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Odiare lo straniero? Vecchi errori: Hitler lavora per l’élite
La globalizzazione ha travolto l’equilibrio del mondo. E non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello politico e morale. Lo sviluppo della scienza e della tecnica ha portato a così profondi mutamenti che, nel giro di pochi anni, le abitudini di vita e i rapporti fra le persone sono profondamente cambiati. Mestieri che da secoli venivano tramandati di padre in figlio sono spariti. I grandi centri commerciali fagocitano i negozi, scalzano i bottegai, e le grandi industrie scalzano i piccoli imprenditori, ridotti ormai quasi alla miseria dalle nuove macchine robotiche. Anche per i contadini questo sviluppo si è rivelato un boomerang: infatti questa agricoltura fortemente specializzata, e spesso addirittura in regime di monocultura, è totalmente dipendente dal fabbisogno dei pesticidi. Sì, proprio perché è cresciuta e si è modernizzata, ha portato alla perdita di posti di lavoro, mentre i guadagni sono quasi inesistenti. Per non parlare poi, ovviamente, dei danni che questo tipo di coltivazione produce all’ambiente. La verità è che questo modello economico, questo neoliberismo selvaggio, ha trasformato ogni manifestazione vitale in una sorta di parodia dell’incubo contabile. Con lavoratori che, ridotti a merci in concorrenza fra loro, sono costretti ad accettare spesso dei lavori disumanizzanti.Se si continua su questa strada, il tramonto dell’Occidente appare imminente. E non solo a causa della degenerazione interna: basta vedere in quali difficoltà si trovano oggi i nostri giovani. E come non vederlo, ad esempio, nel crollo demografico o nella degenerazione della nostra identità, della nostra civiltà europea, generata proprio da questa globalizzazione irresponsabile e predatoria. E non ci si accusi di catastrofismo, perché basta vedere e leggere cosa dicono e scrivono filosofi, sociologi, storici, medici, letterati e artisti. Ormai questo grido di dolore sale da ogni parte. Il denaro è divenuto il segno principale che classifica e distingue gli uomini. Il desiderio di arricchirsi ad ogni costo, la passione per gli affari, la verità del guadagno, la ricerca del benessere ad ogni costo paiono oggi, purtroppo, le passioni più comuni. Davanti a tanta alienazione, molti cercano rifugio nella natura, che vive spontanea e in qualche modo è in grado di farci ritrovare la strada, di farci riscoprire i veri valori. È in grado probabilmente di strapparci a questa follia, da cui siamo stati travolti. Una follia che corrompe e annienta.Perché la realtà è che questa grande trasformazione, questa globalizzazione, ha trovato le classi dirigenti assolutamente impreparate a fronteggiare le immense ineguaglianze che il nuovo modello economico sta causando nella popolazione. Con la conseguenza che la maggior parte delle misure prese in materia economica o finanziaria si sono rivelate delle vere e proprie catastrofi. Ad esempio, alla finanza – in mano a un gruppo di avidi, cinici e irresponsabili cosiddetti uomini d’affari – è stato permesso di lasciare sul lastrico migliaia di persone o di appropriarsi dei loro beni, lasciandole nella disperazione più totale o, molto più tragicamente, con la sola libertà di potersi suicidare. E tutto questo, guardate, è avvenuto con la complicità di un diritto astratto, freddo, distante dall’uomo e dalla società, dai problemi della società – in cui le norme, senza tenere in alcuna considerazione l’uomo, paiono piegate più alla volontà di pochi, e alla volontà di profitto di quei pochi. E se il diritto interno, nazionale, presenta evidenti criticità, il diritto internazionale, se vogliamo, è anche peggio: perché non è riuscito a limitare la violenza e l’avidità delle grandi potenze (che lo, lo vediamo, armate fino ai denti e sempre più impegnate a sviluppare armi micidiali e distruttive, si lanciano in guerra illegittime e si sfidano continuamente in azione di forza, in provocazioni).Questa è la situazione. E allora non ci si meravigli se, sopraffatto da queste forze, l’individuo, sentendosi impotente, reagisce. E reagisce in vari modi: molti purtroppo si suicidano, altri si lanciano in comportamenti eccentrici e stravaganti. Altri ancora rifiutano la globalizzazione, rifugiandosi in atteggiamenti nazional-patriottici, e altri ancora scelgono la via della violenza e del terrore. Infatti, uno dei tratti caratteristici di questa epoca è la paura dei terroristi: implacabili nemici della civiltà occidentale, già pronti e in agguato sul nostro territorio. Nessuno sa in realtà quanti terroristi siano attivi e quanto diffuse siano le loro reti. L’unica certezza è che purtroppo torneranno a colpire a loro discrezione, e la polizia pare non possa fare molto, per fermarli. Una situazione disastrosa, dunque, la nostra. Perché questa globalizzazione irresponsabile e predatoria ha fatto sì che i paesi deboli diventassero sempre più deboli e quelli più forti si rafforzassero ulteriormente. E guardate, non poteva essere altrimenti: perché alcune nazioni continuano ad appropriarsi delle risorse dei paesi del terzo mondo, e lo fanno nei modi più disparati, ad esempio avvalendosi di compagnie private, che