Archivio del Tag ‘Amalfi’
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Quelli delle cause vinte: Davide ha battuto Golia, 80 volte
Nel libro Michele Boato e altri autori raccontano 80 storie in cui i Lillipuziani dei comitati e delle associazioni ambientaliste sono riusciti nell’intento. Intenti, che sembravano impossibili, di impedire enormi disastri, speculazioni ed inquinamenti. Nei primi mesi del 2017 Michele Boato ha censito quasi 200 storie di battaglie ambientali vinte. Ambientalista di ferro, responsabile del Ecoistituto “Alexander Langer” del Veneto, Michele Boato a raccolto 80 di queste “cause vinte”, casi in cui il bene comune è riuscito a prevalere sugli interessi di qualche cricca che punta solo a fare soldi, alla faccia della salute delle persone e dell’ambiente. Si tratta di casi localizzati nel Veneto e situazioni fuori dal Veneto che Michele Boato ha conosciuto personalmente. Metà delle storie racconta lui, l’altra metà li raccontano persone protagoniste dei fatti e osservatrici dirette, per lo più attivisti di iniziative e associazioni ambientaliste.Si va dall’abbattimento del Fuenti (l’ecomostro di Amalfi) alla chiusura della base missilistica di Comiso (in Sicilia), passando per i due referendum nazionali contro il nucleare, i veleni chimici a Marghera, i 1.000 giorni di digiuno contro l’inceneritore di Trento e gli 880 di presidio contro la discarica di Buscate, il secolo di lotte per risanare la Val Bormida, i “100mila passi” dal Grappa a Venezia che hanno salvato la valle di Schievenin. Alcune vittorie risalgono già agli anni ’80, ma la maggior parte di verificata negli anni 2000-2017. Un esempio: all’inizio del 2017 la lotta di tanti cittadini contro la costruzione di crematori ha avuto uno sbocco positivo nel Consiglio regionale del Veneto. I crematori sono molto inquinanti, pochi lo sanno, pure quello di Bolzano. L’unico esempio riportato dal Sudtirolo è quello del referendum sui pesticidi di Malles del 2014, una causa purtroppo non ancora vinta del tutto.È una lunga storia di vittorie, balsamo per l’anima ambientalista e conferma impressionante che la resistenza e l’impegno pagano. A parte tante sconfitte, le cause vinte ci sono e questo va detto ad alta voce. Aggiungerei: ogni tanto la popolazione interessata farebbe anche bene di ringraziare gli ambientalisti battaglieri e volontari che spesso restano poi anonimi. L’attenzione principale, più ancora del tema della lotta in questo lavoro, viene messa sul come si è arrivati alla vittoria, cioè sugli strumento che hanno portato a vincere. Ad alcuni di questi mezzi è dedicato l’importante capitolo “cassetta degli attrezzi”, quali l’esposto, la denuncia, il ricorso al Tar e alla Corte dei Conti, l’interrogazione, l’interpellanza, la mozione, l’ordine del giorno, referendum locali e nazionali, statuti e regolamenti comunali e via dicendo. Poi ancora altri strumenti di lotta: manifestazioni, flash mob, raccolta di firme, boicottaggio, fino al blocco stradale. Così il libro, oltra ad una documentazione molto viva di cause vinte, è anche un manualetto sui metodi di lotta nonviolenti per difendere l’ambiente. Tutto sommato: una pubblicazione preziosa, un libro incoraggiante, di alto valore, ma basso prezzo (5 euro).(Thomas Benedikter, “Ambiente e beni comuni: quando Davide la spunta contro Golia”, presentazione del libro “Quelli delle cause vinte”, pubblicata su “Il Cambiamento” il 31 luglio 2017. Benedikter è un ricercatore economico-sociale e collaboratore dell’Accademia Europea di Bolzano Eurac. Il libro: Michele Boato, “Quelli delle cause vinte”, Libri di Gaia, 250 pagine, 5 euro, prefazione di Marinella Correggia. Da ordinare anche presso l’autore: micheleboato@tin.it).Nel libro Michele Boato e altri autori raccontano 80 storie in cui i Lillipuziani dei comitati e delle associazioni ambientaliste sono riusciti nell’intento. Intenti che sembravano impossibili, di impedire enormi disastri, speculazioni ed inquinamenti. Nei primi mesi del 2017 Michele Boato ha censito quasi 200 storie di battaglie ambientali vinte. Ambientalista di ferro, responsabile dell’Ecoistituto “Alexander Langer” del Veneto, Michele Boato ha raccolto 80 di queste “cause vinte”, casi in cui il bene comune è riuscito a prevalere sugli interessi di qualche cricca che punta solo a fare soldi, alla faccia della salute delle persone e dell’ambiente. Si tratta di casi localizzati nel Veneto e situazioni fuori dal Veneto che Boato ha conosciuto personalmente. Metà delle storie le racconta lui, l’altra metà le raccontano persone protagoniste dei fatti e osservatrici dirette, per lo più attivisti di iniziative e associazioni ambientaliste.
