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Magaldi: il vero gioco, sporco, dietro al teatro dell’Ucraina
La storia sta inaugurando dei momenti di non ritorno: prima la pandemia, con anche la spada di Damocle di quello che potrebbe accadere in autunno, e ora la guerra. Sembra quasi ricrearsi lo scenario apocalittico della Prima Guerra Mondiale, con l’epidemia di Spagnola che, insieme alle devastazioni belliche, fece fuori un’intera generazione. La Russia che occupa l’Ucraina, insedia un governo filo-russo e poi si prepara ad anni di guerriglia: è un film lunghissimo, largamente condiviso da soggetti insospettabili. Sul tavolo, oggi, sono stati gettati tanti dadi. “L’incapacità” degli europei, “l’azzardo folle” di Putin, “il narcisismo patriottico ed eroico” di Zelensky, “l’attendismo” dei cinesi: tutte queste chiavi di lettura sono stronzate. La Cina sapeva benissimo quello che doveva accadere: in Cina ci sono almeno 2-3 modi di pensare agli esiti di questa vicenda. E sono modi condivisi con alcuni finti antagonisti che stanno dall’altra parte dell’oceano. Il confronto tra Cina e Stati Uniti aveva fatto credere che il Pacifico sarebbe diventato il vero centro del XXI Secolo; ma la Russia si è inserita in questo scenario, richiamando l’importanza del versante eurasiatico (che era stato il grande assente). E dimentichiamo un giocatore decisivo: la Germania.Grande protagonista delle due guerre mondiali, finora la Germania è rimasta inglobata in una ragnatela di immobilismo, di cui la Merkel era l’interprete, nel suo sforzo di non far fare passi avanti all’Europa, quanto a integrazione politica ed economica: serviva a mal governare l’Ue, in nome dell’austerità. Ma adesso questo scenario è venuto meno. Non viene meno, invece, l’amicizia stretta di Angela Merkel con Putin. Né viene meno l’amicizia dell’ex cancelliere Schroeder, che infatti proprio in questi giorni è in Russia. Non viene meno neppure l’amicizia di Putin con tanti frequentatori della superloggia “Golden Eurasia”: questo dovrebbe essere uno dei temi più gettonati da parte degli analisti, che invece recitano la filastrocca dei buoni e dei cattivi. L’impossibilità di imporre una No-Fly Zone, pena lo scoppio di un conflitto nucleare e della Terza Guerra Mondiale? Ormai ci sono 5-6 “file” di chiacchiere, sempre le stesse: sia nei bar che nei talkshow. E’ giunto il momento di capire che c’è un’arte, in quanto sta succedendo. C’è stata una premeditazione: l’operazione militare in Ucraina non è stata improvvisata a febbraio. C’è tutto un lavorìo, che viene da lontano.C’è troppa ombra, in tutto questo, anche sul versante italiano. Draghi ha deluso: ha perso un’occasione per compiere una mediazione importante. Tra le opzioni di Putin non cè solo quella più spericolata, cioè quella che vorrebbe portare la Russia a essere, insieme alla Cina, il costruttore di un nuovo assetto mondiale. Beninteso: una Russia non subalterna alla Cina, ma – grazie ai suoi rapporti privilegiati con la Germania e con altri soggetti occidentali – gioca un ruolo paritetico, se non sovraordinato a quello della Cina: anche in forza del suo maggiore dinamismo militare. La Cina è più “pesante” della Russia, nel muoversi: non avrebbe mai potuto fare qualcosa che comportasse la rottura dei rapporti economici con l’Occidente, perché il suo sviluppo dipende ormai dal formidabile intreccio con l’economia occidentale. La Russia è più “leggera”, da questo punto di vista: può ricreare un altro mondo di connessioni economiche ex novo, persino più vantaggiose per Mosca, con un blocco ideologico e geopolitico da condividere con la Cina ed altri, ma mantenendo dei rapporti – strani, ambivalenti – con il colosso-Germania, che si va riarmando.Quindi: lungi dall’esercitare un’egemonia, la Cina – nelle intenzioni di Putin e di altri – viene quasi trascinata, suo malgrado; e non ha la stessa possibilità di movimento della Russia, essendo costretta a recitare questo ruolo di apparente moderazione (la Cina ha comunque visto e benedetto questa operazione di Putin, molti mesi fa). Dunque, l’ombra regna sovrana: sono soggetti totalmente invisibili alla pubblica opinione, quelli che oggi stanno tessendo trame di guerra e di pace. Tornando all’Italia: Draghi ha perso forse l’ultima occasione per accreditarsi come attore capace di segnare momenti importanti. Putin gioca sempre tenendo in piedi 3-4 ipotesi. Il suo fine è quello di ridare alla Russia una dimensione imperiale, anche rispetto alla Cina, smarcandosi cioè dal ruolo di potenza comprimaria. Naturalmente, Putin sa che questo può essere fatto con mosse più audaci e spericolate, oppure attraverso tappe differenti. E’ chiaro che l’Ucraina serve anche come laboratorio: è una sperimentazione per capire come gli occidentali (alcuni amici, altri nemici) si comportano.Per un’altra via, che risolveva questo fronte in modo meno cruento, lo stesso Putin aveva offerto a Draghi la possibilità di essere lui, il portavoce autorevole di ambienti euro-atlantici, per una trattativa da risolvere magari in breve tempo. Ma Draghi si è tirato indietro. Dopodiché non si è distanziato in alcun modo dalla vacua “ciàcola” dei leader europei. Vedo il grottesco Macron che supporta la sua ricandidatura all’Eliseo con l’imitazione di Zelensky nel vestiario e le tante telefonate infeconde a Putin. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz? Sta strizzando l’occhio un po’ a Putin e un po’ a Schroeder, e nel frattempo sta riarmando la Germania. Boris Johnson? E’ un mattacchione: strepita verso i russi, ma tutto sommato ci va cauto. Lo spagnolo Sanchez? Non pervenuto. Come al solito, quindi, l’Europa è assente. E Mario Draghi, anche in questo caso, si è distinto per mediocrità: la stessa mediocrità che gli ha fatto fallire la corsa al Quirinale.Anche in Italia c’è dunque bisogno di luce, per rischiarare la narrativa che riguarda il futuro del nostro paese, inserito nel futuro dell’Europa e in quello di un mondo che ormai sta cambiando. Da noi non esiste un’opposizione effettiva: come la stessa Lega, anche un partito come Fratelli d’Italia è rimasto frastornato in modo epocale da tutto quello che è successo. Come al solito, tiriamo a campare: adesso ci sono i rincari, c’è l’inflazione, gli stipendi e le pensioni al palo da decenni. E dopo la canzone sull’energia pulita, adesso scopriamo che dobbiamo tornare al carbone. Un’incongruenza dietro l’altra, con una mancanza di visione: una lungimiranza adeguata avrebbe tenuto conto del fatto che questa tensione con la Russia poteva scoppiare da un momento all’altro, visto che da otto anni sapevamo del bubbone Crimea-Ucraina, con tutte le conseguenze energetiche del caso. Ha detto bene Tremonti: il Pnrr è già vecchio, per gli investimenti sull’energia va già riscritto. Lo hanno detto persino importanti player internazionali, che pure sarebbero a favore di una svolta “verde”: innanzitutto, dobbiamo comunque mantenere i livelli di consumo energetico di cui abbiamo bisogno.Ai cittadini viene lasciata una classe politica incompetente, incapace di navigare nella storia. Quelli che le cose le sanno, invece, lasciano che – nel tritacarne – questi piccoli leader siano maciullati uno dopo l’altro; e ora, nel caos, fanno i loro conti. E intanto abbiamo un Parlamento pieno di “leaderini” disinformati su quanto avverrà nei prossimi anni: hanno punato sui cavalli sbagliati, non sanno che cosa devono fare. Parliamoci chiaro: si preannuncia una crisi gravissima, sul piano economico, finanziario e sociale, e anche sul piano geopolitico e militare. Forse questo aspetto non è stato ancora messo a fuoco, ma il riarmo della Germania è epocale: o è incastonato in una prospettiva europea, o è un sinistro preludio di cose che non sappiamo. Tutte le volte che la Germania si è riarmata, sono scoppiate guerre mondiali. Altro che “guerra mondiale se si istiuisce la No-Fly Zone” in Ucraina: le guerre mondiali sono esplose quando la Germania si è riarmata. E una Germania riarmata, con una Russia già armata fino ai denti, non è una prospettiva su cui sorridere.Credo quindi che sia venuto il momento di investire sulla luce: queste sono corse che, forse, nemmeno avrei voluto dire, sugli sviluppi dei prossimi anni (previsti da alcuni attori significativi). Queste cose inzierò a dirle, perché la situazione sta precipitando: anche questa crisi poteva essere “imbracata” meglio. In questi giorni ho sperato che ci fosse il guizzo, da parte di alcuni, nel fermare le cose. Non parlo di Putin e Zelensky: parlo di tutta la corte di gente che – da Oriente a Occidente – partecipa di questo teatro. Speravo cioè che qualcuno provasse a obbligare tutti quanti a fermarsi, a trovare uno “stop” per riconfigurare la situazione. E invece no, questo non è accaduto. E quindi, prepariamoci al peggio. La guerra in Ucraina può fermarsi anche tra poco. Ma a preoccupare è quello a cui prelude: quello che implica. La guerra è solo l’avvio della partita che è stata inaugurata, non è che il primo tassello. O meglio: il secondo tassello inquietante, perché il primo è stato quello della pandemia. Non a caso, l’impianto dell’emergenza sanitaria – anche se a breve decadrà l’odioso Green Pass – è stato lasciato virtualmente in piedi, evocando lo spettro di eventuali, nuove pandemie.Draghi ha perso smalto, fascinazione credibilità. Doveva restare in disparte, dispensando buoni consigli dall’alto e preparandosi ad arrivare al Quirinale (e da lì, poi, fare quello che aveva promesso, cioè intervenire per un cambio di passo in Europa). Invece, quest’anno lo ha sprecato facendo il presidente del Consiglio, barcamenandosi per non scontentare nessuno e sperando così di arrivare più falcilmente al Colle, ma trascurando i rapporti con i politici. Quindi Draghi ha sbagliato tutto, dal punto di vista tattico e strategico. E lo schiaffo subito sulla via del Quirinale ha minato anche il credito di cui godeva a livello sovranazionale, dopo una lunghissima carriera coronata solo da successi (da cui il suo peso e il suo prestigio). E adesso si ritrova col cerino in mano. Forse, quella che gli aveva concesso Putin non era l’ultima occasione, ma la penultima. Mi spiego: se per caso, prima di essere liquidato insieme al suo governo e prima che le cose precipitino davvero, Draghi si accordasse con Putin per un incontro in cui si trovasse una soluzione – e l’Italia con Draghi farebbe la parte del leone, in questa mediazione – allora sarebbe questa, l’ultima occasione. Finora, però, Draghi ha lasciato che l’Italia avesse la stessa posizione degli altri paesi europei: nonostante il fatto che Putin non lo abbia inserito tra i leader occidentali colpiti dalle contro-sanzioni russe.Io sarei per rimovere le sanzioni immediatamente: sono una iattura per gli imprenditori e per i cittadini che, sia in Russia che in Occidente, ne subiscono le conseguenze in modo grave. Presentandosi con questa proposta in mano – abolire le sanzioni – Draghi poteva anche andare da Putin, chiedendogli in cambio la sospensione dell’avanzata militare (e magari anche minacciandolo, in caso di mancato accordo, di istituire la No-Fly Zone). Dunque, una mano amichevole e l’altra minacciosa: questa la posizione che doveva caratterizzare l’Italia. Anche se poi la richiesta non fosse stata accolta, un Draghi che avesse detto, agli Usa e all’Ue, “l’Italia non partecipa alle sanzoni, e tuttavia chiede a Putin di fermarsi”, avrebbe espresso una posizione politicamente molto forte. Invece, oggi, Draghi sembra un vecchio arnese della peggior Dc, quella che esibiva politici grigi e untuosi. Draghi si è ridotto a questa figurazione: non un’idea originale su come risolvere questa crisi, non una differenziazione dell’Italia nella politica estera (assente, peraltro) dell’Unione Europea.Perché ripetere che l’Europa e l’Occidente si sarebbero ricompattati, e che questo Putin non se l’aspettava? E dove sarebbe, questo ricompattamento? Putin sta per entrare a Mariupol, completando l’occupazione della fascia Sud dell’Ucraina, e “non si aspettava” il compattamento occidentale (nelle chiacchiere)? “Non si aspettava”, Putin, che questi inviassero um po’ di armi, per evitare che la resa dell’Ucraina fosse immediata? Dove sarebbe il grande compattamento dell’Occidente, con un Biden che – strumentalmente – chiede che a mediare sia la Cina? L’Occidente si sarebbe compattato se avesse detto: in Ucraina non si passa, però alla Russia offriamo la neutralità dell’Ucraina (fermando l’espansionismo della Nato) e un compromesso su Crimea e Donbass, previ referendum con osservatori Onu. Questo sì, sarebbe stato un compattare l’Occidente. E invece, si preferisce il piagnisteo attuale (l’angoscia, la condanna morale), e nel frattempo si lascia fare il bello e il cattivo tempo a Putin, che avanza inesorabilmente.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming su YouTube del 21 marzo 2022).La storia sta inaugurando dei momenti di non ritorno: prima la pandemia, con anche la spada di Damocle di quello che potrebbe accadere in autunno, e ora la guerra. Sembra quasi ricrearsi lo scenario apocalittico della Prima Guerra Mondiale, con l’epidemia di Spagnola che, insieme alle devastazioni belliche, fece fuori un’intera generazione. La Russia che occupa l’Ucraina, insedia un governo filo-russo e poi si prepara ad anni di guerriglia: è un film lunghissimo, largamente condiviso da soggetti insospettabili. Sul tavolo, oggi, sono stati gettati tanti dadi. “L’incapacità” degli europei, “l’azzardo folle” di Putin, “il narcisismo patriottico ed eroico” di Zelensky, “l’attendismo” dei cinesi: tutte queste chiavi di lettura sono stronzate. La Cina sapeva benissimo quello che doveva accadere: in Cina ci sono almeno 2-3 modi di pensare agli esiti di questa vicenda. E sono modi condivisi con alcuni finti antagonisti che stanno dall’altra parte dell’oceano. Il confronto tra Cina e Stati Uniti aveva fatto credere che il Pacifico sarebbe diventato il vero centro del XXI Secolo; ma la Russia si è inserita in questo scenario, richiamando l’importanza del versante eurasiatico (che era stato il grande assente). E dimentichiamo un giocatore decisivo: la Germania.