predispongono in questi paesi contratti profondamente ingiusti, e si avvalgono dei mercenari (pardon, “sicurezza privata”), per garantire l’efficienza del mercato.Davanti a questo disastro, dunque, come sorprendersi se alcune nazioni, non trovando alcuna solidarietà da parte degli altri Stati, decidono di risolvere in proprio i problemi interni? E come? Ora inserendo i dazi, o chiudendo le frontiere. E non si parli di disumanità, per questo: sono le disastrose condizioni economiche a non permettere l’accoglienza. Sono i numeri, che non consentono l’accoglienza. Come poter integrare milioni di persone pronte ad arrivare nel nostro territorio? E poi, diciamocelo chiaramente: come poter integrare persone così differenti, per cultura e religione? Davanti a tante ingiustizie, davanti a tanta incertezza, la reazione era inevitabile. E l’Europa oggi si trova divisa in due schieramenti, tra loro opposti: l’alleanza dei popoli sfida apertamente quella dell’elite – quella élite “colta e preparata” sì, così preparata che non è stata in grado di porre un freno a questo disastro. E allora, forse, meglio il popolo: genuino, onesto, che conserva ancora quell’umanità che la finanza tanto irride e sfrutta. Meglio la nazione, quella per cui i nostri nonni sono morti. La nazione tradita e venduta da politici corrotti, da organismi sovranazionali ciechi, cinici e spietati. È finito il tempo dei mezzi termini, delle restrizioni mentali, di tutto ciò che è servilismo, di tutto ciò che è equivoco. Anche l’Italia deve pensare al proprio interesse, perché questo non è solo un diritto. È molto di più, è un dovere: il dovere di difendere la patria. Difenderla dai tecnici, e da tutti coloro che l’hanno trascinata in questo disastro.Bene. Tutto quello che vi ho detto sino ad ora riguarda l’oggi? Ho parlato della situazione odierna? No. Tutto quello che ho narrato sinora è avvenuto (e soprattutto, è stato detto) tra la fine del 1800 e la prima metà del 1900. Sorprendente, vero? Eppure, la globalizzazione – che alla fine dell’800 aveva travolto tutti i paesi europei – presenta profonde analogie con la situazione odierna. Infatti il balzo in avanti compiuto dalla globalizzazione del pianeta negli anni che precedettero il 1914 è paragonabile soltanto ai nuovi scenari mondiali che si sono aperti con la fine della guerra fredda. Perché dunque ho fatto questo video-intervento? Perché la storia insegna. E se la si conosce veramente, non a livello solo nozionistico, insegna a non ripetere gli stessi errori del passato, e soprattutto ci avverte dei pericoli. Nel secolo scorso, la politica interna e internazionale attuata dagli Stati per reagire alla globalizzazione a fine Ottocento, e quella straordinaria adesione popolare alla irresponsabile propaganda portata avanti da molti Stati, ha usato le stesse identiche parole. Quel tipo di politica attuata dagli Stati, e quel tipo di feroce propaganda, ci hanno portato due guerre mondiali.E allora, davanti a tutto ciò, davanti a questa consapevolezza, una domanda sorge spontanea: ma è mai possibile che noi si debba sempre commettere gli stessi errori? È mai possibile che si cada sempre nelle stesse identiche manipolazioni di una propaganda feroce e irresponsabile? Ma ancora di più: è possibile che gli errori commessi dai nostri nonni, e soprattutto il prezzo pagato in termini di dolore, di sangue, non ci abbiano insegnato nulla No, non è servito proprio a nulla. Non è servito, ad esempio, a non farci più ingannare da chi ha bisogno di nemici, dentro e fuori il paese, per accollare loro la responsabilità della propria incompetenza. Da chi evoca invasioni inesistenti e attacca i deboli perché è troppo debole per attaccare i forti. Da chi, come in passato, deve fare leva sulla propria frustrazione, sul risentimento della popolazione, per ottenere il consenso. È possibile che tutto quello che è accaduto non sia servito a comprendere tutto questo? Possibile che non sia servito a farci capire i meccanismi che usa la propaganda? E’ una propaganda feroce, che è sempre portata avanti da persone irresponsabili. E sempre nei periodi di caos, di confusione, di grande crisi. Le crisi economiche sono terreno estremamente fertile per questo tipo di propaganda. Perché è efficace. Perché quando gli individui tendono a perdere i loro punti di riferimento, una delle risposte più frequenti consiste nel ripiegarsi su quella che credono essere una identità comune, così da far fronte a una situazione che li disorienta.Guardate, è un meccanismo psicologico comune a tutti noi (e sfruttato infinite volte, nel passato). Questa pressione identitaria può diventare tanto più potente quando coloro che la incoraggiano, coloro che la usano per ottenere il potere, dispongono effettivamente di strumenti di potere. Perché a quel punto diviene azione politica da imporre alla società, alla società civile. Ma si tratta, ripeto – e su questo voglio essere molto chiara – di azioni irresponsabili, di persone irresponsabili che si servono del potere emozionale della identità per suscitare l’adesione del popolo. E dunque, conservare il potere (prima conquistarlo, e poi conservarlo). E’ una carta per manipolare le emozioni. E la usano indipendentemente