Archivio del Tag ‘Movimento Roosevelt’
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Svolta progressista, tandem Prodi-Draghi grazie al Papa?
Romano Prodi verso il Quirinale, con la benedizione del Vaticano e della massoneria progressista che vede in Mario Draghi un nuovo campione? Si profilano alleanze fino a ieri impensabili, per seppellire finalmente la stagione del rigore europeo? «Attenti a Papa Bergoglio: nominare Mario Draghi nella Pontificia Accademia delle Scienze Sociali significa invitare al dialogo il mondo massonico del laico Draghi e il mondo massonico del cattolico Prodi». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt e frontman italiano del circuito massonico progressista sovranazionale (Gran Maestro del Grande Oriente Democratico), saluta con estremo favore la recente mossa di Papa Francesco: «Dimostra un impegno preciso: propiziare il dialogo tra componenti decisive, che ieri hanno contribuito alla disastrosa austerity di cui ha fatto le spese l’Italia, ma che domani – sulla carta – potrebbero collaborare per superare questa pagina buia, di cui la crisi innescata dal coronavirus (con le sue conseguenze economico-finanziarie) non è che l’ultimo capitolo». In altre parole: proprio mentre l’Italia di Conte annaspa in modo allarmante, a corto di liquidità dopo il blocco imposto all’economia a causa del Covid, sta per crollare il “Muro di Bruxelles” che ha finora costretto il paese a indicibili sofferenze finanziarie?Nel saggio “Massoni” (Chiarelettere, 2014), Magaldi ha messo a nudo il ruolo delle superlogge sovranazionali nel back-office del potere mondiale: tra i “cattivi” del passato recente, l’autore mette sia Draghi che Prodi, due super-privatizzatori in grembiulino. «I loro demeriti storici sono incancellabili: come direttore generale del Tesoro, Draghi ha agevolato le disastrose privatizzazioni all’italiana, e poi – una volta alla Bce – non ha fatto nulla per aiutare l’Italia durante la crisi dello spread che portò al tragico governo Monti». E Prodi? «Prima ha smantellato l’Iri, privando il paese di un fondamentale supporto economico, e poi ha dimezzato il potere d’acquisto degli italiani obbligando l’Italia ad accettare un cambio lira-euro più che svantaggioso». Poi, la più inattesa delle svolte: già nei mesi scorsi, lo stesso Magaldi aveva segnalato il clamoroso riposizionamento di Draghi, tornato – dopo decenni – all’impostazione keynesiana delle origini. Lo dimostrano svariate sortite pubbliche di Draghi, fino alla lettera-manifesto consegnata al “Financial Times” a fine marzo, in cui l’ex presidente della Bce esorta l’Ue ad abbandonare la linea del rigore, ricorrendo a massicci investimenti a fondo perduto per superare i contraccolpi della devastante crisi economica provocata dal coronavirus.Non solo: il “fratello” Draghi – ha spiegato Magaldi – ha chiesto di essere accolto nelle fila della massoneria progressista, dopo aver abbandonato il circuito “neoaristocratico” in cui aveva militato, divenendo uno dei massimi architetti dell’euro-rigore. Da parte di Draghi, quindi, un’inversione di rotta davvero inequivocabile. «Non si può dire che Prodi abbia fatto altrettanto», precisa Magaldi, che però sottolinea le recenti aperture di Prodi nei confronti di Berlusconi: come se si preparasse a dialogare con tutti (accettando quindi anche i voti di Forza Italia in vista della sua possibile elezione al Quirinale, dopo Mattarella), nel segno di una prospettiva di unità nazionale che porti l’Italia fuori dal vicolo cieco in cui è finita, dopo il lockdowm imposto da Conte, senza alcun aiuto sostanziale da parte dell’Ue. Prodi al Quirinale, anziché Draghi? «A noi massoni progressisti non interessano i nomi, ma i programmi», chiarisce Magaldi. «Staremo a vedere se Prodi farà seguire impegni precisi». Intanto, aggiunge, la clamorosa “promozione” di Draghi, da parte del pontefice, indica un intento preciso: unire le forze, per uscire dalla crisi.Chiarissimo, per Magaldi, il messaggio di Bergoglio: tentare di costruire un dialogo tra “anime” massoniche distinte, chiamate a collaborare per salvare il paese dalla catastrofe incombente: «E’ ormai chiaro a tutti – dice il presidente “rooseveltiano” – che il tipo di lockdown imposto all’Italia è stato sproporzionato, rispetto al reale tenore della minaccia sanitaria. Misure così severe – aggiunge Magaldi- sono state imposte dalla gestione dell’emergenza ispirata dalla super-massoneria reazionaria, che ha fatto della Cina una sorta di “mostro” economico senza diritti, vero e proprio laboratorio per un ipotetico Occidente post-democratico». Ribadisce Magaldi: «Il popolo cinese ha sbalordito il mondo con i suoi spettacolari successi economici, ma la stessa élite politica di Pechino è “prigioniera” dell’oligarchia massonica incarnata da figure come Kissinger, che hanno voluto fare del colosso asiatico una specie di “Frankenstein”, senza diritti né democrazia: una “macchina da guerra”, capace di sfidare pericolosamente il mondo occidentale».Proprio nell’opaca gestione del Covid, ispirata da Pechino con la supervisione dell’altrettanto opaca Oms, Magaldi vede un tentativo di ridurre gli spazi democratici. «Noi massoni progressisti – avverte – romperemo le corna, letteralmente, ai “terroristi” che insistono nello spaventare gli italiani evocando una “seconda ondata” del Covid, al solo scopo di imporre una “dittatura sanitaria” che serva a cancellare la nostra democrazia, riducendo l’Italia a una sorta di provincia cinese». Fino a ieri, Romano Prodi elogiava senza riserve il sistema-Cina. Ora le cose potrebbero cambiare? Magaldi è ottimista: «A livello mondiale, si moltiplicano i segnali di un cambio di rotta epocale: Donald Trump ha citato Martin Luther King nel suo discorso del 4 luglio dal Monte Rushmore, e il premier inglese Boris Johnson ha evocato esplicitamente il New Deal di Roosevelt come unico mezzo per risollevare l’economia, facendo suonare le campane a morto per la funesta egemonia del neoliberismo che ha prodotto la grande crisi europea fondata sul rigore». E ora, Bergoglio: «Nel valorizzare Draghi presso le istituzioni accademiche vaticane, si legge la volontà di favorire un dialogo tra forze che potrebbero coalizzarsi per porre fine all’intransigenza dell’Ue, che oggi nega all’Italia i fondi indispensabili per uscire dalla crisi, già gravissima e ora resa catastrofica dal lockdown».Nella sostanza, lo stesso Prodi potrebbe imitare la recente “conversione” progressista di Draghi (e di Christine Lagarde), abbandonando la supermassoneria reazionaria, neoliberista e privatizzatrice? Segnali clamorosi, osserva Magaldi, in linea col “divorzio” della Gran Bretagna da Huawei (cavallo di Troia del regime cinese), dopo i dazi che Trump ha imposto, a muso duro, a Xi Jinping. Fino a ieri, Romano Prodi sembrava allineato alla massoneria “neoaristocratica” che domina il regime di Pechino, conclude Magaldi: «Ora, dopo Draghi e la Lagarde, altri grandi nomi dell’establishment italiano sembrano in procinto di “traslocare” finalmente nello schieramento progressista, con un obiettivo fondamentale: smantellare il dogma del rigore finanziario, che ha trasformato questa Unione Europea in una trappola, decretando la crisi infinita di economie come quella italiana». Da Bergoglio – che chiama a sé Draghi, nel mondo accademico vaticano – arriva dunque un assist clamoroso, per indurre i massimi “big” italiani a fare squadra? Possibile obiettivo: rimediare agli errori del passato e impegnarsi ad abbattere la camicia di forza dell’ordoliberismo, l’ideologia reazionaria di un potere supermassonico che, negli ultimi decenni, ha spedito l’Italia in zona retrocessione, rendendola sola e indifesa di fronte a un’emergenza economica come quella provocata dalla “malagestione” del Covid.Romano Prodi verso il Quirinale, con la benedizione del Vaticano e della massoneria progressista che vede in Mario Draghi un nuovo campione? Si profilano alleanze fino a ieri impensabili, per seppellire finalmente la stagione del rigore europeo? «Attenti a Papa Bergoglio: nominare Mario Draghi nella Pontificia Accademia delle Scienze Sociali significa invitare al dialogo il mondo massonico del laico Draghi e il mondo massonico del cattolico Prodi». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt e frontman italiano del circuito massonico progressista sovranazionale (Gran Maestro del Grande Oriente Democratico), saluta con estremo favore la recente mossa di Papa Francesco: «Dimostra un impegno preciso: propiziare il dialogo tra componenti decisive, che ieri hanno contribuito alla disastrosa austerity di cui ha fatto le spese l’Italia, ma che domani – sulla carta – potrebbero collaborare per superare questa pagina buia, di cui la crisi innescata dal coronavirus (con le sue conseguenze economico-finanziarie) non è che l’ultimo capitolo». In altre parole: proprio mentre l’Italia di Conte annaspa in modo allarmante, a corto di liquidità dopo il blocco imposto all’economia a causa del Covid, sta per crollare il “Muro di Bruxelles” che ha finora costretto il paese a indicibili sofferenze finanziarie?
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Rivoluzione e nausea, nell’oceano delle fake news ufficiali
Il 14 luglio 1789 venne presa d’assalto la Bastiglia, simbolo della tirannide assolutistica dell’Ancien Régime, mentre il 14 luglio 2016 fece 86 morti e oltre 300 feriti il camion bianco del franco-tunisino Mohamed Lahouaiej-Bouhlel, lanciato come una bomba sulla folla dopo esser stato distrattamente “dimenticato” per giorni sulla Promenade des Anglais, il lungomare accuratamente sgomberato per accogliere l’anniversario nel migliore dei modi, coi fuochi d’artificio scintillanti sulle onde notturne della Costa Azzurra. Gli specialisti in oscuri presagi potrebbero almanaccare decine di indizi, per illuminare l’opacissima vigilia di questo indimenticabile 2020. In Italia lo spettacolo si declina in modo più casereccio, coi giornali che sparano in prima pagina il grido di un infermiere di Cremona che annuncia il ritorno dell’inferno; poi l’ospedale lo smentisce all’istante, ma per i narratori la notizia della direzione sanitaria (nessun allarme in corso, a Cremona) è del tutto trascurabile. Non fanno eccezione i colleghi francesi che nel 2015 archiviarono come suicidio la morte del commissario Helric Fredou, all’indomani della strage di Charlie Hebdo, su cui il poliziotto indagava. Silenzio anche sull’esito delle indagini, “tombate” dal segreto di Stato dopo la scoperta della manina della Dgse, i servizi segreti parigini, nella fornitura di armi ai terroristi, subito uccisi, non senza prima aver aver lasciato un passaporto in bella vista sull’auto usata per raggiungere la redazione del giornale satirico.Viviamo nel migliore dei mondi possibili, del resto. Wikipedia racconta ancora che a sparare a John Kennedy fu Lee Harvey Oswald, con un vecchio fucile Mannlicher-Carcano. L’arma rinvenuta nella stanza di Oswald era invece un Mauser 7,65: lo disse alla “Cnn” il vice-sceriffo di Dallas, Roger Dean Craig, presente nel corso della perquisizione. A beneficio del pubblico, magicamente, il fucile cambiò identità nei giorni seguenti, quando chi pilotava le indagini si accorse che il Mauser non avrebbe potuto esplodere i proiettili del Carcano, ritrovati sulla scena del crimine. A sparare a Kennedy – da una palazzina attigua a quella di Oswald – fu il mafioso Charles “Chuck” Nicoletti, coordinato da ganster trasportati a Dallas con un volo della Cia: lo racconta il pilota, Tosh Plumlee. A vuotare il sacco, in punto di morte, fu Howard Hunt, allora numero due dell’agenzia di intelligence: Jfk fu liquidato da loro, in complicità con l’Fbi, usando manovalanza mafiosa. La sera prima, a Dallas, il via libera definitivo scaturì da un summit a cui parteciparono il vicepresidente Lyndon Johnson e due futuri presidenti americani, Richard Nixon e George Bush senior. Anni dopo, l’agente Zack Shelton (Fbi) passò a un investigatore privato, Joe West, il nome di un secondo possibile killer: James Files. Il killer ha confermato di aver sparato a Kennedy il colpo letale con un fucile Fireball, facendogli esplodere il cranio.Detenuto fino al 2016 per altri reati, James Files attende ancora che qualcuno si degni di interrogarlo sulla vicenda, dopo quello che ha detto. Ovvero: se riesumerete il corpo di Kennedy gli troverete nella testa evidenti tracce di mercurio, minerale di cui era stato imbottito il proiettile del Fireball. Di Kennedy ha riparlato Bob Dylan il 27 marzo 2020 pubblicando sul web la canzone “Murder Most Foul”, che rievoca l’omicidio di Dallas. Il brano appartiene all’album “Rough and Rowdy Ways”, uscito il 19 giugno dopo altre anticipazioni, tra cui “False Prophet”, presentato da un’immagine eloquente: la morte vestita a festa sta bussando alla porta, con sottobraccio un pacco regalo e nell’altra mano una siringa. «Mettetevi al riparo», ha scritto Dylan accompagnando il brano su Kennedy: un modo per mettere il coronavirus in relazione diretta con il complotto che decretò la morte del presidente della New Frontier. Come dire: gli eredi di quella gente sono ancora in giro, e ora pensano di minacciare e terrorizzare il mondo, confiscando la libertà grazie a “falsi profeti” che si affrettano a somministrare ricette inquietanti e trattamenti sanitari obbligatori, dopo averci spiegato che non torneremo mai più alla vita di prima.I rumeni ricordano ancora il pallore di Nicolae Ceaușescu, travolto dalle proteste di piazza che il 21 dicembre 1989 interruppero il suo discorso dal palazzo presidenziale di Bucarest, tanto da spingerlo a scappare come un ladro, in elicottero. Nove anni prima, in una situazione analoga, il dittatore somalo Siad Barre fece sparare sulla folla che lo contestava. Non pochi dietrologi oggi considerano la tempesta Covid una sorta di colpo di coda, sferrato da un regime imparuito e forte morente, esteso da Wall Street a Pechino, infinitamente pervasivo e protetto dal grande mainstream che ancora oggi racconta che la colpa di ogni disgrazia è sempre da imputare ai cittadini comuni, incorreggibili. Non importa se persino il governo francese ha accreditato la versione del professor Jean-Luc Montagnier, scopritore del virus Hiv, secondo cui il Sars-CoV-2 uscito dal laboratorio di Wuhan era chiaramente un Rna modificato da mani umane, come quelle che da trent’anni tentano inutilmente di fabbricare un vaccino contro l’Aids. Fredde, in Italia, le reazioni alle parole di Montagnier: notoriamente, il Premio Nobel per la Medicina viene conferito a emeriti imbecilli.Non importa nemmeno che il laboratorio di Wuhan fosse strettamente controllato dall’Oms, il cui primo finanziatore privato è il “falso profeta” Bill Gates. Non importa che il primo farmaco impiegato con successo contro il Covid, l’idrossiclorochina, sia stato messo all’indice da “The Lancet” (e a ruota, da svariati governi), salvo poi assistere all’incresciosa ritrattazione degli autori dello studio, costretti ad ammettere che quell’antimalarico impedisce effettivamente che un malato di Covid si possa aggravare. E non importa neppure che trenta medici e scienziati italiani abbiano segnalato inutilmente al ministero della sanità l’efficacia decisiva di un altro farmaco, a base di normalissimo cortisone, senza aver avuto il minimo riscontro né da parte del ministro, né da funzionari del ministero. Due mesi dopo, la notizia del cortisone – la cui efficacia è stata certificata addirittura dall’Oms – ha fatto il giro del mondo, ripresa da medici inglesi che sono giunti alle stesse conclusioni dei colleghi italiani. Non importa nemmeno questo, ai padroni del discorso: l’unica cosa che pare interessi è mantenere l’allarme attorno a un fenomeno che sembra sia stato creato appositamente per scatenare il panico, nonostante le stesse statistiche – Istat, Iss – dimostrino che nei primi mesi del 2020 in Italia sono morte meno persone, per esempio, di quelle decedute negli anni precedenti, durante inverni caratterizzati da virulente epidemie influenzali.Non fa notizia neppure il fatto che il super-speculatore George Soros – fonte, il “Guardian” – abbia appena richiesto all’Unione Europea “una stretta sui social network”, che sarebbero ormai “una minaccia pubblica”. Lo sanno benissimo anche i giornalisti reclutati a Palazzo Chigi dal sottosegretario Andrea Martella, Pd, che dal suo Ministero della Verità monitora con attenzione le voci sgradite, in modo che poi i social media e i motori di ricerca – da YouTube a Google – trovino il modo di rimuovere o almeno rendere invisibili le voci più scomode. Inutile aggiungere che nemmeno questo fa notizia, nemmeno la nausea che milioni di italiani ormai provano per il disprezzo reiterato della verità, per la facilità con cui ogni possibile indizio finisce alla velocità della luce tra la cosiddetta spazzatura complottista, la discarica delle fake news, il paradiso delle bufale. E tutto questo, mentre il governo più sconcertante della storia – Conte e Di Maio, il fido Gualtieri, l’incredibile Azzolina, il grottesco Speranza (coi loro accessori Ricciardi, Arcuri e Colao) – ora si attrezza per blindare il paese ed eventualmente barricarlo in casa un’altra volta, dopo averlo lasciato senza assistenza economica. Gli spari sulla folla, nella storia italiana, risalgono a Portella della Ginestra (le cannonate, mezzo secolo prima, a Bava Beccaris). Memorabile lo spettacolo recente dei droni che inseguono pensionati, a spasso col cane. Per qualcosa che assomigli a una rivoluzione, invece, in Italia bisogna risalire agli anni che precedettero le gesta di Garibaldi.(Giorgio Cattaneo, “Rivoluzione”, dal blog del Movimento Roosevelt del 14 luglio 2020).Il 14 luglio 1789 venne presa d’assalto la Bastiglia, simbolo della tirannide assolutistica dell’Ancien Régime, mentre il 14 luglio 2016 fece 86 morti e oltre 300 feriti il camion bianco del franco-tunisino Mohamed Lahouaiej-Bouhlel, lanciato come una bomba sulla folla dopo esser stato distrattamente “dimenticato” per giorni sulla Promenade des Anglais, il lungomare di Nizza accuratamente sgomberato per accogliere l’anniversario nel migliore dei modi, coi fuochi d’artificio scintillanti sulle onde notturne della Costa Azzurra. Gli specialisti in oscuri presagi potrebbero almanaccare decine di indizi, per illuminare l’opacissima vigilia di questo indimenticabile 2020. In Italia lo spettacolo si declina in modo più casereccio, coi giornali che sparano in prima pagina il grido di un infermiere di Cremona che annuncia il ritorno dell’inferno; poi l’ospedale lo smentisce all’istante, ma per i narratori la notizia della direzione sanitaria (nessun allarme in corso, a Cremona) è del tutto trascurabile. Non fanno eccezione i colleghi francesi che nel 2015 archiviarono come suicidio la morte del commissario Helric Fredou, all’indomani della strage di Charlie Hebdo, su cui il poliziotto indagava. Silenzio anche sull’esito delle indagini, “tombate” dal segreto di Stato dopo la scoperta della manina della Dgse, i servizi segreti parigini, nella fornitura di armi ai terroristi, subito uccisi, non senza prima aver aver lasciato un passaporto in bella vista sull’auto usata per raggiungere la redazione del giornale satirico.
