Archivio del Tag ‘sicurezza’
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Poliziotti: basta, siamo stufi di perseguitare cittadini italiani
Se quando abbiamo scelto di arruolarci nella polizia ci avessero detto che un giorno ci sarebbe toccato agire come cani da pastore o, peggio, da guardia di una sorta di Muro di Berlino, ci saremmo fatti grasse risate. Invece, a distanza di oltre trent’anni (e già, chi scrive non é una GiaccaBlu di primo pelo, siamo abbastanza adulti e con una certa esperienza) è proprio quello che sta accadendo e siamo increduli, attoniti. Certo, sapevamo benissimo che fare questo lavoro comporta (anche) essere invisi, sapevamo che non andavamo incontro a scrosci di applausi come rockstar; indossare la GiaccaBlu non è da tutti e non è per tutti, sono più i rospi da ingoiare che i riconoscimenti per i quali gioire, ma sapevamo che era nel conto. Quello che non è nel “contratto” stipulato col giuramento fatto alla Repubblica e alla Costituzione è agire, operare fuori (se non addirittura contro) i suoi dettami. Per mesi e mesi, durante il corso di addestramento e formazione, ci sono stati ribaditi certi principi che abbiamo assimilato (non che ce ne fosse bisogno, la coscienza democratica era ben radicata in tutti noi, esclusi quelli che in certe riunioni sindacali usavano introdurre i loro interventi con “carissimi amici, colleghi, compagni”!). Ma oggi?Oggi ci ritroviamo in una situazione in cui siamo (stati) trasformati in una quasi-milizia, costretti a persegui(ta)re i nostri concittadini non appena osano mettere il naso fuori dalla loro abitazione, a “chiedergli” di certificare la legittimità dei loro movimenti e decidere se sono plausibili o meno, da ultimo persino a valutare se e quali sono i loro congiunti! A questo siamo stati ridotti noi eredi del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza? A questo è ridotta la nostra istituzione? La nostra gloriosa GiaccaBlu come uno straccio, oltraggiata e svilita senza che nessuno osi opporsi a questo scempio? La nostra polizia, che negli ultimi 30 anni ha retto l’urto dei maniaci del federalismo tout court che la volevano smantellata e (sotto)posta ai sindaci negli anni ’90? No! Così non va bene! Non ci sta bene! Basta! Non siamo disposti a farci mettere in svendita, la GiaccaBlu non è un orpello, ha un valore intrinseco, non può essere messa in svendita o in saldo. Se così è, lo si dica chiaramente, se si ha il coraggio. Siamo stufi di doverci “scontrare” quotidianamente con persone che hanno perso il lavoro, non hanno sostentamento ma famiglia a carico, che non sanno più come mantenere.Siamo consapevoli della situazione emergenziale a causa del Covid19, ma ancor più lo siamo dell’assurdità di certi provvedimenti amministrativi e di certe (deliranti) ordinanze emesse dalle autorità locali. Ci siamo espressi contro l’utilizzo dei droni (una follia) per la caccia all’uomo, utili e strumentali solo ed esclusivamente alle manie di protagonismo di alcuni sindaci scatenati in una gara a chi è più realista del Re (altro prodotto di una politica stupida e insensata sulla gestione della sicurezza pubblica). Siamo uomini, donne, mariti, mogli, padri, madri; molti viviamo il dramma della chiusura di piccole attività che contribuivano a farci arrivare a fine mese senza eccessivi patemi d’animo. E siamo testimoni dello stesso identico dramma che moltissimi nostri concittadini stanno vivendo, delle lacrime che versano e dell’angoscia che li pervade ogni volta che procediamo a un semplice controllo. Vi sembra normale tutto ciò? Non vogliamo essere “congiunti” di uno Stato Etico in stile Ddr, non vogliamo essere complici di questo sfascio sociale. Ne prendano atto, coloro che vivono nelle loro torri d’avorio. La vostra ignavia sta mettendo in serio pericolo la coesione sociale.(”Congiunti di uno Stato etico? No, grazie!”, post apparso il 3 maggio 2020 sul forum “Poliziotti.it”, seguito dallo slogan “IoNonSanziono” e dall’hashtag #FedeleAllaCostituzione. “Poliziotti.it” è nato nel 2001 da una intuizione di Salvatore Baiocchi all’indomani dei fatti di Genova, come portale non istituzionale e asindacale per favorire il dialogo democratico tra poliziotti e cittadini).Se quando abbiamo scelto di arruolarci nella polizia ci avessero detto che un giorno ci sarebbe toccato agire come cani da pastore o, peggio, da guardia di una sorta di Muro di Berlino, ci saremmo fatti grasse risate. Invece, a distanza di oltre trent’anni (e già, chi scrive non é una GiaccaBlu di primo pelo, siamo abbastanza adulti e con una certa esperienza) è proprio quello che sta accadendo e siamo increduli, attoniti. Certo, sapevamo benissimo che fare questo lavoro comporta (anche) essere invisi, sapevamo che non andavamo incontro a scrosci di applausi come rockstar; indossare la GiaccaBlu non è da tutti e non è per tutti, sono più i rospi da ingoiare che i riconoscimenti per i quali gioire, ma sapevamo che era nel conto. Quello che non è nel “contratto” stipulato col giuramento fatto alla Repubblica e alla Costituzione è agire, operare fuori (se non addirittura contro) i suoi dettami. Per mesi e mesi, durante il corso di addestramento e formazione, ci sono stati ribaditi certi principi che abbiamo assimilato (non che ce ne fosse bisogno, la coscienza democratica era ben radicata in tutti noi, esclusi quelli che in certe riunioni sindacali usavano introdurre i loro interventi con “carissimi amici, colleghi, compagni”!). Ma oggi?
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De Donno: guariamo dal Covid. Tutti ci chiamano, l’Italia no
Il direttore della pneumologia dell’ospedale Poma di Mantova, Giuseppe De Donno, che sta sperimentando, sembra con risultati incoraggianti, la terapia sui pazienti Covid col plasma dei pazienti guariti, oggi ha rilasciato un’intervista a “Radio Bruno” in cui è tornato sulle polemiche dei giorni scorsi. In particolare, ha commentato le parole di Roberto Burioni che ospite di “Che tempo che fa” aveva affermato: «La plasmaterapia è una tecnica già in uso, si vedrà nelle prossime settimane se funziona. Ha dei limiti, perché serve molto plasma di persone guarite e ce ne sono poche. Questi plasmi non sono la soluzione ideale, sono costosissimi e difficilissimi da preparare, si basano sulla disponibilità di persone guarite che non sono tantissime, è un approccio di emergenza, se si dimostra che gli anticorpi funzionano possiamo riprodurli artificialmente in laboratorio». De Donno, stamattina in radio, si è sfogato con una certa amarezza: «La plasmaterapia è l’unica terapia specifica per il coronavirus, si destina il plasma solo a pazienti che non abbiano storie di insufficienza respiratoria per più di 10 giorni. Oggi noi a Mantova abbiamo il maggior numero di pazienti nell’ambito di questo protocollo e nella nostra sperimentazione non abbiamo avuto alcun decesso tra 48 pazienti con polmoniti».E poi: «Leggo corbellerie immani sulla plasmaterapia, oggi ho letto di chissà quali indagini che vanno fatte e di una terapia costosa, noi non abbiamo avuto reazioni avverse e gli indici di infiammazione si sono ridotti, per cui oggi quei 48 pazienti sono tutti a casa con le loro famiglie. Riguardo i costi, tenendo conto di tutti gli elementi, dalla sacca al personale alla macchina e ai reagenti, ogni sacca da 600 ml costa 164 euro. Per un paziente la usiamo da 300 ml, vuol dire che ne costa 82 a terapia, più o meno quanto gli integratori per la palestra. Se sono tanti per salvare una vita non ho capito nulla della medicina». Il professor De Donno ha poi commentato l’interesse internazionale su questa sperimentazione: «Mi stanno chiamando tutti, ieri il console del Messico, l’Onu, il consigliere del ministro della salute americana, abbiamo avuto proposte di lavoro nei centri di ricerca stranieri. Ogni volta che mi chiama un istituto straniero e non mi chiama mai il nostro Istituto superiore di sanità o non sento il nostro ministro della salute sono grandi dolori per un ricercatore come me, che fa il medico ospedaliero e che si è speso, che è stato in prima fila nell’emergenza Covid lavorando di notte in pronto soccorso».De Donno non nasconde l’amarezza: «Quando mi ha telefonato l’alto funzionario dell’Onu ho pianto dalla commozione, finita la telefonata, però, ho provato un grande senso di amarezza perché questa sperimentazione è una chance che stiamo dando al nostro paese e lo dico a prescindere dal risultato finale, perché magari questa sperimentazione dirà che mi sto sbagliando e nel caso lo ammetterò, ma non credo. Però abbiamo in mano una sperimentazione terapeutica che può cambiare la sorte di questa epidemia e dei pazienti, l’amarezza resta». Infine, commenta le dichiarazioni di Roberto Burioni sui costi alti e le difficoltà di reperimento del plasma: «Questa per me è la cosa più grave e mi ha fatto più male perché mettere in dubbio la rete trasfusionale italiana, il fatto che il plasma possa essere insicuro e trasmettere malattie mette una grossa ombra rispetto al nostro sistema trasfusionale che è uno dei più sicuri del mondo. È inaccettabile che il presidente di Avis nazionale non sia intervenuto su questo ma sia intervenuto mettendo in dubbio la nostra sperimentazione che è stata fatta con grande serietà e con criteri di arruolamento specifici e stringenti pubblicati per dirimere ogni dubbio».(Selvaggia Lucarelli, “De Donno, il prof della plasmaterapia: Mi ha chiamato l’Onu, ho pianto”, da “Tpi” del 6 maggio 2020).Il direttore della pneumologia dell’ospedale Poma di Mantova, Giuseppe De Donno, che sta sperimentando, sembra con risultati incoraggianti, la terapia sui pazienti Covid col plasma dei pazienti guariti, oggi ha rilasciato un’intervista a “Radio Bruno” in cui è tornato sulle polemiche dei giorni scorsi. In particolare, ha commentato le parole di Roberto Burioni che ospite di “Che tempo che fa” aveva affermato: «La plasmaterapia è una tecnica già in uso, si vedrà nelle prossime settimane se funziona. Ha dei limiti, perché serve molto plasma di persone guarite e ce ne sono poche. Questi plasmi non sono la soluzione ideale, sono costosissimi e difficilissimi da preparare, si basano sulla disponibilità di persone guarite che non sono tantissime, è un approccio di emergenza, se si dimostra che gli anticorpi funzionano possiamo riprodurli artificialmente in laboratorio». De Donno, stamattina in radio, si è sfogato con una certa amarezza: «La plasmaterapia è l’unica terapia specifica per il coronavirus, si destina il plasma solo a pazienti che non abbiano storie di insufficienza respiratoria per più di 10 giorni. Oggi noi a Mantova abbiamo il maggior numero di pazienti nell’ambito di questo protocollo e nella nostra sperimentazione non abbiamo avuto alcun decesso tra 48 pazienti con polmoniti».
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Scuola di paura: l’infanzia negata dei bambini in isolamento
Mi chiamo Marika Adianto, ho 45 anni, sono mamma di una bambina di 10 anni e sono un’insegnante di scuola primaria a Genova. Scrivo dopo lunghe riflessioni e gran frustrazione con la necessità di dare voce alla mia categoria o ad una parte della mia categoria (non ho la presunzione di rappresentare tutti gli insegnanti), ma soprattutto ai bambini. Vorrei sottoporre a chi legge una serie di riflessioni che sento la necessità assoluta di condividere. Anche in questa occasione, a mio avviso, alla scuola non è stata prestata la dovuta attenzione da parte delle istituzioni. Si è scelto di chiuderla, sono stati stanziati alcuni milioni di euro per la Dad [didattica a distanza], ma non c’è stata una riflessione, non c’è stato un pensiero-guida volto ad una ripartenza a settembre in una condizione di benessere. Il benessere delle bambine e dei bambini e di chi si occupa di loro. L’occasione ghiotta che ci ha offerto questa situazione è la possibilità di ripensare e rivalutare il nostro micromondo della scuola. La riflessione iniziale sarebbe dovuta essere: quale scuola e, di conseguenza, quale società vogliamo costruire o ricostruire per settembre? Cosa vogliamo trasmettere ai nostri bambini e ragazzi? Su quali principi e basi vogliamo riaccogliere, riaprire, incontrare nuovamente i nostri giovani?Ciò che emerge è che si voglia seguire non il tanto nominato principio di prudenza, ma, purtroppo il principio di paura. Ciò che noi adulti saremo in grado di lasciare a questa generazione in dono sarà la paura. Paura del contagio, paura del contatto, paura del respiro, paura della contaminazione, paura della vicinanza. Paura di vivere. Ho quindi deciso di scrivere, per la mia coscienza, per il mio intelletto, per la mia dignità e per l’amore e la passione che ho per il mio lavoro che io non sono d’accordo e non voglio solo condividere il mio sdegno, ma sento la necessità di fare proposte. Di essere costruttiva. Chi pensa al piano-scuola per il rientro, ancora una volta, sembra non aver mai avuto a che fare con un bambino. I bambini non conoscono o non dovrebbero conoscere il distanziamento sociale, termine che in realtà mi rifiuto di usare perché implica una lontananza non solo fisica, ma umana dagli altri. Distanza che a priori mi risulta inaccettabile. I bambini si assembrano.Assembramento. Altro termine che evoca periodi terribili della nostra storia di italiani, di esseri umani. I bambini si assembrano, per fortuna lo fanno. In maniera innata si avvicinano, ricercano contatto, abbracciano, ricercano conforto, si scambiano oggetti, giochi e si parlano a distanza ravvicinata. Si riesce a immaginare una scuola, un mondo, in cui tutto ciò non accada? Si riesce ad accettare un mondo in cui tutto ciò non accada anche per un “breve” periodo di tempo? Io non ci riesco. Chi lavora con i bambini sa che il rischio zero non esiste. Chi lavora con i bambini sa che il rapporto maestra-bambino si crea attraverso i gesti: un abbraccio, una carezza sulla testa, una mano piccola in una mano grande. Gesti che accompagnano: aiutare ad impugnare la matita, la forchetta, allacciare una scarpa, soffiare un naso (sì, addirittura soffiare un naso). A scuola tutto è condivisione e vicinanza, la scuola è questo: stare seduti vicini in biblioteca mentre la maestra legge un albo illustrato, stare vicini a merenda per confidarsi un segreto, fare musica insieme in cerchio, condividere un progetto di arte, mangiare a mensa insieme, scambiarsi le penne e le macchinine.In una intervista di ieri, la ministra rilascia alcune dichiarazioni che paiono l’anteprima di quelle che saranno le disposizioni per settembre e parla di dividere le classi, una metà a casa e una metà a scuola, di far ruotare i gruppi e di permettere ai bambini di seguire le lezioni attraverso una telecamera posizionata in classe. Provo a spiegare perché, secondo me, tutto ciò non ha senso: prendiamo il caso di una classe di 24 bambini/ragazzi. Invece di lasciarne a casa metà si potrebbe pensare di creare due classi di 12 e consentire a tutti di andare a scuola. Perché quello che conta in ambito educativo, pedagogico, didattico è la presenza fisica. Non lo dico io, lo dicono i fatti e la Dad ce lo sta dimostrando: non funziona (ma ci tornerò tra poco). Inoltre: si riesce ad immaginare la frustrazione e il disagio del gruppo di bambini a casa? Con chi staranno se i genitori devono lavorare e i nonni sono una categoria a rischio? Si ritiene che il collegamento con la telecamera consenta la socialità – davvero??? O li renda semplicemente spettatori della vita altrui?E ancora: la telecamera è una forma di controllo. Cosa si deve controllare? Che gli insegnanti mantengano le distanze? Che non ci si sfiori? Che il protocollo di sicurezza sia rispettato? E’ davvero questa la società che vogliamo? Davvero vogliamo essere sorvegliati e sorvegliarci osservando per ore uno schermo? Davvero vogliamo che i nostri bambini stiano seduti tutto il tempo scuola lontani dagli altri, divisi magari da uno schermo di plexiglass, con la mascherina sulla faccia per quattro, sei ore al giorno? Questo è il ricordo della loro infanzia o adolescenza che vogliamo lasciare loro? Vogliamo seriamente riflettere sulle difficoltà di respirazione e comunicazione che implica l’uso della mascherina? Perché qui non si tratterebbe di fare la spesa per venti minuti al supermercato; qui, se dovesse essere imposto l’obbligo della mascherina a scuola, si parla di ore, di ore con la mascherina davanti al naso e alla bocca. E non ci sono ancora studi che ci possano dire davvero se questo oggetto non sia invece più dannoso che utile. Qualcuno ci ha pensato? Io sì. Molti di noi insegnanti lo hanno fatto e si interrogano.E poi: che incidenza può avere sulla salute fisica e psichica dei bambini il lasciarli ore a casa davanti ad uno schermo “in collegamento” con i compagni a scuola? C’è stata o c’è una riflessione a riguardo? Quanto potrà incidere questa scelta sulla vita dei nostri bambini? Molto, a mio modesto avviso, e non in senso positivo. Da anni si parla dei problemi di attenzione e di iperattività chiamando in causa la sovraesposizione allo schermo e la sedentarietà… e cosa si propone per