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Una gamba per Oscar, nel Venezuela “orfano” di Chavez
Era il marzo del grande terrore, quello che gli italiani non dimenticheranno. Negli ospedali presi improvvisamente d’assalto, non s’era ancora capito con che razza di mostro si avesse a che fare, e con quali terapie affrontarlo. Giorni orribili, scanditi da immagini destinate a restare nella memoria: da una parte le bare caricate su camion militari fatti sfilare in piena notte, dall’altra la luce verde degli aeroporti. A Pratica di Mare atterrarono, come fantasmi buoni, 14 giganteschi Ilyushin russi carichi di attrezzature e personale sanitario. Non furono i soli: sbarcarono in Italia anche medici sudamericani e caraibici. Provenienti da Cuba, per esempio, e da un altro paese della regione, anch’esso a lungo “eretico” e assistito dalla Russia: il Venezuela, già miracolato da Hugo Chavez. «Vedi quella collina? Prima c’erano solo baracche. Poi, invece, è stato costruito – da zero – un quartiere nuovo di zecca: case pulite e dignitose, per i più poveri». La città è Mérida, oltre duecentomila abitanti arroccati a 1.600 metri di altitudine, a 200 chilometri da Maracaibo e 500 dalla capitale, Caracas. A Mérida vive Oscar, 40 anni appena compiuti. Laureato in economia, lavora come amministratore di una società. Da otto anni ha un problema: gli manca una gamba. E’ lui, oggi, ad aver bisogno dell’Italia.Il momento è difficile, per il Belpaese messo alla frusta dalla politica emergenziale. Ma i guai dell’Italia impallidiscono, di fronte a quelli del Venezuela di oggi, orfano di Chavez. «La moneta venezuelana non ha più nessun valore», racconta Oscar: «Ormai, lo stipendio medio di una persona è di appena 3 dollari al mese». Entendido? Tre dollari al mese. Oscar ha una sorella, Carolina, che vive nel nostro paese da molti anni. Opera nel settore del commercio equo-solidale in provincia di Torino. Suo marito, Massimo, è un agronomo rinomato: un pioniere, in Piemonte, dell’agricoltura biologica. Sono stati loro, anni fa, a scattare fotogrammi indimendicabili del Venezuela di Chavez. «Mérida era isolata in mezzo alle montagne, e dopo due anni ci abbiamo trovato un’autostrada costruita in pochi mesi, alla velocità della luce». Una mattina, Carolina avverte Massimo: «Ci rivedremo non prima di stasera, devo andare all’anagrafe a rifare i documenti». Un’ora dopo, la telefonata: «Sto arrivando, è già tutto sistemato: l’ufficio l’hanno automatizzato. Procedure immediate, digitali: non ci potevo credere». Erano in tanti, in effetti, a non riuscire a credere al Venezuela di Chavez. Imperfetto, certo, ma rivoluzionario, in un continente atavicamente letargico e sottomesso alla miseria e all’arretratezza.Condizioni nelle quali, per ragioni controverse, oggi il Venezuela è nuovamente sprofondato, trascinando con sé milioni di persone: tra cui Oscar. «Nel 2010 – racconta – mi era stato diagnosticato un tumore, un sarcoma maligno di terzo grado». Risposta ospedaliera: l’ordinario trattamento di chemioterapia. Un anno di speranze. «Poi però nel 2011 è stata individuata una recidiva alla tibia sinistra». Destino segnato: «Nel 2012 mi è stata amputata la gamba, sotto il ginocchio». Da allora, Oscar si aiuta con una gamba artificiale. Problema: «Le protesi vanno cambiate dopo alcuni anni, per il mutamento della forma del moncone e per la scadenza dell’attrezzo ortopedico». Altro problema: «Al momento non ho la possibilità di permettermi il costo di una nuova protesi». Normale, nel paese dove in media, ormai, si guadagnano 3 dollari al mese. «E così, mi sono deciso a chiedere aiuto a chi può darmi una mano». Obiettivo: «Poter tornare a camminare su due gambe, anche se una artificiale». Il tam-tam utilizza il crowdfundig per una somma modesta (2.500 euro), fissata come obiettivo della raccolta solidale. Il premio in palio, invece, è altissimo: la gratitudine di Oscar.«I soldi saranno usati per l’acquisto della protesi e saranno inviati direttamente a lui come donazione», spiega Carolina: «Non può farla lui, la raccolta, proprio per i grossi problemi del Venezuela, di carattere politico ed economico». Eppure, nei giorni della grande paura (la primavera 2020), persino il Venezuela riuscì a essere vicinissimo all’Italia, spedendo i suoi medici nei nostri ospedali. Medici del tutto speciali, anche cubani: il paese di Chavez li aveva barattati col petrolio che cedeva all’isola di Fidel Castro. Ai cubani la benzina, ai venezuelani l’assistenza sanitaria. «Per la prima volta nella storia – ricordano Carolina e Massimo – tutti ebbero diritto alle cure gratuite di un dottore, in Venezuela». E oggi eccoci qua, in mezzo al disastro spaventevole del mondo intero, precipitato nella crisi più strana e terribile che si ricordi. Con un’aggravante, nel caso di Oscar: una gamba sola, nel paese che vive con tre dollari al mese. Si sa come l’umanità, prima o poi, riesca a riscattarsi. E a proposito, quanto vale, il sorriso di Oscar? «Il tuo aiuto, anche se piccolo, per me è molto importante», dice lui, da Mérida. «Grazie di cuore, davvero, a chi potrà darmi una mano».(Per fare una donazione a favore di Oscar basta un clic sulla piattaforma “Gofundme”).Era il marzo del grande terrore, quello che gli italiani non dimenticheranno. Negli ospedali presi improvvisamente d’assalto, non s’era ancora capito con che razza di mostro si avesse a che fare, e con quali terapie affrontarlo. Giorni orribili, scanditi da immagini destinate a restare nella memoria: da una parte le bare caricate su camion militari fatti sfilare in piena notte, dall’altra la luce verde degli aeroporti. A Pratica di Mare atterrarono, come fantasmi buoni, 14 giganteschi Ilyushin russi carichi di attrezzature e personale sanitario. Non furono i soli: sbarcarono in Italia anche medici sudamericani e caraibici. Provenienti da Cuba, per esempio, e da un altro paese della regione, anch’esso a lungo “eretico” e assistito dalla Russia: il Venezuela, già miracolato da Hugo Chavez. «Vedi quella collina? Prima c’erano solo baracche. Poi, invece, è stato costruito – da zero – un quartiere nuovo di zecca: case pulite e dignitose, per i più poveri». La città è Mérida, oltre duecentomila abitanti arroccati a 1.600 metri di altitudine, a 200 chilometri da Maracaibo e 500 dalla capitale, Caracas. A Mérida vive Oscar, 40 anni appena compiuti. Laureato in economia, lavora come amministratore di una società. Da otto anni ha un problema: gli manca una gamba. E’ lui, oggi, ad aver bisogno dell’Italia.Il momento è difficile, per il Belpaese messo alla frusta dalla politica emergenziale. Ma i guai dell’Italia impallidiscono, di fronte a quelli del Venezuela di oggi, orfano di Chavez. «La moneta venezuelana non ha più nessun valore», racconta Oscar: «Ormai, lo stipendio medio di una persona è di appena 3 dollari al mese». Entendido? Tre dollari al mese. Oscar ha una sorella, Carolina, che vive nel nostro paese da molti anni. Opera nel settore del commercio equo-solidale in provincia di Torino. Suo marito, Massimo, è un agronomo rinomato: un pioniere, in Piemonte, dell’agricoltura biologica. Sono stati loro, anni fa, a scattare fotogrammi indimendicabili del Venezuela di Chavez. «Mérida era isolata in mezzo alle montagne, e dopo due anni ci abbiamo trovato un’autostrada costruita in pochi mesi, alla velocità della luce». Una mattina, Carolina avverte Massimo: «Ci rivedremo non prima di stasera, devo andare all’anagrafe a rifare i documenti». Un’ora dopo, la telefonata: «Sto arrivando, è già tutto sistemato: l’ufficio l’hanno automatizzato. Procedure immediate, digitali: non ci potevo credere». Erano in tanti, in effetti, a non riuscire a credere al Venezuela di Chavez. Imperfetto, certo, ma rivoluzionario, in un continente atavicamente letargico e sottomesso alla miseria e all’arretratezza.Condizioni nelle quali, per ragioni controverse, oggi il Venezuela è nuovamente sprofondato, trascinando con sé milioni di persone: tra cui Oscar. «Nel 2010 – racconta – mi era stato diagnosticato un tumore, un sarcoma maligno di terzo grado». Risposta ospedaliera: l’ordinario trattamento di chemioterapia. Un anno di speranze. «Poi però nel 2011 è stata individuata una recidiva alla tibia sinistra». Destino segnato: «Nel 2012 mi è stata amputata la gamba, sotto il ginocchio». Da allora, Oscar si aiuta con un arto artificiale. Problema: «Le protesi vanno cambiate dopo alcuni anni, per il mutamento della forma del moncone e per la scadenza dell’attrezzo ortopedico». Altro problema: «Al momento non ho la possibilità di permettermi il costo di una nuova protesi». Normale, nel paese dove in media, ormai, si guadagnano 3 dollari al mese. «E così, mi sono deciso a chiedere aiuto a chi può darmi una mano». Obiettivo: «Poter tornare a camminare su due gambe, anche se una artificiale». Il tam-tam utilizza il crowdfundig per una somma modesta (2.500 euro), fissata come obiettivo della raccolta solidale. Il premio in palio, invece, è altissimo: la gratitudine di Oscar.«I soldi saranno usati per l’acquisto della protesi e saranno inviati direttamente a lui come donazione», spiega Carolina: «Non può farla lui, la raccolta, proprio per i grossi problemi del Venezuela, di carattere politico ed economico». Eppure, nei giorni della grande paura (la primavera 2020), persino il Venezuela riuscì a essere vicinissimo all’Italia, spedendo i suoi medici nei nostri ospedali. Medici del tutto speciali, anche cubani: il paese di Chavez li aveva barattati col petrolio che cedeva all’isola di Fidel Castro. Ai cubani la benzina, ai venezuelani l’assistenza sanitaria. «Per la prima volta nella storia – ricordano Carolina e Massimo – tutti ebbero diritto alle cure gratuite di un dottore, in Venezuela». E oggi eccoci qua, in mezzo al disastro spaventevole del mondo intero, precipitato nella crisi più strana e terribile che si ricordi. Con un’aggravante, nel caso di Oscar: una gamba sola, nel paese che vive con tre dollari al mese. Si sa come l’umanità, prima o poi, riesca a riscattarsi. E a proposito: quanto vale, il sorriso di Oscar? «Il tuo aiuto, anche se piccolo, per me è molto importante», dice lui, da Mérida. «Grazie di cuore, davvero, a chi potrà darmi una mano».(Per fare una donazione a favore di Oscar basta un clic sulla piattaforma “Gofundme”).Era il marzo del grande terrore, quello che gli italiani non dimenticheranno. Negli ospedali presi improvvisamente d’assalto, non s’era ancora capito con che razza di mostro si avesse a che fare, e con quali terapie affrontarlo. Giorni orribili, scanditi da immagini destinate a restare nella memoria: da una parte le bare caricate su camion militari fatti sfilare in piena notte, dall’altra la luce verde degli aeroporti. A Pratica di Mare atterrarono, come fantasmi buoni, 14 giganteschi Ilyushin russi carichi di attrezzature e personale sanitario. Non furono i soli: sbarcarono in Italia anche medici sudamericani e caraibici. Provenienti da Cuba, per esempio, e da un altro paese della regione, anch’esso a lungo “eretico” e assistito dalla Russia: il Venezuela, già miracolato da Hugo Chavez. «Vedi quella collina? Prima c’erano solo baracche. Poi, invece, è stato costruito – da zero – un quartiere nuovo di zecca: case pulite e dignitose, per i più poveri». La città è Mérida, oltre duecentomila abitanti arroccati a 1.600 metri di altitudine, a 200 chilometri da Maracaibo e 500 dalla capitale, Caracas. A Mérida vive Oscar, 40 anni appena compiuti. Laureato in economia, lavora come amministratore di una società. Da otto anni ha un problema: gli manca una gamba. E’ lui, oggi, ad aver bisogno dell’Italia.
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Prigionieri del Grande Imbroglio: dai media, bugie mondiali
Gli italiani sono chiusi in casa nelle zone rosse, mentre i migranti africani sbarcano a migliaia: alla propaganda di Salvini (che ha bisogno di farsi perdonare l’aver accettato il lockdown-bis) aderisce improvvisamente Di Maio, alimentando così i “rumor” sull’improvvisa precarietà del premier Conte, spaventato dalle proteste in corso contro il coprifuoco prenatalizio che rischia di stroncare definitivamente un paese il cui debito pubblico, denominato in euro e quindi non azzerabile, si sta avvicinando al 180% del Pil. Se si legge il “Corriere della Sera”, si va a sbattere contro due notizie da prima pagina che fanno a pugni tra loro: Walter Ricciardi invoca la clausura a oltranza, mentre Roberto Bernabei ribadisce che, di Covid, continuano a morire quasi solo persone molto anziane e molto malate. Ricciardi, longa manus dell’Oms e deus ex machina del ministero della sanità, dice testualmente: «Due settimane di lockdown non bastano, Wuhan insegna che serve più tempo» (come se l’Italia non si fosse già fermata per 80 giorni, in primavera: con quali risultati?). Il geriatra del Policlinico Gemelli, membro del Comitato Tecnico-Scientifico, sembra replicare a distanza: «Per morire di Covid devi avere più di 80 anni e almeno tre patologie». Per cosa stiamo bloccando il paese, allora? Ha forse a che fare con qualcos’altro? Per esempio, con l’incredibile rissa elettorale statunitense, che i giornali faticano a raccontare in modo corretto?