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Magaldi: Trump salvi l’Italia, se ci tiene ai voti progressisti
Cosa sta succedendo? Giuseppe Conte annaspa, tra i malumori di chi ormai vorrebbe scaricarlo, di fronte a un’Italia che sta prendendo nota di quanto fossero vane le sue promesse. Impietoso l’ultimo report di Bankitalia: il lockdown più severo d’Europa, non compensato da veri aiuti economici per chi è stato rinchiuso in casa, sta colpendo il reddito di metà della popolazione. Un vero massacro sociale, a partire dai lavoratori autonomi: «Un terzo delle famiglie ha riserve per soli 3 mesi, e nel 40% dei casi gli italiani sono in difficoltà con il mutuo», riassume l’Ansa. Di fronte a una catastrofe come la pandemia – chiarì Mario Draghi a fine marzo, sul “Financial Times” – c’è un’unica strada: metter mano al bazooka e spargere miliardi a fondo perduto, come in tempo di guerra. Dove trovarli? Chiedendo all’Ue di fare la sua parte, smettendo quindi di accettare i diktat dei signori di Bruxelles. Oppure, Piano-B, l’ipotesi caldeggiata dal “rooseveltiano” Nino Galloni: emissione a costo zero di moneta parallela, non a debito, spendibile solo in Italia. Un toccasana, per puntellare stipendi e consumi. Giuseppe Conte? Non pervenuto: dopo aver preso in giro gli italiani anche coi prestiti bancari (mai erogati) e la cassa integrazione (tuttora attesa), seguita a cianciare di chimere solo ipotetiche come il Recovery Fund, che scatterebbe soltanto nel 2021 e solo dopo l’accettazione, da parte dell’Italia, di un prestito-capestro come quello del Mes. La soluzione? Più che a Roma, probabilmente risiede a Washington.Ad affermarlo è Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt nonché esponente italiano del network massonico che appoggiò Trump nel 2016 contro Hillary Clinton, progressista solo a parole. «Se vuole essere rieletto alla Casa Bianca con l’aiuto dei massoni democratici, come già avvenne quattro anni fa – avverte Magaldi – il presidente uscente si impegni a cambiare volto all’Europa sostenendo l’Italia, inguaiata dal lockdown imposto da Conte e frenata dall’oligarchia Ue, dominata dai kapò franco-tedeschi che usano Olanda e Austria come “cani da guardia” del rigore». Le affermazioni di Magaldi, rilasciate il 7 luglio nell’ambito della trasmissione in web-streaming “Pane al pane”, su YouTube, risuonano in una giornata particolare, in cui “Libero” dà per imminente la caduta di Conte dopo presunti contatti riservati fra Trump e Mattarella. Altro segnale, quello lanciato dal viceministro alla sanità, Pierpaolo Sileri: «Non ci sarà una seconda ondata di coronavirus, in autunno», ha detto, a “La Verità”: «E comunque, quand’anche fosse pronto un vaccino anti-Covid, non dovrà in nessun caso essere imposto alla popolazione». Parole seccamente dissonanti rispetto a quelle appena pronunciate dal ministro Roberto Speranza, giunto a ventilare la possibilità di sottoporre a Tso gli italiani contagiati dal virus.In altre parole, Sileri ha l’aria di sfilarsi da un bastimento che sembra stia per colare a picco: lo stesso Speranza è stato denunciato, insieme al resto del governo Conte, dai 2.000 medici, avvocati e giudici dell’associazione “L’Eretico”, guidata da ricercatore Pasquale Bacco, dal virologo Giulio Tarro e dal magistrato Angelo Giorgianni. Gravissima l’accusa, inoltrata alla Procura di Roma: il governo avrebbe ostacolato le cure per il Covid, nel frattempo messe a punto, obbligando i sanitari a insistere nel trattare i pazienti con terapie sbagliate, che ne avrebbero provocato la morte, trasformando così in una strage (35.000 vittime) un’epidemia che sarebbe stata facilmente controllabile con un’oculata politica sanitaria. Tanti i medici, come Alberto Zangrillo, che rilanciano le accuse: assurdo reiterare allarmismo e restrizioni, per un virus che ormai non uccide più nessuno, e per il quale i medici italiani hanno trovato, da mesi, tutte le contromisure cliniche. Perché allora Speranza insiste – come la stessa Oms – a parlare di seconda ondata, e addirittura di Tso? «Scoveremo i contagiati stanandoli casa per casa», avvertiva minaccioso il governatore emiliano Stefano Bonaccini, altro campione – come il veneto Zaia – del terrorismo psicologico provocato cavalcando il Covid.«Quella costruita attorno al coronavirus è stata una psicosi alimentata dallo stesso Conte», ricorda Magaldi: «Il governo stava per cadere già a inizio anno, e così ha scommesso sull’emergenza per prolungare la sua vita politica». Solo che adesso, a quanto pare, è arrivato al capolinea. «Probabilmente cadrà fra pochi giorni, entro luglio», scommette lo storico Nicola Bizzi, editore di Aurora Boreale, tra i primi a leggere – tra le righe della cronaca – il destino di “Giuseppi”, la cui caduta sarebbe accelerata dagli Stati Uniti: «Si può scorgere la mano dell’intelligence di Trump dietro le due grandi bombe a orologeria che stanno squassando l’establishment italiano succube dell’Ue, che finora ha sorretto Conte: l’Obamagate e lo scandalo Palamara». Due terremoti: il primo indebolisce Renzi e Gentiloni, che avrebbero chiesto ai servizi italiani (su ordine di Obama) di fabbricare prove false contro Trump per il Russiagate. Il secondo sisma, che Bizzi paragona alla Tangentopoli degli anni ‘90, è quello che sta travolgendo la magistratura: il verminaio delle correnti, della giustizia a orologeria, degli scambi di favori di cui avrebbe beneficiato soprattutto l’area Pd.«E’ impossibile – dice Bizzi – che dietro alla pubblicazione di tutte queste intercettazioni non vi sia l’opera dei servizi Usa, decisi a colpire e abbattere un sistema corrotto che ha sacrificato l’Italia per favorire interessi stranieri, e in occasione dell’emergenza Covid ha fatto anche di peggio: ha sospeso le libertà costituzionali, obbedendo alle direttive dell’Oms ispirate direttamente dal regime cinese». A Washington guarda anche Magaldi, indossando i panni del massone progressista ben inserito nel circuito sovranazionale delle superlogge. Un mondo parallelo, che lo stesso Magaldi ha svelato nel saggio “Massoni”, edito da Chiarelettere nel 2014: un bestseller italiano divenuto ormai un long-seller, nonostante il tenace silenzio dei grandi media. «In Italia – accusa l’autore – si scade invariabilmente nel ridicolo, quando si parla di massoneria: i giornali strillano periodici titoloni su ipotetiche infiltrazioni mafiose tra logge che non contano niente, mentre continuano a ignorare il carattere supermassonico dei maggiori player politici». Che Monti, Napolitano e lo stesso Draghi siano esponenti di importanti Ur-Lodges «non è certo un mistero, per i giornali: e il fatto che non ne parlino mai dimostra la loro sostanziale insincerità».Nel fingere di non conoscere il ruolo democratico della massoneria, ribadisce Magaldi, l’Italia sconta la sua storia, a partire dallo scontro col Vaticano – che arrivò a sostenere Mussolini pur di colpire i massoni democratici che avevano voluto l’Unità d’Italia e la fine dello Stato Pontificio. «Da noi resiste ancora un tenace atteggiamento massonofobico e ipocrita, dovuto al culturame del retaggio clerico-fascista, cui si è aggiunta l’altrettanto liberticida tradizione comunista». Tra massoneria e politica, invece, «in paesi come la Francia e il Regno Unito intercorrono normalissimi rapporti alla luce del sole». E questo è tanto più vero negli Usa, aggiunge Magaldi: chi regge quel paese sa bene che gli Stati Uniti, con la loro Costituzione, sono una costruzione interamente massonica. Non fa eccezione il “fratello” Trump, che nel 2016 fu preferito alla “sorella” Hillary Clinton. «Se vuole, Donald Trump sa essere molto sollecito nel recepire le nostre indicazioni, pubbliche e riservate», dice oggi Magaldi: «Abbiamo infatti apprezzato il richiamo a Martin Luther King che ha espresso il 4 luglio nel suo discorso ai piedi del Monte Rushmore».«Sono stati proprio personaggi come Martin Luther King a “fare grande l’America”, insieme a Roosevelt e ai Kennedy», precisa Magaldi: «Certo, Trump non ha loro statura, e come massone non è né progressista né reazionario. E’ un Maverick, un “cavallo pazzo”: noi massoni progressisti lo ritenemmo adatto a sparigliare le carte, smontando l’ipocrisia finto-progressista dei democratici, troppo legati all’esuberanza dei grandi poteri finanziari». Missione compiuta? «Prima del disastro-Covid, l’economia americana viaggiava a gonfie vele: sono stati costretti ad ammetterlo anche gli avversari di Trump». La politica della Casa Bianca? Meno tasse, e maxi-deficit. Risultato: crollo della disoccupazione, a beneficio dei lavoratori americani. Ovvio che la regia “cinese” della crisi Covid, esplosa un minuto dopo lo stop imposto da Trump alla Cina con l’instaurazione dei dazi, rischia di complicare la sua rielezione. «Se ci tiene a essere riconfermato a Washington con il nostro appoggio – afferma Magaldi, a nome del circuito massonico progressista – è bene che Trump si impegni a farla “tornare grande” davvero, l’America: recuperi il terreno perduto, a livello geopolitico, dall’insipiente Obama, a cominciare dall’Europa e dall’Italia».«Con l’aiuto americano – sostiene Magaldi – il nostro paese può essere il punto da cui far ripartire un vero progetto europeo, pienamente democratico e social-liberale, che sappia far dimenticare l’austerity imposta dai sovranismi franco-tedeschi». Sono gruppi di potere «pilotati da élite massoniche di segno reazionario, più affini all’oligarchia cinese e alla “democratura” di Putin che non al liberalismo occidentale, difettoso fin che si vuole ma fondato pur sempre sui diritti democratici, inclusi quelle delle minoranze». I neri, per l’appunto: «Proprio il Martin Luther King citato da Trump sarebbe potuto diventare il vicepresidente degli Stati Uniti, se non fosse stato ucciso insieme al candidato alla presidenza, Bob Kennedy». Era il “ticket” su cui puntava la massoneria “rooseveltiana”, che tanti anni dopo – archiviata «la fiction del terrorismo globale recitata dai Bush» e le ambiguità finto-democratiche di Obama e Hillary – ha scommesso su “The Donald”, per mettere fine al dominio di un progressismo solo di facciata, asservito all’élite finanziaria speculativa, braccio operativo dell’oligarchia massonica reazionaria che ha promosso i diritti civili affossando i diritti sociali, fino a imporre la Cina come modello per un Occidente non più democratico.Bene ha fatto, Trump, a evocare Martin Luther King – dice Magaldi – per smarcarsi dalle accuse strumentali di chi gli rinfaccia di non aver fatto nulla per eliminare il razzismo che ancora serpeggia in vasti settori della polizia. «Un problema rispetto al quale Obama, il primo presidente “nero”, in otto anni di presidenza non ha fatto assolutamente nulla: e questo va ricordato, per onestà intellettuale». Attenzione: «La massoneria neoaristocratica è filo-cinese, e quindi avversa a Trump». Se vuole essere rieletto, avverte Magaldi, il presidente uscente dovrà prestare ascolto ai “grembiulini” progressisti, che negli Usa restano molto influenti: «Parliamo di grandi elettori, deputati, governatori, circoli e associazioni, ma anche militari: la presenza di tanti massoni progressisti tra i vertici del Pentagono è dimostrata dal rifiuto di impiegare le forze armate per reprimere le proteste, pure violente e inaccettabili, contro gli abusi della polizia nei confronti degli afroamericani». L’appoggio degli Usa, sottolinea Magaldi, è di fondamentale importanza per aiutare l’Italia a non subire più i diktat dell’oligarchia finto-europeista che – attraverso l’austerity – ha creato una Disunione Europea composta da paesi che ormai si guardano in cagnesco.L’alternativa? «Una sola: far nascere, davvero, l’Unione Europea. Chi oggi chiede “più Europa” – sostiene Magaldi – parla di qualcosa che non esiste». Altrettanto vuote, per il presidente “rooseveltiano”, sono le posizioni velleitarie di chi invoca l’uscita dall’Ue, e magari dall’euro e dalla Nato, «magari senza accorgersi di essere sapientemente manipolato da quella stessa oligarchia massonica sovranazionale che negli Usa scommette su Joe Biden e in Europa sulla Merkel, strizzando l’occhio a Putin e aprendo le porte dell’Europa all’egemonia della Cina». Per gli Usa, la situazione non è confortante: come riporta Angelo Panebianco sul “Corriere della Sera”, l’ultimo sondaggio Demos rivela che solo il 31% di italiani dichiara simpatie per gli Stati Uniti, mentre è cresciuta la fiducia nei confronti della Cina (26%) e della Russia (28%). In più, lo stesso sondaggio dimostra che il favore degli italiani verso l’Ue è sceso al di sotto del 50%. «In occasione dell’emergenza coronavirus – ricorda Magaldi – Donald Trump accolse con prontezza i nostri consigli, affrettandosi a inviare aiuti concreti all’Italia». Oggi, la partita è doppia: da un lato le presidenzali americane di novembre, dall’altro il baratro in cui l’Italia sta sprofondando dopo il severo lockdown imposto dal governo Conte, a cui il Movimento Roosevelt sta per inviare un “ultimatum” con la richiesta di misure urgenti per tamponare il disastro economico.«A Trump – ribadisce Magaldi – come massoni progressisti chiediamo di lanciare segnali precisi già da adesso, in campagna elettorale, per un impegno concreto». Patti chiari, amicizia lunga: «Deve impegnarsi a recuperare lo storico legame privilegiato con l’Italia: è la premessa per fare del nostro paese un protagonista della rinascita democratica di un’Europa più giusta e più forte, fondata su precisi diritti sociali». Obiettivo: «Uscire da questa lunghissima crisi e mantenere le distanze da regimi come quello russo e cinese, dove sarebbe impensabile assistere a proteste contro la polizia come quelle che abbiamo appena visto negli Usa». Anche per questo, Magaldi diffida dei “fronti popolari per l’alternativa” che fioriscono da ogni parte, spesso animati dalle migliori intenzioni: «Intanto, i gruppetti “alternativi” non hanno mai ottenuto niente. E spesso il loro radicalismo, nutrito anche di antiamericanismo, è usato sapientemente proprio dall’oligarchia reazionaria che credono di combattere». Un po’ come per il complottismo: chi detiene il potere non ha nessuna paura chi le spara grosse, perché sa che otterrà invariabilmente la diffidenza della maggioranza. Magaldi ragiona da insider, e ha il pregio di parlare chiaro: si sappia che l’Italia uscirà dal tunnel solo se sarà aiutata dagli Usa, nel caso rivincesse Trump. E a sua volta, il presidente è avvisato: se vuole essere rieletto, ascolti le richieste dei massoni progressisti.Cosa sta succedendo? Giuseppe Conte annaspa, tra i malumori di chi ormai vorrebbe scaricarlo, di fronte a un’Italia che sta prendendo nota di quanto fossero vane le sue promesse. Impietoso l’ultimo report di Bankitalia: il lockdown più severo d’Europa, non compensato da veri aiuti economici per chi è stato rinchiuso in casa, sta colpendo il reddito di metà della popolazione. Un vero massacro sociale, a partire dai lavoratori autonomi: «Un terzo delle famiglie ha riserve per soli 3 mesi, e nel 40% dei casi gli italiani sono in difficoltà con il mutuo», riassume l’Ansa. Di fronte a una catastrofe come la pandemia – chiarì Mario Draghi a fine marzo, sul “Financial Times” – c’è un’unica strada: metter mano al bazooka e spargere miliardi a fondo perduto, come in tempo di guerra. Dove trovarli? Chiedendo all’Ue di fare la sua parte, smettendo quindi di accettare i diktat dei signori di Bruxelles. Oppure, Piano-B, l’ipotesi caldeggiata dal “rooseveltiano” Nino Galloni: emissione a costo zero di moneta parallela, non a debito, spendibile solo in Italia. Un toccasana, per puntellare stipendi e consumi. Giuseppe Conte? Non pervenuto: dopo aver preso in giro gli italiani anche coi prestiti bancari (mai erogati) e la cassa integrazione (tuttora attesa), seguita a cianciare di chimere solo ipotetiche come il Recovery Fund, che scatterebbe soltanto nel 2021 e solo dopo l’accettazione, da parte dell’Italia, di un prestito-capestro come quello del Mes. La soluzione? Più che a Roma, probabilmente risiede a Washington.
