Archivio del Tag ‘diritti’
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No ai banchieri: nonostante l’Italia, l’Europa s’è desta?
Nonostante il tragicomico Bersani, che tenta di festeggiare Hollande quando i socialisti in Francia propongono l’esatto contrario della politica del Pd in Italia – cioè il “no” all’Europa del rigore, che impoverisce tutti tranne i ricchi e i banchieri – proprio il fronte “no-euro” potrebbe presto diventare il primo “partito”, nell’Europa piegata dalla crisi. A partire dai francesi, gli elettori si schierano contro le politiche dell’Unione Europea, la moneta unica e le ricette della banca centrale. Mentre in Italia i vecchi partiti sigillano il “grande sonno” nella cassaforte politica di Mario Monti, il resto dell’Europa sembra finalmente svegliarsi: in Olanda e Repubblica Ceca il governo è caduto in mancanza di un accordo “lacrime e sangue” come quello italiano, la Polonia in fase di crescita si guarda bene dall’adottare l’euro e persino nel Regno Unito, che non ha mai rinunciato alla sterlina, vola nei sondaggi il partito che chiede l’uscita dall’Unione Europea, mentre l’austerità fa crollare i consensi del governo Cameron.
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Barnard: aprite gli occhi, la nostra rovina è il loro business
Nella savana, il leone è in agguato e punta la sua preda. Deve scegliere fra due uomini, quello armato di fucile e l’altro, quello disarmato. Chi attaccherà? L’uomo col fucile è l’America, che dispone del dollaro sovrano: finora ha mirato al risparmio, comprimendo la spesa, per la gioia dei parassiti della finanza, gli usurai del debito che hanno prosperato grazie alla complicità dei politici. Ma potrebbe sempre svegliarsi, l’America, e decidersi a usare il fucile – cioè fabbricare dollari e distribuirli, immettendo ricchezza a costo zero nelle famiglie e nelle aziende. Per questo il leone sceglierà l’altra vittima, quella disarmata. Indovinato: l’uomo senza fucile siamo noi, l’Eurozona. Incredibile ma vero: ci hanno portato al macello, nella savana dei leoni, raccontandoci che sarebbe stata una passeggiata. Ora ci tagliano i viveri e versano lacrime, sulle note dell’inno della crisi universale? Tutto perfettamente previsto: era il loro piano. Movente: incassi record, sulla nostra pelle.
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Monti sbaglia tutto: e da oggi, salvare l’Italia sarà illegale
Il pareggio di bilancio, di fatto, sancisce l’illegalità del keynesismo. Secondo John Maynard Keynes, nei periodi di recessione, con la “domanda aggregata” insufficiente, era lo Stato, tramite il deficit spending, a far ripartire l’economia. Secondo questo principio, il deficit si sarebbe poi ripagato quando la crescita fosse ripresa. Ora, impedendo costituzionalmente il deficit di bilancio dello Stato – se non per casi eccezionali e comunque per periodi di tempo limitati – tutto ciò sarà impossibile. Da oggi il nostro paese abbraccia ufficialmente l’ideologia economica per la quale la priorità è evitare il deficit spending, ossia che lo Stato possa finanziare parte della domanda indebitandosi. Questa cosa può sembrare apparentemente ragionevole per paesi indebitati come il nostro, ma in realtà è assolutamente folle. Così facendo, si stanno replicando gli errori drammatici degli anni ’30.
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La Fiat crolla: smentiti i maggiordomi di Marchionne
Mentre le cronache ormai descrivono il crollo verticale delle vendite Fiat, «con le redazioni che cadono sorpresissime dal pero», Pino Cabras si diverte a mettere in fila due articoli del 2010, scritti a ridosso del referendum di Pomigliano, «quando Otelma Marchionne ci regalava la previsione sbruffona di fare 6 milioni di auto l’anno, se solo i sindacati si fossero tolti dal suo scroto manageriale». Il primo servizio, del “Corriere della Sera”, descrive le posizioni del Pd; il secondo è un editoriale di Giulietto Chiesa. «Potrete apprezzare quanto le posizioni del Pd avessero i piedi saldamente appoggiati sulle nuvole – scrive Cabras su “Megachip” – e quanto invece l’articolo di Chiesa sia confermato alla virgola col passare degli anni». Due anni dopo, mentre la Fiat affonda, il Pd “suicida” la Costituzione votando il pareggio di bilancio, e «tiene il sacco a Otelma Monti quando vaneggia di numeri futuri come il tasso di crescita del 2020».
