interessato ottimismo sparso a piene mani dal premier Matteo Renzi e dal suo ministro del lavoro Giuliano Poletti. La disoccupazione, con buona pace del Jobs Act, continua ad aumentare, mentre la crescita resta un miraggio. Da quasi quattro anni, dall’arrivo cioè di Mario Monti sul trono d’Italia, i grandi media annunciano senza sosta l’imminente ripresa di un’Italia sempre più povera, stanca e sfiduciata. Chi di voi ricorda le promesse del professore di Varese, ridicolo fino al punto da ipotizzare un aumento del Pil prossimo al 10% in virtù delle famose liberalizzazioni riguardanti quattro tassisti e qualche farmacista? E chi di voi ha dimenticato il “piano giovani” varato da Enrichetto Letta, approvato in teoria per dare un futuro a generazioni intere senza speranze né prospettive? E come sarà possibile scordare in fretta le tante menzogne veicolate dell’attuale premier Matteo Renzi, degno successore dei vari Monti e Letta? Il gioco è semplice e scoperto: mentire, mentire e poi mentire ancora. Anche di fronte all’evidenza, anche a costo di sfidare la logica e di umiliare la verità e il buon senso.Mentire ad oltranza. Questo fanno i nostri governanti, etero-diretti dall’esterno dal ghigno malefico del Venerabile Maestro Mario Draghi, osannato dai servi di regime per avere varato un quantitative easing che serve solo per prolungare il più possibile l’agonia di questo mostro di Europa a trazione tecnocratica. Quando, e se, la cosiddetta pubblica opinione capirà di essere stata per anni raggirata e truffata, sarà oramai troppo tardi. Ma come può un uomo sano di mente credere che l’abolizione dei diritti possa avere un qualche effetto benefico sull’occupazione? Ma dove sono vissuti gli italiani negli ultimi venti anni, caratterizzati da un contestuale aumento di precarietà e disoccupazione? Ma come si fa a credere ancora che l’austerità serva per abbattere il debito, quando il debito di tutti i paesi dell’area euro è esploso proprio in virtù dell’applicazione cieca delle famose politiche del rigore? Come si fa a non capire che è in atto un progetto politico (definito “complotto” dai meno lucidi), gestito e supervisionato da una manipolo di burocrati illuminati, volto a regolare i conti una volta per tutte con le “masse plebee”?Non siete stanchi di sentire che la ripresa arriverà l’anno prossimo, e poi l’anno prossimo ancora? A nessuno sorge il dubbio che le famigerate “riforme strutturali” rappresentino poco più che un espediente retorico per giustificare la prosecuzione di una crisi in realtà voluta ed indotta? Non è dai tempi di Mani Pulite che il sistema di potere promuove senza sosta (destra o sinistra poco cambia) riforme destinate a colpire le pensioni, la rappresentanza democratica, i diritti dei lavoratori, il welfare e i salari? Non vi sono bastati venti anni di sbornia neoliberista, caratterizzati da una colossale svendita di Stato, per smascherare i trucchi usati da uomini senza scrupoli né morale? Resto sbigottito, incredulo e allibito. Noi del Movimento Roosevelt non ci stancheremo di dirvi che dalla crisi non usciremo mai fino a quando il popolo, per mezzo di rappresentanti democraticamente eletti, non intenderà riappropriarsi della sovranità che gli spetta.Bisogna riportare la Banca centrale sotto il controllo del potere politico per rifuggire dal continuo ricatto dei “fantomatici mercati”; bisogna varare su scala europea un piano per la piena occupazione al fine di rilanciare i consumi e ridare fiato alle imprese; bisogna rafforzare il welfare ed investire nella ricerca, e bisogna infine favorire la partecipazione dei cittadini nella formazione dei processi decisionali allargando e non comprimendo il perimetro democratico. Questo bisogna fare, avendo cura di coniugare libertà economica e interesse generale, giustizia sociale e meritocrazia. Ma bisogna farlo al più presto. Perché ogni giorno che passa i vari Draghi, Schaeuble, Hollande, Renzi e Merkel sradicano impunemente un albero dal nostro giardino. E se nessuno riuscirà a fermarli, in berve tempo il Vecchio Continente si trasformerà in un deserto di malinconia, rimpianto, cattiveria e depressione.