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Appello a Mattarella: dimetta Zingaretti, calpesta la Carta
«Se è vero che in questo paese esiste ancora una Costituzione, di cui lei è il garante, per favore, ce ne dia una dimostrazione». Questo l’appello che Claudio Testa, dirigente del Movimento Roosevelt, rivolge al Capo dello Stato. La richiesta: disciogliere il Consiglio regionale del Lazio e quindi far decadere il presidente, Nicola Zingaretti, incidentalmente anche segretario del Pd. Le “imputazioni”? Infinite. Riassumendo: danni per 40 milioni di euro, in poche settimane, senza contare il Tso di massa imposto con l’ordinanza regionale che dispone l’obbligo vaccinale (contro l’influenza) per il personale sanitario del Lazio e gli over-65 che abitano nella regione. Misura subito contestata al Tar dai medici laziali, come inopportuna e potenzialmente pericolosa: l’iper-vaccinazione potrebbe esporre i sanitari al Covid, sguarnendo il Lazio di medici e infermieri. Lo stesso Movimento Roosevelt ha presentato a sua volta un esposto al Tar, in appoggio ai sanitari, denunciando la violazione dell’articolo 32 della Costituzione. “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, recita la Carta. «E un’ordinanza regionale non è una legge», sottolinea Testa.Non è tutto: l’incauta prenotazione di mascherine, da parte del Lazio, è costata la perdita di 11 milioni euro (fonte, Bankitalia). E altri 27 milioni sarebbero il danno erariale causato dallo stop – altrettanto incostituzionale, secondo Testa – che Zingaretti ha imposto alle sale slot, cui è stato impedito di riaprire a giugno. Quei 27 milioni li cita il “Fatto Quotidiano”, menzionando una denuncia nel frattempo inoltrata alla Corte dei Conti. Sotto accusa l’ordinanza dell’assessore regionale Alessio D’Amato, che il 13 giugno ha disposto – caso unico, in Italia – la riapertura solo a luglio di slot-machine, sale scommesse e sale Bingo, nel resto d’Italia riaperte il 15 giugno. «Zingaretti però non ha bloccato lotto, superenalotto e “gratta & vinci”: perché?». Claudio Testa denuncia l’ipocrisia della politica italiana, e accusa Zingaretti di aver ceduto alle pressioni dei 5 Stelle, che contro il “gioco lecito” animano una sorta di crociata, per tentare di ripulire la loro immagine più che appannata. Ma attenzione: proprio dalla tassa sulle sale scommesse sono arrivati i soldi per finanziare i cavalli di battaglia dei grillini: «L’ultimo aumento del Preu, il “prelievo erariale unico” applicato alle sale slot, è servito ai 5 Stelle per potersi far belli e proporre il reddito di cittadinanza e “Quota100″».Non sono gli unici, i grillini, a mostrare tanta disinvoltura: «Per il Ddl “promozione natalità e sostegno famiglie” presentato al Senato da Fratelli d’Italia – ricorda Testa – a copertura è stato chiesto di incrementare il Preu del 30%». A che gioco giochiamo? «Quel fondo è ritenuto immorale, ma vi si attinge tranquillamente», protesta Claudio Testa, rivolgendosi ai parlamentari: «Siete tutti moralisti, ma senza morale. Quel pozzo, che definite “di acqua fetida”, è lo stesso pozzo da cui poi vi andate ad abbeverare per trovare i fondi a sostegno delle vostre iniziative socialmente utili». Come dire: «Pecunia non olet, d’accordo: ma almeno da voi ci si aspetterebbe un po’ di onore, visto che vi considerate onorevoli». Lo stesso Testa impugna l’ordinanza del Lazio contro le sale gioco, che avrebbe causato danni all’erario per quasi 30 milioni di euro. La Regione si ritiene autorizzata a emanare ordinanze “di carattere contingibile”, cioè per eventi imprevedibili, ma poi – due righe sotto – nel dispositivo ammette che l’indice di contagiosità del coronavirus è “in progressivo decremento”, quindi occorre puntare sulla “ripresa del tessuto economico e sociale”. E allora perché non lasciar riaprire anche le sale gioco?«Per Zingaretti – afferma Testa – gli operatori di questo settore non fanno parte del tessuto socio-economico del Lazio: pagano le tasse, ma sono invisibili». Dopo 100 giorni di fermo totale, e in gran parte dei casi senza aver ricevuto un euro di cassa integrazione, «il presidente della Regione si permette di far posticipare la riapertura, come se la situazione economica non fosse già sufficientemente critica». Perché poi il Lazio? Stava peggio della Lombardia, rispetto al Covid? Macché: il 12 giugno, lo stesso assessore D’Amato annunciava, all’Adn Kronos, «il record di guariti». E dunque dove stava la necessità di misure “di carattere contingibile e urgente”? Per Claudio Testa, la Regione di Zingaretti ha collezionato una quantità impressionante di violazioni costituzionali, oltre al Tso di massa per il vaccino antinfluenzale che viola l’articolo 32. Gli esempi sono tanti. Articolo 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale: è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini”. Articolo 35: “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni”. Ancora, articolo 41: “L’iniziativa economica privata è libera”.Soprattutto, aggiunge Testa, è clamorosa la violazione dell’articolo 120: “La Regione non può limitare l’esercizio del diritto al lavoro, in qualunque parte del territorio nazionale”. «Avete letto bene: la Regione “non può”. Zingaretti invece può, nemmeno fosse il Marchese del Grillo?». Il dirigente del Movimento Roosevelt si rivolge ai giuristi, per mettere a punto il seguente appello: «Chiedo ufficialmente al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ai sensi dell’articolo 126 della Costituzione, di predisporre decreto motivato per sciogliere immediatamente il Consiglio regionale del Lazio, e sollevare contestualmente dalla carica il presidente Nicola Zingaretti, per motivi di reiterata violazione di più articoli della Costituzione». In altre parole: se è ancora formalmente in vigore, la tanto decantata Costituzione italiana, non sarebbe il caso di farla finalmente rispettare anche nel Lazio, dove Zingaretti pare ignorarla del tutto per assecondare gli equilibri politici su cui si basa il suo potere, traballante quanto quello di Giuseppe Conte? «Gradiremmo avere una risposta – conclude Testa – dal nostro silente presidente della Repubblica».(Il video-intervento di Testa è stato pubblicato su MrTv, YouTube, il 5 luglio 2020).«Se è vero che in questo paese esiste ancora una Costituzione, di cui lei è il garante, per favore, ce ne dia una dimostrazione». Questo l’appello che Claudio Testa, dirigente del Movimento Roosevelt, rivolge al Capo dello Stato. La richiesta: disciogliere il Consiglio regionale del Lazio e quindi far decadere il presidente, Nicola Zingaretti, incidentalmente anche segretario del Pd. Le “imputazioni”? Infinite. Riassumendo: danni per 40 milioni di euro, in poche settimane, senza contare il Tso di massa imposto con l’ordinanza regionale che dispone l’obbligo vaccinale (contro l’influenza) per il personale sanitario del Lazio e gli over-65 che abitano nella regione. Misura subito contestata al Tar dai medici laziali, come inopportuna e potenzialmente pericolosa: l’iper-vaccinazione potrebbe esporre i sanitari al Covid, sguarnendo il Lazio di medici e infermieri. Lo stesso Movimento Roosevelt ha presentato a sua volta un esposto al Tar, in appoggio ai sanitari, denunciando la violazione dell’articolo 32 della Costituzione. “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, recita la Carta. «E un’ordinanza regionale non è una legge», sottolinea Testa.
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Magaldi: socialismo liberale, il virus salva-Italia siamo noi
«Siamo piccoli, ma attentamente monitorati: ai piani alti, c’è chi si domanda in che modo contiamo di riuscire nell’impresa, e non manca chi vorrebbe attuare le nostre proposte. Che poi sono le uniche in grado di ribaltare la situazione: perché le nostre idee sono uno scandalo, un’eresia. Un virus benefico, destinato a contaminare finalmente il sistema». Gioele Magaldi sintetizza il concetto in due parole: socialismo liberale. Keynes e Roosevelt, Carlo Rosselli, Olof Palme. I semi migliori del Novecento: l’antidoto contro l’ingiustizia. Dove sono finiti? Dispersi: soffocati dalla sovragestione del neoliberismo globalizzato. Ma oggi, per un movimento d’opinione come quello fondato nel 2015 da Magaldi, rappresentano l’unico salvagente per evitare il naufragio della democrazia, schiacciata dalle possenti oligarchie planetarie che ora speculano anche sul disastro del coronavirus. Il loro piano: mantenere il potere a tutti i costi, anche instaurando una sorta di polizia sanitaria mondiale, pronta a usare il ricatto della paura e il fantasma della depressione economica. Risultato: l’Europa ridotta a nullità politica, capace però di tenere in ostaggio un paese come l’Italia, il cui governo – lasciato senza soldi – non ha la minima idea di come evitare il massacro sociale a orologeria che già si annuncia per l’autunno. «Famiglie e aziende avranno l’acqua alla gola, per effetto del terribile lockdown imposto senza nessun vero paracadute economico».«A Conte faremo una proposta che non potrà rifiutare», annunciò Magaldi tempo fa, tra il serio e il faceto, indossando una maglietta con l’icona di Marlon Brando nei panni del “Padrino”. Ora rilancia: «In settimana, il nostro piano salva-Italia sarà pronto e illustrato anche in un video, sul nuovo canale MrTv». Il succo: proposte ragionevoli, il “minimo sindacale” per evitare il peggio. Attenti: «La nostra non è una provocazione arrogante, tutt’altro: sono iniziative che qualsiasi governo (di centrodestra o centrosinistra, non importa) avrebbe dovuto adottare già durante il lockdown». Un pacchetto di misure «attuabili da subito», che il Movimento Roosevelt guidato da Magaldi insiste nel voler impacchettare sotto forma di “ultimatum”: «Sarà recapitato nei prossimi giorni all’esecutivo, che avrà a disposizione l’intera estate per valutare le nostre proposte. L’ultimatum scadrà in occasione dell’election-day del 20-21 settembre». Giuseppe Conte accoglierà quei consigli? Tanto meglio: «Se saranno soddisfatte le esigenze minime degli italiani – dice Magaldi – ne prenderemo atto e ringrazieremo: in una prospettiva laica come la nostra non ci sono nemici, né antagonisti o pregiudizi».Se Conte e i suoi ministri, «da quei brocchi che hanno mostrato di essere sinora, dimostrassero di diventare dei purosangue, a partire da settembre», allora «mi toglierei il cappello e ne sarei felice, come cittadino italiano e come europeo», assicura il leader “rooseveltiano”. «C’è però la “legittima suspicione” che così non sarà», aggiunge: «E allora, in quel caso si avrà il debutto della Milizia Rooseveltiana il 5 ottobre, nell’anniversario della data fatidica del 1789 in cui le donne della Rivoluzione Francese marciarono su Versailles per chiedere al Re perché mai non volesse sottoscrivere la nuova Costituzione». Milizia Rooseveltiana? Una formazione “marziale” solo a livello teatrale, con uno slogan (”dubitare, disobbedire, osare”) che capovolge ironicamente il mussoliniano “credere, obbedire, combattere”. «Missione: incalzare il governo, in modo nonviolento ma divenendo una vera spina nel fianco: nelle piazze italiane, la Milizia chiederà conto – ogni giorno – dell’eventuale, mancato recepimento del piano salva-Italia».Altra avvertenza: non è un’iniziativa di parte, contro Conte. «Neppure l’opposizione ha brillato», sottolinea Magadi: Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia «non hanno strutturato una vera proposta alternativa per il paese». Un consiglio? «Qualcuno di loro dovrebbe andare politicamente in pensione. Altri dovrebbero guardarsi dentro e sviluppare un vero progetto per l’Italia, che oggi non hanno». Ce l’ha Magaldi, il progetto? La sua risposta è scontata: certamente sì. Ma chi è, il presidente del Movimento Roosevelt? Due cose insieme: un intellettuale, e un massone. Laureato in filosofia, appassionato storico, tagliente politologo. E’ ultra-trasparente, il suo impegno nel mondo libero-muratorio: nel suo saggio “Massoni”, uscito nel 2014 per Chiarelettere (bestseller italiano, oscurato dai media), da un lato denuncia le superlogge sovranazionali neo-oligarchiche e il loro sogno di Nuovo Ordine Mondiale neoliberista, “neoaristocratico” e post-democratico, e dall’altro rivendica il ruolo della massoneria settecentesca nella fondazione dell’attuale modernità: suffragio universale, libere elezioni, laicità e Stato di diritto.