la scuola del futuro? Che stiano a casa seduti davanti allo schermo oppure a scuola seduti. Distanti, mi raccomando. Mi chiedo: saremo noi insegnanti i responsabili se non dovesse essere mantenuta questa distanza? Saremo noi a dover diventare i vigili dei nostri alunni? E’ questo che ci verrà chiesto? Di tenerli lontani da noi e tra loro? E’ davvero questa la scuola che vogliamo, la società che vogliamo? Io non credo di farcela.Le nostre scuole hanno, spesso, molte aule. Le nostre scuole hanno, in molti casi, giardini o spazi all’aperto che non possono essere utilizzati perché inagibili, in abbandono, senza manutenzione. Assumendo i tanti precari che lavorano nella scuola si potrebbero creare classi meno numerose. Stanziando denaro per l’edilizia scolastica si potrebbero riqualificare ambienti e spazi esterni. Il denaro investito nella scuola, a mio avviso, non andrebbe utilizzato esclusivamente per la tecnologia, ma anche e oso dire, soprattutto, per la ristrutturazione. E non solo. Per ripensare gli spazi. E si torna sempre alla necessità di ripensare. Riflettere. Rimettere la pedagogia al centro dei nostri pensieri insieme all’educazione civica, alla formazione del cittadino. Inoltre: vogliamo seriamente pensare ai bambini con bisogni educativi speciali, ai bambini con piano educativo individualizzato? Sono stati i più penalizzati tra tutti i bambini. Possiamo pensare di tenerli lontani fisicamente dagli insegnanti di sostegno (e da tutti gli insegnanti)? Possiamo pensare di mettere loro la mascherina e di fargliela tenere per ore? Possiamo pensare di metterli seduti in cucina e farli assistere alle lezioni a distanza per farli “socializzare”?E qui si inserisce il discorso sulla Dad, che sta penalizzando soprattutto loro, i bambini in difficoltà. A differenza della scuola vera, quella dove ci si assembra, la Dad non consente un intervento significativo e di qualità da parte degli insegnanti a livello educativo, pedagogico e didattico. Non saprei dirlo meglio di così: non si riesce davvero ad arrivare ai bambini e alle bambine. Perché? Semplicemente perché non è reale. Ci ha aiutato a mantenere un minimo di contatto, ci ha permesso di vederli in questi mesi. Ma non è sufficiente. Perché questa modalità di relazione non è reale. La Dad può essere sopportata da tutti per un breve periodo di emergenza. Ma non è accettabile nella normalità. Perché immagino e spero che alla normalità si voglia tornare. Le scelte che si faranno incideranno sulla vita di milioni di persone, lo faranno in maniera significativa, segneranno una generazione. Non si può non riflettere su tutto ciò, con umiltà. Perché quello che, dal mio punto di vista, manca, è l’ascolto di chi la scuola la vive ogni giorno, da anni. Io sono solo diciotto anni che insegno, ma quotidianamente imparo da colleghe che da quaranta anni aiutano i bambini a crescere. Possibile che non si pensi di dar loro voce? Chi è più esperto di chi con i bambini trascorre in media cinque ore al giorno? Nessuno. Quello di cui abbiamo bisogno è di essere ascoltati. Perché siamo noi gli esperti. Siamo noi la task force gratuita della quale avvalersi per ripartire umanamente a settembre. Per favore, ascoltateci! Grazie.(Marika Adianto, “Lettera di un’insegnante”, pubblicata su “Luogo Comune” il 3 maggio 2020).Mi chiamo Marika Adianto, ho 45 anni, sono mamma di una bambina di 10 anni e sono un’insegnante di scuola primaria a Genova. Scrivo dopo lunghe riflessioni e gran frustrazione con la necessità di dare voce alla mia categoria o ad una parte della mia categoria (non ho la presunzione di rappresentare tutti gli insegnanti), ma soprattutto ai bambini. Vorrei sottoporre a chi legge una serie di riflessioni che sento la necessità assoluta di condividere. Anche in questa occasione, a mio avviso, alla scuola non è stata prestata la dovuta attenzione da parte delle istituzioni. Si è scelto di chiuderla, sono stati stanziati alcuni milioni di euro per la Dad [didattica a distanza], ma non c’è stata una riflessione, non c’è stato un pensiero-guida volto ad una ripartenza a settembre in una condizione di benessere. Il benessere delle bambine e dei bambini e di chi si occupa di loro. L’occasione ghiotta che ci ha offerto questa situazione è la possibilità di ripensare e rivalutare il nostro micromondo della scuola. La riflessione iniziale sarebbe dovuta essere: quale scuola e, di conseguenza, quale società vogliamo costruire o ricostruire per settembre? Cosa vogliamo trasmettere ai nostri bambini e ragazzi? Su quali principi e basi vogliamo riaccogliere, riaprire, incontrare nuovamente i nostri giovani?
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Vietato dare buone notizie: il contagio crolla, ma guai a dirlo
Da questa mattina torniamo in libertà, ma per modo di dire. Quattro milioni di persone in più potranno rientrare al lavoro, chi ci tiene riprenderà a correre da solo e abbiamo il permesso di uscire per andare a trovare parenti che normalmente ignoriamo e fidanzate con le quali non abbiamo mai voluto mettere su casa. Le norme sono vaghe, tant’è che si attendono documenti chiarificatori nei quali il governo si impegna a interpretare se stesso e spiegare al volgo quel che Conte non è stato capace di illustrare. Il pressapochismo è voluto. Non si è chiari per non assumersi responsabilità e poter poi rimproverare agli italiani di non essersi comportati in modo assennato qualora le cose andassero male. Siamo maliziosi? La verità si cela nei dettagli. Per i due mesi e oltre di esplosione dell’epidemia abbiamo subìto ogni giorno la mesta liturgia della Protezione civile che alle 18 dava il conto di morti e feriti. Dati terrorizzanti. E siccome, quando si è nel panico, ci si aggrappa alla prima cosa che si ha sotto mano senza chiedersi se possa tenerci a galla, molti italiani hanno riposto fiducia perfino nel vanesio, vago, contraddittorio e nervosetto Conte.A tenerlo a galla erano i becchini della Protezione civile, che hanno continuato il loro rito benché fosse evidente la sua inutilità, giacché il numero dei contagiati dipende da quello dei tamponi e non dal reale andamento del virus. Più le notizie erano funeree, più i cittadini erano disponibili a tollerare l’autoproclamazione a ducetto del premier. Da dieci giorni la situazione pandemica sta migliorando. I morti si sono prima dimezzati, poi ridotti di due terzi e tre quarti. I contagi pure. In vaste zone d’Italia il virus ha battuto in ritirata. Non ci sono più condizioni di oggettiva drammaticità che autorizzino Conte a fare di testa sua, emanando decreti illegittimi in serie senza passare dal Parlamento. Finalmente alle 18 potremmo accendere il televisore con un filo di speranza, anziché facendo gli scongiuri. Questo tuttavia cozza con la narrazione del governo, che criminalizza le Regioni, chi vuole aprire e chiunque sia stufo di stare sull’attenti. Ed ecco che, d’improvviso, il comitato di becchini decide di sospendere le comunicazioni ritenendole «ormai inutili». Proprio quando invece i dati sul contagio sarebbero fondamentali per orientare i nostri comportamenti sul come, quanto e quando uscire.Finché eravamo agli arresti domiciliari, poco importava se i decessi fossero cento in meno o in più del giorno prima. È ora che dobbiamo vivere che sarebbe utile sapere tutto. Invece no; il governo rialza la cortina di fumo. Come quando a gennaio ha decretato l’emergenza sanitaria nazionale per sei mesi senza farlo sapere a nessuno, neppure agli ospedali. Sulle cifre vengono spenti i riflettori, perché esse non devono mettere in discussione il potere assoluto di Conte né legittimare gli strappi dei presidenti delle Regioni. E ciò che non si riesce a nascondere, lo si tarocca. Come la vicenda del dato filtrato ieri: 192 morti. Ma siccome era ritenuta una cifra tranquillizzante, ecco spuntare fuori dal cassetto 282 decessi avvenuti ad aprile in Lombardia e non conteggiati. Così che il numero dei lutti è salito a 474, dato più funzionale alla strategia del terrore pianificata dal premier.(Pietro Senaldi, “Conte e la Fase 2: i dati sui contagi migliorano, perché è vietato dare buone notizie”, da “Libero” del 4 maggio 2020).Da questa mattina torniamo in libertà, ma per modo di dire. Quattro milioni di persone in più potranno rientrare al lavoro, chi ci tiene riprenderà a correre da solo e abbiamo il permesso di uscire per andare a trovare parenti che normalmente ignoriamo e fidanzate con le quali non abbiamo mai voluto mettere su casa. Le norme sono vaghe, tant’è che si attendono documenti chiarificatori nei quali il governo si impegna a interpretare se stesso e spiegare al volgo quel che Conte non è stato capace di illustrare. Il pressapochismo è voluto. Non si è chiari per non assumersi responsabilità e poter poi rimproverare agli italiani di non essersi comportati in modo assennato qualora le cose andassero male. Siamo maliziosi? La verità si cela nei dettagli. Per i due mesi e oltre di esplosione dell’epidemia abbiamo subìto ogni giorno la mesta liturgia della Protezione civile che alle 18 dava il conto di morti e feriti. Dati terrorizzanti. E siccome, quando si è nel panico, ci si aggrappa alla prima cosa che si ha sotto mano senza chiedersi se possa tenerci a galla, molti italiani hanno riposto fiducia perfino nel vanesio, vago, contraddittorio e nervosetto Conte.
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Covid: trovata la cura, ora si guarisce. Ma nessuno ne parla
Quanto sta accadendo tra Pavia e Mantova ne è la prova: abbiamo medici eccezionali in un sistema globale discutibile, in tanti casi marcio. E’ stato normale mandarli a morire senza protezioni, come per la Cina ritardare di 2 settimane la comunicazione della sequenza del genoma o per l’Oms ripetere il 14 gennaio, a contagio diffuso, quanto affermava l’autorità cinese: «Non ci sono trasmissioni da uomo a uomo». Il 21 febbraio ancora dicevano che gli asintomatici non erano fonte di contagio. Quando i morti sono tanti è sempre tardi per chiedersi se si poteva fare altro e se qualcuno ne risponderà mai. Nel nostro paese ad un sistema sanitario che funziona a macchia di leopardo si contrappongono medici in prima linea che per salvarci ci stanno lasciando “le penne”. Per fortuna lo abbiamo nel Dna: quando a noi italiani dici di fare qualcosa, non la facciamo. Cerchiamo prima di capire perché ci è stato dato quel comando. Come sarà successo al parassitologo molecolare Andrea Cristanti che, facendo tamponi di massa a Vò Euganeo, ha compreso che gli asintomatici sono fonte di contagio e andavano isolati.L’autonomia di pensiero e una buona dose di coraggio e responsabilità, unita a molta competenza in un mare di mediocrità, porta oggi alcuni centri medici a raccontare la loro terapia di successo contro il Covid-19: la sieroterapia. Sì, perché in alcuni ospedali non si verificano più decessi per Covid da un mese, e il coronavirus sparisce dopo un trattamento che va dalle 2 alle 48 ore, eliminando ogni traccia di sintomo. Wow, direte, e come mai non lo dicono in tv e non se ne sente parlare? «Non abbiamo un decesso da un mese. I dati sono splendidi. La terapia funziona, ma nessuno lo sa», racconta entusiasta ma con una vena di sarcasmo Giuseppe De Donno, direttore di pneumologia e terapia intensiva respiratoria del Carlo Poma di Mantova. In questo strano cortocircuito tra scienza, politica ed informazione accade infatti altro. «Tutti i giorni, in tv – dice De Donno – ascoltiamo chi negava che il coronavirus potesse arrivare in Italia o parlava di influenza o che colpiva solo gli anziani. Gli unici che ci capiscono qualcosa lavorano ventre a terra dal primo giorno dell’epidemia e non hanno il tempo di vivere in televisione. Hanno inventato questa terapia fantastica ma purtroppo lo spazio avuto fino ad ora sui media è esiguo».De Donno: «Sono entusiasta di vedere le persone guarite così velocemente. E’ l’unico trattamento razionale, sia biochimico che immunologico del coronavirus che c’è in questo momento. Non esisterà farmaco più efficace del plasma. E’ come il proiettile magico, si usano immunoglobuline specifiche contro il coronvirus. Va utilizzato in fase precoce. Se invece si aspetta che il paziente sia moribondo… allora si fa un errore e ci vuole solo il prete, ecco! Ma è lo stesso discorso dell’aspirina nella prevenzione dell’infarto. Se la usi in una persona che è già cardiopatica, non conta nulla». I limiti della terapia? Ce li spiega De Donno ridendo: «Costa poco, è fattibile e pure democratica. Abbiamo 7 o 8 donatori tutti i giorni». Sono circa 80 i pazienti del Carlo Poma di Mantova curati con successo, tra loro anche una donna incinta di nome Pamela, uscita dal Covid in poche ore. Tra i medici del Carlo Poma guariti c’è chi dona il sangue, come il dottor Mauro Pagani, direttore della plasmaferesi: «Ora sto bene, e voglio aiutare chi ha bisogno».Funziona così. «Chi dona deve essere sano, guarito dal Covid e deve avere degli anticorpi neutralizzanti», racconta il direttore di immunoematologia e medicina trasfusionale, Massimo Franchini. «Si prelevano 600 ml di plasma, da cui si ricavano 2 dosi da 300 ml ciascuna. Il protocollo prevede 3 somministrazioni. Dopo la prima somministrazione c’è un monitoraggio clinico di laboratorio, e nel caso di mancata risposta c’è la seconda somministrazione, e così di seguito. A distanza di 48 ore l’una dall’altra. La compatibilità per il plasma viene fatta sul gruppo sanguigno». Franchini ci spiega che il plasma ha un notevole livello di sicurezza virale ed è un prodotto assolutamente sicuro e rigoroso, e va nei dettagli: «Se il vaccino, che non abbiamo, ti farebbe produrre gli anticorpi, questa che è un immunoterapia passiva trasferisce gli anticorpi dal guarito al malato. Il paziente non produce nulla e non crea nulla. Ma funziona per salvarlo».Quando gli chiediamo perché non si diffonde questa strada ci spiega che effettivamente in Lombardia si sta adottando. Tra Mantova e il San Matteo di Pavia è partita la sperimentazione su un nucleo di 45 persone, tutte curate con successo. Chi di sicuro non ha tempo per le passerelle tv è il direttore del servizio immunoematologia e medicina trasfusionale del policlinico San Matteo di Pavia, Cesare Perotti, che ha sviluppato il protocollo e lo studio sul sangue e si chiama “plasma iperimmune”. Ma è un intervento empirico? Perotti: «Qui di empirico non c’è niente, ma si fa in situazioni di grandi epidemia. C’è una validazione della terapia con il plasma iperimmune che non ha eguali nel mondo. Sono conosciuto per non essere uno che ‘le spara’ e le posso dire che in questo momento è il plasma più sicuro al mondo, perché la legislazione italiana ha delle regole stringenti che non ci sono in Europa e in nessun altro paese al mondo, neanche negli Stati Uniti».«Non solo abbiamo gli esami obbligatori di legge sul plasma per essere trasfuso, ma abbiamo degli esami aggiuntivi e il titolo neutralizzante degli anticorpi, che è una cosa che facciamo solo noi al policlinico di Pavia. Neanche gli americani sono in grado di farlo, in questo momento. Non ha eguali al mondo. Noi sappiamo la potenza, la capacità che ciascun plasma accumulato ha di uccidere il virus. Ogni plasma è fatto in modo diverso perché ogni paziente è diverso, ma noi siamo in grado di sapere quale usare per ogni caso specifico». Uno strumento importante, questo, da utilizzare nel caso, usciti dalla quarantena, si ripresentasse uno scenario di contagio. Perotti: «Stiamo accumulando plasma per un’eventuale seconda ondata di contagi. E’ una terapia per chi sta male oggi. Ben venga il vaccino, ma in attesa il protocollo funziona eccome! Lo studio è stato depositato. Tutto quello che le hanno detto, che si esce in 48 ore, è vero». Certo non ci sono ancora migliaia di persone testate, ma la sieroterapia è una cura moderna utilizzata dal 1880.(Antonio Amorosi, “Coronavirus, la cura c’è ma non se ne parla. Da Pavia e Mantova la svolta”, da “Affari Italiani” del 25 aprile 2020).Quanto sta accadendo tra Pavia e Mantova ne è la prova: abbiamo medici eccezionali in un sistema globale discutibile, in tanti casi marcio. E’ stato normale mandarli a morire senza protezioni, come per la Cina ritardare di 2 settimane la comunicazione della sequenza del genoma o per l’Oms ripetere il 14 gennaio, a contagio diffuso, quanto affermava l’autorità cinese: «Non ci sono trasmissioni da uomo a uomo». Il 21 febbraio ancora dicevano che gli asintomatici non erano fonte di contagio. Quando i morti sono tanti è sempre tardi per chiedersi se si poteva fare altro e se qualcuno ne risponderà mai. Nel nostro paese ad un sistema sanitario che funziona a macchia di leopardo si contrappongono medici in prima linea che per salvarci ci stanno lasciando “le penne”. Per fortuna lo abbiamo nel Dna: quando a noi italiani dici di fare qualcosa, non la facciamo. Cerchiamo prima di capire perché ci è stato dato quel comando. Come sarà successo al parassitologo molecolare Andrea Cristanti che, facendo tamponi di massa a Vò Euganeo, ha compreso che gli asintomatici sono fonte di contagio e andavano isolati.
