Archivio del Tag ‘mammut’
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Il filosofo: diventare vegani è un obbligo, per noi occidentali
Amo gli animali e credo che abbiano il nostro stesso diritto di stare al mondo. Spesso si dice che essere “vegan” è una moda degli ultimi anni? La questione animale non coincide col veganismo ma è nata con la stessa filosofia. Già Aristotele, Platone, Pitagora, Plutarco parlano della relazione tra uomo e animali. Ma anche Cartesio o Heiddeger la affrontano. Possiamo dire che la questione animale è intrinsecamente legata alla cultura umana. In una delle prime opere d’arte di cui abbiamo testimonianza, le pitture nella Grotta di Chauvet, in Francia, troviamo raffigurati bisonti, mammut, rinoceronti, leoni, orsi, cervi. E così via. Il veganismo, invece, è un progetto culturale nato recentemente e strettamente legato al problema che lo ha generato: lo specismo, nato con l’industrializzazione della produzione del cibo. Sintetizzando, possiamo dire che nel dibattito sulla “questione animale” è diventato più stringente il tema del “mangiare o meno gli animali”. Per questo il veganismo è un prodotto tipicamente occidentale, che ha senso solo in una società dove esistono delle alternative al non mangiare carne.Cioè: non ha senso parlare di veganismo in Africa, ad esempio. Il veganismo è un prodotto tipico della società borghese occidentale. E ritengo, se vogliamo portare questo concetto alle estreme conseguenze, che dovremmo considerare molto più “vegano” un pescatore di un villaggetto thailandese che si nutre di quello che pesca rispetto a un turista occidentale che vola in aereo a Bangkok e si mette a cercare un supermercato dove acquistare un hamburger di soia preconfezionato. Nella nostra società, la scelta “vegan” è la migliore. Noi occidentali, se vogliamo vivere una vita giusta, abbiamo l’obbligo di diventare vegani. Non abbiamo altra scelta. L’uomo è un consumatore di suolo e la scelta “vegan” a livello alimentare – ad esempio – è la soluzione più veloce per ridurre il nostro impatto ambientale. Ma l’etica è contestuale, e la filosofia ha senso solo se tiene insieme l’utopia radicale e il mondo concreto. Bisogna anche prendere atto della realtà: un mondo umano senza violenza, sia contro gli altri uomini che contro gli altri animali, non è possibile. Anche se io lotterò sempre, fino alla fine, contro questa violenza.Come mi spiego un clima abbastanza diffuso di “diffidenza” verso chi ha scelto uno stile di vita non violento verso gli altri animali? L’animalismo è fatto anche di prese di posizioni radicali perché è nato in ambienti radicali negli anni ’70. Per questo spesso fa fatica ad accettare cambiamenti positivi, ad esempio nella situazione degli animali negli allevamenti o nelle tendenze di consumo. È abolizionista e non riduzionista. Inoltre dobbiamo tenere conto che gran parte del nostro sistema economico si regge sullo sfruttamento animale, e una critica a questo sistema è problematica. Bisogna poi sottolineare che quando il sistema in cui vivi giustifica un tipo di violenza (in questo caso contro gli animali) è difficile cambiare prospettiva. Per questo ritengo che oggi essere animalisti sia una scelta di infelicità. Perché è impossibile “integrarsi”, mescolarsi con altre culture (per esempio quando non puoi assaggiare e condividere certi cibi) e perché ogni giorno è fonte di sofferenza nel sapere e vedere cosa accade agli animali. Per questo non riesco a biasimare la miriade di persone che, coscienti della violenza delle nostra società, scelgono di non vedere. Lottare per cambiare questa situazione? Sì, certo. La mia vita perderebbe di senso se io stesso non lo facessi. L’animalismo è un esercizio di realtà, oltre che di amore. Recentemente è morto il mio cane, e non posso smettere di pensare a quante cose mi ha trasmesso. Gli animali sono una fonte meravigliosa di scoperta del mondo, e nutrirsi di loro è semplicemente una follia.