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Brutte notizie: inferno in arrivo, nel Paradiso degli Imbecilli
Nel Paradiso degli Imbecilli, è chiamato antieuropeista chi giudica con severità lo squallore rapace di Angela Merkel e degli altri criminali che hanno retrocesso la Grecia nel terzo mondo e alterato i conti della Germania per alterare quelli dell’Europa. Hanno inflitto ai popoli infinite sofferenze sulla base di regole truccate, escogitate da conventicole segrete, di natura esoterica, animate da sete di potere e inconfessabili mire privatistiche. Nel Paradiso degli Imbecilli, i grandi ladri e i sommi imbroglioni di quest’epoca diventano statisti, rinomati influencer, valorosi attivisti al servizio di tutte le cause possibili, tranne una: quella della libertà dell’umanità e del riscatto dell’homo sapiens dalla sottomissione fraudolenta al quale è sottoposto, avendo rinunciato lui per primo, da gran tempo, a rassegnarsi all’idea di dover lottare per la propria dignità. Nel Paradiso degli Imbecilli, il bambino che osa dire che il Re è nudo è chiamato irresponsabile, sciagurato, folle negazionista. Se fosse meraviglioso come lo raccontano, il Paradiso degli Imbecilli, dovrebbe ospitare solo moltitudini gioiose, letteralmente invase dalla felicità. Non è così? Qualcosa non quadra? Non sta “andando tutto bene”?A turbare il Paradiso degli Imbecilli, infatti, è arrivato uno stranissimo virus – non certo il primo nella storia, e sicuramente neppure l’ultimo. Questo, però, dispone di un potere da far invidia ai suoi illustri “colleghi” precedenti, tragicamente ben più letali: il potere di paralizzare il mondo, devastando l’economia e abituando gli esseri umani a qualcosa di anche peggiore, cioè una vera e propria mutazione antropologica, in base alla quale un bene fino a ieri dato erroneamente per scontato – la libertà, da cui il diritto alla dignità economica – viene messo in archivio, in attesa di tempi migliori (che non arriveranno, stando almeno ai segni che si addensano nell’aria). Il peggiore di questi segni viene dal Canada, dove un deputato dell’Ontario ha scoperto che il governo di Ottawa sta preparando imprecisati “campi di detenzione” per i cittadini che dovessero opporsi al lockdown universale prossimo venturo, destinato a prolungarsi fin quasi alla fine del 2021. Questo, almeno, secondo il comitato governativo canadese sul cui operato sovrintende il primo ministro obamiano Justin Trudeau.Su “Scenari Economici”, Nicoletta Forcheri spiega: un’emergenza sanitaria così abnorme e spropositatamente dilatata, cestinando qualsiasi residuo diritto democratico, è solo l’alibi per il grande “reset” finanziario universale evocato a Davos e negli altri santuari del potere mondiale, tra salotti in cui dominano i soliti cognomi (Soros, Gates, Rockefeller e compagnia complottante). Fantasie? No: atti governativi, portati allo scoperto. Avvisaglie? Infinite: parlano da soli gli arresti eseguiti nello Stato australiano di Victoria (Melbourne), con manette scattate ai polsi di semplici cittadini che, da casa, avevano osano manifestare il loro dissenso con un post su Facebook. Il guaio è che alcune cose a volte accadono davvero, ma nel Paradiso degli Imbecilli si preferisce non saperle. Non è una novità. «Se dall’interno dei Lager un messaggio avesse potuto trapelare agli uomini liberi, sarebbe stato questo: fate di non subire nelle vostre case ciò che a noi viene inflitto qui». Lo scrive Primo Levi in “Se questo è un uomo”, come ricorda adesso – non casualmente – la stessa Forcheri.C’è una “magia” che ci tiene prigionieri, da molto tempo? Esatto: sta tutto qui il senso del successo della saga di Harry Potter, creata da Joanne Kathleen Rowling, cresciuta nelle retrovie di Amnesty International e poi “illuminata” sulla situazione mondiale da preziose imbeccate ricevute dall’aristocrazia massonica progressista, quella che sta lottando per riaccendere la luce, nel Paradiso degli Imbecilli dormienti. Ci avevano provato altri autori, per esempio nel cinema: intellettuali come Andy e Larry Wachowski (gli sceneggiatori di “Matrix”), o il regista Peter Weir, che nel 1998 presentò “The Truman Show” e l’anno seguente l’altrettanto indimenticabile “L’attimo fuggente”, con la scena finale – profetica, rivista oggi – degli studenti che si arrampicano sui banchi sfidando l’autorità, in segno di solidarietà verso l’uomo che aveva aperto loro gli occhi, il professor Keating.Di cosa si era parlato, ultimamente, nel Paradiso degli Imbecilli? Di niente. L’Italia del pre-lockdown si era scannata in dispute grottesche: Salvini e le Sardine, le sparate di Grillo, gli strafalcioni di Conte e Di Maio, le gaffe di Zingaretti. L’ultimo politico in circolazione in tempo di pace, Matteo Renzi, era caduto anche lui nel pantano della neolingua. A parte gli stucchevoli inglesismi-fregatura (Jobs Act su tutti), era inciampato nel semplicismo di un vocabolo mercantile (rottamazione) e nell’infantilismo ostentato di un termine fuorviante: ripartire. Mentiva, il giovane fiorentino? Sapeva perfettamente che non ci sarebbe stata nessuna “ripartenza”, affidando metà di Poste Italiane (azienda-modello, in attivo) a uno dei tre padroni supremi del pianeta, cioè BlackRock. Mentiva agli italiani, mentre – di nascosto – bussava al salotto segreto dei Bush, per il tramite del diletto Tony Blair, primo fabbricante delle prove false contro Saddam, da cui la criminale invasione dell’Iraq. Tralasciando il minuscolo Renzi: che sonni si dormivano, all’epoca, nel Paradiso degli Imbecilli?Gli stessi che si dormono ancora oggi, parrebbe di capire, dando un’occhiata alla dark room televisiva dell’eterno riposo, passata in pochi mesi dal letargo cosmico al terrore quotidiano sapientemente dosato. Non che cambi il risultato: stare a casa, buoni e zitti, in attesa che la provvidenza intervenga. Qualcuno comincia a protestare, giù in strada? Alla buon’ora: ma anche questo era previsto, così come le prossime mosse in arrivo, incluso magari un classico coprifuoco. Intanto, il banco stravince: la neolingua dilaga, le ambulanze ululano, gli oppositori devono subire l’affronto di essere chiamati ormai universalmente con quel nome infame, negazionisti. Siamo a un bivio della storia dell’umanità? C’è chi parla addirittura di speciazione: da una parte le pecore, dall’altra gli individui che non si rassegnano all’ovile. Accade ogni giorno, nel Paradiso degli Imbecilli: dalle finestre, non manca chi raglia contro gli untori, cioè i ragazzi della movida con la birra in mano davanti ai bar. Il mondo crolla, e i ciechi sbraitano contro i dehors. Non vedo, non sento, non parlo. Non capisco niente, ma mi rassegno a rifugiarmi sotto il tavolo, foss’anche per sempre.A vociare animosamente, nel Paradiso degli Imbecilli, sono i cosiddetti privilegiati: i cittadini momentaneamente al riparo, perché percettori di pensione o stipendio fisso. Assistono allo sfacelo della libera impresa – almeno, nei casi di cecità non totale – ma non riescono a prevedere che, di fronte a un crollo epocale, nessuno sopravviverà: nemmeno le loro pensioni, nemmeno il loro pubblico impiego. Però la divisione, intanto, è devastante: e il cattivo regista si gode lo spettacolo delle vittime che si azzuffano tra loro. Ottima premessa, questa, per continuare a infliggere il peggio: misure in apparenza incomprensibili, disperatamente inutili ma micidiali, letteralmente devastanti e capaci di mettere fine all’Italia così come la si era conosciuta. Fine di qualsiasi orizzonte di pace, dignità e prosperità. E il povero Conte non è che uno dei tanti esecutori, a livello mondiale, di un’inerzia rovinosa che solo i condomini più ottusi del Paradiso degli Imbecilli riescono ancora a non vedere.L’apocalisse in corso rivela l’avvento di una specie di inferno universale, formato gabbia, dove non sarà più consentito essere liberi? Nel caso, è bene ricordare che gli inferni – come le prigioni – si costruiscono mattone su mattone: basta stabilire che la moneta passa in mani private, che lo Stato deve smettere di spendere, che la democrazia è eccessiva, che la disoccupazione deve essere considerevole, che il futuro non deve più essere una garanzia per nessuno. Ci si arriva in molti modi: con l’omicidio mirato di leader scomodi, con il terrorismo, con le crisi finanziarie pilotate, con la compravendita di politici, sindacalisti, economisti e professori, giornali e televisioni. Ci si arriva per gradi, lentamente, isolando le voci fastidiose e relegandole in un limbo da cui non potranno più nuocere. Se poi qualcuno si ribella e si inventa una rete di informazioni riservate da spiattellare ai quattro venti, lo si rinchiude come un animale strano: se ne farà un caso internazionale, ma poi l’oblio seppellirà tutto.Julian Assange, Edward Snowden: due tizi che ci hanno provato, ad avvisare per tempo gli abitanti del Paradiso degli Imbecilli. Uno è detenuto nel Regno Unito, l’altro è riparato in Russia. Il termine paradiso, ricorda l’impeccabile Mauro Biglino, viene dal persiano “pairidaèsa”, che significa “giardino recintato e protetto”. E’ la traduzione – attraverso il passaggio intermedio, iranico – dell’espressione biblica Gan Eden, attraverso cui la Genesi descrive una sorta di piantagione affidata a lavoratori speciali, gli Adamiti. A spezzare i recinto, nell’Antico Testamento provvede la prodigiosa scoperta della conoscenza. Oggi è il filo spinato a delimitare il Paradiso degli Imbecilli. Una recinzione mentale, prima ancora che fisica, per moltitudini ormai in preda al panico. «Dal 4 novembre, di Covid non sentirete parlare più», ha appena detto Donald Trump. Alzi la mano chi non capisce – battuta a parte – quale sia la vera posta delle imminenti presidenziali americane, e perché tanto accanimento, anche criminale, venga profuso per evitare a tutti i costi la rielezione dell’uomo che promette di cominciare a demolirlo, il Paradiso degli Imbecilli, prima che il recinto si chiuda davvero attorno a tutti noi, dormienti e non.(Giorgio Cattaneo, “Inferno in arrivo, nel Paradiso degli Imbecilli”, dal blog del Movimento Roosevelt del 27 ottobre 2020).Nel Paradiso degli Imbecilli, è chiamato antieuropeista chi giudica con severità lo squallore rapace di Angela Merkel e degli altri criminali che hanno retrocesso la Grecia nel terzo mondo e alterato i conti della Germania per alterare quelli dell’Europa. Hanno inflitto ai popoli infinite sofferenze sulla base di regole truccate, escogitate da conventicole segrete, di natura esoterica, animate da sete di potere e inconfessabili mire privatistiche. Nel Paradiso degli Imbecilli, i grandi ladri e i sommi imbroglioni di quest’epoca diventano statisti, rinomati influencer, valorosi attivisti al servizio di tutte le cause possibili, tranne una: quella della libertà dell’umanità e del riscatto dell’homo sapiens dalla sottomissione fraudolenta al quale è sottoposto, avendo rinunciato lui per primo, da gran tempo, a rassegnarsi all’idea di dover lottare per la propria dignità. Nel Paradiso degli Imbecilli, il bambino che osa dire che il Re è nudo è chiamato irresponsabile, sciagurato, folle negazionista. Se fosse meraviglioso come lo raccontano, il Paradiso degli Imbecilli, dovrebbe ospitare solo moltitudini gioiose, letteralmente invase dalla felicità. Non è così? Qualcosa non quadra? Non sta “andando tutto bene”?