«La democrazia è un’anomalia della storia: e non ce l’ha portata la cicogna, è il frutto della massoneria rivoluzionaria che riuscì ad abbattere l’Ancien Régime in Europa a partire dalla Francia fino poi a guidare il Risorgimento italiano, dopo aver animato la stessa Rivoluzione Americana». Insiste: «L’architettura istituzionale del mondo in cui viviamo è interamente massonica. Per questo mi domando se siano in grado di fare il loro mestiere i magistrati come Nicola Gratteri, che tendono a criminalizzare la massoneria: si rendono conto che la stessa Costituzione italiana nasce dalle idee ultra-massoniche alla base della primissima Costituzione della Repubblica Romana di Mazzini e di Garibaldi, primo “gran maestro” del Grande Oriente d’Italia?». Discorsi lunari, in un’Italia che associa regolarmente i grembiulini alla P2 di Gelli, o a qualche congrega infiltrata dalla mafia. «Quelle sono conventicole che non contano niente, e lo sanno tutti. Ma fingono di non sapere che i grandi decisori dei nostri tempi – anche italiani, da Monti a Napolitano – appartengono tutti all’aristocrazia massonica internazionale: il mondo delle Ur-Lodges, quello che orienta davvero i destini del pianeta».Ne fa parte lo stesso Magaldi, già “iniziato” alla superloggia “Thomas Paine”, punta di lancia del progressismo novecentesco. Una filiera che ha “allevato” e sostenuto personaggi come Gandhi e Papa Giovanni XXIII, i Kennedy e i Roosevelt, Martin Luther King, Nelson Mandela, Yitzhak Rabin. Sempre di massoneria si tratta, ma di segno opposto. Ed ecco il punto: «Il sistema massonico oligarchico stava perdendo la sua presa sul mondo, lo si è visto con l’inattesa elezione di Donald Trump, fiero avversario del globalismo neoliberista: Trump ha imposto uno stop all’egemonia della Cina, che era e resta la creatura preferita dell’élite massonica reazionaria». Il progetto: efficienza economica, ma senza democrazia. Un modello da esportare in Occidente? «Sicuramente è stato esportato il modello-Wuhan per il coronavirus: massimo rigore e sospensione della libertà. Ed è successo appena dopo che Trump ha inflitto a Xi Jinping l’umiliazione dei dazi». Come dire: è in corso una partita cruciale per le sorti del pianeta, di portata epocale. Da una parte i neoliberisti, che si sono riciclati come gendarmi sociali in nome del Covid, favoloso pretesto per rendere eterna l’austerity degli ultimi decenni. Dall’altra, sono in campo quelli che Magaldi chiama massoni progressisti: avversari del rigore già prima della pandemia, e ora impegnati a evitare che il virus diventi un alibi per seppellire quel che resta della nostra democrazia.Di più: per il fronte in cui Magaldi milita, la crisi pandemica è un’occasione irripetibile. Il collasso indotto dal lockdown rappresenta un assist perfetto, per archiviare il dogma della scarsità – solo immaginaria – e il falso riformismo sulla pelle degli altri (”ce lo chiede l’Europa”). Il Piano-B l’ha esposto Mario Draghi a fine marzo, sul “Financial Times”: tornare a Keynes. Cioè: inondare di miliardi l’economia, senza paura di spendere. Soldi che non si trasformino in debiti: proprio come in tempo di guerra. Ma Draghi non era il sommo custode dell’ordoliberismo europeo in salsa teutonica? Lo era, dice Magaldi, ma nell’ultimo anno ha abbandonato la comitiva. «Il “fratello” Draghi è tornato alle sue origini keynesiane e ha chiesto di essere accolto nel circuito massonico progressista, come anche la “sorella” Christine Lagarde». A muoversi sono pesi massimi del potere economico, come la stessa Kristalina Georgieva del Fmi e Premi Nobel del calibro di Krugman e Stiglitz. Tutti a dire che non è possibile insistere con la “terapia” che ha impoverito l’Europa: vista la gravità della crisi economica indotta dal Covid, bisogna buttare a mare trent’anni di rigore finanziario e metter mano al “bazooka” dell’emissione monetaria illimitata e gratuita, non a debito, pena il collasso del sistema economico.«Ci stiamo accorgendo che nessun denaro verrà dato all’Italia con spirito solidaristico e risolutivo», riassume Magaldi. «Concedere denaro in prestito, vincolato alle solite condizionalità – poco importa che si tratti del Mes o di altro – è inaccettabile, in questa temperie. E se la classe politica europea non è all’altezza, quella italiana rispecchia perfettamente questa mediocrità complessiva». Così almeno la vede Magaldi: «L’Europa è un nano politico, economicamente sempre più problematico (benché ricco, perché eredita posizioni di privilegio). Ma il nanismo politico, geopolitico, diplomatico e militare, nella nuova guerra fredda tra sistema-Cina e sistema-Usa, con in mezzo la Russia a fare da terzo incomodo, non aiuta i futuri sviluppi economici dell’Europa». Lo spettacolo è eloquente: «L’Ue è incapace di darsi un’unità fiscale, evitando il dumping che molti paesi esercitano, ed è incapace di costruire un tessuto socio-economico più equo e lungimirante». E intanto il mondo non ci aspetta: «La Cina ci ha insegnato che un paese molto povero può aumentare in modo significativo il proprio Pil, anno dopo anno, e proiettarsi sullo scenario globale da protagonista neo-imperiale». Domani, tutto potrebbe cambiare. E noi, semplicemente, subiamo gli eventi: «C’è davvero un’assenza di visione, da parte di tutti i leader europei».A soffrire le pene dell’inferno, tanto per cambiare, è in primo luogo l’Italia: «Troppe famiglie, lavoratori, aziende ed esercizi sono ancora appesi a decisioni che non vengono prese. C’è un menare il can per l’aia, del governo e anche delle opposizioni: litigano e cazzeggiano. Gli uni (al governo) sono del tutto inefficaci, ma non è ben chiaro cosa farebbero al loro posto gli altri, che stanno all’opposizione». La verità, dice il presidente “rooseveltiano”, è che l’emergenza coronavirus non è mai cessata: «Ieri c’era un’emergenza sanitaria, e adesso c’è un’emergenza che è economica e sociale. Ce ne accorgeremo proprio a settembre: molti nodi verranno al pettine e ci sarà il baratro, per molti». A partire da settembre, «diventeranno lampanti i disastri che la cattiva gestione e la mancata reazione del governo provocherà, nella società e nell’economia italiana». E il guaio è che i leader europei sembrano ectoplasmi: «Troppi cincischiamenti, al di là dell’azione benemerita di Christine Lagarde, contro ogni previsione (salvo la mia). Per il resto solo parole, passi indietro e traccheggiamenti odiosamente studiati: quando era forte la pressione mediatica sul lockdown e sull’emergenza sanitaria strombazzata, si parlava del dovere dell’Europa di intervenire subito. E invece, di Recovery Fund stiamo ancora soltanto discutendo».Quest’anno il bilancio è molto negativo, sin qui, perché secondo Magaldi si è persa anche la grande opportunità – generata dal coronavirus – per un cambio di paradigma. Obiettivo mancato: archiviare gli ultimi disastrosi decenni di austerity. «La mia previsione però non è catastrofica: io continuo a rilanciare l’ottimismo della volontà, a patto però che diventi anche “ottimismo del fare”». Spiegazioni: «I massoni progressisti operano dietro le quinte, mentre il Movimento Roosevelt opera davanti alle quinte». Ma da solo non basta: «Si decidano a operare tutti i cittadini, aderendo a strumenti di azione politica». Concretezza e realismo: «Bisogna evitare di andare appresso ai soliti piagnoni apocalittici, che parlano di uscire dalla Nato e dall’euro, e magari strizzano l’occhio alla Russia ma odiano gli americani. Tutto questo “pastone” di “alternativi” non ha mai prodotto nulla, in questi anni, e continuerà a non produrre niente. Se si vuole cambiare la situazione, occorre iniziare dalle cose che si possono fare già da domani: e questo è l’unico cammino serio che il Movimento Roosevelt vuole intraprendere».Piccola profezia: «Il Movimento Roosevelt è destinato a crescere, perché la censura che l’ha finora colpito sarà destinata a crollare». Quel giorno, «risulterà che in questi anni si sono avvicendati partitini e partitoni, grandi e piccoli protagonisti, piccole narrazioni, litanie e piagnistei, mentre il Movimento Roosevelt è stato granitico, dal punto di vista ideologico, nel proporre qualcosa che è ancora un’eresia, uno scandalo». Ovvero: «Il socialismo liberale di cui parliamo noi non è quella parodia che ne ha fatto Renzi, e che tuttora ne fanno Calenda e altri, che declinano una forma di neoliberismo “de sinistra”». Magaldi allude al socialismo liberale in versione rooseveltiana, post-keynesiana, rosselliana. «Ci richiamiamo alla migliore tradizione del socialismo democratico, quella di Olof Palme. E’ il socialismo liberale che, in qualche modo, anche l’esecrato e demonizzato Bettino Craxi aveva comunque cercato di introdurre, tra luci e ombre, nella coscienza politica degli italiani». Già, Craxi: «Ebbe indubbie benemerenze, che però vennero stroncate: in Italia, quei socialisti che non erano subalterni ai comunisti erano definiti “social-traditori”. E Craxi era odiato da quella sedicente sinistra che da Pci si trasformò in Pds, poi in Ds, poi in Pd, e che certo non ha operato bene».Secondo Magaldi, «oggi è paradossale che il Pd appartenga al Partito Socialista Europeo, considerando che non c’è più nulla, di socialista, nella politica del Pd». Peraltro, «non c’è più nulla di socialista neppure nel Pse: dovrebbero vergognarsi, i sedicenti socialisti europei, ricordando l’esempio di personaggi come Olof Palme». Non solo: «Dovrebbero vergognarsi i socialdemocratici tedeschi, come anche i socialisti francesi, guardando a cosa si sono ridotti, e a quanto sono subalterni a narrative neoliberiste che in altri tempi sarebbero state definite “di destra conservatrice”. Il loro è un mondo fasullo, capovolto». Il Movimento Roosevelt, al contrario, rivendica un’assoluta e granitica coerenza: «Parliamo di socialismo liberale e democrazia sostanziale, e denunciamo i riti fasulli, vuoti e retorici di una democrazia priva di anima. Abbiamo idee all’avanguardia sull’istruzione, sull’ambiente, sull’energia, sulla difesa, sull’economia, sulla stessa riforma costituzionale dello Stato. Tutti seguono le nostre mosse con attenzione, e si chiedono cosa ne sarà di queste nostre idee forti, che qualcuno vorrebbe attuare. Domani, io credo che questa nostra influenza uscirà alla luce del sole e diventerà pienamente percepibile». Tanto ottimismo è motivato: «Per fortuna, c’è chi – accanto a noi, a livello globale – agisce dietro le quinte e prepara le condizioni più propizie perché le nostre idee possano affermarsi, presso la coscienza del popolo sovrano».Questo, ribadisce Magaldi, deve fare la differenza: «Il Movimento Roosevelt non vuole candidarsi a raccogliere voti alle elezioni, ma vuole influenzare politica e cittadini in modo solare, come una lobby apertamente dichiarata: una lobby della democrazia e del socialismo liberale». La missione: «Contaminare, come un virus benigno, le coscienze e le istituzioni. E vogliamo farlo in Italia, in Europa e nel mondo: per far sì che diventi un imperativo categorico, quello che è scritto nel nostro statuto, cioè la promozione e l’estensione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani». Il mondo di oggi è pieno di piaghe: «Democrazia assente, diritti calpestati, disuguaglianze mostruose. Oligarchie e teocrazie che dominano, imperterrite, con la loro arroganza». Ci dimentichiamo, ricorda Magaldi, che nel 1948 tutte le nazioni si erano impegnate a promuovere i diritti umani. «Il Movimento Roosevelt è qui per ricordarlo a tutti. E io credo che la sua influenza si misurerà negli anni e resterà nella storia: il giorno in cui certe cose verranno affermate, non si potrà non ricordare che questo è stato, perché a un certo punto il Movimento Roosevelt ha suonato la campana, e ha detto “la ricreazione è finita”».Pensieri visionari? Forse, dando per scontato che ogni avanguardia tende a esplorare orizzonti lunghi. Il monitor italiano, peraltro, s’è incantato su un fermo-immagine: il paese è a terra, e il governo non sa dove trovare i soldi per rianimarlo. «Quei soldi non c’erano nemmeno prima», dice Magaldi, che già un anno fa parlava di «almeno duemila miliardi» per rimettere in sesto infrastrutture, servizi e occupazione. Come trovare quel fiume di soldi, ora che la crisi post-Covid morde gli italiani? Nel solo modo possibile: creandoli dal nulla, come sempre si è fatto di fronte alle grandi crisi. L’Ue non lo consente? Male: perché l’alternativa non esiste. Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt, predica da anni il ricorso – temporaneo – all’emissione di moneta parallela, di Stato, spendibile solo in Italia: un toccasana, per resuscitare stipendi e consumi. Chi pensa in grande – da Draghi in giù – sa che un’Unione Europea così conciata non ha futuro: è indispensabile cambiare le regole, gettando a mare la religione del rigore finanziario. Rosselli credeva nel socialismo come ricetta socio-economica bilanciata dalla giustizia sociale. Un altro campione democratico come Olof Palme, autore del rinomato welfare svedese, impegnò lo Stato per salvare aziende traballanti e posti di lavoro.Lo stesso Roosevelt, che ereditò un’America messa in ginocchio dalla Grande Depressione, adottando le ricette di Keynes trasformò gli Stati Uniti nella prima superpotenza mondiale. E noi che facciamo, stiamo ancora a pietire le concessioni usuraie dei signori di Bruxelles, mentre milioni di italiani tra poco non sapranno come arrivare a fine mese? «Per inciso: Rosselli, Palme, Keynes e Roosevelt erano tutti massoni progressisti», precisa Magaldi, come per rimarcare che – se qualcuno oggi li evoca – intende avvertire il pubblico che s’è messo in moto qualcosa di importante, che affonda le sue radici in cent’anni di battaglie per i diritti sociali. «L’essenziale, in un momento come questo, è non cadere nella tentazione del complottismo stupido che demonizza qualsiasi potere, a prescindere: il cospirazionismo apocalittico è l’alleato perfetto della peggior oligarchia, quella che noi democratici vogliamo abbattere». Ecco perché non è il caso di sottilizzare, su Conte e soci: «Se saranno loro, ad accettare il nuovo corso, benissimo. Ridurre la politica a tifo da stadio è una pessima idea: serve solo ad allungare la vita al sistema che ci ha messo di fronte avversari solo apparenti, come Prodi e Berlusconi, di fatto esecutori dei medesimi diktat». Magaldi ne è certo: sarà la durezza della crisi a imporre le scelte giuste. E allora cadranno, di colpo, tutte le storielle che ci hanno finora propinato: dalla criminalizzazione del deficit all’odio tribale che spinge le tifoserie a dilaniarsi l’un l’altra, come i capponi di Renzo destinati a finire in padella.«Siamo piccoli, ma attentamente monitorati: ai piani alti, c’è chi si domanda in che modo contiamo di riuscire nell’impresa, e non manca chi vorrebbe attuare le nostre proposte. Che poi sono le uniche in grado di ribaltare la situazione: perché le nostre idee sono uno scandalo, un’eresia. Un virus benefico, destinato a contaminare finalmente il sistema». Gioele Magaldi sintetizza il concetto in due parole: socialismo liberale. Keynes e Roosevelt, Carlo Rosselli, Olof Palme. I semi migliori del Novecento: l’antidoto contro l’ingiustizia. Dove sono finiti? Dispersi: soffocati dalla sovragestione del neoliberismo globalizzato. Ma oggi, per un movimento d’opinione come quello fondato nel 2015 da Magaldi, rappresentano l’unico salvagente per evitare il naufragio della democrazia, schiacciata dalle possenti oligarchie planetarie che ora speculano anche sul disastro del coronavirus. Il loro piano: mantenere il potere a tutti i costi, anche instaurando una sorta di polizia sanitaria mondiale, pronta a usare il ricatto della paura e il fantasma della depressione economica. Risultato: l’Europa ridotta a nullità politica, capace però di tenere in ostaggio un paese come l’Italia, il cui governo – lasciato senza soldi – non ha la minima idea di come evitare il massacro sociale a orologeria che già si annuncia per l’autunno. «Famiglie e aziende avranno l’acqua alla gola, per effetto del terribile lockdown imposto senza nessun vero paracadute economico».
