Archivio del Tag ‘Goldman Sachs’
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Craig Roberts: Hillary tutela l’1% che lucra sulla guerra
Hillary è il candidato dell’1% e Trump quello del 99%, che l’oligarchia vuole distruggere attraverso i media. Se pure vincesse Trump, poco potrebbe contro questo 1% affamato di potere che controlla i posti chiave a Washington e su cui né il popolo americano né gli alleati esteri, diventati ormai vassalli, esercitano più alcun controllo. Su “Counterpunch”, Paul Craig Roberts evidenzia l’assurdità della campagna presidenziale americana, che discute delle tasse di Trump invece della minaccia sempre più inevitabile di una guerra con la Russia scatenata dall’oligarchia al potere. «Cosa deve pensare il mondo guardando la campagna presidenziale americana? Nel corso del tempo le campagne politiche americane sono diventate più irreali e meno legate alle preoccupazioni degli elettori, ma quella attuale è così irreale da essere assurda», afferma Craig Roberts, già viceministro di Reagan. «La delocalizzazione dei posti di lavoro americani da parte delle multinazionali e la deregolamentazione del sistema finanziario degli Stati Uniti hanno portato al fallimento economico dell’America. Si potrebbe pensare che questo sia un argomento da campagna presidenziale».L’ideologia neo-conservatrice dell’egemonia mondiale degli Stati Uniti li sta portando con i loro vassalli ad un conflitto con la Russia e la Cina, scrive Craig Roberts, in un post ripreso da “Voci dall’Estero”. «I rischi di una guerra nucleare sono più alti che in qualsiasi altro momento nella storia». Questo sì, è «un argomento da campagna presidenziale». Invece, «i problemi sono l’uso legale delle leggi fiscali da parte di Trump e il suo atteggiamento non ostile verso il presidente russo Putin», al punto che «si potrebbe pensare che il problema sia l’atteggiamento estremamente ostile di Hillary verso Putin (“il nuovo Hitler”), che promette un conflitto con una grande potenza nucleare». Per quanto riguarda il giovarsi delle leggi fiscali, Pat Buchanan ha sottolineato che Hillary «ha utilizzato a suo vantaggio una deduzione grande quasi come quella di Trump». Durante gli anni in Arkansas, la Clinton «si è anche avvalsa di una detrazione fiscale su una lista di indumenti usati donati a un ente di beneficenza, tra cui 2 dollari per un paio di mutande usate da Bill».Il “dibattito” tra i vice-presidenti, poi, ha rivelato che il candidato del Partito Democratico «è così ignorante da pensare che Putin, che è democraticamente eletto e ha un enorme sostegno pubblico, è un dittatore». Questo, continua Craig Roberts, è quello che sappiamo sui due candidati alla presidenza. «Hillary ha una lunga lista di scandali, da Whitewater e Vince Foster a Bengasi e alla violazione dei protocolli per la sicurezza nazionale». La candidata democratica «è stata comprata e pagata dagli oligarchi di Wall Street, delle mega-banche e del complesso militare industriale, nonché da interessi stranieri». Prova ne sono «i 120 milioni di dollari del patrimonio personale dei Clinton e i 1.600 milioni di dollari della loro fondazione». In altre parole, «Goldman Sachs non ha pagato 675.000 dollari a Hillary per tre discorsi di 20 minuti per la saggezza che contenevano». Al contrario, «quello che sappiamo in merito a Trump è che l’oligarchia non lo sopporta e ha ordinato al Ministero della Propaganda, cioè i media statunitensi, di distruggerlo».Chiaramente, continua Craig Roberts, «Hillary è il candidato dell’1%, e Trump è il candidato del resto di noi». Purtroppo, però, «circa la metà del 99% è troppo stupida per conoscere tutto questo». Inoltre, «se Trump dovesse finire alla Casa Bianca, non significa che potrebbe prevalere sull’oligarchia», che infatti «è radicata a Washington e controlla cariche di politica economica ed estera, think tank e altri gruppi di lobbisti, e i media». Il popolo? «Non controlla nulla». E oggi, «cosa pensa il mondo quando vede condannare Donald Trump perché non vuole la guerra con la Russia o la delocalizzazione dell’economia americana?». E i “vassalli” di Washington – britannici, canadesi, australiani, giapponesi – dove vedono nella politica americana una leadership degna del sacrificio della loro sovranità e dell’indipendenza della loro politica estera? «Dove vedono anche solo un briciolo di intelligenza?». E ancora: «Perché il mondo guarda al governo più stupido, vigliacco, arrogante, corrotto e criminale del pianeta come una guida? La guerra è l’unica destinazione a cui Washington può condurre».Hillary è il candidato dell’1% e Trump quello del 99%, che l’oligarchia vuole distruggere attraverso i media. Se pure vincesse Trump, poco potrebbe contro questo 1% affamato di potere che controlla i posti chiave a Washington e su cui né il popolo americano né gli alleati esteri, diventati ormai vassalli, esercitano più alcun controllo. Su “Counterpunch”, Paul Craig Roberts evidenzia l’assurdità della campagna presidenziale americana, che discute delle tasse di Trump invece della minaccia sempre più inevitabile di una guerra con la Russia scatenata dall’oligarchia al potere. «Cosa deve pensare il mondo guardando la campagna presidenziale americana? Nel corso del tempo le campagne politiche americane sono diventate più irreali e meno legate alle preoccupazioni degli elettori, ma quella attuale è così irreale da essere assurda», afferma Craig Roberts, già viceministro di Reagan. «La delocalizzazione dei posti di lavoro americani da parte delle multinazionali e la deregolamentazione del sistema finanziario degli Stati Uniti hanno portato al fallimento economico dell’America. Si potrebbe pensare che questo sia un argomento da campagna presidenziale».
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Armi di migrazione di massa, è il piano del super-potere
Non è che, francamente, avessimo bisogno delle controprove. Dal documento dell’Onu che parla esplicitamente, per primo, di migrazione selettiva dei popoli, passando per lo studio della Cornell University, “Weapons of Mass Migration: Forced Displacement, Coercion, and Foreign Policy”, – Armi di migrazione di massa: deportazione, coercizione e politica estera – che racconta dell’immigrazione come di una “nuova arma bellica non convenzionale”, una vera e proprio arma di migrazione di massa, fino ai progetti Ue di migrazione selettiva portati alla London School of Economics and Political Science dal vicepresidente della Commissione Europea in persona, nientemeno che Franco Frattini, che parla di vere e proprie campagne orchestrate dai governi per «incoraggiare i potenziali migranti a diventare europei», di prove ce ne sono a sufficienza per comprendere che la volontà politica di portare in Europa un numero elevatissimo di migranti non solo c’è, ma è determinata e alla luce del sole.Del resto, oltre alle continue ondate di migranti che dalle coste africane raggiungono l’Italia via mare, senza che nessuno cerchi di risolvere il problema alla radice, i primi esperimenti “ufficiali” sono stati realizzati in Germania, quando in conseguenza dell’onda pressoria di indignazione pubblica suscitata dalle immagini del corpo del piccolo di 4 anni buttato sulla spiaggia, lambito dalle onde del mare, Angela Merkel un anno fa ha aperto le porte ai rifugiati siriani (solo quelli con gli occhi azzurri, però), e la Repubblica Ceca ne ha immediatamente messi al lavoro almeno 5 mila (ma a condizioni che un europeo non avrebbe mai accettato, a meno che non ci fosse stato costretto – come dire – dalla concorrenza). Il motivo non era la tanto decantata solidarietà che i nostri quotidiani si sono affrettati a tributare al cancelliere tedesco, quanto (e qui si era scritto molto prima) la fretta di metterli al lavoro nel settore automobilistico. E chissà che lo scandalo Volkswagen non sia scoppiato anche per contrastare la competitività dell’industria automobilistica tedesca, nel momento in cui stava per disporre di forze fresche e a basso costo. Oltre che, naturalmente, come rappresaglia per l’ostilità di Berlino nei confronti del Ttip e nei confronti della necessità degli Usa di sostituire l’arsenale nucleare presente sul suolo tedesco.Ma, in caso voleste sentirvelo dire forte e chiaro, eccovi le dichiarazioni di uno-che-passava-di-lì, tale Peter Sutherland. Vi dice niente? I più attenti se lo ricorderanno: vent’anni presidente Goldman Sachs International, ex presidente British Petroleum e attualmente alto rappresentante per il segretariato generale della migrazione internazionale alle Nazioni Unite, oltre che a capo del Forum Globale su Migrazione e Sviluppo, al quale partecipano oltre 160 paesi. Uno che di politiche per regolare la migrazione se ne intende, dunque, uno che lavora per quella stessa organizzazione (l’Onu) che parlava appunti di migrazione sostitutiva dei popoli, uno che sulla Brexit il 25 giugno scorso ha detto: «In qualche modo, questo risultato va ribaltato». Bene, questo signore qui, nel 2012 ha detto alla Camera dei Lord (i nostri senatori, più o meno) che «l’Unione Europea dovrebbe fare del suo meglio per attaccare, indebolire l’omogeneità culturale degli Stati nazionali, perché la migrazione è una dinamica cruciale per la crescita economica in alcuni stati membri, per quanto difficile potrebbe essere spiegarlo ai cittadini di quegli Stati». [Fonte Bbc, mica miciomicio-baubau].Secondo Sutherland bisogna «costruire giocoforza Stati multiculturali», perché «è impossibile pensare che questo grado di omogeneità culturale possa sopravvivere, in quanto gli Stati devono diventare stati aperti». E ancora: «A differenza degli Stati Uniti, dell’Australia e della Nuova Zelanda, che rappresentano società frutto di migrazione e che sono più versatili nell’integrare chi viene da altre realtà, noi coltiviamo ancora un senso di omogeneità e differenza rispetto agli altri. Questo è precisamente ciò che l’Unione Europea, secondo me, dovrebbe distruggere». Senza nessun bisogno di scomodare Kalergi, probabilmente è per questo che Bruxelles sta cercando di abituarci a mangiare insetti.(Claudio Messora, “Siamo troppo uniti per i loro gusti: ci vogliono sminuzzare”, da “ByoBlu” del 16 settembre 2016).Non è che, francamente, avessimo bisogno delle controprove. Dal documento dell’Onu che parla esplicitamente, per primo, di migrazione selettiva dei popoli, passando per lo studio della Cornell University, “Weapons of Mass Migration: Forced Displacement, Coercion, and Foreign Policy”, – Armi di migrazione di massa: deportazione, coercizione e politica estera – che racconta dell’immigrazione come di una “nuova arma bellica non convenzionale”, una vera e proprio arma di migrazione di massa, fino ai progetti Ue di migrazione selettiva portati alla London School of Economics and Political Science dal vicepresidente della Commissione Europea in persona, nientemeno che Franco Frattini, che parla di vere e proprie campagne orchestrate dai governi per «incoraggiare i potenziali migranti a diventare europei», di prove ce ne sono a sufficienza per comprendere che la volontà politica di portare in Europa un numero elevatissimo di migranti non solo c’è, ma è determinata e alla luce del sole.