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Casta italiana, predoni stranieri e applausi (cretini) a Conte
Avete fatto i conti, prima di applaudire Conte? Certo che no: il consenso al potere si costruisce abbindolando quelli come voi, ma qualcuno li ha fatti: gli aiuti valgono lo 0,015% del bilancio dello Stato (che è di 900 miliardi), pari allo 0,0075 del Pil (1.800). Infatti lo Stato nei prossimi anni emetterà circa 300 miliardi di titoli pubblici all’anno, perlopiù per sostituire quelle in scadenza e per il resto per l’accresciuto fabbisogno. E allora 210 miliardi in 7 anni significa 30 miliardi all’anno, cioè 1/30 del bilancio statale e 1/10 delle nuove emissioni, che pagano l’1% annuo circa di interesse. Dunque se l’Ue ci presta 30 miliardi l’anno allo 0,5%, risparmiamo di interessi 150 milioni l’anno, appunto lo 0,015 del bilancio statale, e questo è il successo di Conte. Ve le dicono queste cose, queste cifre, i giornalisti-per-cretini? Cioè quelli seri, professionisti, europeisti? L’unica via di uscita (entro questo sistema monetario basato sulla moneta-debito) è una banca centrale sottoposta allo Stato, la quale monetizzi e cancelli i debiti pubblici e privati tempestivamente, non iniziando un anno dopo. Ma bisogna avere lo Stato e la banca centrale diretta dallo Stato, come hanno Usa e Giappone, mentre la costruzione europea è la distruzione degli Stati e la privatizzazione della banca centrale.Per questo, essa è il problema, anzi la causa del problema, non la soluzione, anche con i suoi tempi biblici che lasciano moltiplicarsi i mali prima di iniziare a reagire, mentre uno Stato, e solo uno Stato, può reagire tempestivamente. Sapete, poveri allocchi, che i 210 miliardi non sono in cassa ma devono essere prima presi a prestito sui mercati? Sapete che di essi 120 sono da restituire con interessi? Sapete che arriveranno dal 2021, e in 7 rate annuali, se arriveranno? Perché tutto è condizionato all’approvazione dei piani di spesa del governo italiano da parte della Commissione Europea e di ogni singolo membro, il quale ha quindi il diritto di veto, perché si dovrà decidere all’unanimità? Sapete che cosa vorrà dire ciò? Che Francia, Germania e altri potranno ricattare l’Italia condizionando l’erogazione di ogni rata degli ‘aiuti’ a cedimenti dell’Italia a loro vantaggio: cedere interessi petroliferi in Libia, per esempio, o permettere la scalata delle imprese nazionali strategiche rinunciando a scalare quelle dei paesi forti. Grazie, Conte! Sapete che il governo italiano finora ha usato gli scostamenti di bilancio per la spesa corrente, non per gli investimenti e le riforme, e che nonostante ciò la cassa integrazione è arrivata a pochi lavoratori, e molti sono alla fame?Sapete che i tempi tra la allocazione e l’effettiva spendita non saranno brevi, dureranno probabilmente più di un anno, in media. Insomma, fra un notevole lasso di tempo si vedrà se e quanto di questi aiuti verrà ricevuto ed effettivamente impiegato e a vantaggio di chi? Voi credete di essere tra i beneficiari? Che ve ne verrà in tasca qualcosa? Sapete che le condizionalità del recovery fund obbligano a usare il fondo non per sostenere le famiglie ridotte alla fame, non per gli investimenti di cui l’Italia avrebbe bisogno (assetto idrogeologico, infrastrutture, ricerca), ma per investimenti ‘ideologici’ di scarsa o nulla capacità efficientante, se non addirittura controproducenti, quali la cosiddetta energia verde e la digitalizzazione? Converrebbe finanziarsi attraverso la Bce, a questo punto, rinunciando a quel minimo risparmio sugli interessi in cambio della libertà di spendere i soldi nel modo più conveniente. Certo è che ora i paesi frugali e quelli che, dietro di essi, si atteggiano a solidali, hanno ricevuto da Conte, illusionista e traditore politico, uno strumento pluriennale, definibile ‘guinzaglio’, con cui ricattare e dirigere la politica italiana, con cui veramente azzerare il residuo di sovranità nazionale è popolare, nell’entusiasmo del popolo bue, che non controlla i numeri.Già si anticipa che le loro richieste saranno di taglio della sanità, delle pensioni e di altre spese sociali. Tagliare le pensioni d’oro e alzare l’età pensionabile può essere ingiusto ma indispensabile, mentre giusto e indispensabile è abolire il reddito di cittadinanza. Però la minaccia è un’altra, è il vero interesse dei paesi frugali e di quelli egemoni al riguardo dell’Italia. Secondo voi, il loro interesse è quello di renderla efficiente, competitiva, forte, quindi in grado di contendere a loro fette di mercato e di trattenere le sue aziende, le sue tecnologie, i suoi capitali, oppure è l’opposto, cioè di indebitarla, indebolirla, e costringerla a cedere i suoi assets migliori tra quelli rimasti e a non fare concorrenza? La storia europea è tutta in questo secondo senso. E d’altra parte, come cercheranno di usare questi soldi i partiti di governo? Essenzialmente per comprarsi i voti necessari per le prossime elezioni politiche e, ancora prima, per le amministrative. Ne hanno per 7 anni! Ma per incassare le rate, dovranno fare i bravi europeisti e svendere l’Italia agli euro-padroni. Bravo, Conte! Hai battuto Monti!Il compromesso naturale tra questi due interessi (quello dei partners europei e quello dei partiti di governo) è che al governo italiano sia consentito di spendere a pioggia in funzione elettorale, quindi fare spesa corrente e improduttiva o a spreco, lasciando così il paese in condizione di competitività decrescente con crescente difficoltà a pagare i suoi debiti, in modo che i capitali stranieri possano fare man bassa fino all’ultimo. Inevitabilmente la maggioranza ha come priorità l’usare il denaro per comperare voti e consensi, e non il rendere efficiente il paese. E’ inevitabile, perché questo e solo questo è il modo in cui da sempre in Italia i partiti comprano e gli elettori vendono il consenso. Il consenso viene da mangiatoie elettorali di parassitismo, di dipendenti inutili o non lavoranti, di falsi invalidi, di imprese sussidiate. E’ un sistema inveterato di produzione del consenso e della legittimazione politica, che ho descritto in “Le chiavi del potere” (Aurora Boreale), che non si cambia e non si può cambiare per decreto, o nel corso di una legislatura, ancor meno in un anno, e la classe politica non può cercare di cambiarlo perché essa è il prodotto di questo sistema, è stata selezionata ed educata da esso, e non ha una cultura diversa.Neanche saprebbero da dove cominciare, per rendere efficiente il paese. E’ un problema che non si è mai posto a loro. Se si volesse rendere efficiente l’Italia e la spesa pubblica nazionale, allora bisognerebbe sostituire una casta stimata tra 400.000 (Stella e Rizzo) e 1.200.000 persone (Pannella), e lasciare senza stipendio e senza pensione milioni di persone, quasi tutte nel Meridione e a Roma, e ciò non è fattibile. La casta comprende anche la magistratura e gli alti gradi delle forze dell’ordine delle forze armate, e nessuno la sostituisce, nessuno può riformare (realmente) la giustizia o la pubblica amministrazione, perché è così come sono, che esse rendono alla casta in termini di profitto e potere. Perciò il punto di incontro tra gli interessi della partitocrazia italiana e dei predoni stranieri è praticamente predeterminato.(Marco Della Luna, “Applausi cretini per Conte”, dal blog di Della Luna del 23 luglio 2020).Avete fatto i conti, prima di applaudire Conte? Certo che no: il consenso al potere si costruisce abbindolando quelli come voi, ma qualcuno li ha fatti: gli aiuti valgono lo 0,015% del bilancio dello Stato (che è di 900 miliardi), pari allo 0,0075 del Pil (1.800). Infatti lo Stato nei prossimi anni emetterà circa 300 miliardi di titoli pubblici all’anno, perlopiù per sostituire quelle in scadenza e per il resto per l’accresciuto fabbisogno. E allora 210 miliardi in 7 anni significa 30 miliardi all’anno, cioè 1/30 del bilancio statale e 1/10 delle nuove emissioni, che pagano l’1% annuo circa di interesse. Dunque se l’Ue ci presta 30 miliardi l’anno allo 0,5%, risparmiamo di interessi 150 milioni l’anno, appunto lo 0,015 del bilancio statale, e questo è il successo di Conte. Ve le dicono queste cose, queste cifre, i giornalisti-per-cretini? Cioè quelli seri, professionisti, europeisti? L’unica via di uscita (entro questo sistema monetario basato sulla moneta-debito) è una banca centrale sottoposta allo Stato, la quale monetizzi e cancelli i debiti pubblici e privati tempestivamente, non iniziando un anno dopo. Ma bisogna avere lo Stato e la banca centrale diretta dallo Stato, come hanno Usa e Giappone, mentre la costruzione europea è la distruzione degli Stati e la privatizzazione della banca centrale.
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Bizzi: patto col diavolo, ecco perché vogliono farci crollare
«Dal Britannia ormeggiato a Civitavecchia sbarca Emma Bonino, fa un bel sorriso e spiega che, a bordo, s’è discusso di cose interessanti e costruttive. Poi sbarca Beppe Grillo, ma rifiuta di rilasciare dichiarazioni al reporter, Enrico Mentana. Io quel servizio l’ho visto, me lo ricordo benissimo. Era il 2 giugno 1992. Il servizio è scomparso: fatto sparire persino dagli archivi del Tg5. E lo stesso Mentana oggi arriva a dire pubblicamente che quel servizio non è mai esistito». E’ uno dei passaggi-chiave dell’intervista in cui Nicola Bizzi, storico fiorentino nonché editore di Aurora Boreale, ha rilasciato alla web-tv di “Come Don Chisciotte”. Tema: perché l’Italia è sul lastrico. Risposta: colpa del “patto col diavolo” stipulato dall’ex sinistra alla vigilia della caduta del Muro di Berlino. «Si prostituirono: avrebbero svenduto il paese al nemico storico dei lavoratori, l’élite finanziaria speculativa. Nel frattempo, il Deep State americano – tramite l’operazione Mani Pulite (appena 7-8 condanne definitive, nonostante i 2.500 indagati) – avrebbe distrutto Craxi, la Dc e i loro alleati. Partiti ad alto tasso di corruzione, che però facevano gli interessi dell’Italia. Andavano sostituiti con qualcuno che cedesse a poteri esterni il timone del paese: da trent’anni, infatti, nessuna decisione viene più presa in Italia. Grazie appunto al “patto col diavolo” siglato allora da politici come Violante, Napolitano, Occhetto e D’Alema».L’Italia, sostiene Bizzi, è stata semplicemente “disarticolata” come sistema-paese: con Craxi era diventata la quarta potenza industriale del mondo, e questo era intollerabile per entità come la Germania. Lo Stato Profondo puntò sull’ex Pci proprio perché era debolissimo: sarebbe stato portato al governo solo a condizione che svendesse il paese. Operazione che andò in porto – ribadisce lo storico – grazie al consenso garantito dai grandi giornali, dalla magistratura influenzata dall’ex Pci e dal sistema culturale e universitario, dominato dall’ex sinistra. «Il patto: vi aiutiamo ad andare finalmente al governo, ma farete solo quello che vorremo noi. Cosa che continua tuttora. E mentre personaggi come Amato, Scalfaro, Ciampi e Napolitano verrano giudicati dalla storia – aggiunge Bizzi – mi auguro che gente come Conte, Zingaretti e Speranza vengano presto processati, per quello che hanno appena fatto agli italiani, creando le premesse per la distruzione definitiva del paese sulla base di un allarme pandemico gonfiato». Bizzi prevede una nuova Tangentopoli in arrivo, sempre innescata dal Deep State statunitense ma stavolta di segno opposto: «A far cadere tutto sarà Renzi, sospettato di aver imposto ai servizi segreti italiani – su ordine di Obama – di fabbricare prove false contro Trump per mettere in piedi il Russiagate».Autore del saggio “La Crisi della Repubblica dei partiti” (Dal crollo del Muro di Berlino a Tangentopoli), Bizzi offre una lettura urticante della nostra storia recente, che tuttavia fornisce una spiegazione coerente dell’altrimenti inspiegabile declino italiano: «A Prodi è stato chiesto di smantellare il colosso Iri, su cui poggiava la nostra economia, mentre tra le vittime di Tangentopoli caddero Gabriele Cagliari dell’Eni e Raul Gardini della Montedison». In altre parole, «l’Italia andava sabotata e messa in condizioni di non nuocere». Di male in peggio: «Oggi scontiamo la classe dirigente peggiore della storia, e abbiamo il peggior governo che sia mai stato insediato a Roma da quando esiste la repubblica: tutte le decisioni dell’esecutivo Conte sono prese fuori dall’Italia e contro l’Italia». Bizzi non si fa illusioni neppure sull’opposizione: «In pratica, un’opposizione non esiste: Salvini e Meloni si limitano a sussurri, solo per restare visibili sul piano elettorale, ma senza contestare il governo, ovvero i poteri forti che lo pilotano». Per Bizzi, il problema è antico: «Da trent’anni, salvo poche eccezioni, tutti i leader e persino i singoli parlamentari sono innocui per il sistema, perché ricattabili dai lobbisti che li “coltivano”, a suon di soldi, dal momento della loro elezione». E il dramma è che gli italiani non se ne accorgono. «Ancora oggi, nonostante tutto, c’è chi approva Conte. La musica cambierà a ottobre, quando sarà chiaro che la cassa integrazione non arriverà mai, e lo Stato sarà costretto a prendere in esame la necessità di tagliare le pensioni e gli stipendi dei dipendenti pubblici, esattamente come avvenuto in Grecia».(”Bizzi: patto col diavolo, Italia all’inferno grazie all’élite che da trent’anni impone ai nostri governanti di rovinare il paese”, dalla pagina Facebook di Giorgio Cattaneo del 24 luglio 2020).«Dal Britannia ormeggiato a Civitavecchia sbarca Emma Bonino, fa un bel sorriso e spiega che, a bordo, s’è discusso di cose interessanti e costruttive. Poi sbarca Beppe Grillo, ma rifiuta di fare dichiarazioni al reporter, Enrico Mentana. Io quel servizio l’ho visto, me lo ricordo benissimo. Era il 2 giugno 1992. Il servizio è scomparso: fatto sparire persino dagli archivi del Tg5. E lo stesso Mentana oggi arriva a dire pubblicamente che quel servizio non è mai esistito». E’ uno dei passaggi-chiave dell’intervista in cui Nicola Bizzi, storico fiorentino nonché editore di Aurora Boreale, ha rilasciato alla web-tv di “Come Don Chisciotte”. Tema: perché l’Italia è sul lastrico. Risposta: colpa del “patto col diavolo” stipulato dall’ex sinistra alla vigilia della caduta del Muro di Berlino. «Si prostituirono: avrebbero svenduto il paese al nemico storico dei lavoratori, l’élite finanziaria speculativa. Nel frattempo, il Deep State americano – tramite l’operazione Mani Pulite (appena 7-8 condanne definitive, nonostante i 2.500 indagati) – avrebbe distrutto Craxi, la Dc e i loro alleati. Partiti ad alto tasso di corruzione, che però facevano gli interessi dell’Italia. Andavano sostituiti con qualcuno che cedesse a poteri esterni il timone del paese: da trent’anni, infatti, nessuna decisione viene più presa in Italia. Grazie appunto al “patto col diavolo” siglato allora da politici come Violante, Napolitano, Occhetto e D’Alema».