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Il complotto dei bugiardi e la Nuova Frontiera che ci attende
Tutti a tifare viva Conte, abbasso Conte, forza Meloni, morte a Salvini. Ma chi se ne accorge, quando certe cose accadono e il mondo finisce per cambiare passo? Lì, per lì, in pochi: per decenni – dice un’autorità culturale come lo storico Alessandro Barbero – abbiamo creduto alla bufala del medioevo, un tunnel di secoli oscuri, quando invece non s’era mai vista, tutta insieme, una tale esplosione di progressi, conquiste, signorie illuminate e benessere socialmente percepito. Mille anni, di cui sappiamo ancora pochissimo. Una sola, grande certezza: tutto quello che credevamo di sapere, dice Barbero, era inesatto, se non falso. Indicatori esemplari: la leggenda barbarica dello jus primae noctis e, meglio ancora, quella del terrore millenaristico; a pochi mesi dal fatidico Anno Mille, si firmavano regolarmente carte e contratti pluriennali, come se il mondo non dovesse finire mai. E se questo vale per l’epoca medievale, oltre che per tanti altri periodi storici (di cui non esistono fonti dirette, ma solo storiografiche e quindi fatalmente soggettive), non potrebbe valere anche per oggi?Lo scorso 26 aprile l’Italia ha perso uno dei suoi osservatori più scomodi, Giulietto Chiesa: emarginato come complottista, quasi che i complotti non esistessero. Davvero? La Guerra del Vietnam esplose dopo l’incidente del Golfo del Tonchino; nel 1964, gli Usa accusarono la marina nordvietnamita di aver attaccato l’incrociatore statunitense Uss Maddox. Ci ha messo quarant’anni, la verità, a emergere: nel 2005, tramite la Nsa, l’intelligence di Washington ha finalmente ammesso che quello scontro navale non era mai avvenuto: era solo una fake news, per inscenare il casus belli. Molto più recentemente, siamo stati capaci di invadere l’Iraq, disastrando un’area che poi sarebbe diventata il brodo di coltura del cosiddetto terrorismo “islamico”, grazie alla maxi-bufala mondiale delle inesistenti armi di distruzione di massa in dotazione a Saddam Hussein. Era anche quella un’invenzione, rilanciata in mondovisione dalla “fialetta di antrace” agitata all’Onu da Colin Powell.La preparazione della realtà virtuale da somministrare al pubblico era stata accuratissima, come sempre. Il britannico Tony Blair, in primis, si era dato da fare per accreditare la bufala, in collaborazione con l’intelligence (anche italiana) che fabbricò la falsa pista del Nigergate, in base alla quale il regime di Baghdad – già armato dagli Usa contro l’Iran, anni prima – avrebbe cercato di approvvigionarsi di uranio in quel paese africano. Non che qualcuno possa rimpiangere (a parte molti iracheni, forse) un regime dispotico come quello di Saddam. Ma possibile che loro, i “padroni del discorso”, debbano ricorrere in modo sistematico alla manipolazione, fondata su clamorose menzogne, per ottenere il consenso necessario a supportare grandi cambiamenti? Non potrebbero autorizzare i nostri governanti a dire semplicemente la verità, ancorché sgradevole? Gliene manca il coraggio?Retropensiero: se tanto impegno viene profuso per raccontare il contrario del vero, non viene il sospetto che la nostra opinione in fondo conti parecchio, nonostante si cerchi di declassarla a fenomeno irrilevante? Certo, votiamo inutilmente: i partiti – tutti – poi si piegano sempre a direttive sovrastanti. Parla da sola la vicenda incresciosa dei 5 Stelle, che hanno tradito per intero le loro promesse elettorali. Idem, la storia tutta italiana dei recenti referendum: regolarmente celebrati, ma poi ignorati; il risultato quasi mai applicato, spesso annacquato se non aggirato e sostanzialmente azzerato. Eppure: se il cosiddetto potere ormai scavalca impunemente la democrazia, mortificandola e sterilizzandola nei suoi effetti, perché si affanna così tanto a imporci la sua narrazione disonesta? Non sarà che teme, nonostante tutto, che prima o poi possa insorgere una reazione, da parte del pubblico?Negli anni Ottanta, agli italiani è stato raccontato che era meglio che Bankitalia smettesse di finanziare direttamente lo Stato, a costo zero: era più trendy avvalersi della finanza privata speculativa, pagandole i salatissimi interessi che fecero esplodere di colpo il famoso debito pubblico. Negli anni Novanta, i medesimi narratori hanno cantato le magnifiche sorti e progressive della sottospecie deforme di Unione Europea fabbricata a Maastricht, quella che oggi impedisce all’Italia – devastata dalle conseguenze del lockdown – di rimettere in piedi le aziende che non riescono a riaprire o che chiuderanno tra poco, quelle che licenzieranno i dipendenti in autunno, quelle che scapperanno all’estero o, meglio ancora, si svenderanno agli attuali committenti esteri, specie tedeschi, prima di cedere il timone al capitale cinese o alla mafia nostrana, che già pregusta il banchetto.Tutti a ridere, nel 2020, quando Giulietto Chiesa scrisse – per primo – che non era possibile credere alla versione ufficiale dell’11 Settembre. Ora la voglia di ridere è passata, dopo che i pompieri di New York hanno cercato di far riaprire le indagini, in base alle loro testimonianze personali e alle evidenze scientifiche schiaccianti fornite dai tremila ingegneri e architetti americani del comitato “Verità sull’11 Settembre”: le torri di Manhattan non potevano crollare in quel modo, su se stesse e in pochi secondi, se non fossero state “minate” ben prima dell’impatto degli aerei. Una cosa però è la verità, e un’altra il suo sdoganamento. Tanto per cominciare, certe verità sono troppo indigeste: se anche venissimo scoperti, dicevano i nazisti, nessuno crederà mai che siamo stati capaci di inventarci una cosa come Auschwitz. E’ un fatto che la mente umana, semplicemente, non accetta. La prima risposta è invariabile: non può essere vero, mi rifiuto di crederlo.Il tempo è galantuomo, si dice; solo che se la prende comoda. Caso classico: John Kennedy, assassinato a Dallas nel 1963. Tuttora, le fonti manistream – da Wikipedia in giù – seguitano a incolpare Lee Harvey Oswald, presentato come una specie di squilibrato solitario, confinando nelle “ipotesi cospirazionistiche” la nuda verità dei fatti, fiutata da subito ma emersa solo quando l’allora numero due della Cia, Howard Hunt, scomparso nel 2007, ha confessato in punto di morte che quello di Dallas fu un complotto del Deep State, attuato attraverso varie complicità: la Cia, l’Fbi, la manovalanza della mafia di Chicago e ben tre futuri presidenti degli Stati Uniti (Lyndon Johnson, Richard Nixon e George Bush). A sparare a Kennedy non fu Oswald, ma il mafioso Chuck Nicoletti. Ma a far saltare il cervello al presidente della New Frontier fu il killer di riserva, James Files: reo confesso, tuttora detenuto per altri reati e mai interrogato, su quei fatti, da nessun magistrato.Di Kennedy ha riparlato due mesi fa il grande Bob Dylan, con l’epico brano “Murder Most Foul”. L’omicidio di Dallas messo in relazione addirittura con il coronavirus: come se la pandemia che ha paralizzato il mondo nascesse da una regia occulta, direttamente ispirata dagli eredi dei criminali al potere che organizzarono il complotto costato la vita a Jfk. Il 19 giugno è finalmente uscito “Rough and Rowdy Ways”, il disco che contiene la denuncia kennedyana: non si contano gli elogi che la grande stampa profonde per quest’opera musicale del 79enne Premio Nobel per la Letteratura, ma nessun giornalista s’è peritato di scavare tra le righe per decifrare il codice esoterico attraverso cui Dylan lancia un’accusa esplicita, accennando al 33esimo grado che contrassegnava i massoni oligarchici e reazionari che vollero spegnere il sogno di un mondo libero, giusto mezzo secolo fa.Quanto ci vorrà, ancora, prima che un nuovo Howard Hunt confessi il suo ruolo nella strage dell’11 Settembre? Meno di quanto si pensi, forse, calcolando la velocità della crisi in corso e il prestigio dei personaggi che, in vario modo – da Dylan a Mario Draghi, fino a Christine Lagarde e Joseph Stiglitz – si stanno mettendo di traverso, rispetto al copione (emergenza, dunque crisi) messo in scena a livello planetario con la presunta pandemia frettolosamente dichiarata da una strana Oms, supportata dalla Cina. Proprio l’Oms ha provato a imporre ovunque il modello Wuhan, lockdown e coprifuoco, anche a paesi come l’Italia: non avendo più sovrantià finanziaria, a differenza di Pechino, noi non ce lo possiamo proprio permettere, un blocco di tre mesi che già quest’anno costerà 15 punti di Pil e chissà quanti milioni di disoccupati. Questo, almeno, è quello che sta finalmente emergendo, giorno per giorno, agli occhi di tutti: non è stato un affare, rinunciare a Bankitalia. E non era d’oro, la promessa europea che i super-privatizzatori come Prodi avevano fatto luccicare.Unire i puntini? Non è mai facilissimo, specie in mezzo al frastuono assordante di un mainstream che tace l’essenziale e ridonda di gossip politico irrilevante. In primo e piano, ora e sempre, la superficie epidermica della realtà: viene esibita la rozzezza retorica e spesso inaccettabile di Donald Trump, mettendo in ombra il cuore del fenomeno. Un vero e proprio incidente della storia, che ha proiettato alla Casa Bianca un outsider incontrollabile, capace di imporre uno stop alla super-globalizzazione che ha schiantato i lavoratori americani. Istrionico, ambiguo, già aggregato ai democratici, nel 2016 Trump s’è travestito da repubblicano sui generis, riuscendo a fermare il pericolo pubblico numero uno, Hillary Clinton, grande sponsor della nuova guerra fredda contro la Russia. Poi Trump – teoricamente, “di destra” – ha fatto cose che la sinistra (americana ed europea) si poteva solo sognare, negli ultimi decenni: ha dimezzato le tasse e raddoppiato il deficit. Risultato: disoccupazione azzerata. Infine, ha imposto uno storico stop – con i dazi – alla creatura preferita dei globalizzatori atlantici più reazionari e guerrafondai: la Cina.Manco a dirlo, l’emergenza Covid è esplosa a Wuhan un minuto dopo il “niet” inflitto da Trump a Xi Jinping, facendo dilagare la crisi giusto alla vigilia delle presidenziali americane. Come dire: è in gioco qualcosa di enorme, due versioni del mondo. La prima ce l’hanno fatta intravedere anche i prestanome italiani del governo Conte, peraltro non ostacolati minimamente dall’altrettanto farsesca opposizione: lockdown e niente aiuti, repressione orwelliana, distanziamento, mascherine, panico amplificato (bare sui camion militari) e cure efficaci contro il Covid regolarmente oscurate, emarginando i medici che per primi erano riusciti a sconfiggere il nuovo morbo, trasformandolo in malattia normalmente curabile. La seconda ipotesi di mondo – quella per la quale morì Kennedy – è tutta da difendere e da ricostruire, dopo il “golpe” mondiale della finanza neoliberista che s’è inventata persino l’eurocrazia stracciona che impoverisce i popoli e oggi li avvelena, mettendoli l’uno contro l’altro. Di Nuova Frontiera, probabilmente, si può riparlare solo se rivince Trump: se invece perde, prepariamoci a farci spiegare da Bill Gates come sarà la nostra vita domani.(Giorgio Cattaneo, “Il complotto dei bugiardi e la Nuova Frontiera che ci attende”, dal blog del Movimento Roosevelt del 24 giugno 2020).Tutti a tifare viva Conte, abbasso Conte, forza Meloni, morte a Salvini. Ma chi se ne accorge, quando certe cose accadono e il mondo finisce per cambiare passo? Lì, per lì, in pochi: per decenni – dice un’autorità culturale come lo storico Alessandro Barbero – abbiamo creduto alla bufala del medioevo, un tunnel di secoli oscuri, quando invece non s’era mai vista, tutta insieme, una tale esplosione di progressi, conquiste, signorie illuminate e benessere socialmente percepito. Mille anni, di cui sappiamo ancora pochissimo. Una sola, grande certezza: tutto quello che credevamo di sapere, dice Barbero, era inesatto, se non falso. Indicatori esemplari: la leggenda barbarica dello jus primae noctis e, meglio ancora, quella del terrore millenaristico; a pochi mesi dal fatidico Anno Mille, si firmavano regolarmente carte e contratti pluriennali, come se il mondo non dovesse finire mai. E se questo vale per l’epoca medievale, oltre che per tanti altri periodi storici (di cui non esistono fonti dirette, ma solo storiografiche e quindi fatalmente soggettive), non potrebbe valere anche per oggi?
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Magaldi: fermiamo Zingaretti, vuole imporre il Tso al Lazio
Ma che razza di paese siamo? Nella sua circolare per impostare le campagne vaccinali d’autunno, il ministero della sanità sposa la “forte raccomandazione” della Regione Lazio, che invita a vaccinare contro l’influenza anche i bambini dai 6 mesi ai 6 anni, anche se – come scrive lo stesso ministero – a sconsigliarlo sono voci autorevoli della comunità scientifica. «Esilarante: anziché ai cittadini del Lazio, che Zingaretti vorrebbe sottoporre al trattamento sanitario obbligatorio, io il Tso lo prescriverei per i funzionari che scrivono cose come quelle. Ma come: la comunità scientica sconsiglia, e noi – impunemente – raccomandiamo?». Gioele Magaldi annuncia l’ennesima azione, sulla crisi Covid, intrapresa dal Movimento Roosevelt: un ricorso al Tar del Lazio, affidato all’avvocato “rooseveltiamo” Vanni Oddino, per annullare l’ordinanza che, nella regione, impone da ottobre l’obbligo del vaccino antinfluenzale per medici, infermieri e over-65. Un atto «assurdo, rischioso e ingiusto, perché incostituzionale». Magaldi condanna il “trattamento sanitario obbligatorio” imposto da Zingaretti, che ha spinto gli stessi medici laziali a rivolgersi alla magistratura. Attenti: il Lazio – già imitato dalla Calabria – potrebbe fare da battistrada per l’Italia intera. Tanti i denari in ballo: 115 milioni di euro, per prenotare i vaccini antinfluenzali destinati alle due Regioni. E i soldi dei vaccini, avverte Magaldi, spesso finanziano gli apparati politici.Di fronte all’ordinanza della giunta Zingaretti, osserva il presidente “rooseveltiamo”, «si capisce perché molti sono esacerbati e scivolano nell’insensato antivaccinismo: le autorità politiche e sanitarie hanno abdicato al principio scientifico e anche a quello del buon senso». Secondo Magaldi, ormai «è passata l’idea che più vaccini imponiamo, e meglio tuteliamo la popolazione. In realtà – obietta – a essere tutelato è chi ha approfittato di questa situazione: a chi arrivano poi tutti questi milioni? E chi ha avuto interesse a muovere un tale flusso di denaro? L’unica cosa certa – aggiunge Magaldi – è che queste vaccinazioni plurime, con gli inconvenienti che si iniziano a comprendere e i benefici che non sempre si comprendono, hanno foraggiato potentemente il sistema politico. E questo può spiegare anche la crociata ideologica dei No-Vax». Beninteso, precisa Magaldi: «Non sono mai stato No-Vax e non ho mai apprezzato quella canea di strepiti, alimentati da suggestioni antiscientifiche, ma nemmeno ho apprezzato l’obbligo di tanti vaccini imposti ai bambini con motivazioni friabili». Motivazioni che poi, nel caso dell’ordinanza laziale, diventano ridicole e insostenibili, sia dal punto di vista legale che sotto l’aspetto medico-scientifico.«C’è una diffusa indignazione per le modalità dello strumento adottato dal Lazio», conferma Monica Soldano, coordinatrice del servizio di Sostegno Legale del Movimento Roosevelt, sportello che difende gratuitamente i cittadini colpiti da sanzioni ingiuste durante il lockdown: «L’ordinanza regionale non può imporre un Tso, visto che l’articolo 32 della Costituzione lo consente solo se c’è un pericolo imminente: e l’influenza stagionale non rappresenta certo un pericolo così grave, né tantomeno imminente, al punto da imporre un trattamento sanitario obbligatorio». Non solo: «Sempre in base alla Costituzione, un ente come la Regione non ha il potere di emanare una simile ordinanza: chiediamo infatti al Tar che venga annullata per eccesso di attribuzione di potere (abuso di potere, quasi) e per assenza di competenza costituzionale». Il Lazio, poi, si rifà al Dpcm sull’emergenza Covid firmato da Giuseppe Conte lo scorso 27 aprile, «quando ormai la pandemia si stava attenuando», mentre l’obbligo vaccinale nel Lazio scatterebbe solo a ottobre, «cioè 5 mesi dopo l’emergenza». Infine, serviva almeno un cospicuo avallo scientifico: invece, il Lazio dichiara solo di aver “sentito per vie brevi” il Comitato tecnico-scientifico del governo. Solo una telefonata? «Questa ordinanza – sottolinea Monica Soldano – è nata in maniera preoccupante, sul piano del rispetto delle procedure».Tante le perplessità, a livello sanitario: il vaccino antinfluenzale può essere un rimedio peggiore del male, avverte il dottor Antonino Laudani, direttore del Dipartimento Salute del Movimento Roosevelt. «Esistono vaccini sicuri e più che giustificati, come quello contro la poliomielite: ma paragonare l’antinfluenzale all’antipolio non ha senso, visto che molti studi evidenziano come i benefici, in questo caso, non siano affatto rilevanti». Azzardato, quindi, puntare sull’obbligo del vaccino antinfluenzale, specie in relazione al Covid. «La Sars è scomparsa da sola, e senza “seconde ondate”: nessuno può sapere se il Covid tornerà in autunno, oppure no». Avverte il dottor Laudani: «L’antinfluenzale, oltretutto, è tra i vaccini meno efficaci: lo dicono i dati clinici». Meglio essere prudenti: «Oltre i 65 anni, la mortalità aumenta del 12%». Vaccinare contro l’influenza nel caso in cui dovesse riapparire il Covid, insiste Laudani, potrebbe essere deleterio: «Dove gli anziani sono stati vaccinati in maniera massiccia, quella degli over-65 è stata la fascia di popolazione che ha avuto il maggior numero di morti per Covid: anche questo dovrebbe costringerci a essere cauti, evitando le “vie brevi” adottate dalla Regione Lazio».Semplificare è sempre un errore, aggiunge il medico: «Ogni anno muoiono 12.000 persone per polmonite di origine batterica, e chi è defedato potrebbe aver bisogno di una vaccinazione specifica per lo streptococco, non per il virus influenzale». Altra complicazione: «Il vaccino antinfluenzale viene sviluppato sulla base di un gruppo di virus che sono già vecchi, relativi a una precedente infezione: quindi non è detto che il vaccino sia efficace sul ceppo di virus in circolazione durante l’inverno». Inoltre, la stessa Aifa ricorda che, nei vaccini, è sempre da valutare il rapporto rischio-beneficio, «e nel caso dell’influenza il rischio è basso». Inoltre, il vaccino antinfluenzale sfugge al diritto del paziente (e anche a quello del medico, di curare “secondo scienza e coscienza”). «Medico e paziente vengono cioè esautorati da questo loro diritto naturale», sostiene Laudani. «Mi sembra una violazione dei diritti della categoria: se il vaccino viene imposto, i medici non possono prendere la decisione che reputano migliore». Dover far firmare al paziente un consenso informato per un trattamento che magari non gli servirà, ribadisce il dottor Laudani, è un aspetto medico-legale tutto da valutare: «Stando all’ordinanza del Lazio, il medico dovrebbe assumersi la responsabilità di vaccinare una persona che invece ha altre problematiche, che magari sconsigliano di somministrare il vaccino».Dal canto suo, Gioele Magaldi punta l’indice contro quelli che hanno messo in piedi «questa sorta di dittatura vaccinista, aumentando a dismisura la retorica sul vaccino come chiave risolutiva di ogni malattia», senza contare «il bombardamento di vaccini a cui sono stati sottoposti i bambini». E aggiunge: «Attraverso queste derive, poi si arriva a dire che devono essere vaccinati anche gli adulti, gli insegnanti, i medici, gli anziani. Si finirà per proporre una vaccinazione plurima per tutti? Siamo all’assurdo». Quello del Movimento Roosevelt – sottolinea il presidente – resta un approccio laico, «non basato sulla fede o sull’abbraccio mortale con qualche suggestione alla quale aggrapparsi, e per la quale militare in modo fazioso e tribale: noi vogliamo ragionare, e vogliamo che la dignità umana possa mostrarsi anche nell’esercizio dello spirito critico». Per questo, conclude, «intendiamo combattere contro l’ordinanza iniqua e anticostituzionale promossa dalla Regione Lazio per imporci un vaccino antinfluenzale che molto probabilmente non serve a nessuno: se vogliamo vivere in Italia e non in un sistema come quello cinese, certe imposizioni lasciamole alla Cina».Ma che razza di paese siamo? Nella sua circolare per impostare le campagne vaccinali d’autunno, il ministero della sanità sposa la “forte raccomandazione” della Regione Lazio, che invita a vaccinare contro l’influenza anche i bambini dai 6 mesi ai 6 anni, anche se – come scrive lo stesso ministero – a sconsigliarlo sono voci autorevoli della comunità scientifica. «Esilarante: anziché ai cittadini del Lazio, che Zingaretti vorrebbe sottoporre al trattamento sanitario obbligatorio, io il Tso lo prescriverei per i funzionari che scrivono cose come quelle. Ma come: la comunità scientifica sconsiglia, e noi – impunemente – raccomandiamo?». Gioele Magaldi annuncia l’ennesima azione, sulla crisi Covid, intrapresa dal Movimento Roosevelt: un ricorso al Tar del Lazio, affidato all’avvocato “rooseveltiamo” Vanni Oddino, per annullare l’ordinanza che, nella regione, impone da ottobre l’obbligo del vaccino antinfluenzale per medici, infermieri e over-65. Un atto «assurdo, rischioso e ingiusto, perché incostituzionale». Magaldi condanna il “trattamento sanitario obbligatorio” imposto da Zingaretti, che ha spinto gli stessi medici laziali a rivolgersi alla magistratura. Attenti: il Lazio – già imitato dalla Calabria – potrebbe fare da battistrada per l’Italia intera. Tanti i denari in ballo: 115 milioni di euro, per prenotare i vaccini antinfluenzali destinati alle due Regioni. E i soldi dei vaccini, avverte Magaldi, spesso finanziano gli apparati politici.