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Monica Maggioni (Rai) presidente italiana della Trilaterale?
«La notizia è di quelle da far saltare sulla sedia». Secondo quanto riportato da Lia Quilici su “L’Espresso”, la presidente della Rai Monica Maggioni il prossimo 8 ottobre sarà nominata presidente della Trilateral Italia. «Un incredibile cortocircuito di potere che metterebbe nelle stesse mani da una parte il controllo del servizio d’informazione radiotelevisivo pubblico e dall’altra la gestione della filiale italiana di una delle più importanti organizzazioni d’interessi privati nel mondo», scrive “Megachip”, che per illuminare i retroscena della Commissione Trilaterale, fondata nel 1973 negli Usa da David Rockefeller, ripropone una recente analisi di Stefania Elena Carnemolla. Il personaggio-chiave, oggi, in Italia? Itzhak Yoram Gutgeld, economista israeliano naturalizzato italiano e deputato Pd, “mente” economica del governo Renzi: «Nell’armadio di Gutgeld c’è lo scheletro della Trilaterale, centro di potere espressione dell’élite». Se Gutgeld è membro del gruppo italiano, dal 2011 il presidente europeo è Jean-Claude Trichet, ex governatore della Bce. «Star italiana della Trilaterale è Mario Monti». E al super-club «si onora di appartenere anche l’ex primo ministro e deputato Pd Enrico Letta, oggi accademico a Parigi».Insieme al Bilderberg, stra-chiacchierato “salotto” dell’élite finanziaria mondiale insieme al Forum di Davos, la Trilaterale – secondo Gioele Magaldi, autore di “Massoni, società a responsabilità illimitata” – fa parte del segmento strategico di “associazioni paramassoniche” destinare a fare da cinghia di trasmissione tra i “vertice esoterico” dell’oligarchia, rappresentato da 36 Ur-Lodges internazionali, e le classi dirigenti – banche, università, industria, politica. A differenza dei potentissimi think-tanks citati da Paolo Barnard nel saggio “Il più grande crimine” (tra questi la Ert, European Roundtable of Industrialists), la Trilaterale ospita ex capi di Stato e di governo, “dialogando” direttamente con le istituzioni del super-potere, dalla Fed alla Bce, dal Fmi alla Banca Mondiale. Fu proprio la Trilaterale, guidata da eminenze grige come Kissinger e Rockefeller, a “far applicare”, dagli anni ‘70, i micidiali dettami dello storico Memorandum che la Camera di Commercio Usa aveva commissionato all’avvocato d’affari Lewis Powell. Obiettivo: stroncare la sinistra democratica e sindacale negli Usa e in Europa, demolire il welfare, aprire il varco al neoliberismo globalizzato e al “totalitarismo finanziario”.«Chi sono gli italiani della Trilaterale?», si domanda Stefania Elena Carnemolla, su “Megachip”. «È gente che piace alla gente che piace, che passa da un incarico all’altro, che presiede fortini di potere. Ci sono renziani, banchieri, ex ministri, ex viceministri, ammiragli, ambasciatori, industriali, deputati, vertici Rai, ex presidenti del Consiglio, studiosi di politica internazionale. Nomi che s’intrecciano con il Bilderberg e con l’Ispi, l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale. Personaggi da sliding door, che se non sono in un luogo, sono in un altro». La sede del gruppo italiano della Trilaterale è al civico 5 di via Clerici, a Milano, dove c’è l’omonimo palazzo che ospita l’Ispi. Tra i membri della Trilaterale «c’è il professore Carlo Secchi, che ne è il chairman – né è una coincidenza che Secchi sia vicepresidente dell’Ispi, oltre che suo consigliere di amministrazione». Altri membri della Trilaterale con ramificazioni nell’Ispi? «Sono Paolo Magri, segretario del gruppo italiano della Trilaterale, nonché vicepresidente esecutivo, direttore e consigliere di amministrazione Ispi; Patrizia Grieco, consigliere di amministrazione Ispi, nominata da Renzi presidente Enel».Nell’elenco, continua Carnemolla, figura anche la giornalista Monica Maggioni, presidente Rai e consigliere di amministrazione Ispi, «nonché ospite, nel 2014, della conferenza Bilderberg di Copenhagen, quand’ancora dirigeva “Rai News 24”». Insieme alla Maggioni figura Lia Quartapelle, che Renzi voleva ministro degli esteri: deputato Pd, è ricercatrice Ispi per l’Africa ed è alla Trilaterale «grazie al David Rockefeller Fellowship Program». Poi c’è Marco Tronchetti Provera, vicepresidente esecutivo e amministratore delegato Pirelli, senza contare le altre cariche, «da Mediobanca a Rcs, passando per la Bocconi, Confindustria, Assolombarda, l’Aspen Institute e altro ancora». E quindi Gianfelice Rocca, presidente di Techint, dell’Istituto Clinico Humanitas e di Assolombarda, oltre che consigliere di amministrazione Ispi. E Marcello Sala, vicepresidente vicario del consiglio di gestione Intesa SanPaolo e consigliere di amministrazione Ispi.Poi ci sono membri della Trilaterale non legati all’Ispi: fra i banchieri Maurizio Sella (presidente del Gruppo Banca Sella), quindi Giuseppe Vita (presidente Unicredit), Carlo Messina (ad di Intesa SanPaolo) e Andrea Moltrasio (presidente del consiglio di sorveglianza di Ubi Banca). Membro della Trilaterale, continua Stefania Elena Carnemolla, è anche l’ambasciatore Ferdinando Salleo, che ne è vicepresidente (ed è anche collaboratore di politica estera per la “Repubblica”, guidata da Mario Calabresi). Con lui Giuseppe Bono (Fincantieri), John Elkann (Fiat), l’ammiraglio Giampaolo Di Paola (ex ministro della difesa del governo Monti, già dirigente Nato). E ancora: Marta Dassù, nominata da Renzi nel consiglio di amministrazione di Finmeccanica. La Dassù è membro dell’advisory board della dalemiana Fondazione Italianieuropei, del comitato esecutivo dell’Aspen Institute, di quello scientifico di Confindustria, della Fondazione Italia-Usa, del direttivo dell’Istituto Affari Internazionali. Ha diretto il Centro Studi Politica Internazionale e le attività internazionali di Aspen Institute Italia, è stata consigliere per la politica estera dei governi D’Alema e del secondo governo Amato, e poi viceministro degli esteri nei governi Monti e Letta.Membro della Trilaterale, continua “Megachip”, è stata pure Federica Guidi, ex leader dei giovani di Confindustria e ministro dello sviluppo economico del governo Renzi. «E lo è stato Stefano Silvestri, editorialista del quotidiano di Confindustria, “Il Sole 24 Ore”, ex presidente dell’Istituto Affari Internazionali, di cui è oggi consigliere scientifico». Secondo Stefania Elena Carnemolla, il sogno di molti è comunque il Bilderberg Group: «Ci sono passati in tanti e di nuovi ne entrano – come Claudio Costamagna, presidente di Cassa Depositi e Prestiti, una carriera in Goldman Sachs; Lilli Gruber, Franco Bernabè, Fulvio Conti, Enrico Letta, Mario Monti, gli Elkann e gli Agnelli, Alberto Nagel di Mediobanca, Romano Prodi, Tommaso Padoa-Schioppa». Poi ci sono «quegli italiani che al Bilderberg sono andati ospiti, come Paolo Scaroni, allora a capo di Eni, e Giulio Tremonti, che vi andò, ministro economico del governo Berlusconi, nel 2011, quando la riunione fu ospitata a St. Moritz, in Svizzera, trovandovi Mario Monti. Mesi dopo, Monti, nominato senatore a vita da Giorgio Napolitano, sarebbe entrato, caduto il governo Berlusconi, a Palazzo Chigi». La Trilaterale, l’Ispi, il Gruppo Bilderberg e gli altri club esclusivi, «dove vanno e vengono i soliti: un gioco di società, dai tanti tentacoli, che non ha risparmiato l’Italia renziana». Fino all’annunciata nomina della Maggioni alla Trilaterale.«La notizia è di quelle da far saltare sulla sedia». Secondo quanto riportato da Lia Quilici su “L’Espresso”, la presidente della Rai Monica Maggioni il prossimo 8 ottobre sarà nominata presidente della Trilateral Italia. «Un incredibile cortocircuito di potere che metterebbe nelle stesse mani da una parte il controllo del servizio d’informazione radiotelevisivo pubblico e dall’altra la gestione della filiale italiana di una delle più importanti organizzazioni d’interessi privati nel mondo», scrive “Megachip”, che per illuminare i retroscena della Commissione Trilaterale, fondata nel 1973 negli Usa da David Rockefeller, ripropone una recente analisi di Stefania Elena Carnemolla. Il personaggio-chiave, oggi, in Italia? Itzhak Yoram Gutgeld, economista israeliano naturalizzato italiano e deputato Pd, “mente” economica del governo Renzi: «Nell’armadio di Gutgeld c’è lo scheletro della Trilaterale, centro di potere espressione dell’élite». Se Gutgeld è membro del gruppo italiano, dal 2011 il presidente europeo è Jean-Claude Trichet, ex governatore della Bce. «Star italiana della Trilaterale è Mario Monti». E al super-club «si onora di appartenere anche l’ex primo ministro e deputato Pd Enrico Letta, oggi accademico a Parigi».