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Magaldi: Trump salvi l’Italia, se ci tiene ai voti progressisti
Cosa sta succedendo? Giuseppe Conte annaspa, tra i malumori di chi ormai vorrebbe scaricarlo, di fronte a un’Italia che sta prendendo nota di quanto fossero vane le sue promesse. Impietoso l’ultimo report di Bankitalia: il lockdown più severo d’Europa, non compensato da veri aiuti economici per chi è stato rinchiuso in casa, sta colpendo il reddito di metà della popolazione. Un vero massacro sociale, a partire dai lavoratori autonomi: «Un terzo delle famiglie ha riserve per soli 3 mesi, e nel 40% dei casi gli italiani sono in difficoltà con il mutuo», riassume l’Ansa. Di fronte a una catastrofe come la pandemia – chiarì Mario Draghi a fine marzo, sul “Financial Times” – c’è un’unica strada: metter mano al bazooka e spargere miliardi a fondo perduto, come in tempo di guerra. Dove trovarli? Chiedendo all’Ue di fare la sua parte, smettendo quindi di accettare i diktat dei signori di Bruxelles. Oppure, Piano-B, l’ipotesi caldeggiata dal “rooseveltiano” Nino Galloni: emissione a costo zero di moneta parallela, non a debito, spendibile solo in Italia. Un toccasana, per puntellare stipendi e consumi. Giuseppe Conte? Non pervenuto: dopo aver preso in giro gli italiani anche coi prestiti bancari (mai erogati) e la cassa integrazione (tuttora attesa), seguita a cianciare di chimere solo ipotetiche come il Recovery Fund, che scatterebbe soltanto nel 2021 e solo dopo l’accettazione, da parte dell’Italia, di un prestito-capestro come quello del Mes. La soluzione? Più che a Roma, probabilmente risiede a Washington.Ad affermarlo è Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt nonché esponente italiano del network massonico che appoggiò Trump nel 2016 contro Hillary Clinton, progressista solo a parole. «Se vuole essere rieletto alla Casa Bianca con l’aiuto dei massoni democratici, come già avvenne quattro anni fa – avverte Magaldi – il presidente uscente si impegni a cambiare volto all’Europa sostenendo l’Italia, inguaiata dal lockdown imposto da Conte e frenata dall’oligarchia Ue, dominata dai kapò franco-tedeschi che usano Olanda e Austria come “cani da guardia” del rigore». Le affermazioni di Magaldi, rilasciate il 7 luglio nell’ambito della trasmissione in web-streaming “Pane al pane”, su YouTube, risuonano in una giornata particolare, in cui “Libero” dà per imminente la caduta di Conte dopo presunti contatti riservati fra Trump e Mattarella. Altro segnale, quello lanciato dal viceministro alla sanità, Pierpaolo Sileri: «Non ci sarà una seconda ondata di coronavirus, in autunno», ha detto, a “La Verità”: «E comunque, quand’anche fosse pronto un vaccino anti-Covid, non dovrà in nessun caso essere imposto alla popolazione». Parole seccamente dissonanti rispetto a quelle appena pronunciate dal ministro Roberto Speranza, giunto a ventilare la possibilità di sottoporre a Tso gli italiani contagiati dal virus.In altre parole, Sileri ha l’aria di sfilarsi da un bastimento che sembra stia per colare a picco: lo stesso Speranza è stato denunciato, insieme al resto del governo Conte, dai 2.000 medici, avvocati e giudici dell’associazione “L’Eretico”, guidata da ricercatore Pasquale Bacco, dal virologo Giulio Tarro e dal magistrato Angelo Giorgianni. Gravissima l’accusa, inoltrata alla Procura di Roma: il governo avrebbe ostacolato le cure per il Covid, nel frattempo messe a punto, obbligando i sanitari a insistere nel trattare i pazienti con terapie sbagliate, che ne avrebbero provocato la morte, trasformando così in una strage (35.000 vittime) un’epidemia che sarebbe stata facilmente controllabile con un’oculata politica sanitaria. Tanti i medici, come Alberto Zangrillo, che rilanciano le accuse: assurdo reiterare allarmismo e restrizioni, per un virus che ormai non uccide più nessuno, e per il quale i medici italiani hanno trovato, da mesi, tutte le contromisure cliniche. Perché allora Speranza insiste – come la stessa Oms – a parlare di seconda ondata, e addirittura di Tso? «Scoveremo i contagiati stanandoli casa per casa», avvertiva minaccioso il governatore emiliano Stefano Bonaccini, altro campione – come il veneto Zaia – del terrorismo psicologico provocato cavalcando il Covid.«Quella costruita attorno al coronavirus è stata una psicosi alimentata dallo stesso Conte», ricorda Magaldi: «Il governo stava per cadere già a inizio anno, e così ha scommesso sull’emergenza per prolungare la sua vita politica». Solo che adesso, a quanto pare, è arrivato al capolinea. «Probabilmente cadrà fra pochi giorni, entro luglio», scommette lo storico Nicola Bizzi, editore di Aurora Boreale, tra i primi a leggere – tra le righe della cronaca – il destino di “Giuseppi”, la cui caduta sarebbe accelerata dagli Stati Uniti: «Si può scorgere la mano dell’intelligence di Trump dietro le due grandi bombe a orologeria che stanno squassando l’establishment italiano succube dell’Ue, che finora ha sorretto Conte: l’Obamagate e lo scandalo Palamara». Due terremoti: il primo indebolisce Renzi e Gentiloni, che avrebbero chiesto ai servizi italiani (su ordine di Obama) di fabbricare prove false contro Trump per il Russiagate. Il secondo sisma, che Bizzi paragona alla Tangentopoli degli anni ‘90, è quello che sta travolgendo la magistratura: il verminaio delle correnti, della giustizia a orologeria, degli scambi di favori di cui avrebbe beneficiato soprattutto l’area Pd.«E’ impossibile – dice Bizzi – che dietro alla pubblicazione di tutte queste intercettazioni non vi sia l’opera dei servizi Usa, decisi a colpire e abbattere un sistema corrotto che ha sacrificato l’Italia per favorire interessi stranieri, e in occasione dell’emergenza Covid ha fatto anche di peggio: ha sospeso le libertà costituzionali, obbedendo alle direttive dell’Oms ispirate direttamente dal regime cinese». A Washington guarda anche Magaldi, indossando i panni del massone progressista ben inserito nel circuito sovranazionale delle superlogge. Un mondo parallelo, che lo stesso Magaldi ha svelato nel saggio “Massoni”, edito da Chiarelettere nel 2014: un bestseller italiano divenuto ormai un long-seller, nonostante il tenace silenzio dei grandi media. «In Italia – accusa l’autore – si scade invariabilmente nel ridicolo, quando si parla di massoneria: i giornali strillano periodici titoloni su ipotetiche infiltrazioni mafiose tra logge che non contano niente, mentre continuano a ignorare il carattere supermassonico dei maggiori player politici». Che Monti, Napolitano e lo stesso Draghi siano esponenti di importanti Ur-Lodges «non è certo un mistero, per i giornali: e il fatto che non ne parlino mai dimostra la loro sostanziale insincerità».Nel fingere di non conoscere il ruolo democratico della massoneria, ribadisce Magaldi, l’Italia sconta la sua storia, a partire dallo scontro col Vaticano – che arrivò a sostenere Mussolini pur di colpire i massoni democratici che avevano voluto l’Unità d’Italia e la fine dello Stato Pontificio. «Da noi resiste ancora un tenace atteggiamento massonofobico e ipocrita, dovuto al culturame del retaggio clerico-fascista, cui si è aggiunta l’altrettanto liberticida tradizione comunista». Tra massoneria e politica, invece, «in paesi come la Francia e il Regno Unito intercorrono normalissimi rapporti alla luce del sole». E questo è tanto più vero negli Usa, aggiunge Magaldi: chi regge quel paese sa bene che gli Stati Uniti, con la loro Costituzione, sono una costruzione interamente massonica. Non fa eccezione il “fratello” Trump, che nel 2016 fu preferito alla “sorella” Hillary Clinton. «Se vuole, Donald Trump sa essere molto sollecito nel recepire le nostre indicazioni, pubbliche e riservate», dice oggi Magaldi: «Abbiamo infatti apprezzato il richiamo a Martin Luther King che ha espresso il 4 luglio nel suo discorso ai piedi del Monte Rushmore».«Sono stati proprio personaggi come Martin Luther King a “fare grande l’America”, insieme a Roosevelt e ai Kennedy», precisa Magaldi: «Certo, Trump non ha loro statura, e come massone non è né progressista né reazionario. E’ un Maverick, un “cavallo pazzo”: noi massoni progressisti lo ritenemmo adatto a sparigliare le carte, smontando l’ipocrisia finto-progressista dei democratici, troppo legati all’esuberanza dei grandi poteri finanziari». Missione compiuta? «Prima del disastro-Covid, l’economia americana viaggiava a gonfie vele: sono stati costretti ad ammetterlo anche gli avversari di Trump». La politica della Casa Bianca? Meno tasse, e maxi-deficit. Risultato: crollo della disoccupazione, a beneficio dei lavoratori americani. Ovvio che la regia “cinese” della crisi Covid, esplosa un minuto dopo lo stop imposto da Trump alla Cina con l’instaurazione dei dazi, rischia di complicare la sua rielezione. «Se ci tiene a essere riconfermato a Washington con il nostro appoggio – afferma Magaldi, a nome del circuito massonico progressista – è bene che Trump si impegni a farla “tornare grande” davvero, l’America: recuperi il terreno perduto, a livello geopolitico, dall’insipiente Obama, a cominciare dall’Europa e dall’Italia».«Con l’aiuto americano – sostiene Magaldi – il nostro paese può essere il punto da cui far ripartire un vero progetto europeo, pienamente democratico e social-liberale, che sappia far dimenticare l’austerity imposta dai sovranismi franco-tedeschi». Sono gruppi di potere «pilotati da élite massoniche di segno reazionario, più affini all’oligarchia cinese e alla “democratura” di Putin che non al liberalismo occidentale, difettoso fin che si vuole ma fondato pur sempre sui diritti democratici, inclusi quelle delle minoranze». I neri, per l’appunto: «Proprio il Martin Luther King citato da Trump sarebbe potuto diventare il vicepresidente degli Stati Uniti, se non fosse stato ucciso insieme al candidato alla presidenza, Bob Kennedy». Era il “ticket” su cui puntava la massoneria “rooseveltiana”, che tanti anni dopo – archiviata «la fiction del terrorismo globale recitata dai Bush» e le ambiguità finto-democratiche di Obama e Hillary – ha scommesso su “The Donald”, per mettere fine al dominio di un progressismo solo di facciata, asservito all’élite finanziaria speculativa, braccio operativo dell’oligarchia massonica reazionaria che ha promosso i diritti civili affossando i diritti sociali, fino a imporre la Cina come modello per un Occidente non più democratico.Bene ha fatto, Trump, a evocare Martin Luther King – dice Magaldi – per smarcarsi dalle accuse strumentali di chi gli rinfaccia di non aver fatto nulla per eliminare il razzismo che ancora serpeggia in vasti settori della polizia. «Un problema rispetto al quale Obama, il primo presidente “nero”, in otto anni di presidenza non ha fatto assolutamente nulla: e questo va ricordato, per onestà intellettuale». Attenzione: «La massoneria neoaristocratica è filo-cinese, e quindi avversa a Trump». Se vuole essere rieletto, avverte Magaldi, il presidente uscente dovrà prestare ascolto ai “grembiulini” progressisti, che negli Usa restano molto influenti: «Parliamo di grandi elettori, deputati, governatori, circoli e associazioni, ma anche militari: la presenza di tanti massoni progressisti tra i vertici del Pentagono è dimostrata dal rifiuto di impiegare le forze armate per reprimere le proteste, pure violente e inaccettabili, contro gli abusi della polizia nei confronti degli afroamericani». L’appoggio degli Usa, sottolinea Magaldi, è di fondamentale importanza per aiutare l’Italia a non subire più i diktat dell’oligarchia finto-europeista che – attraverso l’austerity – ha creato una Disunione Europea composta da paesi che ormai si guardano in cagnesco.L’alternativa? «Una sola: far nascere, davvero, l’Unione Europea. Chi oggi chiede “più Europa” – sostiene Magaldi – parla di qualcosa che non esiste». Altrettanto vuote, per il presidente “rooseveltiano”, sono le posizioni velleitarie di chi invoca l’uscita dall’Ue, e magari dall’euro e dalla Nato, «magari senza accorgersi di essere sapientemente manipolato da quella stessa oligarchia massonica sovranazionale che negli Usa scommette su Joe Biden e in Europa sulla Merkel, strizzando l’occhio a Putin e aprendo le porte dell’Europa all’egemonia della Cina». Per gli Usa, la situazione non è confortante: come riporta Angelo Panebianco sul “Corriere della Sera”, l’ultimo sondaggio Demos rivela che solo il 31% di italiani dichiara simpatie per gli Stati Uniti, mentre è cresciuta la fiducia nei confronti della Cina (26%) e della Russia (28%). In più, lo stesso sondaggio dimostra che il favore degli italiani verso l’Ue è sceso al di sotto del 50%. «In occasione dell’emergenza coronavirus – ricorda Magaldi – Donald Trump accolse con prontezza i nostri consigli, affrettandosi a inviare aiuti concreti all’Italia». Oggi, la partita è doppia: da un lato le presidenzali americane di novembre, dall’altro il baratro in cui l’Italia sta sprofondando dopo il severo lockdown imposto dal governo Conte, a cui il Movimento Roosevelt sta per inviare un “ultimatum” con la richiesta di misure urgenti per tamponare il disastro economico.«A Trump – ribadisce Magaldi – come massoni progressisti chiediamo di lanciare segnali precisi già da adesso, in campagna elettorale, per un impegno concreto». Patti chiari, amicizia lunga: «Deve impegnarsi a recuperare lo storico legame privilegiato con l’Italia: è la premessa per fare del nostro paese un protagonista della rinascita democratica di un’Europa più giusta e più forte, fondata su precisi diritti sociali». Obiettivo: «Uscire da questa lunghissima crisi e mantenere le distanze da regimi come quello russo e cinese, dove sarebbe impensabile assistere a proteste contro la polizia come quelle che abbiamo appena visto negli Usa». Anche per questo, Magaldi diffida dei “fronti popolari per l’alternativa” che fioriscono da ogni parte, spesso animati dalle migliori intenzioni: «Intanto, i gruppetti “alternativi” non hanno mai ottenuto niente. E spesso il loro radicalismo, nutrito anche di antiamericanismo, è usato sapientemente proprio dall’oligarchia reazionaria che credono di combattere». Un po’ come per il complottismo: chi detiene il potere non ha nessuna paura chi le spara grosse, perché sa che otterrà invariabilmente la diffidenza della maggioranza. Magaldi ragiona da insider, e ha il pregio di parlare chiaro: si sappia che l’Italia uscirà dal tunnel solo se sarà aiutata dagli Usa, nel caso rivincesse Trump. E a sua volta, il presidente è avvisato: se vuole essere rieletto, ascolti le richieste dei massoni progressisti.Cosa sta succedendo? Giuseppe Conte annaspa, tra i malumori di chi ormai vorrebbe scaricarlo, di fronte a un’Italia che sta prendendo nota di quanto fossero vane le sue promesse. Impietoso l’ultimo report di Bankitalia: il lockdown più severo d’Europa, non compensato da veri aiuti economici per chi è stato rinchiuso in casa, sta colpendo il reddito di metà della popolazione. Un vero massacro sociale, a partire dai lavoratori autonomi: «Un terzo delle famiglie ha riserve per soli 3 mesi, e nel 40% dei casi gli italiani sono in difficoltà con il mutuo», riassume l’Ansa. Di fronte a una catastrofe come la pandemia – chiarì Mario Draghi a fine marzo, sul “Financial Times” – c’è un’unica strada: metter mano al bazooka e spargere miliardi a fondo perduto, come in tempo di guerra. Dove trovarli? Chiedendo all’Ue di fare la sua parte, smettendo quindi di accettare i diktat dei signori di Bruxelles. Oppure, Piano-B, l’ipotesi caldeggiata dal “rooseveltiano” Nino Galloni: emissione a costo zero di moneta parallela, non a debito, spendibile solo in Italia. Un toccasana, per puntellare stipendi e consumi. Giuseppe Conte? Non pervenuto: dopo aver preso in giro gli italiani anche coi prestiti bancari (mai erogati) e la cassa integrazione (tuttora attesa), seguita a cianciare di chimere solo ipotetiche come il Recovery Fund, che scatterebbe soltanto nel 2021 e solo dopo l’accettazione, da parte dell’Italia, di un prestito-capestro come quello del Mes. La soluzione? Più che a Roma, probabilmente risiede a Washington.