dal fatto che si chiami nazionalismo, razzismo o appartenenza etnica. Queste persone ci sono sempre state – e sempre ci saranno: in ogni Stato e in ogni tempo. Ciò che però noi possiamo fare è impedire a questi irresponsabili – ripeto, sempre presenti in ogni Stato – di trascinarci in una marcia della follia. Basta, quindi, cadere sempre negli stessi inganni. Basta, commettere sempre gli stessi errori.Vi ho mostrato chiaramente come sia facile manipolare le emozioni, come sia facile alimentare la parte peggiore di noi con argomenti credibili ma non veri. E, sempre nella prima parte del mio intervento, vi ho mostrato come chi usa questo tipo di propaganda utilizzi sempre gli stessi meccanismi. È sempre dal caos, dei grandi periodi di crisi, che i manipolatori traggono la loro legittimità diventando i protettori del “noi”. Lo vediamo: noi italiani, noi francesi, noi ungheresi. Tutti fanno leva sulle stesse corde psico-affettive, che sono paura, risentimento e frustrazione. Sempre. Quando, poco fa, vi ho parlato degli immigrati, ho usato le stesse identiche argomentazioni che venivano usate contro gli ebrei – le stesse identiche: per rendervene conto, basta leggere il libro “Le origini culturali del Terzo Reich”. Ho ripetuto gli stessi slogan e, in alcuni punti, addirittura le stesse parole usate da Mussolini. È così che funziona la propaganda: ci illude e ci manipola fino alla fine, fino alle estreme conseguenze. Ora però sta a noi, conosciuti i meccanismi di condizionamento, evitare di venire ancora una volta trascinati nel sospetto, nell’odio, nella violenza. Perché, ricordiamocelo sempre, esiste sempre una soglia: superata la quale, va preso atto che è il nostro stesso agire, e non solo quello altrui, che ci minaccia.(Solange Manfredi, “Gli stessi errori”, video-editoriale pubblicato sul blog “Petali di Loto” il 3 febbraio 2019. Bibliografia: “Discorsi di Benito Mussolini dal 1914 al 1945” edizione Kindle; Wilhelm Reich, “Psicologia di massa del fascismo”, Kkien Pub. Int.; George Mosse, “Le origini culturali del Terzo Reich”, Il Saggiatore; Margaret MacMillan, “1914: come la luce si spense sul mondo di ieri”, Rizzoli; Emile Durkheim, “Il suicidio. Studio di sociologia”, Rizzoli; Simona Colarizi, “Novecento d’Europa: l’illusione, l’odio, la speranza, l’incertezza”, Laterza; Jacques Semelin, “Purificare e distruggere. Usi politici dei massacri e dei genocidi”, Einaudi).La globalizzazione ha travolto l’equilibrio del mondo. E non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello politico e morale. Lo sviluppo della scienza e della tecnica ha portato a così profondi mutamenti che, nel giro di pochi anni, le abitudini di vita e i rapporti fra le persone sono profondamente cambiati. Mestieri che da secoli venivano tramandati di padre in figlio sono spariti. I grandi centri commerciali fagocitano i negozi, scalzano i bottegai, e le grandi industrie scalzano i piccoli imprenditori, ridotti ormai quasi alla miseria dalle nuove macchine robotiche. Anche per i contadini questo sviluppo si è rivelato un boomerang: infatti questa agricoltura fortemente specializzata, e spesso addirittura in regime di monocultura, è totalmente dipendente dal fabbisogno dei pesticidi. Sì, proprio perché è cresciuta e si è modernizzata, ha portato alla perdita di posti di lavoro, mentre i guadagni sono quasi inesistenti. Per non parlare poi, ovviamente, dei danni che questo tipo di coltivazione produce all’ambiente. La verità è che questo modello economico, questo neoliberismo selvaggio, ha trasformato ogni manifestazione vitale in una sorta di parodia dell’incubo contabile. Con lavoratori che, ridotti a merci in concorrenza fra loro, sono costretti ad accettare spesso dei lavori disumanizzanti.
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“Vaccinare” i bambini da una religione che li mette in croce
L’idea di un rapporto sui danni della dottrina cattolica è recente, nella forma di divulgazione popolare. Nella mia attività professionale e clinica ho avuto modo di verificare e raccogliere una serie di connessioni tra modalità formative che tendono a deprimere l’identità psico-affettiva nella costituzione evolutiva della persona e le inevitabili conseguenze nella determinazione del destino individuale e sociale dell’uomo. Il mondo reale è, infatti, una rappresentazione di ciò che è stato impresso nella fase costituente dell’Io. Alice Miller, per esempio, ne “La persecuzione del bambino” cerca con ansia di mettere in guardia gli educatori dagli effetti della pedagogia nera della religione. Ma la stessa razionalità è utile solo se possiamo educare a riconoscere gli stili formativi che producono un accumulo di cattiveria, di distruttività e di infelicità nell’uomo. L’insegnamento cristiano è falsamente improntato all’amore universale: basta guardare il simbolo genetico del cristianesimo, il crocifisso e ciò che esso rappresenta, per capire la componente di ambivalenza sadica e masochista che questo “amore” veicola nell’inconscio dei bambini.Il sacrificio come premessa, l’esordio della vita nella colpa, l’inquietante percezione di un uso distorto dell’autorità del genitore, equiparato a Dio, nell’espropriare il corpo del figlio e nel farne l’oggetto