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Giannuli: la sinistra vale zero, ecco perché non esiste più
Perché la sinistra perde sempre, ormai da decenni? Perché non ha saputo leggere la grande crisi geopolitica esplosa con il crollo dell’Urss, risponderebbe Giulietto Chiesa. O magari perché, per dirla con Gioele Magaldi, l’élite neo-aristocratica si è impadronita del vertice della massoneria internazionale, sconfiggendo i “fratelli” progressisti e poi cooptandoli in un patto scellerato, il cartello “United Freemasons for Globalitazion”, all’alba degli anni ‘80. In saggi come “Il golpe inglese” e “Italia oscura”, Giovanni Fasanella rivela le grandi manovre anglosassoni per sabotare la sovranità della Penisola, fino all’epilogo del Britannia. A partire dal saggio “Il più grande crimine”, del 2011, Paolo Barnard ha messo a nudo il cuore del problema: la sinistra, anche italiana, era nel mirino dei grandi globalizzatori. “Dovevano” cadere partiti, movimenti e sindacati che fossero di ostacolo alla svolta neoliberista e neo-feudale dell’oligarchia già terriera, oggi finanziaria, ostile alle conquiste sociali della modernità. Lo conferma l’economista Nino Galloni: la sinistra italiana “doveva” essere piegata, col suo modello di economia sociale mista, pubblico-privata.Sinistra “piegata”, battuta. O meglio ancora “comprata”, attraverso i vertici di partiti e sindacati che, a un certo punto, hanno “tradito” e rinnegato i loro valori: hanno abbandonato la difesa dei diritti e cominciato a spiegare ai lavoratori che avrebbero dovuto rassegnarsi a tirar cinghia. Fino al trionfo del suicidio politico, col Pd di Bersani che vota il governo Monti e la legge Fornero, come richiesto dalla super-massoneria reazionaria. Ma tutto era cominciato molto prima, avverte Barnard: D’Alema vantò il record europeo delle privatizzazioni, dopo che Prodi aveva smantellato l’Iri (per poi diventare premier, presidente della Commissione Europea e advisor di Goldman Sachs). Altro da aggiungere? Sì, una notazione storica, che Barnard affida al famigerato Memorandum di Lewis Powell, l’avvocato d’affari ingaggiato dalla Camera di Commercio Usa per stroncare la sinistra in Europa e negli Stati Uniti. Vademecum perfettamente applicato dal supremo potere, attraverso le direttive della Trilaterale. Era l’inizio degli anni ‘70, ma la condanna per la sinistra era già firmata. In Europa, il nuovo padrone a cui obbedire senza discutere si sarebbe chiamato Unione Europea: bisogna tagliare tutto – salari, pensioni, welfare, sanità – perché “ce lo chiede l’Europa”.Aldo Giannuli, politologo dell’ateneo milanese, fa l’appello degli ultimi discendenti della sinistra che fu: Rifondazione comunista, il Pdci, i Verdi, Sel. Quindi Vendola, Civati, i supporter di Tsipras. In altre parole, il niente: «Riuscireste ad immaginare un quadro più deprimente? Il punto è che i vari soggetti di questo scombinato arcipelago non hanno alcun progetto comune (posto che lo abbia qualcuno di loro)». Zero capacità di analisi sulla crisi in atto: di conseguenza, nessuna vera soluzione. «Impressionante è il vuoto totale di proposta politica: queste organizzazioni sono il nulla assoluto». Giannuli spera che “qualcosa di sinistra” ancora esista, da qualche parte, al di là di «quella truffa indecente che è il Pd». I 5 Stelle? Ancora acerbi, in fase di maturazione. Il professore si augura che “Sinistra Italiana” e M5S «trovino un terreno di convergenza, che inizino a dialogare». Ma, «se la sinistra non vuol passare da un disastro all’altro – aggiunge – è necessario in primo luogo che prenda atto della sua condizione pietosa». Da trent’anni, la sinistra «non produce un grammo di cultura politica». Solo campagne elettorali, con «un ceto politico impresentabile». Servirebbe «un progetto politico adeguato ai tempi», di cui però non c’è traccia. Perfetto, direbbe Lewis Powell: missione compiuta.Perché la sinistra perde sempre, ormai da decenni? Perché non ha saputo leggere la grande crisi geopolitica esplosa con il crollo dell’Urss, risponderebbe Giulietto Chiesa. O magari perché, per dirla con Gioele Magaldi, l’élite neo-aristocratica si è impadronita del vertice della massoneria internazionale, sconfiggendo i “fratelli” progressisti e poi cooptandoli in un patto scellerato, il cartello “United Freemasons for Globalitazion”, all’alba degli anni ‘80. In saggi come “Il golpe inglese” e “Italia oscura”, Giovanni Fasanella rivela le grandi manovre anglosassoni per sabotare la sovranità della Penisola, fino all’epilogo del Britannia. A partire dal saggio “Il più grande crimine”, del 2011, Paolo Barnard ha messo a nudo il cuore del problema: la sinistra, anche italiana, era nel mirino dei grandi globalizzatori. “Dovevano” cadere partiti, movimenti e sindacati che fossero di ostacolo alla svolta neoliberista e neo-feudale dell’oligarchia già terriera, oggi finanziaria, ostile alle conquiste sociali della modernità. Lo conferma l’economista Nino Galloni: la sinistra italiana “doveva” essere piegata, col suo modello di economia sociale mista, pubblico-privata.
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Paura-Renzi, tutti con lui: Usa, Cei, Merkel, Wall Street
Ve lo vedete il nostro ambasciatore a Washington che si intromette nelle campagna elettorale di Trump? Ne verrebbe fuori un putiferio. Invece, rileva Aldo Giannuli, in Italia nessuno apre bocca se mezzo mondo interviene in soccorso di Renzi, in vista del temutissimo referendum d’autunno – temutissimo perché, dopo il Brexit, sarebbe una breccia per altri “pericolosi” referendum, non solo in Italia, sull’euro e la Ue. «La Cei, l’ambasciatore americano, la Merkel, Wall Street, le agenzie di rating come “Fitch”, la Goldman Sachs e la Jp Morgan, la Ue e chissà chi altro nelle prossime ore, stanno accorrendo tutti al capezzale del governo italiano in vista del pericoloso appuntamento referendario che rischia di diventarne l’infarto finale». Per Renzi la strada è in salita: la probabilità di perdere è molto più che una semplice ipotesi. «E pur di scongiurare questo (per loro) infausto evento, si mettono da parte rivalità e vecchi rancori e si travolge persino la prassi diplomatica per la quale è vietatissimo ad un ambasciatore prendere posizione sulle vicende interne del paese presso il quale è distaccato». E, salvo «la timida ma onorevole uscita di Mattarella», non c’è stata nessuna protesta diplomatica del nostro ministero degli esteri.Ormai, scrive Giannuli sul suo blog, «pare che il governo italiano non rappresenti più il popolo italiano ma sia diventato una dépendence del Pd e che, anzi, ringrazi gli Usa per il grazioso appoggio». Ma perché l’opposizione tace? Non una parola dai 5 Stelle o da Sinistra Italiana. In silenzio anche Lega Nord, Forza Italia, Fratelli d’Italia. Perché non chiedere «un dibattito in aula sulle ingerenze straniere nel referendum», o magari «una mozione di sfiducia al ministro degli esteri?». E le gerarchie vaticane, perché si schierano anche loro con Renzi? «Cosa gliene importa ai vescovi italiani (che per il Concordato, dovrebbero tenere il becco chiuso sulla politica in questo paese) se, in Italia, c’è il Senato o no?». Quanto alla Casa Bianca, finora «ha mostrato ben poche simpatie per Renzi a causa delle sue posizioni sui rapporti con la Russia», ma adesso perché di colpo lo difende? E perché anche la Merkel accorre in aiuto del “giullare” fiorentino? No, Renzi non è diventato improvvisamente simpatico a tutti: «Il punto è un altro e va messo in relazione alla Brexit». Una bocciatura della riforma renziana «suonerebbe come la seconda aperta sconfessione di un governo europeo, e questo sarebbe un esempio molto pericoloso».Napolitano e Monti sono stati espliciti, in merito: non sono materie da sottoporre a giudizio referendario, il popolo non deve metter becco in questi argomenti. Il rischio, continua Giannuli, è che «a ruota piombino le richieste di referendum sulla Ue, l’euro o altre materie “sensibili” anche in Francia, Spagna, Portogallo, Olanda e Repubblica Ceca, travolgendo i rispettivi governi come è stato rovesciato Cameron e come lo sarebbe Renzi se vincesse il No». E questo, ovviamente, «potrebbe preludere al crollo della Ue con effetto-domino sugli Usa», anche perché «non dobbiamo perdere d’occhio i venti di rivolta elettorale che soffiano su Europa e Usa come reazione alla crisi ormai quasi decennale». Questa l’analisi di Giannuli: «Le élites dominanti, anzi la élite globale, reagisce mettendo da parte i suoi dissensi interni e opponendo un fronte unico alla sollevazione popolare. D’altra parte, la riforma di Renzi dell’“uomo solo al comando” tutta impostata sul ruolo centrale e quasi esclusivo del governo ai danni di magistratura e, soprattutto, Parlamento si inquadra perfettamente nella “costituzione emergenziale” della globalizzazione: una governance impostata su una sorta di conferenza permanente dei capi degli esecutivi senza impicci parlamentari e tantomeno di organi come le Corti Costituzionali o, più in generale, del potere giudiziario». In altre parole, «l’ordine neoliberista non tollera di essere messo discussione e tantomeno dai popoli dell’Occidente». Se non altro, ora ha gettato la maschera.Ve lo vedete il nostro ambasciatore a Washington che si intromette nelle campagna elettorale di Trump? Ne verrebbe fuori un putiferio. Invece, rileva Aldo Giannuli, in Italia nessuno apre bocca se mezzo mondo interviene in soccorso di Renzi, in vista del temutissimo referendum d’autunno – temutissimo perché, dopo il Brexit, sarebbe una breccia per altri “pericolosi” referendum, non solo in Italia, sull’euro e la Ue. «La Cei, l’ambasciatore americano, la Merkel, Wall Street, le agenzie di rating come “Fitch”, la Goldman Sachs e la Jp Morgan, la Ue e chissà chi altro nelle prossime ore, stanno accorrendo tutti al capezzale del governo italiano in vista del pericoloso appuntamento referendario che rischia di diventarne l’infarto finale». Per Renzi la strada è in salita: la probabilità di perdere è molto più che una semplice ipotesi. «E pur di scongiurare questo (per loro) infausto evento, si mettono da parte rivalità e vecchi rancori e si travolge persino la prassi diplomatica per la quale è vietatissimo ad un ambasciatore prendere posizione sulle vicende interne del paese presso il quale è distaccato». E, salvo «la timida ma onorevole uscita di Mattarella», non c’è stata nessuna protesta diplomatica del nostro ministero degli esteri.