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Tutti contro Grillo: la nomenklatura ora teme gli elettori
«Con questi leader non vinceremo mai», disse anni fa Nanni Moretti, davanti agli attoniti Rutelli e Fassino. Sicuramente, finora, hanno vinto loro: i leader. Sempre lassù, inamovibili. E pronti, oggi, a firmare apertamente il patto definitivo coi poteri forti per sacrificare l’Italia, come comandano i signori di Bruxelles, di Berlino e di Francoforte: lacrime e langue per tutti, tranne che per loro. Rivista oggi, la coraggiosa invettiva di Moretti sembra quasi ingenua. Rispetto a ieri, però, sulla scena c’è un personaggio in più: la paura. I vecchi leader – sempre gli stessi – ora tremano: leggono i risultati dei sondaggi e si sentono sempre meno al sicuro. Temono addirittura un comico, Beppe Grillo, che li ha sfidati pubblicamente, facendo subito bingo: il “Movimento 5 Stelle” convince oltre il 7% dei futuri elettori. Senza contare tutti gli altri, cioè la vera grande incognita: quasi un italiano su due non ha più voglia di votare per i vecchi partiti, schiacciati tra la “cura Monti” e gli scandali del finanziamento pubblico che hanno travolto persino la Lega.
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L’antipolitica è al governo: i partiti ricattano gli italiani
Nella manifestazione che ha visto migliaia di lavoratori bresciani farsi alcuni chilometri di corteo per poi giungere a presidiare l’autostrada, era comune il sentimento di rabbia e indignazione contro i principali partiti. Ma come, gridavano i lavoratori, questi ci hanno portato via le pensioni, il contratto nazionale, ora vogliono cancellare l’articolo 18, ci riempiono di tasse, tagliano i servizi e poi ci chiedono i soldi per sostenerli? Trovo ridicole le affermazioni del segretario del Partito democratico, che con il suo solito tono televisivo dice “attenzione o cadiamo tutti”. Forse non ha capito che in mezzo alla gente che soffre e che lotta questa non è una minaccia ma una speranza, un augurio.
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Barnard dai carabinieri: ho denunciato Monti e Napolitano
Attentato contro l’integrità e l’indipendenza dello Stato, associazione sovversiva e cospirazione politica. E poi: usurpazione di potere, attentato contro la Costituzione e contro i diritti politici del cittadino. Nomi e cognomi dei denunciati: nientemeno che il premier Mario Monti e il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. «Oggi, alle ore 18,50 – scrive Paolo Barnard l’8 aprile – presso la caserma dei Carabinieri di via Paolo Poggi 70 a San Lazzaro di Savena, ho denunciato il Golpe Finanziario e i suoi golpisti italiani». Primo ministro e Capo dello Stato, accusati personalmente di infedeltà alle istituzioni: un atto fortemente simbolico, attraverso il quale il giornalista e saggista formalizza la sua denuncia contro il “sequestro” della sovranità nazionale per via monetaria, esplicitato lo scorso febbraio al summit di Rimini insieme ai professori americani della Modern Money Theory.
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Pensioni, l’Fmi: se i vecchi non muoiono, saranno un peso
Da quando Christine Lagarde è comparsa sul palcoscenico mondiale in veste di direttore del Fondo Monetario, in casa l’abbiamo ribattezzata “la commare secca”. Il nomignolo deriva da una poesia di Giuseppe Gioacchino Belli, che ha poi ispirato l’omonimo film di Bertolucci: commare secca in dialetto romanesco significa nient’altro che “la morte”. Sia per l’aspetto segaligno della Lagarde, sia per il suo ruolo nell’ente deputato ad affibbiare il famoso “bacio della morte”, il nomignolo le sta a pennello. Ma io sapevo che prima o poi se lo sarebbe guadagnato sul campo, ne ero assolutamente certa: non si diventa capo del Fondo Monetario se non si ha la falce in mano. E mercoledì 11 aprile Christine ha puntualmente avverato la mia ennesima cassandrata.