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Miseria e bugie: così Conte ammazza l’Italia, per svenderla
Ancora nessun aiuto a milioni di autonomi, di piccole e piccolissime imprese, che in gran parte non ce la faranno e lasceranno così spazio di mercato alle grandi catene straniere, come vuole l’Europa. E le rassicurazioni di Conte?: «Abbiamo ottenuto il recovery fund dall’Ue». Ma i media tedeschi sbugiardano Conte: spiegano che vende in Italia come grande successo la storia del recovery fund, del quale si è solo parlato, mentre ha rinunciato ai tanto sbandierati eurobonds o coronabonds, davanti alla fermezza tedesca e olandese. Conte sta ammazzando l’economia nazionale, col lasciarla mezza chiusa e senza aiuti, mentre gli altri paesi, i paesi concorrenti, la riaprono e la sovvenzionano ampiamente e prontamente. Ha istituito una commissione di liquidazione nazionale, composta da esperti perlopiù residenti all’estero e legati a interessi “corporate”, e presieduta da un residente all’estero, Vittorio Colao, specializzato appunto nel trasferire a capitali stranieri le imprese italiane. Il governo Conte non è un governo italiano, governa non solo contro la Costituzione, ma per conto di capitali stranieri e interessi euro-germanici.In questa veste, anzi, in questo mandato, esso blocca l’economia, gli spostamenti, l’opposizione, il Parlamento. Li blocca e mantiene il blocco in base ai numeri dell’epidemia che esso stesso costruisce arbitrariamente. Infatti: non ha mai presentato dati di campione statisticamente validi né mai ha precisato la terminologia; i dati sono raccolti perlopiù usando tamponi che danno almeno un 70% di falsi positivi – cioè per ogni 1000 positivi, almeno 700 sono falsi (la macchina Pcr che li valuta non risulta certificata Iso per uso diagnostico); vengono attribuiti al coronavirus tutti i decessi in cui il morto, di qualsiasi causa sia morto, risulti positivo al suddetto tampone; così il numero dei morti a causa virus è stato fatto apparire multiplo del reale per giustificare gli arresti domiciliari e il blocco dell’economia. E soprattutto, con questo modo arbitrario di quantificare i dati epidemiologoci, un domani Conte potrà far risalire artificiosamente il numero dei morti per tornare a limitare le libertà e a governare con pieni poteri, dando la colpa agli italiani indisciplinati e irresponsabili.Io prevedo che lo farà al più tardi in autunno, quando la gente si agiterà a causa di disastro economico, supertassazione, 8 milioni di controlli fiscali e 1,5 milioni di cartelle in arrivo. Prevedo che conti di tirare fino all’arrivo del vaccino, che però non funzionerà perché il virus è mutevole, come quello influenzale, e non lo si potrà aggiornare per tempo. Quindi in realtà Conte mira a cronicizzare la sua dittatura. Perciò, per salvare l’economia, le imprese, il lavoro, il risparmio, la libertà, la Costituzione, bisogna buttar giù questo governo e ancor più chi lo sostiene, al più presto. Questo governo che ha sempre mentito, nascosto, ingannato, violato la Costituzione, sbagliato gli interventi, obbedito a interessi stranieri, e convoca ora una commissione di stranieri per la fase di liquidazione. Fa persino bruciare i cadaveri dei supposti morti per coronavirus in modo che non si può fare l’autopsia per accertare se realmente sono morti di coronavirus.Quanti sono i morti causati dal coronavirus? Su 70 autopsie eseguite a Bergamo e Milano, 70 sono morti di tromboflebite. L’Iss certifica che i morti a causa esclusiva del virus, senza altre malattie, sono solo una piccola frazione di quelli dichiarati dal governo (letalità 0,8%, quasi tutti ultrasettantenni), mentre i morti totali dei primi mesi di quest’anno sono inferiori a quelli dell’anno scorso. E ora sappiamo che i morti per coronavirus sono morti non per la letalità del virus ma per errore diagnostico, perché curati come se avessero una polmonite mentre era una tromboflebite, la quale non necessitava di intubazione, terapia intensiva e antiinfiammatori, ma di tutt’altro. Quindi, se l’industria farmaceutica non si metterà di traverso impedendo le giuste cure per poter vendere i suoi vaccini, in futuro non si morirà più di coronavirus.(Marco Della Luna, “Decreti di miseria e di menzogna”, dal blog di Della Luna del 27 aprile 2020).Ancora nessun aiuto a milioni di autonomi, di piccole e piccolissime imprese, che in gran parte non ce la faranno e lasceranno così spazio di mercato alle grandi catene straniere, come vuole l’Europa. E le rassicurazioni di Conte? «Abbiamo ottenuto il recovery fund dall’Ue». Ma i media tedeschi sbugiardano Conte: spiegano che vende in Italia come grande successo la storia del recovery fund, del quale si è solo parlato, mentre ha rinunciato ai tanto sbandierati eurobonds o coronabonds, davanti alla fermezza tedesca e olandese. Conte sta ammazzando l’economia nazionale, col lasciarla mezza chiusa e senza aiuti, mentre gli altri paesi, i paesi concorrenti, la riaprono e la sovvenzionano ampiamente e prontamente. Ha istituito una commissione di liquidazione nazionale, composta da esperti perlopiù residenti all’estero e legati a interessi “corporate”, e presieduta da un residente all’estero, Vittorio Colao, specializzato appunto nel trasferire a capitali stranieri le imprese italiane. Il governo Conte non è un governo italiano, governa non solo contro la Costituzione, ma per conto di capitali stranieri e interessi euro-germanici.
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“Sì, voglio essere vaccinato e spiato (dopo di voi, s’intende)”
Caro Premier e cari politici, io sono un complottista, ma sono diverso dagli altri. Non temo il controllo, i vaccini, il 5G, i droni quando vado a correre, in realtà non temo nulla. E voglio tutto questo, vaccini, 5G, controllo totale. Voglio essere controllato anche dai droni, non solo quando corro, ma anche quando dormo e anche quando trombo. Vi capisco. E’ per la nostra sicurezza. Ma ovviamente voglio pensare – perché è logico pensarlo – che questi droni saranno usati anche per andare a controllare le ville isolate in mezzo al nulla, quelle dove spesso i potenti fanno le loro riunioni; perché vede, non so se lei lo sa, ma ogni anno spariscono migliaia di bambini, in Europa, e fanno una fine terribile. E se si usassero questi droni per questi motivi forse molti non sparirebbero più. Pensi, Presidente, anche Trump ha capito che quella dei bambini scomparsi è una piaga per la nostra società, tanto da aver dichiarato il problema della pedofilia un problema di sicurezza nazionale. Nell’Ardèche, una provincia francese, scompaiono un numero di bambini impressionante, ad esempio; spero che il presidente francese usi i droni per andare a controllare minuto per minuto quello che succede in ogni istante in certe ville sperdute.Voglio essere controllato in ogni momento della mia vita, non solo dalla App Immuni, ma anche da altre. Voglio rendere conto di ogni minimo gesto che faccio, e anche quando sono in intimità. Lo trovo giustissimo, anche perché non credo che freghi molto a qualcuno se talvolta guardo Youporn o tradisco mia moglie con la vicina di casa. A questo punto, però, essendo possibile tracciare tutti i cittadini in questo modo, credo sia possibile tracciare anche i politici, in ogni momento. E, in nome di quel principio di imparzialità della PA che sta anche nella nostra Costituzione (articolo 97), e del principio di trasparenza che sta nella Legge 241/1990, vorrei poter sapere, in ogni momento, dove va lei, con chi si incontra, e che tipo di vita fa. Non dovrebbe essere difficile. Basterebbe mettere on line i profili di tutti i cittadini italiani, e far sì che chiunque, cliccando su un nome, possa sapere esattamente dove va e con chi sta il suo politico preferito. Perché, vede, se siete solo voi a controllare noi, e noi non possiamo fare altrettanto, allora scatta la nostra paranoia complottista e possiamo anche pensare che tale controllo possa servire ad altro.In questo modo, poi, ad esempio, potremmo sapere se il magistrato che giudica sull’affidamento di alcuni bambini ha o non ha compartecipazioni tramite i familiari proprio con quegli istituti in cui il bambino sarà rinchiuso. Va benissimo il provvedimento di un sindaco sardo, il quale ha dichiarato che se un minorenne viene trovato fuori casa possono scattare sanzioni anche a carico dei genitori e possa venir informata la procura per togliere i figli ai genitori. Legittimo. Legittimissimo. A questo punto vorrei essere però informato, tramite le app di tracciamento di cui sopra, di tutti gli spostamenti dei vari politici e delle relazioni che questi intrattengono con eventuali minori; perché, vede Presidente, l’inchiesta sul caso Marcinelle, in Belgio, portò a capire che i pedofili arrestati, Dutroux e la moglie, lavoravano per conto di altri personaggi più potenti. Vorrei sapere chi erano questi personaggi, e chi avevano incontrato. E vorrei anche sapere dove si trova adesso la moglie di Dutroux; le cronache avevano detto che era stata trasferita in Toscana, ma nessuno sa perché e dove. E ci piacerebbe saperlo. E con una app apposita io credo che chiunque abbia possibilità e diritto di saperlo.Va benissimo la vaccinazione obbligatoria. Pazienza se ci sono dubbi sulla continua mutazione del ceppo, e quindi molti illustri virologi dicono che non serve a una mazza, e pazienza se dicono che col caldo il virus muore. Tanto questa storia del vaccino è diventata come la fede. Si è pro o contro a prescindere. E allora facciamo finta che abbiate ragione voi. Mi sembra ovvio però che i primi a testarlo sarete voi e i vostri figli; ovverosia voi, Burioni, e la task force che lei ha nominato e tutti quelli che eventualmente approveranno la legge sulla vaccinazione obbligatoria. E’ semplicemente una questione di dare il buon esempio. Va benissimo anche installare il 5G ovunque. Ci mancherebbe. Il 5G sicuramente serve al progresso e aumenterà l’efficienza della nostra società. Ma ci sembrerebbe un’idea sana quella di sperimentarlo prima installandolo nel Parlamento, nei palazzi del potere, e vicino alle vostre abitazioni, giusto per vedere l’effetto che fa. Perché sa, tra noi complottisti gira la voce che sia dannoso, e uno dei primi effetti che si vedono è che muoiono insetti e uccelli che si avvicinano troppo alle centraline.Allora direi che se prima lo provate voi per qualche anno, e poi ci rassicurate che state bene, dopo esservi pure vaccinati, poi potremmo stare più tranquilli anche noi. Ovviamente, confido che i primi che lo proveranno saranno gli Ad delle compagnie telefoniche, i sindaci che ne magnificano le doti, ecc., i quali si renderanno disponibili per impiantare i primi tralicci proprio davanti a casa loro. Va benissimo che distruggete le piccole aziende riducendole in povertà per proteggerci dall’influenza. So che lo fate per noi, e non dia retta a quei paranoici complottisti che pensano che tutto questo sia stato fatto per distruggere l’economia e ridisegnare la socio-economia mondiale, rendendo alcuni ricchi ancora più ricchi e i poveri ancora più poveri. Ma in nome di quel controllo da voi auspicato per proteggerci dall’influenza, vogliamo sperare che ci proteggiate anche da manovre speculative di aziende e gruppi economici italiani e stranieri, rendendo pubblici i bilanci e le proprietà di tutte le aziende che operano sul territorio nazionale.Faccio un esempio: siccome la App Immuni pare sia di un’azienda che ha come partecipanti la famiglia Berlusconi, i Benetton, un gruppo cinese, vari gruppi ricollegati a banche e finanziarie, ecc., tanto che la cosa ha allarmato pure i nostri servizi segreti e il Copasir vuol approfondire la questione, mi pare sensato che tutte queste informazioni possano essere rese pubbliche su un grande portale ministeriale in cui il cittadino possa essere sempre informato di ciò che succede e dei vari collegamenti societari. Anche perché io non credo, come dicono moti paranoici complottisti, che tutto questo sia un vero colpo di Stato e che sia soppressa la democrazia. No. Credo che tutti questi controlli rendano più efficace la democrazia. La democrazia, per essere reale, presuppone però che il cittadino sia informato di ciò che avviene nelle stanze del potere, e sia in grado di capire chi agisce, perché, e con che strumenti. Cioè la democrazia, per essere tale, ha bisogno che voi ci controlliate, ma che anche noi possiamo controllare voi.Ps. Ah dimenticavo… negli anni della nostra Repubblica abbiamo avuto circa una cinquantina di stragi. Tutte rimaste impunite, senza mai trovare i colpevoli. Questo perché ancora non c’erano strumenti di indagine sofisticati come oggi. Auspichiamo che con questo controllo globale di tutti a vicenda, non ci saranno più stragi, gli omicidi verranno risolti in pochissimo tempo, e la mafia scomparirà. E nessun minore sparirà più nel nulla. Neanche quelli che sono ospitati presso centri appositi, che si “allontanano” a decine, ogni anno, sparendo nel nulla e che non vengono neanche conteggiati nel numero degli scomparsi, perché la voce “allontanato” è diversa. Sarebbe una bella società, quella dove tutti sanno tutto di tutti, in trasparenza. Rinuncio volentieri alla mia privacy, di cui non me frega nulla, e che per me è un concetto che dovrebbe essere abolito, se in cambio non vedrò più bambini scomparire, se potrò sempre sapere se la ditta da cui compro è collegata o meno con grandi gruppi finanziari di cui non approvo la politica, e se potrò sapere i nomi dei 300 esperti inseriti nella sua task force, per poter controllare che interessi hanno in varie società, il loro curriculum, ecc. Perché questa cosa della mancanza di privacy deve valere anche per voi.(Paolo Franceschetti, “Caro premier, voglio essere controllato e vaccinato”, dal blog “Petali di Loto” del 25 aprile 2020).Caro Premier e cari politici, io sono un complottista, ma sono diverso dagli altri. Non temo il controllo, i vaccini, il 5G, i droni quando vado a correre, in realtà non temo nulla. E voglio tutto questo, vaccini, 5G, controllo totale. Voglio essere controllato anche dai droni, non solo quando corro, ma anche quando dormo e anche quando trombo. Vi capisco. E’ per la nostra sicurezza. Ma ovviamente voglio pensare – perché è logico pensarlo – che questi droni saranno usati anche per andare a controllare le ville isolate in mezzo al nulla, quelle dove spesso i potenti fanno le loro riunioni; perché vede, non so se lei lo sa, ma ogni anno spariscono migliaia di bambini, in Europa, e fanno una fine terribile. E se si usassero questi droni per questi motivi forse molti non sparirebbero più. Pensi, Presidente, anche Trump ha capito che quella dei bambini scomparsi è una piaga per la nostra società, tanto da aver dichiarato il problema della pedofilia un problema di sicurezza nazionale. Nell’Ardèche, una provincia francese, scompaiono un numero di bambini impressionante, ad esempio; spero che il presidente francese usi i droni per andare a controllare minuto per minuto quello che succede in ogni istante in certe ville sperdute.