(Leonardo Caffo, dichiarazioni rilasciate a Beatrice Montini per l’intervista “Noi occidentali abbiamo l’obbligo di diventare vegani”, pubblicata dal “Corriere della Sera” il 2 agosto 2017. Caffo, ricorda il “Corriere”, è uno dei pochissimi filosofi che in Italia si occupino di “antispecismo”. E’ autore di libri come “Il maiale non fa la rivoluzione”, edito da Sonda nel 2013).Amo gli animali e credo che abbiano il nostro stesso diritto di stare al mondo. Spesso si dice che essere “vegan” è una moda degli ultimi anni? La questione animale non coincide col veganismo ma è nata con la stessa filosofia. Già Aristotele, Platone, Pitagora, Plutarco parlano della relazione tra uomo e animali. Ma anche Cartesio o Heiddeger la affrontano. Possiamo dire che la questione animale è intrinsecamente legata alla cultura umana. In una delle prime opere d’arte di cui abbiamo testimonianza, le pitture nella Grotta di Chauvet, in Francia, troviamo raffigurati bisonti, mammut, rinoceronti, leoni, orsi, cervi. E così via. Il veganismo, invece, è un progetto culturale nato recentemente e strettamente legato al problema che lo ha generato: lo specismo, nato con l’industrializzazione della produzione del cibo. Sintetizzando, possiamo dire che nel dibattito sulla “questione animale” è diventato più stringente il tema del “mangiare o meno gli animali”. Per questo il veganismo è un prodotto tipicamente occidentale, che ha senso solo in una società dove esistono delle alternative al non mangiare carne.
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La fine del mondo c’è già stata: lo dice la stele dell’Avvoltoio
Undicimila anni prima di Cristo uno sciame di comete colpì la Terra devastandola, modificando l’inclinazione dell’asse di rotazione del pianeta, provocando l’estinzione di molte specie come quella dei mammut e causando un’era glaciale che durò mille anni. Lo afferma un gruppo di ricercatori dell’università di Edimburgo, che ha trovato la narrazione di questo cataclisma nel più antico libro di storia esistente: i bassorilievi portati alla luce nel 1995 nel sito archeologico di Gobekli Tepe, nel Sud della Turchia. All’annuncio della scoperta, i sostenitori della teoria secondo la quale antiche civiltà avanzate sono state distrutte da eventi catastrofici hanno esultato, e sono pronti a scrivere nuovi libri di successo. Una stele in particolare, quella chiamata “dell’avvoltoio”, ha attratto l’attenzione degli scienziati di Edimburgo. Riproduce attraverso simbolismi animali una serie di costellazioni, indicandone la posizione nel cielo. Grazie all’aiuto di un computer, è stato possibile stabilire che le stelle si trovavano in quel punto esattamente nel 10.950 a.C., alla fine del Pleistocene. Altri bassorilievi riproducevano la caduta dello sciame di comete e un uomo senza testa indicava la perdita di molte vite umane.La stele è importante perché conferma eventi che già conoscevamo, come il periodo glaciale noto come Dryas Recente (dal nome di un fiore della tundra) e l’anomalia dell’iridio osservata in Nord America, risalente all’11-10.000 a.C.: l’iridio è poco presente nel suolo e quando in uno strato geologico se ne trova molto di più, vuol dire che un meteorite o una cometa lo hanno portato sulla Terra, come avvenne nell’estinzione dei dinosauri. Per il professor Martin Sweatman, direttore della ricerca pubblicata su “Mediterranean Archaeology”, «questa scoperta, insieme all’anomalia dell’iridio, chiude il caso in favore dell’impatto di una serie di comete». Gobekli Tepe è il tempio più antico dell’umanità e pare fosse dedicato all’osservazione delle comete e dei meteoriti. I bassorilievi che narrano la catastrofe dell’11.000 a.C. erano tenuti in grande considerazione