(Francesco Maria Toscano, “Mentire sempre, comunque e a qualsiasi costo”, dal blog “Il Moralista” del 31 marzo 2015. Toscano è segretario del Movimento Roosevelt, co-fondato con Gioele Magaldi).I dati forniti dall’Istat smentiscono l’interessato ottimismo sparso a piene mani dal premier Matteo Renzi e dal suo ministro del lavoro Giuliano Poletti. La disoccupazione, con buona pace del Jobs Act, continua ad aumentare, mentre la crescita resta un miraggio. Da quasi quattro anni, dall’arrivo cioè di Mario Monti sul trono d’Italia, i grandi media annunciano senza sosta l’imminente ripresa di un’Italia sempre più povera, stanca e sfiduciata. Chi di voi ricorda le promesse del professore di Varese, ridicolo fino al punto da ipotizzare un aumento del Pil prossimo al 10% in virtù delle famose liberalizzazioni riguardanti quattro tassisti e qualche farmacista? E chi di voi ha dimenticato il “piano giovani” varato da Enrichetto Letta, approvato in teoria per dare un futuro a generazioni intere senza speranze né prospettive? E come sarà possibile scordare in fretta le tante menzogne veicolate dell’attuale premier Matteo Renzi, degno successore dei vari Monti e Letta? Il gioco è semplice e scoperto: mentire, mentire e poi mentire ancora. Anche di fronte all’evidenza, anche a costo di sfidare la logica e di umiliare la verità e il buon senso.
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Non c’è nessuna crisi, gli oligarchi vogliono sacrifici umani
In passato alcuni lettori mi hanno contestato l’utilizzo dell’espressione “nazisti tecnocratici” in riferimento a certi personaggi che condizionano le leve di potere in Europa. Il tempo, sempre galantuomo, si è preso la briga di validare alcune mie passate intuizioni, rendendo sempre più palesi e scoperte le pulsioni omicidiarie che attraversano il Vecchio Continente. Preliminarmente tengo a precisare i contorni della mia analisi, conoscendo perfettamente le differenze che intercorrono tra il modello operativo del Fuhrer originale rispetto a quello abbracciato dal suo tardo-epigono Mario Draghi, vero dominus del progetto di annichilimento della civiltà europea ora in atto. Le scellerate condotte poste in essere dai nazisti originali traevano ispirazione dall’assorbimento di una filosofia occulta che non riconosceva dignità a tutti gli esseri umani. Il popolo germanico, ieri come oggi, si sentiva colpito nella sua ontologica purezza, minacciato da un meticciato composto da popoli inferiori da schiavizzare e polverizzare.L’uccisione e la deportazione di neri, zingari ed ebrei, in questa ottica, risultava essere niente di più e niente di meno che un necessitato effetto collaterale da sostenere al fine di salvaguardare un interesse più alto (la salvaguardia della purezza del popolo germanico per l’appunto). I tedeschi di oggi, sempre manipolati da una èlite perversa, sentono di dover difendere con la stessa ottusa foga di allora un altro mito falso: ovvero la purezza del bilancio, messa in discussione adesso non più da neri ed ebrei, ma da imprecisate “cicale mediterranee” pronte a trascinare nella spirale del vizio i virtuosi discendenti di Ario. La pubblica opinione tedesca è palesemente manipolata da quelle stesse penne che, in Italia, tentano pateticamente di addossare al popolo greco la responsabilità della crisi in atto. L’idea del sacrificio rituale come momento “purificante” è da sempre parte della Storia. Oggi, però, in ossequio alle regole formali tipiche di una società apparentemente laica