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Carotenuto: i Maghi Neri non ci domineranno per sempre
Fa più rumore un albero che cade, lo sappiamo: l’immensa foresta cresce in silenzio. Oggi però di alberi ne cadono a migliaia, tutti i giorni. E’ un fragore spaventoso, che provoca smarrimento. Il che non è casuale: più che il legname, infatti, al taglialegna interessa proprio la paura che il crollo provoca. Guerre, disperazione, crisi economiche accuratamente progettate. Ma l’indotto globalizzato della strage quotidiana, il “core business del male”, non è nemmeno il lucro: l’obiettivo numero uno è lo scoraggiamento di massa, planetario. La resa dell’umanità. I trilioni di dollari contano, eccome – sono la lussuosa paga dei grandi mercenari, gli strumenti della “piramide oscura”. Al cui vertice però siedono tenebrosi “sacerdoti”, i Maghi Neri, il cui vero “fatturato” non è misurabile in denaro, ma in dolore. La loro missione: sabotare le connessioni vitali, amorevoli, tra persone e popoli. Da questa prospettiva, decisamente inconsueta, Fausto Carotenuto fotografa, a modo suo, il senso della grande deriva mondiale che stiamo vivendo, di cui spesso stentiamo a cogliere il significato. Ma non lasciamoci spaventare, aggiunge: se il frastuono è in aumento, se gli “architetti del buio” stanno “esagerando”, è perché cominciando ad avere paura del nostro risveglio.Fausto Carotenuto non è un guru della new age. E conosce bene le dinamiche del quadro geopolitico: per anni, è stato analista strategico dei servizi segreti italiani. Da tempo, ha intrapreso nuove esperienze, confluite nel network “Coscienze in Rete”. E ha scritto libri come “Il mistero della situazione internazionale”, che provano a tradurre anche la politica in termini spirituali: una dimensione inconfessabile, impresentabile a livello mainstream (sarebbe spernacchiata come grottesca surperstizione). Ma in realtà – sostiene l’autore – è l’unica prospettiva capace di spiegare fino in fondo l’attitudine dei “dominus”, la loro incrollabile e misteriosa vocazione al peggio. Carotenuto ricorre alle categorie simboliche dell’invisibile, evocando i due principi-cardine a cui si ispirerebbe la “piramide nera”: da un lato “Lucifero”, il demone della realtà illusoria, presentata come rifugio dorato, dove la coscienza “si addormenta” e smette di evolversi; e dall’altro “Arimane”, «il padrone della scena materiale», la cui missione consisterebbe nel «convincerci che non abbiamo spirito, che siamo solo animali evoluti», e quindi «fa di tutto per meccanizzarci, per legarci a vite prive di amore, abbacinate dal denaro, dai piaceri fisici, dal potere sugli altri».Queste due potenze, scrive Carotenuto, sono il vertice di una piramide – reale, concreta – fatta di uomini in carne e ossa. Sono i sommi sacerdoti e loro discepoli, che coordinano le “fratellanze oscure” e le organizzazioni trasversali, utilizzando schiere di mercenari puntualmente reclutati e profumatamente pagati per fare il “lavoro sporco”, senza averne neppure la piena consapevolezza. Ogni anello di questa catena infernale, sostiene l’autore, interpreta innanzitutto il ruolo del carnefice, per poi scoprirsi vittima a sua volta: le vite degli esponenti del massimo potere, a prima vista comode, sono in realtà tormentate da continue lotte: tutti i grandi boss sono avvelenati dalla paura di essere scalzati e privati degli smisurati privilegi conquistati con ogni mezzo. In altre parole: nessuno è davvero felice, lassù. Al punto che, sempre più spesso, si registrano autentiche ribellioni: eredi designati, rampolli di grandi famiglie ed ex “macellai” di lungo corso (dell’economia, della finanza, delle multinazionali) all’improvviso “vedono” la disperazione del sistema e la respingono, non essendo più disposti a restare complici della “piramide oscura”.Anche per questo, secondo Carotenuto, sta aumentando l’intensità della violenza a cui siamo sottoposti, fra disastri economici, guerre e terrorismo: l’élite “nera” teme di perdere la sua presa. E il suo declino, pronostica l’autore, potrebbe essere più rapido di quanto non s’immagini. Ma non sarà una passeggiata: il potere “nero” è un osso durissimo. A comiciare da loro, quelli che Carotenuto chiama Maghi Neri, cioè personalità votate al male: «Hanno ricevuto enormi fortune, grandissimi poteri». Magia, vera e propria: «Lunghi e ripetuti rituali, contro-iniziazioni», che nel corso della storia hanno reso questi individui «particolarmente acuti, di un’intelligenza fredda e metallica, priva di cuore». Godono del potere immenso che esercitano sull’umanità – che disprezzano, insieme al bene e alla libertà. Coadiuvati dai loro discepoli, continua Carotenuto, i Maghi Neri istruiscono le “fratellanze oscure”, ovvero «ristrette organizzazioni», non note ai più, che «praticano ritualità oscure», di tipo occultistico, «con l’uso intensivo di medium». Oltre ai mezzi ordinari, materiali, «dalla manipolazione agli omicidi» le “fratellanze oscure” «praticano attivamente la magia nera», nella quale hanno evidentemente la massima fiducia. Nella formazione degli adepti «viene spenta ulteriormente la forza dell’amore e vengono accentuate particolari doti, dell’intelligenza e dell’obbedienza».Spesso si tratta di giovani, «lanciati in carriere fulminanti», per arrivare a volte a diventare «consiglieri più o meno occulti di qualche eminente personalità», fino ad essere «investiti in prima persona nei grandissimi incarichi». Secondo Carotenuto, «il lavoro rituale fatto su di loro lascia spesso tracce esteriori visibili negli occhi, che acquistano una apparenza strana, priva di calore o vitrea». Occhi «dotati di una luce inquietante, o spenti». Non è una pagina della saga di Harry Potter. Ricorda da vicino certi film, come “L’avvocato del diavolo”, con Al Pacino e Keanu Reeves. Ma quella di Carotenuto non è fiction: anche se parla apertamente di magia (nera), la modalità narrativa è quella della saggistica. Le “fratellanze oscure”? Esistono, eccome. E funzionano proprio così, sostiene l’autore. «Si tratta probabilmente di qualche decina di organizzazioni segrete, presenti e attive ovunque nelle strutture del potere laico e di quello religioso». Sono queste organizzazioni che «predispongono e dirigono gli uomini che portano avanti in modo piuttosto consapevole le più forti operazioni di condizionamento dell’umanità: le contro-ispirazioni, gli attacchi alla natura umana, le guerre, il terrorismo».Tutto il resto è a valle, assicura l’ex analista geopolitico dell’intelligence: dalla Trilaterale al Council on Foreign Relations, dal Bilderberg all’Aspen Istitute, dal Club di Roma ai Rotschild, fino alla Goldman Sachs e alla super-massoneria deviata. La recente letteratura complottista punta il dito contro i gesuiti e l’Opus Dei, i Fratelli Musulmani, il B’nai B’rith israeliano? «Queste organizzazioni, misteriose ma note, sono sono al quinto livello della scala del potere oscuro», cioè «abbastanza in basso», vale a dire: «Meri esecutori, ben compensati per i loro servigi, con soldi e potere. Ma non sono loro a elaborare le grandi strategie del male». Restano agli ordini dei «livelli superiori», cioè «alcune centinaia di famiglie e organizzazioni». Gli uomini delle “fratellanze oscure” «ricevono spesso incarichi dirigenziali importanti nei principali settori del potere economico, politico, militare, religioso, culturale, scientifico, mediatico e malavitoso». Esecutori speciali, che «rispondono fedelmente agli uomini delle cerchie ristrette», da cui ricevono istruzioni, che applicano alla lettera, senza mai discuterle, per non perdere le posizioni acquisite.Quello degli esecutori disseminati nelle “fratellanze oscure”, sempre secondo Carotenuto, è un vero e proprio esercito: «Sono molte migliaia, in tutte le organizzazioni mondiali di potere, in tutti i settori. Capi e dirigenti importanti delle organizzazioni multinazionali fondamentali», dall’Onu al Fmi, dalla Banca Mondiale al Wto fino all’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Inlcusi «la maggior parte dei capi religiosi e dei capi di Stato e di governo». Leader di partito e capi delle multinazionali, vertici bancari e finanziari, senza contare l’impero dei mass media, la maggior parte dei servizi segreti e delle forze armate. Farebbero parte del sistema anche i maggiori responsabili dei principali gruppi religiosi, nonché i boss dei cartelli criminali mafiosi. «Vicino a loro c’è sempre almeno un emissario della cerchia ristretta, della “fratellanza”, da cui dipende il loro gruppo». E’ un uomo «al quale non si può dire di no, mai: nemmeno il presidente degli Stati Uniti può dire di no a un certo assistente o collaboratore, mai». A volte, aggiunge Carotenuto, il politico non capisce neppure perché gli viene ordinato di fare certe cose, in apparenza senza senso; ma obbedisce sempre, puntualmente premiato con «ricche porzioni di potere materiale».Più a valle ancora, nella serie di gironi danteschi rappresentati da Carotenuto, ci sono i semplici “mercenari” reclutati per singole missioni. E quindi – ultimo anello della catena – ci siamo noi, il resto dell’umanità: «Se non ci fossimo noi, coi nostri attuali comportamenti, a fare da base a ognuna di quelle piramidi, non esisterebbero neppure». L’autore le chiama “forme-impero”, “piramidi del male”. Tutti noi, inconsapevolmente, ne facciamo parte. Come? Lasciando che la nostra coscienza continui a dormire: «Tutti gli spazi della nostra vita non occupati dalla nostra coscienza, dalle nostre azioni e dai nostri pensieri vigili, in direzione del bene, della crescita della coscienza nostra e degli altri intorno a noi, sono il campo di manovra delle forze oscure. Ogni mancanza di amore e di coscienza, da parte nostra, è un mattone delle piramidi del male, che approfittano immediatamente delle nostre omissioni, delle nostre assenze, dei nostri egoismi». Basta poco: fidarsi di quello che il potere racconta, lasciarsi gestire, delegare ai “poteri oscuri” l’orientamento della nostra vita, delle nostre scelte anche politiche, del nostro lavoro, del nostro tempo. «Il loro potere deriva dal sangue che ci succhiano, che sono le nostre energie economiche, fisiche, vitali e psichiche. Ma siamo sempre noi a porgere il collo, inconsciamente, a queste vere e proprie “piramidi di vampiri”».Carotenuto le chiama anche “forze dell’ostacolo”: in apparenza soltanto negative, “demoniache”, ma in realtà – per quanto abominevoli – anch’esse funzionali, in ultima analisi, alla “strategia del risveglio” con cui, silenziosamente, l’umanità sarebbe alle prese. Solo lo stato di crisi, infatti, mobilita le risorse interiori, altrimenti dormienti. Il male, in funzione del bene: una visione filosofica tipicamente orientale, in Occidente abbracciata per lo più dalle correnti minoritarie, esoteriche, come il templarismo (San Bernardo che non uccide il diavolo, ma lo doma tenendolo al guinzaglio, incatenato). Il libro di Carotenuto sorvola sui nomi, preferendo uno sguardo prospettico e teorico. Non denuncia direttamente singoli “colpevoli”, ma descrive il meccanismo che li produce – e lo fa ricorrendo a una visione “animica”, di tipo spiritualistico, insistendo nella convinzione che (al di là dell’apparenza) proprio la dimensione spirituale sia quella dotata di maggiore concretezza, come il super-potere della “piramide” ben sa, assicura l’autore.Quelli a cui manca questa consapevolezza, invece, siamo proprio noi: non abbiamo ancora compreso l’immenso potenziale, anche pratico, di una forza non convenzionale chiamata “amore”, capace di prodigiosi contagi benefici – quelli che la “piramide oscura” teme così tanto, al punto da traumatizzarci anche col terrore diffuso, per spezzare le “reti invisibili, amorevoli”, destinate infine a vincere. E’ infatti questo il messaggio dell’autore: la “foresta” sarà anche silenziosa, ma ultimamente sta crescendo a ritmi inimmaginabili. Milioni di individui, dice Carotenuto, attraverso la condivisione di conoscenze ed esperienze solidali stanno espandendo in profondità la loro coscienza, verso un’evoluzione impensabile dell’umanità, senza più odio. Si avvicina la fine delle “forme-impero”, come Roma (il contario di Amor) trasformatasi in un altro impero, con l’alibi di una religione storicamente manipolata, modellata per riprodurre all’infinito lo schema del dominio, quello dei Maghi Neri? Carotenuto ci crede: il male è scatenato, nel mondo, e questo provoca ondate di angoscia e di egoismo. Ma le “armate bianche” – così le chiama – sono entrate in azione, e spingeranno ognuno di noi a sottrarsi al potere delle “piramidi oscure”, cambiando il modo di pensare la propria vita e cominciando ad amare il prossimo. Questo farà crollare l’architettura dell’inferno che ci tiene prigionieri della paura.(Il libro: Fausto Carotenuto, “Il mistero della situazione internazionale. Come portare la spiritualità in politica”, Uno Editori, 247 pagine, euro 16,90).Fa più rumore un albero che cade, lo sappiamo: l’immensa foresta cresce in silenzio. Oggi però di alberi ne cadono a migliaia, tutti i giorni. E’ un fragore spaventoso, che provoca smarrimento. Il che non è casuale: più che il legname, infatti, al taglialegna interessa proprio la paura che il crollo provoca. Guerre, disperazione, crisi economiche accuratamente progettate. Ma l’indotto globalizzato della strage quotidiana, il “core business del male”, non è nemmeno il lucro: l’obiettivo numero uno è lo scoraggiamento di massa, planetario. La resa dell’umanità. I trilioni di dollari contano, eccome – sono la lussuosa paga dei grandi mercenari, gli strumenti della “piramide oscura”. Al cui vertice però siedono tenebrosi “sacerdoti”, i Maghi Neri, il cui vero “fatturato” non è misurabile in denaro, ma in dolore. La loro missione: sabotare le connessioni vitali, amorevoli, tra persone e popoli. Da questa prospettiva, decisamente inconsueta, Fausto Carotenuto fotografa, a modo suo, il senso della grande deriva mondiale che stiamo vivendo, di cui spesso stentiamo a cogliere il significato. Ma non lasciamoci spaventare, aggiunge: se il frastuono è in aumento, se gli “architetti del buio” stanno “esagerando”, è perché cominciando ad avere paura del nostro risveglio.