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La prima regola: mai lasciarsi imporre l’agenda del nemico
La prima regola per difendere la propria libertà, probabilmente, sta nel cercare di non farsi imporre l’altrui agenda. Nel libro-capolavoro “La guerra dei poveri” (Einaudi), Nuto Revelli traduce il concetto declinandolo nel contesto storico dell’estrema precarietà della guerra partigiana: mai accettare lo scontro, men che meno in campo aperto. Al rastrellamento non ci si oppone: ci si sottrae, dileguandosi sui monti. Per colpirla, una soverchiante forza di occupazione, non c’è che una strada: tendere agguati, con iniziative inattese e rapidissime, senza lasciare all’avversario il tempo di reagire. La tattica della guerriglia non pretende certo di ottenere la sconfitta militare del nemico; però contribuisce a innervosirlo, destabilizzarlo e infine fiaccarlo. Presuppone una strategia lucidamente pianificata, e il concorso sincronizzato di svariate unità, ben addestrate e distribuite sul territorio. Armi leggere, o leggerissime, contro carri armati e obici: ha senso? La risposta è sì, conferma lo storico Alessandro Barbero: i comandi alleati si complimentarono con il comandante Revelli per essere riuscito a rallentare per 10 lunghissimi giorni l’avanzata, sulle Alpi cuneesi, di una potente divisione corazzata nazista, diretta in Provenza attraverso il Colle della Maddalena per ostacolare gli angloamericani appena sbarcati fra Tolone e Cannes.La chiave di quel successo tattico? Rinunciare alle artigliere partigiane schierate in linea e optare per agili azioni di commando sui fianchi della vallata, con solo qualche mortaio e poche mitragliatrici. In altre parole: sfuggire all’agenda imposta del nemico. Ora, occorre un discreto “salto quantico” per lasciare di colpo l’agosto del 1944 e piombare nella fatale primavera 2020. Domanda a bruciapelo: quand’è l’ultima volta che abbiamo rifiutato l’agenda altrui, cioè la logica dello scontro? Certo, fortunatamente oggi non siamo in guerra; ma l’inaudito stato d’assedio “cinese” imposto all’Italia in nome del coronavirus, il quasi-coprifuoco dello stato d’emergenza, ha fatto sobbalzare più d’un costituzionalista. Come se il maledetto Covid-19, tuttora ampiamente misterioso, avesse finito per rendere drammaticamente evidente, esplosivo (e pure luttuoso) un male che in realtà si era insinuato da lunghissimo tempo, nella nostra società: l’eterodirezione, palese e occulta, degli stati d’animo connessi con la vita sociale e politica. Vecchia storia, probabilmente, cominciata in tempo di guerra con l’infernale propaganda hitleriana (”tutta colpa degli ebrei”) e proseguita in tempo di pace coi giochetti del mago Edward Bernays, nipote di Freud, per lanciare anche tra le donne il consumo di sigarette. Psicologia, innanzitutto: è l’arma vincente di qualsiasi agenda ostile, pericolosa per la salute della democrazia.Magie: il complottismo (quello vero, affidato ai Travaglio, agli Scanzi) oggi difende a spada tratta l’increscioso Conte, l’ex Signor Nessuno che – da semplice comparsa – è riuscito a diventare protagonista assoluto, primattore della più grave catastrofe socio-economica che abbia travolto l’Italia dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il complottismo di regime aveva frastornato il pubblico, per decenni, elencando i presunti grandi mali nazionali, in quest’ordine: Berlusconi, corruzione, evasione fiscale, mafia. Erano gli anni d’oro di Di Pietro e dei girotondi, poi di Grillo. Non una parola – mai – sulla natura pericolosamente oligarchica della governance europea, sempre sorretta dall’establishment nazionale che vede nel Pd il suo stabile riferimento strumentale operativo. La consegna è sempre la stessa: lasciare in mano alla finanza speculativa le grandi decisioni, semplicemente ratificate dalla politica. Stesero il tappeto rosso, i cantori del rigore, ai piedi del commissario Monti che provvide immediatamente a disabilitare l’economia italiana e neutralizzare (col pareggio di bilancio in Costituzione) le residue possibilità finanziarie, ancorché virtuali, di uno Stato comunque intrappolato da Maastricht e Lisbona, reso incapace di intervenire in modo immediato (oggi lo si vede benissimo) persino se si tratta di salvare vite umane e famiglie ridotte sul lastrico. La barzelletta dei 600 euro a scoppio ritardato, con tanto di default del server dell’Inps, ha fatto il giro del mondo, in paesi che invece hanno subito accreditato mensilità direttamente sui conti correnti dei cittadini costretti a restare a casa.La politica come semplice paravento pubblico dell’establishment privatistico ha assunto toni ulteriormente spettacolari con la meteora Renzi e il suo vaniloquio immaginifico, per poi cedere il testimone al suo alter ego populista, il grillismo (che oggi infatti è al governo proprio con Renzi). Specularità assoluta: abissale distanza tra le parole e i fatti, e senza mai affrontare il vero problema – quello che oggi il funesto Covid mette in mostra impietosamente: a causa dell’euro-sistema non si mette mano al denaro, centinaia di miliardi, indispensabile per fronteggiare la catastrofe. Altra presenza poco più che meteorica, lo stesso Salvini: per oltre un anno, dopo aver incassato il “niet” dell’Ue sul deficit, il leader della Lega ha raccontato agli italiani che il loro vero problema erano gli sbarchi dei migranti. Salvini però – prima di venir costretto a gettare la spugna – è stato letteralmente surclassato dal chiasso degli avversari: sono riusciti a dargli persino del nazista, raccontando a loro volta agli italiani l’ennesima fiaba, e cioè che il vero problema nazionale fosse proprio lui, la Bestia. Tutto questo, mentre la narrazione della tragedia del surriscaldamento climatico terrestre era affidata alla sedicenne Greta, e mentre le eroiche Sardine prodiane formulavano la loro ricetta per la democrazia italiana: impedire ai ministri di esprimersi liberamente, sui social.Questa nuova moda della censura, in realtà antichissima, sta letteralmente tracimando: l’Agcom raccomanda di diffondere solo notizie “accreditate” (non si sa da chi), e lo stesso governo addirittura mette in campo una task force per imbavagliare il web (istituita da Andrea Martella – Pd, ovviamente), mentre si continua a dare la parola, a reti unificate, a un signore come il virologo Roberto Burioni, che si è permesso – nell’Italia nel 2020 – di chiedere alla magistratura di spegnere “ByoBlu”, il video-blog più seguito dagli italiani, cioè il popolo che Conte non ha protetto tempestivamente dalla pandemia, salvo poi chiuderlo in casa (e senza neppure uno straccio di assistenza economica). Tutto questo è semplicemente esorbitante, anomalo, mostruoso quanto le previsioni di economisti e sociologi: il paese rischia letteralmente di crollare, con conseguenze incalcolabili, anche grazie all’inerzia del suo non-governo scandaloso, imbelle ma improvvisamente autoritario. Nel frattempo, il cielo è scosso dal rombo di temporali vicini e lontani: Trump taglia i fondi all’Oms, accusandola di essere complice della diffusione del virus, mentre il figlio di Bob Kennedy accusa Bill Gates (grande sponsor della stessa Oms) di voler imporre il suo vaccino anti-coronavirus, probabilmente inutile e forse rischioso.Alla stragrande maggioranza degli italiani, stanchi di cantare l’inno nazionale dai balconi, sempre il coronavirus oggi consente finalmente di vedere di che pasta è fatta questa sedicente Unione Europea, convalidata pochi mesi fa dal solito Pd con l’aggiunta dell’ormai altrettanto impresentabile Movimento 5 Stelle, recentissimo interprete (con la sua sub-agenda locale) della grande agenda neoliberista, quella che dal 1971 con il Memorandum Powell si diede una vera e propria road map per la riduzione progressiva della democrazia. Tappa fondamentale, il golpe cileno del 1973 che segnò l’avvento del neoliberismo al potere. Due anni dopo, il manifesto “La crisi della democrazia” (commissionato dalla Trilaterale) preparò la capitolazione dell’economia sociale europea, sinistramente sigillata nel sangue nel 1986 con l’omicidio del premier socialista svedese Olof Palme, campione del welfare, fino poi all’estinzione della sinistra italiana. L’agenda ostile ha lavorato in modo perfetto per destrutturare minuziosamente qualsiasi difesa, usando i media come armi letali e riducendo l’offerta politica a puro folkore. Se si scorrono i nomi dei cosiddetti leader a disposizione degli italiani, si capisce al volo il boom storico dell’astensionismo (che lascia comunque campo libero ai veri decisori, quelli che scelgono chi farà il ministro e con quali compiti).Pur nel devastante caos planetario che ha causato, incrinando le certezze commerciali della globalizzazione, il micidiale Covid mette a fuoco un altro punto cardinale dell’agenda ostile: la scelta, dolorosa, tra sicurezza e libertà. Da una parte svetta il modulo-Wuhan raccomandato dall’Oms e prontamente adottato dall’Italia, dall’altra si registra l’insofferenza della Casa Bianca (che, tra le righe, sospetta l’Oms di essere il vero strumento dell’agenda-Covid, interpretata come piano di dominazione, affidato alla nuovissima polizia sanitaria capace di dettare lo stato d’emergenza sostituendosi ai governi). Niente sarà più come prima, ripetono tutti, ripiegando sull’incerta protezione delle mascherine. Una certezza negativa riguarda l’Italia: il nostro paese – crocevia strategico tra Usa e Cina, Mediterraneo e Ue – sta subendo danni incalcolabili, da cui non si sa come potrà risollevarsi, in che tempi e con quali costi sociali. Gli ottimisti invitano a riflettere sulle opportunità che il coprifuoco starebbe offrendo: cioè la riscoperta dell’autenticità dei valori umani. Per la riscoperta dei valori politici, invece, quanto ancora bisognerà attendere? O meglio: quali vettori impiegare, per tradurre sul piano pubblico le migliori istanze individuali?In un regime come l’attuale, sostanzialmente post-democratico e sempre meno libero, la domanda non è oziosa. La drammatica criticità della situazione sociale ripropone in modo automatico la consueta logica, perdente, dello scontro frontale. E’ forse il massimo risultato dell’agenda ostile: coltivare l’odio per il presunto nemico di turno. E’ il modo migliore per cancellare la buona politica, senza che nessuno se ne accorga, se il pubblico è impegnato a tifare solo e sempre “contro”, a fischiare qualcuno, a maledire qualcosa. Tutte battaglie di carta, fuochi di paglia. Cade il nemico apparente, ma ce n’è già pronto un altro. L’avversario vero – non altrettanto visibile – pare si diverta, a far combattere i suoi galletti, senza che nessuno di loro abbia mai la minima possibilità di cambiare veramente qualcosa. Se non teme i leader di cartone (promossi e bocciati a comando) cosa teme, davvero, l’agenda ostile? Il pensiero? La libertà? La capacità di strutturare proposte serie? A questo è servito, l’effimero leaderismo mediatico degli ultimi decenni: a far sparire i programmi, rottamati insieme ai diritti sociali, a partire dalla grande privatizzazione universale degli anni Novanta, affidata in Italia a Romano Prodi, Mario Draghi, Massimo D’Alema. A seguire, vent’anni di stupidaggini assordanti, fino alla demolizione di Berlusconi via gossip a mano armata, con tanto di spread.Una delle qualità che alla Resistenza gli storici riconobbero in modo unanime fu la sua capacità sinergica, trasversale, di unire forze eterogenee: comunisti, socialisti, azionisti, cattolici, liberali, persino monarchici. Le lezione: smettere di ragionare per schemi, in modo etnico, e ridiventare laici, riconoscendo pari dignità a chiunque (qualunque errore possa aver commesso, in passato). Ieri, il patto era basato sull’opposizione patriottica di fronte alla spaventosa calamità dell’occupazione nazista, esito finale di una dittatura che aveva risolto subito, a modo suo, la dicotomia sicurezza-libertà, e senza nemmeno bisogno di mascherine. Nel 1943, sul piano militare, il nemico era pressoché inaffrontabile. Lo si poteva solo infastidire seriamente, in attesa dell’arrivo decisivo degli alleati (che esistono sempre, e hanno sempre bisogno di partigiani intelligenti). Nell’agosto del 1944, Nuto Revelli cominciò la sua battaglia in Valle Stura rimuovendo i suoi cannoni controcarro schierati a Vinadio, in campo aperto: non sarebbero mai riusciti a fermare i panzer. Fucile in spalla, diresse i suoi verso le alture. Seguirono giorni difficilissimi, nei quali però la divisione tedesca rimaste ferma, imbottigliata nel fondovalle a fare da bersaglio.Gli alleati di allora, intanto, stavano finendo di sbarcare in Costa Azzurra. Quelli di oggi dove sono? Meglio: chi sono? Si nascondono dietro al ciuffo di Trump, che ha promesso di impedire il collasso socio-economico dell’Italia, contrastando sia l’Europa “matrigna” che il “partito cinese” che collega Wuhan a personaggi come Bill Gates, attraverso network opachi come l’Oms? Anche fosse, dove sarebbero i “partigiani” italiani? Forse affilano le armi ultraleggere del web, non a caso preso di mira dai nuovi censori? Domina il caos, in ogni caso: alle gravissime reticenze del mainstream, i social rispondono con un festival parossistico in cui si può leggere di tutto, solenni verità e bufale spaziali, grandi quanto quelle dei virologi televisivi. Servirebbe una piattaforma autorevole e plurale, inclusiva, per coordinare idee traducibili e spendibili. Primo passo: costruire finalmente un’agenda autonoma, alternativa a quella ostile, a disposizione della politica (nessuno escluso). Secondo step, appunto: smettere di spararsi addosso a vicenda, mettere da parte il tifo e imporsi un pensiero costruttivo. Volendo, l’occasione è ghiotta: mai, prima d’ora, la governance eurocratica (vera responsabile del declino italiano, ben prima dell’esplosione pandemica) aveva mostrato il suo vero volto.In frangenti come quello presente, forse, l’autentico eroismo consiste nella capacità di cambiare idea, riconoscendo i propri errori. E’ spesso citato ad esempio il caso, più unico che raro, del Sudafrica. Rovesciato l’apartheid, anziché procedere con operazioni di giustizia sommaria, Nelson Mandela preferì offrire agli ex aguzzini bianchi una possibilità di riabilitazione, consentendo anche ai peggiori di chiedere perdono ai familiari delle loro vittime. Tanti anni prima, fu capace di cambiare idea lo stesso Nuto Revelli, ufficiale degli alpini imbevuto di militarismo fascista. Spettacolare, la sua trasformazione – lacerante, dolorosissima – cominciata proprio sul fronte russo, in prima linea. Non difettava di coraggio, Nuto Revelli: fu l’ultimo uomo a chiudere la sterminata colonna in ritirata, nel ‘43. Dietro di lui, c’era solo il Don. E oltre il Don, l’Armata Rossa. Una volta a Udine, attraversato l’inferno bianco dello sfacelo dell’Armir, si spedì a casa i suoi mitra: sentiva che, di lì a poco, gli sarebbero serviti. Dopo aver fatto a pezzi il suo fascismo giovanile, si sarebbe deciso a sparare direttamente ai fascisti. Quanto è difficile, oggi, saper cambiare idea? Quanto è tenace, l’invisibile “psico-dittatura” del neoliberismo? Se a imporsi sarà sempre il consueto tifo contrapposto e televisivo, tra opzioni irrisorie, allora addio: ancora una volta, a vincere sarà l’agenda ostile.(Giorgio Cattaneo, “Prima regola, mai farsi imporre l’agenda del nemico”, dal blog del Movimento Roosevelt del 18 aprile 2020).La prima regola per difendere la propria libertà, probabilmente, sta nel cercare di non farsi imporre l’altrui agenda. Nel libro-capolavoro “La guerra dei poveri” (Einaudi), Nuto Revelli traduce il concetto declinandolo nel contesto storico dell’estrema precarietà della guerra partigiana: mai accettare lo scontro, men che meno in campo aperto. Al rastrellamento non ci si oppone: ci si sottrae, dileguandosi sui monti. Per colpirla, una soverchiante forza di occupazione, non c’è che una strada: tendere agguati, con iniziative inattese e rapidissime, senza lasciare all’avversario il tempo di reagire. La tattica della guerriglia non pretende certo di ottenere la sconfitta militare del nemico; però contribuisce a innervosirlo, destabilizzarlo e infine fiaccarlo. Presuppone una strategia lucidamente pianificata, e il concorso sincronizzato di svariate unità, ben addestrate e distribuite sul territorio. Armi leggere, o leggerissime, contro carri armati e obici: ha senso? La risposta è sì, conferma lo storico Alessandro Barbero: i comandi alleati si complimentarono con il comandante Revelli per essere riuscito a rallentare per 10 lunghissimi giorni l’avanzata, sulle Alpi cuneesi, di una potente divisione corazzata nazista, diretta in Provenza attraverso il Colle della Maddalena per ostacolare gli angloamericani appena sbarcati fra Tolone e Cannes.
