Archivio del Tag ‘cenacoli’
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Galloni: pastori sardi, una moneta locale li salverebbe tutti
Anche questa volta, come per i Gilet Jaunes o i Forconi, la storia pare essere la stessa. Un movimento nasce e, non potendosi (o non riuscendo a) darsi una forma organizzativa e dei leader comuni, si scinde tra due componenti: i banditi e i “coglionati”. Senza una chiara strategia e leader da tutti riconosciuti, infatti, la maggioranza svolge una sterile protesta che tende ad affievolirsi; mentre la componente minoritaria, ma molto attiva, si spinge persino fuori dai confini della legalità. In casi particolarissimi, tale componente (magari grazie ad appoggi internazionali) riesce ad imporsi sostituendo un “vecchio regime”. Pare non sia la sorte di questi movimenti, destinati a ricalcare la stessa divisione che c’è nella società tra “irriducibili” e coglionati. Il partito, in fondo è questo: il passaggio dal cenacolo di pochi saggi ispirati a una forma organizzativa più evoluta, ma attraverso la fase del movimento (semprechè quest’ultima, come stiamo cercando di dire, non si esaurisca). Quindi abbiamo tre diverse situazioni: i movimenti che si esauriscono, i cenacoli che non riescono a crescere e i partiti politici che sono frutto dell’incontro tra una leadership adeguata e un movimento che non si esaurisce.Il movimento che trova guida e strategie può trasformarsi in partito politico, dunque, se lascia il terreno monotematico e si allarga ai tanti problemi di una società. Nel caso dei pastori sardi, ad esempio, pur essendo urgente e vitale spuntare un prezzo del latte adeguato (ma che ci stanno a fare le istituzioni se non sanno gestire una produzione abbondante e lasciano cadere il prezzo illimitatamente?), tuttavia la domanda strategica era ed è: ma come fa un prezzo a scendere al di sotto del costo (di produzione)? In due casi: quando la domanda ovvero il mercato non è più interessato al prodotto (e non è il caso del latte sardo); quando il prezzo lo decide il compratore a prescindere dal mantenimento dei minimi vitali per i produttori. Ciò non accade solo per illimitata ingordigia di chi ha potere ed obiettivi di massimizzazione del profitto, ma anche per situazioni dei prezzi internazionali che non tengono conto della qualità. I prezzi internazionali, infatti, dipendono dalla concorrenza sui prodotti finiti e distribuiti al dettaglio: se essa avviene solo sul prezzo, allora sarà favorito il produttore peggiore che imporrà il prezzo sul mercato internazionale e tutti dovranno accettare la sua imposizione (anche facendo peggiorare la qualità del prodotto).Come ci si difende da questa diabolica situazione? O facendo rispettare regole precise o costituendo il cartello dei produttori (ma se la concorrenza non è agguerrita) o sottraendosi alle dinamiche della globalizzazione (quando essa, appunto, è senza regole e con logiche che il buon senso ed il bene comune dovrebbero respingere). Come ci si sfila, dunque, dalla globalizzazione in un caso come quello della Sardegna? Molto semplice, immettendo una moneta locale per consentire ai produttori di approvvigionarsi di tutto ciò che loro necessita: quindi il pastore – ottenendo tale moneta in cambio del suo prodotto – potrà comperare tutti gli altri beni e servizi che servono alla sua attività ed al sostentamento suo e della famiglia; se, dopo saturato il mercato interno, avanza una produzione, quest’ultima potrà essere venduta all’esterno in valuta internazionale. Questa valuta servirà a comprare quanto non si riesce a produrre all’interno (non si deve dimenticare, infatti, che i prodotti locali possono venir pagati anche in valuta locale, mentre per quelli di importazione è necessaria la valuta estera, ovvero gli euro).Lo stesso può dirsi per il grano duro siciliano: inutile e dannoso importare grano di diversa qualità (e magari pieno di glifosato!); difendere il prodotto locale non è protezionismo, ma riferimento ad un modello economico sostenibile e più etico (che anche i produttori degli altri paesi possono praticare). Un modello economico in cui si parte dall’economia reale del territorio e dove – tutti – esportino le eccedenze dopo aver saturato il proprio mercato interno senza le interferenze dei monopoli internazionali a scapito del lavoro e della salute collettiva. Ma è anche molto importante esportare prodotti finiti (ad esempio formaggio) e non materie prime o semilavorati, perché chi esporta questi ultimi rinuncia alla quota più importante di valore aggiunto ovvero di reddito. Non sarebbe male, quindi, che le Regioni dotate di autonomia provvedessero, anche, a limitare l’esportazione di materie prime e semilavorati come fondamentale misura di sostegno del reddito interno.(Nino Galloni, “Pastori in movimento, banditi e partiti”, da “Scenari Economici” del 26 febbraio 2019).Anche questa volta, come per i Gilet Jaunes o i Forconi, la storia pare essere la stessa. Un movimento nasce e, non potendosi (o non riuscendo a) darsi una forma organizzativa e dei leader comuni, si scinde tra due componenti: i banditi e i “coglionati”. Senza una chiara strategia e leader da tutti riconosciuti, infatti, la maggioranza svolge una sterile protesta che tende ad affievolirsi; mentre la componente minoritaria, ma molto attiva, si spinge persino fuori dai confini della legalità. In casi particolarissimi, tale componente (magari grazie ad appoggi internazionali) riesce ad imporsi sostituendo un “vecchio regime”. Pare non sia la sorte di questi movimenti, destinati a ricalcare la stessa divisione che c’è nella società tra “irriducibili” e coglionati. Il partito, in fondo è questo: il passaggio dal cenacolo di pochi saggi ispirati a una forma organizzativa più evoluta, ma attraverso la fase del movimento (semprechè quest’ultima, come stiamo cercando di dire, non si esaurisca). Quindi abbiamo tre diverse situazioni: i movimenti che si esauriscono, i cenacoli che non riescono a crescere e i partiti politici che sono frutto dell’incontro tra una leadership adeguata e un movimento che non si esaurisce.