e tecnologica, anche il sacrificio rituale di massa deve giocoforza sublimarsi in maniera apparentemente neutra e incruenta.Finita la premessa passiamo insieme dalla narrazione astratta al caso concreto. Il neoeletto premier greco Tsipras ha calendarizzato l’approvazione di una legge pensata per affrontare una “emergenza umanitaria”. Il termine “emergenza umanitaria”, utilizzato in termini asettici e non enfatici, testimonia la gravità della situazione. Un numero cospicuo di cittadini ellenici, infatti, rischia di morire di freddo, fame, malattie e stenti a causa delle misure di austerità impartite dalla famigerata Troika. Non c’è nulla di retorico o populista nel sottolineare un dato oggettivo e non contestabile. Molti bambini greci sono effettivamente denutriti; molte famiglie elleniche sono state per davvero gettate in mezzo ad una strada e molti malati sono realmente morti in conseguenza di mali curabili a causa della criminale soppressione del servizio sanitario universale. Cosa fanno i nazisti tecnocratici per impedire che il governo Tsipras spenda pochi spiccioli al fine di salvare la vita di molti suoi concittadini? Minacciano ritorsioni, proprio come i nazisti autentici protagonisti dell’eccidio di Sant’Anna di Stazzema. E perché i vari Juncker, Dijsselbloem, Schaeuble, Draghi e Merkel dovrebbero osteggiare l’approvazione di lievi misure umanitarie che appaiono nient’altro che buon senso agli occhi di qualsiasi uomo per bene?Invito quelli pronti a rispondere perché “non bastano i soldi” a non dire, né pensare, fesserie, considerata anche l’immensa liquidità che il nostro banchiere centrale ha appena promesso di iniettare nel circuito finanziario europeo fino a data da destinarsi. E allora, perché? Perché gli odierni padroni credono di acquisire forza e vigore dal sacrifico del cittadino greco (italiano, portoghese o spagnolo poco importa), espressione di una umanità inferiore e molesta, da tenere sotto il calcagno di un potere crudele e imbellettato che non può rinnegare la sua ferocia senza al contempo negare in radice anche se stesso. Riuscite ora a spiegarvi la ratio di tanta malvagia pervicacia? Mettetevelo bene in tesa, non esiste nessuna crisi economica in atto. E quelli che provano a combattere una “stirpe nera” con le armi della sola macroeconomia sono degli sprovveduti (nella migliore delle ipotesi). La partita è un’altra. E la posta in gioco è decisamente più alta di quanto non sembri. Come oramai sanno i tantissimi cittadini che hanno letto e meditato sulle pagine del libro “Massoni”, recentemente pubblicato da Gioele Magaldi per Chiarelettere editore.(Francesco Maria Toscano, “Non basta una lettura economicistica della realtà per combattere il nazismo tecnocratico”, dal blog “Il Moralista” del 29 marzo 2015).In passato alcuni lettori mi hanno contestato l’utilizzo dell’espressione “nazisti tecnocratici” in riferimento a certi personaggi che condizionano le leve di potere in Europa. Il tempo, sempre galantuomo, si è preso la briga di validare alcune mie passate intuizioni, rendendo sempre più palesi e scoperte le pulsioni omicidiarie che attraversano il Vecchio Continente. Preliminarmente tengo a precisare i contorni della mia analisi, conoscendo perfettamente le differenze che intercorrono tra il modello operativo del Fuhrer originale rispetto a quello abbracciato dal suo tardo-epigono Mario Draghi, vero dominus del progetto di annichilimento della civiltà europea ora in atto. Le scellerate condotte poste in essere dai nazisti originali traevano ispirazione dall’assorbimento di una filosofia occulta che non riconosceva dignità a tutti gli esseri umani. Il popolo germanico, ieri come oggi, si sentiva colpito nella sua ontologica purezza, minacciato da un meticciato composto da popoli inferiori da schiavizzare e polverizzare.