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Hillary o Trump, l’agenda del dopo-Obama la detta l’élite
Sta’ a vedere che alla fine vince Trump. Ma non “da solo contro tutti”, bensì appoggiato da una poderosa quota di establishment, in base a un piano preciso: la rinascita industriale degli Usa, rimpatriando le imprese delocalizzate, e il patto con la Russia di Putin per il rialzo del prezzo del petrolio, che converrebbe a entrambi e ai loro alleati, a cominciare dai sauditi. Lo scrive Pepe Escobar, cogliendo informazioni riservate provenienti dallo staff elettorale di Trump. Punto di partenza, la crescente insofferenza (anche di parte dell’élite) nei confronti della Clinton, vista come “protesi” di Wall Street. «Potenti interessi economici che supportano con discrezione Trump – lontano dal circo mediatico – sono convinti che questi sia in possesso della mappa per giungere alla vittoria», scrive Escobar. Il messaggio vincente? La denuncia della distruzione del comparto industriale statunitense e il crollo dei salari dovuto all’importazione illegale di lavoro «da nazioni dove gli stipendi valgono una manciata di dollari». Di mezzo c’è anche l’industria bellica, esportata oltre il Pacifico, cioè in zone controllate da russi e cinesi. Industrie che «vanno rimpatriate immediatamente».Quindi, scrive Escobar in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”, Trump dovrebbe sfruttare il messaggio che il credito bancario vada legato alla ricostruzione della moribonda industria statunitense, «alzando i dazi o sfruttando i cambi di valuta». I sostenitori di Trump puntano il dito contro il credito bancario: «Non dovrebbe essere utilizzato per facilitare la manipolazione dei valori delle Borse. Non dovrebbe esserci credito per la speculazione e assolutamente per gli hedge fund. Bisogna sbarazzarsi di questi mezzi speculativi alzando le tasse sugli introiti a breve termine dati dal trading, interrompendo i vantaggi fiscali sui prestiti e bloccando il credito a favore della speculazione». Questo spiega bene l’avversione viscerale di Wall Street nei confronti di Trump, da Bloomberg a Lloyd Blankfein, il boss di Goldman Sachs. «Chiunque conosca Wall Street – scrive Escobar – sa bene che ogni mercato, ogni bene e ogni indice viene manipolato da grossi movimenti di fondi». I sostenitori di Trump insediati a New York indicano i veri avversari da abbattere: «Dovremmo fare in modo che i Carl Icahan e i George Soros si trovino un vero lavoro, ultratassando i loro profitti derivanti da speculazione».E insistono: «In questa nazione ci servono gli Henry Ford che creino industrie, non i saccheggiatori di Wall Street che si arricchiscono come hanno fatto nel 2008, per poi ritrovarsi a utilizzare il loro peso per far coprire i buchi alla politica, mentre milioni di cittadini venivano buttati fuori dalle loro case». Secondo questa tabella di marcia, la lotta all’immigrazione illegale e alle speculazioni finanziarie creerebbe un “rinascimento industriale” negli Usa, per ricostruire tutte le Detroit che stanno andando allo sfascio. La strategia: «Sostituire milioni di lavoratori immigrati con milioni di disoccupati statunitensi», che sarebbero almeno il 23% della popolazione adulta. Alcune di queste idee sono già entrate nel programma economico annunciato da Trump, aggiunge Escobar. Ce la farà? I sondaggi puntano ancora alla Clinton, ma i sostenitori di Trump non si fidano, dicono che sono manipolati. E poi c’è l’isteria anti-russa che ormai galoppa. Hillary ha paragonato Putin a Hitler, mentre Trump ripete di essere pronto a fare affari con Mosca, cominciando con un’azione congiunta per sbarazzarsi dell’Isis. Falso problema, la Russia: chiunque sarà alla Casa Bianca dopo Obama, farà davvero un accordo strategico coi russi.Lo afferma «una fonte vicina ai piani dei Veri Padroni dell’Universo», riferisce Escobar. Fonte che va dritta al punto: «Per quanto riguarda la Russia, la decisione viene dall’alto, dove è in corso la battaglia. La decisione viene presa sopra le teste di Hillary e Donald: se Hillary verrà eletta le verrà imposto di riprendere i contatti, in caso così venga deciso. Se vincerà Trump è semplice. In caso non venisse eletto, allora la mancata elezione verrà comunque utilizzata come catalizzatore per un cambio di politica nei confronti della Russia. La vera guerra è dietro le quinte». Così come per le manipolazioni sulle valute, che «verranno impedite», e per la fine della “guerra del petrolio”, venduto finora a prezzi stracciati per colpire la Russia. Come dicono i sostenitori di Trump, «è un obiettivo nazionale degli Usa, perché un valore di mercato più alto renderebbe gli Stati Uniti stessi indipendenti dal punto di vista energetico. Ciò è parte significativa della rivoluzione di Trump». Secondo fonti vicine alla leadership dell’Arabia Saudita, aggiunge Escobar, sauditi e russi hanno già avviato un pre-negoziato sulla crescita del prezzo del greggio fino ai 100 dollari al barile. Il Pentagono non potrebbe opporsi, perché, dice un sostenitore di Trump, «è negli interessi del complesso militare-industriale raggiungere l’obiettivo di una totale indipendenza energetica e rimpatriare tutte le industrie belliche sul territorio nazionale».Escobar non si sbilancia: «Non ci sono prove che questo programma tanto ambizioso e controverso possa essere venduto agli strateghi di Jp Morgan o ai fratelli Koch. Trump che crea un partito trasversale o addirittura un movimento che trascenda i partiti potrà funzionare solo se membri di peso delle élite di potere lo sosterranno, altrimenti è impossibile che ciò accada». Quello che invece continua senza sosta è «una campagna di disinformazione di massa, un bel remix delle valanghe antisovietiche della prima guerra fredda: la Macchina dei Media della Clinton sta addirittura attaccando Michael Flynn, ex capo della Dia, che supporta Trump», dopo aver sostenuto che Obama e la Clinton erano fondatore e co-fondatrice dell’Isis. La situazione, oggi: «Trump non sta raccogliendo abbastanza denaro per controbilanciare l’incredibile macchina dei soldi della Clinton». Se invece vincerà “The Donald”, vorrà dire che “qualcuno” l’avrà aiutato in modo determinante. Il vero potere, quello a cui il premier britannico Benjamin Disraeli alluse parlando con il nipote: «Vedi, mio caro Coningsby, il mondo è governato da personaggi molto differenti da quelli che si immagina chi non sta dietro le quinte».Sta’ a vedere che alla fine vince Trump. Ma non “da solo contro tutti”, bensì appoggiato da una poderosa quota di establishment, in base a un piano preciso: la rinascita industriale degli Usa, rimpatriando le imprese delocalizzate, e il patto con la Russia di Putin per il rialzo del prezzo del petrolio, che converrebbe a entrambi e ai loro alleati, a cominciare dai sauditi. Lo scrive Pepe Escobar, cogliendo informazioni riservate provenienti dallo staff elettorale di Trump. Punto di partenza, la crescente insofferenza (anche di parte dell’élite) nei confronti della Clinton, vista come “protesi” di Wall Street. «Potenti interessi economici che supportano con discrezione Trump – lontano dal circo mediatico – sono convinti che questi sia in possesso della mappa per giungere alla vittoria», scrive Escobar. Il messaggio vincente? La denuncia della distruzione del comparto industriale statunitense e il crollo dei salari dovuto all’importazione illegale di lavoro «da nazioni dove gli stipendi valgono una manciata di dollari». Di mezzo c’è anche l’industria bellica, esportata oltre il Pacifico, cioè in zone controllate da russi e cinesi. Industrie che «vanno rimpatriate immediatamente».