da distruggere per le proprie incarnazioni mistiche. Quale amore ha bisogno di sacrifici umani? Può la salvezza dell’umanità derivare dalla disgrazia procurata a un incolpevole? Si tratta di perversione, di cannibalismo affettivo e domestico! Come può accadere che una tale deviazione della coscienza si affermi in modo così radicale nella cultura dell’Occidente? Perché l’intellettualità europea, salvo poche eccezioni, per lo più originate dall’ambiente di cultura ebraica, non sa rilevare l’evidenza di una tale incongruità con i precetti fondamentali del rispetto umano? Perché ci si ostina a ritenere degne di fede false acquisizioni razionali e a falsificare la storia stessa senza suscitare una opposizione netta tra coloro che si dicono laici? Ho cercato di dare le risposte a questi quesiti in due saggi: “Pinocchio eroe anticristiano. Il codice della nascita nei processi di liberazione” (Edizioni Sapere, Padova, 2000), e “Il furore di Nietzsche. La nascita dell’eroe e della differenza sessuale (Cleup, Padova, 2005).Ora, con l’estendersi dell’interesse su questi temi, al di fuori della tradizionale banalità dell’ateismo che cercava di dimostrare la non esistenza materiale di Dio, il gruppo dell’axteismo si è prefisso di registrare i danni della esistenza di Dio come categoria della mente e dell’educazione di massa. Dov’era Dio, si chiedono in tanti, mentre in Europa imperversavano i roghi crematori della Shoà? Il Dio cristiano e antigiudaico della tradizione era là! Logica conseguenza dell’odio che aveva seminato per secoli e anche, in quegli anni, sulle pagine dell’organo vaticano, la “Civiltà Cristiana”. Era assente solo sui banchi degli imputati a Norimberga, dove si è negata la verità inconfutabile che gli ebrei sono stati perseguitati in quanto tali – ebrei – da una identità culturale altra ed egemone: i cristiani!Mai il cristianesimo ha subito le conseguenze dei suoi insegnamenti ambigui, di un amore sadico, improntato alla sofferenza come valore e all’infelicità dell’esistenza reale. Da Annamaria di Cogne ai giovani assassini di Satana, la cronaca registra le forme del disagio radicato nelle istanze della religione che continua impassibile a rivendicare per sé il diritto all’egemonia sull’etica e sulla morale.E’ invece evidente che la presenza dei valori cristiani (sopportazione, peccato, sangue e demonio) è stata l’unica istituzione sempre garantita nei luoghi del degrado umano ed economico, non solo non riuscendo ad apportare modifiche strutturali alle cause della sofferenza, ma legandosi in modo complementare e ambivalente con le dinamiche stesse dell’ingiustizia e dell’ignoranza. Soluzioni? Al di là di un auspicabile risveglio della ragione di fronte alle palesi deformità introdotte dalla religione cristiana, cattolica in particolare, nelle basilari nozioni di igiene degli affetti e del rispetto umano; al di là delle incredibilmente gravi (e in parte inesplorate) responsabilità storiche che un amore così immaturo ha inculcato nella soggettività dell’Occidente, resta ancora non risolto il nodo centrale della comprensione profonda di questo fenomeno. Non è sufficiente contrapporre il darwinismo al conato del creazionismo nelle tendenze regressive del presente. E’ necessario aprire gli armadi di una conoscenza così gravosa da recepire in termini estesi, da essere rifiutata largamente anche nelle fasce della popolazione “di sinistra” in Italia.Dietro la religione e i suoi dettami di crudeltà oggettiva nei rapporti pedagogici tra generazioni, si legittima il motore stesso dell’alienazione sessuale della donna (quindi dell’intera umanità), la sua esclusione da una completa individuazione e responsabilità sociale. La mistificazione di questo importantissimo tema è tale da riferire l’ambito delle discussioni unicamente al conflitto tra sessi. Niente di più sbagliato. Lo studio dell’esegesi analitica del mito, come accade con lo studio dei sogni e del simbolismo in generale applicato alla letteratura e all’arte, rivela nel racconto cristiano (eucaristia, spirito santo e pos-sesso sulla figlia Maria, negazione del ruolo del padre, incarnazione nel corpo dei figli con le stimmate sessuali femminili del sangue e del dolore) l’estensione in termini socializzati della psicologia della Grande Madre intesa nel senso junghiano (Erich Neumann, “Storia delle origini della coscienza”, Astrolabio).L’alienazione della donna madre, unitamente all’enorme potere neuro-affettivo che il mistero del parto-creazione comunque le conferisce (nella fisiologia dei mammiferi), connota l’identità dell’Eterna Fattrice di una attribuzione divina da sempre riconosciuta nelle culture di ogni epoca, a partire dalle più remote. La religione in genere, in Occidente la religione cristiana, è esattamente l’espressione più coerente della psicologia della Grande Madre. Da qui deriva l’invisibilità e la radicale impunibilità delle istanze anche sadiche (ma ammantate di profonda affettività) del cristianesimo. Da qui l’assoluta incongruenza tra buon senso, ragione e fede. La madre può sbagliare, essere immatura negli affetti, esigere tributi di sangue, e tuttavia conservare intatta la forza del suo potere che le deriva dall’aver “pettinato” i neuroni e