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Errori e abusi, 735 medici contro Conte: così l’Italia muore
Con serenità, ma anche con determinazione, i medici del gruppo della medicina di segnale (735 iscritti all’Ampas, la nostra associazione, di cui tanti impegnati in prima linea), preoccupati per le possibili derive autoritarie in atto, desiderano fare chiarezza circa la possibilità che siano lesi dei diritti costituzionalmente garantiti per i cittadini. 1. Lesione libertà costituzionalmente garantite. In questo periodo sono stati gravemente lesi alcuni diritti costituzionali (la libertà di movimento, il diritto allo studio, la possibilità di lavorare, la possibilità di accedere alle cure per tutti i malati non-Coronavirus) e si profila all’orizzonte una grave lesione al nostro diritto alla scelta di cura. Tutto questo in assenza di una vera discussione parlamentare, e a colpi di decreti d’urgenza. Ci siamo svegliati in un incubo senza più poter uscire di casa se non firmando autocertificazioni sulla cui costituzionalità diversi giuristi hanno espresso perplessità, inseguiti da elicotteri, droni e mezzi delle forze dell’ordine con uno spiegamento di forze mai visto neppure nei momenti eversivi più gravi della storia del nostro paese. Ora sta entrando in vigore un’app per il tracciamento degli spostamenti degli individui, in patente violazione del nostro diritto alla privacy, e che già qualcuno pensa di utilizzare per scopi extrasanitari.Ma tra le lesioni più gravi ai nostri diritti costituzionali spicca quella legata al diritto di scelta di cura, ben definito sia nella Costituzione che nel documento europeo di Oviedo. Noi medici siamo colpevoli di non aver adeguatamente contrastato, due anni fa, una legge che toglieva al pediatra di fatto ogni dignità e autonomia decisionale. Ricordiamoci che una lesione di diritti non giustificata è sempre la premessa ad altre possibili lesioni. 2. Conflitti di interesse. Gli attori “scientifici” della redazione e della promozione della citata legge Lorenzin non sembrano essere molto diversi dai “consulenti” dell’emergenza di oggi. Ci chiediamo se le informazioni provenienti dalle figure che operano come consulenti del Ministero della Salute siano diffuse con la comunicazione dei conflitti di interesse che essi possano avere con aziende del settore. Non sarebbe etico né lecito avere consiglieri che collaborano con grandi aziende farmaceutiche. Sempre in tema di conflitto di interessi: è stato il Parlamento a stabilire i componenti della Task force costituita recentemente per affrontare la cosiddetta fase2? Sono presenti possibili conflitti di interesse? Tali soggetti pare abbiano chiesto l’immunità dalle conseguenze delle loro azioni. Ma non dovrebbero essere figure istituzionali a prendere “decisioni” sul futuro del nostro paese? Una cosa è la consulenza, altro è decidere “in nome e per conto”. Con quale autorità?3. Libertà di espressione e contraddittorio. Il giornalismo dovrebbe essere confronto di idee, discussione, valutazione di punti di vista diversi. Ci chiediamo quanto sia garantita la libertà di espressione anche di professionisti che non la pensano come noi. Vediamo invece giornalisti che festeggiano la “cattura” di un povero runner sulla spiaggia da parte di un massiccio spiegamento di forze, e la sistematica cancellazione di ogni accenno a diversi sistemi di cura rispetto alla “narrazione ufficiale” del salvifico vaccino, si tratti di vitamina C o di eparina, in totale assenza di contraddittorio. In questo quadro intossicato, le reti e i giornali maggiori mandano in onda continuamente uno spot, offensivo per l’intelligenza comune, in cui si ribadisce a chiare lettere che la loro è l’unica informazione seria e affidabile: il resto solo fake. Viene così creata l’atmosfera grazie alla quale si interviene su qualunque filmato, profilo social, sito internet che non si reputi in linea con la narrazione ufficiale. Nessuna dittatura può sopravvivere se non ha il supporto di una informazione asservita.4. Vaccino: soluzione a tutti i mali? Tutti aspettano come una liberazione il nuovo vaccino (che giornalisti e virologi a senso unico continuano a vantare come l’unica possibile soluzione), dimenticando alcuni fatti. Il primo è che il vaccino viene sviluppato sulla base delle proiezioni teoriche sui virus in circolo l’anno precedente, e dunque è una “scommessa” (è esperienza comune ad ogni inverno che molte persone vaccinate si ammalino comunque). Il secondo è la continua forte variabilità di un virus a RNA come il Coronavirus, di cui pare esistano già diverse varianti. Ciononostante, in dispregio anche del rischio di interferenza virale (per cui il vaccino per un virus diverso può esacerbare la risposta ad un altro virus) la regione Lazio propone l’obbligatorietà per tutti i sanitari e tutti gli over65 di effettuare vaccinazione antinfluenzale ordinaria, violando ancora una volta (se l’obbligo fosse reale) il diritto costituzionale alla scelta di cura. E i difensori della Costituzione, muti. Facile immaginare cosa succederà non appena sarà reso disponibile, con iter accelerati e prove di sicurezza minimali, il nuovo vaccino salvavita. Da medici vogliamo ribadire l’importanza del rispetto della libertà di scelta di cura così come costituzionalmente definita.5. Bambini e movimento fisico. Una nota è necessaria per capire la gravità della situazione anche per quanto concerne movimento fisico e chiusura in casa dei nostri bambini. La stessa OMS si è pronunciata nel merito raccomandando l’uscita all’aria aperta e il movimento fisico come indispensabili presidi di salute e di sostegno immunitario. Quasi tutti gli altri paesi europei hanno consentito l’uscita in solitaria per fare sport e la passeggiata con i bambini. Noi no. Con una regola di incredibile durezza, venata di un inaccettabile paternalismo (“se li lasciamo liberi poi non sono capaci di stare distanti”) abbiamo creato disagi psicologici e fisici (obesità e sedentarietà) e costretto a salti mortali i pochi obbligati al lavoro (sanitari, agricoltori, trasportatori, negozi alimentari). Non possiamo inoltre non rimarcare la totale disattenzione di questi draconiani provvedimenti nei confronti delle famiglie con figli disabili (e in particolare autistici) per i quali il momento quotidiano di uscita all’aria aperta rappresenta un indispensabile supporto alla propria difficile condizione. I più fragili, come sempre, pagano il pedaggio più duro. Tutto ciò non bastasse è stata scatenata la guerra del sospetto e della delazione tra gli invidiosi delle libertà altrui. Come lucidamente scrive Noam Chomsky, mettere i propri sudditi uno contro l’altro è uno splendido sistema per qualunque dittatura per distrarre il popolo da quello che veramente il potere sta perpetrando a suo danno. L’intervento di squadre di polizia con quad ed elicotteri ad inseguire vecchietti isolati sui sentieri non fa che rafforzare l’idea di poter essere tutti sceriffi, a dimostrazione della perfetta riuscita di induzione della psicosi da parte del potere.6. Danni economici del lockdown: un disastro epocale. Alcuni comparti, come quello del turismo, della ristorazione o automobilistico hanno avuto riduzioni di fatturato vicine al 100%. Questo significherà, come dicono le prime stime, una decina di milioni di disoccupati. Che smetteranno di pagare i mutui in corso. Smetteranno di acquistare beni di consumo. Perderanno le loro attività o le loro aziende costruite in decenni di sacrifici. Noi medici sappiamo cosa significhi questo a livello sanitario: migliaia e migliaia di nuovi decessi. Persone che si ammaleranno, si suicideranno (le prime avvisaglie sono già visibili), ritireranno i propri risparmi in banca. Serve ripartire subito, tutti, senza tentennamenti. Per ridurre i danni, che comunque, anche si ripartisse oggi, saranno epocali. Se domani si dovesse scoprire che qualcuno ha surrettiziamente prolungato il lockdown italiano (ad oggi il più duro d’Europa) per mantenere alto il panico e trovare un ambiente più pronto all’obbligo vaccinale, ci auguriamo solo che la giustizia possa fare il suo corso con la massima durezza. La gente perde il lavoro e muore di fame, e lorsignori pontificano.7. Le cure. Anche qui l’argomento è imbarazzante. È comprensibile che un virus nuovo possa spiazzare anche i migliori medici per qualche tempo. Ma via via che le informazioni si accumulano occorrerebbe ascoltare coloro che sul campo hanno potuto meglio capire. Un gruppo Facebook di cui molti di noi fanno parte, nato spontaneamente come autoaiuto, e che conta circa 100.000 iscritti, ha elaborato delle raccomandazioni di cura efficaci poi inviate al ministero. Oggi che pare chiaro e assodato che il decesso avvenga a causa di una forte coagulazione intravascolare molte vite possono essere salvate con l’uso della semplice eparina. Ma non basta: servono anche attenzioni specifiche a seconda del timing della malattia: ai primi sintomi, ai primi aggravamenti, o in fase procoagulativa. In particolare a noi medici di segnale risulta difficile comprendere l’uso massivo di paracetamolo o di altri antipiretici una volta acclarato che la febbre è un potente antivirale per l’organismo. È in preparazione un documento interassociativo anche su questo delicato argomento che merita più ampia trattazione.Ove qualcuno, tuttavia, si permetta di ritardare l’adozione di sistemi di cura efficaci, per motivi meno che chiari (e alcuni interventi televisivi volti a screditare l’eparina sembrano andare in quella direzione) si aspetti reazioni forti da chi ha rischiato la propria vita in prima linea. La magistratura sta ora indagando sui gravi errori commessi in alcune Regioni nella gestione delle residenze per anziani, veri e propri focolai d’infezione con purtroppo un numero elevatissimo di decessi, stante la fragilità e la polimorbilità degli ospiti, quasi sempre in trattamento con statine, antipertensivi, analgesici, antidiabetici. Al di là delle responsabilità regionali, che la magistratura valuterà, preme fare dei numeri: dei 22000 decessi totali nazionali ben 7000 (il 30%!) sono di degenti in Rsa. Un dato sconvolgente, ma che deve farci riflettere sull’incremento importante dei decessi in alcune province. Gli errori fatti, in buona o cattiva fede, sono costati la vita a più di 100 medici e ad un alto numero di altri operatori sanitari che sono stati mandati allo sbaraglio senza un piano preciso e senza i necessari dispositivi di protezione. A loro va la nostra più profonda gratitudine.8. Test sierologici ritardati o non autorizzati. Uno dei modi per capire quante persone hanno già incontrato il virus (smettiamo di chiamarli “contagiati”, perché talvolta hanno avuto solo lievi sintomi influenzali e prodotto splendidi anticorpi) è quello di effettuare un test sierologico, che è di costo contenuto e che evidenzia malattia in corso (IgM+) o malattia superata e presenza di anticorpi memoria (IgG+). Chi sia IgG+ potrebbe già serenamente ricominciare a muoversi senza particolari cautele né per sé né per gli altri. Sensibilità e specificità di questi test sono altissime a differenza di quelle dei tamponi. Perché tanta ostilità da parte di governo e istituzioni sanitarie tanto da vietarne l’uso “fino ad approvazione di un test affidabile”? I casi di Ortisei (45% di positivi) e di Vò Euganeo (75%) ci dicono che probabilmente il virus si è già diffuso molto più di quanto pensiamo e che le misure in essere potrebbero non essere poi così necessarie, almeno in alcune zone d’Italia.9. Qualche numero. Vi prego risparmiateci il teatrino delle 18. Quei numeri non sono affidabili e fanno parte di una consumata regia. A fianco di Borrelli sfilano talvolta alcune figure i cui potenziali conflitti d’interesse non vengono mai dichiarati. Il numero dei “contagiati” è privo di senso, visto che dipende dal numero di tamponi effettuato. E la stragrande maggioranza della popolazione potrebbe già avere incontrato il virus senza saperlo. Stime della Oxford University parlano di 11 milioni di potenziali positivi già ora. Se questo dato fosse vero la letalità di Sars-Cov2 sarebbe veramente irrisoria: lo 0,05%, anche prendendo per veri i dati di mortalità. Ma anche su questi permane il terribile dubbio sui decessi PER e CON Coronavirus. Diverse testimonianze mettono in forte dubbio il dato, visto che ogni giorno in Italia ci lasciano circa 1900 persone (dati Istat) e non si fa fatica ad estrarne 400, tra questi, che siano anche positivi al virus. Tuttavia è dato chiaro a chi lavori in prima linea che la grave coagulazione intravascolare indotta dall’incontro tra il virus e un terreno per lui fertile (età media decessi 78 anni, media 3,3 patologie presenti) possa portare rapidamente alla morte individui fragili che tuttavia avrebbero volentieri vissuto qualche anno ancora. In Inghilterra hanno rilevato che che il 73% dei pazienti ricoverati in terapia intensiva per coronavrus è sovrappeso o obeso. Come dice il dr. Lustig: «Il virus non distingue chi infetta ma distingue benissimo chi uccide». Questi pazienti fragili comunque avrebbero preferito morire tra le braccia dei loro cari piuttosto che da soli in questo modo terribile. In altri paesi hanno usato modalità di calcolo diverse. Non potremmo chiedere dati più precisi e affidabili evitando di diffondere panico e preoccupazione?10. Altri paesi europei e non: lockdown molto diversi. Altri paesi sia in Europa che nel mondo stanno adottando lockdown parziali molto meno rigidi di quello italiano, tanto che il lockdown completo viene ormai tristemente chiamato “all’italiana”. Eppure abbiamo il problema da prima di tutti gli altri e ci stanno facendo credere che lo chiuderemo buoni ultimi. Per colpa dei runner e dei bimbi a passeggio, ovviamente. Peccato che in molti paesi europei la passeggiata di adulti e bambini, la gita al mare, l’accesso alle seconde case sia quasi ovunque consentito, a patto di mantenere il distanziamento sociale. Ma non eravamo nell’Europa unita? Perché questa crudeltà nella sola Italia? Siamo ancora il paese cavia? Richiediamo con forza di allinearci al più presto alle direttive in essere nella maggior parte dei paesi europei.11. Sostegno al sistema immunitario: i sani proteggono. Un punto chiave, che è sfuggito totalmente ai nostri governanti e ai nostri media è che i sani (quell’85% delle persone che ha incontrato il virus e nemmeno se ne é accorto, o ha subito lievi sintomi, costruendo presto gli anticorpi necessari) conducono uno stile di vita più sano che ne ha irrobustito e forgiato il sistema immunitario. Mangiare sano, fare sport quotidiano, condurre una vita meno stressante (magari abitando fuori città), assumere vitamine e integratori naturali, fare a meno di farmaci inutili, rinunciare a fumare, a drogarsi o a bere senza controllo, rappresenta un impegno che si vorrebbe vedere in qualche modo valorizzato come comportamento virtuoso quantomeno in relazione al risparmio che consente al sistema sanitario nazionale e, in questo caso, alla protezione dalla diffusione del virus e alla non occupazione di un posto letto, lasciato così libero per un altro. Invece se accendiamo la Tv vediamo solo pubblicità di farmaci e di dolciumi. E tra i pochissimi negozi aperti, in pieno lockdown, lo stato ha pensato bene di lasciare le tabaccherie. Fuma, riempiti di dolci, stai sedentario e ingozzati di farmaci: questo il messaggio che lo stato ci ha dato in questo periodo. Tanto, presto, arriverà il vaccino.12. Le richieste. Consapevoli del fatto che il futuro sarà nuovo e diverso solo se capiremo che la nostra biologia non ci consente di vivere in città superaffollate, inquinate, fumando, drogandoci e mangiando solo cibi industriali e raffinati in completa sedentarietà, vogliamo sperare che il “dopo emergenza” possa essere migliore del “prima”. Ma questo potrà avvenire solo se avverranno molte delle cose che siamo qui a richiedere, alcune immediate, altre a breve. Richiediamo dunque con forza, a nome dell’associazione Ampas e dei 735 medici che ne fanno oggi parte (nonché dei numerosi simpatizzanti non medici): L’immediato ripristino della legalità istituzionale e costituzionale, richiamando il Parlamento alle sue funzioni democratiche e al dibattito che necessariamente deve scaturirne. L’immediata cancellazione di task force e di consulenti esterni i cui conflitti di interesse potrebbero essere letti, nel momento in cui si affidino loro responsabilità non previste istituzionalmente, come un aggiramento delle regole democratiche. L’immediato ripristino del diritto al lavoro per milioni di italiani, che se non possono avere il proprio stipendio saranno presto alla fame con conseguenze prevedibili di ordine pubblico (nel rispetto delle nuove regole di distanziamento fino a che sarà necessario). L’immediato ripristino del diritto allo studio per milioni di bambini, ragazzi, studenti universitari che sono stati da un giorno all’altro privati di uno dei loro diritti fondamentali (nel rispetto delle nuove regole, fino a che sarà necessario). La protezione del diritto alla scelta di cura, già violato da precedenti leggi, per impedire l’obbligatorietà di ogni possibile nuovo trattamento sanitario. Ogni nuovo provvedimento emesso in emergenza dovrà obbligatoriamente prevedere una data di fine del provvedimento, al fine di non “tentare” alcuni a rendere le restrizioni alle libertà una regola.Il blocco di qualunque “app” o altro dispositivo informatico volto al controllo dei movimenti delle persone in palese violazione della nostra privacy. L’immediata riapertura della possibilità per adulti e bambini di uscire all’aperto a praticare sport, passeggio, vita sociale, seppur nel rispetto delle regole necessarie. Il ripristino immediato di una par condicio televisiva o mediatica, con ospitalità nelle trasmissioni di esponenti, ovviamente qualificati, di diversi punti di vista, con allontanamento immediato (o retrocessione a mansioni diverse) di conduttori che non abbiano saputo tener fede al loro dovere di giornalisti. Dichiarazione dei propri conflitti di interesse da parte di qualunque professionista sanitario che esprima un parere televisivo o partecipi a un dibattito. L’omissione deve essere punita con un allontanamento mediatico proporzionato. Lo spettatore deve sapere se chi sta parlando riceve milioni di euro da un’azienda, o meno. Il divieto di chiudere o cancellare siti o profili social in assenza di gravi violazioni di legge. Eventuali cancellazioni dovranno comunque essere tempestivamente notificate e giustificate. La rimozione di idee ed opinioni solo perché diverse dal mainstream ufficiale non è degna di un paese civile.Il divieto per le forze dell’ordine di interpretare a propria discrezione le regole di ordine pubblico fissate dai decreti. Qualunque abuso, anche minimo, dovrà essere perseguito.Il divieto di radiazione di medici per la sola espressione di idee diverse da quelle della medicina ordinaria. Da sempre il dialogo e il confronto tra idee diverse ha arricchito la scienza, che cambia e si evolve. Non sopravvalutiamo le nostre attuali misere conoscenze.L’attivazione tempestiva di nuovi protocolli di cura in tutti gli ospedali Covid19 che, oltre a garantire la salute del personale sanitario, prevedano l’utilizzo di vitamine, minerali, ozonoterapia e tutte le cure naturali e di basso costo efficaci e documentate, accompagnando via via con farmaci più a rischio di effetti collaterali solo in caso di aggravamento, e attivando solo per la fase di crisi o pre-crisi l’utilizzo dei farmaci immunosoppressori e dell’eparina. La disponibilità immediata e per tutta la popolazione di test sierologici IgM e IgG che possano consentire da subito sia di monitorare lo stato di diffusione del virus nelle diverse aree, sia dare la possibilità a chi sia IgG+ di riprendere la propria vita senza alcuna limitazione.In una ipotesi di graduale diffusione dell’immunità virale, particolare attenzione dovrà essere riservata alla popolazione fragile: anziani, obesi, ipertesi, diabetici, infartuati (le categorie più colpite). Nel rispetto del diritto di scelta di cura nessun obbligo potrà essere dato se non temporaneamente, ma solo forti raccomandazioni e informazioni dettagliate sui rischi di infezione. Un individuo fragile deve poter scegliere se rischiare di morire abbracciando il suo nipotino, o restare vivo recluso in casa senza vedere nessuno. Una forte campagna informativa sui rischi legati ad un cattivo stile di vita e su come tale stile aumenti il rischio di essere infettati. O vogliamo essere costretti a tenere le mascherine tutta la vita e a non poterci più abbracciare per consentire a qualcuno di fumare e di gonfiarsi di farmaci e di merendine zuccherate, disdegnando qualsiasi tipo di mo vimento fisico? Ciascuno resterà libero di farsi del male ma almeno lo stato non potrà dirsi complice. Il divieto, almeno in questo periodo, di pubblicizzare sulle reti televisive e sui giornali farmaci e prodotti dolciari ingrassanti, al pari di come già in atto con il fumo. Un aiuto immediato alle tante famiglie in crisi che a causa di questo lockdown totale hanno smesso di lavorare e di produrre reddito, con modalità molto semplici (ad esempio ticket a valore per acquisti di derrate alimentari). L’aiuto migliore per le aziende, invece dell’elemosina, sarà una tempestiva riapertura.(Comunicato del 21 aprile 2020 di Ampas, “Medici migliori, in un paese migliore”, sottoscritto da 735 medici italiani e rilanciato dal sito Ampas “Medicina di segnale”).Con serenità, ma anche con determinazione, i medici del gruppo della medicina di segnale (735 iscritti all’Ampas, la nostra associazione, di cui tanti impegnati in prima linea), preoccupati per le possibili derive autoritarie in atto, desiderano fare chiarezza circa la possibilità che siano lesi dei diritti costituzionalmente garantiti per i cittadini. 1. Lesione libertà costituzionalmente garantite. In questo periodo sono stati gravemente lesi alcuni diritti costituzionali (la libertà di movimento, il diritto allo studio, la possibilità di lavorare, la possibilità di accedere alle cure per tutti i malati non-Coronavirus) e si profila all’orizzonte una grave lesione al nostro diritto alla scelta di cura. Tutto questo in assenza di una vera discussione parlamentare, e a colpi di decreti d’urgenza. Ci siamo svegliati in un incubo senza più poter uscire di casa se non firmando autocertificazioni sulla cui costituzionalità diversi giuristi hanno espresso perplessità, inseguiti da elicotteri, droni e mezzi delle forze dell’ordine con uno spiegamento di forze mai visto neppure nei momenti eversivi più gravi della storia del nostro paese. Ora sta entrando in vigore un’app per il tracciamento degli spostamenti degli individui, in patente violazione del nostro diritto alla privacy, e che già qualcuno pensa di utilizzare per scopi extrasanitari.