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Reddito universale (e meno tasse): come salvare il paese
Negli ultimi mesi si è ricominciato a parlare con una certa insistenza di reddito universale. Riproposto nel corso del 2019 dallo scrittore Carlo Toto, ospite della trasmissione condotta da Fabio Frabetti sul canale “Border Nights”, è stato rilanciato da Beppe Grillo e, di recente, addirittura da Papa Francesco. Persino gli Stati Uniti di Donald Trump hanno adottato temporaneamente tale misura sociale per risollevare le sorti dell’economia. L’idea del reddito universale piace, inoltre, anche al governo spagnolo. Insomma, l’utilizzo del reddito universale, a causa della pesante crisi, aggravata dal periodo Covid-19, è tornato fortemente di attualità. Chiariamo subito che il reddito universale non è il “famoso” reddito di cittadinanza adottato ad opera del Movimento Cinque Stelle, il quale lo ha di fatto ridotto ad un sussidio per determinate categorie di soggetti. Il reddito universale è ben altra cosa, ovvero rappresenta un reddito di base per tutti i cittadini italiani maggiorenni che, a prescindere dal fatto che abbiano o meno un’occupazione, possono usufruire di tale introito per le spese di sussistenza: alimentari, di studio, spese mediche, ecc. Quindi verrebbe garantito il sostentamento a chi un reddito non ce l’ha e integrerebbe il reddito di quei soggetti che già svolgono un’attività lavorativa o imprenditoriale.Tale strumento sarebbe da forte stimolo per l’economia, poiché alimenterebbe la domanda interna, con conseguenti benefici per tutto il sistema economico. Si tratta di una misura socio-economica che mette al centro l’uomo e le sue esigenze, che sono certamente più importanti dell’impersonale volere del mercato o dei “mercati”. Le risorse messe in campo con il reddito universale potrebbero essere sostenute attraverso il ricorso all’emissione di una moneta parallela non a debito, non convertibile in euro, che circolerebbe solo in Italia. Si stamperebbero, in sostanza, le Statonote proposte dall’economista Nino Galloni. Non si dovrebbero temere neanche i tanto paventati innalzamenti del livello di inflazione. Considerate, infatti, le attuali condizioni dell’economia, con grandissima parte della capacità produttiva del sistema-Italia inutilizzata, l’ultimo pensiero dovrebbe essere quello di eventuali impulsi inflazionistici. Come dire, risolviamo la situazione contingente, prima che sia troppo tardi, e quando si dovesse presentare il problema “inflazione” se ne riparlerà.Se saranno reiterate le solite azioni tattiche del “tira a campare” e le ormai strutturali promesse di manovre espansive, con attenzione al contenimento del debito pubblico (la famosa austerità espansiva: contraddizione in termini), per il nostro paese sarà un disastro: le famiglie non compreranno più perché senza soldi, chiuderanno le poche aziende che sono rimaste in Italia, ci saranno nuove ondate di disoccupazione e lo Stato incasserà sempre meno soldi, fino ad arrivare al punto che anche gli stipendi dei tecnocrati, sponsor dell’austerità espansiva e della stabilità dei prezzi (a discapito della piena occupazione e del benessere sociale) non potranno più essere pagati. Il reddito universale, quindi, rappresenta una chiave di svolta, una soluzione definitiva di risanamento dell’economia accompagnato da una forte riduzione della pressione delle imposte. Avere una pressione fiscale non predatoria è un diritto costituzionale che deve essere assolutamente garantito. Infatti, così come avviene per molti altri principi contenuti nella nostra Costituzione, la capacità contributiva che dovrebbe assicurare un’equa tassazione sui redditi prodotti viene costantemente mortificata e disattesa.Da molti anni ormai, la linea di condotta di tutto l’apparato tributario italiano è quella di incassare sempre e comunque. A partire dall’accertamento, fino al processo tributario, il diritto ad una tassazione equa è stato sostanzialmente cancellato per lasciare il posto al “dovere” di passare in ogni caso alla cassa. Anche l’aspetto fiscale è di fondamentale importanza per il rilancio dell’economia, ma il livello di tassazione ha raggiunto limiti oramai insostenibili, contribuendo fortemente a lasciare la maggior parte degli italiani con pochissime disponibilità finanziarie. Il principio della capacità contributiva è stato in definitiva trasformato nel distorto principio sostanziale della “incapacità contributiva”. Un primo passo da compiere per riportare il nostro paese verso un prelievo fiscale più equo è senz’altro quello di rimodulare le fasce di reddito con le relative aliquote.Un’ipotesi di rivisitazione della tassazione sulle persone fisiche potrebbe prevedere, ad esempio, una progressione basata su tre aliquote con la fissazione di una “no tax area” (come previsto anche in altri paesi europei) ed ampie detrazioni di imposta per le spese mediche e di istruzione, come di seguito riportato: No-tax area fino ad € 14.400; da € 14.401 fino ad € 100.000: 20%; da € 100.001 ad € 200.000: 30%; da € 200.001: 40%. Detrazione pari al 100% delle spese mediche e di istruzione, personali e per i familiari a carico. Un regime di imposizione fiscale come quello sopra prospettato e, soprattutto, l’adozione di uno strumento quale il reddito universale, permetterebbero al nostro paese di superare brillantemente la oramai decennale situazione di stallo (rinvigorita e ulteriormente peggiorata a causa del Covid-19) per tornare ad essere una delle economie più forti del pianeta, con benessere diffuso e diritti sociali garantiti per tutte le fasce di reddito.(Vincenzo Curia, “Reddito universale e riduzione della pressione fiscale”, 21 giugno 2020. Curia è un dirigente del Movimento Roosevelt, che – come sottolineato più volte dallo stesso vicepresidente, Nino Galloni, si batte per salvare l’Italia dalla sprirale dell’austerity recuperando un approccio esapansivo e keynesiano dell’economia).Negli ultimi mesi si è ricominciato a parlare con una certa insistenza di reddito universale. Riproposto nel corso del 2019 dallo scrittore Carlo Toto, ospite della trasmissione condotta da Fabio Frabetti sul canale “Border Nights”, è stato rilanciato da Beppe Grillo e, di recente, addirittura da Papa Francesco. Persino gli Stati Uniti di Donald Trump hanno adottato temporaneamente tale misura sociale per risollevare le sorti dell’economia. L’idea del reddito universale piace, inoltre, anche al governo spagnolo. Insomma, l’utilizzo del reddito universale, a causa della pesante crisi, aggravata dal periodo Covid-19, è tornato fortemente di attualità. Chiariamo subito che il reddito universale non è il “famoso” reddito di cittadinanza adottato ad opera del Movimento Cinque Stelle, il quale lo ha di fatto ridotto ad un sussidio per determinate categorie di soggetti. Il reddito universale è ben altra cosa, ovvero rappresenta un reddito di base per tutti i cittadini italiani maggiorenni che, a prescindere dal fatto che abbiano o meno un’occupazione, possono usufruire di tale introito per le spese di sussistenza: alimentari, di studio, spese mediche, ecc. Quindi verrebbe garantito il sostentamento a chi un reddito non ce l’ha e integrerebbe il reddito di quei soggetti che già svolgono un’attività lavorativa o imprenditoriale.
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Abbiamo un problema: siamo in guerra, ma non lo vediamo
Houston, abbiamo un problema. Il pubblico si spella le mani, pro o contro i suoi gladiatori di cartapesta, mentre là fuori impazza una specie di guerra mai vista, spaventosa, insidiosissima perché subdola: c’è in giro un killer, travestito da infermiere. Ha anche aperto una macelleria sfrontata, fino a ieri impensabile: e il peggio non è neppure la disinvoltura delle amputazioni senza anestesia (le pagine oscurate, i blog censurati, i video desaparecidos), ma il fatto che metà del pubblico sbeffeggi come vittimisti e inguaribili visionari gli autori delle denunce “bannate”, cancellate con un colpo di spugna. E’ il pubblico che trova normale che nell’anno 2020 dopo Cristo, non in Corea del Nord ma in un paese dell’Unione Europea, il governo istituisca una sorta di Ministero della Verità, senza vergognarsi di filtrare le informazioni destinate ai sudditi, a loro volta ben divisi in due ostinate tifoserie cementate da un rancore surreale, fuori luogo. Che il genere fantasy sia forse il più appropriato, per descrive l’attuale situazione psico-politica, lo suggerisce il lessico usato da un cardinale nel promuovere Donald Trump come “figlio della luce”, nemico del tenebroso Deep State che usa questa stranissima emergenza sanitaria per imprigionare il mondo nel cerchio magico della paura, oscurando l’orizzonte di una libertà democratica erroneamente data per scontata, ormai al sicuro per sempre.
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Magaldi: presto Conte non sarà più un problema, per l’Italia
Giuseppe Conte e i suoi consigliori si dimostrano sull’orlo di una crisi di nervi, sempre più disorientati e incapaci di comprendere quello che si sta muovendo attorno a loro: un po’ come la classe dirigente aristocratica del preludio della Rivoluzione Francese. Ovviamente oggi Conte è inquieto: sa che grandi manovre si muovono, da una parte all’atra dell’Europa e del mondo, ma in questo momento – a meno di qualche illuminazione sulla via di Damasco – non può che seguire la sua strada verso l’autodistruzione. Cosa può venire, da questi Stati Generali? Poco di buono, anche perché – in una situazione d’emergenza come questa – per essere credibile, un governo prima tira fuori i soldi e poi parla, progettando sul medio e lungo termine. Qui invece ci sono pochissimi soldi (spesi in modo inappropriato) e molte chiacchiere, appese peraltro a quelle che saranno decisioni europee. Qualche maligno sostiene che le discussioni in corso, negli Stati Generali e altrove, siano su come spartirsi denari per fini inconfessabili e a volte in termini clientelari, di rafforzamento del proprio ruolo? Denari che comunque verranno, prima o poi, dall’Europa: troppo tardi, per molte aziende e attività produttive che saranno ormai distrutte.Intere categorie e filiere produttive si sentono discriminate: c’è uno strabismo, un arbitrio, nel propiziare la ripresa di questa o quella attività, o di rendere difficilissima, ostica (con norme lunari e inappropriate) la ripresa dell’attività che si svolgeva. Magari, dal punto di vista di qualcuno, questa devastazione economica non è un problema, se quel qualcuno punta a rielvare attività, inserendosi in un mercato devastato; c’è anche questo aspetto, purulento e verminoso. Le valuteremo, le risultanze degli Stati Generali. Vedremo quali topolini avrà partorito, questa montagna (diroccata) di Giuseppe Conte. E appena gli Stati Generali saranno finiti lanceremo il nostro ultimatum, come Movimento Roosevelt, che scadrà il prossimo 10 settembre. Non si tratta di un ultimatum impositivo, prevaricatore, prepotente; si tratterà semplicemente di alcune richieste: il minimo sindacale di ciò che un governo degno di questo nome dovrebbe fare, a ristoro e indennizzo dei cittadini e di tutti i lavoratori che, dopo una quarantena forzata, stentano a riprendere la via della normalità e, spesso, anche della propria sussistenza.La Milizia Rooseveltiana avrà il suo battesimo di fuoco il 5 ottobre, nel caso il governo non recepisse le nostre propposte. Gli Stati Generali sono un teatro in negativo, cui contrapporremo il teatro in positivo della Milizia Rooseveltiana. Indendiamoci: Giuseppe Conte non è un’aquila. Credo che nella sua inadeguatezza pesi anche la scarsa visione d’insieme. E’ un uomo che ha troppi “consigliori”, che lo tirano per la giacchetta e peraltro lo inducono a sbagliare. Lui è un furbastro, che naturalmente si barcamena. Ma vive alla giornata, non ha una visione lunga: non potrebbe averla. La sua stessa pseudo-ascesa politica di breve respiro, destinata a durare ancora un pochino ma non troppo, è figlia dell’improvvisazione, del situazionismo, della disinvoltura trasformistica con cui è succeduto a se stesso sconfessando tutta una serie di cose e ritagliandosi un nuovo ruolo. Oggi addirittura sogna qualcosa che per gli italiani sarebbe un incubo, cioè un ulteriore proseguimento della sua carriera istituzionale. Con i suoi “consigliori”, naturalmente, Conte segue quello che noi massoni democratici gli facciamo sapere, pubblicamente e privatamente. Ma segue anche tutt’altro spartito.Dare retta a quello che gli stiamo suggerendo significherebbe trasfomarsi. Noi ce lo auguriamo, che questo possa accadere in extremis, per la fiducia laica nella possibilità di cambiamento di ciascuno, e nell’auspicio ottimista che chiunque possa fermarsi prima del baratro: baratro per sé e per gli italiani, verso cui questo governo sta conducendo un’intera nazione. Mi sembra però che il rumore intorno a Conte sia tale, che questi nostri moniti – che farebbe bene a considerare con più attenzione – per ora “scivolano”. Incrementando la nostra iniziativa anche con l’azione di piazza, questo rumore diventerà più inquietante, più difficile da rimuovere. Però nel frattempo accadranno cose, a livello generale, che probabilmente derubricheranno il problema-Conte come un problema per il popolo italiano. Il popolo italiano ha problemi più gravi, del governo Conte: e cioè quello della maggioranza che lo sostiene. Conte è figlio di una classe politica decadente e decaduta, inefficace, cialtrona, vile. Incapace di avere una sua linea politica per l’Europa, incapace di immaginare una proiezione geopolitica ed estera per l’Italia; incapace di sposare il paradigma economico offerto da Mario Draghi nella sua limpida lettera-manifesto pubblicata a fine marzo sul “Finalcial Times”. E’ una classe politica che, come Conte, vive alla giornata. Conte rappresenta bene questa classe politica, questo ammasso di politicanti senza futuro.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming “Gioele Magaldi Racconta”, su YouTube il 15 giugno 2020).Giuseppe Conte e i suoi consigliori si dimostrano sull’orlo di una crisi di nervi, sempre più disorientati e incapaci di comprendere quello che si sta muovendo attorno a loro: un po’ come la classe dirigente aristocratica del preludio della Rivoluzione Francese. Ovviamente oggi Conte è inquieto: sa che grandi manovre si muovono, da una parte all’atra dell’Europa e del mondo, ma in questo momento – a meno di qualche illuminazione sulla via di Damasco – non può che seguire la sua strada verso l’autodistruzione. Cosa può venire, da questi Stati Generali? Poco di buono, anche perché – in una situazione d’emergenza come questa – per essere credibile, un governo prima tira fuori i soldi e poi parla, progettando sul medio e lungo termine. Qui invece ci sono pochissimi soldi (spesi in modo inappropriato) e molte chiacchiere, appese peraltro a quelle che saranno decisioni europee. Qualche maligno sostiene che le discussioni in corso, negli Stati Generali e altrove, siano su come spartirsi denari per fini inconfessabili e a volte in termini clientelari, di rafforzamento del proprio ruolo? Denari che comunque verranno, prima o poi, dall’Europa: troppo tardi, per molte aziende e attività produttive che saranno ormai distrutte.