l’identità affettiva dei nati da lei, uomini e donne. Dalla natività di un essere destinato al rito di sangue e martirio, al controllo delle istanze sessuali e di generazione, alle perversioni mistiche del corpo martoriato esposte dalla ginecologia religiosa dell’arte sacra, la religione non è solo un’istanza del potere politico o culturale: essa è innanzitutto la realtà di una inveterata e radicata violenza domestica, una affezione profonda perseguita con tenacia anche da chi non si dice praticante e tuttavia, difende il cristianesimo nella sua essenza.Per lo stesso motivo il cristianesimo ha resistito ad ogni critica razionale, anche se riconosciuta valida e dimostrata. Ma non è più lecito tollerare un uso anti-umano del potere degli affetti, diretto specialmente contro i bambini e la loro aspettativa di vita! Alla base di tutto ciò, c’è un paradosso intrinseco alla natura sessuale dell’umanità che evidenzia come solo la figlia, in quanto femmina, può divenire più grande e potente del suo creatore, che è la madre. Unicamente lei, non il maschio vezzeggiato, può procreare e mettere in mora il ruolo di potere generazionale della madre! Solo alla luce di questa premessa si possono comprendere i legami di senso che uniscono riti crudeli contro la giovane donna, che non è ancora madre, come l’infibulazione (rito di ingresso della giovane nel clan delle donne adulte), la cacciata con maledizione e colpa della figlia Eva dalla gratuità domestica per partorire con dolo e dolore, e – peggiore di tutte – lo spossessamento del corpo e della sessualità della figlia Maria da parte della madre spirito-santo, trinità cristiana che già incorpora il sistema intero di padre e figlio.Alcuni lessici del linguaggio comune rivelano la natura matriarcale della Chiesa: “Don” è contrazione di “donna”, è anche il suono del batacchio sotto la gonna-campana, iconologia della madre che in sé trattiene il figlio-fallo, nella fattispecie il prete; “duomo” è la fusione di donna-uomo: i frati recano il cordone ombelicale ancora non reciso alla vita, le suore il velo placentale segno di possesso della madre; il divieto all’uso della sessualità sottolinea la centralità e l’obbedienza all’unico sesso della madre. Nel caso del racconto dei Vangeli, la giovane donna semplicemente viene privata del diritto di succedere alla madre nel potere di una autonoma procreazione; l’infelicità che ne consegue si riverbera nel rapporto con l’uomo, nel masochismo congenito che la lega al persecutore, nella depressione post-partum o sterilità. Maria non ha sesso e non ha un amante, che invece la tradizione ebraica conferisce ad Eva. Lo stesso tema del conflitto tra matrigna e figlia viene trattato, ma risolto (!), nelle fiabe: Cenerentola, la Bella Addormentata, Biancaneve.L’entità unica matriarcale proposta dal modello cristiano imperversa, invece, nell’illusione di vivere due esistenze in una: la sua e quella della figlia che le appartiene per diritto di invidia (individia). Il figlio Cristo, esito nella figlia di questa mancanza di riconoscimento della proprietà sessuale, prodotto di un tale spossessamento, nato per caso inopinato (per virtù dello Spirito Santo e non di una libera scelta), non può che essere un… povero cristo! E tale sarà il suo destino. Sul suo corpo reso femminile con la ferita nel costato (da cui era nata Eva) e dagli attributi di innocenza, passività ed esclusione, convergono le istanze femminili irrisolte dell’infelicità e dell’immaturità affettiva. Lo scarico sul corpo mistico dell’uomo femminilizzato e mestruato (Cristo, Che Guevara o Padre Pio) costituisce il punto di saldatura e di scarico emotivo della innaturale fusione tra madre e donna (ma-donna), sempre a scapito della giovane e del rinnovo di generazione. Ecco che Cristo ha una funzione lenitiva attraverso la rappresentazione della sua morte nel ma-sacro (sacralità materna). In questo modo il cerchio mistico dell’incesto cristiano si alimenta di dolore, perversione e controllo.Guai a toccare questa figura sanguinante, avvolta nel sudario della placenta sindone! Si tollera l’intollerabile pur di non riconoscere il conflitto tra generazioni al femminile! Cosa si può fare per porre rimedio a questa barbarie nella civiltà degli affetti? Provate voi a spiegare alle masse di “credini” (credenti passivi) e “fedenti” (credenti in cattiva fede) quali istanze innaturali e contrarie alla naturale emancipazione della sessualità si riproducono nella formazione pedagogica cristiana. Noi da tempo combattiamo una battaglia impari contro le istituzioni alienate dello sfruttamento che, conseguentemente e coerentemente con la disumanità del credo, si sono stabilizzate in accordo e reciproco sostegno con la religione. Non è forse vero che, in economia, ogni Azienda Madre controlla e possiede le azioni delle sue filiali? Non è forse vero che il nazismo (primato di nascita e madre-patria) e il razzismo fondino le loro ragioni sul diritto di sangue e di appartenenza forzata, che sono attributi del codice materno? E i misfatti sanguinosi delle “nostre cose”, nella tragica epica di Cosa Nostra, non sono forse ascrivibili ad una affiliazione di mafia intorno al corpo centrale del “mammasantissima”?Non è semplice capire