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L’Europa dei nuovi fascismi, il piano dell’élite tecnocratica
«I nazisti tecnocratici ora al potere in Europa hanno dato ufficialmente il via al “piano B”». Ovvero: nuovi fascismi, innescati dall’esasperazione contro l’euro-regime, in apparenza “fallimentare” sul piano economico, ma in realtà perfettamente funzionale al disegno: una inaudita restaurazione del potere reazionario, aristocratico, verticistico, neo-feudale. Secondo Francesco Maria Toscano, co-fondatore con Gioele Magaldi del “Movimento Roosevelt”, la drammatica oppressione del popolo greco usato come cavia e l’inflessibile persistenza delle politiche di rigore mirano a distruggere l’unità sociale europea, facendo esplodere nazionalismi aggressivi e pericolosi. Sul “banco degli imputati” siedono Draghi, Schaeuble, la Merkel. «Qual è l’obiettivo teleologico perseguito in maniera dissimulata e scientifica dai masnadieri testé citati? E’ quello di aumentare a dismisura le diseguaglianze, distruggere il ceto medio e imporre in Europa un modello di tipo cinese in grado di conciliare economia di mercato e autoritarismo politico».Toscano li definisce “contro-iniziati”, alludendo all’interpretazione distorta della loro militanza massonica, denunciata da Magaldi nel libro “Massoni”, edito da “Chiarelettere”: anche la Merkel farebbe parte del circuito esclusivo delle Ur-Lodges, le superlogge internazionali segrete, mentre il suo ministro delle finanze e lo stesso presidente della Bce ne sarebbero “venerabili maestri”. Quale artifizio retorico, si domanda Toscano, hanno finora utilizzato «per incoraggiare lo svuotamento della democrazia sostanziale e diffondere miseria e disperazione?». Ovvio: «Quello concernente la presunta intangibilità dell’unione monetaria, naturalmente prodromica e necessitata in previsione della futuribile costruzione degli Stati Uniti d’Europa». Abbracciando una simile premessa, conclude Toscano, «dobbiamo riconoscere come il primo obiettivo inseguito dai padroni risulti essere fondamentalmente quello di riuscire ad alimentare l’equivoco il più a lungo possibile, brandendo cioè un europeismo di maniera per realizzare in realtà una occulta torsione di tipo oligarchico in grado di riportare i cittadini nella meschina condizione di meri sudditi».Come nel poker, «il bluff funziona solo fino a quando nessuno dei giocatori trovi il coraggio di rischiare la posta pur di guardare le carte», scrive Toscano sul blog “Il Moralista”. A quel punto, la recita non serve più: vince chi ha in mano il punto migliore. Vale anche per la pubblica contesa tra la Grecia di Tsipras e l’Eurogruppo a trazione tedesca: «Da un lato abbiamo un premier democraticamente eletto, dichiaratamente europeista e nemico delle politiche dell’austerity; dall’altro scorgiamo un gruppo di burocrati, selezionati all’interno delle Ur-Lodges più reazionarie del pianeta, che tirano la corda di continuo nella speranza che si spezzi». Contestualmente, «Mario Draghi, ovvero il capo dei nuovi barbari in versione tecnocratica, punta una pistola alla tempia del popolo greco al fine di sfiancarlo sotto la continua minaccia dell’interruzione della liquidità». Domanda: «Secondo voi, chi desidera per davvero l’estromissione della Grecia dal consesso europeo? L’accoppiata Tsipras-Varoufakis o quella composta da Draghi-Schaeuble?». Evidente: mister Bce e il super-falco della Merkel.«E perché mai due finti campioni dell’europeismo pret à porter come Schaeuble e Draghi dovrebbero desiderare così ardentemente la rottura del “sogno europeo”? Forse perché a lor signori del “sogno europeo” non gliene è mai importato un fico secco?». Secondo Toscano, «l’élite europea si trova oggi di fronte a un bivio: o proseguire sul percorso di integrazione politica rivedendo radicalmente le politiche economiche, o gettare nel cestino paesi ormai spremuti come un limone e perciò inservibili». Attenzione: «I nazisti tecnocratici, come era ovvio e scontato, hanno scelto di percorrere la seconda strada». Sul tappeto resta però un problema: come faranno i vari Merkel e Draghi a invitare i greci ad