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Björkdahl: il Sudafrica sa chi è il vero killer di Olof Palme
Il caso Dag Hammarskjöld mi ha collegato a Olof Palme. Due leader svedesi, entrambi sostenitori di piccole nazioni sulla scena mondiale, entrambi restii ad essere controllati dai superpoteri globali, entrambi morti di morte violenta: su mandato dei medesimi superpoteri? Per 11 anni ho indagato sul misterioso incidente aereo che uccise l’ex segretario generale delle Nazioni Unite Dag Hammarskjöld. Indagine riassunta nel documentario “Cold Case Hammarskjöld”. Nel 2014, durante un viaggio di ricerca per il documentario, il caso dell’assassinio dell’ex primo ministro Olof Palme mi cadde letteralmente in braccio quando, alla fine di una cena, il giornalista De Wet Potgieter mi passò i documenti del cosiddetto dossier Deepsearch. I documenti, preparati dal defunto generale Tai Minnaar, descrivono come il Sud Africa definisse Palme “nemico dello Stato” e forniscono i nomi di persone presumibilmente coinvolte nel decidere, pianificare e attuare il suo assassinio. Più tardi capii che questi documenti erano ritenuti falsi da molti in Svezia. Ma l’anno successivo, a Pretoria, incontrai il generale in pensione Chris Thirion, ex capo dell’intelligence militare (Mi) del Sud Africa, e lui dichiarò nella mia telecamera che quei documenti nel dossier Deepsearch sembravano autentici. Egli affermò anche di essere personalmente convinto che il Sudafrica avesse compiuto quell’assassinio.Attraverso l’indagine Hammarskjöld avevo costruito una vasta rete di contatti: ex agenti dell’intelligence, ex-militari, storici e giornalisti. Per il caso Palme, uno dei contatti più utili fu un ex general-maggiore, Tienie Groenewald, che al momento dell’omicidio di Palme era stato responsabile del ramo Interpretazione della National Intelligence in Sudafrica. Egli mi raccontò storie affascinanti su come l’intelligence militare sudafricana collaborava con la Cia, come gli israeliani aiutarono il Sudafrica ad acquisire la bomba nucleare, ma non mi fu di grande aiuto per il caso Palme. Dopo il nostro ultimo incontro, lo chiamai e gli dissi che lui, più di chiunque altro, era in grado di aiutare a risolvere il caso Palme. Menzionai la ricompensa di 50 milioni di corone svedesi (circa 5 milioni di euro) e avanzai l’idea di un accordo in cui la Svezia avrebbe concesso l’immunità dall’accusa e il Sudafrica avrebbe convinto i suoi cittadini coinvolti nell’assassinio a diventare puliti.Il giorno seguente, un dipendente dell’intelligence militare sudafricana mi chiamò e mi invitò a un incontro con un generale nella sezione segreta (non lo nominerò ma in seguito verificai la sua identità). Mi disse di andare all’hotel Hyatt a Sandton, Johannesburg. Era il 1 ottobre 2015. Da lì fui scortato in un ristorante quasi vuoto, lì vicino, dove incontrai il generale. Lui andò dritto al nocciolo della questione, dandomi i nomi di quelli che disse fossero coinvolti nella morte di Palme – e mi disse che il Sudafrica era disposto ad aiutare la Svezia ad arrivare alla verità. In cambio, il Sudafrica sperava in relazioni più strette con la Svezia. Una condizione per un tale accordo sarebbe stata l’immunità dall’azione penale per tutti coloro che agirono per ordine dell’ex governo sudafricano. Il generale suggerì che il motivo avrebbe potuto essere sia politico (Palme e la Svezia avevano sostenuto l’Anc – il movimento patriottico di Nelson Mandela, NdT) che economico, anche se non elaborò ulteriormente questo punto. Egli affermò che l’intelligence militare sudafricana era disposta a iniziare una discussione, ma solo con le sue controparti svedesi: politici e media dovevano essere esclusi dal dialogo.Io dissi che il motivo centrale di una simile iniziativa sarebbe stato renderne pubbliche le conclusioni, in modo che sia la famiglia Palme che il popolo svedese potessero mettere la parola fine. Dopo un’intensa discussione, concordammo di consentire alle agenzie di intelligence di avviare la discussione, partendo da quel nostro incontro. Il generale era stupito che io stessi indagando sull’omicidio di Palme come hobby. Sottolineò che stavo correndo enormi rischi e che i cospiratori mi avrebbero semplicemente ucciso se si fossero sentiti minacciati. Nel novembre 2015 consegnai il materiale all’intelligence nazionale svedese (Säpo), che a sua volta lo passò all’unità di polizia che indagava sulla morte di Palme. Per i successivi due anni e mezzo non sentii più nulla e, nell’aprile 2018, cercai un incontro con il nuovo procuratore per il caso Palme, Krister Petersson. Gli raccontai la mia storia e mi fece piacere notare che ne era già a conoscenza. Non solo, Petersson mi chiese di far sapere al generale del Mi che lui era disposto ad andare in Sudafrica per incontrarlo.Non fui mai più in grado di ristabilire il contatto con il generale sudafricano, ma a giugno 2018 riuscii a consegnare il messaggio al Mi tramite un altro contatto. Di nuovo ci fu silenzio, fino a poche settimane fa quando una fonte di intelligence in Sudafrica mi informò che il 18 marzo si era tenuto a Pretoria un incontro tra rappresentanti dei due governi per discutere del caso Palme. In un normale caso giudiziario in Svezia, l’immunità dall’azione penale sarebbe impensabile. Ma il caso dell’assassinio di Olof Palme è unico. Perciò spero che le autorità svedesi possano fare un’eccezione, a condizione che i responsabili dell’assassinio confessino. Penso che sarebbe un gesto rispettabile da parte loro aiutare il popolo svedese a chiudere quel caso. Penso che il bisogno di sapere sia più importante del bisogno di punire.(Göran Björkdahl, “Il Sudafrica sa chi assassinò Olof Palme”, da “Tlaxcala” del 9 giugno 2020, ripreso da “Come Don Chisciotte” con traduzione dall’inglese di Leopoldo Salmaso. Per la morte del premier socialista svedese Olof Palme, assassinato a Stoccolma il 28 febbraio 1986, si è appena concluso un processo che, dopo tanti anni, ha lasciato l’amaro in bocca agli svedesi: si accusa un estremista di destra, Stig Engstrom, senza tuttavia dissipare i molti dubbi ancora aperti sul caso. L’economista Dag Hammarskjöld è stato invece un diplomatico, già presidente della Banca di Svezia, poi segretario generale delle Nazioni Unite; carica ricoperta per due mandati, dal 1953 fino alla sua morte nel 1961, occorsa a causa di uno strano incidente aereo avvenuto in Africa meridionale durante una missione di pace. Gli fu conferito postumo il Premio Nobel per la Pace per la sua attività umanitaria. Il saggista Gianfranco Carpeoro, massone, ricorda che Palme era un 33esimo grado del Rito Scozzese: secondo Carpeoro, il carismatico leader svedese, punto di riferimento per i socialisti europei con le sue politiche di welfare, è stato assassinato da servizi segreti agli ordini dell’élite massonica reazionaria e neoliberista che vedeva in Palme un ostacolo insormontabile per l’affermarsi del globalismo post-democratico e dell’Unione Europea così come sarebbe nata a Maastricht. Lo stesso Carpeoro lo ha ricordato nella primavera 2019 a Milano, in occasione del convegno che il Movimento Roosevelt ha dedicato alla figura di Palme, insieme a quelle di Carlo Rosselli e del leader africano Thomas Sankara. A essere implicato nell’omicidio Palme, secondo le fonti di Björkdahl, è ovviamente il regime sudafricano dell’apartheid, durato fino al 1991).Il caso Dag Hammarskjöld mi ha collegato a Olof Palme. Due leader svedesi, entrambi sostenitori di piccole nazioni sulla scena mondiale, entrambi restii ad essere controllati dai superpoteri globali, entrambi morti di morte violenta: su mandato dei medesimi superpoteri? Per 11 anni ho indagato sul misterioso incidente aereo che uccise l’ex segretario generale delle Nazioni Unite Dag Hammarskjöld. Indagine riassunta nel documentario “Cold Case Hammarskjöld”. Nel 2014, durante un viaggio di ricerca per il documentario, il caso dell’assassinio dell’ex primo ministro Olof Palme mi cadde letteralmente in braccio quando, alla fine di una cena, il giornalista De Wet Potgieter mi passò i documenti del cosiddetto dossier Deepsearch. I documenti, preparati dal defunto generale Tai Minnaar, descrivono come il Sud Africa definisse Palme “nemico dello Stato” e forniscono i nomi di persone presumibilmente coinvolte nel decidere, pianificare e attuare il suo assassinio. Più tardi capii che questi documenti erano ritenuti falsi da molti in Svezia. Ma l’anno successivo, a Pretoria, incontrai il generale in pensione Chris Thirion, ex capo dell’intelligence militare (Mi) del Sud Africa, e lui dichiarò nella mia telecamera che quei documenti nel dossier Deepsearch sembravano autentici. Egli affermò anche di essere personalmente convinto che il Sudafrica avesse compiuto quell’assassinio.
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Magaldi: avviso a Conte, in autunno la Rivoluzione Italiana
E bravo “Giuseppi”: non lo sa che gli Stati Generali portano male a chi li convoca, specie se non è esattamente in buona fede? Nel 1789, in Francia, condussero velocemente alla Presa della Bastiglia: oggi il piccolo capo di questo Governo della Paura vuol proprio fare, il prossimo settembre, la stessa fine di Luigi XVI? «Anche noi lo aspetteremo al varco: ma anziché il 14 luglio, anniversario dell’inizio della Rivoluzione Francese, gli daremo tempo per meditare sull’ultimatum che riceverà entro una decina di giorni. Gliene chiederemo conto il 20 settembre, ricorrenza della Breccia di Porta Pia. E se non saremo stati ascoltati, scenderemo in piazza il 5 ottobre: data che ricorda la Marcia delle Donne, quando anche le cittadine francesi nel fatidico 1789 fecero rotta sulla reggia di Versailles per reclamare i loro diritti». Gioca con le date, Gioele Magaldi: ma il titolo del gioco è inequivocabile, si chiama rivoluzione. «Grandi cose accadranno, in questi mesi, dietro le quinte del potere: ci saranno botte da orbi, grazie alle manovre intraprese dalla massoneria progressista». Ma la notizia è un’altra: «Nessuna rivoluzione ha mai avuto successo, senza il determinante contributo del popolo».«E’ vero, le élite le progettano: ma poi le rivoluzioni le fa la gente, se capisce che deve scendere in strada al momento giusto. Che nel nostro caso si sta rapidamente avvicinando», assicura Magaldi. «Parlo di un riscatto nazionale, civile ed economico: in palio c’è l’Italia, esattamente come nel Risorgimento, di cui il 20 settembre 1870 rappresenta l’epilogo, con la conquista di Roma». Premessa: il presidente del Movimento Roosevelt, entità metapartitica nata nel 2015 per tentare di rimettere insieme i cocci della politica italiana, di massoneria se ne intende. «Il mondo in cui viviamo è stato interamente progettato da massoni: lo Stato diritto, le istituzioni laiche, il suffragio universale. La democrazia non ce l’ha portata la cicogna: è stata un’idea dei massoni che nel ‘700 rovesciarono l’Ancien Régime, in Francia e in America, dando inizio alla modernità politica». Queste cose, Magaldi le ha ricordate nel saggio “Massoni”, edito nel 2014 da Chiarelettere. Un bestseller italiano, trasformatosi in long-seller e – dice l’autore – costato il trono a Giorgio Napolitano, nientemeno, indicato come appartenente alla superloggia “Three Eyes”.Grande regista, Napolitano, dell’imbarazzante operazione (interamente massonica) che portò il “fratello” Mario Monti a Palazzo Chigi con l’incarico di inguaiare il paese, tagliando la spesa sociale e quindi determinando deliberatamente una crisi terribile, tale da far crollare il gettito fiscale fino a far esplodere il debito pubblico. Obiettivo: rendere l’Italia sempre più debole, facile preda dei suoi avidi “becchini”. Francia e Germania? «Non esattamente: si tratta di gruppi apolidi, supermassonici, che usano in modo cinico le istituzioni – Ue, singoli paesi – per i loro scopi inconfessabili, speculativi e privatistici. E’ un’élite sovranazionale, economicamente neoliberista e politicamente reazionaria, post-democratica». Di fronte a questo, avverte Magaldi, le antiche distinzioni ideali (destra-sinistra) non contano più niente, da quando – archiviate le ideologie – i politici della sinistra si sono rassegnati, proprio come quelli della destra, ad eseguire ordini impartiti dall’alto: dalla stessa élite senza patria che, dagli anni Settanta in poi, ha cominciato a “smontare” la democrazia sociale dei diritti in tutto l’Occidente, attraverso entità paramassoniche come la Trilaterale, fino ad arrivare, oggi, a guardare alla Cina come modello.Una società autoritaria, quella cinese, basata sulla sorveglianza orwelliana del cittadino-suddito. «Non a caso – fa osservare Magaldi – il disastro Covid è esploso a Wuhan all’indomani della cocente umiliazione inflitta a Xi Jinping dall’unico politico capace di opporsi al dilagare dell’egemonia di Pechino: Donald Trump, oggi infatti assediato dai manifestanti antirazzisti alla vigilia delle elezioni, e alle prese con la drammatica crisi economica indotta dal lockdown, che ha cancellato gli ottimi risultati ottenuti dalla Casa Bianca nel far volare l’economia americana». Beninteso: «Trump farebbe meglio ad ascoltare i manifestanti genuinamente indignati per lo scandalo del razzismo che serpeggia tra i poliziotti stratunitensi: una piaga rispetto alla quale, peraltro, lo stesso Barack Obama, primo presidente “nero”, in otto anni non ha fatto assolutamente niente». Ma attenzione: «I manifestanti violenti sono manipolati: imputano assurdamente a Trump l’omicidio di George Floyd».Ecco perché, aggiunge Magaldi, sarebbe da ciechi non scorgere i manovratori: a loro, del razzismo non importa nulla. «Vogliono solo impedire che Trump venga rieletto, perché ha osato sfidare la loro “creatura”, la Cina, e anche l’opaca Oms foraggiata da Pechino, braccio operativo del “terrorismo sanitario” che ha usato il Covid come un’arma», con obiettivi plurimi: mettere ko l’economia per indebolire i politici, e confiscare – in modo inaudito, in Occidente – le libertà democratiche nelle quali siamo cresciuti. E’ una specie di inferno, quello che si sta spalancando: qualcuno sta cercando di far apparire “normale” il coprifuoco, il distanziamento, la chiusura irreparabile di aziende e negozi. Scenario che in Italia si sta traducendo nella morte civile di interi settori strategici, come il turismo. «E se domani qualcuno si inventa un altro virus, fabbricandolo in laboratorio? Che facciamo: richiudiamo tutto?». Il primo a sentire puzza di bruciato è stato Bob Dylan: con la canzone “Murder Most Foul”, il grande cantautore (Premio Nobel per la Letteratura) a fine marzo ha messo in relazione la pandemia – e i “falsi profeti” del vaccino universale – con la cupola di potere che nel 1963 assassinò John Kennedy a Dallas. Addirittura?Ebbene sì. «Un’unica filiera – dice Magaldi – collega la fine dei Kennedy al manifesto “La crisi della democrazia”, promosso dalla Trilaterale di Kissinger: il primo a sdoganare il regime cinese con l’idea di farne un’alternativa, mostruosa, per un Occidente non più libero, e oggi infatti ricattato dalla paura grazie a un virus “cinese” che, in questo, è ancora più efficace del terrorismo “islamico”, anch’esso coltivato da menti massoniche». Magaldi sa di cosa parla: già “venerabile” della prestigiosa loggia romana Monte Sion del Grande Oriente d’Italia, oggi è il “gran maestro” del Grande Oriente Democratico, circuito massonico progressista collegato con le superlogge sovranazionali più avanzate, sul piano dell’impegno sociale democratico, come la “Thomas Paine”. Altra notizia: a quel circuito appartiene lo stresso Dylan, «massone ultra-progressista, oggi sceso in campo in prima persona perché il pericolo che stiamo correndo è veramente grande: il