fino a che punto si estendano le implicazioni di una sub-cultura matriarcale degli affetti al tempo stesso potente, disumana e incontrollata. Essa confonde uomini e donne in una esistenza crudele e alienata. Chi riporta danni psicologici, in seguito a una certa dottrina, può essere recuperato? Occorre mettere in atto strategie di recupero e di consapevolezza in larghi strati della popolazione. Sempre Alice Miller dimostra la ineluttabile relazione tra formazione affettiva e qualità della vita. Tuttavia in Italia, non una sola ora di educazione alle ragioni della laicità è stata organizzata nei programmi scolastici nazionali! Eppure lo Stato italiano è nato su criteri di latinità pre-cristiana, la scienza (Giordano Bruno, Galilei) si è costituita intorno ad un nucleo anticristiano, il Rinascimento è stato possibile solo grazie alla riscoperta dei classici greci, l’antifascismo e la Liberazione non ha visto il Vaticano attivo contro i regimi, bensì schierato dall’altra parte.Il meglio prodotto in Italia (compresa l’arte sacra, che non era certo frutto di stinchi di santo) è stato ispirato da una visione laica e democratica della vita e del corpo. Proporre la necessaria questione della emarginazione del cristianesimo nel novero delle opzioni del privato incontra oggi una resistenza fortissima, in tutti i settori. Nella migliore delle ipotesi si tende a sminuire il problema e a lasciare intatte le contraddizioni. Non si pensi tuttavia che questa sia una battaglia di retroguardia: è la prima volta che si pone in modo cosciente e radicale la proposta concreta di rendere visibile al largo pubblico le responsabilità, non solo storiche, ma formative e causali del cristianesimo. Il problema è la fede in sé o l’apparato che ogni religione monoteista costruisce intorno al proprio credo? Il credo monoteista sta ad indicare la centralità del ruolo sessuale della madre (anche se incarna corpi maschili) nel costruire la dinamica degli avvenimenti della realtà. Perfino la storia recente dimostra che la religione è più efficace della politica nel determinare gli eventi; per questo è importante che si voglia sapere dei reali contenuti trasmessi.Di per sé la religiosità è un fattore umano compatibile con la civiltà, a patto che si sia consapevoli delle istanze che si veicolano nel racconto di fede che poi diviene prescrizione e istanza morale. Sarebbe altresì necessario che le rappresentazioni religiose e rituali rimanessero tali, ossia distinte dall’imposizione di un credo che confonde il simbolico con il reale. Per esempio, il fatto di celebrare la festa della nascita a dicembre con il rito dei doni da parte di Babbo Natale non deve imporre la necessità dell’inganno sulla reale esistenza di un personaggio della fantasia come se fosse reale! Una cosa è la naturale progressione che i bambini attuano nel distinguere la fantasia dalla realtà, altra cosa è la pelosa e deleteria attitudine degli adulti di vedere realizzate le proprie istanze di insoddisfazione infantile facendo credere per forza l’esistenza del falso. Forse che non si può giocare o godere di un rito gioioso sapendo che è un rito in quanto tale?Le religioni monoteiste non sono uguali negli effetti delle istanze da esse inoculate fin dalla più tenera età. Non sempre è facile riconoscere, nel confronto, il grado di pericolosità; infatti, concorrono altri fattori nelle società a influenzare gli effetti del credo. In Occidente la cultura laica e razionalista ha attenuato enormemente gli effetti già deleteri del cristianesimo; oltre alla secolare reclusione e sterminio degli ebrei, si pensi all’analogo scempio attuato nelle Americhe: è un vizio congenito al cristianesimo, la crudeltà. Nei paesi arabi l’islamismo non si giova di una analoga progressione sociale. L’ebraismo ha invece individuato le corrette radici del problema, proponendosi in termini di patto (Akedà) tra generazioni. Sempre la madre si pone nel ruolo di Dio (l’appartenenza ebraica è matrilineare), ma conferisce il potere della legge terrena (Dio verso Mosè) al ruolo paterno. L’esatto opposto della regressione cristiana, che rimanda il padre nella vacuità dei cieli o nel pleonasmo di un vecchio e sterile sposo. Nell’ebraismo la madre ideale è colei che è disposta a separarsi dal figlio purché egli viva (il giudizio di Salomone); nel cristianesimo la madre è entità globale, indistinta, inglobante e distruttiva, come la Grande Madre del clan o gregge pre-sociale.Ogni religione rimane comunque una opzione implicita della coscienza su temi che invece sono alla portata della comprensione umana. Meglio sarebbe una civiltà fondata sulla capacità di rappresentare, senza obbligo di fede, tutte le istanze dell’animo umano. La tradizione dei Greci in questo è maestra. Dibatterne pubblicamente? Personalmente non esito a rischiare attacchi personali o scomuniche di varia natura, poiché ritengo una battaglia di assoluta civiltà rendere visibili gli effetti dell’ignoranza e della malafede. Bisogna battersi in tutti i campi della società per affermare una civiltà ed una igiene degli affetti. So per certo che è possibile. Se qualcuno vuole reagire con la consueta violenza già riscontrata nella storia di fronte agli avanzamenti della coscienza e della società, è avvisato: noi siamo pronti. Esiste una minoranza numerica di individui che è già maggioranza qualitativa nel distinguere e rendere visibili i fantasmi dell’inconscio retaggio di una aggressività non risolta. Si tratta di individuare i percorsi di una emancipazione ulteriore per adeguare la consapevolezza umana allo sviluppo della tecnologia e all’inedito potere che essa conferisce all’uomo. Le nuove potenzialità richiedono una dilatazione della coscienza per far sì che ciò che abbiamo costruito non sia rivolto contro di noi, ma a vantaggio di una integrazione con la natura, di cui siamo e restiamo una cosciente emanazione.