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O facciamo l’Irlanda del Mediterraneo, o moriamo di Troika
I soldi dall’Ue arriveranno tardi e – tolti quelli che sono prestiti da restituire – saranno meno generosi di quanto si finga di credere. In compenso la volontà di fare spesa pubblica corrente non si estinguerà, e alimenterà la spirale del debito pubblico. Lo scenario più probabile, a mio parere, è che entro la fine del 2021 i mercati o le autorità europee presentino il conto. A quel punto saranno dolori: nel giro di 2-3 anni potremmo ritrovarci come la Grecia negli anni 10 di questo secolo. Mai come in questo caso ho desiderato di sbagliarmi. Una strada per evitare questa fosca prospettiva? Non so se ci riusciremo, perché abbiamo già buttato molto, troppo tempo. O facciamo come l’Irlanda, o si muore. Siamo un paese infestato dalla burocrazia; dobbiamo liberarcene, perché uccide le imprese. Cominciamo con l’eliminare la “presunzione di furbizia” che sta alla base dell’ipertrofia delle norme. Poi serve un taglio drastico delle tasse: serve una imposta societaria al 12,5%. Infine è indispensabile che la pubblica amministrazione paghi i debiti verso le imprese. In una recente intervista ho criticato l’impostazione di tutti i precedenti tentativi, di destra e di sinistra, di diminuire la pressione fiscale. Il punto sta nel voler accontentare la più ampia platea possibile di beneficiari, facendo riduzioni modeste: Iva, Imu, Irpef, contributi sociali.Invece bisognerebbe intervenire subito sulle tasse che scoraggiano le attività produttive, Irap e Ires. Solo le imprese realmente produttive e competitive possono risollevare la nostra economia. Chi può farci diventare una “Irlanda mediterranea”? Certamente non questo governo. Nell’inerzia governativa potrebbe esserci anche un elemento di calcolo: lasciar marcire i problemi per prolungare la permanenza al governo ed eleggere un presidente della Repubblica di parte (in barba alle affermazioni del passato, secondo cui il Capo dello Stato andrebbe scelto con il concorso dell’opposizione). La cosa fondamentale che manca, a chiunque abbia il compito di governare, è la conoscenza di quale sarà la situazione a settembre: e senza quella conoscenza, formulare linee guida operative è impossibile. Per ora i dipendenti pubblici hanno aggiunto ai loro privilegi classici quello di lavorare poco e quasi tutti da casa. Quanto al futuro secondo me bisogna distinguere nettamente fra due scenari. Nello scenario A, con crollo del Pil ma senza una crisi finanziaria tipo 2011 o peggio, è probabile che i dipendenti pubblici conservino sostanzialmente i propri stipendi, e che un eventuale aggiustamento venga scaricato sulle pensioni medio-alte. Lo scenario B è crollo del Pil più crisi finanziaria drammatica, con i mercati che non ci rinnovano i titoli di Stato.In quel caso si potrebbe arrivare a una situazione tipo quella della Grecia dieci anni fa: commissariamento da parte della Troika e austerità per tutti, compresi i dipendenti pubblici. Il governo si trova in un’inerzia decisionale preoccupante. È inadeguatezza o calcolo politico? Forse tutte e due le cose. Che i nostri governanti siano gravemente inadeguati, può dubitarne solo chi è accecato dall’ideologia. Il governo Pd-M5S è stato costruito per impedire le elezioni e per evitare che il centrodestra potesse condizionare l’elezione del nuovo Capo dello Stato. Il prezzo di questa strategia è un ennesimo rinvio dei problemi cruciali, ma soprattutto un aggravamento della situazione economica. Il ritardo con cui si è arrivati al vero lockdown – il blocco degli spostamenti fra comuni – è costato migliaia di morti, che si sarebbero potuti evitare intervenendo ai primi di marzo, come in quei giorni aveva auspicato il professor Andrea Crisanti, anziché tre settimane dopo. Anche all’economia il rinvio è costato molto: se si fosse intervenuti subito e drasticamente, la chiusura delle attività economiche sarebbe durata molto di meno, e anziché perdere 15-20 punti di Pil – come temo succederà – ne avremmo persi parecchi di meno, in linea con i principali paesi europei.Anche volendo, il centrodestra non riuscirebbe a infliggere all’economia danni maggiori di quelli che le sta infliggendo il governo giallorosso. Ma, pur essendo meno pericoloso per l’economia, anche il centrodestra non ha una visione convincente del futuro dell’Italia, né possiede una strategia economica all’altezza della situazione. Mi riferisco in particolare a quattro punti. Primo, le divisioni sul Mes e l’ambiguità del rapporto con l’Europa: Berlusconi pro-Europa, Salvini che conferisce lo scettro dell’economia ad Alberto Bagnai, economista di valore e convintamente anti-euro. Secondo punto: la sostanziale riproposizione del programma di governo del 2018, con la Flat Tax e il condono fiscale (ossia una misura inattuabile e una inopportuna). Terzo: la mancanza di una strategia convincente sul debito pubblico, e la tendenza a richiedere scostamenti di bilancio ancora maggiori di quelli stabiliti dal governo, come se fare ancora più debito fosse una soluzione. Ultimo rilievo: un’eccessiva concentrazione sul lavoro autonomo e sulle piccole imprese, perfettamente comprensibile in termini di acquisizione del consenso ma largamente inadeguata per un paese che ha un gravissimo problema di produttività.(Luca Ricolfi, dichiarazioni rilasciate a Federico Ferraù nell’intervista “O facciamo l’Irlanda del Mediterraneo o moriamo di Troika”, pubblicata sul “Sussidiario” il 30 giugno 2020. Ricolfi è docente di analisi dei dati all’Università di Torino e presidente della Fondazione David Hume).I soldi dall’Ue arriveranno tardi e – tolti quelli che sono prestiti da restituire – saranno meno generosi di quanto si finga di credere. In compenso la volontà di fare spesa pubblica corrente non si estinguerà, e alimenterà la spirale del debito pubblico. Lo scenario più probabile, a mio parere, è che entro la fine del 2021 i mercati o le autorità europee presentino il conto. A quel punto saranno dolori: nel giro di 2-3 anni potremmo ritrovarci come la Grecia negli anni 10 di questo secolo. Mai come in questo caso ho desiderato di sbagliarmi. Una strada per evitare questa fosca prospettiva? Non so se ci riusciremo, perché abbiamo già buttato molto, troppo tempo. O facciamo come l’Irlanda, o si muore. Siamo un paese infestato dalla burocrazia; dobbiamo liberarcene, perché uccide le imprese. Cominciamo con l’eliminare la “presunzione di furbizia” che sta alla base dell’ipertrofia delle norme. Poi serve un taglio drastico delle tasse: serve una imposta societaria al 12,5%. Infine è indispensabile che la pubblica amministrazione paghi i debiti verso le imprese. In una recente intervista ho criticato l’impostazione di tutti i precedenti tentativi, di destra e di sinistra, di diminuire la pressione fiscale. Il punto sta nel voler accontentare la più ampia platea possibile di beneficiari, facendo riduzioni modeste: Iva, Imu, Irpef, contributi sociali.
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Magaldi: socialismo liberale, il virus salva-Italia siamo noi
«Siamo piccoli, ma attentamente monitorati: ai piani alti, c’è chi si domanda in che modo contiamo di riuscire nell’impresa, e non manca chi vorrebbe attuare le nostre proposte. Che poi sono le uniche in grado di ribaltare la situazione: perché le nostre idee sono uno scandalo, un’eresia. Un virus benefico, destinato a contaminare finalmente il sistema». Gioele Magaldi sintetizza il concetto in due parole: socialismo liberale. Keynes e Roosevelt, Carlo Rosselli, Olof Palme. I semi migliori del Novecento: l’antidoto contro l’ingiustizia. Dove sono finiti? Dispersi: soffocati dalla sovragestione del neoliberismo globalizzato. Ma oggi, per un movimento d’opinione come quello fondato nel 2015 da Magaldi, rappresentano l’unico salvagente per evitare il naufragio della democrazia, schiacciata dalle possenti oligarchie planetarie che ora speculano anche sul disastro del coronavirus. Il loro piano: mantenere il potere a tutti i costi, anche instaurando una sorta di polizia sanitaria mondiale, pronta a usare il ricatto della paura e il fantasma della depressione economica. Risultato: l’Europa ridotta a nullità politica, capace però di tenere in ostaggio un paese come l’Italia, il cui governo – lasciato senza soldi – non ha la minima idea di come evitare il massacro sociale a orologeria che già si annuncia per l’autunno. «Famiglie e aziende avranno l’acqua alla gola, per effetto del terribile lockdown imposto senza nessun vero paracadute economico».«A Conte faremo una proposta che non potrà rifiutare», annunciò Magaldi tempo fa, tra il serio e il faceto, indossando una maglietta con l’icona di Marlon Brando nei panni del “Padrino”. Ora rilancia: «In settimana, il nostro piano salva-Italia sarà pronto e illustrato anche in un video, sul nuovo canale MrTv». Il succo: proposte ragionevoli, il “minimo sindacale” per evitare il peggio. Attenti: «La nostra non è una provocazione arrogante, tutt’altro: sono iniziative che qualsiasi governo (di centrodestra o centrosinistra, non importa) avrebbe dovuto adottare già durante il lockdown». Un pacchetto di misure «attuabili da subito», che il Movimento Roosevelt guidato da Magaldi insiste nel voler impacchettare sotto forma di “ultimatum”: «Sarà recapitato nei prossimi giorni all’esecutivo, che avrà a disposizione l’intera estate per valutare le nostre proposte. L’ultimatum scadrà in occasione dell’election-day del 20-21 settembre». Giuseppe Conte accoglierà quei consigli? Tanto meglio: «Se saranno soddisfatte le esigenze minime degli italiani – dice Magaldi – ne prenderemo atto e ringrazieremo: in una prospettiva laica come la nostra non ci sono nemici, né antagonisti o pregiudizi».Se Conte e i suoi ministri, «da quei brocchi che hanno mostrato di essere sinora, dimostrassero di diventare dei purosangue, a partire da settembre», allora «mi toglierei il cappello e ne sarei felice, come cittadino italiano e come europeo», assicura il leader “rooseveltiano”. «C’è però la “legittima suspicione” che così non sarà», aggiunge: «E allora, in quel caso si avrà il debutto della Milizia Rooseveltiana il 5 ottobre, nell’anniversario della data fatidica del 1789 in cui le donne della Rivoluzione Francese marciarono su Versailles per chiedere al Re perché mai non volesse sottoscrivere la nuova Costituzione». Milizia Rooseveltiana? Una formazione “marziale” solo a livello teatrale, con uno slogan (”dubitare, disobbedire, osare”) che capovolge ironicamente il mussoliniano “credere, obbedire, combattere”. «Missione: incalzare il governo, in modo nonviolento ma divenendo una vera spina nel fianco: nelle piazze italiane, la Milizia chiederà conto – ogni giorno – dell’eventuale, mancato recepimento del piano salva-Italia».Altra avvertenza: non è un’iniziativa di parte, contro Conte. «Neppure l’opposizione ha brillato», sottolinea Magadi: Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia «non hanno strutturato una vera proposta alternativa per il paese». Un consiglio? «Qualcuno di loro dovrebbe andare politicamente in pensione. Altri dovrebbero guardarsi dentro e sviluppare un vero progetto per l’Italia, che oggi non hanno». Ce l’ha Magaldi, il progetto? La sua risposta è scontata: certamente sì. Ma chi è, il presidente del Movimento Roosevelt? Due cose insieme: un intellettuale, e un massone. Laureato in filosofia, appassionato storico, tagliente politologo. E’ ultra-trasparente, il suo impegno nel mondo libero-muratorio: nel suo saggio “Massoni”, uscito nel 2014 per Chiarelettere (bestseller italiano, oscurato dai media), da un lato denuncia le superlogge sovranazionali neo-oligarchiche e il loro sogno di Nuovo Ordine Mondiale neoliberista, “neoaristocratico” e post-democratico, e dall’altro rivendica il ruolo della massoneria settecentesca nella fondazione dell’attuale modernità: suffragio universale, libere elezioni, laicità e Stato di diritto.«La democrazia è un’anomalia della storia: e non ce l’ha portata la cicogna, è il frutto della massoneria rivoluzionaria che riuscì ad abbattere l’Ancien Régime in Europa a partire dalla Francia fino poi a guidare il Risorgimento italiano, dopo aver animato la stessa Rivoluzione Americana». Insiste: «L’architettura istituzionale del mondo in cui viviamo è interamente massonica. Per questo mi domando se siano in grado di fare il loro mestiere i magistrati come Nicola Gratteri, che tendono a criminalizzare la massoneria: si rendono conto che la stessa Costituzione italiana nasce dalle idee ultra-massoniche alla base della primissima Costituzione della Repubblica Romana di Mazzini e di Garibaldi, primo “gran maestro” del Grande Oriente d’Italia?». Discorsi lunari, in un’Italia che associa regolarmente i grembiulini alla P2 di Gelli, o a qualche congrega infiltrata dalla mafia. «Quelle sono conventicole che non contano niente, e lo sanno tutti. Ma fingono di non sapere che i grandi decisori dei nostri tempi – anche italiani, da Monti a Napolitano – appartengono tutti all’aristocrazia massonica internazionale: il mondo delle Ur-Lodges, quello che orienta davvero i destini del pianeta».Ne fa parte lo stesso Magaldi, già “iniziato” alla superloggia “Thomas Paine”, punta di lancia del progressismo novecentesco. Una filiera che ha “allevato” e sostenuto personaggi come Gandhi e Papa Giovanni XXIII, i Kennedy e i Roosevelt, Martin Luther King, Nelson Mandela, Yitzhak Rabin. Sempre di massoneria si tratta, ma di segno opposto. Ed ecco il punto: «Il sistema massonico oligarchico stava perdendo la sua presa sul mondo, lo si è visto con l’inattesa elezione di Donald Trump, fiero avversario del globalismo neoliberista: Trump ha imposto uno stop all’egemonia della Cina, che era e resta la creatura preferita dell’élite massonica reazionaria». Il progetto: efficienza economica, ma senza democrazia. Un modello da esportare in Occidente? «Sicuramente è stato esportato il modello-Wuhan per il coronavirus: massimo rigore e sospensione della libertà. Ed è successo appena dopo che Trump ha inflitto a Xi Jinping l’umiliazione dei dazi». Come dire: è in corso una partita cruciale per le sorti del pianeta, di portata epocale. Da una parte i neoliberisti, che si sono riciclati come gendarmi sociali in nome del Covid, favoloso pretesto per rendere eterna l’austerity degli ultimi decenni. Dall’altra, sono in campo quelli che Magaldi chiama massoni progressisti: avversari del rigore già prima della pandemia, e ora impegnati a evitare che il virus diventi un alibi per seppellire quel che resta della nostra democrazia.Di più: per il fronte in cui Magaldi milita, la crisi pandemica è un’occasione irripetibile. Il collasso indotto dal lockdown rappresenta un assist perfetto, per archiviare il dogma della scarsità – solo immaginaria – e il falso riformismo sulla pelle degli altri (”ce lo chiede l’Europa”). Il Piano-B l’ha esposto Mario Draghi a fine marzo, sul “Financial Times”: tornare a Keynes. Cioè: inondare di miliardi l’economia, senza paura di spendere. Soldi che non si trasformino in debiti: proprio come in tempo di guerra. Ma Draghi non era il sommo custode dell’ordoliberismo europeo in salsa teutonica? Lo era, dice Magaldi, ma nell’ultimo anno ha abbandonato la comitiva. «Il “fratello” Draghi è tornato alle sue origini keynesiane e ha chiesto di essere accolto nel circuito massonico progressista, come anche la “sorella” Christine Lagarde». A muoversi sono pesi massimi del potere economico, come la stessa Kristalina Georgieva del Fmi e Premi Nobel del calibro di Krugman e Stiglitz. Tutti a dire che non è possibile insistere con la “terapia” che ha impoverito l’Europa: vista la gravità della crisi economica indotta dal Covid, bisogna buttare a mare trent’anni di rigore finanziario e metter mano al “bazooka” dell’emissione monetaria illimitata e gratuita, non a debito, pena il collasso del sistema economico.