andarsene dopo aver predicato per anni il mito della indissolubilità dell’Eurozona? «Così facendo, i nostri europeisti d’accatto finirebbero per perdere definitivamente la faccia». E allora, «pur di salvare capra e cavoli, al “maestro venerabile” Mario Draghi non resta che alzare il livello dello scontro sperando in un passo falso dell’avversario». Ovvero: se il governo greco decidesse di uscire unilateralmente dall’euro, leverebbe tutti d’ impaccio.Toscano richiama l’attenzione sull’atteggiamento dei media mainstream. Per esempio, l’ultima iintervista di Danilo Taino a Varoufakis sul “Corriere della Sera”. Toscano definisce Taino «menestrello di regime degno dei vari Eugenio Scalfari, Tonia Mastrobuoni, Stefano Feltri e Federico Fubini». L’intervista? «Manipolata al fine di attribuire falsamente a Varoufakis l’idea di indire un referendum sulla permanenza o meno della Grecia nell’euro». Curiosamente, “Der Spiegel” ha appena invitato anche l’Italia ad uscire dall’euro. «Le stesse ragioni – aggiunge Toscano – consigliano ai nostri giornalisti di punta di garantire a Matteo Salvini una continua sovraesposizione mediatica». Il co-fondatore del “Movimento Roosevelt” propone la seguente spiegazione: «I massoni reazionari al potere hanno deciso: sulle ceneri dell’Europa proveranno ad implementare nuovi fascismi. Uomini senza memoria sono pronti a ripercorrere temerariamente una strada già battuta nella prima metà del Novecento, quando un manipolo di apprendisti stregoni progettò in vitro la nascita del fascismo e del nazismo. Tranquilli, finirà esattamente come l’altra volta».«I nazisti tecnocratici ora al potere in Europa hanno dato ufficialmente il via al “piano B”». Ovvero: nuovi fascismi, innescati dall’esasperazione contro l’euro-regime, in apparenza “fallimentare” sul piano economico, ma in realtà perfettamente funzionale al disegno: una inaudita restaurazione del potere reazionario, aristocratico, verticistico, neo-feudale. Secondo Francesco Maria Toscano, co-fondatore con Gioele Magaldi del “Movimento Roosevelt”, la drammatica oppressione del popolo greco usato come cavia e l’inflessibile persistenza delle politiche di rigore mirano a distruggere l’unità sociale europea, facendo esplodere nazionalismi aggressivi e pericolosi. Sul “banco degli imputati” siedono Draghi, Schaeuble, la Merkel. «Qual è l’obiettivo teleologico perseguito in maniera dissimulata e scientifica dai masnadieri testé citati? E’ quello di aumentare a dismisura le diseguaglianze, distruggere il ceto medio e imporre in Europa un modello di tipo cinese in grado di conciliare economia di mercato e autoritarismo politico».
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Kapò tedeschi e pagliacci europei? Usciamo dalla barbarie
L’Europa si è bruscamente risvegliata sotto il tallone della Germania. Oramai i nazisti che guidano il governo tedesco, Merkel e Schaeuble su tutti, non rispettano più neppure le forme. La Commissione Europea così come l’Eurogruppo o la Bce appaiono finalmente per quello che in realtà sono: paraventi buoni per mascherare l’assoluto dominio teutonico su tutti i popoli del Vecchio Continente. L’antico sogno hitleriano si è realizzato in pieno senza neppure dover ricorrere all’utilizzo di fucili e carri armati. Come abbia potuto la signora Merkel uccidere impunemente la democrazia in Europa resta un mistero. Una nazione sconfitta e umiliata, messa nelle condizioni di non nuocere all’indomani della seconda guerra mondiale, decide oggi per tutti, scegliendo di fatto arbitrariamente chi è degno di ricevere i fondi e chi no. Siamo all’assurdo. Il neoeletto premier greco Tsipras è costretto ad andare a Berlino con il cappello in mano nella speranza di ammorbidire la posizione dell’arcigna Germania. Ma chi ha deciso che la Germania è il nostro indiscusso nume tutelare? Nessun cittadino europeo ha mai conferito alla signora Merkel un mandato democratico.I tedeschi quindi stanno palesemente violando la sovranità di nazioni ancora oggi formalmente libere e indipendenti. L’Europa ha imboccato una deriva terribile, tenuta brutalmente al laccio da un manipolo di fanatici