(Sergio Martella, dichiarazioni rilasciate a “Cristianesimo.it” per l’intervista “Tesi sull’oggettiva e palese pericolosità psichica dell’insegnamento cristiano”, ripresa dal blog “La Crepa nel Muro” dell’11 agosto 2014. Psicologo e psicoterapeuta, il professor Martella è docente presso la facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Padova).L’idea di un rapporto sui danni della dottrina cattolica è recente, nella forma di divulgazione popolare. Nella mia attività professionale e clinica ho avuto modo di verificare e raccogliere una serie di connessioni tra modalità formative che tendono a deprimere l’identità psico-affettiva nella costituzione evolutiva della persona e le inevitabili conseguenze nella determinazione del destino individuale e sociale dell’uomo. Il mondo reale è, infatti, una rappresentazione di ciò che è stato impresso nella fase costituente dell’Io. Alice Miller, per esempio, ne “La persecuzione del bambino” cerca con ansia di mettere in guardia gli educatori dagli effetti della pedagogia nera della religione. Ma la stessa razionalità è utile solo se possiamo educare a riconoscere gli stili formativi che producono un accumulo di cattiveria, di distruttività e di infelicità nell’uomo. L’insegnamento cristiano è falsamente improntato all’amore universale: basta guardare il simbolo genetico del cristianesimo, il crocifisso e ciò che esso rappresenta, per capire la componente di ambivalenza sadica e masochista che questo “amore” veicola nell’inconscio dei bambini.
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Myss: il segreto della prostituta che vive in ognuno di noi
La prima idea che a molti viene in mente udendo la parola “prostituzione” è l’immagine di qualcuno che venda il proprio corpo per fini sessuali. Tuttavia la prostituzione a cui mi riferirò in questo articolo non ha a che fare con il sesso a pagamento. La Prostituta interiore è invece una tendenza presente in ognuno di noi. Nel suo libro “Sacred Contracts”, Carolyn Myss si riferisce alla Prostituta interiore come ad un archetipo capace di influenzare la nostra vita in un certo numero di modi. Un archetipo è un’immagine, un modello, un simbolo universale codificato all’interno della psiche umana ed ereditato di generazione in generazione. In ognuno di noi è presente in qualche misura la Prostituta interiore; tanto negli uomini quanto nelle donne. La Prostituta interiore si manifesta nella nostra vita tutte le volte che “vendiamo” metaforicamente una parte di noi per ottenere in cambio un tornaconto personale. Come funziona la Prostituta interiore? Si nutre delle paure connesse alla sopravvivenza e all’incolumità. L’energia di questo archetipo è ascrivibile principalmente al chakra della radice (Primo Chakra), il quale può bloccarsi o danneggiarsi come conseguenza dello sviluppo di determinate credenze o dell’influsso di alcune particolari esperienze di vita.Spesso coloro i quali lottino costantemente con la loro Prostituta interiore sono reduci da infanzie fisicamente o emotivamente precarie. L’individuo guidato dalla Prostituta interiore persegue ad ogni costo una condizione di sicurezza e protezione, anche se ciò significhi rinunciare a diverse prerogative umane. Ad esempio: sacrifica i propri sogni in cambio del comfort; subordina i propri valori ai trend sociali; sgisce a scopo di lucro e non sulla spinta di passione o convinzione; si svende al fine di guadagnare popolarità piuttosto che restare ignoto, ma fedele a se stesso e alla propria unicità; mantiene in vita rapporti malsani per non rinunciare alla sicurezza emotiva, sociale o economica; tende a comportarsi gentilmente solo per ottenere qualcosa in cambio; scende a compromessi con i propri principi etici; manipola gli altri per perseguire un tornaconto personale. L’atteggiamento che caratterizza la Prostituta interiore si può sintetizzare nel mondo seguente: “Sono disposto a dare tutto ciò che mi si chiede (anche in violazione della mia fede, della mia autostima e della mia integrità) in cambio di un’adeguata contropartita”.L’archetipo della Prostituta può indurre a sacrificare qualsiasi cosa in cambio della ricerca della sicurezza e della protezione. Nessun luogo è considerato “terra santa”. Tutto è in vendita al giusto prezzo. Ciò detto, non importa quanto la Prostituta possa apparire “cattiva” o “negativa”. Essa è in realtà una forza del tutto neutra. La Prostituta diventa un problema solo quando non si sia coscienti del suo influsso nella nostra vita. Carolyn Myss si riferisce alla Prostituta interiore come al “guardiano