mondo rischia di non essere più lo stesso, se gli oligarchi avranno mano libera nel gestire l’emergenza Covid a modo loro».La sensazione è che l’attacco sferrato – l’imposizione del lockdown “cinese”, l’avvento della nuova polizia sanitaria – sia un riflesso di autodifesa, da parte di un’élite che teme di perdere il potere. Parlano da sole le clamorose diserzioni in atto, ai piani alti, tutte annunciate con largo anticipo proprio da Magaldi: Mario Draghi e Christine Lagarde hanno abbandonato il fronte reazionario (dominio finanziario, privatizzazioni) e oggi parlano un’altra lingua, insieme alla stessa dirigenza del Fmi, fino a ieri schierata dalla parte del rigore. «Fine dell’austerity», raccomandò Draghi, a marzo, sul “Financial Times”: se non si inonda l’economia di miliardi a costo zero, che non si trasformino in debito, il nostro sistema produttivo crollerà. «Oggi, gli unici soldi veri che l’Italia sta ricevendo sono quelli della Bce assicurati dalla “sorella” Lagarde», sfidando i falchi tedeschi. E’ così l’importante, l’Italia? Eccome: «Ci crediate o meno, è il luogo in cui si combattono e si combatteranno alcune battaglie decisive per la democrazia e la libertà, per il futuro della globalizzazione», assicura Magaldi.Spiegazione: fuggita la Gran Bretagna, in Ue – a parte il Belpaese – restano solo due grandi player, Germania e Francia: ma i rigidi assetti politici di Berlino e Parigi non consentono margini di manovra. Che l’Italia fosse l’unico laboratorio possibile, per riformare la governance continentale, lo si era già visto nel 2018, col Parlamento nel caos dopo il voto: il boom dell’incognita 5 Stelle, il Pd umiliato tra le macerie del renzismo (riformatore solo a chiacchiere) e l’impennata della Lega, ad archiviare l’obsoleto centrodestra. Come sarebbe andata a finire lo si capì da subito: «Saranno i mercati a insegnare agli italiani come votare», proclamò l’eurocommissario tedesco Günther Oettinger, «massone reazionario», mentre lo spread saliva prontamente. Poteri forti: «Fu Bankitalia – dice Magaldi – a convincere Mattarella a negare il ministero dell’econonia a Paolo Savona, che era lì apposta per provare a cambiare le regole che ci penalizzano da decenni». Il resto è cronaca: lo stesso Salvini la buttò in caciara enfatizzando il problema-migranti, per nascondere il fallimento gialloverde. «Lui e Di Maio dovettero ingoiare il rospo: a loro, Bruxelles non concesse neppure un irrisorio incremento del deficit».Unico accenno di riforma, l’alleggerimento fiscale vagheggiato dal leghista Armando Siri, messo però fuori gioco da un semplice avviso di garanzia. «Salvini si arrese, staccando la spina». Elezioni? Macché: i 5 Stelle – pur di non perdere la poltrona – si aggrapparono al «partito di Bibbiano», abbracciando uno Zingaretti che, fino a tre giorni prima, giurava: «Mai, con quei populisti». Cambiarono i suonatori, ma non lo spartito: ancora e sempre rigore, vigilato dall’emissario di turno dei soliti poteri (Roberto Gualteri, Pd, forgiato dall’eterna tecnocrazia di Bruxelles). Obiettivo: tirare a campare, in un’Italia sempre più precaria e impoverita, senza nessuna speranza nell’unica svolta politico-economica ormai drammaticamente indispensabile: la rottamazione della grande bugia neoliberista, del debito pubblico come colpa nazionale. «Il “fratello” Draghi si è ricordato delle sue origini, citando il New Deal di Roosevelt: senza un massiccio intervento statale, l’economia frana nella spirale della crisi». E’ la lezione di Keynes, oggi rispolverata dal fronte massonico progressista che si oppone alle restrizioni catastrofiche imposte con l’alibi del Covid, tra le mille opacità della gestione italiana della pandemia più strana e più sospetta della storia. Un disastro, per gli italiani. Ma per “Giuseppi”, una grande occasione.Il piccolo, oscuro “avvocato del popolo” – mai sentito nominare da nessuno, prima del 2018 – si è trasformato di colpo in mini-dittatore, miracolato dal coronavirus proprio quando il suo governicchio incolore stava per cadere. «Conte ha sbagliato tutto quello che poteva: ha agito in ritardo nel creare zone rosse e ha permesso la grande “fuga” dalla Lombardia contaminata, poi ha chiuso gli italiani in casa facendo crollare l’economia e in più li ha lasciati senza aiuti: c’è ancora chi aspetta la cassa integrazione». Su che pianeta vive, il Conte che l’11 giugno si è stupito di essere accolto in piazza al grido di “buffone”? Ci tiene proprio, a replicare le gesta delle varie Maria Antonietta della storia? Non si era accorto, che l’esaperazione popolare sta per esplodere? Cattive notizie, per “Giuseppi”: un sondaggio di inizio giugno svela che è Mario Draghi l’italiano che oggi riscuote più fiducia. «Credo che a volte la storia sia sarcastica, ironica, beffarda», commenta Magaldi. «Il Conte che convoca gli Stati Generali, richiamando la Francia del ‘700, non sa che quell’assemblea portò direttamente alla rivoluzione contro chi l’aveva convocata?».«La storia dell’appello agli Stati Generali non andrà a finire bene nemmeno stavolta», dice Magaldi in web-streaming su YouTube. Una pessima suggestione storica: «Chi li aveva convocati nel 1789 credeva di poter manipolare il popolo, fingendo di concedere una consultazione vasta per il bene collettivo: in realtà si volevano propinare le solite ricette, che non concedevano significative riforme – economiche, politiche e sociali». La storia si ripete? «A un sempre più stralunato Giuseppe Conte (e ai suoi consigliori ancor più stralunati, tanto per le questioni comunicative che per quelle economiche e legislative), quella storia avrebbe dovuto consigliare di scegliersi un altro titolo, per questa convocazione», aggiunge Magaldi. «Ma credo ci sia una sorta di “cupio dissolvi”: ognuno persegue il proprio destino – e questo vale anche per Giuseppe Conte e i suoi, che avranno un destino di disfatta. Dunque, se ci sono gli Stati Generali, andranno a finire come nel caso della Rivoluzione Francese. E’ davvero uno scivolone clamoroso: significa quasi attribuirsi in partenza un esito catastrofico, come quello degli Stati Generali parigini».Magaldi annuncia un ultimatim che il Movimento Roosevelt presenterà a Conte entro una decina di giorni: «Faremo una proposta precisa, facile da attuare in tempi brevissimi, per ognuno degli attuali ministeri: c’è bisogno di sostenere gli italiani, subito, con azioni chiare e immediate». Precisa Magaldi: «Noi siamo laici, non “tribali”: non ci interessa chi fa le cose che servono, l’importante è che le faccia». Conte? «Deve liberarsi – testualmente – di tutte le pervicaci e rapaci cazzate che vengono anche dal piano Colao». Privatizzare quel che ancora ci resta: «Tutte storie già viste, stroncate molto bene da Giulio Sapelli, ottimo economista italiano che tiene alta la fiaccola keynesiana: Sapelli ha ricordato che le proposte di Colao assomigliano alle cose che si insegnano nelle scuole per manager, mal digerite e certamente poco adatte alla realtà concreta». Se il governo si libererà «dalle elaborazioni irrisorie che verranno da questi Stati Generali», tanto meglio: «Non ci sarà bisogno, il 5 ottobre, di scendere in piazza». Il problema è anche come affrontarla, la piazza: Magaldi sta creando la Milizia Rooseveltiana, qualcosa che in Italia non sè ancora visto.«Sarà un teatro nonviolento ma fermo, scomodo e inflessibile nel denunciare quello che non va e nel proporre soluzioni ragionevoli». Milzia? Ovvio il riferimento, autoironico, al fascismo delle origini, specularmente capovolto a partire dallo slogan: “Dubitare, disobbedire, osare”, anziché “Credere, obbedire e combattere”. «Mobilitare il popolo è un’operazione complicata, difficile: la maggior parte dei manifestanti sono irrisori, nelle loro dimostrazioni di piazza». Magaldi pensa ai Gilet Arancioni di Pappalardo: «I media li sfottono, come se ormai fosse una follia il solo fatto di protestare civilmente. Ma gli obiettivi che indicano – riforme costituzionali, uscita dall’Ue e dalla Nato – richiedono decenni, a prescindere da come li si giudichi». Sul fronte opposto, c’è l’increscioso modello-Sardine: «Molto rumore per nulla: proposte irrisorie se non pericolose per la democrazia, come la pretesa della censura sui social per i ministri». Magaldi ha le idee chiare: «Non è più tempo di analisi, ma neppure di manifestazioni inutili: si sfila e si intonano cori, ma non si porta a casa niente. Vedrete: finiranno nel nulla anche le manifestazioni contro Trump».Da dove deriva, Magaldi, le sue sicurezze? Ovvio, dalle informazioni riservate di cui dispone: il back-office del grande potere, che oggi è spaccato in due. Da una parte il “partito del lockdown” e della polizia sanitaria, dall’altra i partigiani della democrazia. Gli uni hanno usato il sistema-Cina per forzare la mano e deformare l’Occidente, mentre i loro avversari hanno investito sul più impensabile degli alleati – l’orco Donald Trump – per sfrattare dai piani alti i supermassoni “golpisti”, travestiti da democratici. Esempi? I Clinton: Bill ha relagato i pieni poteri a Wall Street, stracciando il Glass-Steagall Act (voluto da Roosevelt mezzo secolo prima) che impediva alla finanza speculativa di mettere in pericolo in risparmio privato. Quanto a Hillary, ha orchestrato le bolle di sapone dei vari Russiagate, obbedendo al “partito della guerra”. Di mezzo c’è stata la strategia della tensione planetaria gestita, secondo Magaldi, dalla superloggia “Hathor Pentalpha” creata dai Bush: roba loro, l’11 Settembre. Bottino: il saccheggio del Medio Oriente, grazie all’alibi del terrosismo islamico.«Osama Bin Laden – ricorda Magaldi – fu reclutato da Zbigniew Brezisinski in funzione antisovietica ai tempi dell’invasione dell’Afghanistan. Quello che pochi sanno – aggiunge l’autore di “Massoni” – è che Bin Laden fu iniziato alla superloggia “Three Eyes”, la stessa di Brzesinki e Kissinger». Poi i Bush lo dirottarono nella “Hathor”, «che più tardi affiliò anche Abu-Bakr Al Baghdadi, a cui venne dato il compito di mettere in piedi l’Isis, le stragi in Iraq e in Siria, i sanguinosi attentati in Europa». Fu lì, dice sempre Magaldi, che la piramide del potere occulto iniziò a incrinarsi: allo stesso saggio “Massoni”, forte di 6.000 pagine di documenti riservatissimi, hanno contribuito “grandi pentiti” del fronte oligharchico. Massonicamente, Magaldi li comprende: «Se sei consapevole del fatto che è stata la tua organizzazione, a fondare la modernità a colpi di rivoluzioni, un bel giorno puoi anche pensare di farne quello che vuoi, del mondo che hai fabbricato». Grave errore: «Noi progressisti li chiamiamo contro-iniziati: hanno tradito l’impegno massonico, che è per il bene di tutti, non di pochi. La loro è una filosofia: si sentono appartenenti a una sorta di “aristocrazia dello spirito”, si credono gli unici autorizzati a decidere i destini dell’umanità».Per questo, Magaldi li definisce neoaristocratici: «Vorrebbero ereditare il potere assoluto dell’aristocrazia di un tempo, che proprio i massoni abbatterono – in Francia, peraltro, anche con il contributo di elementi della stessa aristocrazia, e persino del clero: le logge del ‘700 erano davvero interclassiste». Discorsi che potrebbero sembrare lunari, non avessimo di fronte un tizio come “Giuseppi”, che qualcuno continua a scambiare per un politico dotato di un qualche spessore, e che ora s’è messo in testa di convocare a settembre gli Stati Generali, come quelli che nel 1789 scavarono la fossa alla corte di Parigi. Magaldi è drasticamente esplicito: «C’è un lavoro possente, condotto ai piani alti: aspettatevi di tutto, nelle prossime settimane». Qualcosa, a dire il vero, s’è già visto: in tempo di pace, non sarebbero mai circolate intercettazioni come quelle che imbarazzano Renzi (i servizi italiani utilizzati per fabbricare prove false contro Trump per il Russiagate) e che travolgono il capo dell’Anm, Palamara, impegnato a trescare col Pd per tagliare le gambe a «quella merda di Salvini», in una palude maleodorante di favori. Ma il bello deve ancora arrivare, assicura Magaldi: crolleranno pezzi interi di establishment.La partita italiana ha rilievo mondiale, insiste Magaldi: solo da qui si può pensare di scardinare l’attuale euro-sistema, che lascia Conte in mutande e gli italiani in bolletta persino di fronte al Covid. «Il governo va incalzato con proposte che non potrà rifiutare: soluzioni ragionevoli, da attuare subito». Giorno per giorno, gli italiani vedono la reale dimensione del dramma: il Mes è un piccolo imbroglio, il Recovery Fund resta un miraggio. Serve qualcuno che, finalmente, prenda il toro per le corna e pretenda quello che ci spetta: miliardi, per uscire dal coma. E non solo: va sfidato, una volta per tutte, il regime bugiardo dell’austerity. Nessuna legge economica vita di metter mano a una super-spesa pubblica, in tempi di crisi. Occorre agire. Se non ora, quando? «Il 5 ottobre, se Conte non ci avrà ascoltato, scenderà in campo la Milizia Rooseveltiana», annuncia Magaldi. «Le nostre idee devono camminare sulle baionette (nonviolente) della nostra capacità rivoluzionaria, pacifica e gandhiana, che però si esercita in piazza».«Occorre mobilitare sempre più persone, in modo costante e veemente, che gridino il loro “basta”. Persone accigliate, severe. Persone che non hanno più voglia di ridere, perché c’è poco da ridere. Questo è un momento gravissimo, per le sorti dell’umanità e del popolo italiano». Non è più tempo di blog e video su YouTube, di manifestazioni innocue e velleitarie, di analisi acute e controcorrente. «Il punto vero è che poi, queste cose, devono diventano azione (nonviolenta), perché solo nell’azione ci si unisce, e si diventa popolo sovrano». L’azione vera – scandisce Magaldi – è quella di chi dice, «di fronte al potere, al popolo e a quei giornalisti che hanno ancora la schiena diritta», quali sono le cose che si potrebbero fare in uno, due o tre mesi. «La soluzione, oggi, non è nell’infinita analisi e nell’infinito racconto: arriva un momento, che è quello dell’azione». Per inciso: mezzo mondo sta osservando l’Italia, che finora a subito ogni imposizione ma sta cominciando ad agitarsi. Gli Stati Generali a settembre? Brutta storia: per Conte e Colao finirà malissimo, profetizza Magaldi. A una condizione: che a scendere in campo, finalmente, siano gli italiani. Non bastano, le élite democratiche: serve il popolo, per rivoluzionare la governance. Per chi non l’avesse ancora capito: la sgangherata Italia è l’epicentro di questo terremoto mondiale.E bravo “Giuseppi”: non lo sa che gli Stati Generali portano male a chi li convoca, specie se non è esattamente in buona fede? Nel 1789, in Francia, condussero velocemente alla Presa della Bastiglia: oggi il piccolo capo di questo Governo della Paura vuol proprio fare, il prossimo settembre, la stessa fine di Luigi XVI? «Anche noi lo aspetteremo al varco: ma anziché il 14 luglio, anniversario dell’inizio della Rivoluzione Francese, gli daremo tempo per meditare sull’ultimatum che riceverà entro una decina di giorni. Gliene chiederemo conto il 20 settembre, ricorrenza della Breccia di Porta Pia. E se non saremo stati ascoltati, scenderemo in piazza il 5 ottobre: data che ricorda la Marcia delle Donne, quando anche le cittadine francesi nel fatidico 1789 fecero rotta sulla reggia di Versailles per reclamare i loro diritti». Gioca con le date, Gioele Magaldi: ma il titolo del gioco è inequivocabile, si chiama rivoluzione. «Grandi cose accadranno, in questi mesi, dietro le quinte del potere: ci saranno botte da orbi, grazie alle manovre intraprese dalla massoneria progressista». Ma la notizia è un’altra: «Nessuna rivoluzione ha mai avuto successo, senza il determinante contributo del popolo».