«Ci stiamo accorgendo che nessun denaro verrà dato all’Italia con spirito solidaristico e risolutivo», riassume Magaldi. «Concedere denaro in prestito, vincolato alle solite condizionalità – poco importa che si tratti del Mes o di altro – è inaccettabile, in questa temperie. E se la classe politica europea non è all’altezza, quella italiana rispecchia perfettamente questa mediocrità complessiva». Così almeno la vede Magaldi: «L’Europa è un nano politico, economicamente sempre più problematico (benché ricco, perché eredita posizioni di privilegio). Ma il nanismo politico, geopolitico, diplomatico e militare, nella nuova guerra fredda tra sistema-Cina e sistema-Usa, con in mezzo la Russia a fare da terzo incomodo, non aiuta i futuri sviluppi economici dell’Europa». Lo spettacolo è eloquente: «L’Ue è incapace di darsi un’unità fiscale, evitando il dumping che molti paesi esercitano, ed è incapace di costruire un tessuto socio-economico più equo e lungimirante». E intanto il mondo non ci aspetta: «La Cina ci ha insegnato che un paese molto povero può aumentare in modo significativo il proprio Pil, anno dopo anno, e proiettarsi sullo scenario globale da protagonista neo-imperiale». Domani, tutto potrebbe cambiare. E noi, semplicemente, subiamo gli eventi: «C’è davvero un’assenza di visione, da parte di tutti i leader europei».A soffrire le pene dell’inferno, tanto per cambiare, è in primo luogo l’Italia: «Troppe famiglie, lavoratori, aziende ed esercizi sono ancora appesi a decisioni che non vengono prese. C’è un menare il can per l’aia, del governo e anche delle opposizioni: litigano e cazzeggiano. Gli uni (al governo) sono del tutto inefficaci, ma non è ben chiaro cosa farebbero al loro posto gli altri, che stanno all’opposizione». La verità, dice il presidente “rooseveltiano”, è che l’emergenza coronavirus non è mai cessata: «Ieri c’era un’emergenza sanitaria, e adesso c’è un’emergenza che è economica e sociale. Ce ne accorgeremo proprio a settembre: molti nodi verranno al pettine e ci sarà il baratro, per molti». A partire da settembre, «diventeranno lampanti i disastri che la cattiva gestione e la mancata reazione del governo provocherà, nella società e nell’economia italiana». E il guaio è che i leader europei sembrano ectoplasmi: «Troppi cincischiamenti, al di là dell’azione benemerita di Christine Lagarde, contro ogni previsione (salvo la mia). Per il resto solo parole, passi indietro e traccheggiamenti odiosamente studiati: quando era forte la pressione mediatica sul lockdown e sull’emergenza sanitaria strombazzata, si parlava del dovere dell’Europa di intervenire subito. E invece, di Recovery Fund stiamo ancora soltanto discutendo».Quest’anno il bilancio è molto negativo, sin qui, perché secondo Magaldi si è persa anche la grande opportunità – generata dal coronavirus – per un cambio di paradigma. Obiettivo mancato: archiviare gli ultimi disastrosi decenni di austerity. «La mia previsione però non è catastrofica: io continuo a rilanciare l’ottimismo della volontà, a patto però che diventi anche “ottimismo del fare”». Spiegazioni: «I massoni progressisti operano dietro le quinte, mentre il Movimento Roosevelt opera davanti alle quinte». Ma da solo non basta: «Si decidano a operare tutti i cittadini, aderendo a strumenti di azione politica». Concretezza e realismo: «Bisogna evitare di andare appresso ai soliti piagnoni apocalittici, che parlano di uscire dalla Nato e dall’euro, e magari strizzano l’occhio alla Russia ma odiano gli americani. Tutto questo “pastone” di “alternativi” non ha mai prodotto nulla, in questi anni, e continuerà a non produrre niente. Se si vuole cambiare la situazione, occorre iniziare dalle cose che si possono fare già da domani: e questo è l’unico cammino serio che il Movimento Roosevelt vuole intraprendere».Piccola profezia: «Il Movimento Roosevelt è destinato a crescere, perché la censura che l’ha finora colpito sarà destinata a crollare». Quel giorno, «risulterà che in questi anni si sono avvicendati partitini e partitoni, grandi e piccoli protagonisti, piccole narrazioni, litanie e piagnistei, mentre il Movimento Roosevelt è stato granitico, dal punto di vista ideologico, nel proporre qualcosa che è ancora un’eresia, uno scandalo». Ovvero: «Il socialismo liberale di cui parliamo noi non è quella parodia che ne ha fatto Renzi, e che tuttora ne fanno Calenda e altri, che declinano una forma di neoliberismo “de sinistra”». Magaldi allude al socialismo liberale in versione rooseveltiana, post-keynesiana, rosselliana. «Ci richiamiamo alla migliore tradizione del socialismo democratico, quella di Olof Palme. E’ il socialismo liberale che, in qualche modo, anche l’esecrato e demonizzato Bettino Craxi aveva comunque cercato di introdurre, tra luci e ombre, nella coscienza politica degli italiani». Già, Craxi: «Ebbe indubbie benemerenze, che però vennero stroncate: in Italia, quei socialisti che non erano subalterni ai comunisti erano definiti “social-traditori”. E Craxi era odiato da quella sedicente sinistra che da Pci si trasformò in Pds, poi in Ds, poi in Pd, e che certo non ha operato bene».Secondo Magaldi, «oggi è paradossale che il Pd appartenga al Partito Socialista Europeo, considerando che non c’è più nulla, di socialista, nella politica del Pd». Peraltro, «non c’è più nulla di socialista neppure nel Pse: dovrebbero vergognarsi, i sedicenti socialisti europei, ricordando l’esempio di personaggi come Olof Palme». Non solo: «Dovrebbero vergognarsi i socialdemocratici tedeschi, come anche i socialisti francesi, guardando a cosa si sono ridotti, e a quanto sono subalterni a narrative neoliberiste che in altri tempi sarebbero state definite “di destra conservatrice”. Il loro è un mondo fasullo, capovolto». Il Movimento Roosevelt, al contrario, rivendica un’assoluta e granitica coerenza: «Parliamo di socialismo liberale e democrazia sostanziale, e denunciamo i riti fasulli, vuoti e retorici di una democrazia priva di anima. Abbiamo idee all’avanguardia sull’istruzione, sull’ambiente, sull’energia, sulla difesa, sull’economia, sulla stessa riforma costituzionale dello Stato. Tutti seguono le nostre mosse con attenzione, e si chiedono cosa ne sarà di queste nostre idee forti, che qualcuno vorrebbe attuare. Domani, io credo che questa nostra influenza uscirà alla luce del sole e diventerà pienamente percepibile». Tanto ottimismo è motivato: «Per fortuna, c’è chi – accanto a noi, a livello globale – agisce dietro le quinte e prepara le condizioni più propizie perché le nostre idee possano affermarsi, presso la coscienza del popolo sovrano».Questo, ribadisce Magaldi, deve fare la differenza: «Il Movimento Roosevelt non vuole candidarsi a raccogliere voti alle elezioni, ma vuole influenzare politica e cittadini in modo solare, come una lobby apertamente dichiarata: una lobby della democrazia e del socialismo liberale». La missione: «Contaminare, come un virus benigno, le coscienze e le istituzioni. E vogliamo farlo in Italia, in Europa e nel mondo: per far sì che diventi un imperativo categorico, quello che è scritto nel nostro statuto, cioè la promozione e l’estensione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani». Il mondo di oggi è pieno di piaghe: «Democrazia assente, diritti calpestati, disuguaglianze mostruose. Oligarchie e teocrazie che dominano, imperterrite, con la loro arroganza». Ci dimentichiamo, ricorda Magaldi, che nel 1948 tutte le nazioni si erano impegnate a promuovere i diritti umani. «Il Movimento Roosevelt è qui per ricordarlo a tutti. E io credo che la sua influenza si misurerà negli anni e resterà nella storia: il giorno in cui certe cose verranno affermate, non si potrà non ricordare che questo è stato, perché a un certo punto il Movimento Roosevelt ha suonato la campana, e ha detto “la ricreazione è finita”».Pensieri visionari? Forse, dando per scontato che ogni avanguardia tende a esplorare orizzonti lunghi. Il monitor italiano, peraltro, s’è incantato su un fermo-immagine: il paese è a terra, e il governo non sa dove trovare i soldi per rianimarlo. «Quei soldi non c’erano nemmeno prima», dice Magaldi, che già un anno fa parlava di «almeno duemila miliardi» per rimettere in sesto infrastrutture, servizi e occupazione. Come trovare quel fiume di soldi, ora che la crisi post-Covid morde gli italiani? Nel solo modo possibile: creandoli dal nulla, come sempre si è fatto di fronte alle grandi crisi. L’Ue non lo consente? Male: perché l’alternativa non esiste. Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt, predica da anni il ricorso – temporaneo – all’emissione di moneta parallela, di Stato, spendibile solo in Italia: un toccasana, per resuscitare stipendi e consumi. Chi pensa in grande – da Draghi in giù – sa che un’Unione Europea così conciata non ha futuro: è indispensabile cambiare le regole, gettando a mare la religione del rigore finanziario. Rosselli credeva nel socialismo come ricetta socio-economica bilanciata dalla giustizia sociale. Un altro campione democratico come Olof Palme, autore del rinomato welfare svedese, impegnò lo Stato per salvare aziende traballanti e posti di lavoro.Lo stesso Roosevelt, che ereditò un’America messa in ginocchio dalla Grande Depressione, adottando le ricette di Keynes trasformò gli Stati Uniti nella prima superpotenza mondiale. E noi che facciamo, stiamo ancora a pietire le concessioni usuraie dei signori di Bruxelles, mentre milioni di italiani tra poco non sapranno come arrivare a fine mese? «Per inciso: Rosselli, Palme, Keynes e Roosevelt erano tutti massoni progressisti», precisa Magaldi, come per rimarcare che – se qualcuno oggi li evoca – intende avvertire il pubblico che s’è messo in moto qualcosa di importante, che affonda le sue radici in cent’anni di battaglie per i diritti sociali. «L’essenziale, in un momento come questo, è non cadere nella tentazione del complottismo stupido che demonizza qualsiasi potere, a prescindere: il cospirazionismo apocalittico è l’alleato perfetto della peggior oligarchia, quella che noi democratici vogliamo abbattere». Ecco perché non è il caso di sottilizzare, su Conte e soci: «Se saranno loro, ad accettare il nuovo corso, benissimo. Ridurre la politica a tifo da stadio è una pessima idea: serve solo ad allungare la vita al sistema che ci ha messo di fronte avversari solo apparenti, come Prodi e Berlusconi, di fatto esecutori dei medesimi diktat». Magaldi ne è certo: sarà la durezza della crisi a imporre le scelte giuste. E allora cadranno, di colpo, tutte le storielle che ci hanno finora propinato: dalla criminalizzazione del deficit all’odio tribale che spinge le tifoserie a dilaniarsi l’un l’altra, come i capponi di Renzo destinati a finire in padella.«Siamo piccoli, ma attentamente monitorati: ai piani alti, c’è chi si domanda in che modo contiamo di riuscire nell’impresa, e non manca chi vorrebbe attuare le nostre proposte. Che poi sono le uniche in grado di ribaltare la situazione: perché le nostre idee sono uno scandalo, un’eresia. Un virus benefico, destinato a contaminare finalmente il sistema». Gioele Magaldi sintetizza il concetto in due parole: socialismo liberale. Keynes e Roosevelt, Carlo Rosselli, Olof Palme. I semi migliori del Novecento: l’antidoto contro l’ingiustizia. Dove sono finiti? Dispersi: soffocati dalla sovragestione del neoliberismo globalizzato. Ma oggi, per un movimento d’opinione come quello fondato nel 2015 da Magaldi, rappresentano l’unico salvagente per evitare il naufragio della democrazia, schiacciata dalle possenti oligarchie planetarie che ora speculano anche sul disastro del coronavirus. Il loro piano: mantenere il potere a tutti i costi, anche instaurando una sorta di polizia sanitaria mondiale, pronta a usare il ricatto della paura e il fantasma della depressione economica. Risultato: l’Europa ridotta a nullità politica, capace però di tenere in ostaggio un paese come l’Italia, il cui governo – lasciato senza soldi – non ha la minima idea di come evitare il massacro sociale a orologeria che già si annuncia per l’autunno. «Famiglie e aziende avranno l’acqua alla gola, per effetto del terribile lockdown imposto senza nessun vero paracadute economico».