che dimostrano di non tenere la democrazia in nessun conto. I vari Renzi, Hollande e Rajoy sono poco più che valletti nelle mani del feroce gabinetto germanico, burattini che tradiscono il mandato ricevuto per guadagnare sul campo la benevolenza dei conquistatori. E’ perciò inutile sperare in un sussulto d’orgoglio da parte di simili soggetti, anime nere che mentono continuamente sapendo di mentire. L’unica prospettiva possibile è quella che punta a creare e sedimentare una solidarietà pan-europea organizzata dal basso. C’è bisogno cioè di un nuovo movimento trans-nazionale che raccolga all’interno di un unico contenitore tutti i sinceri democratici ovunque dislocati. Un contenitore libero e plurale, cementato però dalla radicale avversione nei confronti del totalitarismo finanziario e tecno-fascista oggi incarnato da un triumvirato famelico composto da Angela Merkel, Wolfang Schaeuble e Mario Draghi.Questa è la strada giusta. E’ sbagliato invece fomentare contrapposizioni di tipo prettamente nazionalistico. L’élite che oggi sovraintende lo svuotamento della democrazia sostanziale in Europa è apolide. I tedeschi, per indole e costituzione, si limitano soltanto a recitare meglio degli altri la parte dei kapò. Ma Hollande e Renzi, pavidi comprimari, non sono migliori di Angela Merkel, aggiungendo un pizzico di ignavia condita di ipocrisia alla conclamata e unanime predisposizione al sopruso e al raggiro. Nel frattempo in Italia come in Francia proseguono le controriforme di stampo neoliberista approvate da governi formalmente progressisti e di sinistra. Rileggendo i punti della lettera scritta nell’agosto del 2011 dalla Bce di Trichet e Draghi c’è da restare sbalorditi. I governi Monti, Letta e Renzi hanno palesemente applicato l’indirizzo politico deciso d’imperio da un istituto sprovvisto di mandato democratico.Siamo tornati al Medioevo, quando il potere promanava da Dio e i sudditi erano chiamati a non turbare un immutabile ordine costituito. Il nuovo Dio si chiama mercato finanziario e Mario Draghi è il suo profeta. Gli uomini liberi che non intendono arrendersi all’oscurantismo di ritorno si preparino a combattere un battaglia decisiva in difesa del progresso e contro la barbarie. Noi non permetteremo a nessuno di fondare sulla nostra pelle una nuova aristocrazia dello spirito desiderosa di dominare masse informi e abbrutite. Noi combatteremo a viso aperto, con coraggio e spirito di servizio, orgogliosi di stare senza dubbio dalla parte giusta della Storia. Alla lunga, trionferemo!(Francesco Maria Toscano, “Uniti sconfiggeremo il rigurgito nazista che opprime l’Europa”, dal blog “Il Moralista” del 20 febbraio 2015. Insieme a Gioele Magaldi, fondatore del Grande Oriente Democratico e autore del libro “Massoni”, Toscano è tra i promotori dell’assemblea costitutiva del “Movimento Roosevelt”, in programma a Perugia il 21 marzo 2015, per dare impulso a una riconversione democratica dell’assetto europeo).L’Europa si è bruscamente risvegliata sotto il tallone della Germania. Oramai i nazisti che guidano il governo tedesco, Merkel e Schaeuble su tutti, non rispettano più neppure le forme. La Commissione Europea così come l’Eurogruppo o la Bce appaiono finalmente per quello che in realtà sono: paraventi buoni per mascherare l’assoluto dominio teutonico su tutti i popoli del Vecchio Continente. L’antico sogno hitleriano si è realizzato in pieno senza neppure dover ricorrere all’utilizzo di fucili e carri armati. Come abbia potuto la signora Merkel uccidere impunemente la democrazia in Europa resta un mistero. Una nazione sconfitta e umiliata, messa nelle condizioni di non nuocere all’indomani della seconda guerra mondiale, decide oggi per tutti, scegliendo di fatto arbitrariamente chi è degno di ricevere i fondi e chi no. Siamo all’assurdo. Il neoeletto premier greco Tsipras è costretto ad andare a Berlino con il cappello in mano nella speranza di ammorbidire la posizione dell’arcigna Germania. Ma chi ha deciso che la Germania è il nostro indiscusso nume tutelare? Nessun cittadino europeo ha mai conferito alla signora Merkel un mandato democratico.