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Massoneria? Un mistero solo per le facce di bronzo della Tv
La massoneria è un potere forte, anzi fortissimo: peccato che sui giornali e nei talkshow televisivi si preferisca il pettegolezzo sulla piccola massoneria nostrana, ignorando deliberatamente l’unica fonte che, in Italia, ha messo nero su bianco nomi e cognomi della supermassoneria internazionale, quella che conta. Supermassoneria conservatrice, alla quale appartiene lo stesso neopresidente francese Emmanuel Macron: e alla medesima porta «hanno ripetutamente bussato sia Matteo Renzi che l’ex direttore del “Corriere”, Ferruccio De Bortoli, lo stesso che ora (nel libro “Poteri forti”) polemizza con Renzi evocando l’ombra della massoneria toscana su Maria Elena Boschi e Banca Etruria». Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere), dalle pagine web di “Affari Italiani” si rivolge direttamente «ai vari Lilli Gruber, Giovanni Floris, Luca Telese, Corrado Formigli, Enrico Mentana, Gianluigi Paragone, Bruno Vespa». Giornalisti e frontman che, «con rara faccia di bronzo, in questi anni hanno parlato di qualsiasi tematica attinente da vicino o da lontano la massoneria e il potere, ma si sono scientificamente cimentati nella censura e nella rimozione del libro “Massoni”, nonostante la grande diffusione del volume in Italia e all’estero».La polemica tra De Bortoli, Boschi e Renzi su Banca Etruria «è una vicenda piena di ipocrisia, doppi e tripli sensi, surrealtà e vecchi rancori», afferma Magaldi. La Boschi? «Ha fatto bene a interessarsi del possibile salvataggio di Banca Etruria, essendo una parlamentare del territorio dove la banca operava». Semmai, «ha fatto male a negare di averlo fatto: una brutta abitudine, quella di negare l’evidenza, che l’accomuna spesso allo stesso Renzi». Quanto alla telefonata tra i due Renzi, padre e figlio, intercettata dagli inquirenti e poi pubblicata dal “Fatto Quotidiano”, per Magaldi si tratta di «una pantomima», nella quale il figlio tratta il padre, Tiziano, «apparentemente in modo rude e con tono inquisitorio». Secondo Magaldi «si tratta di un’operazione preventiva, per poter un giorno utilizzare questa scenetta quale dimostrazione dell’assoluta estraneità di Matteo ai maneggi e alle relazioni “pericolose” del padre». Peccato, però, che il sistema di potere di cui Renzi junior ha beneficiato nella prima parte della sua ascesa, aggiunge Magaldi, si sia fondato «anche su tutta una serie di rapporti con personaggi toscani (alcuni massoni e altri no) collegati agli interessi imprenditoriali ed economici di Renzi senior, all’interno di un più complessivo groviglio di legami tra politica, istituzioni e cenacoli privati alla ricerca di profitti, tra Firenze e territori contigui».Massoneria e banche? Senz’altro: si tratta di un rapporto «storicamente evidente». Vale anche per Banca Etruria, «benemerita banca dedita al credito popolare», fondata da massoni e a lungo «ottimamente gestita dal “fratello” massone Elio Faralli», prima che subentrassero quelli che Stefano Bisi, gran maestro del Grande Oriente d’Italia, chiama “bischeri”, massoni e non. «Ma in tutta questa vicenda – insiste Magaldi su “Affari Italiani” – il personaggio più in malafede appare proprio Ferruccio De Bortoli». Un giornalista che, sempre secondo Magaldi, «durante tutta la sua carriera ha sempre cercato di essere ammesso ai salotti più esclusivi dell’aristocrazia massonica euro-atlantica». Solo che «non c’è mai riuscito», come del resto lo stesso Renzi, «da anni aspirante apprendista massone presso superlogge sovranazionali, visto che le amicizie massoniche di medio-basso calibro del padre Tiziano potevano essere buone per arrivare a governare la Provincia e il Comune di Firenze, ma non erano e non sono certo sufficienti a puntellare e a consolidare la traiettoria nazionale e internazionale delle ambizioni renziane».Sia De Bortoli che Renzi, aggiunge Magaldi, hanno spesso sfiorato l’accesso al “salotto buono”: «In tempi diversi, tra diverse Ur-Lodges presso cui hanno “bussato” (mediante intermediari), si sono trovati entrambi