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Jean: allarme Covid, Conte ha agito con due mesi di ritardo
È molto strano: se avevano un piano che contemplava potenzialmente 100mila morti, la prima cosa da fare era comprare mascherine, tamponi, preparare il sistema sanitario fin da gennaio. Non è stato fatto. Chi ha sottovalutato l’emergenza? Molto probabilmente quel piano non è stato letto dai decisori politici, altrimenti non si spiega l’inerzia che è seguita. «Già dal 20 gennaio avevamo pronto un piano, e quel piano abbiamo seguito” ha detto al “Corriere della Sera” Andrea Urbani, direttore generale della programmazione sanitaria del ministero della salute: «Con il senno di poi, sarebbe stato meglio un lockdown immediato». Invece venne ordinato dal governo solo il 9 marzo, dopo avere chiuso la Lombardia il giorno prima. L’emergenza è stata fronteggiata con due mesi di ritardo. Il piano è di gennaio. Roberto Burioni, per esempio, che molto probabilmente era a conoscenza o aveva sentito qualcosa del piano, l’8 gennaio lanciò l’allarme sui casi sospetti di polmonite in Cina. Le sue previsioni si sono avverate. Il presidente del Consiglio ha firmato la dichiarazione dello stato di emergenza il 31 gennaio: lo si è saputo solo un mese e mezzo dopo. Perché alla proclamazione dello stato di emergenza non sono seguite vere misure di emergenza?La responsabilità è delle massime cariche di governo. E poi di chi si è messo a giocare con aperitivi, ristoranti cinesi, magliette. Come può un simile piano di emergenza venire ignorato così? Dev’essersi trattato del lavoro fatto da qualche esperto che qualcuno ha sfogliato, ma che essendo così pauroso, ha ritenuto fosse una balla e che il suo posto fosse nel cassetto o nel cestino. Forse non è neppure arrivato in mano al ministro della salute. Dal “Corriere” sappiamo che lo scenario contenuto nel piano ha indotto Speranza a secretarlo e a mettere in campo una task force? È difficile gestire i guai quando si hanno come consulenti persone che twittano video con pupazzi di Trump presi a calci. Mi pare strano che una persona tutto sommato con i piedi per terra come il ministro Speranza possa avere sottovalutato un documento come quello. Quindi a mio avviso non lo ha visto per niente. Il governo ora dice di non avere divulgato il piano, ma di avere agito ugualmente. Ma agito come? Facendo un comitato, invece di fornire dispositivi di sicurezza e ventilatori?È fuori da ogni credibilità. In questa vicenda dell’epidemia intravedo altre smagliature nell’apparato del governo e dello Stato. Le smagliature sono dovute al fatto che esistono delle responsabilità concorrenti tra Stato e Regioni. Il governo, coerentemente con lo stato di emergenza, doveva assumere tutti i poteri, da esercitare consultando i presidenti delle Regioni e collaborando con esse. Invece, il presidente del Consiglio non ha fatto altro che lo scaricabarile. Non credo che sia per i buoni rapporti con la Cina che uno sottovaluta una cosa del genere. Può farlo Di Maio, ma Conte no. Conosceremo mai la storia vera del coronavirus? Ne dubito. C’è solo una possibilità: che gli Stati Uniti abbiano in mano la testimonianza di qualcuno che lavorava nel Wuhan Institute of Virology e che possa dire quello che è successo. Il resto è guerra di informazione.(Carlo Jean, dichiarazioni rilasciate a Federico Ferraù per l’intervista “Piano di emergenza pronto da gennaio, il problema è negli uffici di Speranza”, pubblicata dal “Sussidiario” il 22 aprile 2020. Esperto di strategia, docente e opinionista, il generale Jean è stato consigliere militare del presidente della Repubblica Francesco Cossiga e presidente della Sogin. Il 21 aprile, “Corriere” e “Repubblica” hanno rivelato che dal 20 gennaio il ministero della salute aveva pronto un “piano nazionale di emergenza” per far fronte al coronavirus. Non sarebbe stato divulgato perché lo scenario previsto era altamente drammatico. Nell’ipotesi peggiore – scrive “Repubblica” – si prevedeva il picco dopo un anno dal primo caso (quello ufficiale si sarebbe verificato a Codogno il 21 febbraio), con mille pazienti ricoverati dopo 5 mesi e il 75% delle terapie intensive occupate dopo 243 giorni. In due anni – così il piano – si sarebbe arrivati a 646.000 contagi, dei quali 133.000 avrebbero richiesto il ricovero in terapia intensiva. Previsioni, quelle relative ai contagi, ampiamente surclassate dalla realtà).È molto strano: se avevano un piano che contemplava potenzialmente 100mila morti, la prima cosa da fare era comprare mascherine, tamponi, preparare il sistema sanitario fin da gennaio. Non è stato fatto. Chi ha sottovalutato l’emergenza? Molto probabilmente quel piano non è stato letto dai decisori politici, altrimenti non si spiega l’inerzia che è seguita. «Già dal 20 gennaio avevamo pronto un piano, e quel piano abbiamo seguito», ha detto al “Corriere della Sera” Andrea Urbani, direttore generale della programmazione sanitaria del ministero della salute: «Con il senno di poi, sarebbe stato meglio un lockdown immediato». Invece venne ordinato dal governo solo il 9 marzo, dopo avere chiuso la Lombardia il giorno prima. L’emergenza è stata fronteggiata con due mesi di ritardo. Il piano è di gennaio. Roberto Burioni, per esempio, che molto probabilmente era a conoscenza o aveva sentito qualcosa del piano, l’8 gennaio lanciò l’allarme sui casi sospetti di polmonite in Cina. Le sue previsioni si sono avverate. Il presidente del Consiglio ha firmato la dichiarazione dello stato di emergenza il 31 gennaio: lo si è saputo solo un mese e mezzo dopo. Perché alla proclamazione dello stato di emergenza non sono seguite vere misure di emergenza?
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Ben-Israel: quarantena inutile, il virus sparisce in 70 giorni
«Tutte le azioni di contenimento spinte del contagio sono pressoché inutili, in quanto non hanno un’effettiva influenza sulla diffusione del virus e sono dannose per l’economia: il Covid-19 raggiunge il suo picco in 40 giorni e in 70 sparisce». Parola di Isaac Ben-Israel, capo del programma di studi sulla sicurezza dell’università di Tel Aviv, presidente del Consiglio nazionale per la ricerca e lo sviluppo, nonché numero uno dell’Agenzia spaziale israeliana. Secondo questa teoria, dunque, il coronavirus ha i giorni contati: o per meglio dire – scrive Carlo Nicolato su “Libero” – ha in sé una specie di timer che lo disattiva in un determinato limite di tempo. «E se i calcoli sono giusti, in Italia dovrebbe attenuarsi gradualmente nei prossimi 15 giorni, fino a sparire del tutto a inizio maggio». Eccessivo ottimismo? Qualcuno potrà prenderlo come una bufala, visto che è un calcolo meramente matematico che non tiene conto della storia dei virus e in particolar modo di uno particolarmente contagioso come il Covid-19? «Va subito detto che Isaac Ben-Israel non è ovviamente un virologo, né un epidemiologo, né tantomeno un medico, e infatti la categoria non l’ha preso troppo sul serio, anzi – spiega Nicolato – lo ha stroncato, accusandolo di diffondere false speranze che possono rivelarsi controproducenti e dannose».Allo stesso tempo, però, il professor Isaac Ben-Israel non è nemmeno l’ultimo arrivato: «Non è solo il numero uno della ricerca in Israele, è un fisico-matematico di fama ed esperienza, al quale il primo ministro Benjamin Netanyahu ha affidato le sorti del National Cyber Bureau in quanto lui stesso, anche negli Stati Uniti (vedi l’autorevole rivista “Forbes”) viene considerato il padre della sicurezza informatica del paese». Una cosa non da poco, per Israele, visto che proprio lo Stato ebraico esporta il 10% di tutto il mercato mondiale della sicurezza informatica, ricorda sempre Nicolato sul giornale di Vittorio Feltri. «Isaac Ben-Israel è dunque uno che ha una certa dimistichezza con i numeri e le statistiche, e il fatto che non sia un virologo o un epidemiologo, viste poi le contraddittorie indicazioni che ci arrivano da quel settore di esperti, potrebbe essere ininfluente». O almeno, ragiona “Libero”, il suo studio ci consente di immaginare «una soluzione che non sia semplicemente quella di stare in casa ad aspettare e sperare in non si sa cosa».Crescono di giorno in giorno, infatti, le perplessità per la risposta adottata in Italia: chiudere tutto, sprangare in casa 60 milioni di cittadini e fermare l’economia, procurando una crisi che non ha precedenti nella storia. A scatenare la grande paura, due mesi fa, la consapevolezza delle gravissime falle nel nostro sistema ospedaliero disastrato dai tagli imposti da decenni di poltiche di rigore: solo 5.000 posti letto in terapia intensiva, contro i quasi 30.000 di Francia e Germania. «Al governo – afferma un osservatore critico come il saggista Gianfranco Carpeoro – andrebbe chiesto a che punto sono le forniture di Plaquenil, farmaco antimalarico dimostratosi efficace: lo stanno distribuendo in modo adeguato, agli ospedali?». Carpeoro è pessimista: «I numeri ancora alti confermano quello che temevo fin dall’inizio, e cioè che la quarantena non sarebbe servita a niente: se i contagi e i ricoveri caleranno sarà “merito” del governo che ci ha chiusi in casa, se invece resteranno elevati sarà “colpa” dei cittadini indisciplinati, non abbastanza ligi al coprifuoco, in realtà vessati da norme emergenziali che presentano diversi profili di incostituzionalità».A proposito di numeri, la dottoressa Maria Rita Gismondo (virologa dell’ospedale Sacco di Milano) contesta le cifre fornite ogni giorno dalla Protezione civile: «I dati sono vecchi anche di 12 giorni, a causa del ritardo con cui vengono raccolti». Ed ecco che la fotografia quotidiana dell’emergenza, sempre molto allarmistica, risulterebbe sfocata: numeri inattendibili? Molti ossevatori spiegano anche così la discrepanza tra il bilancio quotidiano dei decessi (ancora troppi) e il calo ormai vistoso dei ricoveri. L’Istat ricorda che lo scorso anno, nel mese di marzo, sono morti di polmonite oltre 15.000 italiani, senza che i giornali ne parlassero (sono stati 12.000 quelli falciati il mese scorso dal Covid-19). Intanto, si accettano scommesse sulla reale entità dei contagiati, visto che il dato disponibile è relativo ai test, ancora pochi, effettutati a campione. C’è di parla di milioni di persone contagiate, e vari studi ipotizzano che il virus abbia infettato (in modo silenzioso, senza sintoni) almeno un italiano su tre. A favore della tesi del declino fisiologico dell’epidemia, dopo l’iniziale virulenza, ora si aggiunge anche la voce israeliana del professor Isaac Ben-Israel: non certo un dilettante.«Tutte le azioni di contenimento spinte del contagio sono pressoché inutili, in quanto non hanno un’effettiva influenza sulla diffusione del virus e sono dannose per l’economia: il Covid-19 raggiunge il suo picco in 40 giorni e in 70 sparisce». Parola di Isaac Ben-Israel, capo del programma di studi sulla sicurezza dell’università di Tel Aviv, presidente del Consiglio nazionale per la ricerca e lo sviluppo, nonché numero uno dell’Agenzia spaziale israeliana. Secondo questa teoria, dunque, il coronavirus ha i giorni contati: o per meglio dire – scrive Carlo Nicolato su “Libero” – ha in sé una specie di timer che lo disattiva in un determinato limite di tempo. «E se i calcoli sono giusti, in Italia dovrebbe attenuarsi gradualmente nei prossimi 15 giorni, fino a sparire del tutto a inizio maggio». Eccessivo ottimismo? Qualcuno potrà prenderlo come una bufala, visto che è un calcolo meramente matematico che non tiene conto della storia dei virus e in particolar modo di uno particolarmente contagioso come il Covid-19? «Va subito detto che Isaac Ben-Israel non è ovviamente un virologo, né un epidemiologo, né tantomeno un medico, e infatti la categoria non l’ha preso troppo sul serio, anzi – spiega Nicolato – lo ha stroncato, accusandolo di diffondere false speranze che possono rivelarsi controproducenti e dannose».
