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Emergenza rifiuti? Un trucco: l’inceneritore ringrazia

Scritto il 01/10/10 • nella Categoria: idee

Emergenza rifiuti: un giallo? Ma no, nessun enigma. Qualcuno, semplicemente, interrompe il ritiro della spazzatura per incepparne lo smaltimento. Obiettivo vero: scoraggiare la raccolta differenziata, a tutto vantaggio degli inceneritori. La concorrenza fra riciclaggio ecologico e incenerimento spiega le crisi-rifiuti che si succedono, non solo a Napoli. «Se teniamo al 40 per cento la soglia da raggiungere per la differenziata, la termovalorizzazione non la faremo mai», protesta il ras abruzzese dei rifiuti, che chiede alla Regione – secondo l’intercettazione pubblicata da “Repubblica” il 23 settembre – di «abbassare la quota della differenziata».

Da notare che il 40 per cento di raccolta differenziata è una prescrizione di legge valida su tutto il territorio nazionale da raggiungere entro l’anno in emergenza rifiuticorso, mentre al 2012 la percentuale dovrà salire al 65 per cento, ricorda Guido Viale sul “Manifesto”. Nonostante ciò, «per chiedere l’abbassamento della soglia si è già mossa persino l’Anci, l’associazione dei Comuni italiani, preoccupata evidentemente che gli inceneritori, attivi o in arrivo, restino all’asciuto». Ed eccoci di fronte alla spiegazione del disastro della Campania, aggiunge Viale, dove da 16 anni la differenziata è al palo, con l’eccezione di alcuni comuni “virtuosi”, uno dei quali è stato anche commissariato perché il suo sindaco faceva “troppa” raccolta differenziata.

L’attesa è per degli inceneritori previsti dal piano regionale: prima 14, poi tre, poi uno, poi di nuovo quattro, cinque, ora non si sa più: quello che c’è, inaugurato in pompa magna ad Acerra da Berlusconi e Bertolaso un anno e mezzo fa, «non funziona e non funzionerà mai, ma è bastato a tener ferma la raccolta differenziata e ad accumulare dieci milioni di tonnellate di ecoballe nelle campagne più fertili della penisola, perché doveva fare ricca, con gli incentivi all’incenerimento, prima l’Impregilo (la società più amata da inceneritore AcerraBerlusconi, dopo Mediaset), poi l’A2A, la multiservizi dei sindaci berlusconiani di Milano e di Brescia».

Ed ecco spiegato, continua Viale, anche il disastro dei rifiuti siciliani, in attesa anch’essi da una decina di anni di quattro inceneritori (poi cancellati; per diventare subito dopo nove; uno per Provincia; per di più in una Regione che le Province si è impegnata ad abolirle). Non sfugge allo strapotere dei “termovalorizzatori” neppure l’Emilia, «da tempo controllata dal colosso multinazionale Hera e dai suoi inceneritori: la raccolta rifiuti “porta a porta” si fa con il contagocce». Emblematico il caso di Argelato, l’unico Comune italiano che italiano che ha respinto con un referendum promosso dalle destre la raccolta rifiuti “porta a porta”, costringendo alle dimissioni il sindaco del Pd che l’aveva fortemente voluta. «Al momento di assumere la gestione dei rifiuti ad Argelato – dice Viale – Hera aveva mobilitato i quadri del Pd per mettere sotto scacco loro il sindaco».

La differenziata “porta a porta” è un servizio di vicinato: richiede un rapporto diretto e permanente fra utenti e operatori dell’azienda per promuovere l’adeguamento continuo del servizio, la qualificazione del personale e la collaborazione della cittadinanza. Più gli interessi dell’azienda si allontanano dal territorio, più il rapporto evapora. Gli interessi centrali di Hera, continua Viale, sono la finanza, la borsa, i grandi impianti (soprattutto gli inceneritori) mentre il servizio di raccolta è sempre più delegato in discaricasubappalto a cooperative dove si risparmia sui salari, non c’è formazione, il turnover è altissimo e il coinvolgimento del personale nullo. «In queste condizioni la raccolta “porta a porta” è solo un onere e non promette niente di buono».

Quello che vale per i rifiuti urbani, osserva sempre Guido Vialle, in fondo vale anche per tutti gli altri servizi pubblici locali: gestione delle acque, trasporto e mobilità, distribuzione di gas ed energia elettrica («più si risparmia o si installano fonti rinnovabili, meno l’azienda guadagna), ma poi anche cultura e assistenza sociale. «Taglieggiando l’utenza, queste grandi aziende sono anche in grado di destinare ai Comuni che ne sono azionisti una Guido Vialequota dei loro profitti». Viale racconta di una confidenza ricevuta da un militante Pd, «contento» perché Hera destina un milione all’anno di dividendi al suo Comune. «D’accordo, ma quei soldi da dove li ha presi?».

In questo modo, insiste Viale, è l’azienda che controlla il Comune e non viceversa. L’inceneritore di Brescia (ex Asm; oggi di A2A), «la gallina dalle uova d’oro della rifiutologia italiana», è un esempio da manuale. Se il Comune di Capannori (Lucca) è riuscito a diventare un campione italiano di raccolta differenziata (il primo a puntare sull’obiettivo rifiuti zero) è perché ha mantenuto – insieme ad altri quattro centri di media dimensione – il controllo di un’azienda di igiene urbana con il 100% di azionariato pubblico: cosa che la legislazione italiana ormai mette al bando, imponendo, sotto le false apparenze della “liberalizzazione”, la privatizzazione dei servizi pubblici locali. «Se ad Argelato vince invece il ritorno alla raccolta dei rifiuti con i cassonetti stradali – conclude Viale – è perché la multiservizi Hera ha ormai assunto il comando sulle vicende politiche a amministrative del territorio» (info: www.megachipdue.info).

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Tag: business, Guido Viale, Il Manifesto, inceneritori, Megachip, Napoli, rifiuti

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