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L’aristocrazia nera che si nasconde dietro ai presidenti Usa
L’aristocrazia nera, ovvero: storia occulta dell’élite che da secoli controlla la guerra, il culto, la cultura e l’economia. E’ il teama dell’ultima indagine di Riccardo Tristano Tuis, saggista e musicista. Punto di partenza: quali sono le origini della cosiddetta aristocrazia nera? Che cosa si nasconde dietro ai simboli, l’araldica e le gesta di certi casati nobiliari? Che rapporto hanno con il potere? «Nel corso dei secoli – scrive Tuis – i simboli e le religioni si sono trasformati in diábolos, strumenti d’inganno per separare anziché essere impiegati nella loro funzione naturale di unità (symbolon)», all’insegna del “divide et impera”, che «è stata da sempre la regina delle strategie finalizzata al mantenimento del potere dell’aristocrazia nera sul territorio». Poche famiglie, da sempre, controllano la nostra vita. «Le radici della sanguinaria storia dell’aristocrazia nera, che nel tempo prende le sembianze delle famiglie di banchieri europei legate alla Chiesa e ad alcune specifiche casate reali eurasiatiche, vanno cercate al di fuori dell’Europa, in popoli noti come Kazari, Sarmati e Sadducei che a un certo punto conversero all’interno di un gruppo noto come Ashkenaziti, mascherandosi come ebrei ortodossi o paladini della Cristianità, raggiungendo le più alte cariche in tutta Europa».Queste famiglie – scrive Uno Editori – iniziarono a spartirsi gli Stati europei, dando così vita a faide interne come quella dei guelfi e dei ghibellini e a uno scontro diretto con tutti i loro oppositori, fino a giungere all’attuale costituzione di un Nuovo Ordine Mondiale con il suo occulto controllo globale attraverso una rete di organi sovranazionali, congregazioni religiose, corporazioni economiche e di comunicazione di massa». L’autore mostra inoltre alcuni dei più intimi segreti di questa oscura élite, smascherando l’intricata rete che lega le religioni con i movimenti spirituali e le società segrete con la politica e i servizi segreti. L’opera presenta come chiave di lettura il cosiddetto “criptosimbolismo” – ossia lo studio del simbolo nei suoi diversi livelli di significato e la sua applicazione occulta nella società – e di come sia stato praticato da una élite originariamente proveniente dai “Popoli del mare” che colonizzarono le aree in cui si fondarono la civiltà fenicia, del Mar Nero, della Valle dell’Indo, nonché quelle sumera, cinese, egizia e mesoamericana, per poi diversificarsi nei ceppi sarmato-sadduceo che diedero i natali all’élite sacerdotale del Tempio della Palestina e dei cavalieri nomadi degli Urali, da cui ebbero a loro volta origine le casate europee.«Questa élite ha rappresentato la casta sacerdotale, guerriera e mercantile del tessuto sociale ove si infiltrava e ha sempre detenuto il potere religioso, militare e finanziario e dunque politico fin dai tempi della Sumeria e dell’antico Egitto», continua l’ediore. «Solo negli ultimi secoli il suo potere si è esteso al punto che, per proteggersi, si è dovuta celare sotto falsi nomi e mansioni, senza così esporsi all’attenzione delle masse, tranne nel caso dei reali inglesi che sono pubblicamente a capo dello Stato e della Chiesa anglicana, caso che si ripresenta anche in Norvegia e Andorra». L’aristocrazia nera, infatti, «fa di tutto per