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Appello: ribelliamoci alla dittatura del Ministero della Verità
La tenaglia della censura sta per stringersi sulla Rete e sulle voci della libera informazione. I segnali ci sono già tutti. Questa voglia di censura si sta articolando su due fronti, precisi e distinti. Il primo ramo della tenaglia è la legittimazione del cosiddetto “giornalismo dei professionisti”, l’informazione mainstream, come unica fonte valida per ricevere informazioni affidabili. Il secondo ramo della tenaglia è la delegittimazione, uguale e contraria, delle voci della libera informazione. Noi siamo liberi, le grandi televisioni no: per vivere hanno bisogno degli sponsor pubblicitari. E se a uno sponsor un certo discorso non piace, quel discorso in Tv non viene fatto. Sulle televisioni nazionali non vedrete mai, ad esempio, una seria e approfondita discussione sulla sicurezza dei vaccini, perché le case farmaceutiche sono tra i maggiori sponsor delle televisioni, e alle case farmaceutiche non fa piacere che si metta in discussione la sicurezza dei vaccini. Ecco perché da Fazio vedrete sempre e solo Burioni che pontifica a senso unico, ma non vedrete mai nessuno che gli fa un serio contraddittorio. Né vedrete mai una seria discussione sulla potenziale pericolosità del 5G: perché tra gli altri grandi sponsor delle televisioni ci sono le multinazionali della telefonia, a cui non fa piacere che venga messa in discussione la sicurezza delle loro tecnologie.Attenzione: non sto dicendo necessariamente che i vaccini non siano sicuri, o che il 5G sia sicuramente dannoso per la salute; sto solo dicendo che discussioni vere, approfondite – con un vero contraddittorio, su questi argomenti importantissimi per la nostra salute – in televisione non le vedrete mai (perché le televisioni non sono libere, sono controllate dagli sponsor che gli pagano gli stipendi e i costi di produzione). Noi invece siamo liberi, possiamo fare tutte le interviste e i dibattiti che vogliamo: e questo naturalmente dà molto fastidio, a quelli che vorrebbero il controllo totale dell’informazione. E adesso che i nostri numeri stanno aumentando di parecchio, visto che ormai tutti insieme facciamo svariati milioni di visualizzazioni ogni mese, hanno deciso di partire al contrattacco. Questa è la premessa; vediamo adesso, più da vicino, i due rami di questa manovra a tenaglia che vorrebbe soffocarci tutti. Il primo ramo, come dicevo, è quello della auto-legittimazione: “Noi del mainstream siamo gli unici di cui potete fidarvi”. Chi lo dice? “Lo diciamo noi, del mainstream”. Autoreferenzialità, appunto. Mediaset: «Oggi più che mai, l’informazione influenza la nostra vita e la nostra sicurezza. Le notizie sono una cosa seria: fidati dei professionisti dell’informazione. Scegli gli editori reponsabili, gli editori veri. Scegli la serietà».“Scegli gli editori reponsabili, gli editori veri. Scegli la serietà”. Eccoli qui, gli editori responsabili: sono loro. La Rai, Mediaset e La7, più tutti i quotidiani più importanti. Peccato che, se vai poi a guardare più da vicino, i primi a raccontare “fake news” siano spesso proprio loro. Facciamo qualche esempio. Un classico, ormai passato alla storia, risale al 2014. Il ministro della salute Lorenzin va da Bruno Vespa e mette in atto una vera e propria azione di terrorismo mediatico, descrivendo una terribile epidemia di morbillo che sarebbe avvenuta a Londra l’anno precedente: «Sono morti 270 bambini». Poi qualcuno è andato a verificare sui siti del governo inglese, e ha scoperto che l’anno prima (il 2013) c’era stato un solo morto di morbillo – un adulto di 25 anni, fra l’altro, morto per una complicanza polmonare. La redazione di “Porta a porta” è stata travolta da una valanga di email di protesta – io stesso ne ho scritta una – chiedendo una correzione immediata della “fake news”. Ma non è successo niente: la correzione, da parte di Vespa, non c’è mai stata. Eppure il “codice deontologico del giornalista” dice chiaramente: «Il giornalista corregge senza ritardo errori e inesattezze».L’anno dopo, 2015, la Lorenzin ripete la stessa bugia nella trasmissione “Piazza pulita” di Corrado Formigli. «Di morbillo si muore, in Europa: in un’epidemia di morbillo a Londra, lo scorso anno, sono morti più di 200 bambini». Nuovo controllo: morti di morbillo a Londra nel 2015, cioè l’anno prima: zero. Nuova valanga di email di protesta, comprese le mie, con ripetute richieste di correzione. E nuovamente, nessuna correzione (in questo caso, da parte di Formigli). Eppure non c’è solo il codice deontologico, c’è anche il “testo unico dei doveri del giornalista” a ricordargli che «devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte e riparati gli eventuali errori». Invece niente, nessuna correzione: la bugia passa tranquillamente sul mainstream, viene ripetuta, rimane impressa nella mente degli spettatori. E quelli che si sono resi responsabili di propaganda non la correggono, pur sapendo benissimo che era un “fake” (lo sanno, perché li abbiamo informati noi).Altro esempio: Giovanna Botteri, corrispondente da New York, distorce platealmente una deposizione di Tex Tillerson, futuro segretario di Stato americano, per farlo apparire un amico di Putin che condona, in qualche modo, i suoi presunti crimini di guerra in Siria (presunti da Marco Rubio, ovviamente, che lo sta interrogando). «Rex Tillerson, che della Russia è notoriamente un amico, al Congresso prende le distanze da Mosca, ma non da Putin: alla domanda del repubblicamo Rubio se lo considera un criminale di guerra, risponde “no”». Io mi sono stupito di una risposta del genere, da parte di Tillerson. Allora sono andato a cercare lo scambio originale con Marco Rubio, e ho scoperto che la risposta di Tillerson è stata completamente distorta dalla Botteri. Tillerson non ha mai detto «no, per me Putin non è un criminale», e quindi (sottinteso) «condono le sue azioni in Siria». Ma ha detto che lui non userebbe mai quel termine; che si tratta di un’accusa molto grave; e che, prima di fare un’affermazione del genere, avrebbe bisogno di molte più informazioni, rispetto a quelle disponibili. Ora, è un fatto molto grave, per una giornalista della Rai, distorcere in quel modo le parole del ministro degli esteri americano. Anche in questo caso, avevo scritto alla redazione del Tg chiedendo una correzione, e anche stavolta la correzione non c’è stata.Altro esempio, Enrico Mentana: prima dichiara di sostenere apertamente la posizione del Cicap sull’11 Settembre, cioè la versione ufficiale del governo americano, e poi manda in onda 16 “fake news” consecutive (16 di numero, una dietro l’altra), raccontate da Paolo Attivissimo in una sola trasmissione. Un record assoluto: credo che non verrà mai battuto, nella storia. Io faccio un video, dove dimostro – documenti alla mano – che tutte le affermazioni di Attivissimo sono false, dalla prima all’ultima, e lo segnalo alla redazione di Mentana per chiedere una correzione: siamo ancora qui ad apettare che arrivi. Evidentemente, per giornalisti come Vespa, Formigli, Botteri o Mentana, il “codice deontologico” è solo carta straccia. Un ultimo esempio, clamoroso, avvenuto lo scorso gennaio sempre su La7. Andrea Purgatori presenta uno speciale sulla morte di Soleimani. Su Twitter annuncia, con gran fanfara, «le immagini dell’uccisione del generale Soleimani». Sentite con quale enfasi drammatica Purgatori commenta le immagini: «Sono immagini drammatiche, anche se in bianco e nero. Come vedete c’è un convoglio, sentite le parole del pilota che sta manovrando il drone. Guardate come vengono colpiti, uno ad uno, tutti i convogli. Ora ci saranno dei puntini bianchi (guardate, sulla destra): sono uomini che cercano di scappare da questo attacco». Peccato che le immagini che sta mandando in onda siano quelle di un videogioco. Non solo non sono le immagini dell’attentato a Soleimani: non sono nemmeno immagini reali.Preso in castagna, non solo Purgatori si rifiuta di correggere l’errore, ma raddoppia addirittura la posta. Stuzzicato su Twitter nientemeno che da Paolo Attivissimo, Purgatori risponde: «Certo che è un videogioco, lo sapevo, ma rappresentava tecnicamente una perfetta dimostrazione di come colpisce un drone». Peccato che lui stesso, in trasmissione, ci abbia confermato che non fosse un videogioco. Sentite: «Vi faccio subito vedere una cosa: somiglia molto a un videogioco, ma non è un videogioco». Quindi cosa fa Purgatori? Ci rifila un “fake”, e nel frattempo ci assicura che non si tratta di un “fake”. Cioè: ci mente, sapendo di mentire. Questo è un caso talmente perverso che non penso sia nemmeno contemplato, nel famoso “codice deontologico” dei giornalisti. Quindi i Bruno Vespa, i Formigli, le Botteri, i Mentana, i Purgatori… sarebbero questi i famosi “professionisti dell’informazione” di cui dovremmo fidarci a scatola chiusa? Come direbbe Antonio Razzi, “questo non creto”. Ci sono certamente, in giro, degli ottimi giornalisti, che riescono a fare bene il loro lavoro nonostante le pastoie che gli impone il sistema – e a questi vanno tutte le lodi possibili. Ma ce ne sono anche tanti, come abbiamo visto, che fanno i furbini. E mentono, sapendo di mentire, pur di portare avanti la loro agenda politica o personale. Quindi, come in tutte le cose, si giudica caso per caso. Non si danno pass generalizzati a nessuno, qui: non si fanno sconti per comitive. Troppo comodo dire “noi siamo l’informazione ufficiale, fidatevi di noi”. La nostra fiducia ve la dovete guadagnare giorno per giorno, servizio per servizio, telegiornale per telegiornale.Veniamo adesso all’altro braccio della tenaglia: l’attacco, sempre più serrato, alla libera informazione. E’ un attacco che tende chiaramente a criminalizzarla, per avere la scusa per poi tapparci in qualche modo la bocca. Questo disegno ormai è evidente è ben coordinato e arriva chiaramente dall’alto, visto che ormai è a livello governativo. L’Ansa: “Martella, sottosegretario alla presidenza del Consiglio: creata unità contro fake news”. Naturalmente si usa la scusa del coronavirus: e così, nel frattempo, ci si vuole arrogare il diritto di decidere cosa sia falso e cosa no. Poi, una volta stabilito questo principio, sarà molto facile utilizzarlo ovunque torni comodo. Addirittura, qualche sera fa, Andrea Purgatori – proprio lui – ha dedicato una puntata di “Atlantide” alle “fake news”. Il servizio si intitolava “Fake Room, la Fabbrica delle Bugie”. Cioè, praticamente: quelli che ce le propinano impunemente, sono anche quelli che dicono di voler smascherare. Fantastico, no? Un totale capovolgimento dei ruoli, nella classica logica orwelliana. Io comunque, di fronte a un titolo così importante come “La Fabbrica delle Fake News”, mi sono seduto comodo in poltrona a guardare attentamente. E cos’ho visto? Il nulla più assoluto. Purgatori ha fatto il solito minestrone di cose che non c’entrano nulla l’una con l’altra. Ha messo insieme l’invasione dei marziani di Orson Welles, la storia del finto alieno di Roswell, le missioni lunari, la morte di Paul McCartney, il rapimento di Aldo Moro, l’11 Settembre, la fialetta di Colin Powell, Hitler scappato in Sudamerica, “Elvis Presley è vivo”; mancava solo la “Terra piatta”, e il menù era completo.Fra l’altro, ringrazio: Purgatori ha anche inserito lo spezzone di un mio video, dando così un po’ di visibilità al mio canale. Bene, dopo tutto questo minestrone, mi son detto: vediamo un po’ cosa farà, il nostro eroe. Visto che la trasmissione si chiama “La Fabbrica delle Fake News”, vediamo un po’ come si fabbricano, queste fake news. E invece, niente: dopo il minestrone, Purgatori ha intervistato quello che secondo lui era un epidemiologo, Enrico Bucci, dell’università di Filadelfia. Ma in realtà, Bucci si è rivelato non essere affatto un epidemiologo. Sentite che figura: «Per prima cosa, smonto una fake news prima che diventi importante: io non sono un epidemiologo, sono un biologo chimico e mi occupo di analisi di dati complessi in bio-medicina». Povero Purgatori, ne calpesta una dietro l’altra… Non sa nemmeno con chi sta parlando. Comunque, a parte questa gaffe, il succo è che, nella trasmissione, non ha minimamente affrontato l’argomento fake news. Dopo il biochimico, Purgatori ha intervistato un archeologo (Valerio Massimo Manfredi), che ci ha spiegato che la Donazione di Costantino era un falso – come se per scoprirlo avessimo bisogno di lui, fra l’altro. E poi ha intervistato uno psichiatra (Paolo Crepet), che ci ha fatto il preciso ritratto clinico del fabbricatore di fake news. Ascoltate: «Il fabbricatore di fake news è uno che si mette lì, alle undici di sera…». Purgatori: «E ne inventa una». Crepet: «Se ne inventa una, non so… Con tutto il rispetto, magari fa un lavoro qualsiasi…».Il fabbricatore di fake news “è uno che si mette lì, alle undici di sera, e magari ne inventa una”. E dopo questa approfondita e rigorosa analisi scientifica, praticamente, la trasmissione è finita lì. Cioè: il tentativo – ormai classico – di associare le idiozie più disparate ai temi più seri; e poi, il nulla più assoluto. Questo non è giornalismo: questo è impressionismo mediatico, una pennellata e via. E’ il mordi e fuggi di chi, in realtà, non ha niente da dire. Molto più feroce, invece (e molto più subdolo) è stato il tentativo di Mentana di attaccare la cosiddetta galassia complottista, nel suo insieme. Sulla sua rivista online, “Open”, Mentana ha pubblicato un lunghissimo articolo, intitolato: “Coronavirus. Le fonti del movimento sovversivo Nuova Resistenza Italiana, che incita a violare la quarantena”. L’autore dell’articolo è David Puente, un debunker dell’ultima generazione che è diventato lo scudiero preferito di Mentana, per questo tipo di operazioni. Che cosa hanno fatto, in sostanza, con questo articolo? Non potendo attaccare noi direttamente, sono andati a prendere questo gruppo Facebook chiamato “Nuova Resistenza Italiana” (che io, fra l’altro, non conoscevo nemmeno), e hanno detto: loro incitano a uscire di casa, quindi a violare la legge; andiamo un po’ a vedere chi sono le loro fonti, da dove prendono le loro informazioni.Hanno quindi tentato di fare un percorso all’indietro, per cercare di collegare anche noi a quelli che loro definiscono “un movimento sovversivo”. Gli americani hanno un’espressione molto bella, per questo meccanismo; si chiama “guilty by association”, colpevole per associazione. Non puoi attaccare qualcuno direttamente, e allora lo accusi in qualche modo di essere collegato a persone che tu definisci come sovversive. Ora, andiamo a vedere più da vicino chi sarebbero, i colpevoli di questa malfamata associazione a delinquere. Per farci capire meglio come stanno le cose, David Puente ha fatto addirittura ricorso a una specie di mappa del crimine – un po’ come quando in televisione ti fanno vedere la mappa delle famiglie mafiose, nei documenti delle forze dell’ordine. E il primo della lista, di questi mafiosi, ovviamente è Claudio Messora. Vediamo qual è la sua colpa: «”Byoblu” di Claudio Messora ospita spesso personaggi controversi che riportano una “informazione alternativa al mainstream”». Oddio, questo è veramente un peccato mortale… Roba da metterlo subito al rogo, senza nemmeno processarlo. In realtà, la vera colpa di Messora è stata quella di aver intervistato Stefano Montanari. Vediamo il capo d’accusa di Montanari: «Stefano Montanari ha definito il coronavirus un “virus fasullo” che risulta innocuo e che il vaccino sarà una truffa colossale per “iniettarci qualunque cosa”».Quindi, Montanari non ha violato nessuna legge: ha semplicemente espresso la sua opinione (con la quale, fra l’altro, nessuno è obbligato a essere d’accordo). Io stesso ho intervistato Montanari tre giorni dopo, e con me ha ripetuto praticamente gli stessi concetti. Io non ero d’accordo con lui, l’ho detto chiaramente, ma gli ho comunque permesso di parlare – perché lo scopo del dibattito è proprio questo: confrontare opinioni diverse. Invece, il Patto per la Scienza di Burioni ha fatto addirittura un esposto contro Montanari, e nel frattempo ne ha approfittato anche per chiedere l’oscuramento di “ByoBlu” – così, en passant: mentre cerchiamo di silenziare il messaggio, proviamo anche a dare una bella legnata al messaggero. Un altro colpevole di crimini efferati, poi, è Giulietto Chiesa: «”Pandora Tv” di Giulietto Chiesa ospita personaggi controversi e teorici del complotto». Mamma mia! E’ pazzesco, quello che fa Giulietto Chiesa: “ospita personaggi controversi”, mettiamo subito al rogo anche lui.Puente, forse te lo