e conservati con cura, come se fosse importante non perderne la memoria. Inspiegabilmente, in epoca preistorica, il sito venne abbandonato e completamente ricoperto di terra, perché nessuno lo potesse individuare.Archeologi e antropologi collocano nel Dryas Recente l’inizio della civiltà umana, con le prime coltivazioni e i primi villaggi del Neolitico. Ma per altri ricercatori, che il mondo accademico non tiene in alcuna considerazione, la caduta delle comete ha causato la fine di una civiltà che già esisteva sulla Terra e ha costretto gli esseri umani sopravvissuti a un nuovo e faticosissimo inizio. Graham Hancock, nato a Edimburgo, ha scritto molti libri su questo tema e nell’ultimo, “Maghi degli dei: la saggezza dimenticata delle civiltà perdute”, ha sostenuto proprio la tesi che intorno al 12.000 a.C. l’impatto di una cometa abbia posto fine a una società molto evoluta, che ha lasciato tracce di sé nella perfezione delle piramidi di Giza e in altri inspiegabili monumenti ciclopici sparsi per il pianeta. Se l’asse della Terra si è davvero spostato a causa di quella catastrofe, forse l’Antartide era all’epoca libera da ghiacci e nasconde segreti che non tarderemo a scoprire, vista la progressione del riscaldamento globale.Hancock ha visitato il sito di Gobekli Tepe, giudicandolo uno dei grandi misteri dell’antichità. Se uno sciame di comete era in arrivo sulla Terra, gli astronomi del tempio le hanno sicuramente individuate in anticipo e forse quelle scie luminose arrivate nel Sistema solare interno sono state una presenza costante nel cielo per molti anni prima del loro devastante impatto. Forse da allora ci è stata tramandata la convinzione che tutte le comete (ma per lo meno bisogna salvare quella di Natale) portino sfortuna e siano messaggere di lutti e devastazioni. La teoria che grandi civiltà del passato siano state distrutte da eventi catastrofici è suggestiva e spiegherebbe le grandi costruzioni le cui rovine sono state trovate sui fondali dell’Oceano, dove Platone collocava Atlantide, così come la “piramide” sommersa che si trova vicino all’isola di Yonaguni, in Giappone. Ma c’è da sperare che i cultori delle civiltà perdute non abbiano ragione: gli sciami di comete sono infatti periodici e secondo Hancock quello descritto nella stele di Gobekli Tape potrebbe tornare nell’arco di qualche decennio. Meglio che l’autorevole e più rassicurante mondo accademico si affretti a rimettere ogni pietra, e ogni data, al suo posto.(Vittorio Sabadin, “La fine del mondo c’è gia stata: lo svela la stele dell’Avvoltoio”, da “La Stampa” del 24 aprile 2017).Undicimila anni prima di Cristo uno sciame di comete colpì la Terra devastandola, modificando l’inclinazione dell’asse di rotazione del pianeta, provocando l’estinzione di molte specie come quella dei mammut e causando un’era glaciale che durò mille anni. Lo afferma un gruppo di ricercatori dell’università di Edimburgo, che ha trovato la narrazione di questo cataclisma nel più antico libro di storia esistente: i bassorilievi portati alla luce nel 1995 nel sito archeologico di Gobekli Tepe, nel Sud della Turchia. All’annuncio della scoperta, i sostenitori della teoria secondo la quale antiche civiltà avanzate sono state distrutte da eventi catastrofici hanno esultato, e sono pronti a scrivere nuovi libri di successo. Una stele in particolare, quella chiamata “dell’avvoltoio”, ha attratto l’attenzione degli scienziati di Edimburgo. Riproduce attraverso simbolismi animali una serie di costellazioni, indicandone la posizione nel cielo. Grazie all’aiuto di un computer, è stato possibile stabilire che le stelle si trovavano in quel punto esattamente nel 10.950 a.C., alla fine del Pleistocene. Altri bassorilievi riproducevano la caduta dello sciame di comete e un uomo senza testa indicava la perdita di molte vite umane.