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Conte cade a luglio, governo-tampone e poi Draghi al Colle
Conte avrà gioco facile nel dire che non ha abbassato l’Iva perché il Pd non ha voluto. Qualcosa si sta rompendo, perché in questa situazione, in cui si sa che il Pil andrà sotto del 10% e il rapporto debito-Pil arriverà al 160%, ormai i politici populisti vanno a briglie sciolte. Siamo al “tana libera tutti”. È come mettere un obeso in pasticceria. Nel disastro totale, che differenza fa spendere 10 miliardi in più o in meno? È per questo che il Pd sente tremare la terra sotto i piedi. Gualtieri deve stare attento, perché è lui quello che paga le pensioni e gli stipendi degli statali. Questo potrebbe indurre il Pd ad accelerare la resa dei conti, cioè a tentare la strada della crisi. Potrebbe: le certezze sono poche. L’unica cosa che si sa del Recovery Fund è che non arriverà prima del 2021. Il Mes provocherà una scissione nel M5S, ci saranno almeno 20-30 parlamentari grillini che voteranno contro. Finché possiamo emettere Btp a tassi bassi grazie all’aiuto della Bce, il gioco regge. Ma potrebbe anche scatenarsi la speculazione, e a quel punto cambierebbe tutto. Ci ritroveremmo nel 2011 con Monti o nel 1992 con Amato.Il Pd si è imbarcato in questa avventura di governo nella convinzione di condizionare Conte, ma non pare ci stia riuscendo. Sta accadendo l’opposto: la linea di Bettini e Zingaretti è fallita anche sul fronte 5 Stelle. Il Pd sperava di completare l’annientamento dei grillini realizzato a metà da Salvini, che li ha fatti scendere dal 32 al 17%. Invece il M5S si mantiene intorno al 15-16% nei sondaggi. C’è un precedente storico che dovrebbe preoccupare il Pd: esattamente cento anni fa, i liberali di Giolitti si illudevano di addomesticare i fascisti. Fecero il listone e Mussolini se li mangiò. Sarà Berlusconi a salvare Conte sul Mes e non solo, se dovessero esserci defezioni nei 5 Stelle? Sì. Forza Italia – e non solo la Carfagna, da sempre favorevole – è pronta a subentrare, e direi che non vede l’ora. Ovviamente non gratis. A quali condizioni? Via Conte da Palazzo Chigi, e Forza Italia puntella la maggioranza Pd-M5S in cambio di un nuovo premier. Noi vi appoggiamo, ma si apre una nuova fase politica, eccetera. Potrebbe essere prima di settembre? Difficile dirlo. La politica è imprevedibile. Anche la crisi economica.Se a Conte va male, va avanti fino a luglio, se gli va bene può durare fino a settembre. Anche le regionali, non solo la crisi economica, potrebbe scalzarlo da Palazzo Chigi. Il 20 settembre i grillini verranno ulteriormente massacrati, al Nord scenderanno sotto il 10%, quindi non si capirà perché debbano esprimere il premier. Chi accreditare come capo del governo? Guerini o Franceschini? Sono nomi possibili. Girano anche outsider tipo Cantone. Salvini ha lanciato un amo al M5S, auspicando l’elezione del prossimo presidente della Repubblica con il centrodestra, ma il M5S non vuole escludere il Pd. Salvini tecnicamente ha ragione: dopo la terza votazione non ci vogliono più i due terzi, basta la maggioranza assoluta. Quella di Pd e M5S sarebbe risicata. Potrebbero riuscire ad imporre il Capo dello Stato se anche Fi votasse con loro. Le danze sono già iniziate. Alcuni nomi? Prodi, Veltroni… Anche Mattarella ci crede? Non penso ci possa essere un bis del Napolitano-bis. Se a un anno e mezzo di distanza dovessi scommettere, direi Draghi. Avrebbe con sé la maggioranza assoluta degli italiani.Non è la prima volta che si parla di uno scenario in cui lo Stato non ha più soldi per pagare gli stipendi agli statali. Cosa succederebbe? La stessa cosa del novembre 2011, quando lo spread arrivò a 500 e cadde il governo Berlusconi. Come allora si arrivò subito a una unità nazionale con Monti, così adesso salterebbe il quadro politico e si farebbe un governo di emergenza. È il rischio cui andiamo incontro. Adesso i lavoratori privati sono protetti dal divieto di licenziamento, ma vietare i licenziamenti significa dover pagare miliardi di cassa integrazione. Quando cadrà il divieto, i disoccupati fioccheranno a decine di migliaia. Subentrerà il sussidio di disoccupazione, il Naspi, che però dura 6 mesi, e a scalare. Allora il M5S dovrà elargire ad altri il suo reddito di cittadinanza, ma non si sa con quali soldi.(Mauro Suttora, dichiarazioni rilasciate a Federico Ferraù per l’intervista “Conte sfiduciato a luglio e governo Fi-Pd-M5S”, pubblicata sul “Sussidiario” il 23 giugno 2020. Già redattore per “L’Europeo” e “Oggi”, Suttora ha lavorato come inviato e corrispondente per varie testate, italiane e americane).Conte avrà gioco facile nel dire che non ha abbassato l’Iva perché il Pd non ha voluto. Qualcosa si sta rompendo, perché in questa situazione, in cui si sa che il Pil andrà sotto del 10% e il rapporto debito-Pil arriverà al 160%, ormai i politici populisti vanno a briglie sciolte. Siamo al “tana libera tutti”. È come mettere un obeso in pasticceria. Nel disastro totale, che differenza fa spendere 10 miliardi in più o in meno? È per questo che il Pd sente tremare la terra sotto i piedi. Gualtieri deve stare attento, perché è lui quello che paga le pensioni e gli stipendi degli statali. Questo potrebbe indurre il Pd ad accelerare la resa dei conti, cioè a tentare la strada della crisi. Potrebbe: le certezze sono poche. L’unica cosa che si sa del Recovery Fund è che non arriverà prima del 2021. Il Mes provocherà una scissione nel M5S, ci saranno almeno 20-30 parlamentari grillini che voteranno contro. Finché possiamo emettere Btp a tassi bassi grazie all’aiuto della Bce, il gioco regge. Ma potrebbe anche scatenarsi la speculazione, e a quel punto cambierebbe tutto. Ci ritroveremmo nel 2011 con Monti o nel 1992 con Amato.
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Magaldi: addosso a Pappalardo, per salvare l’imbelle Conte
Non sparate sul generale Antonio Pappalardo: troppo facile, dipingerlo come un populista da operetta dopo aver alimentato il terrorismo psicologico sul Covid, per poi reggere la coda al disastroso governo Conte che ha messo in ginocchio il paese imponendo il peggior lockdown che si sia visto in Europa. «E’ sleale, la stampa che si avventa su Pappalardo: il suo “teatro”, utile per scuotere l’opinione pubblica, non è diverso da quello di chi recita da sempre la parte, altrettanto teatrale, del politico paludato». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, difende il leader dei Gilet Arancioni, in piazza lo scorso weekend a Milano: «Pappalardo, che innanzitutto è un uomo simpatico e spiritoso, merita un plauso almeno per la passione con cui esprime la sua insofferenza verso questo governo incapace e catastrofico». Su molti punti, peraltro, Magaldi non concorda con l’ex ufficiale dei carabinieri, già parlamentare nella Prima Repubblica e poi sottosegretario con Ciampi. «Il suo è un programma di riforme profonde, anche costituzionali, che richiederebbero anni per essere attuate, e non certo con il solo consenso delle piazze», precisa Magaldi. «Oggi invece si tratta di incalzare Conte con proposte immediatamente praticabili e comprensibili a tutti: sperando che il governo le adotti, sia pure in ritardo».
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Seconda ondata Covid e IV Reich: così moriremo, nel 2021
L’unica cosa che possa evitare all’Italia il disastro economico e sociale entro uno o due anni, è l’immediata creazione e distribuzione di massicci mezzi monetari senza indebitamento, del tipo banca centrale o biglietti di Stato, a circolazione interna se non europea. Ma Berlino non vuole – riserva a sé questa facoltà, per scopi di supremazia. Gli Usa, se non vogliono vedere l’Italia presto mangiata dalla Germania, possono mobilitare le forze che hanno in Germania e in Italia e fare un régime change, eliminando la cricca suprematista eurogermanica, poiché Berlino vuole che l’Italia resti senza moneta onde potersi pappare gli assets italiani, spartendoseli con Parigi; poiché a questo fine la sua Corte Costituzionale ha bocciato il Qe che mantiene sostenibile il debito pubblico italiano; poiché i vertici istituzionali italiani sono sottomessi a Berlino; e poiché le uniformi italiane ancora non intervengono a difesa della patria e della sua Costituzione in pericolo e obbediscono ai golpisti, anche se crescono i segni di riflessione.La Germania dà molti soldi alle famiglie e alle imprese, in modo che queste ultime possano prendersi quote di mercato e aziende dei paesi sottomessi e sliquidizzati. Il governo italiano potrebbe fare la medesima cosa, perché gli stessi trattati europei lo consentono; ma, essendo comandato da Berlino, agli italiani ha promesso poco e dato quasi niente, nemmeno la cassa integrazione, e quel che forse darà alle imprese saranno garanzie per prestiti bancari onerosi, perlopiù per far sì che paghino le tasse a giugno indebitandosi ancora di più. E il Recovery Fund vive solo nel suo story telling. Buona parte delle piccole e piccolissime imprese non riaprirà o chiuderà presto per mancanza di soldi o di convenienza a lavorare alle condizioni restrittive imposte. Avremo milioni di disoccupati in più. Il gettito fiscale affonderà, gli oneri sociali schizzeranno, nel 2021 vi sarà una spaventosa crisi finanziaria. I disoccupati vedranno i capitali stranieri fare shopping delle migliori aziende italiane, aiutati dalle banche e dal governo, come già sono abituati a fare.Solo allora la bovina opinione pubblica capirà il disastro e il tradimento, la vastità della voragine che aperta già oggi. Se a quel punto il governo imporrà maggiori tasse, toglierà denaro a un’economia già dissanguata, causando insolvenze a catena e ulteriori morie aziendali – anzi, come farà a prelevare sangue che non c’è? E come farà a pagare gli stipendi e le rendite alla sua pletora di dipendenti e di assistiti inutili e falsi invalidi da mangiatoia elettorale? Chiederà allora i soldi del Mes, prestiti a breve termine con condizionalità, che vincoleranno la politica economica di ogni futuro governo per molti anni ai diktat di Berlino. Forse, per reazione, arriverà un governo con la volontà e la forza di strappare con Brussel e il Quarto Reich. Ma se resterà in carica un governo europeista, a quel punto esso dovrà fronteggiare uno scontento popolare molto energico e dirompente, e prevedo che lo farà servendosi di una nuova e già preannunciata emergenza epidemica, una seconda ondata del virus, peggiore della prima, che gli consentirà di indire un coprifuoco per tener vuote le piazze e impedire l’attività politica, aiutandosi anche con le app di tracciamento individuale obbligatorie.Se lo spread, il rating e i mercati non bastano per educare gli Italiani, vi sono altri mezzi. Dato che le opposizioni sono impotenti, il Parlamento disattivato, e che le forze armate nazionali non prendono l’iniziativa, l’intervento di Washington su Berlino è l’unica possibilità per salvare l’Italia, ancorché astratta. Berlino non si sta affatto preparando a lasciare l’Eurozona o l’Unione, come molti pensano, bensì a dominarla più saldamente: infatti, con la recente sentenza, la Corte Costituzionale di Karlsruhe si è posta al di sopra della Corte Europea e dell’indipendenza statutaria della Bce, come suprema fonte della legalità dell’Unione Europea. Se non ora, quando? Se non Donald, chi?(Marco Della Luna, “Seconda ondata e Quarto Reich”, dal blog di Della Luna del 16 maggio 2020).L’unica cosa che possa evitare all’Italia il disastro economico e sociale entro uno o due anni, è l’immediata creazione e distribuzione di massicci mezzi monetari senza indebitamento, del tipo banca centrale o biglietti di Stato, a circolazione interna se non europea. Ma Berlino non vuole – riserva a sé questa facoltà, per scopi di supremazia. Gli Usa, se non vogliono vedere l’Italia presto mangiata dalla Germania, possono mobilitare le forze che hanno in Germania e in Italia e fare un régime change, eliminando la cricca suprematista eurogermanica, poiché Berlino vuole che l’Italia resti senza moneta onde potersi pappare gli assets italiani, spartendoseli con Parigi; poiché a questo fine la sua Corte Costituzionale ha bocciato il Qe che mantiene sostenibile il debito pubblico italiano; poiché i vertici istituzionali italiani sono sottomessi a Berlino; e poiché le uniformi italiane ancora non intervengono a difesa della patria e della sua Costituzione in pericolo e obbediscono ai golpisti, anche se crescono i segni di riflessione.