a un soffio dall’essere accolti dalla superloggia moderata “Atlantis-Aletheia”», una “officina” internazionale di cui fa peraltro fa parte «il massone Emmanuel Macron, neoeletto presidente francese». Incongruenza tutta italiana: «Trovo davvero ipocrita che De Bortoli si metta a cianciare in stile genericamente antimassonico di rapporti tra “massoneria e banche”, riguardo alla vicenda Etruria, ma si sia sempre guardato bene (al pari di quasi tutto il sistema giornalistico italiano) dall’evocare la questione della responsabilità che hanno avuto massoni neoaristocratici come Mario Draghi e Anna Maria Tarantola (all’epoca ai vertici di Bankitalia) nella pessima gestione del Monte dei Paschi di Siena, con riferimento sia all’acquisizione di Banca Antonveneta che ad altre non meno scabrose questioni». Non solo: «Trovo gravissimo – aggiunge Magaldi – che in contesti come la trasmissione “Otto e Mezzo” condotta da Lilli Gruber, così come in altri talk-show televisivi italiani, venga data occasione a De Bortoli e ad altri di pontificare genericamente di legami tra massoneria e banche, massoneria e affari, massoneria e poteri opachi o poteri forti, senza che nessuno si sia mai preso la briga di citare e discutere le precise informazioni e le puntualissime narrazioni (con nomi, cognomi, sigle, date e circostanze) degli intrecci tra la “libera muratoria” e il potere contenute nel libro “Massoni. Società a responsabilità illimitata”», edito già a fine 2014.Lilli Gruber – ed altri suoi colleghi del piccolo schermo – invitano “cani e porci”, «inesperti di questioni latomistiche o carichi di veleni antimassonici per qualche mancata affiliazione», a parlare di massoneria e potere in televisione, presentando «miriadi di libri privi di reale interesse per la pubblica opinione», ma al tempo stesso «evitano come la peste», anzi «censurano da anni» le straordinarie rivelazioni del libro “Massoni”, appena sbarcato anche in Spagna e Sud America, e di cui sta per uscire il sequel, significativamente intitolato “Globalizzazione e massoneria”. Perché dunque rifiutarsi di far approdare nel mainstream una precisa lettura del legame tra massoneria e potere, in primis in ambito finanziario? Forse perché quegli stessi media mainstream, «da qualche decennio, e non solo i Italia, sono in buona parte caduti nelle mani di ambigui segmenti massonici “contro-iniziatici”, traditori dei valori progressisti di libertà, uguaglianza e fratellanza che contraddistinguono da secoli l’autentica “libera muratoria”». Meglio allora evitare che il pubblico televisivo condivida “la scoperta delle Ur-Lodges”, cioè le 36 superlogge mondiali che rappresentano il “back office” del vero potere. Inclusa la “Atlantis Aletheia”, quella di Macron: la superloggia che, secondo Magaldi, si sarebbe rifiutata finora di accogliere i “bussanti” De Bortoli e Renzi.La massoneria è un potere forte, anzi fortissimo: peccato che sui giornali e nei talkshow televisivi si preferisca il pettegolezzo sulla piccola massoneria nostrana, ignorando deliberatamente l’unica fonte che, in Italia, ha messo nero su bianco nomi e cognomi della supermassoneria internazionale, quella che conta. Supermassoneria conservatrice, alla quale appartiene lo stesso neopresidente francese Emmanuel Macron: e alla medesima porta «hanno ripetutamente bussato sia Matteo Renzi che l’ex direttore del “Corriere”, Ferruccio De Bortoli, lo stesso che ora (nel libro “Poteri forti”) polemizza con Renzi evocando l’ombra della massoneria toscana su Maria Elena Boschi e Banca Etruria». Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere), dalle pagine web di “Affari Italiani” si rivolge direttamente «ai vari Lilli Gruber, Giovanni Floris, Luca Telese, Corrado Formigli, Enrico Mentana, Gianluigi Paragone, Bruno Vespa». Giornalisti e frontman che, «con rara faccia di bronzo, in questi anni hanno parlato di qualsiasi tematica attinente da vicino o da lontano la massoneria e il potere, ma si sono scientificamente cimentati nella censura e nella rimozione del libro “Massoni”, nonostante la grande diffusione del volume in Italia e all’estero».