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Barnard: ciao Sanders, finto ribelle guidato da Wall Street
Obama non era ancora presidente, nel 2008, ma c’era «l’intero mondo delle belle anime con il cranio che gli scoppiava perché vinceva il negro di sinistra dopo il cattivo Bush». Chi l’aveva finanziato, Obama? Le mega-banche, scriveva Paolo Barnard, con largo anticipo, dopo aver studiato gli atti di Obama al Congresso negli anni precedenti, su armi, Israele e diritti civili. «Oggi sappiamo che ha travasato più soldi lui dal 99% all’1% di tutta la Storia d’America, e ha ucciso più veri negri innocenti lui di Reagan, Bush I&II, Clinton messi assieme». In altre parole: «Oggi anche le ponghe del Tevere sanno che Obama è stato il peggior presidente di destra finanziaria, baciapile dei miliardari e assassino internazionale della Storia d’America». E dopo Obama? Bernie Sanders. Stessa storia: ci caschiamo, puntualmente. Il primo a insospettirsi anche su Sanders fu proprio Barnard, nel 2015: non è tollerabile – scriveva – che un candidato alle presidenziali Usa risponda con slogan buonisti da “anima bella” a domande su equità fiscale, divario tra élite e classe media, tra paesi ricchi e paesi poveri del mondo. Superficiale ed evasivo anche sui bankster, i gangster delle banche, e sulle 14.000 basi americane nel mondo, con relative guerre in corso. Volta la carta, e scopri chi c’era dietro a Sanders.Sempre nell’autunno 2015, Barnard rivela che Sanders, nell’ottobre del 2011, mise insieme una squadra di economisti per portare avanti quello che certamente era il programma sociale «più socialista dai tempi di Rosa Luxemburg». Ma chi chiamò al suo fianco «per portare la salma di Marx alla Banca Centrale Usa»? E qui casca l’asino. Perché il primo nome è quello di Joseph Stiglitz: un neo-keynesiano “dimezzato”, «che crede che l’intervento del Deficit Positivo di Stato ci deve essere solo se il meraviglioso Mercato ha fatto errori». E poi Robert Reich: «Uomo di Bill Clinton, il presidente che ha creato le basi per la più devastante crisi economica dal 1929. Ma anche uomo di Obama (si legga sopra)». Quindi James Galbraith: «Un mezzo insulso keynesiano che quando poi ha fatto da consulente al governo di Atene sulla crisi mortale delle Austerità, non ha saputo che balbettare cazzate finite negli scoli dei greci. Ha preso parcelle ed è tornato a casa». E poi Lawren Mishel, uno che «braita che i Deficit di Stato sono insostenibili», e Nomi Prince, «un ex di Goldman Sachs, ex di Lehman, ex di ogni altra mega-banca di Wall Street. Commenti non necessari: come prendere un dirigente della Pfizer a sperare di promuovere l’omeopatia».Nel team del “rivoluzionario “ Sanders, anche William Greider: «Volenteroso critico delle Banche Centrali, ma totalmente ignaro di macro-economia dello Stato». Senza contare «un gruzzolo di camomille economiche come Tim Canova, poi Robert Johnson, poi Gerald Epstein, Roger Hickey, Bob Pollin, e soprattutto il noto Dean Baker: tutti ‘belle anime’ che rigettano categoricamente l’idea che i Deficit Positivi di Stato sono in realtà la salvezza della Piena Occupazione, Sanità, Servizi, Istruzione, per tutti i cittadini», continua Barnard. Ma non è tutto. Sanders ha preso a bordo anche un uomo come Robert Auerbach, «che ha diligentemente servito tutte le moderne disastrose economie Usa sotto Paul Volker, Alan Greenspan e (conato) Ronald Reagan». Sicché: «Come una cariatide incrostata di Imperialismo Usa potesse stare vicino a Sanders, ce lo spiegherà Bernie». E si arriva al “peggio del peggio”, Jeffrey Sachs: «E’ il più schifoso falsario dell’economia Neoliberista e Assassina del mondo accademico, che mentre scrive libri su libri infarciti di ‘lotta alla povertà’, ha lavorato per decenni per devastare la vita di centinaia di milioni di polacchi e russi dopo il 1989».La sua “Shock Terapia”, continua Barnard, «portò la Russia a un’inflazione al 2.500% (no errori di stampa), quindi disintegrò l’ottimo risparmio privato russo che poteva salvare il paese, e portò la mortalità media dei russi a livelli afghani. Bravo Sanders, hai passato la seconda asilo?». Un «infame purè di economisti», da cui si salvano solo Stephanie Kelton, Randall Wray e Bill Black, della Mmt, Modern Money Theory. «Ma che cazzo contano in coda a questo drappello di nemici giurati dei Deficit Positivi e di super-affermati colossi politici? Zero, acquetta. Poi nessuna menzione di Warren Mosler, né allora né oggi». Nel 2011 «la scena fu talmente desolante, che non scrivo altro», chiosava Barnard l’anno scorso. «E non nutro nessuna speranza che tu faccia meglio questa volta, Sanders». Oggi sappiamo che Bernie non ce l’ha fatta, a battere Hillary. Niente paura: non abbiamo perso niente, chiarisce Barnard.Obama non era ancora presidente, nel 2008, ma c’era «l’intero mondo delle belle anime con il cranio che gli scoppiava perché vinceva il negro di sinistra dopo il cattivo Bush». Chi l’aveva finanziato, Obama? Le mega-banche, scriveva Paolo Barnard, con largo anticipo, dopo aver studiato gli atti di Obama al Congresso negli anni precedenti, su armi, Israele e diritti civili. «Oggi sappiamo che ha travasato più soldi lui dal 99% all’1% di tutta la Storia d’America, e ha ucciso più veri negri innocenti lui di Reagan, Bush I&II, Clinton messi assieme». In altre parole: «Oggi anche le ponghe del Tevere sanno che Obama è stato il peggior presidente di destra finanziaria, baciapile dei miliardari e assassino internazionale della Storia d’America». E dopo Obama? Bernie Sanders. Stessa storia: ci caschiamo, puntualmente. Il primo a insospettirsi anche su Sanders fu proprio Barnard, nel 2015: non è tollerabile – scriveva – che un candidato alle presidenziali Usa risponda con slogan buonisti da “anima bella” a domande su equità fiscale, divario tra élite e classe media, tra paesi ricchi e paesi poveri del mondo. Superficiale ed evasivo anche sui bankster, i gangster delle banche, e sulle 14.000 basi americane nel mondo, con relative guerre in corso. Volta la carta, e scopri chi c’era dietro a Sanders.
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Ambasciatore Usa: il Ttip proteggerà le truffe delle banche
Il 7 maggio, “Deutsche Wirtschafts Nachrichten” titolava: “Gli Usa pianficano un attacco frontale alle Corti in Europa via Ttip”, e argomentava che «l’urgenza dell’America di firmare il Ttip con l’Europa ha un motivo solido: le megabanche devono proteggersi da richieste da parte degli investitori europei che sostengono di essere stati truffati durante la crisi del debito… L’ambasciatore degli Stati Uniti d’America in Italia ha rivelato il relae motivo – probabilmente involontariamente». In questo caso particolare, la megabanca che è stata citata in giudizio non è americana, ma tedesca, la Deutsche Bank, che l’ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, ha citato come esempio da difendere, forse per fare appello ai tedeschi per proteggere le loro megabanche contro azioni legali da parte di investitori esteri (come gli italiani) che si lamentano. L’amministrazione Obama sembra dunque voler dire che, senza il Ttip, le megabanche in Europa (e le agenzie di rating Usa S&P, Moody’s e Fitch) potranno essere citate in giudizio da parte degli investitori truffati, proprio come è avvenuto con le banche americane come Jp Morgan Chase e Goldman Sachs negli Stati Uniti, che – dal momento che il Tttip non è ancora in vigore, nemmeno egli Stati Uniti – sono state costrette a pagare miliardi agli investitori truffati investitori.L’argomento qui, anche se solo implicitamente, sembra essere che il Ttip è il modo per proteggere megabanche e le agenzie di rating. Se questo è il punto dietro le dichiarazioni dell’ambasciatore statunitense in Italia, allora le sue parole parole vanno lette come un avvetimento agli europei: se il Ttip non viene firmato, anche le loro grandi banche potrebbero vedersi costrette a pagare miliardi di dollari agli investitori truffati. Citato dalla “Reuters”, John Phillips ha dichiarato che «è molto improbabile che un caso come quello di Deutsche Bank si ripeta e venga portato fuori dai centri finanziari principali, dove i procuratori hanno la conoscenza ed esperienza giuridica in casi di frodi sui mercati» del genere. Phillips sostiene chiaramente che le piccole procure come quella di Trani non sono abbastanza esperte da poter garantire la protezione delle grandi banche. “Dwn” sostiene che nel quadro del Ttip il problema probabilmente non sarebbe nemmeno sollevato davanti ad una corte, ma sarebbe semplicemente finito davanti ad un collegio arbitrale, dove gli investitori danneggiati non esercitano alcuna influenza e i diritti di questi investitori non verrebbero sicuramente protetti.Un altro esempio citato è quello della città tedesca di Pforzheim, che ha citato in giudizio con successo, presso la Corte federale di giustizia la megabamca Jp Morgan Chase, e dove il giudice ha permesso a Pforzheim di rifarsi di “danni accumulati per 57 milioni di euro”. Sotto Ttip, una megabanca multata in questo modo potrebbe a sua volta fare causa ai contribuenti della nazione per rifarsi della perdita. Sotto il Tttip, l’azienda multata potrebbe sostenere che la legge in base alla quale è stata multata viola il Ttip e costituisce una violazione di tale trattato. Se il collegio arbitrale si esprime in favore della megabanca il governo potrebbe ritrovarsi a dover pagare una multa, e, dal momento che non esiste nessuna corte d’appello per questi collegi arbitrali, queste sentenze sono definitive. Obama e altri sostenitori di questo sistema, che si chiama Isds, Meccanismo per la risoluzione delle controversie tra investitori e Stato, dicono che si tratta di un modo più efficace di trattare tali controversie. Negli affari commerciali internazionali, non solo elimina le Corti d’Appello, elimina gradualmente la democrazia, per multare il governo fino alla sottomissione definitiva a questi pannelli di tre arbitri internazionali, sempre più inclini verso le grandi aziende.(“Ttip necessario per proteggere le grandi banche, parola di ambasciatore Usa in Italia”, da “L’Antidiplomatico” del 10 maggio 2016).Il 7 maggio, “Deutsche Wirtschafts Nachrichten” titolava: “Gli Usa pianficano un attacco frontale alle Corti in Europa via Ttip”, e argomentava che «l’urgenza dell’America di firmare il Ttip con l’Europa ha un motivo solido: le megabanche devono proteggersi da richieste da parte degli investitori europei che sostengono di essere stati truffati durante la crisi del debito… L’ambasciatore degli Stati Uniti d’America in Italia ha rivelato il relae motivo – probabilmente involontariamente». In questo caso particolare, la megabanca che è stata citata in giudizio non è americana, ma tedesca, la Deutsche Bank, che l’ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, ha citato come esempio da difendere, forse per fare appello ai tedeschi per proteggere le loro megabanche contro azioni legali da parte di investitori esteri (come gli italiani) che si lamentano. L’amministrazione Obama sembra dunque voler dire che, senza il Ttip, le megabanche in Europa (e le agenzie di rating Usa S&P, Moody’s e Fitch) potranno essere citate in giudizio da parte degli investitori truffati, proprio come è avvenuto con le banche americane come Jp Morgan Chase e Goldman Sachs negli Stati Uniti, che – dal momento che il Tttip non è ancora in vigore, nemmeno egli Stati Uniti – sono state costrette a pagare miliardi agli investitori truffati investitori.