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Diaz-choc, l’agente: la polizia si decida a chiedere scusa
Grazie a “Paese Sera” ho avuto modo di assistere alla proiezione per la stampa del film “Diaz”; sono entrato in sala con la certezza, maturata in questi anni, di aver sviluppato i necessari anticorpi per una “serena e matura” visione grazie a un percorso professionale e sindacale che fin da subito mi aveva posto in antitesi con quanto avvenuto, e non senza problemi e difficoltà. Mi sbagliavo profondamente. Le immagini proiettate superano tutte le ricostruzioni mentali che avevo fatto su quanto accaduto. La ricostruzione cinematografica della “più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale” (Amnesty International) ti tocca nel profondo e ti fa provare un senso di vergogna facendoti sentire il bisogno di chiedere scusa al mondo intero.
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La casta che ha ucciso la politica ora la chiama antipolitica
Allarme “antipolitica”: di fronte al verdetto dei sondaggi, ora la casta ha paura. Bersani, alleato di Berlusconi nel sostegno al governo Monti, finge di stupirsi del successo annunciato per il movimento di Beppe Grillo. E persino Vendola, a metà del guado – tra la foto-ricordo del summit di Vasto e la tentazione di smarcarsi dal vecchio centrosinistra – oggi taccia di “populismo” l’ex comico genovese. Il momento è cruciale: Monti sta smantellando quel che resta del nostro Stato sociale, inaugurando una restaurazione autoritaria epocale. E alla disaffezione degli italiani – solo uno su due alle urne, stando alle intenzioni di voto – si aggiunge anche il disgusto per la tangentopoli leghista, mentre chi ieri strillava contro le cricche e le caste oggi sostiene il “governo dei banchieri” insieme a Silvio Berlusconi.
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Vik, vincitore anche da morto: non ho mai smesso di sognare
«Non voglio essere seppellito sotto nessuna bandiera, semmai voglio essere ricordato per i miei sogni. Dovessi morire, tra cento anni, vorrei che sulla mia lapide fosse scritto ciò che diceva Nelson Mandela: un vincitore è un sognatore che non ha mai smesso di sognare. Vittorio Arrigoni, un vincitore». Vittorio si accompagnava con docilità alla grandezza reale dei suoi sogni, ma alludeva inevitabilmente alla nera ombra che si abbinava al suo raro coraggio fisico, un’ombra che lo ha raggiunto prima di quei cent’anni, proprio un anno fa. Un anno dopo la morte di Vittorio Arrigoni siamo interrogati in profondità dal “vincitore”, anche quando scontiamo la sconfitta profanatrice che ha spezzato la sua vita.
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Wu Ming: firma anche tu per dare il C.U.L.O. al Paese
Le cose non vanno bene. Il governo Monti sbaglia. Fa troppo poco. Ci vuole più coraggio. Non cresciamo. È un fatto drammatico. Per ottenere la crescita bisogna favorire la crescita. Solo incentivando la crescita possiamo raggiungere gli obiettivi che tutti auspichiamo: ottenere una crescita solida e duratura. Dobbiamo crescere. Non possiamo andare avanti a palliativi, a mezze misure. Non possiamo permetterci altri costosi tabù. Dobbiamo attirare gli investimenti stranieri. Ce lo chiede l’Europa. Lo dobbiamo ai giovani. I mercati ci guardano. Per la Crescita serve il C.U.L.O. Il Contratto Unico Libero da Oneri è il nostro passepartout per la crescita. Ci porterà le imprese da ogni angolo del pianeta. Vinceremo la sfida della globalizzazione. Otterremo la Crescita. Una crescita esagerata.