della fede”, in quanto è grazie ad essa che possiamo realizzare fino a che punto siamo inclini a vendere una parte di noi stessi in cambio di un tornaconto. L’archetipo della Prostituta dovrebbe insegnarci a sviluppare l’integrità, il rispetto e la fiducia in noi stessi, e la fede nel Divino. Se compresa e controllata, la Prostituta può aiutarci a scoprire i luoghi della nostra vita in cui abbiamo deciso di venderci.La fiducia è la lezione fondamentale impartita dall’archetipo della Prostituta. Per avere fiducia dobbiamo credere fermamente nella nostra capacità di sperimentare la forza, il benessere e l’abbondanza. Quando dubitiamo di noi stessi, il vuoto che si crea viene riempito dalla ricerca della ricchezza esteriore, degli agi del comfort e da facili gratificazioni che possano compensare il nostro senso di insicurezza. Tutto ciò naturalmente genera ulteriore auto-disistima e insicurezza che alimenta nuovi comportamenti compulsivi dettati dalla Prostituta interiore. L’unico modo di neutralizzare la Prostituta interiore apprendendone gli insegnamenti è rafforzare la nostra fiducia in noi stessi. Il modo migliore di farlo è rendendosi conto che ciò che siamo si estende oltre le nostre personalità, i nostri titoli, le nostre occupazioni lavorative, i nostri corpi e i nostri pensieri. Come possiamo fidarci di ciò che non è realmente “noi”? Ciò che siamo stati condizionati a identificare con “noi” non potrà mai infonderci alcun comfort o senso di sicurezza. Come può una personalità in continuo mutamento, un corpo che invecchia, un lavoro temporaneo, una famiglia transitoria, infondere fiducia in se stessi?Per imparare l’insegnamento della Prostituta e riappropriarci della nostra integrità dobbiamo ristabilire il contatto con l’unico luogo immutabile presente in noi: la nostra Coscienza. Ciò che definiamo “Lavoro dell’Anima”, presente praticamente in ogni tradizione o percorso spirituale, definisce il nostro impegno e la nostra volontà di riconnetterci con la nostra anima. La nostra anima è la nostra essenza, la verità alla radice della nostra esistenza; in altre parole è il nostro flusso di Coscienza. La nostra anima è illimitata, grande, infinitamente saggia e amorevole; è il nostro personale collegamento con lo Spirito, il quale è la radice di ogni cosa. La Prostituta interiore non è un nemico, né è qualcosa di cui vergognarsi. Si tratta invece di un normale istinto di difesa presente in ognuno di noi e a vari livelli. Non si tratta di un “problema” da risolvere cercando di curarlo o farlo magicamente sparire; è invece necessario prendere realmente atto della sua esistenza. Quando comprendiamo la sua essenza possiamo perfino arrivare ad amarla e al tempo stesso impedirle di prendere il controllo delle nostre decisioni ed azioni.Vado ad elencare alcune domande da porsi per accrescere la consapevolezza di quanto le nostre esistenze siano influenzate dalla Prostituta: in quali aree della mia vita ho scelto di sacrificare le mie autentiche esigenze in cambio di denaro, beni materiali, popolarità, protezione, sicurezza, comfort e ammirazione? Vivo rapporti personali o di lavoro manifestamente tossici per il mio benessere? Quali componenti della mia identità ho venduto agli altri? (Esempi: l’allegria, l’affettività, la sincerità, la fantasia…). Ho venduto o sacrificato la mia moralità in cambio di un tornaconto personale? Quante volte mi capita di mentire per ottenere un tornaconto personale? Ho mai indotto qualcuno a “vendersi” per il mio tornaconto personale? Cosa sono disposto a digerire pur di raggiungere o conservare la “sicurezza”? Per lavorare proficuamente con la propria Prostituta interiore occorre raggiungere la ferma consapevolezza che la Coscienza / Dio è sempre qui per supportarci, dal momento che tutti noi siamo parte di Essa / Egli.(Aletheia Luna, “L’archetipo della prostituta”, da “Anticorpi.info” del 16 novembre 2017, ripreso dal blog “La Crepa nel Muro”).La prima idea che a molti viene in mente udendo la parola “prostituzione” è l’immagine di qualcuno che venda il proprio corpo per fini sessuali. Tuttavia la prostituzione a cui mi riferirò in questo articolo non ha a che fare con il sesso a pagamento. La Prostituta interiore è invece una tendenza presente in ognuno di noi. Nel suo libro “Sacred Contracts”, Carolyn Myss si riferisce alla Prostituta interiore come ad un archetipo capace di influenzare la nostra vita in un certo numero di modi. Un archetipo è un’immagine, un modello, un simbolo universale codificato all’interno della psiche umana ed ereditato di generazione in generazione. In ognuno di noi è presente in qualche misura la Prostituta interiore; tanto negli uomini quanto nelle donne. La Prostituta interiore si manifesta nella nostra vita tutte le volte che “vendiamo” metaforicamente una parte di noi per ottenere in cambio un tornaconto personale. Come funziona la Prostituta interiore? Si nutre delle paure connesse alla sopravvivenza e all’incolumità. L’energia di questo archetipo è ascrivibile principalmente al chakra della radice (Primo Chakra), il quale può bloccarsi o danneggiarsi come conseguenza dello sviluppo di determinate credenze o dell’influsso di alcune particolari esperienze di vita.