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Trump contro Sanders, se l’America archivia i moderati
«Le elezioni americane, comunque vadano a finire, non servono a cambiare il corso della storia: nessun presidente, per quanto tenace e caparbio possa essere, è in grado di farlo». Secondo Massimo Mazzucco, autore di documentari come “Inganno globale” sull’11 Settembre, le elezioni americane servono però a capire quale sia il sentimento generale della popolazione. E le primarie attualmente in corso «ci stanno dicendo una cosa molto chiara: sia da destra che da sinistra, la gente è stufa del tradizionale sistema politico». Il fatto che a destra stia vincendo un candidato, Donald Trump, che non è mai stato eletto ad alcun ruolo pubblico nella sua vita, secondo Mazzucco la dice lunga su quanto basso sia l’entusiasmo dei repubblicani per i loro rappresentanti moderati, “di sistema”, come Marco Rubio o Jeb Bush. Idem a sinistra, dove sta prevalendo un candidato, Bernie Sanders, che si dichiara apertamente “socialista”, «una parolaccia vera e propria, nella cultura americana». Così come i repubblicani bocciano Bush e Rubio, i democratici votano contro la loro rappresentante “moderata e di sistema”, Hillary Clinton.«La grande fatica che la Clinton sta facendo nell’imporsi in campo democratico, inoltre, rivela un’altra verità storica importante: quello che otto anni fa avrebbe rappresentato un cambiamento storico epocale, e cioè l’elezione della prima donna nella storia a presidente degli Stati Uniti, oggi è considerato semplicemente un fatto aneddotico: che vinca un uomo o una donna non fa più nessuna differenza per gli americani», scrive Mazzucco su “Luogo Comune”. «Le nuove generazioni di donne non si sentono più in dovere di votare la Clinton “in quanto donna”, ma sono tornate a mettere le questioni di principio al di sopra di quelle di gender. E a quanto pare, sulle questioni di principio Sanders è molto più forte della Clinton. È bastato infatti che Sanders denunciasse pubblicamente il fatto che la Clinton abbia preso 800.000 dollari di compenso dalla Goldman Sachs per una banalissima conferenza, per appiccicare alla sua rivale quell’etichetta di “servitrice dei banchieri” che fa decisamente storcere il naso alla base democratica».In sintesi, conclude Mazzucco, abbiamo un’America fortemente polarizzata, sia a destra che a sinistra, con l’estremismo radicale e xenofobo di Trump a fare da traino sul primo fronte, e con un richiamo ai diritti sociali della middle-class a fare da traino sul secondo. «Alla fine, molto probabilmente, prevarrà una posizione centrista e moderata (rep o dem che sia, non fa molta differenza – la convergenza prima di novembre è d’obbligo, da un lato come dall’altro)». Morale? Il vero vincitore «sarà il sistema stesso, che è stato progettato proprio per impedire scossoni e sbilanciamenti in qualunque direzione: “In medium stat power”, dicono i banchieri di Wall Steet». Ma un’America fortemente divisa al suo interno non può essere che un cattivo auspicio per il resto del mondo: «Un’America polarizzata e divisa infatti è molto più facile da controllare, con un’opinione pubblica che può essere molto più facilmente indirizzata verso una guerra sempre più disastrosa per il mondo intero».«Le elezioni americane, comunque vadano a finire, non servono a cambiare il corso della storia: nessun presidente, per quanto tenace e caparbio possa essere, è in grado di farlo». Secondo Massimo Mazzucco, autore di documentari come “Inganno globale” sull’11 Settembre, le elezioni americane servono però a capire quale sia il sentimento generale della popolazione. E le primarie attualmente in corso «ci stanno dicendo una cosa molto chiara: sia da destra che da sinistra, la gente è stufa del tradizionale sistema politico». Il fatto che a destra stia vincendo un candidato, Donald Trump, che non è mai stato eletto ad alcun ruolo pubblico nella sua vita, secondo Mazzucco la dice lunga su quanto basso sia l’entusiasmo dei repubblicani per i loro rappresentanti moderati, “di sistema”, come Marco Rubio o Jeb Bush. Idem a sinistra, dove sta prevalendo un candidato, Bernie Sanders, che si dichiara apertamente “socialista”, «una parolaccia vera e propria, nella cultura americana». Così come i repubblicani bocciano Bush e Rubio, i democratici votano contro la loro rappresentante “moderata e di sistema”, Hillary Clinton.
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Katherine Frisk: il Diavolo veste Prada e siede in Vaticano
Il Vaticano è il prototipo di un’entità fascio-corporativa. Non risponde né paga le tasse a nessuno. I suoi vescovi e i suoi sacerdoti hanno l’immunità diplomatica in tutto il mondo. Ha le sue ambasciate e possiede più beni immobili di qualsiasi altra entità del pianeta. Non ha mai avuto a che fare con Dio, Gesù o il cristianesimo …. ma con il potere, il controllo e la ‘moda’. Il Vaticano ha rilevanti partecipazioni in tutte le più grandi aziende multinazionali, come ad esempio la Lockheed-Martin e la Bank of America. Ma chi e che cosa è davvero il Vaticano? Cosa si nasconde dietro agli ‘uomini eletti’ [i Papi] che calzano scarpe rosse fatte da Prada (il Diavolo veste Prada)? Una fra le più grandi reti pedofile presenti sul pianeta, un’industria attiva nel riciclaggio del denaro e nella gestione del commercio illegale dei farmaci e delle armi. Il Vaticano è una ‘copertura’ per la ‘nobiltà nera’ d’Europa, per i banchieri sionisti e per la setta wahhabita controllata dalla famiglia reale saudita.Non crede nella democrazia e certamente non nelle strutture democratiche di una Repubblica. Sostiene il monopolio, la tirannia politica, l’egemonia e le strutture di tipo gerarchico. I suoi Tribunali sono delle ordalie [il ‘giudizio di Dio’] e non dei luoghi dove i testimoni, sotto la propria responsabilità, possono parlare liberamente. Negli ultimi 1.000 anni il Vaticano si è sempre posto l’obiettivo di fagocitare la Russia, che invece è rimasta cristiano-ortodossa – a dispetto dell’invasione comunista finanziata dai banchieri di Wall Street – e non ha ceduto alla dittatura del Papa né alla sua pretesa di possedere tutto il pianeta, con tutti i suoi corpi e tutte le sue anime. Una Chiesa Apostolica basata su tutti i suoi dodici discepoli – e non del solo Pietro, che è l’unica persona che la Bibbia considera al livello di Satana – è più in linea con il concetto di Federazione di Stati, di Repubblica e di democrazia.Gli spagnoli, ai tempi dell’Inquisizione e dell’ascesa dei Gesuiti, hanno esplorato e colonizzato il Nuovo Mondo, in particolare il Sud America. Nel 20° secolo, in tutto il Continente, abbiamo regolarmente assistito alla soppressione della volontà popolare per mezzo delle violente dittature fasciste, con la ‘mano nascosta’ della Cia, forzata dal Vaticano, a svolgere un ruolo di primo piano. C’è ancora chi sta cercando di divorarsi la Russia – oggi come negli ultimi 1.000 anni – ma c’è anche chi ha preferito trasferirsi, poco a poco, nei paesi del Sud America, portando con sé le sue ricchezze. Queste persone hanno anche generato – utilizzando le ampie risorse del Vaticano – un Nuovo Ordine Mondiale, prototipo del fascismo corporativo, sotto l’egida degli accordi per il Tpp [Trans Pacific Partnership] e per il Ttip [Transatlantic Trade and Investment Partnership]. Il Vaticano, che una volta era il loro ‘pane-e-burro’, si è ora ampliato trasformandosi in quello che è conosciuto come il ‘Vampire Squid’. Una piovra costituita da multinazionali i cui tentacoli abbracciano tutto il mondo.Sotto il regime del Tpp e del Ttip le multinazionali diventeranno esse stesse, analogamente al Vaticano, una specie di Stato, con i loro Tribunali segreti, le loro immunità diplomatiche ed il loro status di aziende esentasse. Avranno gli stessi diritti e gli stessi poteri dei governi. Potranno anche citarli in giudizio per le perdite di reddito conseguenza di Leggi da loro emanate sulla remunerazione del lavoro, sulla sanità e sull’ambiente …. in realtà su qualsiasi Legge governativa che le multinazionali vedessero come un ostacolo alla loro redditività. La Nobiltà Nera, i Gesuiti, gli Illuminati ed i Banchieri Sionisti cambieranno come camaleonti … anzi, lo hanno già fatto. Sono diventati gli Amministratori Delegati delle multinazionali e si sono liberati con successo degli stati-nazione, dei troni sui quali una volta erano seduti, degli altari che una volta servivano come sacerdoti ed infine delle Banche Centrali che un tempo controllavano. Scusate ragazzi, ma il cavallo è già scappato dalla stalla.Negli ultimi 500 anni hanno rubato tutto l’oro che potevano e l’hanno immagazzinato in impianti privati di cui non si sa nulla, lasciando i paesi di tutto il mondo con ‘sistemi bancari centrali’ ormai pressoché defunti, in bancarotta. Il Vaticano diventerà una ‘chiesa povera’ semplicemente perché tutta la sua ricchezza ha già da tempo lasciato l’Italia, insieme a tutto l’oro che era nelle sue catacombe, alle sue opere d’arte e alla sua biblioteca. Oggi, tutto ciò che si vede in Vaticano è una replica. Il ‘vero potere’ del Vaticano ha da tempo lasciato libero l’edificio. Ora siede nei Consigli d’Amministrazione, traccia e pianifica la piena attuazione del Tpp e del Ttip e, se incontra delle difficoltà lungo la strada, scatena ‘rivoluzioni colorate’, tsunami, terremoti e siccità, per convincere le varie nazioni a rientrare nei ranghi. Si tratta, fra l’altro, di crimini contro l’umanità che dovrebbero essere affrontati in un ‘Tribunale di Diritto Internazionale’. I suoi responsabili dovrebbero essere indagati, processati e condannati.Avendo fallito in almeno tre occasioni di prendersi la Russia – Napoleone e le due Guerre Mondiali, ma anche la guerra in Ucraina del 2014 e i patetici tentativi degli anni ’90, attuati attraverso delle guerre