sei dimenticato. Ma l’articolo 21 della Costituzione dice: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Quindi, qui se c’è qualche sovversivo sei tu, Puente, nel senso che tu vorresti sovvertire la Costituzione, impedendo a queste persone di parlare. Andiamo adesso a vedere quali sono le colpe specifiche attribuite da Puente alle persone intervistate da “Pandora Tv”. «Manlio Dinucci, che scrive per il “Manifesto”, ha tirato in ballo l’esercitazione Nato nota come “Defender Europe 2020″ e i soldati americani “senza mascherina”». Signor Dinucci, ma cosa fa?! Tira in ballo i soldati americani senza mascherina?! E’ impazzito? Non lo sa che “tirare in ballo” è espressamente proibito dal codice penale? In realtà cos’ha fatto, Dinucci? Ha semplicemente citato un video ufficiale, del Pentagono, nel quale si vedono i soldati americani che atterrano in Europa per le esercitazioni Nato, e si salutano e si abbracciano tranquillamente, senza mascherina. Qual è il peccato di Dinucci? Aver commentato un video ufficiale del Pentagono. Tutto qua.Un altro criminale intervistato da “Pandora Tv” è Maurizio Martucci, «gestore di Oasisana.com e autore su “Il Fatto Quotidiano”», che «pone la teoria del rapporto tra 5G e il nuovo coronavirus». Oddio, Martucci ha addirittura “posto una teoria”… che eresia! Pensate, del 5G non sappiamo praticamente niente, perché nessuno ci dice niente, veramente; sappiamo ancora meno, del coronavirus, però David Puente ha già capito che non ci può essere nessuna correlazione fra le due cose, per cui si sente di mettere all’indice chi la suggerisce. Ma nemmeno ai tempi dell’Inquisizione, lavoravano così: almeno, gli inquisitori, una base teorica ce l’avevano. Poi ancora: «Marcello Pamio, gestore del sito Disinformazione.it, è un sostenitore della Medicina Tradizionale Cinese». Orrore… la medicina tradizionale cinese?! E’ lì da quattromila anni, a insegnarci come curarci in modo natuale e olistico, ma non lo si può sostenere – magari perché non vende i prodotti di Big Pharma? Sarà per quello che a Puente non piace, la medicina tradizionale cinese? E poi: «Secondo Pamio, la paura abbassa le difese immunitarie». No, Puente: non è “secondo Pamio”, è secondo tutti. Lo sanno anche i paracarri, che la paura abbassa le difese immunitarie: sta scritto persino sulle agenzie di stampa (AdnKronos: “Coronavirus: stress, paura e ansia riducono le difese immunitarie”). Ma questo, Pamio non lo può dire: perché Don Rodrigo Puente de Torquemada ha deciso che non si può.Ancora: «Francesco Oliviero, medico iscritto all’ordine che segue la Medicina Tradizionale Cinese e l’omeopatia, sostiene che il virus non si combatte stando a casa». Quindi «Vincenzo D’Anna, senatore e presidente dell’ordine dei biologi, sostiene che il Covid-19 sia poco più che un’influenza e che sia una grande cantonata politica». Nuovamente, Puente: sono opinioni (c’è scritto “sostiene”). Sono discutibili fin che vuoi, ma sono perfettamente legittime. Articolo 21 della Costituzione: non è così difficile da memorizzare, provaci. E poi naturalmente c’è una angolino anche per me, nella mappa del crimine: «Massimo Mazzucco, protagonista di diversi video di fantascienza complottista è autore del video che accusa gli americani dell’epidemia Covid-19». Per quanto riguarda la “fantascienza complottistica”, Puente, ti comunico che il mio film “11 Settembre, la nuova Pearl Harbor” è uscito già da sette anni, ed è ancora lì che aspetta qualcuno che lo smonti. Finora, nessuno ci ha mai nemmeno provato: i tuoi amici debunker se ne tengono saggiamente alla larga. Però, se tu vuoi confrontarti con me sull’11 Settembre, io sono a tua disposizione – così vediamo chi dei due racconta “fantascienza”. E poi, dai, Mazzucco sarebbe autore del video che accusa gli americani dell’epidemia Covid-19? Io non ho accusato nessuno: non sono così stupido da farlo.Nel mio famoso video “E’ stato il pipistrello”, ho semplicemente messo in fila i diversi elementi a sostegno di questa teoria, che fra l’altro è stata suggerita dallo stesso governo cinese. Ma io stesso ho detto, alla fine, che non posso esserne sicuro. Ascolta bene quello che dico, alla conclusione del video: «Ora, in posso sostenere che sia questa, per forza, la spiegazione di tutto quello che sta succedendo. Io ho solo messo in fila tutta una serie di elementi, che portano ad una conclusione sensata. Se ce ne sono altre, cari giornalisti, ben vengano: fatevi avanti». Quindi vedi, Puente? Dici pure le bugie, nel tuo articolo. Io non ho mai accusato nessuno. Tu distorci le frasi altrui e racconti fake news, proprio mentre sostieni di volerle combattere. In sintesi, qui abbiamo un intero articolo basato sul nulla più assoluto. Dov’è, tutto questo complottismo sovversivo? Niente, non c’è. Solo parole vuote, solo aria tiepida. Come dicevo prima, questo articolo è un po’ come un quadro impressionista, come il puninismo: visto da lontano sembra dare l’impressione di qualcosa. Ma poi, se ti avvicini, scopri che sono solo dei puntini colorati. Vedi la lontano questa mappa di presunti criminali; poi ti avvicini, e ti accorgi che siamo solo persone normali, che cercano di fare al meglio il loro lavoro, e che non hanno mai minimamente violato la legge. Con una differenza, però: i quadri impressionisti lasciano comunque nell’aria un senso di leggerezza e di allegria estetica; mentre questo articolo, caro Puente, lascia nell’aria un pessimo odore. E’ l’odore della diffamazione, l’odore del cattivo giornalismo, l’odore della censura travestita da finta indagine sociale.A questo punto, qualcuno dirà: va be’, chi se ne frega. Puente è solo un pessimo giornalista. In fondo ce ne sono tanti, in giro – uno più, uno meno, non è che faccia una gran differenza. No: non è così semplice. Perché il nostro caro David Puente, l’autore di questo articolo-spazzatura, è proprio una delle punte di diamante della tarsk force governativa contro le fake news. Avete capito, di che tipo di gente ci stiamo mettendo in mano? Questi sarebbero quelli che si arrogano il diritto di decidere cos’è falso e cosa no, e vorrebbero farlo addirittura a livello governativo. In conclusione: stiamo per uscire, tutti, dal tunnel del coronavirus, e stiamo andando incontro a un periodo estremamente difficile – cruciale, direi – per le nostre libertà. Finita questa pandemia, cercheranno di approfittare in tutti i modi della nostra debolezza, sia mentale che economica, per cercare di rendere permanenti alcune misure che ci avevano presentato come temporanee, e soprattutto per cercare di introdurne di nuove.Non stupitevi, se per caso – in autunno – vi ritrovate che, per andare allo stadio, oppure a un concerto, bisognerà prima aver fatto tutta una serie di vaccinazioni obbligatorie (altrimenti, tutti buoni e zitti, a casa a guardare le partite in televisione o ad ascoltare i concerti sul telefonino). Per è questa, la prima cosa che le società farmaceutiche cercheranno di ottenere, da tutto questo questo casino del coronavirus: cercheranno di far passare le vaccinazioni di massa, fino a farle diventare obbligatorie per tutti. Pensate che io sia paranoico? Guardate qua: “Zingaretti, vaccini obbligatori nel Lazio per 2,5 milioni e mezzo di persone” (”Il Messaggero”). «Stiamo valutando per il prossimo anno, nel Lazio, di rendere obbligatorio il vaccino contro l’influenza a tutti gli over 65, a chi lavora nella sanità e in altre categorie di lavoro più esposte e di attività essenzali». Quindi, siccome le “attività essenziali” le decidono loro, moltissima gente – se vorrà andare a lavorare – dovrà farsi il vaccino obbligatorio.E’ lì che vogliono arrivare, le case farmaceutiche. Per loro, questa del coronavirus è un’occasione d’oro, quasi irripetibile. E naturalmente utilizzeranno la televisione (che loro pagano profumatamente) per martellarci il cervello, in modo da arrivare prima o poi a vaccinarci tutti, obbligatoriamente, per qualunque cosa. Con buona pace della Costituzione, che (articolo 32) dice: «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge», e aggiunge: «La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Invece, i limiti li violeranno eccome: grazie alle nostre paure e al nostro stato di confusione. Vedrete, con la scusa del coronavirus, quanti limiti cercheranno di violare. Cercheranno di introdurre, ad esempio, il tracciamento elettronico dei nostri movimenti col telefonino, esattamente come hanno fatto in Cina con i cittadini di Wuhan. Da noi non oseranno mai fare una cosa del genere, dite? L’Ansa: «Coronavirus: app in arrivo, volontaria e anonima. Il lavoro della task force istituita per studiare l’utilizzo di una app per il tracciamento dei contatti per evitare il diffondersi del coronavirus è alle fasi conclusive».Naturalmente, per ora ti dicono che è “volontaria e anonima”; però poi cosa ti succede, se un giorno scopri che – se tu non sei tracciato – magari non puoi salire sull’autobus, non puoi andare in biblioteca o non puoi entrare in un supermercato? O accetti la tracciatura, oppure te ne stai chiuso in casa a marcire, e al supermercato ci mandi tua cugina? Quindi sarà pure “volontario”, ma bisognerà vedere a quali ricatti saranno sottoposti, quelli che non vorranno accettare. Ricordate che una cosa è volontaria solo se uno può scegliere davvero liberamente, senza condizioni; altrimenti, si chiama ricatto. E il bello è che, con l’aiuto del mainstream, cercheranno di far passare questa schedatura di tipo poliziesco come una meravigliosa “opportunità”. Guardate: «La Ferrari userà app-tracciamento per dipendenti». Nella terza fase, dice l’articolo dell’Ansa, ci sarà «l’opportunità per ciascun collaboratore di servirsi di una app, con tracciamento dei contatti, per un supporto medico sanitario nel monitoraggio della sintomatologia del virus». L’opportunità… Dovremo anche ringraziarli, alla fine, questi angeli premurosi che ci vogliono seguire dappertutto. Naturalmente, «il piano è nato dalla collaborazione con un pool di virologi – tra cui il professor Roberto Burioni», il nostro benefattore universale.Ma non basta: con la scusa del coronavirus, presto troveranno anche il modo per entrarci in casa e portarsi via chi vogliono loro. Nuovamente: pensate che siano paranoie complottiste? Michael Ryan, direttore esecutivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, lo scorso 23 marzo, durante una conferenza stampa ha detto: «Il contagio non è più nelle strade, ora è circoscritto ai gruppi familiari. Ora dobbiamo andare a guardare nelle famiglie, per trovare chi eventualmente è malato, per rimoverlo e isolarlo in un luogo sicuro e dignitoso». E questa è l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che parla (non è la bocciofila di paese). Quindi, con la scusa del virus, vogliono poter entrare in casa vostra e portarvi via i fratelli, i genitori oppure i vostri figli, in modo “sicuro e dignitoso” (se lo riterranno opportuno). Poi tanti auguri, quando andate dal giudice per cercare di farveli restituire.Naturalmente, per arrivare a tutto questo hanno un bisogno assoluto di silenziare al più presto la libera informazione, altrimenti rischiano che ci siano troppe persone che protestano e si pongono delle domande – e questo non va bene. E non stiamo parlando solo del fronte sanitario, sia chiaro. Dopo il coronavirus, approfittando della confusione, ci sarà un tentativo globale di ridisegnare alla radice l’intera mappa del potere – naturalmente a favore delle élite e a discapito dei normali cittadini, su tutti i fronti. Ci installeranno il 5G dappertutto, senza nessun serio dibattito sulla sua pericolosità e senza nessuna garanzia scientifica sulla sua innocuità. E nuovamente, useranno le televisioni per invitare i loro esperti a raccontarci che non c’è nessun pericolo, e che il 5G è una manna perché aiuta i medici a comunicare meglio fra di loro (come se adesso i medici, per comunicare, usassero i segnali di fumo, e aspettassero con ansia l’arrivo del 5G). Ci seppelliranno sotto un debito di centinaia di miliardi, arrivati chissà da dove e con chissà quali clausole. E useranno le televisioni per raccontarci che va tutto bene e che dovremo essere felici, per tutti questi soldi che ci verranno prestati, salvo poi dover lavorare per i prossimi cinquant’anni per restituirli, ovviamente con interessi molto salati.E’ questa, la dittatura che ci aspetta nel prossimo futuro: la dittatura dell’informazione, che manda un messaggio unificato e non tollera nessun contraddittorio. In una democrazia, una voce alternativa all’informazione mainstream è assolutamente indispensabile. Le opinioni diverse sono il cuore stesso del progresso sociale. Senza quello, la democrazia muore. E si instaura la dittatura del pensiero unico. Non saremo più schiavizzati a livello fisico – come una volta, con le catene ai piedi – ma lo saremo a livello mentale, con le catene nel cervello (che è ancora peggio: perché, se controlli la mente delle persone, controlli molto più facilmente anche le loro azioni). Quindi, se noi verremo silenziati, non saremo più in grado di difendere voi, dalle restrizioni delle vostre libertà. E’ quindi fondamentale, in questo momento, far sapere che siamo in tanti e che simo tutti uniti. Dobbiamo mandare un messaggio, forte e chiaro: noi siamo uniti e compatti, e non siamo disposti a farci mettere la museruola da nessuno. Per questo, vi chiediamo di far circolare questo messaggio ovunque possibile. Non lasciate niente di intentato: non fermatevi, finché non avrete esaurito ogni possibile contatto, nella vostra agenda personale. Altrimenti, fra poco, verremo davvero tutti obbligati a inginocchiarci, senza più fiatare, di fronte al Ministero della Verità.(Massimo Mazzucco, video-appello trasmesso su “Contro Tv” e ripreso l’11 aprile 2020 su YouTube e su “Luogo Comune”. In coda, nel video l’appello è sottoscritto da Giulietto Chiesa, Marco Tosatti, Fulvio Grimaldi, Tiziana Alterio, Ivan Catalano, Fabio Frabetti, Raimondo Pische, Alessandra Devetag, Maurizio Blondet, Stefano Scoglio, Margherita Furlan, Davide Barillari, Patrizia Cecconi, Ugo Mattei, Marco Pizzuti, Corrado Malanga, Manlio Dinucci, Gustavo Alberto Palumbo, Marcello Pamio, Martino Chiorboli, Franco Fracassi, Leopoldo Salmaso, Gaia Pasi, Francesco Celani, Gabriele Sannino, Adriano Colafrancesco, Jeannie Toschi Marazzani Visconti, Enrica Perucchietti, Ugo Giannangeli, Roberto Germano, Tom Bosco, Lara Innocenzi, Roberto Quaglia, Giuseppe Turrisi. Tra i sottoscrittori del video-appello, Mauro Scardovelli afferma: «Stanno introducendo la censura, in Italia, che è vietatissima dall’articolo 21 della Costituzione. La censura infatti è tipica delle dittature: indica la fine della democrazia». Dal canto suo, Pietro Ratto propone «una task force uguale e contraria a quella istituita, per contrastare le fake news del sistema». Chiude la lista Claudio Messora, che definisce Mazzucco «uomo misurato, saggio, socratico: è il Socrate dell’informazione indipendente». Chiosa Messora: «Dato l’accerchiamento in atto, non è più il momento di essere tenui, cauti: è il momento di uscire allo scoperto e gridare forte che siamo liberi. Lo dice l’articolo 21, lo dice la Costituzione. E liberi vogliamo restare»).La tenaglia della censura sta per stringersi sulla Rete e sulle voci della libera informazione. I segnali ci sono già tutti. Questa voglia di censura si sta articolando su due fronti, precisi e distinti. Il primo ramo della tenaglia è la legittimazione del cosiddetto “giornalismo dei professionisti”, l’informazione mainstream, come unica fonte valida per ricevere informazioni affidabili. Il secondo ramo della tenaglia è la delegittimazione, uguale e contraria, delle voci della libera informazione. Noi siamo liberi, le grandi televisioni no: per vivere hanno bisogno degli sponsor pubblicitari. E se a uno sponsor un certo discorso non piace, quel discorso in Tv non viene fatto. Sulle televisioni nazionali non vedrete mai, ad esempio, una seria e approfondita discussione sulla sicurezza dei vaccini, perché le case farmaceutiche sono tra i maggiori sponsor delle televisioni, e alle case farmaceutiche non fa piacere che si metta in discussione la sicurezza dei vaccini. Ecco perché da Fazio vedrete sempre e solo Burioni che pontifica a senso unico, ma non vedrete mai nessuno che gli fa un serio contraddittorio. Né vedrete mai una seria discussione sulla potenziale pericolosità del 5G: perché tra gli altri grandi sponsor delle televisioni ci sono le multinazionali della telefonia, a cui non fa piacere che venga messa in discussione la sicurezza delle loro tecnologie.