mantenere nascoste le sue oscure origini e le sue trame per manipolare la storia: troppo spesso i tiranni o dittatori che muoiono ghigliottinati, fucilati o per mano della folla sono in realtà solo dei burattini, teleguidati dai veri governanti che si nascondono dietro di loro». Attraverso il Sacro Romano Impero, sostiene Tuis, questa élite occulta conquistò l’Europa e alcune aree limitrofe, poi con le Repubbliche marinare si espanse nel Mediterraneo ed esplorò nuove aree di colonizzazione, infine con l’Impero britannico raggiunse tutti e cinque i continenti che, attualmente, sono per la maggior parte posti sotto il protettorato militare degli Stati Uniti d’America.«Se gli Stati Uniti sono divenuti il braccio armato dell’aristocrazia nera, restano al momento ancora Roma e Londra le due capitali del loro potere». Spiegazione: «Roma è la caput mundi del culto in tutte le sue diversificazioni, mentre Londra è la stanza dei bottoni in cui si controlla il mondo attraverso l’ingegneria sociale, l’alta finanza e il signoraggio bancario». Quella dei grandi banchieri internazionali, che stampano moneta privata e la vendono agli Stati, «è la secolare truffa che ha permesso ad alcune specifiche famiglie di acquisire i mercati, i monopoli, le Repubbliche e monarchie infiltrandosi nelle casate europee al punto da sostituirsi a buona parte di esse». L’autore mostra come le famiglie di banchieri europei, legate alla Chiesa e ad alcune specifiche casate reali, non siano realmente europee ma provengano invece da alcune popolazioni asiatiche. «Tutti i presidenti degli Stati Uniti d’America provengono dalla schiatta dei Plantageneti, nello specifico da Re Giovanni d’Inghilterra». E la casata dei Plantageneti «è in realtà una ramificazione guelfa di quella che è stata la potente e stratificata casata europea, l’aristocrazia nera per eccellenza:i Welfen».(Il libro: Riccardo Tristano Tuis, “L’aristocrazia nera. La storia occulta dell’elite che da secoli controlla la guerra, il culto, la cultura e l’economia”, Uno Editori, 350 pagine, euro 16,70).L’aristocrazia nera, ovvero: storia occulta dell’élite che da secoli controlla la guerra, il culto, la cultura e l’economia. E’ il teama dell’ultima indagine di Riccardo Tristano Tuis, saggista e musicista. Punto di partenza: quali sono le origini della cosiddetta aristocrazia nera? Che cosa si nasconde dietro ai simboli, l’araldica e le gesta di certi casati nobiliari? Che rapporto hanno con il potere? «Nel corso dei secoli – scrive Tuis – i simboli e le religioni si sono trasformati in diábolos, strumenti d’inganno per separare anziché essere impiegati nella loro funzione naturale di unità (symbolon)», all’insegna del “divide et impera”, che «è stata da sempre la regina delle strategie finalizzata al mantenimento del potere dell’aristocrazia nera sul territorio». Poche famiglie, da sempre, controllano la nostra vita. «Le radici della sanguinaria storia dell’aristocrazia nera, che nel tempo prende le sembianze delle famiglie di banchieri europei legate alla Chiesa e ad alcune specifiche casate reali eurasiatiche, vanno cercate al di fuori dell’Europa, in popoli noti come Kazari, Sarmati e Sadducei che a un certo punto conversero all’interno di un gruppo noto come Ashkenaziti, mascherandosi come ebrei ortodossi o paladini della Cristianità, raggiungendo le più alte cariche in tutta Europa».