economiche – [il vero potere] ha ora deciso di scaricare l’Europa nel suo complesso, per approdare nei più salubri climi del sud del mondo. E, come al solito, farà in modo che tutto questo sembri colpa di qualcun altro. In ogni caso è questo il loro piano. Da qui il finanziamento di Soros ai ‘profughi’ diretti in Europa e la promessa fatta ai wahabiti [sauditi] che la fallita invasione [a suo tempo tentata] dall’Impero Ottomano potrà ora aver luogo. I musulmani saranno chiamati invasori, colonizzatori … e saranno la causa principale della distruzione della società europea per come la conosciamo. Ma le cose potrebbero risultare del tutto diverse da come [il vero potere] se le aspetta.Per gli europei la soluzione migliore, se vogliono sopravvivere, è di chiudere le frontiere, rifiutare di firmare il Ttip e poi andare verso Est unendosi all’Aiib [Asian Infrastructure Investment Bank] e ai Brics. Si tratta di un ‘caval donato’, non stiano a ‘guardare in bocca’. Dovrebbe tenere la Monsanto fuori dall’Europa e rimandare i ‘profughi’ da Soros con un biglietto di sola andata! Egli è così ricco che potrà senz’altro accoglierli, nutrirli e vestirli. Egli li ha finanziati, in primo luogo, perché potessero andare in Europa …. ed allora rimandateglieli indietro. Dopo secoli di tirannia del Vaticano gli europei diventeranno liberi. Dite ciao alla Nobiltà Nera, ai Gesuiti ed ai banchieri sionisti perché stanno imbarcandosi su aerei diretti in Sud America. Vi siete liberati di loro. Mille anni di persone inviate al rogo sono stati veramente troppi. Papa Francesco ha fondamentalmente chiuso bottega e il Vaticano è ormai un guscio vuoto. Lui non calza scarpe Prada e sta dando una rappresentazione del ruolo che contrasta con quella di Papa Benedetto, che sedeva su un Wc dal coperchio d’oro. Ma il suo è solo fumo negli occhi, baby!Polonia, Ungheria, Austria, Repubblica Ceca e Slovacchia si sono già svegliate. Si muovono verso Est ed hanno gettato nella discarica le politiche di Bruxelles. Questi paesi sono stanchi di essere usati ed abusati, di essere scaraventati in mezzo a guerre che hanno attraversato e distrutto il Continente, mentre coloro che le hanno istigate se ne vanno via con le tasche piene, dopo aver devastato le popolazioni. L’Ungheria, nella sua saggezza, ha bruciato i campi Ogm della Monsanto e ha sradicato questa multinazionale dal paese. Seguirà presto il resto dell’Europa. L’Ucraina Orientale diventerà uno Stato indipendente. La Polonia e l’Ungheria reclameranno quello che originariamente era il loro territorio e la giunta nazi-sionista di Kiev resterà isolata in un piccolo Stato. Chi è che ha bisogno di quei mostri? Il mondo intero, nel 2014, ha visto i loro barbari stupri, le loro ruberie ed i loro saccheggi. La Germania andrà presto verso Est, così come la Francia.Per quanto riguarda la Spagna, il paese è ancora legato al Sud America da un cordone ombelicale, analogamente alla Nobiltà Nera e a quello che una volta era il Vaticano, ma ora solo il grande ‘Vampire Squid’. Chissà come andrà a finire? La Turchia sta scavandosi la tomba con le proprie mani, minacciando la Russia nel nord della Siria. Dovesse persistere, il paese sarà suddiviso tra Armeni, Curdi e Cristiani Ortodossi d’Occidente. Quello che sarà lasciato alla Turchia sarà solo un territorio di lieve entità. Mi aspetto anche che Costantinopoli e la Basilica di Santa Sofia siano restituite alla Grecia, paese cui appartengono. E così l’Apocalisse sarà compiuta. Questo è quello che, a torto o a ragione, son riuscita a capire. Io sono solo una donna [nel senso di ‘essere umano’] e mi riservo di conseguenza il diritto di cambiare idea in qualsiasi momento. Il tempo dirà se ho avuto o meno ragione.(Katherine Frisk, “Il diavolo veste Prada – il fascismo, il Vaticano e il 21° secolo”, da “Veterans Today” del 23 gennaio 2016, tradotto da “Come Don Chisciotte).Il Vaticano è il prototipo di un’entità fascio-corporativa. Non risponde né paga le tasse a nessuno. I suoi vescovi e i suoi sacerdoti hanno l’immunità diplomatica in tutto il mondo. Ha le sue ambasciate e possiede più beni immobili di qualsiasi altra entità del pianeta. Non ha mai avuto a che fare con Dio, Gesù o il cristianesimo …. ma con il potere, il controllo e la ‘moda’. Il Vaticano ha rilevanti partecipazioni in tutte le più grandi aziende multinazionali, come ad esempio la Lockheed-Martin e la Bank of America. Ma chi e che cosa è davvero il Vaticano? Cosa si nasconde dietro agli ‘uomini eletti’ [i Papi] che calzano scarpe rosse fatte da Prada (il Diavolo veste Prada)? Una fra le più grandi reti pedofile presenti sul pianeta, un’industria attiva nel riciclaggio del denaro e nella gestione del commercio illegale dei farmaci e delle armi. Il Vaticano è una ‘copertura’ per la ‘nobiltà nera’ d’Europa, per i banchieri sionisti e per la setta wahhabita controllata dalla famiglia reale saudita.
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Goldman Sachs offre risparmi al riparo dal prelievo forzoso
Ho appena fatto in tempo a scriverlo la settimana scorsa che prontamente è arrivato (con intera pagina pubblicitaria sulla “Repubblica” e sul “Corriere”) il rilancio dell’offerta della Goldman Sachs che offre obbligazioni decennali in dollari Usa a queste condizioni: cedola fissa al 6% per i primi due anni; cedola variabile Usd 3 mesi, con valore minimo 1,25% p.a. e massimo 6% p.a. dal terzo anno alla fine della scadenza (al lordo degli eventuali oneri fiscali). Provo a tradurre in soldoni (mi pare il caso di dirlo) per i non addetti: c’è un signore che offre titoli obbligazionari (dunque cui non si applicano le regole del bail-in, anche qualora l’emissione avvenisse da parte della emittente europea e non dalla casa madre) il cui rendimento netto si aggirerebbe intorno al 4% e in una moneta che si sta apprezzando sull’euro, per cui, alla fine, il rendimento potrebbe essere anche superiore. Lasciamo perdere le altre clausole pure interessanti, per non essere dispersivi e andiamo al sodo, magari con un esempio. L’avvocato Sempronio ha un capitale pari a 200.000 euro attualmente investito in parte in voci diverse presso una banca italiana che, sì e no, gli dà il 3% netto ma che, soprattutto, lo espone al rischio di un prelievo forzoso dal suo conto in caso di bisogno, sulla base delle norme stabilite dal bail-in.Ha come alternative: a- investire il titoli di Stato ad un rendimento non superiore al 2% netto con qualche eccezione per gli ultra-ventennali e con una tendenza (almeno per ora) al ribasso, e in una moneta la cui tendenza attuale e prevedibile è al deprezzamento; b- investire nell’offerta della Goldman al 4% netto per un decennale, in una moneta tendenzialmente in apprezzamento. Voi cosa fareste? Se ci fosse Massimo Catalano di “Quelli della Notte” direbbe: «E’ molto meglio prendere più soldi e con meno rischi ed una moneta che sale di valore, che prendere meno, con più rischi ed in una moneta calante». Vi pare? E, dunque, mi pare normale che una bella fetta dei clienti con conti oltre i 100.000 euro andrà alla ricerca di occasioni di investimento sottratte al rischio bail-in e, scartati i titoli di Stato per la loro scarsa appetibilità, si dirigerà verso l’offerta Goldman. Non ci vuole molto a capire che banche italiane e ministero del Tesoro si troveranno nelle condizioni di dover, prima o poi, alzare i rispettivi interessi. Il che non gioverà alla contabilità delle une e dell’altro.Il bail-in, allo stato attuale, si applica ai conti superiori ai 100.000 euro; ma, quando i conti di quell’entità si saranno assottigliati sin quasi a scomparire, sarà giocoforza o entrare in una spirale di debito sempre più difficile da gestire oppure, man mano, abbassare il livello al di sopra del quale si applica il “diritto di prelievo”, contando sul fatto che i piccoli risparmiatori hanno meno propensione alla mobilità. Il denaro costerà di più e, di riflesso, le banche non potranno offrire altro che mutui sempre più costosi a privati e imprese. Quanto allo Stato, ovviamente un rialzo degli interessi si tradurrà in un aumento della pressione fiscale (come se ce ne fosse bisogno), ed il risultato finale per cittadini ed imprese sarà: mutui più costosi e tasse più alte. Perfetto, il massimo della linea Pd: “la via italiana al fallimento”. Ho l’impressione che, già dai prossimi mesi, le tendenze di mercato saranno sempre peggiori. Allegria!(Aldo Giannuli, “Banche, bail-in e offerte americane”, dal blog di Giannuli del 26 gennaio 2016).Ho appena fatto in tempo a scriverlo la settimana scorsa che prontamente è arrivato (con intera pagina pubblicitaria sulla “Repubblica” e sul “Corriere”) il rilancio dell’offerta della Goldman Sachs che offre obbligazioni decennali in dollari Usa a queste condizioni: cedola fissa al 6% per i primi due anni; cedola variabile Usd 3 mesi, con valore minimo 1,25% p.a. e massimo 6% p.a. dal terzo anno alla fine della scadenza (al lordo degli eventuali oneri fiscali). Provo a tradurre in soldoni (mi pare il caso di dirlo) per i non addetti: c’è un signore che offre titoli obbligazionari (dunque cui non si applicano le regole del bail-in, anche qualora l’emissione avvenisse da parte della emittente europea e non dalla casa madre) il cui rendimento netto si aggirerebbe intorno al 4% e in una moneta che si sta apprezzando sull’euro, per cui, alla fine, il rendimento potrebbe essere anche superiore. Lasciamo perdere le altre clausole pure interessanti, per non essere dispersivi e andiamo al sodo, magari con un esempio. L’avvocato Sempronio ha un capitale pari a 200.000 euro attualmente investito in parte in voci diverse presso una banca italiana che, sì e no, gli dà il 3% netto ma che, soprattutto, lo espone al rischio di un prelievo forzoso dal suo conto in caso di bisogno, sulla base delle norme stabilite dal bail-in.